Si può vivere senza reni? Conseguenze della nefrectomia

MEDICINA ONLINE RENI RENE URINA APPARATO URINARIO URETRA URETERE AZOTEMIA ALBUMINA SINDROME NEFRITICA NEFROSICA PROTEINURIA POLLACHIURIA UREMIA DISURIA CISTITE INFEZIONE POLICISTICO LABORATORIOI reni hanno parecchie funzioni, essi:

  • mantengono costante la composizione chimica del sangue, depurando il sangue dalle scorie azotate;
  • regolano il bilancio dei liquidi e degli elettroliti del nostro corpo;
  • intervengono nella regolazione della pressione arteriosa;
  • stimolano la produzione dei globuli rossi da parte del midollo osseo (eritropoietina);
  • sovrintendono al metabolismo dell’osso.

In determinate patologie, è necessaria una nefrectomia bilaterale, cioè una rimozione di entrambi i reni. In tali casi la vita è tecnicamente possibile, ma solo effettuando la dialisi (emodialisi) almeno tre volte a settimana. Senza dialisi e senza reni è impossibile vivere. Nell’emodialisi si viene collegati ad un’apparecchiatura dotata di un filtro che fa le veci dei nostri reni, depurando l’organismo dalle scorie azotate e dal fosforo in eccesso che si accumula nel sangue in caso di insufficienza renale. Questo perché i reni sono organi incapaci di rigenerarsi: una volta che il nefrone (l’unità funzionale del rene) degenera non è in grado di rigenerarsi.

Altre conseguenze della nefrectomia bilaterale
L’asportazione di entrambi i reni può determinare una tendenza ad avere valori di pressione arteriosa alterati, perché – come abbiamo visto – il rene è un organo importante nella regolazione della pressione del sangue. Quando esegue la nefrectomia, il chirurgo fa attenzione a non asportare le ghiandole surrenaliche, che si trovano proprio sopra al polo superiore del rene, e che producono anch’esse degli ormoni importanti per la regolazione della pressione. Qualche volta non si può evitare l’asportazione di queste ghiandole; la loro mancanza da origine a disturbi, tra i quali la spossatezza.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Urodinamica: cos’è, a che serve e come funziona

MEDICINA ONLINE APPARATO URINARIO RENI URETRA URETERI URETERE DIFFERENZA URINA AZOTEMIA PENE VAGINA ORIFIZIO SCORIE VESCICA TUMORI TUMORE CANCRO DIAGNOSI CISTOSCOPIA ECOGRAFIA UOMO DONNAL’urodinamica è un esame medico che consiste nello studio e nella verifica dello stato operativo del sistema urinario, in particolare della vescica e dell’uretra. È un esame prescritto sia agli uomini che alle donne per cercare ed offrire la cura più adatta per l’incontinenza urinaria, la disuria ed altri disturbi della minzione in genere. L’urodinamica fornirà al medico le informazioni necessarie per diagnosticare la causa e la natura, ad esempio, dell’incontinenza del paziente, dando così le migliori opzioni di trattamento disponibili.

L’urodinamica è in genere condotta da un urologo, un uroginecologo, o da infermieri specialisti di urologia. L’urodinamica viene eseguita per mezzo di due cateteri (uno inserito in vescica, l’altro nel retto) in grado di rilevare le variazioni di pressione endovescicale ed endoaddominale: si introduce quindi in vescica una soluzione fisiologica e si valutano sensibilità, capacità, stabilità e distensibilità della muscolatura vescicale, mediante la registrazione delle pressioni intravescicali. Si può anche valutare in che modo il paziente avverte lo stimolo minzionale, fornendo quindi informazioni utili sul funzionamento della vescica. Tali variazioni vengono trasmesse e documentate da una centralina collegata ad un comune computer.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Differenza tra calcoli biliari e renali

MEDICINA ONLINE BILE DOTTO EPATICO COMUNE CISTICO COLEDOCO CISTIFELLEA COLECISTI FEGATO DIGESTIONE ANATOMIA SCHEMA SISTEMA BILIARE SINTESI IMMAGINEPrima di trattare l’argomento dobbiamo capire che cosa si intenda in medicina con il termine “calcoli”.

Cos’è un “calcolo”?

In ambito medico il calcolo è una concrezione (cioè un aggregato) di sali minerali associati o meno a sostanze organiche che si forma nell’organismo, specialmente dentro condotti ghiandolari ed in alcuni organi cavi per precipitazione e successiva aggregazione di sostanze prima disciolte nei relativi secreti. Pur potendo esistere molti tipi di calcoli, in genere in medicina si fa riferimento a due tipologie specifiche di calcoli clinicamente rilevanti:

  • calcoli renali: quelli che si formano nelle vie urinarie e determinano calcolosi renale;
  • calcoli biliari: che si formano nella cistifellea e nei dotti biliari e determinano colelitiasi (calcolosi delle colecisti).

Calcoli renali

I calcoli renali possono variare da pochi millimetri ad alcuni centimetri. A seconda della loro composizione abbiamo quattro tipi di calcoli renali: ossalato e fosfato di calcio (80%), acido urico (15%), magnesio-ammonio-fosfato – detto anche struvite – (5%) e cistina (molto raramente). I calcoli renali si formano a causa di ipersaturazione delle urine da parte delle stesse sostanze che compongono i calcoli, che a loro volta precipitano dando luogo alla formazione di cristalli che pian piano si accumulano stratificandosi e dando luogo al calcolo.

  • per esempio l’iperuricemia (dando luogo poi alla gotta),
  • oppure problemi endocrini (l’iperparatiroidismo),
  • la dieta errata (ricca in proteine ed ossalati),
  • problematiche di tipo infettivo (infezioni urinarie da parte di germi gram-negativi che alcalinizzano le urine),
  • oppure ancora in anomalie ereditarie (calcolosi cistinica).

Per approfondire, continua la lettura con i seguenti articoli:

Calcoli biliari

Anche in questo caso i calcoli possono presentare una dimensione che va da pochi millimetri a qualche centimetro. Si presentano come formazioni dure simili a sassi. Colpisce circa il 10 – 15% della popolazione e sembra avere una preferenza per il sesso femminile (soprattutto dovuto a gravidanze multiple, obesità o dimagrimenti rapidi). I calcoli biliari sono essenzialmente di due tipi: i calcoli di colesterolo e i calcoli pigmentati, a loro volta distinti in bruni e neri. Le cause di formazione di questi calcoli sono differenti a seconda del tipo di calcolo.
I calcoli di colesterolo rappresentano il 70% circa dei calcoli nei paesi occidentali. In questi casi il fegato produce una bile satura in colesterolo (a causa del mancato equilibrio, per esempio, con i sali biliari e i fosfolipidi). Questo mancato equilibrio porterà ad un’emissione di bile satura in colesterolo che favorirà la formazione di calcoli.
Nei calcoli pigmentati troveremo invece della bilirubina non coniugata che si combinerà e precipiterà col calcio, in modo da formare bilirubinati di calcio. I calcoli pigmentati bruni si associano normalmente ad infezioni (si riscontrano più che altro in Asia), mentre quelli neri sono normalmente concomitanti a malattie del sangue o si riscontrano in pazienti cirrotici:  si riscontrano solo nella colecisti.

Per approfondire, continua la lettura con i seguenti articoli:

Leggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram, su Mastodon, su YouTube, su Tumblr e su Pinterest, grazie!

Differenza tra sindrome nefritica e nefrosica

MEDICINA ONLINE RENI RENE URINA APPARATO URINARIO URETRA URETERE AZOTEMIA ALBUMINA SINDROME NEFRITICA NEFROSICA PROTEINURIA POLLACHIURIA UREMIA DISURIA CISTITE INFEZIONE POLICISTICO LABORATORIO.jpgLa sindrome nefritica è un complesso di segni e sintomi che può manifestarsi in molte nefropatie. Si presenta con ematuria, edema e ipertensione. In alcuni casi è associata ad insufficienza renale acuta. La proteinuria è spesso presente in quantità modesta, comunque inferiore ai 3 grammi nelle 24 ore. Per approfondire: Sindrome nefritica: fisiopatologia, ipertensione, glomerulonefrite

La sindrome nefrosica è un insieme di sintomi e segni clinici causati da una alterazione dei glomeruli renali che comporta una perdita di proteine con le urine di oltre 3 grammi al giorno, a differenza della sindrome nefritica in cui la proteinuria è inferiore ai 3 grammi. La sindrome nefrosica è caratterizzata da proteinuria, ipoalbuminemia, edema, ipercolesterolemia e lipiduria. Per approfondire: Sindrome nefrosica: terapia, prognosi, dieta, si guarisce?

Sintomi e segni comuni

I sintomi ed i segni clinici di base comprendono:

  • proteinuria,
  • ipoalbuminemia,
  • edema,
  • iperlipidemia.

A questi possono conseguire anoressia, debolezza, lipiduria (perdita di lipidi con le urine), ipercoagulabilità e anemia ipocromica microcitica. Si riscontra un’aumentata suscettibilità alle infezioni per deplezione di immunoglobuline, in particolare IgG, dovuta alle perdite urinarie, ed ipocalcemia (conseguente all’ipoalbuminemia) a cui può conseguire iperparatiroidismo e/o alterato metabolismo della vitamina D. L’elettroforesi delle sieroproteine mostra, oltre alla riduzione della albumina, un incremento delle α2 e β globuline ed una riduzione delle gamma globuline. Nei casi più gravi, fortunatamente rari, una grave e prolungata perdita proteica comporta denutrizione e cachessia. Altri sintomi possono essere presenti, ma dipendono dall’eziologia della sindrome.

Eziologia

La sindrome nefritica si può osservare in seguito ad infezioni batteriche o virali delle alte vie respiratorie. In particolare, in seguito ad un’infezione da streptococco di gruppo A può insorgere una sindrome nefritica provocata dalla formazione di immunocomplessi che si depositano a livello glomerulare; la formazione degli immunocomplessi è stimolata da alcuni antigeni tipici dello streptococco (glomerulonefrite post-streptococcica). Anche altri agenti infettivi possono essere responsabili di glomerulonefrite acuta con sindrome nefritica. Altre possibili cause sono:

  • glomerulonefrite rapidamente progressiva;
  • glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA o malattia di Berger.

La sindrome nefrosica può essere primitiva, cioè conseguente ad un danno primitivamente renale, o secondaria, cioè conseguente ad una malattia che non colpisce esclusivamente i reni.

  • sindrome nefrosica primitiva: le glomerulopatie che più frequentemente la causano sono la glomerulopatia a lesioni minime, la glomerulosclerosi segmentaria e focale, la glomerulonefrite membranosa e la glomerulonefrite membrano-proliferativa. I sintomi sono frequentemente simili; per una diagnosi di certezza è sempre necessaria una biopsia renale;
  • sindrome nefrosica secondaria: la sindrome nefrosica compare come complicanza di diverse malattie. Fra queste la più frequente è la nefropatia diabetica; segue il lupus eritematoso sistemico ed il mieloma multiplo (la cui manifestazione renale è detta “rene da mieloma”, o meglio nefropatia da mieloma multiplo), con le altre cause di amiloidosi.

Leggi anche:

Edema nella sindrome nefrosica

L’importante edema presente nella sindrome nefrosica è dovuto principalmente alla diminuzione della pressione oncotica intracapillare conseguente all’ipoalbuminemia, dovuta sia alla perdita renale, sia all’aumentato metabolismo proteico dei tubuli renali. La sintesi epatica, benché aumentata in valore assoluto, risulta insufficiente nel compensare la ipoalbuminemia. L’edema si aggrava nel momento in cui si attiva il sistema renina-angiotensina-aldosterone, conseguente alla riduzione del volume ematico (i liquidi vengono intrappolati nell’interstizio) e rapidamente evolvente verso un grave quadro di ritenzione di sodio e liquidi. Inoltre, il fegato produce una grande quantità di fibrinogeno che, unitamente alla deplezione renale di antitrombina III e altri fattori anticoagulanti, giustifica la ipercoagulabilità che si riscontra frequentemente nella sindrome nefrosica. Un’ulteriore complicanza dell’ipercoagulabilità in corso di sindrome nefrosica è la possibile trombosi di una delle vene renali.

Sono inoltre evidenti, in corso di sindrome nefrosica, alterazioni nei livelli plasmatici dei lipidi; in particolare si osserva un aumento di trigliceridi, LDL e VLDL. La causa di questa iperlipidemia è riconducibile alla perdita urinaria di alcuni fattori che regolano il metabolismo lipidico (come la lipoproteina lipasi, la lecitina-colesterolo aciltransferasi o LCAT, l’apolipoproteina C2 e l’orosomucoide o “alfa1 glicoproteina acida”) e all’accumulo nel sangue di acidi grassi liberi in conseguenza della perdita di albumina (la quale lega e trasporta appunto anche gli acidi grassi); nelle gravi sindromi nefrosiche si può inoltre riscontrare una riduzione delle HDL plasmatiche, dovuta a perdita urinaria delle stesse.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Differenza tra insufficienza renale acuta, cronica e dialisi

MEDICINA ONLINE RENI RENE URINA APPARATO URINARIO URETRA URETERE AZOTEMIA ALBUMINA SINDROME NEFRITICA NEFROSICA PROTEINURIA POLLACHIURIA UREMIA DISURIA CISTITE INFEZIONE POLICISTICO LABORATORIO INSUFFICIENZA RENALEI reni sono due organi a forma di fagiolo localizzati nel mezzo della parte bassa della schiena, su entrambi i lati della colonna vertebrale. L’urina che si forma nei reni scorre attraverso dei tubi, chiamati ureteri, per essere depositata nella vescica, da quest’ultima l’urina raggiunge l’esterno tramite l’uretra. Hanno funzione di filtrazione del sangue e collaborano nel determinare la pressione arteriosa grazie alla loro capacità di eliminare liquidi tramite l’urina. Varie condizioni e patologie possono determinare la perdita parziale o totale della funzionalità renale, fino anche alla dialisi.

  1. Si definisce insufficienza renale acuta (IRA) la patologia caratterizzata da un rapido decremento della funzione renale; è potenzialmente fatale.
  2. Si definisce invece insufficienza renale cronica (IRC) la sindrome caratterizzata dal lento e progressivo decadimento della funzione renale, indipendentemente dalla causa; nei casi di insufficienza renale più gravi, può rendersi necessaria la dialisi o il trapianto renale.

Leggi anche: Apparato urinario: anatomia e fisiologia [SCHEMA]

Insufficienza renale acuta

L’insufficienza renale acuta è caratterizzata da una compromissione molto rapida della funzione renale; tale compromissione può avere molte cause fra cui patologie e/o altre problematiche quali per esempio disidratazione da perdite di fluidi corporei (per esempio in seguito a diarrea, febbre, sudorazione e vomito), scarsa assunzione di liquidi, assunzione di sostanze tossiche per il rene (molti farmaci, fra cui vari FANS e alcuni antibiotici), assunzione di diuretici (questi farmaci possono provocare sia un’eccessiva perdita di acqua sia un aumento eccessivo del flusso sanguigno verso il rene con conseguente ostruzione dell’arteria renale) e ipovolemia da perdite ematiche. L’insufficienza renale acuta viene solitamente suddivisa in tre categorie:

  • IRA da cause pre-renali: si ha un’alterazione del processo di filtraggio legata all’afflusso di sangue verso le arterie renali (è la più diffusa tra le insufficienze renali acute);
  • IRA da cause renali: nel secondo caso si ha un coinvolgimento dei tubuli che consentono il passaggio del filtrato glomerulare;
  • IRA da cause post-renali: nel terzo caso si ha un problema nel processo di espulsione delle urine

I sintomi e segni dell’insufficienza renale acuta sono diversi; peraltro in alcuni casi la patologia è asintomatica e il problema viene rilevato casualmente in seguito ad analisi di laboratorio effettuate per altri motivi. Fra i sintomi e i segni più frequenti in caso di insufficienza renale acuta vanno ricordati i seguenti:

  • riduzione della produzione di urina (oliguria), anche se, occasionalmente, la diuresi risulta normale;
  • ritenzione di liquidi con conseguente gonfiore agli arti inferiori;
  • sonnolenza;
  • fame d’aria;
  • affaticamento;
  • stato confusionale;
  • nausea;
  • convulsioni e/o coma (nei casi più gravi);
  • dolore o senso di oppressione al petto.

La diagnosi si basa su una serie di esami di laboratorio (BUN -azoto ureico ematico-, Creatinina, Sodio, Potassio, Cloro, Calcio, Fosforo, Emocromo, Acido urico, esame delle urine) e strumentali (radiografia addominale, ecografia, TAC, RMN, scintigrafia renale, urografia, biopsia renale).

Il trattamento dell’insufficienza renale acuta richiede solitamente la degenza in una struttura sanitaria; la terapia è rappresentata dall’eliminazione della causa che l’ha provocata, dal ripristino della diuresi e degli equilibri idroelettrolitici, dal trattamento delle infezioni. Ovviamente è necessario anche il trattamento delle eventuali complicanze.

Il rischio di danno renale permanente in seguito a insufficienza renale acuta è concreto; peraltro l’IRA può avere esito fatale; questo rischio è più elevato nei soggetti che avevano problemi renali prima di manifestare il problema acuto.

Leggi anche:

Insufficienza renale cronica

L’insufficienza renale cronica è una condizione patologica piuttosto seria legata a un lento, ma progressivo declino delle funzioni renali. Diversamente da quanto accade nel caso dell’insufficienza renale acuta che ha un decorso rapido e improvviso, l’insufficienza renale cronica è una condizione che si sviluppa nel corso di settimane e mesi o addirittura di anni.

Le principali cause di insufficienza renale cronica sono il diabete mellito (sia di tipo 1 che di tipo 2) e l’ipertensione arteriosa; queste patologie, infatti, sono in grado di danneggiare i piccoli vasi sanguigni presenti nell’organismo, ivi compresi quelli che si trovano nei reni. Altre cause di insufficienza renale cronica sono rappresentate da patologie autoimmuni, rene policistico, pielonefrite ricorrente, ostruzione delle vie urinarie e reflusso, utilizzo cronico di farmaci metabolizzati a livello renale ecc.

Relativamente ai segni e ai sintomi, va premesso che il declino della funzione renale può essere talmente lento che non è infrequente che la patologia rimanga asintomatica per lunghi periodi di tempo; questo rappresenta un problema di non poco conto perché la patologia, di fatto, passa inosservata fino a quando i reni non hanno subito danni irreparabili. Quando si manifesta, fra i segni i sintomi più comuni vi sono un aumento della frequenza delle minzioni, ematuria, urine torbide e dal colore scuro; altri segni e sintomi sono rappresentati da ipertensione arteriosa, senso di fatica persistente, edemi, calo ponderale, fiato corto, sete eccessiva, crampi, prurito, rash cutanei, alitosi, nausea e vomito. Man mano nell’organismo si accumulano tossine e si possono avere anche convulsioni e confusione mentale. Si possono poi verificare varie complicanze fra cui alterazioni elettrolitiche, in particolare iperkaliemia, ipercalcemia e iperfosfatemia, anemia, ipertensione arteriosa, frequenti sanguinamenti, disidratazione, osteoporosi ecc.

Per la diagnosi ci si avvale degli stessi mezzi citati a proposito dell’insufficienza renale acuta. Per quanto concerne il trattamento, nel caso della forma cronica, si devono adottare severi cambiamenti nella dieta, passando a un’alimentazione priva di sodio, con poche proteine e fosfati, per evitare ulteriori danni ai reni, e una terapia farmacologica che consenta di correggere gli squilibri presenti nell’organismo. Nel caso dei pazienti ormai giunti all’uremia, le uniche possibilità sono rappresentate dalla dialisi e dal trapianto renale (quest’ultimo indicato soprattutto per i pazienti molto giovani). La forma più completa di terapia è rappresentata dal trapianto; in più della metà dei casi, il rene trapiantato funziona in modo ottimale anche dopo quindici anni dall’intervento. In caso di fallimento del trapianto, il paziente torna alla dialisi, ma potrà in seguito effettuare un nuovo tentativo.

Leggi anche:

Dialisi

La dialisi è un processo che consente di purificare il sangue mediante un macchinario specifico, il rene artificiale, la cui introduzione ha permesso di garantire la sopravvivenza ai malati di insufficienza renale cronica. Infatti, fino agli anni Sessanta, chi non poteva sottoporsi a trapianto di rene, arrivava alla sindrome uremica terminale e inevitabilmente moriva nel giro di pochi giorni o alcune settimane. Nell’emodialisi è necessario attivare la circolazione extracorporea del sangue, con appositi macchinari; il paziente dovrà recarsi più volte alla settimana in ospedale (o presso un centro specializzato) per sottoporsi al trattamento. Nel caso della dialisi peritoneale si utilizza come membrana il peritoneo (invece di un filtro artificiale come nell’emodialisi). Qui viene introdotto il liquido di dialisi per effettuare lo scambio delle sostanze. Questo secondo tipo di trattamento può essere effettuato anche durante la notte, a domicilio, riducendo così notevolmente il disagio per il malato.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Differenze tra apparato urinario maschile e femminile

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma DIFFERENZE APPARATO URINARIO MASCHILE FEMMINILE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari.jpgL’apparato urinario è l’insieme di organi e di strutture finalizzati all’escrezione dell’urina o di altri prodotti del catabolismo. Nell’essere umano, l’apparato è rappresentato principalmente da:

  • reni;
  • canali escretori (ureteri);
  • vescica urinaria;
  • uretra.

L’organo principale dell’apparato escretore, il rene, è costituito da una zona midollare, costituita dalle piramidi renali, ed una corticale. L’unità funzionale del rene è il nefrone, costituito dal corpuscolo di Malpighi a sua volta composto dal glomerulo, dalla capsula di Bowman e dal tubulo renale.

L’apparato urinario è essenzialmente identico nei due sessi, con queste principali differenze:

  • i reni maschili sono mediamente più grandi e più pesanti di quelli femminili: il loro peso è circa 150 g negli uomini e 135 g nelle donne;
  • nel maschio la vescica urinaria si presenta sottile ed allungata, nella femmina ha invece una forma più sferica;
  • lungo l’uretra (il canale che collega la vescica con l’esterno) dell’uomo è presente la prostata, deputata alla produzione del 70% del liquido seminale: la prostata non è invece presente lungo l’uretra femminile;
  • alla base della vescica urinaria, nel maschio sono presenti le vescicole seminali, deputati alla produzione del restante 30% dello sperma. Le vescicole seminali invece mancano nella donna;
  • l’uretra femminile è molto più corta di quella maschile (la femminile misura solo dai 2 ai 4 cm mentre quella maschile è lunga circa 20 cm); questo è il motivo per cui la cistite è molto più diffusa tra le donne che non tra gli uomini: è estremamente più facile per i microbi, una volta passati dall’ano all’uretra, risalire lungo la corta uretra femminile verso la vescica, piuttosto che lungo un uretra maschile.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Renella (sabbia renale): cause, cure e differenze con i calcoli renali

MEDICINA ONLINE RENE RENI ANATOMIA FUNZIONI PATOLOGIE SINTESI SANGUE FILTROLa renella (anche chiamata “sabbia renale o “sabbiolina renale“) è una sorta di sabbiolina composta da numerosi piccoli aggregati cristallini che possono formarsi all’interno dei reni, e migrare nelle vie escretrici e nella vescica causando coliche renali e/o disturbi della minzione. La renella, pur essendo concettualmente simile ai calcoli renali, è diversa da essi: oltre la dimensione estremamente minore rispetto ai calcoli veri e propri, cambiano anche la consistenza ed il tipo di aggregazione rispetto alla calcolosi. Di solito la renella è composta da acido urico ed ossalati di calcio e date le minuscole dimensioni solitamente è sufficiente un aggiustamento dietetico e l’assunzione di molti liquidi per espellerla in modo naturale ed asintomatico, al contrario di quelli che accade con i calcoli, dove – in alcuni casi – si può rendere necessaria anche un intervento chirurgico. Nonostante queste notizie confortanti, la renella non deve essere sottovalutata, sia perché è la spia di una possibile alimentazione errata, sia perché è un fattore di rischio per i calcoli renali, sia perché può capitare che provochi delle coliche renali molto fastidiose.

Le cause della formazione di questi piccolissimi calcoli risiedono essenzialmente in un fattore genetico di predisposizione abbinato ad una dieta alimentare errata, o comunque troppo ricca di determinati nutrienti che i reni non riescono ad espellere totalmente. In base al tipo di alimentazione, si formerè una sabbia renale di composizione diversa (vedi paragrafo “Terapia per la renella”).

La renella in molti casi può essere del tutto asintomatica, cioè non determinare alcun sintomo nel paziente. In altri casi la renella può accumularsi nelle vie urinarie e determinare, similarmente a quanto avviene con i calcoli veri e propri, una ostruzione al deflusso dell’urina che porta a colica renale la quale si manifesta con dolore intermittente, che può essere anche molto violento e fastidioso, che origina solitamente al fianco o alla parte bassa della schiena e si irradia attraverso l’addome lungo il decorso dell’uretere (destro o sinistro), frequentemente nella regione dei genitali e nel lato interno della coscia. In presenza di grande accumulo di renella, nei casi più gravi e non trattati possono verificarsi vari sintomi e segni legati ad alterata minzione, tra cui:

La diagnosi della renella si basa su questi strumenti principali:

Solo in alcuni casi, in genere per escludere altre patologie e/o se si è in presenza di sintomi gravi, possono essere usati altri strumenti, tra cui:

Terapia per la renella

La terapia per la renella si basa essenzialmente sulla modifica delle abitudini alimentari errate che hanno portato alla sua formazione. La cura migliore (e la migliore prevenzione di nuova formazione di renella) consisterà quindi in un cambiamento dell’alimentazione quotidiana, a seconda della tipologia della sabbia renale:

  • in caso di renella di agglomerati di ossalati di calcio sarà opportuno ridurre le quantità di cibi che ne contengono dosi abbondanti (spinaci, prezzemolo, cacao, pomodori verdi, rabarbaro, prezzemolo, erba porcellana, erba cipollina, bietola, barbabietola rossa, verza, tè verde, cioccolato);
  • in caso di renella di agglomerati di acido urico andranno evitati gli alimenti ricchi di purine (acciughe, frutti di mare, carne e pesce grassi, cacciagione, acciughe, sardine sott’olio, aringa, caviale, frattaglie, estratti di carne, brodo di carne).

In generale vanno evitati caffè e bevande a base di caffeina, cola compresa, inoltre va bevuta una adeguata quantità di acqua. Il consiglio generale è quello di assumere circa 200/250 ml di liquidi ogni ora durante il giorno. Utili anche le tisane, soprattutto quelle diuretiche. Tisane consigliate sono quelle di tarassaco, di betulla, di solidago, di virga aurea, di equiseto, di finocchio e di radice di aneto. Importante anche limitare il sale. In presenza di renella di ossalato di calcio si consiglia di assumere una compressa di calcio carbonato durante i pasti ricchi di ossalati in modo da limitarne l’assorbimento intestinale. Solo nei casi più gravi, potrebbero essere necessarie le terapie usate per la calolosi renale (vedi paragrafo “Terapia dei calcoli renali”).

Leggi anche: Diuresi: cos’è, definizione, oraria normale ed eccessiva significato

Cause di calcoli renali

Dopo aver analizzato cause, sintomi, diagnosi e cure per la renella, andiamo ora ad occuparci dei calcoli renali. Le cause di origine della calcolosi renale non sono ancora state completamente chiarite, anche se alcuni fattori predisponenti aumentano sensibilmente la probabilità che si formino dei calcoli:

  • sesso: i maschi hanno una probabilità tripla rispetto alle donne di sviluppare calcolosi alle vie urinarie (la maggiore concentrazione di citrato nelle urine femminili, in stretto rapporto con il tasso estrogenico, spiegherebbe questa minore incidenza del problema nel gentil sesso);
  • scarso introito di liquidi: un flusso di urine limitato favorisce il ristagno, quindi la precipitazione dei sali in esse contenuti;
  • disidratazione per aumentata perdita di liquidi (diarrea, iperidrosi ecc);
  • età: i calcoli renali si formano prevalentemente tra i venti ed i quarant’anni;
  • acidità delle urine: pH urinario inferiore a 5 (per quanto riguarda alcuni tipi ben precisi di calcio, come quelli di cistina, xantine ed acido urico);
  • storia familiare di calcoli renali: è il caso ad esempio dei calcoli di origine cistinica in cui, a causa di un difetto congenito del rene, un amminoacido scarsamente solubile nelle urine (cistina) precipita formando dei cristalli;
  • infezioni croniche delle vie urinarie;
  • abuso di certi medicinali o di integratori salini e vitaminici;
  • ipertiroidismo (effetto catabolico sul tessuto osseo) e iperparatiriodismo (aumento calcemia);
  • dieta incongrua;
  • etnia: maggiore incidenza dei calcoli renali nella razza bianca ed asiatica;
  • clima (durante il periodo caldo estivo la maggiore evaporazione, se non reintegrata da un adeguato apporto di liquidi aumenta la concentrazione delle urine e la precipitazione dei calcoli).

Diagnosi di calcoli renale

La diagnosi di calcolosi renale viene effettuata con una serie di esami strumentali e di laboratorio. L’analisi delle urine mira ad esempio a ricercare alterazioni nell’equilibrio elettrolitico e l’eventuale presenza di tracce di sangue. In questo modo è possibile suggerire al paziente una dieta povera degli elementi presenti in eccesso, minimizzando la probabilità di sviluppare calcoli.
Fra le indagini più comuni vi sono la radiografia dell’addome in bianco e l’ecografia addominale. Analizzando le immagini radiografiche si possono localizzare i calcoli calcarei in quanto composti da sostanze radio opache. Non sono invece distinguibili i calcoli non calcarei come quelli causati dal deposito di acido urico o cistina.
L’ecografia è un esame più sensibile rispetto alla radiografia tradizionale, ma non è sempre in grado di fornire chiare informazioni al medico. Per confermare la diagnosi di calcoli renali possono allora divenire necessarie indagini più complesse come l’urografia, che prevede l’iniezione di un mezzo di contrasto per via endovenosa, e la TAC spirale, un esame abbastanza costoso ma molto preciso ed affidabile.

Terapia dei calcoli renali

Molti piccoli calcoli solitari, non complicati da ostruzione o infezione non hanno bisogno di una terapia specifica e tendono a risolversi da sé. Se invece i calcoli sono associati a ostruzione ed infezione, devono essere asportati chirurgicamente o disintegrati con gli ultrasuoni. A volte è possibile l’estrazione attraverso l’uretra, ma oggi si ricorre sempre più spesso alla distruzione dei calcoli con gli ultrasuoni (litotrissia). In caso di colica renale è necessario il riposo con l’applicazione locale di fonti di calore.

Integratori consigliati per la salute delle vie urinarie

Di seguito trovate una lista di prodotti e di integratori alimentari acquistabili senza ricetta, potenzialmente in grado di migliorare la salute delle vie urinarie:

Per approfondire, continua la lettura con i seguenti articoli:

Leggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram, su Mastodon, su YouTube, su Tumblr e su Pinterest, grazie!

Surrene: anatomia, funzioni e patologie in sintesi

MEDICINA ONLINE SURRENE RENE ANATOMIA FUNZIONI PATOLOGIE SINTESI.jpgIl surrene (in inglese adrenal gland suprarenal gland) è una ghiandola endocrina che, come suggerito dal nome, è situata sopra il rene. L’essere umano possiede due ghiandole surrenali, la destra e la sinistra, ognuna pesa 4-6 grammi, di forma piramidale.
Il surrene è posizionato a livello dell’ultima vertebra toracica (T12) ed è irrorato da tre gruppi di arterie surrenali, superiori, medie e inferiori. Come prima accennato, è posizionato nei pressi della sommità del rene, ma da questi è clivato per mezzo di tessuto adiposo. Il surrene di sinistra è localizzato antero-medialmente e non cranialmente al polo superiore del rene sinistro, mentre a destra il surrene è subito al di sopra del polo renale, posteriormente alla vena cava inferiore. Le ghiandole surrenaliche sono costituite da zone distinte:

La zona corticale è ulteriormente distinta in tre zone:

1) Zona glomerulare

La zona glomerulare deve il suo nome alla particolare organizzazione del tessuto ghiandolare in cordoni cellulari avvolti su sé stessi a formare strutture arrotondate (“glomeruli”). I mineralcorticoidi, soprattutto aldosterone, sono prodotti nella zona più esterna della corteccia. Come indica il loro nome, i mineralcorticoidi sono importanti per la regolazione del contenuto minerale (ossia dei sali) del sangue, in modo particolare della concentrazione degli ioni sodio e potassio. Il loro bersaglio è rappresentato dai tubuli renali che riassorbono in modo selettivo i minerali oppure lasciano che siano eliminati dall’organismo con l’urina. Quando il livello ematico dell’aldosterone aumenta, le cellule dei tubuli renali trattengono il sodio e fanno perdere potassio con le urine. Dal momento che l’acqua segue il sodio che viene riassorbito, i mineralcorticoidi intervengono nel regolare anche il volume dal sangue (volemia) oltre che l’equilibrio elettrolitico dei fluidi corporei. Il rilascio di aldosterone è stimolato da fattori umorali come basse concentrazioni di ioni sodio o elevate concentrazioni di ioni potassio nel sangue e, in minor misura, dell’ormone adrenocorticotropo (ACTH). La renina, un enzima prodotto dai reni quando la pressione sanguigna si abbassa, provoca il rilascio di aldosterone mediante l’innesco di una serie di reazioni che portano alla formazione di angiotensina II, un potente stimolatore del rilascio di aldosterone. Il peptide natriuretico atriale, prodotto dal cuore, inibisce il rilascio di aldosterone, con il risultato di ridurre il volume del sangue e quindi la pressione sanguigna.

Leggi anche:

2) Zona fascicolata

Ha cellule disposte a cordoni paralleli radiali. La zona corticale intermedia produce glucocorticoidi, che comprendono cortisone e cortisolo. I glucocorticoidi favoriscono il normale metabolismo cellulare e aumentano le resistenze organiche nei lavori di lunga durata, sostanzialmente aumentando la glicemia. Quando i livelli ematici dei glucocorticoidi sono elevati, i grassi e anche le proteine sono demoliti all’interno delle cellule e convertiti in glucosio, che viene rilasciato nel sangue. Per questo motivo i glucocorticoidi sono considerati ormoni iperglicemizzanti. I glucocorticoidi, inoltre, controllano la maggior parte degli effetti spiacevoli dell’infiammazione riducendo l’edema e inibendo le prostaglandine, molecole responsabili dell’insorgenza del dolore. Per le loro proprietà antinfiammatorie, i glucocorticoidi sono spesso prescritti come farmaci ai pazienti affetti da artrite reumatoide. I glucocorticoidi sono rilasciati dalla corteccia surrenale in risposta all’aumento dei livelli ematici di ACTH.

3) Zona reticolare (o zona reticolata)

La zona reticolata produce in entrambi i sessi, per tutta la vita, quantità relativamente piccole di ormoni sessuali sia maschili sia femminili; va però precisato che la zona interna della corteccia produce prevalentemente androgeni (ormoni sessuali maschili) e solo piccole quantità di estrogeni (ormoni sessuali femminili).

Leggi anche:

Funzioni degli ormoni prodotti dal surrene
Tutti gli ormoni prodotti dalla ghiandola surrenalica svolgono quindi delle funzioni molto importanti; sono fondamentali, infatti, nelle risposte acute agli eventi stressanti e improvvisi, nello sviluppo dei caratteri sessuali, o addirittura nell’impedire una caduta per terra quando si passa dalla posizione sdraiata a quella eretta. Le ghiandole surrenaliche sono perciò indispensabili per la sopravvivenza, infatti, chi è stato sottoposto ad asportazione chirurgica di entrambi i surreni, deve necessariamente effettuare una terapia sostitutiva, cioè deve prendere dei farmaci che sostituiscano, in tutto e per tutto, gli ormoni che normalmente vengono prodotti dai surreni.

Leggi anche: Adrenalina e “combatti o fuggi”: ecco cosa accade nel nostro corpo quando siamo terrorizzati

Cenni di patologia
Le ghiandole surrenaliche, inoltre, possono causare dei disturbi nel caso in cui funzionino o troppo o troppo poco; le cause di queste disfunzioni sono molteplici, e variano dalle condizioni più benigne a quelle più aggressive.
L’iperfunzione dei surreni si può manifestare in diversi modi. Nel caso della sindrome di Cushing prevalgono l’obesità addominale con arti sottili, la faccia lunare, la presenza di smagliature rosse sull’addome, l’ipertensione arteriosa e l’astenia.
Nel caso dell’iperaldosteronismo, invece, prevalgono altri sintomi quali l’aumento della pressione arteriosa, la riduzione dei livelli di potassio nel sangue e quindi la comparsa di stanchezza e crampi muscolari.
L’iperproduzione di ormoni sessuali può verificarsi sia in età infantile che adulta (sindromi adrenogenitali) e, nelle donne, si manifesta con irregolarità mestruali e con la comparsa di peli in aree dove quest’ultimi normalmente non dovrebbero essere presenti.
Nel caso in cui sia la zona midollare a funzionare toppo (feocromocitoma) solitamente si ha la caratteristica triade clinica : cefalea, sudorazione e cardiopalmo che spesso si manifesta in modo parossistico e improvviso.
Nel caso in cui i surreni funzionino meno (iposurrenalismo), invece, i sintomi più frequenti sono l’ipoglicemia, la bassa pressione arteriosa, la debolezza muscolare e il caratteristico colore scuro della pelle.
Le ghiandole surrenaliche, inoltre, possono andare in contro a trasformazione neoplastica (tumori del surrene). I tumori benigni del surrene, solitamente, non destano particolari preoccupazioni; quelli maligni, invece, hanno un andamento molto aggressivo e, quindi, sono spesso mortali ma per fortuna sono anche molto rari.
Inoltre, con l’avanzare della tecnologia e con la sempre maggiore diffusione di alcuni test diagnostici (TAC, ecografie addominali) accade sempre più frequentemente che vengano riscontrate delle piccole masserelle a livello dei surreni (incidentalomi). In questo caso le masserelle vanno tenute sotto controllo, sia perché potrebbero produrre degli ormoni in eccesso, sia perché potrebbero aumentare di dimensioni; in tal caso potrebbe essere necessario un intervento chirurgico.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!