Crostata con crema di castagne alla vaniglia: ricetta gustosa e pratica

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma CROSTATA CON CREMA DI CASTAGNE VANIGLIA RICETTA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari.jpgQuesto è il periodo dell’anno migliore per gustarsi una buonissima crostata con crema di castagne alla vaniglia, ecco come prepararla:

Ingredienti per la pasta frolla:

  • Farina 00 300 g
  • Burro 150 g
  • Zucchero a velo 130 g
  • Tuorli 2

Ingredienti per la crema di castagne alla vaniglia:

  • Castagne 800 g
  • Acqua 260 g
  • Zucchero 240 g
  • Baccello di vaniglia 1
  • Scorza di limone

Per spennellare, imburrare e infarinare la tortiera:

  • Uova 1
  • Burro q.b.
  • Farina 00 q.b.

Preparazione della crema:

  1. Lavate con cura le castagne sotto acqua corrente.
  2. Trasferite le castagne in una pentola capiente colma d’acqua e, una volta raggiunto il bollore, lasciatele bollire per 15 minuti.
  3. Trascorso questo tempo, scolatele e lasciatele intiepidire, quindi privatele della buccia aiutandovi con un coltellino affilato.
  4. Una volta sbucciate, ponetele in un passaverdure, fino ad ottenere un composto sabbioso (3), in alternativa potete usare uno schiacciapatate.
  5. In una pentola ponete la bacca di vaniglia con i suoi semi, lo zucchero, l’acqua e fate sciogliere lo zucchero a fuoco medio per 10 minuti, mescolando con una frusta.
  6. Eliminate la bacca di vaniglia con una pinza e quindi aggiungete il composto di castagne.
  7. Mescolate il tutto e dopo aver aggiunto la scorza grattugiata di un limone, lasciate cuocere per 1 ora, girando di tanto in tanto con un cucchiaio di legno.

Mentre la crema di castagne cuoce, dedicatevi alla preparazione della pasta frolla:

  1. Versate la farina e il burro freddo a tocchetti nella ciotola di un mixer e azionate fino ad ottenere un composto sabbioso.
  2. Trasferite la “sabbiatura” su una spianatoia e formate una conca al centro, dentro la quale verserete lo zucchero a velo.
  3. Rompete le uova, tenete da parte gli albumi e unite i tuorli alla “sabbiatura” e allo zucchero, amalgamate il tutto e lavorate con le mani velocemente, per evitare che l’impasto si scaldi, fino a quando non formerete un panetto sodo ed omogeneo.
  4. Avvolgetelo nella pellicola trasparente e lasciatelo riposare in frigorifero per mezz’ora.

Preparazione finale:

  1. Tirate fuori il panetto dal frigo, eliminate la pellicola e stendete un cerchio di pasta frolla con un mattarello (13).
  2. Imburrate e infarinate una tortiera dal diametro di 28 cm, quindi adagiateci sopra la pasta frolla (14), per agevolarvi in questa operazione, arrotolate la sfoglia di pasta sul mattarello per poi srotolarla sulla teglia.
  3. Esercitate una leggera pressione lungo il perimetro della tortiera con il mattarello, in modo da eliminare la pasta in eccesso, infine premete con le dita per far aderire la pasta alla tortiera.
  4. Versate la crema di castagne, che nel frattempo si sarà intiepidita.
  5. Livellate la crema di castagne con il dorso di un cucchiaio, stendete la pasta frolla avanzata e ritagliate delle strisce di pasta con un tagliapasta, quindi disponetele sulla superficie della crostata, formando le classiche losanghe delle crostate.
  6. Una volta adagiate tutte le losanghe (19), spennellate la frolla con un uovo (20), per conferire croccantezza e lucentezza alla crostata.
  7. Infornate in forno statico preriscaldato a 180° per 45 minuti, se usate il forno ventilato, cuocete a 160° per circa 35-40 minuti.
  8. Una volta sfornata, lasciate raffreddare la vostra crostata con crema di castagne alla vaniglia e servitela!

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Tronchetto alla crema di castagne: ricetta deliziosa e semplice da preparare

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma TRONCHETTO ALLA CREMA DI CASTAGNE RICETTA  Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Pene.jpgE’ una delle ricette dolci più golose ma non è difficile da preparare, basta solo mettere tra gli ingredienti pazienza e passione. Non è certamente un dolce “dietetico” quindi va mangiato con moderazione! Vediamo oggi come cucinare il tronchetto alla crema di castagne.

Ingredienti per la pasta:

  • 80 gr di farina;
  • 80 gr di zucchero;
  • 4 uova;
  • 40 gr di maizena (amido di mais);
  • un cucchiaio di rum.

Ingredienti per la farcitura:

  • 1,3 kg di castagne;
  • foglia di alloro;
  • 200 ml di panna fresca;
  • 150 gr di burro;
  • 140 gr di zucchero;
  • 3 cucchiai di cacao in polvere;
  • 2 cucchiai di rum.

Preparazione della farcitura:

  1. Lessiamo le castagne per 40 minuti mettendole subito in acqua fredda con la foglia di alloro.
  2. Ancora calde togliamo la buccia e la pellicina.
  3. Frulliamo con lo zucchero, burro, cacao e rum.
  4. Dividiamo il composto in due e solo in uno uniamo la panna montata.
  5. Mettiamo entrambe in frigo.

Preparazione della pasta:

  1. Lavoriamo i tuorli con lo zucchero fino a renderli soffici.
  2. Uniamo la farina e la maizena setacciate.
  3. Uniamo il rum e alla fine  gli albumi montati a neve.
  4. Stendiamo l’impasto in una teglia 30×35, foderata con carta forno.
  5. Mettiamo in forno a 180° per 15 minuti.
  6. Rovesciamo la pasta sul canovaccio, togliamo la carta e arrotoliamo ancora calda.
  7. Lasciamo raffreddare e srotoliamo.

Preparazione finale: 

  1. Farciamo la crema raffreddata con la crema con la panna.
  2. Arrotoliamo nella carta forno e mettiamo in frigo per un’oretta.
  3. Pareggiamo le estremità dopo aver tolto la carta.
  4. Spalmiamo la superificie con la crema senza panna.
  5. Mettiamo di nuovo in frigo per un’ora.
  6. Righiamo la superficie e decoriamo a piacere, ad esempio con granella di zucchero e marron glaces.

Per la versione light di questo dolce, potete usare come farcitura questa crema di castagne, decisamente meno calorica di quella prima esposta: Crema di castagne alla vaniglia: ricetta salutare, buonissima e facile da preparare

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Obesi e fumatori finiscono in fondo alla lista per le operazioni chirurgiche

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma  OBESI FUMATORI FONDO LISTA CHIRURGIA  Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgDal gennaio di quest’anno essere obesi o fumatori significherà anche dover aspettare di più per sottoporsi a un intervento chirurgico non urgente, dalla protesi all’anca o al ginocchio, fino ad altre operazioni non salvavita. Succede in Gran Bretagna, a stabilirlo è una direttiva emanata dall’azienda sanitaria locale di Vale of York, regione nel nord dell’Inghilterra, che lavora su questo progetto da un paio di mesi. A settembre, il primo annuncio di voler allungare la lista d’attesa per i pazienti con problemi di salute era stato accolto da un coro di proteste e quindi sospeso dal Servizio sanitario nazionale. Una pausa di riflessione per i funzionari del Ministero, che però dopo due mesi, e probabilmente qualche conteggio in più, nelle scorse ore hanno dato il via libera all’iniziativa.

Obesi e fumatori costano di più ai contribuenti
La nuova regolamentazione sarà adottata solo a livello locale, con il coinvolgimento di circa 350mila pazienti, ma suona ai più come una sorta di progetto pilota in vista di sviluppi futuri. Benché venga presentato come una formula per spingere i pazienti a prendersi cura della propria salute, infatti, il progetto appare come uno stratagemma per risparmiare sul bilancio traballante del Servizio sanitario nazionale, rimandando il più possibile gli interventi su candidati meno in forma, che date le loro condizioni potrebbero richiedere maggiori spese per il recupero e l’assistenza, spese che però – bisogna ricordarlo – sono pagate con le tasse di tutti i cittadini, anche quelli che con volontà e fatica si prendono maggiormente cura della propria salute.

Invito a dimagrire e smettere di fumare
Indipendentemente dalla sua vera finalità, comunque, da gennaio la direttiva sarà operativa. Le persone con un indice di massa corporea (BMI) di almeno 30 saranno invitate a dimagrire del 10 per cento oppure verranno penalizzate con un ritardo di dodici mesi nelle liste d’attesa per gli interventi chirurgici di tipo facoltativo. Analoga la misura definita per i fumatori accaniti, che dovranno abbandonare le sigarette per due mesi per aver accesso ai reparti di chirurgia e se non saranno in grado di farlo vedranno il loro nome messo in fondo alla lista, con sei mesi minimo di ritardo rispetto ai tempi usuali.

Una forma di discriminazione?
Alcuni parlano di una forma di “discriminazione” applicata a categorie di pazienti che, peraltro, sono molto diffuse in Gran Bretagna, tanto che quando la proposta è stata annunciata, all’inizio di settembre, le critiche sono state massicce. Anche Clare Marx, presidente del Royal College of Surgeons (Rcs), ha alzato la sua voce contro il progetto e dichiarato pubblicamente che i pazienti «devono essere trattati in base ai sintomi» e non secondo forme di discriminazione. Dal mio punto di vista invece questo potrebbe essere un sistema sicuramente drastico, ma funzionale, per spingere le persone a curarsi maggiormente della propria salute.

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo

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Feci gialle, giallo oro, giallastre: cause ed interpretazione clinica

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma FECI GIALLE GIALLASTRE ORO CAUSE CIBO Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgIl colore e la consistenza delle feci indicano molto sullo stato di salute di un paziente. L’aspetto delle feci rivela molte informazioni sulla condizione dell’organismo e sulla salute dell’apparato digerente, in particolar modo del colon, al punto che viene usata come elemento diagnostico in presenza di altri segni o sintomi. Un suggerimento molto semplice, ma altrettanto valido, è quello di controllare giornalmente gli scarti fecali, valutandone anche la forma ed il colore.

I cambiamenti degli escrementi

A volte si può verificare una trasformazione cromatica delle feci, che potrebbero diventare giallognole. Questa tonalità non dovrebbe necessariamente far pensare al peggio. Le feci gialle non rappresentano un sintomo indicatore di disturbi gravi. Potrebbe infatti rappresentare un semplice disturbo momentaneo, e non un segnale di allarme. La strana colorazione potrebbe essere la conseguenza di qualcosa mangiato il giorno prima. Una sensazione di paura, nei confronti di questo fenomeno visivo, dovrà avvenire soltanto quando il disturbo diventa permanente, proseguendo per settimane. In questi casi, la presenza di feci giallastre potrebbero riguardare problemi al fegato o significare che i dotti della bile sono bloccati, a causa di un intestino pigro. Per valutare con oggettività la situazione e capire se si tratta di un cambiamento temporaneo, si consiglia di osservare quotidianamente il colore degli scarti alimentari, per evitare di creare falsi allarmismi.

L’origine delle feci color giallo

Le cause delle feci gialle possono essere date dal cattivo funzionamento del pancreas, poiché i dotti biliari risultano ostruiti, fatto che ne impedisce il corretto funzionamento. Gli escrementi possono essere giallognoli anche nel caso in cui si è soggetti a fibrosi cistica, o reflusso gastroesofageo. Ma anche intolleranze o un’allergia al glutine come nel caso della celiachia, può generare la produzione di residui organici umani di tonalità giallognola. Senza contare altre cause come l’infiammazione del fegato, o altri tipi di irritazioni del colon potrebbero dare il là ad una danza gialla proveniente dalle pareti intestinali. Anche situazioni di salute molto più gravi e difficili da curare, come nel caso di epatite di tipo a, b o c, possono produrre lo stesso effetto. Si segnalano numerosi casi di pazienti che hanno presentato questa sintomatologia particolare, a seguito di cattivo assorbimento delle sostanze nutrienti durante la fase digestiva o a seguito della presenza di batteri o virus nocivi.

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Il “cuore” della pancia: occhio al pancreas

Le feci gialle potrebbero chiamare in causa un malfunzionamento del pancreas. Quando quest’organo essenziale alla digestione lavora male e non riesce a produrre i giusti enzimi ed ormoni, le feci diventano di tonalità giallastra. Una tipologia di male di questo tipo è spesso associata ad altre problematiche, come febbre, nausea o addirittura vomito e gonfiore. In questo caso è necessario il consulto di un medico in grado di fare una giusta analisi sulla gravità del caso clinico e consigliare quale cura iniziare per migliorare lo stato del pancreas.

Feci gialle e colon irritabile

E’ possibile ritrovare escrementi gialli anche se un paziente soffre di colite. Questo disturbo, causato da numerosi fattori, a cominciare dallo stress o da problemi generalizzati del sistema immunitario, può presentare, tra i segnali principali, delle feci color ocra.
Anche se in linea di massima sembrerebbe tutto partire da residui alimentare in parte scartati dall’organismo che reagisce a questa difficoltà nelle difese immunitarie con manifestazioni varie, come: crampi, costipazione, diarrea e feci spumose di colore giallastro. Un’accurata analisi endoscopica, con tanto di esame fecale, può rivelare molte informazioni utili sullo stato delle feci e determinare una diagnosi completa sulla qualità di vita dei nostri organi impegnati nella digestione.

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Virus intestinale

E’ possibile il verificarsi di feci giallastre anche a seguito dell’azione di un microorganismo intestinale. Accade così, che in seguito all’assunzione di acqua contaminata da qualche batterio, si possano riscontrare cambiamenti nel colore degli escrementi. La proliferazione dei batteri, può provocare questo effetto collaterale e solo interpretando alcuni segnali inviati dall’organismo, confrontandoli con il livello di infiammazione percepita, si potrà capire se si tratta di un virus intestinale, o se questo avrà semplice origine influenzale. Nel primo caso, a dare maggiore conferma sulla nostra ipotesi, sarà la percezione di uno strano colore strano delle feci, associato a crampi allo stomaco, ma anche vomito o febbre. Quando subentreranno sintomi secondari, come inappetenza e stanchezza è più probabile invece se si tratti di una contaminazione da influenza. Per un riscontro definitivo, si consiglia di ascoltare il parere di un dottore, specializzato nel funzionamento dell’apparato gastrico.

Leggi anche: Tumore del colon retto: sintomi iniziali, tardivi e ritardo nella diagnosi

Gastroenterite

Sempre i virus possono essere responsabili di disturbi infiammatori come la gastroenterite, anche lei in grado di caratterizzarsi per la produzione di feci chiare, quasi color paglierino. Questo accade perché le cellule dell’intestino tenue vengono colpite e quindi danneggiate, causando la fuoriuscita del il liquido contenuto al loro interno, successivamente libero di riversarsi nell’intestino. E’ questa fenomeno che spiega perché avvenga una diarrea, o un’evacuazione di feci gialle. Un consiglio pratico per limitare al massimo le contaminazioni del tratto intestinale consiste nel lavaggio sistematico delle mani e nel mantenimento di una condizione di pulizia generale del corpo, abbastanza elevata. In questo i giapponesi e la cultura orientale più in generale, sono esperti. Non è un caso se rappresentano, in termini statistici, la fetta di popolazione mondiale con il tasso di casi da sindrome del colon irritabile più basso.

Leggi anche: Fecaloma: tappo di feci durissime, cause, sintomi e rimedi

Alimentazione errata

Spesso uno degli aspetti più importanti, in grado di determinare l’alterazione del colore delle feci, facendole diventare giallo oro, può essere la dieta. Mangiando alimenti sbagliati, o pietanze carenti dal punto di vista della qualità di fibre, è plausibile che avvenga un cambiamento di tono nei residui organici evacuati. In alcuni soggetti, le feci gialle e molli, fanno parte dei sintomi successivi all’eccessiva assunzione di super alcolici. Alzare troppo il gomito è un vizio davvero negativo per la nostra salute, perché in grado di portare effetti molto negativi. Bere bibite con alcool può causare cattiva digestione, bruciori di stomaco, un eccesso nella salivazione e appunto produrre l’alterazione del colore delle feci. In alcuni casi la nostra materia fecale diventa talmente chiara, da apparire biancastra.

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I batteri nell’intestino

Dall’analisi delle feci o nei casi più gravi, anche solo attraverso l’osservazione diretta, durante la fase di pulitura anale, post evacuazione, è possibile accorgersi di un rivestimento di muchi. Questo si verifica solitamente dopo un periodo di stitichezza, oppure, al contrario dopo un episodio diarreico. Ancora una volta, la causa più importante è da ritrovare nella presenza di batteri intestinali estremamente dannosi, capaci di determinare un aumento nella produzione di gas. Questo problema, può essere risolto ( ma soltanto se non vi è presenza di sangue nelle feci) idratando l’organismo e quindi provvedendo a bere tantissima acqua. Nulla di trascendentale quindi, ma un’operazione naturale che purtroppo, per molti pazienti, come ad esempio quelli colitici, non risulta poi così tanto scontata.

Leggi anche: Frequenza defecazione: quante volte al giorno è normale andare di corpo?

Fattori emotivi

Le emozioni sono in grado di mutare moltissimi processi a livello del corpo umano, come nel caso di quelli digestivi. Non è raro quindi che, degli screzi sul lavoro, un litigio con la fidanzata, un amore non corrisposto, se prolungato nel tempo, può infiammare, oltre alla mente, anche parti del nostro intestino tenue. E’ facile spiegare allora l’alternanza di periodi di stipsi, a periodi di diarrea, con manifestazioni visive caratterizzate da feci mollicce e gialle, o avvolte in schiuma bianca tipo muco che, unite all’acidità di stomaco, possono rendere la vita di questi soggetti, davvero complicata. Vero è che il cambio delle abitudini alimentari, verso una dieta di tipo mediterraneo, tendenzialmente più equilibrata nel rapporto grassi/proteine può dare effetti straordinari in termini di salute. Lo stress e le tensioni emotive che possiamo vivere ogni giorno sono tra i più grandi responsabili della nausea che viviamo durante la giornata e la colorazione delle feci può essere la cartina tornasole per indicarci che è giunto il momento di cambiare alimentazione e ricercare cibi più genuini e di origine controllata. Le catene alimentari della grande distribuzione spesso nascondono procedure di conservazione e pratiche di reperimento delle merci, a dir poco discutibili.

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I bambini e la materia fecale

Nel caso in cui hai dei figli, devi sapere che tenere sotto controllo le feci nei bimbi, risulta importantissimo ai fini della loro migliore crescita. Le feci giallognole, specialmente se tendenti al giallo ocra, rappresentano un campanello d’allarme importante, di fronte al quale sarebbe stupido essere indifferenti. I pediatri non si stancheranno mai di ricordare come sia proprio a cominciare dall’analisi visiva degli scarti alimentati degli infanti che si può valutare in maniera abbastanza completa la loro salute.
Un bimbo per stare bene, deve generare feci chiare, gialle e molli, di una tonalità che spazia tra il giallo e il verde, soprattutto nel caso in cui, venga allattato ancora al seno. Quando invece il bebè assume sostanze nutritive da latte non materno il colore delle feci sarà generalmente marroncino e solo dopo lo svezzamento, la consistenza fecale si farà più dura e compatta. Nel caso in cui le feci nel bambino dovessero essere chiare sì, ma piene di muco, significherà che i lipidi non vengono assorbiti bene dal piccolo corpicino. Se il muco, i filamenti dovessero essere troppo presenti, significa che nell’organismo è in corso un’infiammazione a livello intestinale.

Quale contenitore sterile usare per l’esame delle feci?

In caso di un eventuale esame delle feci, per raccogliere e conservare correttamente il campione di feci da inviare in laboratorio, è necessario usare un contenitore sterile apposito, dotato di spatolina. Il prodotto di maggior qualità, che ci sentiamo di consigliare per raccogliere e conservare le feci, è il seguente: http://amzn.to/2C5kKig

Per approfondire:

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Digiuno intermittente e terapeutico: fa dimagrire? Fa bene o fa male alla salute?

MEDICINA ONLINE DIGIUNO INTERMITTENTE TERAPEUTICO WARRIOR DIET GUERRIERO DIETA DIMAGRIRE NOTTE COLAZIONE PRANZO MUSCOLI CALORIE PALESTRA FA BENE FA MALE SALUTE PROTEINE DIGESTIONEDigiunare significa astenersi dal consumo di alcuni o di tutti gli alimenti, delle bevande o di entrambi, per un periodo di tempo più o meno lungo che può essere determinato o indeterminato. Il digiuno assoluto è definito come la mancata assunzione di qualunque cibo solido o liquido per un certo periodo, di solito compreso tra le 24 ore ed alcuni giorni. Fin dalla preistoria, poiché il cibo non è sempre stato disponibile, il digiuno intermittente è sempre esistito e qualsiasi organismo animale è in grado di sopportarlo grazie alle scorte di grasso ed alla straordinaria capacità del nostro sistema endocrino. Per l’uomo moderno industrializzato, la carenza di cibo non è più un problema, anzi è un problema l’eccesso di cibo! A tal proposito molti individui si auto-impongono il digiuno per dimagrire. Ma serve davvero? E soprattutto: fa bene o fa male alla salute?

Per meglio comprendere questo articolo, vi consiglio di leggere prima: Differenza tra catabolismo, anabolismo, metabolismo basale e totale

Digiuno e metabolismo
La prima cosa da dire per chiarire le cose è che, entro certi limiti, un incremento dell’assunzione di calorie con l’alimentazione possa produrre un’accelerazione del metabolismo, mentre viceversa una diminuzione dell’assunzione di calorie ha il risultato opposto, ovvero un rallentamento del metabolismo. I principi che regolano questo fenomeno costituiscono un meccanismo cardine per la sopravvivenza di ogni organismo: quando la disponibilità delle risorse fornite dall’esterno inizia a diminuire, l’organismo si autoregola diminuendo gradualmente (e proporzionalmente) il suo fabbisogno energetico; allo stesso modo, quando invece le risorse disponibili aumentano, l’organismo si adatta di conseguenza e predispone le sue attività in maniera tale da consumare più energia. Per raggiungere un sano dimagrimento è quindi sbagliato il digiuno prolungato, decisamente meglio puntare su:

  • corretta alimentazione con il giusto apporto calorico (dieta ipocalorica se il soggetto è sovrappeso) e nutrienti;
  • aumento di massa magra (ottenuto con l’attività fisica) importante per innalzare il metabolismo basale;
  • adeguata attività fisica importante per innalzare il metabolismo basale.

Detto ciò, tutti i digiuni sono sbagliati? La risposta è NO. Il digiuno prolungato è sbagliato ma altre forme di digiuno – in individui selezionati, sotto stretto controllo medico e per periodi limitati – possono essere perfino utili. Il digiuno può essere benefico o nocivo in base ad alcuni fattori; ad esempio: durata, completezza dell’astensione alimentare o supporto nutrizionale, controllo medico, presupposti patologici per la sua applicazione ecc. Non tutte le forme di digiuno sono uguali; alcune risultano estremamente debilitanti ed immotivate, altre meno estenuanti e più razionali.
Il digiuno, controllato o non controllato, terapeutico oppure no, risulta comunque parecchio stressante per il corpo e la mente. Tuttavia, la sua potenziale nocività dipende soprattutto dai parametri con i quali viene programmato.
Un esempio di digiuno eticamente discutibile (ma dal punto di vista scientifico abbastanza corretta) è la “dieta del sondino“. Questa si basa su una forma di digiuno cronico, durante il quale l’organismo viene supportato esclusivamente dalla nutrizione artificiale enterale (sondino naso gastrico). Pratiche simili possono indurre:

  • debilitazione fisica e tendenza alla malnutrizione ed alla chetosi (vedi sotto);
  • limitazione delle attività motorie;
  • diseducazione alimentare.

Al contrario, nei soggetti affetti da patologie del metabolismo, brevi periodi di stop alimentare – come, ad esempio, l’enfatizzazione del periodo di digiuno notturno (quello durante il sonno, portandolo da 8 a 12 o 14 ore) – non provocano effetti collaterali e favoriscono la remissione di certi parametri metabolici (soprattutto iperglicemia e ipetrigliceridemia) o di altri disturbi (steatosi epatica, reflusso gastro esofageo ecc). Ovviamente, l’esempio appena riportato non rappresenta un vero e proprio digiuno e questa costituisce l’unica forma di astensione alimentare potenzialmente benefica e priva di effetti collaterali.
In molti credono che il digiuno assoluto possa incidere negativamente sui flussi ormonali, nello specifico sopprimendo l’azione della ghiandola tiroide (quella che secerne gli ormoni deputati alla regolazione del metabolismo); ciò è vero solo in parte. Infatti, il digiuno prolungato riduce senza dubbio la secrezione degli ormoni tiroidei, tuttavia, in genere, questa decurtazione non si manifesta prima delle 24 o 48 ore.
Ci sono alcune prove scientifiche che dimostrano come il digiuno possa avere un ruolo importante nelle persone che ricevono la chemioterapia, ma sono necessari ulteriori studi per definirne l’efficacia reale ed un’eventuale applicazione clinica.

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Il digiuno terapeutico è veramente terapeutico?
Alcuni centri specializzati nella cura delle patologie metaboliche utilizzano il digiuno terapeutico per la riduzione del peso e per il ripristino dei parametri metabolici.
Raramente, i sistemi di digiuno terapeutico si fondano sull’astinenza irrevocabile del cibo e nessuno di questi vieta l’utilizzo dell’acqua. Al contrario, la tendenza è quella di incentivare l’assunzione di liquidi e, talvolta, di certi alimenti vegetali a porzioni determinate (soprattutto nel caso di certe malattie particolari).
Secondo l’esperienza degli operatori che propongono il digiuno terapeutico, la difficoltà maggiore consiste nell’accettazione iniziale della terapia, non nel protocollo stesso. In pochi credono di poter resistere 2 o 3 settimane senza mangiare ma, d’altro canto, sono in molti ad aver raggiunto spontaneamente anche i 30-40 giorni.

Come Funziona?
Premessa importante: questa tecnica non può essere utilizzata in caso di compromissioni epatiche, diabete mellito tipo 1 o altre malattie metaboliche. Il digiuno terapeutico si divide in tre fasi principali:

  1. Le prime 24-48 ore della terapia prevedono il digiuno completo con la sola assunzione di acqua. In questa fase (la più dura per il paziente), il corpo consuma la maggior parte dello zucchero e dei trigliceridi presenti nel sangue; ovviamente, i livelli di glucosio vengono mantenuti progressivamente stabili dal glicogeno epatico, mentre l’azione motoria (tipicizzata dal riposo assoluto) è supportata prevalentemente dalle riserve di glicogeno muscolare.
  2. L’azione metabolica “vera” (o meglio, quella ricercata dai terapisti) avviene al termine di questa prima fase, cioè quando le riserve di glicogeno sono ridotte al minimo. A questo punto, il corpo inizia a bruciare prevalentemente il tessuto adiposo, con la produzione ed il riversamento sanguigno di molecole chiamate chetoni. Talvolta, nei soggetti compromessi o che assumono certi farmaci, il digiuno terapeutico prevede l’assunzione di succhi vegetali come spremute e centrifugati per ridurre lo stato di chetoacidosi. I supplementi nutrizionali sono di natura vitaminica, salina ed amminoacidica.
  3. Il digiuno terapeutico viene interrotto in materia progressiva, iniziando con l’assunzione di succhi e centrifugati, poi di frullati e vegetali in pezzi, giungendo fino all’assunzione di cereali e legumi.

Effetti del digiuno terapeutico:

  • Digiuno e Acidosi. I chetoni, pur essendo potenzialmente tossici (se non efficacemente smaltiti dall’organismo), possono avere degli effetti positivi sulla compliance terapeutica (sopportazione della strategia).
    Infatti, agendo in maniera soppressiva nei confronti del sistema nervoso centrale, i chetoni riducono al minimo lo stimolo della fame.
    Certi sostengono addirittura che i chetoni possano provocare una sensazione di benessere generalizzato. Tuttavia, questa condizione detta “chetoacidosi” non è esente da effetti collaterali, tra i quali: tossicità epatica e renale, tendenza alla disidratazione, ipotensione ecc.
  • Digiuno e Riposo Digerente. Chi propone il digiuno terapeutico afferma che questa sensazione di benessere non è imputabile solamente alla chetoacidosi, ma anche al riposo totale del tratto gastrointestinale. Effettivamente, la digestione dei soggetti affetti da obesità è un processo sempre abbastanza impegnativo; consumando pasti molto abbondanti, poco digeribili e responsabili di picchi glicemici elevati, queste persone sono abituate a convivere con una sensazione di debolezza psico-fisica pressoché continua.
  • Digiuno e Lavaggio Cellulare. Un ulteriore effetto benefico del digiuno terapeutico, ulteriormente enfatizzato dalla somministrazione di integratori antiossidanti, è il “lavaggio cellulare”. Non tutti sanno che l’organismo possiede vari mezzi di escrezione delle molecole inutili o tossiche; tra questi, la bile, le feci, le urine, il sudore, il muco, la ventilazione polmonare, i capelli, i peli, le unghie ecc. Il digiuno terapeutico consente di sfruttare questi meccanismi senza incamerare parallelamente altri inquinanti o altri agenti tossici, tra i quali ricordiamo: mercurio, arsenico, piombo, diossina ed additivi alimentari.
  • Digiuno e Papille Gustative. Un altro grande vantaggio del digiuno terapeutico è il ripristino della funzionalità papillare gustativa della lingua, che avviene attraverso un processo definito neuroadattamento. Questo effetto di “reset” percettivo dei gusti è molto utile per la successiva riorganizzazione della dieta (fase di mantenimento), che prevede l’utilizzo esclusivo di cibi freschi e poco conditi.

IMPORTANTE
Il digiuno terapeutico va contro qualunque principio di dietetica, equilibrio nutrizionale ed educazione alimentare. E’ un intervento radicale che potrebbe trovare applicazione nel rimpiazzo della chirurgia bariatrica (quella chirurgia che viene adottata sui grandi obesi).
Bisogna ricordare che le diete chetogeniche possono anche avere un effetto deleterio sull’organismo, a partire dall’affaticamento renale fino al deperimento del tessuto muscolare, specie in alcuni soggetti. E’ importante sottolineare che si tratta di una tecnica praticabile in ogni caso SOLO SOTTO CONTROLLO MEDICO. La supervisione ed il monitoraggio osservano principalmente: pressione arteriosa, volemia, glicemia, acidosi metabolica ecc.
Il consiglio globale per chi affronta il digiuno terapeutico è quello di sospendere qualsiasi cura farmacologica, ad eccezione di quelle insostituibili (ad es ormoni tiroidei, farmaci per la pressione in caso di difetti congeniti ecc). In presenza di certe patologie (organiche o psichiatriche), di condizioni fisiologiche speciali (gravidanza, allattamento), terza età ed accrescimento, il digiuno terapeutico è TOTALMENTE SCONSIGLIATO.

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Differenza tra catabolismo, anabolismo, metabolismo basale e totale

medicina-online-dott-emilio-alessio-loiacono-medico-chirurgo-roma-differenza-catabolismo-anabolismo-metabolismo-riabilitazione-nutrizionista-infrarossi-accompagno-commissioni-cavitazione-radiofrequenzIl metabolismo è l’insieme dei processi anabolici (costruttivi) e catabolici (degradativi) svolti all’interno di un organismo. Questi processi sono caratterizzati da numerose reazioni chimiche catalizzate da enzimi e consentono agli organismi di crescere e riprodursi, mantenere le proprie strutture e rispondere alle sollecitazioni dell’ambiente circostante. Nel linguaggio comune per metabolismo si intende la capacità dell’organismo di bruciare calorie. Un “metabolismo veloce” permette dunque di bruciare nell’unità di tempo una quantità maggiore di calorie rispetto ad un metabolismo lento.

Quando parliamo di metabolismo dobbiamo però fare una importante distinzione:

  • metabolismo totale (MT) o TMR (total metabolic rate): indica il dispendio energetico totale di un individuo ed è la somma del metabolismo basale più il consumo da TID (termogenesi indotta dagli alimenti) e il surplus di consumo legato all’attività dell’organismo durante la giornata. La sua unità di misura è la chilocaloria (simbolo kcal).
  • metabolismo basale (MB) o BMR (basal metabolic rate): indica il dispendio energetico di un individuo a riposo e comprendente dunque l’energia necessaria per le funzioni metaboliche vitali (respirazione, circolazione sanguigna, digestione, attività del sistema nervoso, ecc.). Rappresenta circa il 45-75% del dispendio energetico totale nella giornata (questa grande variabilità è in funzione del rapporto tra % di massa magra e grassa soggettiva) e può essere misurato con la calorimetria o con una bioimpedenziometria. La sua unità di misura è la chilocaloria (simbolo kcal). Mediamente il metabolismo basale giornaliero corrisponde a circa 25 kcal x kg di peso corporeo.

Quindi:

metabolismo basale (a riposo) + attività fisica giornaliera + termogenesi indotta dalla dieta = metabolismo totale

Per capire cos’è la termogenesi indotta dalla dieta, leggi questo articolo: Termogenesi indotta dalla dieta: scopri il segreto per dimagrire

Per approfondire, leggi anche: Metabolismo basale: cos’è, definizione, calcolo, alto, basso, totale

La velocità del metabolismo totale dipende da numerosissimi fattori concatenati tra loro, alcuni modificabili, altri non modificabili, tra cui:

  • età;
  • assunzione media giornaliera di calorie;
  • secrezione ormonale;
  • tipo di alimentazione (maggiore o minore quota di proteine);
  • integratori alimentari;
  • attività fisica;
  • patologie endocrine;
  • stile di vita;
  • ciclo mestruale;
  • condizioni di stress psicofisico;
  • farmaci;
  • idratazione;
  • percentuale di massa magra e grassa del corpo;
  • periodo dell’anno.

Curiosità: Se la tua vita è sedentaria, un piccolo trucco per aumentare il metabolismo è quello di contrarre attivamente la muscolatura durante la giornata. Appiattisci la pancia, stringi i pugni, muovi le gambe, contrai i quadricipiti. Queste contrazioni spontanee, a cui spesso non facciamo molto caso contribuiscono in maniera significativa ad accelerare il metabolismo, tanto che sono tipiche dei soggetti magri ed ipereattivi, mentre si osservano assai più di rado negli obesi. Potete farlo anche a scuola o al lavoro!

Leggi anche: Digiuno intermittente e terapeutico: fa dimagrire? Fa bene o fa male alla salute?

Anabolismo
L’anabolismo è quella parte del metabolismo che riguarda i processi di accrescimento e sintesi. Nel corpo umano ci sono alcune parti e tessuti che crescono di continuo per tutta la durata del ciclo vitale, mentre altre in condizioni normali cessano il loro accrescimento al termine del periodo di sviluppo, ovvero intorno al sedicesimo – diciottesimo anno di vita. L’accrescimento corporeo è dovuto essenzialmente alla secrezione di somatotropina, nota anche come ormone somatotropo, ormone della crescita, STH, oppure SH o GH (growth hormone), il quale abbonda durante il suddetto periodo dello sviluppo. Quando la secrezione naturale del GH si arresta, è possibile comunque indurne la produzione endogena. Sostanzialmente ciò avviene solamente quando vengono fatti scattare dei meccanismi di supercompensazione, e solamente in condizioni di ipernutrizione. In pratica l’anabolismo indotto è possibile solamente se l’organismo ha a disposizione risorse energetiche e nutrizionali molto superiori a quelle che gli sarebbero strettamente indispensabili per svolgere le normali attività fisiologiche. Nel body building questo si traduce nell’applicazione dei principi per la crescita delle masse muscolari, i quali sono infatti basati su allenamenti in grado di suscitare reazioni di adattamento molto accentuate, e su regimi alimentari iperproteici ed ipercalorici, che pongono l’organismo in una condizione ottimale per l’anabolismo cellulare.

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Catabolismo
Il catabolismo è quella parte del metabolismo che riguarda i processi di degradazione e scissione cellulare. Esso si verifica normalmente in tutti i tessuti le cui cellule sono sottoposte ad un continuo ricambio, tuttavia esso compare anche quando si verificano condizioni in cui all’organismo occorre energia e non ci sono risorse energetiche immediatamente disponibili. In tali condizioni l’organismo si procura le risorse energetiche che gli occorrono andando a intaccare porzioni di tessuto adiposo o muscolare, il quale viene dunque trasformato in energia. Sia il grasso corporeo che le proteine muscolari costituiscono una fonte energetica di ottima qualità, in quanto contenenti una energia chimica specifica (per unità di massa) superiore a quella dei carboidrati. Tuttavia, come è facilmente comprensibile, mentre l’utilizzo dei grassi è positivo perché provoca la riduzione del grasso corporeo, l’utilizzo delle proteine muscolari come fonte energetica è un processo negativo, e va assolutamente evitato soprattutto ovviamente nell’ambito del body building.

Evitare il catabolismo
Per evitare che l’organismo si procuri energia consumando massa muscolare, è indispensabile mantenere sempre positivo il bilancio azotato nel sangue. Ciò significa che nell’arco della giornata bisogna assumere con gli alimenti proteine in quantità e con frequenza tali da impedire l’abbassamento drastico dell’azotemia nel sangue. In generale, il bilancio azotato si può mantenere sufficientemente alto se si fanno dei pasti con una frequenza di massimo tre ore, ed includendo in ogni pasto almeno 20 o 30 grammi di proteine (la quantità è variabile in base al soggetto).

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Leonardo Da Vinci era appassionato di cucina!

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma LEONARDO DA VINCI CUCINA CUCINARE TORTE  Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgLeonardo di ser Piero da Vinci, comunemente noto come Leonardo da Vinci, è universalmente riconosciuto come uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi, e non solo in Italia, ma in tutto il mondo! Il genio del Rinascimento si occupò con enorme profitto di moltissimi campi tra cui architettura, scultura, ingegneria ed anatomia umana. Fin qui tutte cose già note. Quello che però forse non sapete è che il genio toscano trovò il modo di occuparsi anche di… cucina! A darcene prova è il suo Codice Atlantico, in cui l’autore narra di aver inventato una grande macchina in grado di fare quello che lui stesso chiama uno “spago mangiabile”. In parole povere si trattava dell’antenata rinascimentale di una moderna macchina per fare la pasta in casa! Ma il suo genio applicato in cucina non si ferma qui: si devono infatti a lui gli “antenati” del cavatappi, dell’affettatrice, del frullatore e del trita aglio, non poco per un uomo vissuto nel ‘400! Inoltre sembra che Leonardo stesso si cimentasse ai fornelli con grande successo e di sicuro era esperto nel cucinare le torte, come lui stesso afferma in una lettera indirizzata a Ludovico il Moro nel 1482: “[ ] e faccio delle torte che non hanno uguali”.
A lui attribuito c’è infine anche un ricco ricettario di cucina in cui sono descritti solo piatti a base di frutta e verdura, nessuno di carne, cosa che sembrerebbe indicare – assieme ad altri indizi – che il genio fosse vegetariano. A tal proposito leggi anche: Leonardo da Vinci vegetariano e l’aneddoto sugli uccelli

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo

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Percentuale di grasso corporeo normale per uomo e donna

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma PERCENTUALE DI GRASSO CORPOREO UOMO DONNA  Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Pene.jpgIl range di normalità per la percentuale di grasso corporeo considerata adeguata per una vita in salute è mediamente il seguente:

Uomini: tra il 10% ed il 18%

Donne: tra il 18% ed il 26-28%

Rispetto alla popolazione generale, le percentuali di grasso corporeo desiderabili per i soggetti fisicamente attivi, e ancor più per gli atleti professionisti, sono ovviamente inferiori, come vedremo in seguito. Una domanda che ci si può porre è: perché uomo e donna hanno percentuali di grasso corporeo normale così diverse? La ragione di questa profonda differenza tra uomo e donna è determinata dalla maggior quantità di grasso primario o essenziale della donna (12% contro il 3-5% dell’uomo) e dal diverso corredo ormonale (che favorisce un maggior accumulo di massa magra nell’uomo piuttosto che nella donna). Ciò riflette – non me ne vogliano le femministe – i compiti che la natura ha inizialmente ritagliato per i due sessi fin dalla preistoria: l’uomo cacciatore doveva portare “a casa” il cibo, la donna aveva invece il compito di gestire la gravidanza. Masse magre e grasse diverse adeguate per svolgere compiti diversi.

Cos’è il grasso primario o essenziale?

Il grasso primario o essenziale rappresenta la quota di adipe contenuta nel sistema nervoso centrale, nel midollo osseo, nelle ghiandole mammarie, nei reni, nella milza ed in altri tessuti. Considerata la particolare localizzazione anatomica, il grasso essenziale possiede un ruolo fisiologico di primaria importanza, al punto da essere considerato la minima percentuale di massa grassa compatibile con uno stato di buona salute. Il grasso di deposito – che sommato a quello primario ci dà l’entità del grasso corporeo totale – è concentrato a livello sottocutaneo, toracico – addominale (viscerale), intramuscolare ed intermuscolare, con profonde differenze di localizzazione tra uomo e donna che sono assenti nell’infanzia ma che iniziano a manifestarsi dopo la pubertà:

  • Disposizione androide dell’adipe: (anche detta centrale, viscerale, tronculare o “a mela”): tipicamente maschile, si associa ad una maggiore distribuzione di tessuto adiposo nella regione addominale, toracica, dorsale e cerviconucale.
  • Disposizione ginoide dell’adipe (detta anche periferica, sottocutanea o “a pera”): tipicamente femminile, si caratterizza per una distribuzione delle masse adipose nella metà inferiore dell’addome, nelle regioni glutee ed in quelle femorali.

E’ interessante notare infine che in età adulta il tessuto adiposo viscerale risulta maggiore nell’uomo rispetto alla donna, mentre il tessuto adiposo sottocutaneo è maggiore nella donna piuttosto che nell’uomo.

Leggi anche: Il ciclo influenza le prestazioni in palestra: il periodo migliore per allenarsi e gli esercizi da fare durante le mestruazioni

Quando il grasso è troppo poco

Quando la percentuale di grasso corporeo scende fino a ridursi alla sola quota di grasso essenziale o poco più, l’organismo ne risente; si registra, ad esempio, una maggiore suscettibilità alle infezioni nell’uomo ed amenorrea, spesso accompagnata ad osteopenia, nella donna. A tale proposito leggi anche: Mancanza di ciclo mestruale da eccessivo allenamento: cause e cure

Percentuale di grasso corporeo totale per le diverse categorie di soggetti

Ovviamente la quantità di grasso considerata “normale” per un giovane atleta professionista, non è la medesima per un individuo “comune” o avanti con gli anni.

Maschi Femmine
Atleti 5.0 – 13.0 12.0 – 22.0
Persone attive 12.0 – 18.0 16.0 – 25.0
Leggero soprappeso 19.0 – 24.0 26.0 – 31.0
Obesi > 24.0 > 31.0

Per misurare la percentuale di grasso corporeo sono state sviluppate diverse metodiche, come la plicometria e la bioimpedenziometria. A tale proposito leggi anche: La dieta ti sta facendo perdere massa magra o massa grassa? Scoprilo con la bioimpedenziometria

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