Le dieci cose di cui gli italiani hanno maggior paura secondo Google

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma PARALISI DEL NEL SONNO ALLCUCINAZIONI PERICOLI CU Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie CapillariSecondo il motore di ricerca più diffuso del pianeta, ovviamente Google, questa è la top ten delle cose di cui gli italiani hanno più paura:

  1. Sbagliare
  2. Vivere
  3. Amare
  4. Morire
  5. Guidare
  6. Impazzire
  7. Volare
  8. Crescere
  9. Cadere
  10. Ammalarsi

Come potete vedere, se vi aspettavate pagliacci, buio, mostri o qualsiasi altro evento paranormale, vi sbagliavate di grosso. Da questa ricerca gli italiani risultano essere un popolo molto più profondo di quanto non sembri.
Tematiche esistenziali sono toccate da questo sondaggio, come la paura di vivere, crescere o morire ma anche argomenti un po più concreti quali la malattia o il volo.
Immancabile, in una top ten del genere  l’amore, che si aggiudica il terzo gradino del podio, mentre il primato va alla paura di sbagliare, una cosa abbastanza generica ma che racchiude molti dei nostri pensieri. Io personalmente condivido particolarmente la paura di volare che, in questo sondaggio, si posiziona al settimo posto preceduta dalla paura di impazzire e dalla paura di guidare che, da sogno di ogni adolescente, sembra si stia trasformando in incubo diffuso, specie tra le donne.
Voi quali di queste paure condividete con il popolo italiano?

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Paura dei luoghi chiusi e claustrofobia: cos’è e come si cura

MEDICINA ONLINE CERVELLO TELENCEFALO MEMORIA EMOZIONI CARATTERE ORMONI EPILESSIA STRESS RABBIA PAURA FOBIA SONNAMBULO ATTACCHI PANICO ANSIA VERTIGINE LIPOTIMIA IPOCONDRIA PSICOLOGIA PSICOSOMATICA PSICHIATRIA CLAUSTROFOBIA.jpgLa claustrofobia (dal latino claustrum, “luogo chiuso” e dal greco φόβος, phobos, “fobia”) è la paura di luoghi chiusi e ristretti come camerini, ascensori, sotterranei, metropolitane, strumenti per eseguire risonanze magnetiche e di tutti i luoghi angusti in cui il soggetto si ritiene accerchiato e privo di libertà spaziale attorno a sé. Oltre alle classiche manovre di fuga di fronte alla situazione fobica (letteralmente il soggetto si allontana con rapidità dal luogo ristretto, il claustrofobico cerca di fronte alle altre persone delle giustificazioni apparentemente logiche che spieghino il motivo di una scelta che altri possono considerare poco usuale: ad esempio il claustrofobico evita l’ascensore e preferisce salire le scale (anche se deve fare molti piani!) dicendo agli altri che così può fare un po’ di moto.

La claustrofobia è una delle fobie specifiche: le persone che ne soffrono manifestano una sensazione di malessere generale che risveglia paure archetipe (solitudine, vuoto, impotenza) e si può manifestare con attacchi di panico, senso di oppressione, difficoltà di respirazione, iperventilazione, sudorazione e nausea.

Claustrofobia e agorafobia

Nella claustrofobia il soggetto ha paura dei posti chiusi mentre nell’agorafobia – semplificando – ha invece paura degli spazi aperti. La claustrofobia è generalmente considerata in “antitesi” all’agorafobia, con la quale condivide i sintomi generali anche se motivati da diverse basi di partenza (l’agorafobico infatti teme di non essere soccorso in caso di panico e cerca la presenza di altri), con differenze anche di personalità di individui: il claustrofobico è infatti di norma autonomo, anche se imposta il suo stile di vita cercando di evitare le situazioni di accerchiamento e chiusura. Tuttavia, in molti casi, la presenza di legami relazionali troppo opprimenti potrebbe essere un’altra causa scatenante della claustrofobia e il soggetto potrebbe cercare una sua maggiore libertà evitando così la relazione con l’altro.

Trattamento

La terapia prevede:

  • la terapia espositiva;
  • la psicoterapia;
  • l’uso di psicofarmaci.

Se non vi sono altri disturbi psicologici, il trattamento della claustrofobia è di norma un percorso che si basa su un approccio cognitivo-comportamentista con terapia espositiva, associato o meno ai farmaci.

Terapia espositiva

La terapia espositiva “costringe” il paziente ad affrontare la situazione (o le situazioni) che gli genera l’attacco di fobia: il soggetto è invitato a parlare e/o scrivere ripetutamente del peggior evento traumatico che ha affrontato (o dei peggiori eventi), rivivendo nel dettaglio tutte le emozioni associate alla situazione. Attraverso questo processo molti pazienti subiscono un “abituarsi” alla risposta emotiva scatenata dalla memoria traumatica, che di conseguenza, col tempo, porta a una remissione dei sintomi della fobia quando la situazione si ripresenta nella realtà. La terapia espositiva – praticata per un periodo di tempo adeguato – secondo la nostra esperienza aiuta circa 9 pazienti su 10. Per approfondire, leggi questo articolo: Terapia espositiva: essere esposti alla propria fobia per superarla

Psicoterapia

La psicoterapia che ha mostrato fornire buoni risultati con la claustrofobia, è quella cognitivo comportamentale. La terapia cognitivo-comportamentale standard per il trattamento della claustrofobia, oltre agli interventi comportamentali basati sull’esposizione situazionale, prevede una psicoeducazione iniziale e interventi cognitivi. All’interno della psicoterapia cognitivo-comportamentale, le tecniche di esposizione si sono dimostrate utili nel ridurre i comportamenti che alimentano l’ansia claustrofobica (vedi paragrafo precedente). Recentemente sono state implementate strategie volte a incrementare la capacità dei soggetti di stare in contatto con l’attivazione ansiosa senza temerne le conseguenze catastrofiche. Favorendo l’accettazione e diminuendo il bisogno di controllo dei sintomi d’ansia.

Farmaci

Vengono usati farmaci ansiolitici e antidepressivi. Tra gli ansiolitici, le benzodiazepine (come il Valium) possono essere utili poiché generano un sollievo sintomatologico ansiolitico istantaneo, tuttavia tra gli effetti collaterali (se usate per lunghi periodi) ritroviamo il rischio di dipendenza da farmaco. Tra gli antidepressivi, particolarmente utili sono gli SSRI (Inibitori Selettivi del Reuptake della Serotonina). I farmaci generalmente funzionano bene per controllare la fobia, tuttavia, i sintomi della claustrofobia tendono a ripresentarsi alla loro sospensione.

Se credi di avere un problema di claustrofobia, prenota la tua visita e, grazie ad una serie di colloqui riservati, riuscirai a risolvere definitivamente il tuo problema.

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Medico Chirurgo
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Paure fisiologiche e patologiche nei bambini

MEDICINA ONLINE SHINING KID SCARED CERVELLO TELENCEFALO MEMORIA EMOZIONI CARATTERE ORMONI EPILESSIA STRESS RABBIA IRA PAURA FOBIA SONNAMBULO ATTACCHI PANICO ANSIA VERTIGINE LIPOTIMIA IPOCos’è la paura?

La paura è un’emozione primaria, comune sia al genere umano sia al genere animale. Il Galimberti così la definisce:

“Emozione primaria di difesa, provocata da una situazione di pericolo che può essere reale, anticipata dalla previsione, evocata dal ricordo o prodotta dalla fantasia. La paura è spesso accompagnata da una reazione organica, di cui è responsabile il sistema nervoso autonomo, che prepara l’organismo alla situazione d’emergenza, disponendolo, anche se in modo non specifico, all’apprestamento delle difese che si traducono solitamente in atteggiamenti di lotta e fuga”.

Nelle paure c’è quindi la sensazione che qualcosa minacci la nostra esistenza o la nostra integrità biologica o quella delle persone a noi più vicine.

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Le paure nei bambini

Le paure sono più frequenti durante l’infanzia, giacché il bambino si trova a vivere in un mondo che ancora non conosce. Inoltre nei piccoli è presente maggiore emotività e insicurezza anche perché non sempre riescono a distinguere le paure che provengono dal mondo esterno (paure vere o oggettive), da quelle che nascono dal loro mondo interiore (paure false o soggettive). Per tale motivo è bene distinguere le paure fisiologiche da quelle patologiche.

Le paure fisiologiche

Sono presenti nella maggior parte dei bambini di una determinata età, non sono numerose e gravi, scompaiono facilmente con l’età e non sono associate ad altri segnali di sofferenza del bambino. Queste paure raggiungono il massimo della frequenza verso i tre anni e poi, gradualmente, man mano che la realtà si precisa e migliora la maturità del bambino, diminuiscono.

Le paure patologiche

Queste paure al contrario si riconoscono poiché non sono tipiche per l’età o per una determinata fase evolutiva del bambino, sono numerose, si prolungano nel tempo, limitano la vita personale e sociale del bambino e sono spesso associate ad altri sintomi di sofferenza: come i disturbi del sonno, dell’alimentazione, della comunicazione, della socialità, del comportamento, dell’autonomia e così via. Pertanto troviamo paure nei bambini iperattivi come in quelli inibiti, nei bambini aggressivi ma anche nei piccoli che soffrono di depressione.

Pur non essendo sempre facile distinguere le una dalle altre, è importante riuscire a farlo, poiché le paure fisiologiche non richiedono un particolare trattamento, mentre quelle patologiche richiedono la giusta attenzione da parte dei genitori e degli operatori, giacché sono dei segnali che indicano un disagio o disturbo, più o meno grave, del quale soffre il bambino.

Tutte le paure si accentuano quando il bambino è solo o non è vicino alle normali figure di attaccamento, diminuiscono o scompaiono quando il bambino ha la possibilità di avere accanto i suoi genitori, soprattutto la madre o qualche familiare.

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Le fobie del bambino

Per De Ajuriaguerra J. e Marcelli D.:

“La fobia si costituisce allorché la paura invade l’Io del bambino e ostacola le sue capacità adattative ed evolutive”.

Anche nei bambini le paure comportano lo stimolo ad allontanarsi o allontanare l’oggetto spiacevole che genera questa emozione. Ad esempio la paura del buio stimolerà il bambino a volere una lucetta sempre accesa nella sua stanza per scacciare la paura.

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Ansia da prestazione nello studio e nel lavoro: come superare le tue paure

MEDICINA ONLINE TRISTE PAURA TRISTEZZA SAD TERRORE ANSIA PSICOLOGIA.jpgQuando si guarisce da un disagio psichico? Quando mettiamo da parte i modelli e le opinioni che abbiamo di noi stessi e impariamo ad accettare i lati di noi più fragili e deboli. la storia “clinica” di Vania è perfetta per comprendere come questo valga anche per l’ ansia, in particolar modo per l’ ansia da prestazione.

Con l’ansia, il corpo parla
“Mi chiamo Vania, ho 23 anni, sono una studentessa di economia e quest’anno dovrei cominciare l’ultimo anno. Le cose non stanno andando come vorrei: finora ho dato solo la metà degli esami che avrei dovuto, con una media che non mi soddisfa. Quello che mi fa più rabbia è che mi impegno, studio e ripeto sino alla nausea, vado dai tutor e mi dicono che sono da 30, poi il giorno dell’esame non riesco mai a dare il meglio. Durante gli esami è come se il mio stomaco fosse annodato e sudo freddo, dire che ho l’ansia è poco. Non capisco perché il mio corpo risponde così, non ne ho motivo visto che ogni volta vado agli esami molto preparata! Come se non bastasse, mi sento molto in ansia quando espongo un argomento di fronte al docente, dentro di me non mi sento mai abbastanza preparata, nonostante studi giorno e notte. Sto cominciando a sentirmi incapace e una nullità per questo. Che osa posso fare?”

Sentirsi incapaci genera ansia
La psicoterapeuta che legge il racconto decide di prenderla in cura e così un giorno Vania si presenta nel suo studio. È una bella ragazza, vestita con stile e con il trucco giusto, e per prima cosa afferma che nella vita fuori dall’università si sente a suo agio, la facoltà che ha scelto la soddisfa pienamente, il problema sorge solo agli esami. “Quello è l’unico contesto della mia vita in cui mi sento insicura, in ansia. Per il resto sono una ragazza estroversa, aperta alle novità, sono curiosa, viaggio spesso da sola. So che ho scelto la facoltà giusta”. Se tutto questo è vero, perché tanta ansia? Il suo racconto prosegue: “In questi giorni mi sono ricordata di come le scuole elementari e le medie siano state una tortura! I miei si erano trasferiti in Italia dalla Slovenia e io ho dovuto imparare in fretta l’italiano. Sia la maestra che la professoressa di italiano delle medie mi hanno spesso derisa dicendo che parlavo male l’italiano. Però con i miei compagni giocavo, scherzavo e tutti capivano le mie parole… Tutto questo mi ha fatto sentire sempre incapace e piena d’ ansia a scuola”.

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Superare il passato placa l’ansia
Ecco riemergere un demone che non l’ha mai abbandonata e che la blocca e la rende insicura e le produce ansia… Il compito della psicoterapia è far cessare la lotta interiore tra la parte debole e ferita dal passato (che voleva comprensibilmente scappar via e che per questo si presentava come ansia) e quella che vuole dimostrare di essere forte e nega cittadinanza alla prima. “Proviamo a guardare questa piccola Vania che si è sentita umiliata tante volte e che anche ora, agli esami, ha paura di fare brutta figura. E poi lasciamo emergere, magari anche cinque minuti prima dell’interrogazione, l’immagine della “Vania forte”, che è precisa e profonda in quello che ha studiato. Ora non deve scegliere tra le due, lasci che le due Vania diventino due lati di lei, nei vari momenti della giornata. Di fronte al professore però manderà la Vania sapiente! Pensa di potercela fare?”. “Vania, dopo questa seduta, interrompe la terapia, ma dopo tre mesi ricontatta la psicologa e ha una voce felice: “Dottoressa, ho superato due esami difficilissimi prendendo 30 e 29! Non so come ringraziarla, anzi è la “Vania debole” che la ringrazia!”

Accetta le tue contraddizioni e supererai l’ansia
La tecnica suggerita è finalizzata a far uscire da una situazione mentale bloccata e a far entrare, attraverso il mondo dell’immaginario, in una dimensione fuori dal tempo e dallo spazio, dove le energie possono trasformarsi e incontrare il loro opposto. Accade allora che accanto alla Vania che non sa parlare e che non sa muoversi, si affacci quella colta e sicura di sé, che realizza i suoi obiettivi. Accettare la loro compresenza, imparare a vivere la contraddizione ha permesso alla paziente di rompere finalmente le catene di quell’ansia paralizzante.

Sistemi per superare l’ansia da prestazione
L’ansia da prestazione lavorativa merita di essere trattata con il giusto impegno e con la massima attenzione: che si sia studenti universitari, dipendenti di un’agenzia di comunicazione o operai, muratori o manager, insegnanti o dirigenti, è importante non lasciarsi coinvolgere in modo eccessivo dal lavoro che si svolge. Un suggerimento è quello di cercare la collaborazione delle altre persone, cioè dei colleghi e del datore di lavoro, al fine di creare il migliore ambiente possibile e, al tempo stesso, verificare se l’assegnazione degli impegni sia stata effettuata nella maniera più corretta.

Importante ridurre l’ansia da prestazione lavorativa
Contrastare l’ansia da prestazione lavorativa vuol dire anche riacquistare – o acquistare – fiducia in sé stessi: per questo motivo, è importante concentrarsi sulle proprie potenzialità ed essere convinti delle proprie capacità. Ciò non vuol dire, d’altro canto, lasciarsi andare al cosiddetto ipercontrollo: insomma, cercare di avere il controllo su tutto è senza dubbio positivo dal punto di vista teorico, ma sul piano pratico impossibile e, proprio per questo dannoso. Visto che non si può monitorare tutto, è bene prendere atto del fatto che gli inconvenienti possono sempre accadere e che gli imprevisti sono una componente inevitabile nella vita di ognuno, ma soprattutto rendersi conto del fatto che tutto quello che accade sul posto di lavoro può dipendere anche dalle azioni di altre persone.
Chiaramente, tra le strategie finalizzate alla lotta all’ansia da prestazione lavorativa c’è quella di prendersi le dovute pause: sono sufficienti break di pochi minuti per ritrovare la fiducia smarrita, per rilassarsi, per evitare situazioni di difficoltà e di conseguenza per aumentare la produttività. Se è vero che questo tipo di ansia interessa in particolar modo i dirigenti che hanno grandi responsabilità sulle spalle, i leader, i business man e i manager che si sentono gratificati unicamente se viene riconosciuto il loro status prestigioso, è altrettanto vero che può colpire chiunque, senza distinzioni di ruolo, di età, di genere o di ambiente di lavoro.
Non di rado, per esempio, l’ansia da prestazione lavorativa è una costante che accompagna i freelance e i lavoratori autonomi, i quali – non dovendo attenersi a un orario di ufficio ben preciso – rischiano di assumersi più impegni di quanti siano effettivamente in grado di portare a termine, come se lavorassero a cottimo, per guadagnare di più. Ciò è sbagliato: ed ecco, dunque, che un ulteriore consiglio per combattere l’ansia da prestazione lavorativa è quello di non vivere – per nessun motivo – in funzione esclusiva del lavoro, ma cercare di spostare la propria attenzione e i propri pensieri su altro, che si tratti di interessi, di hobby o di relazioni personali.
Infine, un’ultima strategia che vale la pena di adottare per fare in modo che l’ansia da prestazione lavorativa non si impossessi di ogni pensiero è quella di relativizzare tutto: a meno che non si sia chirurghi o si svolgano professioni simili, nessuno al lavoro salva vite umane, e tutte le conseguenze degli eventi vanno ridimensionati. Anche le difficoltà sono positive, e gli sbagli vanno presi in considerazione come nuove opportunità.

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Sindrome del tramonto o del crepuscolo: cause, sintomi e cura

MEDICINA ONLINE SINDROME DEL TRAMONTO CREPUSCOLO SOLE CALANTE SUNDOWNING SYNDROME BUIO NOTTE ALZHEIMER DEMENZA ANZIANO NEONATO BAMBINO CURA THE VISIT FILM 2015 M. Night Shyamalan WALLPAPER OLD GRANDMA HORROR.jpgForse siete qui perché avete appena visto il film “The Visit” del 2015, diretto da M. Night Shyamalan (da cui è tratta la foto in alto), dove questa sindrome viene menzionata, oppure è stata diagnosticata ad un vostro caro e volete saperne di più. Cerchiamo oggi Continua a leggere

Le paure del parto cesareo e di quello naturale

MEDICINA ONLINE DONNA GRAVIDANZA INCINTA PANCIA ANATOMIA IMMAGINI FETO BAMBINO BIMBO POSIZIONE PODALICO ESERCIZI MANIPOLAZIONE GINECOLOGO OSTETRICOSpesso il parto naturale spaventa la donna: si ha paura di soffrire, di incorrere in problematiche che investano la salute del bambino, spesso ancora ci lasciamo spaventare dai racconti delle nostre amiche o parenti. Molte volte, senza neanche conoscere le differenze che vi sono, si preferirebbe partorire con il taglio cesareo (impropriamente chiamato parto cesareo), perché si pensa di soffrire di meno rispetto al parto naturale… Ed è in queste situazioni che le nostre nonne ci ripetono come tutte le donne nei secoli scorsi abbiamo partorito spontaneamente, poiché prima la scienza medica non prevedeva scelta.

Quando però particolari condizioni lo richiedono, il parto deve avvenire tramite taglio cesareo. Questo può essere:

  • programmato in precedenza,
  • oppure essere praticato d’urgenza.

Il ricorso al taglio cesareo non deve atterrire la donna che invece preferirebbe il parto naturale, in quanto oggi questo intervento è da considerarsi relativamente sicuro  sia per la mamma che per il bambino.

La parola intervento denota la differenza tra il taglio cesareo ed il parto naturaleÈ importante infatti spiegare come il parto cesareo è infatti un intervento, mentre il secondo non lo è, e impropriamente usiamo la parola parto cesareo, mentre il termine corretto è taglio cesareo.

La degenza post-partum prevista per l’intervento di taglio cesareo è di quattro giorni, mentre quella del parto naturale è di due o tre ed il decorso del puerperio è simile a quello del parto spontaneo.

Care future mamme, non speriamo in un parto piuttosto che in un altro, lasciamo che siano gli eventi a determinare la modalità del parto e guardiamo al risultato, al nostro piccolo cucciolo che sta per nascere, non lasciamoci spaventare, e cerchiamo di vivere con serenità un’esperienza unica al mondo.

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Paura: cause, gradi, timore, ansia, fobia, panico, terrore ed orrore

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“Emozione primaria di difesa, provocata da una situazione di pericolo che può essere reale, anticipata dalla previsione, evocata dal ricordo o prodotta dalla fantasia. La paura è spesso accompagnata da una reazione organica, di cui è responsabile il sistema nervoso autonomo, che prepara l’organismo alla situazione d’emergenza, disponendolo, anche se in modo non specifico, all’apprestamento delle difese che si traducono solitamente in atteggiamenti di lotta e fuga”.

Nelle paure c’è quindi la sensazione che qualcosa minacci la nostra esistenza o la nostra integrità biologica o quella delle persone a noi più vicine. L’emozione della paura si proietta nel futuro: qualcosa di brutto accadrà a noi o agli altri, pertanto spinge il soggetto ad aggredire per eliminare o allontanare l’oggetto della paura (condotte aggressive) o al contrario fuggire da questo per evitare il danno che potrebbe procurarci (condotte di evitamento dall’oggetto fobico).

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Reazioni

La paura è un’emozione dominata dall’istinto (cioè dall’impulso) che ha come obiettivo la sopravvivenza del soggetto ad una suffragata situazione di pericolo; irrompe ogni qualvolta si presenti un possibile cimento per la propria incolumità, e di solito accompagna ed è accompagnata da un’accelerazione del battito cardiaco e delle principali funzioni fisiologiche difensive.

Principali controffensive alla paura possono essere:

  • intensificazione delle funzioni fisiche e cognitive teoretiche con relativo innalzamento del livello di accortezza;
  • difficoltà di applicazione intellettiva;
  • fuga;
  • protezione istintiva del proprio corpo (cuore, viso, organi genitali);
  • ricerca di aiuto (sia articolato, sia racchiuso);
  • calo della temperatura corporea;
  • sudorazione;
  • aumento adrenalinico;
  • aumento dell’ansia.

La paura è talvolta causa di alcuni fenomeni di modifica comportamentale permanenti, identificati come sindromi ansiose: ciò accade quando la paura non è più scatenata dalla percezione di un reale pericolo, bensì dal timore che si possano verificare situazioni, apparentemente normalissime, ma che sono vissute dal soggetto con profondo disagio. In questo senso, la paura perde la sua funzione primaria, legata alla naturale conservazione della specie, e diventa invece l’espressione di uno stato mentale. La paura di oggetti o contesti può essere appresa; negli animali questo effetto è stato studiato e prende il nome di paura condizionata, che dipende dai circuiti emozionali del cervello.

Gradi della paura

La paura ha differenti gradi di intensità a seconda del soggetto: persone che vivono intensi stati di paura hanno sovente atteggiamenti irrazionali. La paura, come l’ira, può essere una risposta al dolore o alla sua percezione. Se un individuo impaurito è costretto ad attaccare, l’ira può prendere il sopravvento e la paura svanire. In tal senso alcuni atteggiamenti derivanti dagli stati di paura possono essere considerati pericolosi, quando si tramutano in rabbia. La paura può essere descritta con termini differenti a seconda del suo grado di intensità:

  • timore;
  • ansietà;
  • paura;
  • fobia;
  • panico;
  • terrore;
  • orrore.

Timore

Il timore è la forma meno intensa della paura e si determina quando una situazione promette piacere ma, al tempo stesso, anche dolore: c’è la percezione della possibilità di perdere il piacere, ma ci si muove ancora verso di esso.

Ansia

In questo caso la minaccia del dolore e quella del piacere si equivalgono generando una situazione di conflitto nell’attesa di qualche indizio capace di far pendere la bilancia da una parte o dall’altra.

Paura

La paura emerge quando il contesto è dominato dalla minaccia del dolore o dalla sua percezione: in questo caso si è pervasi dal desiderio di scappare o comunque di allontanarsi dalla fonte di dolore, sia questa reale o immaginaria, di ogni tipo o forma essa sia.

Fobia

Quando l’ansia di fronte a un determinato oggetto, animale o evento è notevole e non può essere controllata dalla ragione si parla di fobia. Questa provoca una reazione notevolmente sproporzionata rispetto alla situazione che si sta affrontando. Per tale motivo il soggetto che presenta delle fobie evita accuratamente tutte le situazioni che potrebbero scatenare la sua ansia. Pertanto la sua vita sociale ne può risentire notevolmente. Ne sono un esempio la claustrofobia, l’agorafobia, la centrofobia.

Panico

Quando la paura è massima ed è carica di un presentimento di morte si definisce panico. Questo per Galimberti U. è un “episodio acuto d’ansia caratterizzato da tensione emotiva e terrore intollerabile che ostacola un’adeguata organizzazione del pensiero e dell’azione.” La situazione di panico è correlata alla claustrofobia.

Terrore

Il terrore è la forma estrema della paura, di intensità ancora maggiore al panico, dove l’impulso a scappare è talmente elevato da ricercare una soluzione immediata: in questo caso l’individuo sceglie di ritirarsi dentro se stesso. Il terrore è una vera propria fuga verso l’interno, la muscolatura si paralizza nel tentativo di ridurre la sensibilità dell’organismo durante l’agonia (immaginata o reale).

Orrore

Per orrore si intende un sentimento di forte paura e ribrezzo destato da ciò che appare crudele e ripugnante in senso fisico o morale. Per estensione, orrore può indicare un fatto, un oggetto o una situazione che desta tale sentimento.

Cause organiche

Secondo la concezione costituzionalistica vi sarebbero delle cause genetiche in quanto vi è una più elevata concordanza del disturbo nei gemelli omozigoti e una più elevata incidenza fra gli ascendenti e collaterali. Le indagini neurochimiche hanno messo in evidenza una disfunzione serotoninergica. Le neuroimmagini suggeriscono una disfunzione dei circuiti striato-talamo-corticali.

Cause affettivo – relazionali

Le paure possono essere legate a un trauma specifico. Ad esempio la paura del cane può essere legata a un episodio aggressivo da parte di questo animale, vissuto dal bambino. Tuttavia buona parte delle paure non sono legate ad alcun trauma specifico. Esse nascono da una sofferenza interiore del bambino, dovuta ad un’educazione non idonea o ad un ambiente particolarmente disturbato, stressante o che presenta o ha presentato in passato, scarsa attenzione e considerazione nei confronti dei suoi bisogni affettivo – emotivi. Questa sofferenza genera in lui un’immagine negativa e quindi paurosa, del mondo che lo circonda.

Le paure, inoltre, possono nascere da un contagio genitoriale o familiare nel senso che le ansie e le paure dei genitori o dei familiari si riversano sui figli generando anche in questi ansie e paure, sia per imitazione sia a causa di un ambiente particolarmente stressante e angoscioso, poco o nulla confacente ad un sano sviluppo nel quale i piccoli sono costretti a vivere.

Per la psicoanalisi le paure nascono quando sono presenti dei pensieri di tipo sessuale o aggressivo che vengono censurati. Questi pensieri minacciano di emergere dall’inconscio, per cui si attivano una serie di meccanismi di difesa, che determinano lo spostamento dell’ansia, dalla pulsione temuta verso un oggetto o una situazione esterna che presenta una qualche connessione simbolica con essa.

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Come sconfiggere la paura del tradimento

MEDICINA ONLINE CHEATING TRADIMENTO AUMENTARE QUANTITA SPERMA EIACULAZIONE FORZA PENE EREZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE VAGINA SESSULITA SESSO COPPIA AMORE ANSIA PRESTAZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE PAURA FOBIALe relazioni d’amore comportano tante emozioni, stati d’animo e sensazioni molto forti ma non sempre sono di natura positiva. Solitamente le persone vivono la relazione interpersonale con il proprio partner con il costante timore del tradimento. Questa pauraha un’origine molto profonda e deve essere posta in relazione sia a fattori ambientali e culturali che a fattori personali. In questa guida analizzeremo insieme come poter sconfiggere questa paura in modo tale da migliorare sia il benessere della vita di coppia, sia quello psicofisico e mentale.

Come prima cosa, bisogna esaminare attentamente le cause scatenanti di questa forte paura. Innanzitutto, tra le prime cause troviamo una bassa autostima. Per coloro che sono sfiduciati nei confronti delle proprie abilità, hanno vergogna del proprio aspetto esteriore, o hanno il timore di non essere all’altezza del partner, generalmente tenderanno maggiormente ad avere paura di un tradimento. Il soggetto in questione non è in grado di comprendere in prima persona quali siano le cause per cui il proprio partner abbia deciso di stare con lui, temendo che improvvisamente lo capisca e scelga di cambiare strada. Questo porta ad uno stato di ansia e di angoscia che spinge il soggetto a scagliarsi contro il partner, attraverso grosse scenate e liti e col passare del tempo, determina la fuga dell’oggetto d’amore.

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Nei casi leggermente più gravi, il soggetto che teme il tradimento soffre di disturbi riguardanti la personalità. Per fare un esempio, il narciso il quale ha paura perché associa l’idea del proprio compagno ad una stampella che lo aiuta a restare in piedi nella propria immagine sociale. In questo caso, teme particolarmente il tradimento perché gli causerebbe un danno molto forte alla sua immagine. Un altro caso da analizzare è quello del diffidente, il quale successivamente ad esperienze riguardanti la sua infanzia, tende caratterialmente a diffidare dalle persone. In questo modo, più il coinvolgimento emotivo si evolve e più aumenta la paura del tradimento. La sua angoscia risiede nel fatto di aver investito un forte carico emotivo inutilmente.

La paura del tradimento non sempre è legata a disturbi della personalitàriconducibili a se stessi, solitamente, colui che ne soffre è il proprio partner. In questa situazione è particolarmente difficoltoso riuscire a donare fiducia senza provare alcun sospetto o dubbio. La relazione affettiva profonda, è l’appellativo dato dalla psicologia sociale alla storia d’amore, destinata a terminare rapidamente. Ad esempio, nel caso in cui il partner è un sesso-dipendente sarà faticoso poter gestire la propria natura, in quanto in queste situazioni è motivata. Quindi, è fondamentale individuare le situazioni in cui vi è realmente il rischio di un eventuale tradimento, a differenza delle situazioni in cui non esiste.

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Abbattere la paura del tradimento non è una cosa impossibile, ma sfortunatamente non in tutte le circostanze. Se la paura è dettata da ostacoli causati dalla scarsa autostima, bisogna agire sul valore che ci si aggiudica. Provare a dare la priorità a noi stessi piuttosto che assecondarsi con delle briciole. Naturalmente, se noi per primi non possediamo un’idea ed una quantità del nostro valore come possiamo pensare che gli altri se ne rendano conto e lo apprezzino? Quando i disturbi della personalità sono la causa principale della paura, un suggerimento sarebbe quello di rivolgersi ad uno specialista o, nel caso in cui non fosse possibile, cercare di lanciarsi in un dialogo aperto con il proprio partner. In casi eccessivi come quello sopracitato del sesso-dipendente, è scontato che con l’assenza di un supporto psicologico è praticamente impossibile uscire dall’incubo della paura. Solitamente la migliore cura è costruire un rapporto d’amore fondato sulla fiducia reciproca. La gelosia in quantità equilibrata è il succo dell’amore, quando invece è in quantità esagerata causa stati d’animo negativi ed ansia che vanno a nuocere il benessere dello stesso rapporto. Sforzatevi di osservare obiettivamente la situazione in cui vi trovate e capirete se la vostra è una paura motivata o meno. Solo così saprete qual’è la giusta direzione da prendere per superare questa paura.

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