Nicturia: cos’è, cosa la provoca e come si cura

MEDICINA ONLINE NAUSEA MAL DI PANCIA REFLUSSO GE ESOFAGO STOMACO DUODENO INTESTINO TENUE DIGIUNO ILEO APPARATO DIGERENTE CIBO TUMORE CANCRO POLIPO ULCERA DIVERTICOLO CRASSO FECI VOMITO SANGUE OCCULTO MILZA VARICI CIRROSI FEGATOLa necessità di svegliarsi più volte durante la notte con lo stimolo urgente di urinare, in termini medici viene chiamata “nicturia“. Svegliarsi una singola volta è considerato normale, diverso è invece il caso quando si verificano vari episodi nella stessa notte (pollachiuria notturna).

Quali sono le cause non patologiche che provocano la nicturia?

La nicturia non è necessariamente provocata da una malattia: ci sono alcune condizioni e situazioni che possono determinarla, spesso in modo transitorio, come ad esempio:

Nicturia ed alimentazione

Una alimentazione che comprenda una forte assunzione di proteine, come la dieta iperproteica o l’uso smodato di integratori di proteine, può determinare nicturia. Anche l’assunzione di bevande stimolanti come il caffè possono aumentare lo stimolo ad urinare la notte. Mangiare cibi particolarmente salati la sera, ad esempio una pizza, può portare ad assumere molta acqua prima di andare a dormire e portare a nicturia transitoria. Assumere cibi che irritano la prostata potrebbero determinare pollachiuria e nicturia, a tal proposito leggi: Il peperoncino e gli altri cibi che irritano la tua prostata e possono causarti eiaculazione precoce

Anche l’eccesso o assunzione tardiva di liquidi durante la giornata può determinare una situazione di nicturia. Una causa di pollachiuria notturna può essere l’assunzione di bevande alcoliche durante la serata, a tal proposito leggi anche: Perché quando si beve molto alcool si urina di più?

Quali sono le cause patologiche che provocano la nicturia?

La nicturia può essere anche provocata da patologie ed in questo caso la nicturia è difficilmente temporanea, bensì diventa persistente. Ecco alcune patologie che determinano spesso nicturia, sia in maniera diretta che indiretta:

Sintomi associati alla nicturia

  • Poliuria notturna: il corpo produce un grande volume di urina durante il sonno (normale quantità di urine nelle 24 ore con volume notturno superiore al 35% rispetto al totale).
  • Poliuria: produzione di una grande quantità di urina al giorno (superiore ai 2.500-3.000 ml nelle 24 ore).
  • Pollachiuria: aumento della frequenza della minzione con emissioni di piccole quantità di urina.

Per approfondire leggi:

Diagnosi della causa nicturia

Per individuare la causa a monte che determina la nicturia è necessario l’intervento del medico, che comprende generalmente questi step diagnostici:

Trattamento

Il trattamento della nicturia dipende dalla causa a monte che la provoca. Nel caso la nicturia si verifichi in modo transitorio, spesso non è necessario alcun intervento per risolvere la situazione. Se la nicturia è persistente, esistono alcune opzioni di trattamento:

Farmaci:

  • Farmaci antidepressivi ad azione anticolinergica: riducono i sintomi della vescica iperattiva, agendo a livello del muscolo destrusore e migliorando lo svuotamento vescicale;
  • Bumetanide e furosemide: diuretici che agiscono regolando la produzione di urina;
  • Imipramina: antidepressivo triciclico che diminuisce la produzione di urina, indicato anche per l’enuresi notturna;
  • Desmopressina: analogo della vasopressina che aiuta i reni a produrre meno urina.

Interventi:

Se la causa di nicturia dipende da patologie potenzialmente gravi, come diabete ed insufficienza renale, la cura dipenderà ovviamente dal trattamento della patologia a monte che determina la nicturia.

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In quali giorni dell’anno si possono vedere molte stelle cadenti?

MEDICINA ONLINE STELLA PIANETA NANO GIOVIANO TERRESTRE SATELLITE NATURALE ARTIFICIALE METEROIDE METEORITE METEORA STELLA CADENTE SOLE LUNA TERRA FANTASCIENZA MARTE PIANETA SISTEMA SOLARE SOL SPACE WALLPAPER HD PIC PHOTO PICStelle cadenti in numero superiore alla media, possono essere osservate il 10 agosto, in occasione della notte di San Lorenzo, giorni in cui la terra passa attraverso lo sciame meteoritico della costellazione disintegrata delle Perseidi. Altro periodo dell’anno in cui si verifica un incremento delle stelle cadenti è quello intorno al 17 novembre, causato dalla Cometa Tempei-Tuttle e formato da particelle emesse da questo corpo celeste quando passa vicino al sole. Questo sciame meteoritico è identificato col nome di Leonidi, dovuto alla posizione del punto a cui viene associata la provenienza, situato nella costellazione del Leone.

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Ritmo circadiano: caratteristiche, durata, luce e melatonina

MEDICINA ONLINE SONNO DORMIRE RIPOSARE RIPOSINO PISOLINO RUSSARE CUSCINO LETTO NOTTE POMERIGGIOIl ritmo circadiano, in cronobiologia e in cronopsicologia, è un ritmo caratterizzato da un periodo di circa 24 ore. Il termine “circadiano”, coniato da Franz Halberg, viene dal latino circa diem e significa appunto “intorno al giorno”. Il primo a intuire che i ritmi osservati potessero essere di origine endogena fu lo scienziato francese Jean-Jacques d’Ortous de Mairan che nel 1729 notò che i modelli di 24 ore nei movimenti delle piante continuavano anche quando queste venivano tenute in condizioni di buio costante. Esempi sono il ritmo veglia-sonno, il ritmo di secrezione del cortisolo e di varie altre sostanze biologiche, il ritmo di variazione della temperatura corporea e di altri parametri legati al sistema circolatorio. Oltre ai ritmi circadiani sono stati identificati e studiati vari ritmi circasettimanali, circamensili, circannuali. Si pensa che i ritmi circadiani si siano originati nelle protocellule, con lo scopo di proteggere la replicazione del DNA dall’alta radiazione ultravioletta durante il giorno. Come risultato, la replicazione avveniva al buio. Il fungo Neurospora, che esiste ancora oggi, contiene questo meccanismo regolatore.

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Caratteristiche

Il sistema circadiano endogeno è una sorta di complesso “orologio interno” all’organismo che si mantiene sincronizzato con il ciclo naturale del giorno e della notte mediante stimoli naturali come la luce solare e la temperatura ambientale, ed anche stimoli di natura sociale (per esempio il pranzo o la cena sempre alla stessa ora). In assenza di questi stimoli sincronizzatori (per esempio in esperimenti condotti dentro grotte o in appartamenti costruiti apposta) i ritmi continuano ad essere presenti, ma il loro periodo può assestarsi su valori diversi, per esempio il ciclo veglia-sonno tende ad allungarsi fino a 36 ore, mentre il ciclo di variazione della temperatura corporea diventa di circa 25 ore.

I ritmi circadiani sono importanti per determinare i modelli di sonno e veglia di tutti gli animali, inclusi gli esseri umani. Vi sono chiari modelli dell’attività cerebrale, di produzione di ormoni, di rigenerazione cellulare e altre attività biologiche collegate a questo ciclo giornaliero.

Il ritmo è collegato al ciclo luce-buio. Animali tenuti in totale oscurità per lunghi periodi funzionano con un ritmo che si “regola liberamente”. Ogni “giorno” il loro ciclo di sonno avanza o regredisce a seconda che il loro periodo endogeno sia più lungo o più corto di 24 ore. Gli stimoli ambientali che ogni giorno resettano i ritmi sono chiamati Zeitgebers (tedesco, letteralmente significa: “donatori di tempo”). È interessante notare che mammiferi totalmente sotterranei (come il topo-talpa cieco spalax) sono capaci di mantenere il loro orologio interno in assenza di stimoli esterni.

In esseri umani che si sono volontariamente isolati in grotte e senza stimoli esterni si è notato che il ritmo circadiano sonno-veglia tende progressivamente ad allungarsi, sino ad arrivare a “giornate” di 36 ore. Fondamentale come regolatore dell’orologio interno appare quindi il ruolo della luce solare.

L'”orologio circadiano” nei mammiferi è collocato nel nucleo soprachiasmatico (SCN), un gruppo definito di cellule situato nell’ipotalamo. La distruzione dell’SCN causa la completa assenza di un regolare ritmo sonno/veglia. L’SCN riceve informazioni sull’illuminazione attraverso gli occhi. La retina degli occhi non contiene solo i “classici” fotorecettori, ma anche cellule gangliari retinali fotosensibili. Queste cellule, che contengono un pigmento chiamato melanopsina, seguono un tragitto chiamato tratto retinoipotalamico, che collega all’SCN. È interessante notare che se le cellule provenienti dall’SCN sono rimosse e coltivate in laboratorio mantengono il loro ritmo in assenza di stimoli esterni. Sembra che l’SCN prenda le informazioni sulla durata del giorno dalla retina, le interpreti e le invii alla ghiandola pineale (una struttura delle dimensioni di un pisello situata nella parete posteriore del terzo ventricolo) la quale secerne melatonina in risposta allo stimolo. Il picco di secrezione della melatonina si raggiunge durante la notte.

Le piante sono organismi sensibili, e perciò sono strettamente legate con l’ambiente circostante. L’abilità di sincronizzarsi con i cambiamenti giornalieri della temperatura e della luce sono di grande vantaggio per le piante. Per esempio, il ciclo circadiano esercita un contributo essenziale per la fotosintesi, conseguentemente permette di aumentare la crescita e la sopravvivenza delle piante stesse.

La luce e l’orologio biologico

L’abilità della luce di azzerare l’orologio biologico dipende dalla curva di risposta di fase (alla luce). Dipendentemente dalla fase del sonno, la luce può avanzare o ritardare il ritmo circadiano regolando i livelli di melatonina. L’illuminazione richiesta varia da specie a specie: nei roditori notturni, ad esempio, è sufficiente una diminuzione di luce molto inferiore rispetto all’uomo per l’azzeramento dell’orologio biologico. Oltre all’intensità della luce, la lunghezza d’onda (o colore) della luce è un importante fattore per la determinazione del grado a cui l’orologio è azzerato. La melanopsina è eccitata più efficacemente dalla luce blu (420-440 nm).

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Sono un sonnambulo: cause, sintomi, diagnosi e terapie

MEDICINA ONLINE CERVELLO TELENCEFALO MEMORIA EMOZIONI CARATTERE ORMONI EPILESSIA STRESS RABBIA PAURA FOBIA SONNAMBULO ATTACCHI PANICO ANSIA VERTIGINE LIPOTIMIA IPOCONDRIA PSICOLOGIA PSICOSOMATICA PSICHIATRIA CLAUSTROFOBIAIl sonnambulismo è un disturbo del sonno di natura benigna e a risoluzione generalmente spontanea, che si presenta tipicamente durante la prima parte della notte, ovvero, entro le prime 2 ore dall’addormentamento. Chi ne soffre compie dei movimenti o dei comportamenti, a volte anche complessi, senza averne coscienza: nonostante l’attività motoria del sonnambulo, questo in realtà sta continuando a dormire.

A volte, durante gli episodi di sonnambulismo, il soggetto semplicemente si siede sul letto con gli occhi aperti, in altri casi più complessi si alza, cammina, compie comportamenti automatici come lavarsi o vestirsi, accende la tv, ecc. tutto ciò senza che al mattino si ricordi nulla di quanto accaduto. Al termine di ogni episodio, di solito, il soggetto torna spontaneamente a letto a dormire. Gli episodi di sonnambulismo durano generalmente dai 5 ai 20 minuti, raramente si prolungano oltre questo tempo.

sonnambuli possono parlare, oppure emettere suoni incomprensibili e possono diventare aggressivi, specialmente se qualcuno li tocca nel tentativo magari di svegliarli. Nonostante, come si è detto inizialmente, la natura del disturbo sia fondamentalmente benigna, e in genere si risolva da solo, bisogna stare attenti ai comportamenti compiuti durante gli episodi, perché non essendo cosciente di ciò che sta facendo, potrebbero diventare pericolosi per sé stesso.

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Quando esordisce il disturbo?

Il sonnambulismo è un disturbo che riguarda prevalentemente l’età evolutiva, e si ritiene essere anche piuttosto comune: si stima che tra il 15 e il 30% dei bambini hanno sperimentato almeno una volta un episodio di sonnambulismo mentre circa il 6% presenta episodi ricorrenti. L’età di insorgenza di questo disturbo varia dai 4 ai 12 anni, e generalmente a partire dalla pubertà tende a scomparire spontaneamente. Più raramente si presenta o si prolunga in età adulta, dove incontra una prevalenza pari a solo il 2%.

Quali sono le cause?

Tra le cause del sonnambulismo, un ruolo chiave lo giocano i fattori genetici: circa la metà delle persone con sonnambulismo hanno almeno un familiare che a sua volta ha sperimentato questi episodi. Tra le cause scatenanti ci sono inoltre fattori emotivi (ad es. stress o periodi di disagio psicologico), fattori medici (infezioni e febbre alta, perché aumentano la quantità di sonno profondo, fase in cui si presentano gli episodi), la deprivazione di sonno e l’uso di alcool o droghe.

Come si presenta nei bambini?

Come si è detto, il sonnambulismo è un disturbo che interessa prevalentemente i bambini, e quindi, quando un genitore si trova a rilevare questi episodi, tendenzialmente può stare tranquillo. Tra i comportamenti più comuni che i bambini mettono in atto durante gli episodi rientrano: mettersi seduto sul letto, andare nel letto dei genitori o del fratellino/sorellina a dormire, accendere la luce, lavarsi, ecc. Tutte queste attività vengono compiute ad occhi aperti e spesso il genitore è convinto che il bimbo sia sveglio.

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Il consulto ad un esperto in disturbi del sonno deve essere richiesto se:

  • Gli episodi hanno una frequenza maggiore di 2 volte la settimana
  • Se durante la notte è presente più di un episodio o comunque avvengono non necessariamente entro 1-2 ore dall’addormentamento (in questo caso deve essere effettuata una diagnosi differenziale con episodi di natura epilettica)
  • Il bambino compie azioni pericolose (sale/scende le scale) o presenta episodi di sonnambulismo “agitato”.
  • Se il bambino, oltre al sonnambulismo, presenta anche enuresi (pipì a letto) o risulta essere particolarmente ansioso, è bene chiedere una consulenza psicologica al fine di valutare eventuali problematiche emotive sottostanti il disturbo.

Come avviene la diagnosi?

La diagnosi può essere effettuata anche solo sulla base del racconto riportato da chi ha assistito agli episodi di sonnambulismo. Una diagnosi di tipo strumentale (video-polisonnografia) si rende indispensabile nel caso si sospetti che gli episodi riportati non siano di sonnambulismo, bensì che siano di natura epilettica.

In cosa consiste il trattamento?

L’approccio terapeutico di elezione per il sonnambulismo, è quello comportamentale. I genitori vanno istruiti circa l’importanza dei principi di igiene del sonno, primo tra tutti, mantenere orari di addormentamento/risveglio regolari ed evitare di dormire poco o di andare a dormire troppo tardi. Altro aspetto fondamentale nel trattamento è relativo all’utilizzo delle tecniche di rilassamento, che sono consigliate all’addormentamento e nei casi in cui i soggetti si trovino in periodi particolarmente stressanti (e che quindi potrebbero facilitare l’insorgenza degli episodi di sonnambulismo). Generalmente l’evoluzione del disturbo ha un andamento benigno e tende ad andare incontro a remissione spontanea senza interventi mirati. Quando invece sono presenti le condizioni di seguito elencate, si rende necessario un intervento specialistico:

  • Diagnosi confermata attraverso uno studio del sonno completo del bambino
  • Presenza di parasonnia del sonno NREM caratterizzata da episodi di stato di coscienza alterato (episodi confusionali notturni, difficoltà ad alzarsi, risvegli con amnesia completa o parziale, comportamenti dannosi o potenzialmente tali)
  • Cronicità dei sintomi
  • Frequenza elevata degli episodi (ogni notte o più volte a settimana)
  • Gli episodi si manifestano in determinati periodi della notte

In questi casi, dopo una valutazione clinica approfondita (anamnesi dei disturbi del sonno, polisonnografia), un tipo di trattamento indicato consiste in un protocollo di risvegli notturni programmati per una o più settimane. I risvegli notturni, infatti, alterano i cicli del sonno del bambino, modificando il pattern elettrofisiologico che sottende al disturbo. Si tratta di una strategia comportamentale molto efficace, seppur faticosa, che consiste nel risvegliare il bambino prima dell’orario in cui di solito si verificano gli episodi e, in seguito, predisporlo nuovamente a dormire.

Il trattamento farmacologico

Il trattamento farmacologico risulta essere indicato solo nel caso in cui gli episodi sono molto frequenti oppure se i fenomeni di sonnambulismo mettono a rischio l’incolumità della persona (ad es. se il sonnambulo si alza e apre le porte o scende le scale ecc.). In questo caso la terapia comprende la somministrazione di farmaci come il diazepam, il clonazepam o l’imipramina, che agiscono riducendo la quantità di sonno profondo (fase del sonno 3-4 durante la quale si verificano gli episodi). Una alternativa, utilizzata per lo più nei bambini (visto che ha ridottissimi effetti collaterali e non dà assuefazione) è il L-5-idrossitriptofano, che, nell’ipotesi di una disfunzione del sistema serotoninergico nella genesi del sonnambulismo e delle altre parasonnie del NREM, determina una stabilizzazione del sonno.

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Sindrome del tramonto o del crepuscolo: cause, sintomi e cura

MEDICINA ONLINE SINDROME DEL TRAMONTO CREPUSCOLO SOLE CALANTE SUNDOWNING SYNDROME BUIO NOTTE ALZHEIMER DEMENZA ANZIANO NEONATO BAMBINO CURA THE VISIT FILM 2015 M. Night Shyamalan WALLPAPER OLD GRANDMA HORROR.jpgForse siete qui perché avete appena visto il film “The Visit” del 2015, diretto da M. Night Shyamalan (da cui è tratta la foto in alto), dove questa sindrome viene menzionata, oppure è stata diagnosticata ad un vostro caro e volete saperne di più. Cerchiamo oggi Continua a leggere

La sera e la notte la febbre è più alta o più bassa?

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Terrore notturno: cause, sintomi, diagnosi e terapia

MEDICINA ONLINE SHINING KID SCARED CERVELLO TELENCEFALO MEMORIA EMOZIONI CARATTERE ORMONI EPILESSIA STRESS RABBIA IRA PAURA FOBIA SONNAMBULO ATTACCHI PANICO ANSIA VERTIGINE LIPOTIMIA IPOCONDRIA PSICOLOGIADisturbo tipico dell’età pediatrica, il terrore notturno, (chiamato anche Pavor Nocturnus), si caratterizza per un parziale risveglio dal sonno profondo (fasi 3 e 4 Non REM), accompagnato, il più delle volte, da grida, agitazione intensa, pallore, sudorazione, tachicardia (cuore che batte molto veloce), tachipnea (respiro accelerato), aumento della pressione arteriosa e aumento del tono muscolare. Il bambino appare inconsolabile, poco responsivo agli stimoli ambientali e, se svegliato, è confuso, disorientato e non riconosce le persone vicine. A volte può scendere dal letto, camminare, e/o urlare per la casa terrorizzato. Infatti, spesso, le manifestazioni del terrore notturno si sovrappongono a quelle del sonnambulismo da cui si differenzia per l’attivazione del sistema nervoso autonomo (palpitazioni, sudorazione, tremore, rossore) e l’espressione di terrore. Una caratteristica fondamentale è la totale amnesia dell’episodio al mattino. Gli episodi, si verificano di solito nel primo terzo della notte, e la durata dell’episodio va dai 30 secondi ai 5 minuti. Il disturbo mostra una graduale e spontanea remissione nel tempo.

Quando esordisce e quanto è diffuso il disturbo?

L’età d’esordio oscilla tra i tre e i dieci anni senza differenze di sesso. La prevalenza è maggiore tra i 3 e i 10 anni (10-14%) mentre si riduce andando avanti con l’età (3% a 12 anni, 2% a 11 e 1% a 13 anni).

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Quali sono le cause?

Nell’esordio del disturbo si riconoscono alcuni fattori precipitanti come, asma notturna, reflusso gastroesofageo, apnee e deprivazione di sonno. La componente genetica nell’esordio di questo disturbo è molto elevata: c’è un rischio 10 volte maggiore di sviluppare terrori notturni se almeno uno dei parenti stretti ha sperimentato questo o altre parasonnie (es. sonnambulismo) nella propria vita.

Che rapporto c’è tra i terrori notturni e gli altri disturbi psicologici?

I bambini con terrori notturni in sonno non hanno una maggiore incidenza di disturbi mentali o di psicopatologia rispetto alla popolazione generale. Al contrario, in età adulta, è più elevata l’incidenza di problematiche psicopatologiche correlate quali il Disturbo Post-traumatico da Stress e soprattutto i Disturbi d’Ansia.

Come avviene la diagnosi?

L’esame strumentale (polisonnografia) è indicato nel caso in cui si renda necessaria una diagnosi differenziale con episodi di natura epilettica in sonno oppure si sospetti la presenza contemporanea di disturbi respiratori in sonno(che per definizione favoriscono l’insorgenza dei terrori notturni). Per il resto, la diagnosi sulla base della storia clinica può essere sufficiente. La diagnosi differenziale deve essere fatta anche con gli incubi, tipici della fase REM del sonno, da cui si differenziano per l’amnesia dell’episodio (gli incubi generalmente si ricordano) e anche per la fase del sonnointeressata (prima parte del sonno nel caso dei terrori notturni, fase centrale/ultima parte nel caso degli incubi). I terrori notturni, inoltre, devono essere distinti anche da episodi di attacchi di panico notturni che consistono in un risveglio associato a tachicardia, sudorazione e sensazione di soffocamento. Generalmente, a differenza dei terrori notturni, questi pazienti ricordano l’episodio al mattino e la durata dell’evento è compresa tra i 2 e gli 8 minuti.

In cosa consiste il trattamento?

Generalmente l’evoluzione del disturbo da terrore notturno ha un andamento benigno e tende ad andare incontro a remissione spontanea senza interventi mirati. Se i terrori notturni hanno una frequenza inferiore a 1 settimana e non mettono a rischio di incidenti il bambino, si possono adottare accorgimenti non farmacologici, tra cui:

  • Adottare misure di sicurezza in casa (es. bloccare porte e/o scale, rimuovere oggetti che possono costituire intralcio o possono essere dannosi se il bambino si alza)
  • Curare l’igiene del sonno (mantenere un regolare ritmo sonno veglia, evitare caffeina e coca-cola, ecc…)
  • Evitare di risvegliare il bambino durante l’episodio perché potrebbe aumentare l’agitazione e prolungare l’evento
  • Consigliare tecniche di rilassamento all’addormentamento
  • Minimizzare l’intervento dei genitori perché può portare ad aumentare l’agitazione e a prolungare gli episodi
  • Evitare di riferire al bambino il giorno seguente quanto avvenuto durante la notte poiché questo potrebbe causare disturbi d’ansia

Quando invece sono presenti le condizioni di seguito elencate, si rende necessario un intervento specialistico:

  • Diagnosi confermata attraverso uno studio del sonno completo del bambino
  • Presenza di parasonnia del sonno NREM caratterizzata da episodi di terrore notturno (pianto e grida, sintomi di iperattivazione, reazioni comportamentali di estrema paura)
  • Cronicità dei sintomi
  • Frequenza elevata degli episodi (ogni notte o più volte a settimana)
  • Gli episodi si manifestano in determinati periodi della notte

In questi casi, dopo una valutazione clinica approfondita (anamnesi dei disturbi del sonno, polisonnografia), un tipo di trattamento indicato consiste in un protocollo di risvegli notturni programmati per una o più settimane. I risvegli notturni, infatti, alterano i cicli del sonno del bambino, modificando il pattern elettrofisiologico che sottende al disturbo. Si tratta di una strategia comportamentale molto efficace, seppur faticosa, che consiste nel risvegliare il bambino prima dell’orario in cui di solito si verificano gli episodi e, in seguito, predisporlo nuovamente a dormire.

Il trattamento farmacologico, utilizzato soltanto in casi estremi (episodi frequenti o rischiosi per l’incolumità del bambino), prevede l’utilizzo di benzodiazepine o antidepressivi. Gli effetti collaterali, però, specialmente nei bambini, sono frequenti, e tra questi possono presentarsi: alterazioni comportamentali, disturbi dell’attenzione e della memoria, astenia e stadi allucinatori. Una valida scelta, utilizzata nei bambini (poiché ha ridottissimi effetti collaterali e non da assuefazione) è il L-5-idrossitriptofano, che determina una stabilizzazione del sonno, riducendo i fenomeni di terrori notturni.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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E’ notte, penso troppo e torno ad aver paura

MEDICINA ONLINE DONNA TRENTANNI SINGLE PAURA RAPPORTO SESSO SAD TRISTE PIANTO RAGAZZA FIDANZATA AMORE PRINCIPESSA TRISTEZZA DEPRESSIONE MENTE EMOZIONI SESSO SEX GIRL YOUNG CUTE CRYING VEFin dai tempi lontanissimi, l’arrivo dell’oscurità era il momento in cui le paure si impossessavano del cuore dell’uomo. La paura del buio è una delle paure primordiali dell’uomo. Per gli uomini primitivi, che vivevano immersi nella natura, il buio era portatore di pericoli e predatori, quindi di grandi paure. Nel tempo poi, i predatori dell’oscurità si sono trasformati in demoni. Perché è proprio il non poter vedere cosa abbiamo davanti che ci inquieta. Da qui nasce la paura dell’ignoto. Oggi viviamo in una società piena di confort. Le nostre case sono ben illuminate e abbastanza solide. Il tutto ci dona un certo senso di sicurezza. E allora questa paura dell’ignoto e dell’oscurità da dove proviene? La possiamo esclusivamente ricondurre ad un retaggio di sensazioni arcaiche? Probabilmente no.

Intimità
Nella nostra epoca abbiamo la possibilità di fare un’altra esperienza della sera rispetto al passato. La possiamo vivere come un tempo di raccoglimento, di intimità, di tepore, di protezione. Per esempio in alcuni tipi di depressione è il mattino il momento più brutto del giorno, e non la sera, perché la sofferenza è racchiusa nell’idea di affrontare un’altra nuova giornata di dolore, che appare come una montagna impossibile da scalare. Ho un amico musicista. Per lui la sera, e di conseguenza la notte, sono il momento migliore della giornata. Per molte persone creative infatti, la notte rappresenta il periodo in cui la vena creativa si esprime maggiormente.

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Mancanza di controllo
Coloro che soffrono, con l’arrivo della sera e soprattutto con l’inoltrarsi della notte, di paure “ingiustificate” di solito manifestano nella loro vita un forte bisogno di controllo sulla realtà. È frequente che queste persone si sentano meglio quando sono indaffarate, piene di cose da fare, quando sono dentro l’azione. Il difficile per loro è fermarsi, stare nelle sensazioni. Hanno sempre qualcosa da fare. Preferiscono fare piuttosto che stare. Cosa intendo per stare? Intendo essere presenti, viversi a pieno la situazione, assaporarla, fermarsi a sentire cosa accade dentro se stessi. Per esempio sono al mare davanti ad un bellissimo tramonto; invece di godermi lo spettacolo, dopo poco tempo penso già a cosa farò quando tornerò a casa, “Devo farmi la doccia, poi faccio questo o farò quest’altro, però quella cosa che ho visto ieri potrebbe essere un’idea e via così…”. Come possiamo notare, sono completamente da un’altra parte. Sono nell’azione futura, non riesco a stare nel presente. Agire diventa un modo per non entrare in contatto con le proprie sensazioni, pensieri, emozioni e vissuti. Agendo, facendo delle cose, si tiene a bada la realtà esterna, ma anche quella interna.

Confrontarsi con noi stessi
Quando arriva la notte, tutto prende ritmi più lenti. Si spengono le luci ed ecco venir fuori tutte quelle cose che durante il giorno abbiamo tenuto sotto controllo, a cui non abbiamo dato ascolto. Se gradualmente ci si confrontasse con questo aspetto della nostra personalità, potremmo piano a piano migliorare le nostre capacità di “stare” nelle varie situazioni durante il giorno. Questo vuol dire dare spazio alle nostre insicurezze, ascoltarle, conoscerle. Invece che immergersi nelle cose da fare, ogni tanto si potrebbe fare che ci si dedica alle nostre insicurezze, così da diventare sempre più bravi nell’affrontarle. Così di notte, le paure non avranno bisogno di farsi sentire.

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