Insonnia da assunzione di cibo o bevande durante la notte nell’adulto

MEDICINA ONLINE MANGIARE DI NOTTE DIETA BULIMIA SPUNTINO DORMIRE FRIGO CUCINA SNACK DIETA CALORIE INGRASSARE SPILUCCARE MERENDINA CRACKER GRASSI CIBO CARBOIDRATI.L’insonnia da assunzione di cibo o bevande durante la notte (in inglese “night-eating syndrome”) è un tipo di insonnia secondaria all’assunzione di Continua a leggere

Dieta per rimettersi in forma dopo le feste: cosa fare e cosa non fare

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Fra Natale e Capodanno, è facile prendere  dai due ai quattro chili e i problemi di digestione subiscono un’impennata facendo registrare il 23% dei casi totali durante i vari cenoni. Passato questo periodo è il caso di seguire qualche consiglio per per rimediare agli “strappi” degli eccessi.

Sconsigliati i digiuni che hanno numerose controindicazioni, specie se “fai da te”. Si può scegliere di seguire un regime a basso contenuto calorico, ma ad alto tasso di alimenti e sostanze drenanti e depurative, da seguire per cinque giorni.
Per prima cosa è bene iniziare la giornata bevendo molta acqua appena svegli. L’idratazione è fondamentale per il buon funzionamento dei reni e del fegato. Anche nell’arco della giornata, è bene continuare a bere. E’ importante seguire una dieta bilanciata, comprensiva di tanta verdura, frutta (meglio a fine pranzo piuttosto che a cena) e proteine. Anche la colazione è un pasto da non sottovalutare: fette biscottate ricche di fibre insieme a un po’ di ricotta con marmellata senza zucchero o insieme a qualche fettina di prosciutto cotto, sono un ottimo modo di cominciare la giornata.

A metà mattina e a metà pomeriggio, meglio fare uno spuntino, così da non esagerare con il cibo durante i pasti principali. A pranzo e cena, invece, è sempre bene iniziare con una minestra di verdure prima della portata principale, così da saziare l’appetito. I cibi ricchi di carboidrati come pasta, pane, riso, pizza vanno sostituiti con le verdure (ad eccezione di carote, patate e legumi). Infine gli esperti consigliano di eliminare completamente gli alcolici per il loro tasso glicemico particolarmente alto, ma di non rinunciare all’olio per l’utilità dei grassi.

Subito dopo pranzo, vale la pena fare il giro dell’isolato camminando a passo spedito per almeno venti minuti. Può andar bene anche andare a correre o fare un altro sport. L’importante è muoversi.

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Mangiare di più nel week end, fa ingrassare?

MEDICINA ONLINE DIETA UOMO PANCIA GRASSO DIMAGRANTE GRASSI CALORIE ATTIVITA FISICA SPORT DIMAGRIRE PERDERE PESOTutti noi lo sappiamo con certezza: è nei giorni del week end che si tende a mangiare di più, perchè si esce con gli amici, si fa l’aperitivo, poi una cena in ristorante ed in uuscendo con gli amici o restando in famiglia. Ma non sono gli eccessi del weekend a decretare il successo o il fallimento di una dieta, bensì il comportamento alimentare tenuto negli altri cinque giorni della settimana. Lo sostiene uno studio condotto da un team della Cornell University, in collaborazione con l’Università di Tecnologia di Tampere in Finlandia, che ha analizzato i ritmi dell’aumento e della perdita di peso di 80 adulti tra i 55 e i 62 anni. Divisi in tre categorie a seconda se perdevano peso, lo acquistavano o lo mantenevano stabile nel corso dell’osservazione, i partecipanti dovevano pesarsi ogni giorno prima di colazione. Solo le pesate effettuate per almeno 7 giorni consecutivi venivano tenute in considerazione ai fini della ricerca, e il tempo di follow-up è andato da un minimo di 15 giorni a un massimo di 330. Gli studiosi hanno potuto analizzare l’andamento del peso nel corso della settimana per capire quali errori commettevano coloro che tendevano a mettere su chili rispetto a chi invece li perdeva o restava di peso costante.

I risultati

L’andamento generale indica che le persone tendono a prendere peso nel weekend (i valori più alti si registrano infatti di domenica e di lunedì), e a perderlo nel corso della settimana lavorativa. Ma in queste fluttuazioni gli autori hanno notato una sostanziale differenza tra chi ingrassa e chi dimagrisce. Mentre questi ultimi mostrano una forte tendenza a compensare gli eccessi del weekend, cominciando a perdere peso già a inizio settimana per toccare il massimo del dimagrimento il venerdì, gli altri non presentano un andamento altrettanto costante. Questo spinge Brian Wansink, economista comportamentale della Cornell, tra gli autori dello studio pubblicato su Obesity Facts, a sostenere che le “variazioni di peso tra giorni feriali e fine settimana dovrebbero essere considerate normali, non come il sintomo di un aumento di peso. La grande differenza tra coloro che prendono peso nel tempo e chi lo perde o lo mantiene è direttamente correlata al modo in cui mangiano da lunedì a venerdì. Concedersi qualche caloria in più durante i weekend non fa male, ma per il successo della dieta è importante notare questi ritmi e prendere provvedimenti per invertire la tendenza al rialzo dopo il fine settimana”.

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Qual è la differenza tra anoressia e bulimia?

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Maddalena, 27 anni, racconta che per lei tutto è iniziato «come spesso inizia per tante, con una banalissima dieta cominciata in primavera, alla fine della seconda superiore. In previsione dell’estate mi vedevo un po’ in sovrappeso: pesavo 57 kg ed ero alta 1,65. Perfettamente nella norma, solo che quando ci sei dentro hai una distorsione dell’immagine del tuo corpo. Quindi ho iniziato la dieta. Poi man mano la situazione è peggiorata: iniziavo a dimagrire sempre di più, e il fatto di perdere peso era un rinforzo positivo a mantenere questo mio comportamento. I miei erano straziati da questa cosa, ma non mi hanno mai detto “perché non mangi” o “devi mangiare” non mi hanno mai assillato. Soffrivano in silenzio. A dicembre pesavo 40 kg: avevo perso 17 kg in sei mesi. Ero proprio uno scheletro, e in quel momento mi piacevo. E non mi interessava quello che dicevano gli altri, anche perché mi ero isolata tantissimo. A quel punto la mia vita era solo andare a scuola, studiare e pensare al cibo, basta. Anche perché lo studio e il cibo erano le uniche due cose che potevo controllare, che dipendevano esclusivamente da me. La fame c’era, ma il fatto di aver fame e di sapere di riuscire a controllarla era una vittoria, io mi sentivo la più furba».

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L’anoressia

L’anoressia nervosa è esattamente questo: una perdita consistente di peso corporeo accompagnata da una forte paura di ingrassare, una distorsione della propria immagine corporea, per cui ci si vede grasse anche se in realtà si è sottopeso, e una bassa autostima di sé. La stima delle persone affette da anoressia nervosa, infatti, è fortemente legata all’aspetto fisico e la possibilità di controllare la fame e il peso, e ridurlo secondo le proprie esigenze, è un modo attraverso cui aumentarla.

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La bulimia

Come spiega Maddalena, che poi continuando a raccontare la sua storia dirà di essere passata dall’anoressia alla bulimia “l’altra faccia della medaglia”. «Mi ritrovavo a mangiare grosse quantità di cibo. Uscivo per comprare torta salata, biscotti, patatine, tornavo a casa e li mangiavo da sola e di nascosto; e mi sentivo un animale perché durante e prima dell’abbuffata ti prende una forza incontrollabile, che non puoi fare a meno di assecondare. Mangiavo di nascosto per un discorso di intimità, perché non è un mangiare normale, è un mangiare in modo incontrollato. Per me era una cosa molto strana a cui non potevo sottrarmi, ma che sentivo non era normale. Per questo la volevo tenere per me, anche se sapevo che i miei genitori sarebbero stati ben felici di sapere che stavo mangiando».

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Abbuffata compulsiva

La caratteristica clinica principale della bulimia nervosa è l’abbuffata compulsiva, l’ingestione di grosse quantità di cibo in assenza di controllo, vissuto come qualcosa che bisogna fare per forza e che non si riesce a fermare o controllare. Seguita poi da comportamenti di compenso volti a prevenire l’aumento di peso. La psicopatologia di base è simile a quella dell’anoressia: c’è in entrambi i casi una forte paura di ingrassare, una distorsione dell’immagine corporea e una bassa autostima. La differenza è che nel caso della bulimia ci sono delle grandi abbuffate seguite dall’uso di purganti o lassativi o dal vomito autoindotto. Oppure si fanno digiuni prolungati o intensa attività fisica. Il peso però non si riduce tantissimo come nell’anoressia, perché queste grandi mangiate consentono comunque l’ingestione di una certa quantità di cibo.

Differenze tra bulimia ed anoressia:

  • Nella bulimia il paziente compie delle vere e proprie abbuffate, seguite da condotte di eliminazione (con vomito autoindotto, diuretici, lassativi) o senza condotte di eliminazione (comportamenti compensatori inappropriati come digiuni o/e intensa attività fisica; nell’anoressia invece la paziente tende a non mangiare per nulla;
  • La bulimia è disturbo egodistonico, in quanto i sintomi vengono vissuti come estranei e fastidiosi, tanto che molto spesso è il paziente stesso a richiedere spontaneamente un trattamento. Al contrario l’anoressia viene vissuta come un fatto positivo ed il paziente non chiede aiuto, né vuole essere aiutato.
  • Nella bulimia di solito non vi sono grosse variazioni di peso nel tempo, mentre nell’anoressia il paziente perde peso in modo considerevole.

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Le conseguenze di anoressia e bulimia

Le conseguenze dal punto di vista della salute fisica nel caso dell’anoressia sono dovute alla mal nutrizione e al calo di peso, mentre nel caso della bulimia purgativa al vomito autoindotto e all’uso di lassatavi. Questi determinano squilibri dei sali e dei liquidi corporei che possono portare ad aritmie e collasso cardiocircolatorio. Il vomito, inoltre, può provocare danni alla cavità orale, ai denti e così via.

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I soggetti più esposti: giovani ragazze

In Italia come in tutti i paesi occidentali, le persone affette da disturbi dell’alimentazione, come l’anoressia o la bulimia nervosa, sono ancora tante. Per questo, per sensibilizzare l’opinione pubblica, lo scorso 15 marzo in molte città italiane si è tenuta la terza giornata nazionale del fiocchetto Lilla, dedicata ad anoressia, bulimia, obesità e di tutte le patologie legate ai disturbi del comportamento alimentare. Le più esposte sono sempre le ragazze, con un rapporto maschi: femmine di 1:9, e si stima che la prevalenza sia dello 0,5-1% per l’anoressia e del 2% per la bulimia. La fascia di età interessata all’insorgenza del disturbo è quella tra i 14-19 anni anche se ultimamente si sta assistendo a un anticipo dell’esordio con le prima manifestazioni del disturbo che si possono presentare già a 9-10 anni. Sia perché oggi, tramite i mezzi di comunicazione, le ragazze sono esposte prima a pressioni sociali, come il mito della magrezza tipico dell’ideale occidentale; sia perché nel corso degli anni biologicamente si è assistito a un’anticipazione dell’età del menarca. Fenomeno che può aver contribuito all’anticipo all’insorgenza del disturbo. Nonostante i fattori ambientali – come appunto il mito della magrezza, visto come un prerequisito fondamentale per il successo e l’affermazione sociale – abbiano un peso determinante nell’insorgenza della malattia, è anche vero che tutte le ragazze del mondo occidentale sono esposte a messaggi simili, ma solo lo 0,5-1% va incontro a questi disturbi. Questo significa che l’origine del disturbo è di tipo multifattoriale e che dipende anche da una predisposizione individuale in parte biologica e in parte psicologica, a cui poi si sommano i fattori ambientali.

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Nei maschi

Nei maschi l’anoressia è meno frequente, ma negli ultimi anni si è osservato un aumento dei casi anche per il sesso forte. In questo caso la malattia assume una connotazione un po’ diversa, per cui non è tanto importante la magrezza quanto la muscolosità. Il meccanismo però è il medesimo: attraverso il dimagrimento e riduzione del peso si cerca di raggiungere l’ideale di un corpo scolpito. Si parla di vigoressia, ma questo comportamento non porta a quello a cui i ragazzi aspirano, ma solo a cause negative dal punto di vista fisico. Per il resto poi, fisiopatologia, evoluzione del disturbo, l’insorgenza il disturbo assomiglia a quello delle ragazze.

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Guarire dall’anoressia e dalla bulimia

La guarigione può richiedere diversi anni e in alcuni casi non è totale, ma si recupera solo in parte. L’esito della terapia dipende soprattutto dalla tempestività del trattamento: quanto prima le persone entrano in contatto con i clinici specializzati, tanto più rapida e sicura è la guarigione. Nell’anoressia nervosa c’è una percentuale di guarigione del 60-70%, mentre nella bulimia, questa percentuale sale fino all’80-90 per cento. In alcuni casi però i pazienti non riescono a recuperare completamente una sana alimentazione e nelle forme più croniche e di più lunga durata l’esito non sempre è favorevole. L’anoressia, inoltre, tra le malattie psichiatriche è quella che presenta il più alto tasso di mortalità, circa il 5%, in gran parte dovute alla conseguenza organiche e in piccole parte al suicidio.

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Curare l’anoressia e la bulimia

Inutile aggiungere poi, che la presa di coscienza da parte dei pazienti, è sicuramente la fase più critica del processo. La motivazione al trattamento è la prima fase e a volte impieghiamo anche 3-5 sedute per motivare le persone, perché la maggior parte non hanno consapevolezza della malattia, nel senso che si vedono grasse anche essendo magre quindi non hanno nessuna necessità di essere curate. Il trattamento d’elezione è quello multidisciplinare integrato, che coinvolge diverse figure professionali, dallo psichiatra che “dirige l’orchestra”, all’’internista per le complicanze mediche, il ginecologo, il nutrizionista e l’educatore professionale per i percorsi formativo tipo il pasto assistito. I farmaci invece si usano poco, solo per la cura delle complicanze fisiche o dei sintomi psichiatrici. I genitori spesso hanno grossi sensi di colpa perché pensano di aver sbagliato qualcosa, di non essere stati in grado di soddisfare tutte le richieste dei figli e che questo abbia determinato l’insorgenza della malattia. Non sanno bene come comportarsi, per cui spesso insorgono conflitti al momento dei pasti perché sono preoccupati per il calo di peso e impongono di mangiare. In alcuni casi, quando ci sono dei conflitti, possono essere di ostacolo e hanno bisogno di essere aiutati e supportati. In genere però non rappresentano un ostacolo ma anzi, spesso sono una risorsa per il trattamento, come quello basato sulla famiglia adottato per le ragazzine più giovani.

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Noia, rabbia e delusioni amorose ci fanno mangiare di più

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO FRAGOLE FRUTTA DOLCI CALORIE GRASSI DIETA DIMAGRIRE PASTARELLEUna serata casalinga davanti alla tv rischia di rendere irresistibile la tentazione di uno spuntino? La rabbia verso un collega di lavoro maleducato vi ha fatto divorare dolci a non finire in pausa pranzo? Le delusioni d’amore rendono indispensabile generi di conforto come gelato e cioccolato? Attenzione: noia e rabbia non rovinano solo la nostra qualità della vita, ma rischiano anche di farci ingrassare e questo vale per le donne molto più che negli uomini.

Nelle donne l’aumento di peso è strettamente legato all’insoddisfazione, alla noia, alla frustrazione, alle delusioni sentimentali: lo dimostra una ricerca inglese che evidenzia come il continuo bisogno di mangiare non sia strettamente correlato alla semplice fame. Su commissione dell’azienda inglese Appesat sono state infatti intervistate 5 mila persone adulte, sia maschi sia femmine, commissionate da un’azienda inglese.

Dai risultati si delinea un quadro molto chiaro: le donne tendono ad ingrassare maggiormente in situazioni legate alla noia. In questi casi infatti le donne che hanno partecipato alla ricerca hanno ammesso di mangiare di più in momenti di tedio. La situazione peggiora ulteriormente se oltre alla monotonia della vita si trovano a dover affrontare anche emozioni come la rabbia o la frustrazione spesso legate all’ambiente familiare – o professionale – e alla situazione sentimentale. La cosa interessante è che gli stessi risultati non vengono confermati invece dalle interviste con il campione maschile.

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Il segreto per evitare l’abbuffata natalizia? E’ un colore

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO DOLCI DI NATALE BISCOTTI TORTA CALORIE GRASSI ZUCCHERO NATALIZI (7)Durante le feste le nostre tavole si riempiono di cibi molto buoni, ma anche molto calorici, non è raro infatti che mesi di sacrifici per dimagrire siano spesso vanificati da pochi giorni di festa. Da oggi sappiamo che uno dei segreti per non abbuffarsi durante le feste, potrebbe essere un colore: proprio il colore natalizio, cioè il rosso. Uno studio italiano condotto da psicologi dell’Università di Parma, infatti, dimostra che servendo le pietanze in piatti rossi si mangia di meno. Pubblicato sulla rivista Appetite, lo studio è stato condotto da Nicola Bruno e coordinato da Claudio Oleari dell’ateneo parmense. Gli esperti hanno coinvolto 240 individui ed hanno messo in piatti di colore rosso, blu e bianco dei pop corn, una crema per le mani e del cioccolato. Non hanno svelato ai partecipanti lo scopo della ricerca ma hanno chiesto loro di valutare la bontà di quei prodotti. E’ emerso che i partecipanti consumavano nettamente meno prodotto, crema per le mani compresa, se questo veniva servito su piatti rossi piuttosto che quando veniva servito su piatti di altri colori. Il motivo di ciò è ancora, però, sconosciuto.

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I 10 motivi per cui il tuo cervello ti fa credere di essere affamato quando in realtà non lo sei

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO RISTORANTE MANGIARE CUCINA DIETA CIBO CHEFNon è ancora ora di pranzo o cena eppure non riesci a tenere a freno quella fame nervosa, quel languorino che ti fa sentire pronto a mangiare qualsiasi cosa ricca di grassi e carboidrati ti capiti a tiro? Sappi che la tua mente sta “cospirando” contro di te e che quella che senti non è «fame», ma un’illusione del tuo cervello dovuta a diversi fattori, non ultimo l’affaticamento mentale da ufficio e, visto il periodo, lo “stress da Natale”.

Proprio a tal proposito troverai utilissimo questo articolo: I 10 cibi che ti aiutano a combattere lo stress del periodo natalizio

L’Huffington Post ci aiuta elencando i nove motivi per cui il tuo cervello ti fa credere di essere affamato,anche quando non hai realmente fame.

1) Non dormi abbastanza di notte. La mancanza di sonno stimola la produzione di ormoni che faranno sentire affamato.

2) Ieri hai mangiato troppo. La scienza non è ancora riuscita a spiegare del tutto il meccanismo dietro a questo fenomeno ma pare che sia proprio così: dopo un pasto abbondante… si ha voglia di mangiare ancora.

3) Sei in piena sindrome premestruale. Le donne lo sanno bene: tutta colpa del progesterone che fa sentire più affamate (ma anche più gonfie).

4) Hai fatto una colazione scarsa o non adeguata. Lo sanno tutti che la colazione è il pasto più importante della giornata: servono almeno 300-400 calorie. Digiunare a colazione è il metodo migliore per avere fame tutto il giorno.

5) Prendi farmaci. Chi è costretto a prendere una grande quantità di medicinali riscontra spesso un aumento incontrollato dell’appetito. In caso di cure molto lunghe è bene parlarne con il medico per evitare che la «troppa fame» diventi dannosa.

6) Bevi bevande light o senza zuccheri. Quando si beve una bevanda senza contenuto calorico, il cervello si attiva pensando che siano in arrivo delle calorie che però, in realtà, non arrivano. La reazione “stizzita” del nostro cervello è  ingigantire lo stimolo della fame.

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7) In realtà hai sete. Il cervello può reagire ai primi sintomi di una leggera disidratazione azionando lo stimolo della fame.

8) Sei annoiato. Le nostre attività quotidiane sono regolate dalla dopamina, l’ormone della «soddisfazione». A livello biologico, la dopamina viene rilasciata anche quando mangiamo. Per questo, quando siamo annoiati o insoddisfatti, ci viene voglia di «pasticciare col cibo», per smuovere un po’ di quella dopamina che ci fa sentire così bene.

9) Sei stressato. È un meccanismo infallibile derivato dagli animali: così come una gazzella scappa per evitare di diventare la cena del leone, anche noi cerchiamo di scappare il prima possibile – o di fronteggiare al meglio – le situazioni stressanti. E per riuscirci, bisogna avere la pancia piena (anche quando in realtà non serve). In pratica quando siamo stressati il nostro corpo ci “prepara” ad un surplus di lavoro con una preventiva richiesta di cibo in eccesso.

Un decimo motivo lo posso aggiungere io, vi assicuro che ne so qualcosa: avere smesso di famare da poco. Quando si smette con le sigarette la fame ha una vera impennata, però bisagna dire che dopo qualche mese sia la fame che il peso corporeo tendono nella maggioranza dei casi a normalizzarsi e a tornare come prima dell’ultima sigaretta.

A tale proposito troverete interessante la lettura di questo articolo: Per quali motivi si ingrassa dopo aver smesso di fumare?

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Bulimia nervosa: mangio troppo e senza controllo, come faccio a capire se ne soffro?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO DONNA TRISTE STANCA BIANCO E NERO DEPRESSIONE SUICIDIO DISTURBO PAURACos’è la bulimia?

La bulimia (dal greco, composto di bôus “bue” e limós “fame” cioè ‘fame da bue’) è, insieme all’anoressia nervosa, uno dei più importanti disturbi del comportamento alimentare, detti anche Disturbi Alimentari Psicogeni (DAP). Ciò che contraddistingue la bulimia è un problema dell’alimentazione per cui una persona ingurgita una quantità di cibo eccessiva per poi ricorrere a diversi metodi per riuscire a non metabolizzarlo e, quindi, non ingrassare (vomito autoindotto, utilizzo di lassativi, purghe, digiuni e intenso esercizio fisico). La bulimia nervosa si può definire come un disturbo egodistonico, in quanto i sintomi vengono vissuti come estranei e fastidiosi, tanto che molto spesso è il paziente stesso a richiedere spontaneamente un trattamento, al contrario dell’anoressia.

Quanto è diffusa la bulimia in Italia?

In Italia il disturbo colpisce circa l’1% delle giovani donne, più al sud.  L’età d’esordio è indicativamente compresa fra i 12 e i 25 anni, anche se il picco di maggior frequenza è a 17-18 anni. È frequente negli adolescenti e nei giovani adulti. Colpisce prevalentemente soggetti di sesso femminile (90%).

In che età compare la bulimia?

Generalmente compare attorno ai 12-14 anni (tarda preadolescenza) o nella prima età adulta (18-19 anni).

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Descrizione clinica

Clinicamente la bulimia è denotata da episodi in cui il soggetto sente un bisogno compulsivo di ingerire spropositate quantità di cibo, correlati da una spiacevole sensazione di non essere capace di controllare il proprio comportamento.
L’episodio bulimico è caratterizzato dall’atteggiamento compulsivo con cui il cibo è ingerito e non dal desiderio di mangiare un determinato alimento.

Cosa scatena un episodio bulimico?

Gli episodi bulimici possono essere scatenati da alterazioni dell’umore, stati d’ansia o stress. In alcuni casi gli episodi bulimici possono anche essere programmati anticipatamente.

Tipi di bulimia

Si distinguono due tipi di bulimia:

  • con condotte di eliminazione, che vede il soggetto ricorrere regolarmente a vomito autoindotto oppure all’uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi;
  • senza condotte di eliminazione, che vede il soggetto bulimico adottare regolarmente comportamenti compensatori inappropriati (digiuni o/e intensa attività fisica), ma non dedicarsi al vomito autoindotto o all’uso di lassativi, diuretici o enteroclismi.

Quando NON è bulimia

Non vengono considerati episodi bulimici quei casi in cui vi è un’elevata assunzione di cibo saltuariamente e in contesti e situazioni particolari, né il continuo “spiluccare” durante la giornata.

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Come faccio a capire se ho la bulimia nervosa?

Capire se si soffre di bulimia nervosa non è semplice e palese come nel caso dell’anoressia nervosa. Le persone colpite sono generalmente normopeso, alcune in lieve sottopeso o sovrappeso e una piccolissima parte in grave sovrappeso.
Il DSM IV-Text Revision (cioè il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, accettato in tutto il mondo) stabilisce che, per poter effettuare la diagnosi di Bulimia Nervosa, debbano essere rispettati cinque criteri.

  1. Il primo di questi criteri sottolinea come il comportamento caratteristico dei pazienti con bulimia nervosa sia rappresentato dalla presenza di ricorrenti abbuffate, termine con il quale ci si riferisce ad una condizione definita da due precise caratteristiche, entrambe necessarie:
    A) l’ingestione, in un periodo di tempo definito (ad esempio, un periodo di due ore), di   una quantità di cibo significativamente maggiore di quello che la maggior parte delle   persone assumerebbe nello stesso tempo ed in circostanze simili (Criterio A1)
    B) la sensazione di perdere il controllo durante l’episodio, come, ad esempio, la  sensazione di non riuscire a controllare cosa e quanto si sta mangiando (Criterio A2)
  2. Il secondo criterio indispensabile per fare diagnosi di bulimia nervosa è rappresentato dal frequente ricorso a inappropriati comportamenti compensatori, per prevenire l’incremento ponderale (Criterio B), tra i quali quello più utilizzato è il vomito auto-indotto, sebbene siano di comune riscontro anche l’abuso di lassativi, di diuretici e di enteroclismi o altri farmaci, nonché la pratica del digiuno o di esercizio fisico eccessivo.
  3. Terzo criterio: il paziente deve presentare un minimo di due episodi di abbuffate e comportamenti compensatori inappropriati alla settimana, per almeno tre mesi (Criterio C).
  4. Il quarto criterio (Criterio D) stabilisce che nei pazienti con bulimia nervosa l’autostima e la valutazione di loro stessi debbano essere indebitamente influenzate dalla forma e dal peso corporei.
  5. In ogni caso, non è giustificata la diagnosi di bulimia nervosa, se il disturbo si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di Anoressia Nervosa (Criterio E).

In caso di uso frequente di condotte di eliminazione, il paziente presenta spesso il segno di Russell; per approfondire: Segno di Russell in anoressia e bulimia: cause ed interpretazione

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