Per sindrome del tunnel radiale (STR), si intende una forma di sindrome da compressione nervosa, cioè quell’insieme di sintomi che si manifestano a causa di una compressione anomala di uno o più nervi, causando spesso forte dolore alla persona e sintomi motori collegati alla neuropatia periferica. Nel caso della sindrome del tunnel radiale, il nervo interessato dalla compressione è quello Continua a leggere
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Differenza tra vena ascellare, brachiale, radiali, ulnari, cefalica e basilica
Le vene che drenano il sangue refluo dall’arto superiore sono la vena ascellare, la brachiale, le radiali e le ulnari, i vasi che formano il circolo venoso della mano e le due vene superficiali, cioè la vena cefalica e la vena basilica.
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Differenza tra arteria brachiale, radiale, ulnare e della mano
Le arterie principali dell’arto superiore sono l’arteria brachiale, l’arteria radiale e l’arteria ulnare.
L’arteria brachiale è la diretta continuazione dell’arteria ascellare; prima di dividersi, a livello del gomito, nelle arterie radiale ed ulnare, fornisce diversi Continua a leggere
Braccio sinistro dolorante, intorpidito e pesante: mi devo preoccupare?
Il dolore, l’intorpidimento, il formicolio e qualsiasi altra sensazione inusuale, quando sono localizzati al braccio sinistro, in assenza di traumi, sono tipi di sintomi che generano molta ansia nelle persone in quanto vengono immediatamente associati all’attacco di cuore. In realtà, pur essendo in effetti il dolore e l’intorpidimento al braccio sinistro dei sintomi distintivi dell’infarto del miocardio, sono molte le condizioni che possono provocarli e, nella maggior parte dei casi, certi timori sono fortunatamente infondati. Bisogna considerare, infatti, che un braccio è costituito da varie strutture (muscoli, ossa, tendini ecc.) e, conseguentemente, un problema a una di queste (un’infezione, un processo infiammatorio, un problema muscolare, un disturbo nervoso, un trauma di vario tipo ecc.) può essere, fra le altre cose, causa di dolenzia o di alterata sensazione rispetto al solito. Il dolore, come qualsiasi sensazione riferita al braccio, inoltre, può essere determinato da patologie di un’altra parte del corpo apparentemente “insospettabile”: in questo caso si parla di “dolore riferito”.
Dolore al braccio sinistro: quali sono le cause principali
Come detto, una sensazione particolare al braccio sinistro può riconoscere diverse cause e, se in certi casi può essere piuttosto facile capirne i motivi (come nel caso di un trauma diretto), in determinate circostanze può non essere facile identificarli. Le due cause più “pericolose” per la salute, sono:
- angina pectoris: una sindrome clinica provocata da un’ischemia miocardica di tipo transitorio (diminuzione temporanea del flusso sanguigno al muscolo cardiaco);
- infarto del miocardio: provocato da una prolungata assenza di flusso sanguigno al cuore, quasi sempre causata da una ostruzione a livello delle coronarie.
Altre cause di dolore al braccio sinistro, sono:
- artrosi cervicale;
- attacco di panico;
- cattiva circolazione (sanguigna e linfatica);
- contratture muscolari;
- errata postura;
- recente mastectomia (rimozione del seno in caso di cancro alla mammella);
- lesioni del plesso brachiale;
- epicondilite (gomito del tennista);
- lesioni e traumi muscolari, tendinei, articolari;
- neuropatia periferica;
- sindrome del cuore infranto;
- reflusso gastroesofageo;
- sindrome dello stretto toracico superiore;
- vaccinazione recente;
- tendiniti.
Quando preoccuparsi?
Come appena visto, una sensazione di dolore, formicolio o intorpidimento può essere determinata da molte cause, alcune più gravi, altre meno gravi quindi è necessario non sopravvalutare, ma neanche sottovalutare il fenomeno, specie se intenso ed improvviso. La patologia più temuta è ovviamente l’infarto del miocardio, per riconoscerla bisogna ricordare quali sono gli altri sintomi che si associano al dolore al braccio, che sono:
- dolore toracico,
- senso di oppressione,
- sensazione di pesantezza a livello toracico,
- sensazione di bruciore al petto,
- sudori freddi,
- vomito,
- respiro affannoso,
- senso di svenimento,
- perdita di coscienza,
- frequenza cardiaca aumentata.
In questi casi è opportuno richiedere un intervento medico il più tempestivamente possibile in quanto c’è una forte probabilità di un attacco di cuore. In ogni caso, anche se non si riscontrano gli ultimi sintomi elencati, è opportuno un controllo medico che, in base alla causa che determina la strana sensazione al braccio, vi fornirà la terapia adeguata.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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Tumore al seno: sintomi e dolore al braccio
Il dolore localizzato al braccio sinistro, in assenza di traumi, è un tipo di dolore che genera molta ansia nelle persone in quanto viene immediatamente associato all’attacco di cuore. In realtà, pur essendo in effetti il dolore al braccio sinistro uno dei sintomi distintivi dell’infarto del miocardio, sono molte le condizioni che possono provocarlo e, nella maggior parte dei casi, certi timori sono fortunatamente infondati. Bisogna considerare, infatti, che un braccio è costituito da varie strutture (muscoli, ossa, tendini ecc.) e, conseguentemente, un problema a una di queste (un’infezione, un processo infiammatorio, un problema muscolare, un disturbo nervoso, un trauma di vario tipo ecc.) può essere, fra le altre cose, causa di dolenzia. Il dolore al braccio, inoltre, può essere determinato da patologie di un’altra parte del corpo apparentemente “insospettabile”: in questo caso si parla di “dolore riferito”.
Dolore al braccio sinistro: le cause principali
Come detto, il dolore al braccio sinistro può riconoscere diverse cause e, se in certi casi può essere piuttosto facile capirne i motivi (come nel caso di un trauma diretto), in determinate circostanze può non essere facile identificarli. Le tre cause tipiche sono:
- angina pectoris: una sindrome clinica provocata da un’ischemia miocardica di tipo transitorio (diminuzione temporanea del flusso sanguigno al muscolo cardiaco);
- artrosi cervicale: una degenerazione patologica che interessa le vertebre del collo;
- infarto del miocardio: oltre al dolore al braccio sinistro, si associano alcuni sintomi quali dolore toracico, senso di oppressione, sensazione di pesantezza a livello toracico, sensazione di bruciore al petto, sudori freddi, vomito, respiro affannoso, senso di svenimento, frequenza cardiaca aumentata. In questi casi è opportuno richiedere un intervento medico il più tempestivamente possibile in quanto c’è una forte probabilità di un attacco di cuore.
Altre cause di dolore al braccio sinistro, sono:
- attacco di panico;
- cattiva circolazione;
- contratture muscolari;
- errata postura;
- lesioni del plesso brachiale;
- lesioni e traumi muscolari, tendinei, articolari;
- neuropatia periferica;
- reflusso gastroesofageo;
- sindrome dello stretto toracico superiore;
- vaccinazione recente;
- tendiniti.
Dolore al braccio e mammella
Il dolore al braccio può, in alcuni casi, essere la conseguenza di una recente operazione di mastectomia, che si effettua per trattare diversi tipologie di tumori al seno. In alcuni casi un dolore al braccio può essere irradiato dalla mammella in caso di forte mastodinia, a tal proposito leggi anche: Mastodinia: quando il seno è gonfio e dolorante
Dolore al braccio e cancro al seno
In alcuni casi il dolore localizzato a clavicola, ascella e braccio, spesso associati a gonfiore ed ingrossamento dei linfonodi dell’ascella, possono essere sintomo di tumore al cavo ascellare o al quadrante superiore esterno della mammella. In questo caso si associano spesso altri sintomi, come:
- un ispessimento diverso dagli altri tessuti della mammella,
- una mammella che diventa più grande o più bassa,
- un capezzolo che cambia posizione, morfologia o si ritrae (capezzolo introflesso),
- la presenza di una increspatura della pelle o di fossette, “pelle a buccia d’arancia”,
- un arrossamento cutaneo intorno a un capezzolo,
- una secrezione purulenta e/o ematica dal capezzolo,
- dolore costante in una zona della mammella o dell’ascella,
- un gonfiore sotto l’ascella o intorno alla clavicola.
Tutti i segni e sintomi finora elencati sono ancora più indicativi di cancro mammario, se il paziente presenta i seguenti fattori di rischio:
- sesso femminile (ricordiamo infatti che il cancro mammario può colpire anche l’uomo, ma molto più raramente);
- età avanzata (>30 anni, specialmente superati i 50 anni);
- fumo di sigaretta;
- genetica (altri casi in famiglia: madre, sorella…);
- mancanza di procreazione;
- esposizione ad inquinamento atmosferico;
- mancanza di allattamento al seno;
- elevati livelli di alcuni ormoni;
- dieta ricca di grassi;
- obesità.
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Differenza tra stiramento, strappo, contrattura, distorsione e distrazione
Le lesioni muscolari sono frequenti e si rilevano soprattutto nei soggetti che praticano sport; le più frequenti lesioni muscolari sono (in ordine di gravità):
- contrattura;
- stiramento;
- distrazione;
- strappo (di I°, II° e III° grado).
Delle patologie elencate nel titolo, fa eccezione la distorsione, che non interessa i muscoli. Cominciamo proprio con questa patologia.
Cos’è una distorsione?
La distorsione è una lesione della capsula e dei legamenti, a volte con lacerazione, ma senza rottura; provoca una fuoriuscita di sangue nella sede articolare per cui si verifica gonfiore e tumefazione. Ci può essere anche dolore intenso e il movimento è bloccato. Interessa di solito la caviglia, il ginocchio e il polso, è favorita da un tono muscolare insufficiente ed è provocata da un movimento brusco che sposta l’articolazione portando temporaneamente i capi articolari al di là dei limiti fisiologici (al contrario della lussazione, dove la perdita di contatto dei due capi è permanente). E’ più frequente negli adulti che nei bambini e la sua gravità è estremamente variabile in quanto può comportare danni di varia entità alle componenti dell’articolazione: capsula, legamenti, tendini e menisco. La distorsione a carico della caviglia può portare a distorsioni recidivanti anche per tutta la vita, a causa di disfunzioni permanenti e mancanza di risposta muscolo-tendinea. In caso di distorsione è necessario mettere immediatamente l’arto in posizione sollevata, applicare una borsa del ghiaccio e rivolgersi al medico, anche per escludere la presenza di fratture.
Cosa fare in caso di distorsione?
Nella maggior parte dei casi, per risolvere una distorsione, basta riposo e fasciatura seguite a riabilitazione con esercizi e mezzi fisici (magnetoterapia, ultrasuoni…); per alcune distorsioni più gravi si ricorre ad immobilizzare con un’ingessatura come per le fratture, ma raramente si ricorre all’intervento chirurgico per ricostruire i legamenti lesionati, per evitare esiti permanenti o complicazioni come l’artrosi.
Cos’è una contrattura muscolare?
La contrattura muscolare è una delle lesioni più frequenti e consiste in una contrazione del muscolo superiore alle possibilità fisiologiche della fibra stessa. Tale contrattura produce dolore e rigidità della fibra, limitazione nella deambulazione e dolore vivo nei movimenti di contrazione muscolare. La contrattura, però, è la lesione meno grave tra le lesioni muscolari poiché non causa una rottura di fibra.
Cosa fare in caso di contrattura muscolare?
In caso di contrattura muscolare il riposo è la terapia più efficace. Per guarire da una contrattura muscolare di solito occorre una settimana di pausa. Per accelerare il recupero possiamo abbinare il riposo a massaggi decontratturanti, effettuati da fisioterapisti e a tutte quelle attività che permettono di allungare la muscolatura.
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Cos’è uno stiramento muscolare?
Questa lesione muscolare provoca un dolore acuto e improvviso, anche se spesso sopportabile. È un tipo di lesione facilmente riscontrabile in ambito sportivo ed è provocato da un allungamento eccessivo delle fibre del muscolo.
Cosa fare in caso di stiramento muscolare?
Lo stiramento muscolare generalmente guarisce nel giro di 2-3 settimane di riposo; è utile applicare impacchi di ghiaccio per i primi giorni e bendaggi compressivi. Eventualmente il medico può prescrivere una terapia antinfiammatoria ed un’ecografia può risultare utile.
Cos’è uno strappo muscolare?
Lo strappo muscolare provoca una rottura delle fibre muscolari, che è molto dolorosa e può essere più o meno seria a seconda di quante fibre vengono coinvolte. Lo strappo può riguardare qualsiasi muscolo del corpo, ma solitamente sono più soggetti a strappo i muscoli di gambe e braccia. Più raramente si ‘strappano’ i muscoli di addome e schiena. La lesione viene provocata da una eccessiva sollecitazione alle fibre muscolari, a causa di scatti o contrazioni improvvise. Gli strappi possono essere di I°, II° e III° grado a seconda del numero delle fibre coinvolte:
- Lesione di I° grado: vengono danneggiate poche fibre muscolari, il danno è localizzato a fibrille e filamenti senza perdita di continuità del muscolo; il fastidio è lieve ed i movimenti sono quasi completamente senza dolore.
- Lesione di II grado: è caratterizzata da un maggior numero di fibre muscolari lesionate: si ha l’interruzione di un certo numero di fibre muscolari senza coinvolgere una porzione macroscopicamente riconoscibile del ventre muscolare; il dolore compare ogni volta che si cerca di contrarre il muscolo.
- Lesione di III° grado: causa una vera e propria lacerazione del muscolo, si ha la rottura di un’ampia porzione del ventre muscolare con soluzione di continuo clinicamente evidente, accompagnata da un dolore molto intenso.
Cosa fare in caso di strappo muscolare?
Se si è avuto uno strappo in primo luogo è necessario sospendere subito l’attività che si sta compiendo, che sia sportiva o lavorativa. È meglio consultare subito l’ortopedico per valutare l’entità del problema. Se la lesione è lieve serve un riposo completo per un paio di settimane, associato ad impacchi freddi che esercitano una potente azione sulla circolazione sanguigna, riducendo il flusso di sangue ai vasi lesionati. Inoltre è opportuno ricorrere all’assunzione, su prescrizione medica, di antidolorifici e miorilassanti. Le indagini devono essere completate con un’ecografia e una eventuale risonanza magnetica. I casi più seri richiedono tempi di recupero maggiori e sedute di fisioterapia, come tecarterapia, laserterapia.
Cos’è una distrazione muscolare?
La distrazione muscolare (o rottura sottocutanea del muscolo) è da molti considerata come sinonimo di strappo muscolare, ma nella prima non si verifica mai la rottura delle fibre di tutto il muscolo (percentuale di rottura delle fibre inferiore al 50%) e si tratta pertanto una lesione sì di una certa importanza, ma senz’altro meno grave di uno strappo muscolare vero e proprio. Può avvenire per scatti improvvisi o improvvise e violente contrazioni muscolari e colpisce soprattutto gli sportivi.
Le sedi muscolari maggiormente coinvolte sono i muscoli lunghi degli arti inferiori (meno coinvolti sono i muscoli addominali e i dorsali), soprattutto quelli della coscia come gli adduttori, i flessori e il quadricipite oppure quelli della gamba come il tricipite surale. La lesione avviene in genere a livello delle giunzioni muscolo-tendinee, la zona fisiologicamente e meccanicamente più debole, mentre molto raramente si verifica a livello del ventre del muscolo.
Cosa fare in caso di distrazione muscolare?
Valgono le stesse raccomandazioni usate per i lievi strappi muscolari, prima elencate.
Come prevenire le lesioni muscolari ed articolari
Ci sono delle generiche accortezze, che diminuiscono il rischio di lesioni muscolari ed articolari. Certamente è importantissimo – prima dello sforzo fisico intenso – un buon riscaldamento graduale generale, e se necessario un riscaldamento più specifico. Importante anche lo stretching, per garantire elasticità a muscoli e tendini. Per prevenire le lesioni muscolari è infine importante eseguire in maniera adeguata i vari esercizi, con calma e sempre facendo attenzione al movimento che si sta effettuando ed ai carichi che si stanno usando: l’ideale è evitare il fai da te, specie se non siete sportivi esperti, e farsi seguire da un professionista, che vi guiderà nella corretta esecuzione dei singoli esercizi.
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Osso omero: anatomia e funzioni in sintesi
L’omero (in inglese “humerus”) un osso lungo pari e simmetrico degli arti superiori, e costituisce lo parte scheletrica del braccio, la porzione anatomica del corpo compresa tra la spalla, superiormente, e l’avambraccio, inferiormente. L’omero corrisponde – nell’arto inferiore – al femore è l’osso pari che compone lo scheletro di ciascuna coscia.
Omèro o òmero?
Domanda apparentemente banale: quando si parla dell’osso omero, dove va l’accento? Quando si parla dell’osso omero, l’accento va sulla prima o (òmero). L’accento va sulla e (Omèro) solo in riferimento al noto poeta greco autore dell’Iliade e dell’Odissea.
Funzioni dell’osso omero
L’omero è situato tra scapola (principale osso della spalla) e ossa dell’avambraccio (radio e ulna); costituisce lo scheletro del braccio, fornisce inserzione a diversi muscoli e partecipa alla formazione di due importanti articolazioni dell’arto superiore: l’articolazione della spalla e l’articolazione del gomito.
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Anatomia
L’omero è l’unico osso del braccio (mentre lo scheletro dell’avambraccio, che è la parte dell’arto superiore compresa tra gomito e polso, è costituita da ulna e radio). L’omero è costituito da:
- diafisi (anche chiamato “corpo”);
- due estremità dette epifisi (epifisi prossimale ed epifisi distale).
L’epifisi prossimale si articola con la scapola costituendo l’articolazione scapolo-omerale (del tipo delle enartrosi), mentre l’epifisi distale si articola con le due ossa dell’avambraccio appena citate: radio e ulna.
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Epifisi prossimale
L’estremità prossimale dell’omero è la porzione ossea più vicina alla spalla e che, unendosi a un osso di quest’ultima (nella fattispecie la scapola), forma la sopraccitata articolazione gleno-omerale.
Gli elementi anatomici rilevanti dell’estremità prossimale sono:
- La testa. È la parte più prossimale dell’omero. Proiettata in direzione mediale, è una protuberanza ossea che ha la forma di una semi-sfera. Possiede una superficie liscia di natura cartilaginea e ricopre l’importante funzione di articolarsi con la cavità glenoidea (o fossa glenoidea) della scapola e formare l’articolazione della spalla.
- Il collo anatomico. È una regione di confine tra la testa e le altre strutture dell’epifisi prossimale. È breve e più stretto rispetto alla testa.
- Il tubercolo maggiore. È un processo osseo di discreta grandezza, che si sviluppa in direzione laterale, subito dopo il collo anatomico. Possiede due facce, una anteriore e una posteriore.
La sua funzione è ancorare i capi terminali di tre muscoli dei 4 totali che formano la cosiddetta cuffia dei rotatori: il muscolo sovraspinato, il muscolo sottospinato (o infraspinato) e il muscolo piccolo rotondo (o teres minore). - Il tubercolo minore. È un processo osseo di dimensioni ridotte, in posizione mediale rispetto al grande tubercolo. Ha soltanto una faccia, quella anteriore, e funge da punto d’inserzione per il capo terminale del 4° muscolo della cuffia dei rotatori: il muscolo sottoscapolare.
- Il solco intertubercolare. È una profonda depressione, situata tra i due tubercoli e percorsa dal tendine della lunga testa del muscolo brachiale. Sul margine superficiale, il solco intertubercolare presenta delle creste, che prendono il nome di labbra. Alle labbra, si ancorano i tendini di tre importanti muscoli: il muscolo pettorale maggiore, il muscolo grande rotondo e il muscolo grande dorsale.
- Il collo chirurgico. È la regione di confine, che separa i tubercoli (situati superiormente) dal corpo dell’omero (inferiormente).
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Diafisi
Il corpo è la porzione centrale dell’omero, compresa tra l’estremità prossimale e l’estremità distale.
Sede d’inserzione di diversi muscoli, ha un aspetto cilindrico, superiormente, e una forma prismatica, inferiormente.
Le strutture anatomiche rilevanti del corpo dell’omero sono, di fatto, tre: la tuberosità deltoidea, il foro nutritizio e la scanalatura radiale.
La tuberosità deltoidea è una prominenza ossea, situata poco più in alto della metà, in posizione antero-laterale. La sua funzione è accogliere il capo terminale del muscolo deltoide.
Il foro nutritizio è il canale che permette l’ingresso, nell’omero, dei vasi sanguigni deputati all’ossigenazione e nutrizione dell’omero stesso.
Infine, la scanalatura radiale è una lieve depressione, che percorre in diagonale e con orientamento laterale la sezione posteriore del corpo. Al suo interno, ospita il nervo radiale e l’arteria brachiale profonda. Lateralmente, termina in corrispondenza della tuberosità deltoidea.
Per quanto concerne i muscoli che hanno rapporto con il corpo dell’omero, questi sono: il muscolo coracobrachiale, il muscolo brachiale e il muscolo brachioradiale, sulla sezione ossea anteriore, e la testa mediale e la testa laterale del tricipite brachiale, sulla sezione ossea posteriore.
Epifisi distale
L’estremità distale presenta una zona articolare e una zona non articolare: quella articolare è definita lateralmente dal condilo e medialmente dalla troclea dell’omero, che ha la forma di una puleggia. Il condilo si articola con la testa del radio, mentre la troclea con l’incisura trocleare o semilunare dell’olecrano dell’ulna. La porzione non articolare dell’estremità distale è data dall’epicondilo laterale (poco sviluppato) e dall’epicondilo mediale, o epitroclea (molto più sviluppato), al di sotto del quale si trova un solco che accoglie il nervo ulnare. Dai due epicondili si originano verso la diafisi la cresta sopracondiloidea mediale e la cresta sopracondiloidea laterale. Anteriormente, al di sopra del condilo, c’è la fossetta radiale che accoglie la testa del radio durante la flessione dell’avambraccio sul braccio, sopra la troclea c’è la fossetta coronoidea che accoglie il processo coronoideo dell’ulna sempre nella flessione dell’avambraccio sul braccio e posteriormente, al di sopra della troclea, è presente la fossa olecranica per accogliere l’olecrano dell’ulna nell’estensione dell’avambraccio.
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Differenza tra pressione del braccio destro e sinistro
Solitamente i valori della pressione arteriosa sono simili nei due arti superiori., altre volte si possono notare differenze minime (5-10 mmHg) tra le due braccia.
Spesso la pressione più elevata si riscontra al braccio destro senza che questo abbia un chiaro significato patologico.
Diverso però è il caso in cui si riscontri una differenza di almeno 15 mmHg. In questa evenienza si dovrebbe sospettare una patologia ostruttiva a livello dell’arco aortico o di una delle due arterie succlavie. Vi sono, infatti, studi che suggeriscono che la stenosi della succlavia > 50% è associata ad una differenza importante di pressione arteriosa tra le due braccia oltre che ad un aumento dell’incidenza di arteriopatia periferica e di eventi cardiovascolari.
Una metanalisi di 20 studi ha confermato che la presenza di una differenza dei valori pressori tra le due braccia di almeno 15 mmHg è un buon indicatore di aumentato rischio di patologia ostruttiva arteriosa sia periferica che cerebrale oltre che di morte da cause cardiovascolari e della mortalità totale.
E’ per questo che molte linee guida consigliano di misurare la pressione arteriosa in entrambe la braccia. Tuttavia spesso nella pratica clinica questa raccomandazione viene disattesa perchè richiede tempo che ormai è, anche per il medico, un bene raro.
Invece la misurazione bilaterale dovrebbe diventare una prassi di routine in ogni visita.
C’è comunque il problema che se la misurazione nelle due braccia avviene in maniera sequenziale una eventuale differenza potrebbe essere dovuta semplicemente al timing diverso della misurazione stessa. Si può in parte ovviare a questo inconveniente ricorrendo a più misurazioni alle due braccia, ma questo richiede ancora più tempo ed è poco realistico. L’alternativa è ricorrere a misuratori automatici applicati contemporaneamente al braccio destro e al sinistro.
Una volta constatato che la pressione arteriosa presenta differenze importanti tra le due braccia, rimane da stabilire l’iter diagnostico e terapeutico successivo.
Se è vero che gli studi epidemiologici suggeriscono un aumento del rischio di patologia ostruttiva arteriosa e di outcomes negativi, cosa fare nel singolo paziente?
E’ importante, ovviamente, valutare con scrupolo la presenza di altri fattori di rischio cardiovascolare e il loro trattamento aggressivo, se è il caso, con le terapie più consolidate (antiaggreganti, ipocolesterolemizzanti, abolizione del fumo, etc.). Inoltre si può prevedere, soprattutto se la differenza tra le due braccia è importante, un esame ecodoppler arterioso dei vasi epiaortici e degli arti inferiori.
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