Tetraplegia: significato, cause, cure e riabilitazione

MEDICINA ONLINE FISIOTERAPIA RIABILITAZIONE DISABILE SEDIA ROTELLE CERVELLO CRANIO EMORRAGIA CEREBRALE ISCHEMIA EMORRAGICA ICTUS PARAPLEGIA EMATOMA EMIPARESI EMIPLEGIA TETRAPARESI TETRAPLEGIA DECUBITO RECUPERO  PARALISI.jpgCon tetraplegia (anche chiamata quadriplegia) si intende una paralisi sia del torso che degli arti superiori ed inferiori, causato da svariate patologie e traumi, ad esempio in caso di incidenti stradali o sportivi. Anche una lesione cerebrale in età infantile precoce (paralisi cerebrale infantile) o in epoche successive della vita possono provocare una tetraplegia nel caso vengano danneggiate estesamente le aree encefaliche deputate al controllo della motilità volontaria. Questa grave patologia, che fa perdere forza e sensibilità alle parti colpite, viene provocata da lesioni o traumi del midollo spinale e delle arterie vertebrali , in modo particolare delle prime sette vertebre cervicali che sorreggono il cranio, identificate con le sigle C1- C2 – C3 – C4 – C5 – C6 – C7.

Cause di tetraplegia

La tetraplegia in genere è la conseguenza di un grave trauma avvenuto in questa particolare e delicata frazione della colonna vertebrale composta dalle vertebre sopra descritte. Il trauma più frequente è quello provocato da un incidente d’auto  e da cadute da motociclette e motorini ( il casco protegge la testa ma non quel tratto del collo). Può essere anche causato da un violento impatto da cadute accidentali, o da traumi derivati da attività sportive (equitazione, hockey, paracadutismo, tuffi ecc.) insomma in tutti quei casi per cui il midollo spinale viene coinvolto o danneggiato da lesioni in quel tratto di vertebre cervicali. Volendo calcolare percentualmente questi traumi:

  • il 45% derivano da incidenti d’auto o motociclette
  • il 21% da cadute
  • il 16% da atti violenti
  • il 13% da infortuni sportivi

Il deficit neurologico che ne consegue è la tetraplegia incompleta ( circa il 30% dei casi), la tetraplegia completa ( nel 26 % dei casi ), quindi la paraplegia incompleta (nel 20% dei casi). Quasi il 60% di questi devastanti infortuni riguarda giovani-adulti tra i 16 e i 30 anni, con tutte le conseguenze e i costi sociali che comportano patologie di questa gravità che prevedono la non autosufficienza per il resto della vita.

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Conseguenze della lesione

Volendo semplificare e rendere più chiare le conseguenze che derivano da traumi subiti dalle prime sette vertebre, possiamo dire che:

  • La lesione che colpisce le vertebre C1 e C2 è il trauma più grave che in genere provoca la morte o la dipendenza da ventilatore meccanico.
  • La lesione che dovesse colpire la vertebra C3 in genere provoca oltre alla probabile paralisi del tronco, la perdita della funzionalità del diaframma.
  • La lesione che dovesse colpire la vertebra C4,  può provocare la perdita della funzionalità delle spalle e del bicipite brachiale e difficoltà nella respirazione.
  • Un trauma alla vertebra C5 può provocare oltre alla probabile paralisi del tronco, l’incapacità del movimento dei bicipiti,delle spalle, dei polsi e delle mani.
  • Una lesione alla vertebra C6 può provocare, oltre alla perdita completa del movimento delle mani anche i movimenti del polso, la paralisi del tronco e degli arti inferiori.
  • Il trauma alla vertebra C7, generalmente provoca ,oltre alla possibile paralisi del tronco,  una limitazione al movimento degli arti superiori impedendo anche l’articolazione di mani e dita.

Il risultato finale purtroppo è quello che le persone che subiscono incidenti in queste prime sette vertebre, non sono più in grado di poter gestire la loro vita normale.  Tra le altre lesioni che possono colpire il midollo osseo di questo segmento di colonna vertebrale, e che possono provocare forme progressive di tetraplegia, vanno aggiunti anche alcuni tipi di tumori cerebrali, forme di necrosi del midollo, o poliomelite (fortunatamente pressoché scomparsa), oppure gravi forme di distrofia muscolare, o da sclerosi a placche in fase avanzata.

Diagnosi

La persona ferita e colpita da presunta tetraplegia va urgentemente ricoverata presso una struttura dotata di unità spinale. Un team specializzato provvederà ad effettuare  rapidamente approfonditi esami per individuare la collocazione della lesione e valutarne il grado di gravità attraverso test neurologici, TAC, analisi radiologiche con liquido di contrasto alle membrane delle meningi, oltre a stimolazioni magnetiche del cranio per valutare la funzionalità dei circuiti che riconducono al Sistema Nervoso Centale.

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Terapie e riabilitazione

Si può guarire da una tetraplegia? Purtroppo allo stato attuale delle ricerche e della conoscenza scientifica non esiste un intervento risolutivo per questa grave patologia. Le più recenti  e promettenti ricerche sono orientate verso terapie innovative che si basano sulla rigenerazione delle parti lese  del Sistema Neurologico Centrale con l’utilizzazione di cellule staminali. Solo ripristinando queste funzionalità sarà infatti possibile recuperare parte dei movimenti e della sensibilità. In attesa, le opzioni terapeutiche per le persone colpite da tetraplegia si basano in genere sulla somministrazione di corticosteroidi e medicinali per rilassare i muscoli ed alleviare il dolore. Oltre ad eventuali trazioni spinali e a sedute fisioterapiche e riabilitative, durante la riabilitazione non è escluso l’intervento chirurgico per rimuovere detriti ossei o liquidi che possano premere sul midollo spinale.

Le tecniche riabilitative più usate per tentare il recupero delle funzioni neurologiche sono:

  • Metodo Kabat;
  • Metodo Bobath;
  • Metodo Perfetti.

A queste si aggiungono:

  • Mobilizzazioni articolari;
  • Stretching;
  • Terapia respiratoria;
  • Trattamento di disturbi sfinterici;
  • Terapia occupazionale.

Complicazioni

La tetraplegia porta purtroppo con sé varie problematiche legate alla riduzione della mobilità, con diminuzione della qualità della vita del paziente. I pazienti necessitano di un’assistenza quotidiana in quanto quasi totalmente non-autosufficienti negli spostamenti, nell’alimentazione, nel vestirsi e nell’espletare i bisogni fisiologici. Inoltre varie complicanze rendono precaria la salute generale, esse sono generalmente:

  • lesioni da pressione;
  • trombosi;
  • polmonite;
  • danni mio-osteo-articolari: limitazioni articolari, retrazioni muscolo-tendinee;
  • complicanze psicologiche: disturbo post traumatico da stress, depressione, pensieri suicidari;
  • complicazioni nervose.

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Diplegia: definizione, cause e sintomi

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Essa è determinata da lesioni bilaterali della via nervosa motoria piramidale, che possono essere indotte da processi patologici di diversa natura (per es. disturbi vascolari, tumori o traumi). Il sintomo principale è appunto la paralisi della parte del corpo interessata e la cura dipende essenzialmente dalla causa che l’ha determinata.

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Segno di Babinski bilaterale: cos’è e che patologia indica?

MEDICINA ONLINE RIFLESSO SEGNO BABINSKI POSITIVO CORTICOSPINALE PIRAMIDALE SINTOMI CERVELLO EMORRAGIA CEREBRALE ISCHEMIA EMORRAGICA ICTUS TETRAPARESI TETRAPLEGIA MORTE COMA PROFONDO STATO VEGETATIVOA PARALISICon “segno di Babinski” o “riflesso di Babinski” in semeiotica neurologica si intende una risposta anomala al riflesso cutaneo plantare, la quale indica la presenza di una lesione a carico del tratto corticospinale del sistema nervoso (che provvede ai movimenti volontari fini dei muscoli e che, in condizioni fisiologiche, esercita un’inibizione tonica del riflesso). Il riflesso cutaneo plantare si evoca strisciando una punta smussata lungo il margine laterale della pianta del piede, partendo da sopra il tallone, e portandola verso la parte supero-interna fino al primo metatarso. Nell’adulto, in condizioni di normalità, col riflesso plantare si induce la flessione plantare (o estensione dorsale) delle dita del piede, mentre in presenza di lesioni a carico del sistema corticospinale, lo stesso stimolo evoca la flessione dorsale (o estensione plantare) dell’alluce e l’apertura “a ventaglio” delle altre dita (fenomeno di Duprè), determinando quindi l’inversione del riflesso cutaneo plantare, vedi immagine in alto.

Riflesso di Babinski nei bambini

Il riflesso si verifica in bimbi al di sotto di un anno ed in questo caso NON è indice di patologia. Quando si verifica nei bambini tra 1 e 3 anni il segno positivo non è generalmente indice di patologia, ma potebbero essere necessari ulteriori accertamenti.

Patologie correlate

Il riflesso è bilaterale, quando si verifica sia nel piede destro che nel piede sinistro. Il segno di Babinski bilaterale positivo, al di sopra dei 3 anni di età, può indicare svariate patologie, tra le quali le più frequenti sono:

Paraparesi spastica familiare

Questa patologia può causare positività bilaterale del riflesso di Babinski, associata a iperreflessia e a spasticità progressiva con atassia e debolezza.

Trauma cranico

Si può avere positività unilaterale o bilaterale del riflesso di Babinski, come esito della lesione corticospinale primaria o secondaria all’aumento della pressione intracranica. Iperreflessia e spasticità si verificano frequentemente con la positività del riflesso di Babinski. Il paziente può an­che lamentare debolezza e incoordinazione. Altri segni e sintomi variano con il tipo di trauma cranico e includono cefalea, vomito, mutamenti di comportamento, alterazioni dei parametri vitali, riduzione del livello di coscienza con anomala dimensione pupillare e risposta alla luce.

Meningite

In quest’infezione, la positività bilaterale del riflesso di Babinski segue in genere febbre, brividi e malessere ed è asso­ciata a nausea e vomito. Quando la meningite progredisce, si manifestano anche riduzione del livello di coscienza, rigidità nucale, positività dei segni di Brudzinski e di Kernig, iperreflessia, spasticità e opistotono. Segni e sintomi associati includono irritabilità, fotofobia, diplopia, delirio e stupor che può progredire fino al coma.

Sclerosi laterale amiotrofica (SLA)

In questa patologia progressiva del motoneurone, si può riportare positività bilaterale del riflesso di Babinski con RTP iperattivi e spasticità. Solitamente la SLA si manifesta con fascicolazioni, associate ad atrofia e debolezza muscolare. La mancanza di coordinazione rende le attività della vita quotidiana difficili per il paziente. Segni e sintomi associati comprendono alterazioni del linguaggio, difficoltà di masticazione, deglutizione e respirazione, pollachiuria e minzione imperiosa, nonché, a volte, soffocamento ed eccessiva scialorrea. Anche se lo stato mentale rimane intatto, la prognosi sfavorevole del paziente può portare a periodi di depressione. La paralisi bulbare progressiva interessa il tronco encefalico e può causare episodi di pianto o di riso inappropriato. Per approfondire leggi: Sclerosi laterale amiotrofica (SLA): cause, sintomi, diagnosi e prognosi

Anemia perniciosa

La positività bilaterale del riflesso di Babinski si manifesta tardiva­mente in questa patologia, quando il deficit di vitamina Bpinteressa il sistema nervoso centrale. L’anemia può essere successiva al danno neurologico ed essa causa alla fine effetti gastrointestinali neurologici e cardiovascolari diffusi. Segni e sintomi gastrointestinali caratteristici includono nausea, vomito, anoressia, calo ponderale, flatulenza, diarrea e stipsi. L’emorragia gengivale e la lingua ulcerata e infiammata, possono rendere dolorosa l’assunzione di cibo, aggravando l’anoressia. Anche le labbra, le gengive e la lingua, appaiono notevolmente pallide. L’ittero può causare un colorito giallo più o meno intenso della cute. Segni e sintomi neurologici caratteristici includono neurite, debolezza, parestesia periferica, disturbi della propriocezione, in­coordinazione, atassia, positività del segno di Romberg, senso di leggerezza, incontinenza fecale e vescicale e alterazione di vista (diplopia, annebbiamento della vista), gusto e udito (tinnito). Questa patologia può anche causare irritabilità, scarsa memoria, cefalea, depressione, impotenza e demenza. Segni cardiovascolari caratteristici comprendono palpitazioni, aumento della pressione diffe­renziale, dispnea, ortopnea e tachicardia.

Atassia di Friedreich

Questa patologia familiare può causare positività bilaterale del riflesso di Babinski. Segni associati sono archi plantari ampi, iporeflessia, ipotonia, atassia, tremori al capo, debolezza e pareste­sia.

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Sclerosi multipla (SM)

Nella maggior parte dei pazienti affetti da questa malattia demielinizzante, la positività del riflesso di Babinski si manifesta alla fine bilateralmen­te. Questa è di solito successiva a segni e sintomi di SM, quali parestesie, nistagmo e offuscamento della vista o vista doppia. Segni e sintomi associati comprendono parola scan­dita (parole tagliate con pause tra le sillabe), disfagia, tremore, debolezza, incoordinazio­ne, spasticità, atassia della marcia, convul­sioni, paraparesi o paraplegia, incontinenza vescicale e, talvolta, perdita della sensibilità dolorifica, termica e propriocettiva. Anche la labilità emotiva è frequente. Per approfondire leggi: Sclerosi multipla: cause, sintomi, diagnosi e prognosi

Rabbia

La positività bilaterale del riflesso di Babinski, probabilmente provocata soltanto da stimoli non specifici, compare nella fase di eccitazione della rabbia. Questa fase si ve­rifica da 2 a 10 giorni dopo l’insorgenza dei sintomi prodromici, quali febbre, malessere irritabilità (che si verifica 30-40 giorni dopo il morso di un animale infetto). La rabbia è caratterizzata da una marcata agitazione e da spasmi muscolari faringei estremamente dolorosi. La difficoltà nella deglutizione cau­sa eccessiva scialorrea e idrofobia, in circa il 50% dei pazienti affetti. Possono anche comparire convulsioni e iperreflessia.

Lesione del midollo spinale

Nella lesione acuta, lo shock spinale blocca temporanea­mente tutti i riflessi. Alla fine dello shock, compare la positività del riflesso di Babinski, che è unilaterale, se la lesione colpisce solo un lato del midollo spinale (Sindrome di Brown-Séquard) e bilaterale se il danno colpisce i due lati. Piuttosto che segnalare il ritorno delle funzioni neurologiche, la comparsa di questo riflesso conferma la lesione corticospinale. È associato a iperreflessia, spasticità e perdita variabile o totale della sensibilità tattile e do­lorifica, della propriocezione e del la funzione motoria. Nelle lesioni midollari cervicali più basse, si può verificare la sindrome di Hor-ner, caratterizzata da ptosi unilaterale, miosi pupillare e anidrosi facciale.

Tumori del midollo spinale

In questa patologia, la positività bilaterale del riflesso di Babinski si verifica insieme alla perdita della sensazione dolorifica e termica della propriocezione e della funzione motoria. Sono inoltre presenti spasticità, iperreflessia, assenza di riflessi addominali e incontinenza. Può essere presente dolore diffuso al livello del tumore.

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Ulcera corneale (lesione della superficie oculare trasparente): cause, sintomi e cure

MEDICINA ONLINE OCCHIO EYE MIOPIA ASTIGMATISMO IPERMETROPIA PRESBIOPIA VISTA VEDERE DIOTTRIA CONI BASTONCELLI CERVELLO SENSOL’ulcera corneale consiste in una lesione della superficie oculare trasparente: è un’emergenza medica che deve essere trattata tempestivamente per evitare gravi danni oculari. Si tratta di un danno alla cornea che avviene in seguito a un processo infettivo: assume l’aspetto di un cratere, con perdita di tessuto corneale; l’ulcera, se trascurata, si può ampliare e divenire più profonda. È caratterizzata da una difficoltà nella cicatrizzazione, che tuttavia si riduce con adatto trattamento farmacologico.

QUALI SONO LE CAUSE?

Può essere causata da infezioni batteriche (più frequentemente Stafilococco, Pseudomonas o Streptococcus pneumoniae) oppure virali (tipo l’herpes simplex), da traumi o lesioni per la presenza di corpi estranei o per uso errato delle lenti a contatto (soprattutto quelle morbide). In quest’ultimo caso, infatti, l’infezione può essere indotta da un’inadeguata manutenzione o dall’abitudine di dormire non togliendole. Inoltre, possono essere indotte da una anomalia palpebrale tipo l’entropion (rotazione verso l’interno del margine palpebrale), la trichiasi (ciglia che sono rivolte verso la cornea, graffiandola) e l’esposizione corneale da incompleta chiusura delle palpebre tipo l’esoftalmo (protrusione del globo oculare oltre l’apertura palpebrale). Si possono presentare, anche in caso di carenza di vitamina A o di malnutrizione proteica, deficienze che inducono un alterato trofismo (nutrimento) della cornea.

QUALI SONO I SINTOMI?

I principali sintomi riferiti sono: dolore oculare, fotofobia (maggiore sensibilità alla luce intensa), sensazione di corpo estraneo (come se ci fossero sabbia o sassolini nell’occhio), lacrimazione e arrossamento oculare (soprattutto della parte bianca detta sclera). Quando i portatori di lenti a contatto notano questi sintomi devono sospenderne immediatamente l’uso: è consigliabile buttare le lenti a contatto in uso e il contenitore in cui vengono conservate nonché il liquido di conservazione: potrebbero essere contaminati.

QUALI SONO LE COMPLICANZE?

A seconda della profondità dell’ulcera corneale si possono verificare complicanze più o meno gravi. Infatti, il processo di riparazione della lesione comporta la formazione di tessuto cicatriziale (fibroso), che rende opaca la cornea, con diminuzione della capacità visiva (se avviene nella zona corneale centrale, di fronte alla pupilla). Inoltre si possono associare irite (infiammazione dell’iride), iridociclite (infiammazione che colpisce sia l’iride che dei corpi ciliari), perforazione del tessuto corneale (con eventuale prolasso dell’iride), ipopion (raccolta di pus in camera anteriore, lo spazio compreso tra cornea e iride), panoftalmite (infiammazione dell’intero bulbo oculare, con elevato rischio di perdita dell’occhio).
Inoltre, vi è l’eventualità della formazione di nuovi vasi sanguigni che si infiltrano nel tessuto corneale a partire dal limbus (zona di confine tra cornea e sclera) fino alla sede dell’ulcera: ciò comporta una diminuzione della trasparenza corneale persino dopo la fine del processo infiammatorio.

COME SI ESEGUE LA DIAGNOSI?

L’ulcera corneale può essere diagnosticata con l’esame obiettivo eseguito con la lampada a fessura; può richiedere il ricovero. In ogni caso, la lesione viene resa più evidente con l’utilizzo della luce blu-cobalto dopo l’instillazione di fluoresceina (che colora di verde la lesione). Dopodiché è necessario eseguire un tampone corneale, che permette di individuare il possibile agente patogeno, con una coltura batterica mirata e un antibiogramma per valutare le eventuali resistenze agli antibiotici. L’analisi infettivologica può essere anche effettuata sui liquidi di conservazione delle lenti a contatto.

COME SI PUÒ CURARE?

Il trattamento di base prevede l’utilizzo di un antibiotico a largo spettro, al quale si associa un collirio cicloplegico che riduce l’infiammazione e allevia il dolore. Nei casi gravi è consigliabile recarsi al pronto soccorso oftalmico. Spesso va usato un collirio definito ‘rinforzato’, che ha una percentuale di principio attivo maggiore rispetto a quella normalmente in commercio; può essere necessario ricorrere agli antidolorifici per bocca. Nei casi refrattari alle terapie, oppure in caso di opacità permanenti che invalidano notevolmente la vista, può essere eseguito un trapianto di cornea.

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Differenza delle lesioni dei legamenti crociato anteriore e posteriore

MEDICINA ONLINE LESIONE LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE POSTERIORE DIFFERENZE LATERALE MEDIALE GINOCCHIO TENDINI MUSCOLI ORTOPEDIA ANATOMIA FUNZIONI GAMBA COSCIA MOVIMENTO.jpgIl legamento crociato anteriore (LCA) ed il legamento crociato posteriore uniscono il femore con la tibia. I legamenti crociati controllano i movimenti di traslazione antero-posteriore tra il femore e la tibia. Il LCA impedisce lo scivolamento in avanti della tibia rispetto al femore, mentre il legamento crociato posteriore (LCP) lo scivolamento indietro. Il LCA controlla anche la rotazione del ginocchio ed impedisce la sua sublussazione nei movimenti di rotazione della gamba.

Lesione del legamento crociato anteriore

La lesione del legamento crociato anteriore avviene quando il ginocchio viene forzato in rotazione od in iperestensione. La maggior parte delle lesioni è legata all’attività sportiva.

Nell’immediato il paziente:

  • avverte uno schiocco (crac) quando il legamento si rompe;
  • avverte dolore e deve abbandonare l’attività;
  • sviluppa una tumefazione entro poche ore dovuto al sanguinamento all’interno del ginocchio (può anche non essere presente);
  • sente il ginocchio instabile.

I sintomi della fase cronica sono: dolore, gonfiore e cedimento. Il dolore e il gonfiore solitamente si risolvono dopo due-quattro settimane, ma può persistere l’instabilità.
All’inizio, i sintomi possono essere avvertiti soltanto praticando attività sportiva ma in seguito si possono manifestare anche nelle attività quotidiane.
L’instabilità cronica può portare all’insorgenza di lesioni della cartilagine articolare ed all’instaurarsi precoce di artrosi per i movimenti anormali tra femore e tibia. Il LCA è dotato di una scarsa vascolarizzazione che ne impedisce la guarigione in caso di rottura. L’unica possibilità terapeutica è rappresentata quindi, in questo caso, dalla sua ricostruzione.

Lesione del legamento crociato posteriore

Il legamento crociato posteriore (LCP) agisce specularmene rispetto al legamento crociato anteriore e limita la traslazione posteriore della tibia. Questo legamento si lesiona generalmente per traumi ad energia, più frequenti incidenti stradali o per traumi a bassa energia, più frequenti negli sport. La lesione risultante si può classificare come isolata, quando riguarda solo legamento posteriore o combinata/associata quando si lesionano anche altre strutture capsulari e/o legamentose.

Le lesioni del legamento crociato posteriore sono di solito meglio tollerate rispetto a quelle del Legamento crociato anteriore, la rottura isolata del legamento posteriore non causa infatti fenomeni di instabilità articolare ma solo un a sintomatologia dolorosa di intensità variabile ed un’alterazione della normale motilità/meccanica articolare che si può produrre nel tempo in un aumentato rischio di alterazioni/usura/lesioni a carico della cartilagine articolare e dei menischi. Le lesioni associate o combinate di altri legamenti causano una a instabilità articolare che può essere presente anche nelle attività quotidiane.

La diagnosi di lesione/rottura del legamento crociato posteriore è basata sulla valutazione clinica mirata con test specifici integrato da esami strumentali come la RMN e la radiografie sotto stress. La RMN è di particolare utilità in fase acuta quando la valutazione clinica e più difficoltosa e può consentire nei casi cronici di valutare anche l’evoluzione della cicatrice del Legamento nelle lesioni incomplete, le radiografie sotto stress consentono di valutare e di misurare quanto la tibia si sposti posteriormente.

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Lesione del legamento crociato anteriore: ricostruzione in artroscopia

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma Ecografia Spalla Ginocchio Traumatologia Gambe Esperto Referto THD Articolare Sesso Sessualità Uomo ARTICOLAZIONE GINOCCHIO FATTA ESAMI PATOLOGIE Medicina Estetica Radiofrequenza Cavitazione Grasso HDIl legamento crociato anteriore (LCA) ed il legamento crociato posteriore (LCP) uniscono il femore con la tibia. I legamenti crociati controllano i movimenti di traslazione antero-posteriore tra il femore e la tibia.
LCA impedisce lo scivolamento in avanti della tibia rispetto al femore, mentre LCP lo scivolamento indietro. LCA controlla anche la rotazione del ginocchio ed impedisce la sua sublussazione nei movimenti di rotazione della gamba.
La rottura del legamento crociato anteriore rappresenta una delle lesioni di più frequente riscontro nella pratica clinica e dopo le lesioni meniscali è la lesione piu’ comune negli atleti.
La ricostruzione artroscopica del legamento crociato anteriore è divenuta nel corso degli anni la tecnica chirurgica di elezione.

Meccanismo della lesione
La lesione del legamento crociato anteriore avviene quando il ginocchio viene forzato in rotazione od in iperestensione. La maggior parte delle lesioni è legata all’ attività sportiva.

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Come accorgersi della lesione al crociato anteriore?
Nell’immediato il paziente:

  • avverte uno schiocco (crac) quando il legamento si rompe,
  • avverte dolore e deve abbandonare l’attività,
  • sviluppa una tumefazione entro poche ore dovuto al sanguinamento all’ interno del ginocchio,
  • sente il ginocchio instabile.

Fase cronica
I sintomi della fase cronica sono: dolore, gonfiore e cedimento.
Il dolore e il gonfiore solitamente si risolvono dopo due-quattro settimane, ma può persistere l’instabilità. All’inizio, i sintomi possono essere avvertiti soltanto praticando attività sportiva ma in seguito si possono manifestare anche nelle attività quotidiane. L’instabilità cronica può portare all’insorgenza di lesioni della cartilagine articolare ed all’instaurarsi precoce di artrosi per i movimenti anormali tra femore e tibia.

Una lesione del legamento crociato anteriore può guarire?
Il LCA è dotato di una scarsa vascolarizzazione che ne impedisce la guarigione in caso di rottura. L’unica possibilità terapeutica è rappresentata quindi, in questo caso, dalla sua ricostruzione.

Perché dovrei sottopormi ad un intervento chirurgico per ricostruire il legamento crociato anteriore?
La ricostruzione del legamento crociato anteriore è necessaria se si è fisicamente attivi e soprattutto se si praticano sport di contatto e che prevedono la rotazione del ginocchio come pallacanestro, pallavolo, rugby, calcetto e calcio. Se si praticano tali sport solo il 10% dei pazienti con una lesione del legamento crociato anteriore riesce a riprendere senza sottoporsi all’ intervento.
Alcuni pazienti possono usare un tutore, modificano però la loro attività e abbandonano lo sport. La soluzione migliore per i soggetti che praticano attività sportiva è l’intervento chirurgico per prevenire episodi di cedimento dovuti alla lesione dell’LCA. Con i successivi episodi di cedimento, c’è il rischio di ulteriori lesioni sia al menisco che alla cartilagine articolare. LCA può essere ricostruito con ottimi risultati, ma la prognosi a lungo termine dipende anche dalle lesioni meniscali e cartilaginee.
L’obiettivo dell’intervento chirurgico è stabilizzare il ginocchio e prevenire altri danni al menisco e alla cartilagine.

Ho bisogno dell’intervento chirurgico se non pratico sport di contatto?
Non sempre. LCA è coinvolto solo nei movimenti di rotazione. A volte la sensazione di cedimento può essere dovuta alla lesione meniscale, che può venire trattata con un intervento chirurgico più semplice.
Chi pratica sport a livello amatoriale ed ha un età più avanzata può anche evitare l’intervento chirurgico modificando le proprie attività ed utilizzando un tutore. Ogni intervento chirurgico comporta dei rischi, quindi chi riesce ad evitare i movimenti di rotazione nella propria attività, può fare a meno della chirurgia ed avere un ginocchio ben funzionante. 

Cosa dovrei fare se ho subito una lesione del LCA e voglio continuare con gli sport da contatto?
Continuando l’attività sportiva probabilmente si verificheranno episodi di cedimento con dolore e tumefazione. Chi vuole continuare a praticare gli sport da contatto deve sottoporsi all’intervento chirurgico.

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Come si può essere sicuri che il LCA è completamente rotto?
Non importa se il LCA è completamente o solo parzialmente rotto. Se il ginocchio è lasso, e ciò può essere misurato con l’esame clinico, il LCA non è più capace di proteggere il ginocchio dai movimenti di rotazione. La RMN può determinare se il legamento è completamente rotto, ma non può differenziare il grado di lassità e non è indispensabile nella maggior parte dei casi per la diagnosi. Trova invece grande utilità nel caso in cui si sospetti la presenza di lesioni associate (di altri legamenti, cartilagine articolare, menischi)

E’ possibile che altre strutture siano interessate oltre il LCA?
Dopo il trauma iniziale, c’è un 50% di possibilità di lesione al menisco (più frequentemente il menisco laterale). Nella fase acuta il menisco può essere riparato. Nella fase cronica la percentuale di lesione meniscale sale al 75% (più frequentemente il menisco mediale), ed in genere la porzione danneggiata va rimossa.

Cosa accade all’ articolazione se il menisco viene rimosso?
A lungo termine, la rimozione totale, o di parte del menisco, è associata ad un aumento dell’incidenza di osteoartrosi. In alcuni particolari tipi di lesione (circa il 10% delle lesioni) tuttavia il menisco può essere riparato.
In altri casi in cui si sia costretti a rimuovere la maggior parte del menisco, questo può essere sostituito con una protesi meniscale biologica.

Quando posso riprendere a camminare dopo l’intervento
Il giorno dopo l’intervento con le stampelle che vanno usate per le prime 4 settimane.

Quanto è mediamente il tempo di ripresa per l’attività sportiva dopo l’intervento?
4-6 mesi. A volte può essere necessario anche un anno per la completa ripresa.

Quanto tempo è necessario per tornare al proprio lavoro?
Dipende dal tipo di lavoro svolto. Se il lavoro comporta un’attività fisica assimilabile all’attività sportiva possono essere necessari 3-4 mesi; se il lavoro è di tipo sedentario si può riprendere in 3-4 settimane.

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Quando si può riprendere a guidare l’automobile?
Tale attività può essere ripresa quando si è in grado di deambulare senza stampelle. In genere 4 settimane

La fisioterapia riabilitativa è necessaria? E’ impegnativa?
Si è sia necessaria che impegnativa. Dopo l’intervento, è infatti necessaria una corretta fisioterapia riabilitativa impostata in modo da evitare eccessive sollecitazioni al trapianto durante la fase di guarigione che possano condurre alla sua rottura od al suo allungamento. La fisioterapia è necessaria dalla prima fino a circa la dodicesima settimana dall’intervento. Lo scopo della fisioterapia è di ridurre il dolore e la tumefazione, riottenere l’escursione articolare e di aumentare il tono muscolare. La terapia può essere modificata in base ai progressi individuali durante il periodo riabilitativo.

Le fasi del Programma di Riabilitazione prevedono:

  • Fase post-operatoria immediata (0-3° settimana) Recupero escursione articolare – Controllo del quadricipite –  Deambulazione;
  • Fase post-operatoria intermedia (4°-8° settimana) Forza – Propriocezione – Normali attività della vita quotidiana;
  • Fase funzionale (9°-24° settimana) Ritorno graduale all’attività sportiva.

Naturalmente la fisioterapia deve essere adeguata perché eccessive sollecitazioni potrebbero indurre sia ad una nuova rottura sia ad un allungamento eccessivo del legamento stesso 

C’è bisogno di un altro intervento per rimuovere i mezzi di sintesi?
No, frequentemente i mezzi di sintesi utilizzati sono costruiti con un particolare materiale che viene progressivamente riassorbito ed anche quando si utilizzano mezzi di sintesi metallici non è necessario rimuoverli.

Quanto è il tempo di degenza in ospedale?
Il ricovero in ospedale è di 1-2 giorni.

Avrò necessità di una ginocchiera dopo l’intervento?
Nella maggior parte dei casi non utilizzo nessun tipo di ginocchiera dopo l’intervento chirurgico 

Il cedimento può causare dolore anche passata la fase acuta?
Si. Può anche causare un danno ancora maggiore alla cartilagine delle superfici articolari ed ai menischi, portando in seguito alla osteoartrosi.

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TECNICHE CHIRURGICHE
La ricostruzione del legamento crociato anteriore è stata sottoposta a numerose modifiche in relazione alla tecnica chirurgica, al neolegamento utilizzato ed al tipo di fissazione. Le strutture tendinee autologhe più frequentemente utilizzate per la ricostruzione del legamento crociato anteriore sono il terzo centrale del tendine rotuleo ed i tendini del semitendinoso e del gracile.

Qual è il trapianto migliore tra semitendinoso e rotuleo?
La scelta tra i due trapianti non è fondamentale per il risultato dell’intervento. Il risultato finale della ricostruzione del LCA dipende non tanto dal tipo di trapianto utilizzato, quanto piuttosto dalla tecnica chirurgica impiegata, dal tipo di fissazione e dalla riabilitazione post-operatoria.

Trapianti artificiali?
In genere, non utilizzo tale tipo di trapianti, per la più alta incidenza di fallimenti. I trapianti artificiali possono essere indicati in situazioni particolari, come le lesioni legamentose multiple o alcuni re-interventi.

E per quanto riguarda i trapianti da cadavere?
Sono trapianti appunto ottenuti da cadavere. In questo caso esiste, anche se minimo, il rischio di trasmissione di malattie infettive. Il trapianto inoltre impiega più tempo per integrarsi con l’osso e spesso può determinare un allargamento del tunnel. I risultati a lungo termine presentano una più alta incidenza di fallimenti utilizzando questi trapianti. Possono essere indicati in caso di lesioni legamentose multiple o nei re-interventi.

Che tipo di anestesia farò?
In genere per questo tipo di intervento viene utilizzata una anestesia loco-regionale (blocco del nervo sciatico, del nervo otturatorio e del nervo femorale) che inibisce soltanto l’arto da operare seguita da una sedazione. Le altre possibilità sono rappresentate dall’anestesia epidurale che inibisce entrambi gli arti inferiori o dall’anestesia di tipo generale nella quale il paziente non è cosciente.
La scelta comunque del tipo di anestesia verrà concordata insieme all’anestesista in base alle possibili diverse indicazioni.

Come si svolge l’intervento?
Le metodiche che utilizzo più di frequente sono quelle che prevedono come trapianto i tendini del semitendinoso e del gracile (70% dei casi) o il tendine rotuleo (30% dei casi)

Semitendinoso e gracile: i tendini del semitendinoso e del gracile vengono prelevati, attraverso una incisione cutanea di circa 5 cm sulla faccia antero-mediale del ginocchio, con un apposito strumento (tendon stripper) che scolla i tendini dal muscolo.

Tendine rotuleo: si utilizza una striscia di circa 1 cm prelevato dalla parte centrale del tendine rotuleo con due bratte ossee alle sue estremità attraverso una incisione cutanea di circa 5 cm sulla faccia anteriore del ginocchio. Successivamente, in entrambi i casi, la ricostruzione viene eseguita interamente in artroscopia (tecnica chirurgica che permette di osservare l’articolazione del ginocchio attraverso piccole incisioni di circa 1 cm), in modo da ottenere un recupero funzionale più rapido ed un minor dolore post-operatorio. Il tendine viene fatto passare all’interno dell’articolazione attraverso due fori, uno sulla tibia (l’osso della gamba) e l’altro sul femore (l’osso della coscia) utilizzando dei puntatori specifici e viene generalmente fissato con mezzi di sintesi riassorbibili (2 chiodini sul femore ed una vite sulla tibia; oppure un mezzo di sintesi metallico, in titanio, sul femore ed una vite riassorbibile sulla tibia).

Quanto dura l’intervento?
L’intervento di ricostruzione del legamento crociato anteriore in artroscopia dura da 40 minuti ad un’ora. Naturalmente l’intervento può durare più a lungo se vi è necessità di trattare altre lesioni (menisco, cartilagine).

Quali sono le complicazioni potenziali nella ricostruzione dell’ LCA?
Grazie al miglioramento delle tecniche chirurgiche le complicanze post operatorie sono piuttosto rare anche se possibili. Le complicanze generali per questo tipo di intervento, sono le stesse che per ogni altro tipo di intervento: infezioni e flebotrombosi profonda (occlusione di una vena). Le complicanze specifiche sono diminuzione dell’escursione articolare del ginocchio (artrofibrosi), dolore anteriore del ginocchio, dolore e tumefazione persistenti e lassità residua del legamento dovuta al fallimento dell’intervento. Una lesione nervosa o vascolare dopo questo tipo di intervento è estremamente rara.

Le complicanze più frequenti sono quelle elencate di seguito

  • Infezioni della ferita o intra-articolari (artrite settica) (< 1%).
  • Sanguinamemto ed ematoma, frequente ma solitamente di nessun significato.
  • Dolore anteriore di ginocchio (dal 12% al 18%)
  • Lesioni nervose o vascolari: di solito vi è una diminuzione della sensibilità (ipoestesia o anestesia) intorno alla ferita per un danno su un ramo nervoso (il ramo infrapatellare del nervo safeno), ma raramente sono danneggiati i nervi o i vasi arteriosi che controllano l’arto inferiore.
  • Condromalacia della rotula: perdita di consistenza della cartilagine articolare (in particolare con il prelievo del tendine rotuleo).
  • Fratture della rotula (in particolare con il prelievo del tendine rotuleo).
  • Tendiniti del tendine rotuleo
  • Perdita del tono del quadricipite.
  • Rottura degli strumenti chirurgici dentro l’articolazione: rara.
  • Fallimento del trapianto: 5-10% a 10 anni.
  • Rigidità articolare. Questa può essere corretta durante la riabilitazione, può però residuare con una grave diminuzione del movimento dell’articolazione e può quindi essere necessario un nuovo intervento chirurgico.
  • Trombosi venosa profonda.
  • Complicanze legate all’anestesia.

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Prurito alla testa (cuoio capelluto): cause e quando diventa pericoloso

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma PRURITO TESTA CUOI CAPELLUTO  CAUSE RIMEDI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Pene.jpgTutti noi, durante la giornata, ci grattiamo il cuoio capelluto ed i capelli varie volte, senza neanche rendercene conto. Ciò non deve destare preoccupazioni, tuttavia bisogna tener presente che a volte, un prurito cronico al cuoio capelluto, può indicare una reazione infiammatoria della cute sottostante i capelli. Il prurito al cuoio capelluto è un problema molto diffuso, che può essere o non essere associato ad una eruzione cutanea visibile o ad una lacerazione della cute. La gravità, la frequenza e la durata di questa condizione dipendono dalla causa sottostante. Alcune cause di prurito al cuoio capelluto, come la forfora (dermatite seborroica), possono essere relativamente lievi. Tuttavia, il prurito al cuoio capelluto può essere dovuto anche a condizioni più gravi, come infezioni, infiammazioni, infestazione da parassiti, disturbi autoimmuni e allergie.
Il prurito al cuoio capelluto può manifestarsi singolarmente o in concomitanza con altri sintomi, come una eruzione cutanea o la formazione di protuberanze visibili su cuoio capelluto e nuca. Inoltre, grattare in modo eccessivo la parte pruriginosa può favorire l’ingresso di batteri o funghi negli strati del cuoio capelluto, comportando l’insorgenza di infezioni secondarie. E’ importante riferire al medico tutti i sintomi sperimentati, affinché possa diagnosticare la causa della condizione. Il prurito al cuoio capelluto può essere causato da una grave condizione sottostante che richiede un trattamento medico, come lupus o ipotiroidismo. Qualora il prurito sperimentato dovesse essere persistente, è essenziale consultare immediatamente il medico.

Modalità di insorgenza

In alcuni casi, questa tipologia di prurito può iniziare all’improvviso e scomparire spontaneamente in breve tempo o a seguito di un trattamento minimale, come nel caso di una lieve reazione allergica o sensibilità ad un nuovo prodotto per capelli. Il prurito al cuoio capelluto può anche insorgere nel corso di un lasso di tempo relativamente lungo, come in caso di psoriasi del cuoio capelluto.

Altri sintomi spesso associati al prurito alla testa

Il prurito al cuoio capelluto può manifestarsi accompagnato da altri sintomi, che variano a seconda della condizione, del disturbo o della malattia sottostanti. I sintomi possono interessare la cute, il cuoio capelluto e, in alcuni casi, altri sistemi del corpo. Per esempio, è possibile sperimentare dolore articolare se il prurito al cuoio capelluto è causato da artrite psoriasica, un disturbo infiammatorio cronico.

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Il prurito può insorgere in concomitanza con altri sintomi correlati a cute e cuoio capelluto, tra cui:

  • formazione di pustole
  • bruciore
  • pelle screpolata su cuoio capelluto o altre regioni cutanee
  • diradamento e caduta dei capelli
  • gomiti e ginocchia pruriginosi
  • dolore
  • comparsa di un’eruzione cutanea o di segni sulla pelle
  • arrossamento, irritazione o infiammazione
  • desquamazione, sfaldamento o screpolatura della cute
  • scolorimento della cute
  • piaghe o lesioni da grattamento
  • piccoli punti bianchi alla base dei capelli (uova di pidocchi, lendini) o piccoli parassiti che si spostano nei capelli, nelle sopracciglia o nelle ciglia (pidocchi)

Il prurito può manifestarsi accompagnato da sintomi correlati a sistemi del corpo diversi dalla cute e dal cuoio capelluto, tra cui:

  • pelle fredda e scarsa tolleranza al freddo
  • appetito ridotto
  • depressione
  • stanchezza
  • sintomi simil-influenzali (stanchezza, febbre, mal di gola, cefalea, tosse e dolori)
  • dolore e rigidità articolare
  • scarsa concentrazione e problemi di memoria
  • problemi a carico delle unghie, come ingiallimento o vaiolatura o unghie fragili
  • occhi rossi, pruriginosi e lacrimazione oculare
  • starnuti e naso gocciolante
  • stress e ansia
  • perdita o aumento di peso inspiegabili

Cause

La causa più comune di prurito al cuoio capelluto è la forfora, o dermatite seborroica, che si ritiene sia causata da una combinazione di pelle grassa e crescita eccessiva di lieviti. I fattori ambientali e lo stile di vita (come prodotti per i capelli, acne, stress e obesità) sembrano incrementare il rischio di sviluppare dermatite seborroica.
Molti altri disturbi e condizioni possono causare l’insorgenza di prurito al cuoio capelluto, tra cui disturbi autoimmuni e infiammatori, infezioni, allergie e pidocchi. La psoriasi è un disturbo infiammatorio cronico causato da un problema a carico del sistema immunitario, tuttavia la causa esatta non è nota. Batteri e lieviti possono infettare la cute e i follicoli piliferi presenti sul cuoio capelluto, causando l’insorgenza di un intenso ciclo prurito-grattamento.
I pidocchi sono piccoli insetti che si nutrono di sangue e depongono le loro uova sul cuoio capelluto. I pidocchi non comportano gravi problemi medici, sebbene siano estremamente contagiosi e causa di forte prurito, che può causare lacerazioni cutanee e l’insorgenza di possibili infezioni batteriche secondarie. Il prurito al cuoio capelluto può anche essere provocato da una allergia o sensibilità ai prodotti per capelli, come tinture e altre sostanze chimiche.

Il prurito può essere causato da una varietà di disturbi e infezioni della cute, tra cui:

  • acne cheloidea nucale (tipologia specifica di follicolite che interessa principalmente i maschi di origine africana)
  • dermatite allergica da contatto o dermatite da contatto irritante (per esempio una dermatite dovuta ad una tintura per capelli)
  • forfora o crosta lattea (dermatite seborroica)
  • eczema (dermatite atopica)
  • follicolite (infezione di un follicolo pilifero)
  • infezione fungina (tinea capitis, tigna) o infezione batterica a carico del cuoio capelluto
  • pidocchi
  • ipotiroidismo
  • lupus
  • psoriasi
  • stress e ansia
  • scottatura solare

Potenziali complicazioni e pericolosità legate al prurito

In alcuni casi, il prurito al cuoio capelluto può comportare l’insorgenza di complicazioni, specie in caso di intenso grattamento, che può causare la lacerazione della cute del cuoio capelluto. Grattare la parte pruriginosa può favorire l’ingresso di batteri o funghi negli strati della cute del cuoio capelluto provocando l’insorgenza di infezioni. Le potenziali complicazioni includono:

  • cellulite (infezione della cute e dei tessuti circostanti causata da una crescente infezione batterica o fungina)
  • caduta e/o diradamento/assottigliamento dei capelli o aree prive di capelli
  • formazione di lesioni e piaghe che possono determinare infezioni

E’ possibile l’insorgenza di complicazioni correlate alle cause sottostanti del prurito. Per ridurre il rischio di complicazioni, è di fondamentale importanza attenersi al piano di cura formulato dal medico.

I migliori prodotti per la cura del capello 

Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche per la cura ed il benessere del capello sia femminile che maschile, in grado di migliorare forza, salute e bellezza dei tuoi capelli. Noi NON sponsorizziamo né siamo legati ad alcuna azienda produttrice: per ogni tipologia di prodotto, il nostro Staff seleziona solo il prodotto migliore, a prescindere dalla marca. Ogni prodotto viene inoltre periodicamente aggiornato ed è caratterizzato dal miglior rapporto qualità prezzo e dalla maggior efficacia possibile, oltre ad essere stato selezionato e testato ripetutamente dal nostro Staff di esperti:

Lavaggio dei capelli

Cura dei capelli

Asciugatura ed acconciatura dei capelli

Tintura dei capelli, ciglia, sopracciglia

Eliminazione dei pidocchi

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Si inserisce 15 aghi nel pene: “Non riuscivo a smettere, mi dava piacere”

MEDICINA ONLINE SI INSERISCE 15 AGHI NEL PENE NON RIUSCIVO A SMETTERE MI DAVA PIACERE.jpgSi inserisce 15 aghi nel pene per provare piacere e finisce in ospedale. Un uomo di 35 anni è stato ricoverato con urgenza dopo che si era inserito diversi aghi nel pene. Da oltre un anno, di tanto in tanto, si inseriva un ago perché sosteneva gli procurasse piacere, solo dopo aver notato sangue nelle urine e aver avuto i primi fastidi si è rivolto al suo medico che gli ha subito consigliato di andare in ospedale. Come riporta anche il Daily Mail all’uomo, recatosi all’Ospedale Generale della Regione Militare Shenyang a Shenyang, provincia di Liaoning, sono stati estratti durante un intervento ben 15 aghi di dimensioni che andavano dai 5 ai 10 centimetri di lunghezza. Gli aghi, secondo l’urologo, hanno bloccato l’uretra con il passare dei mesi anche se il paziente ha dichiarato di non aver mai sentito dolore ogni volta che ne infilava uno. Probabilmente l’uomo sarebbe stato affetto da sadomasochismo, cosa che lo avrebbe portato a provare piacere attraverso il dolore. L’intervento è durato circa un’ora, adesso il paziente sta bene ma gli è stata consigliata maggiore cautela nelle sue pratiche di piacere.

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