Come si chiama la parte inferiore dell’addome?

MEDICINA ONLINE 4 QUADRANTI SETTORI 9 REGIONI ADDOMINALI SEMEIOTICA ANATOMIA TOPOGRAFICA ORGANI CONTENUTI IPOCONTRIO FIANCO DESTRO SINISTRO IMMAGINI FOSSA ILIACA LINEA SOTTOCOSTALE BISILIACAIn semeiotica ed anatomia topografica, l’addome può essere suddiviso in nove regioni che, dall’alto verso il basso, sono le seguenti (vedi foto sul lato sinistro):

  • ipocondrio destro e ipocondrio sinistro, fra i quali è compreso l’epigastrio;
  • fianco destro e fianco sinistro, fra i quali è compreso il mesogastrio;
  • fossa iliaca destra e sinistra, fra le quali è compreso l’ipogastrio.

L’addome può essere anche in quattro quadranti (vedi foto sul lato destro):

  • quadrante superiore destro;
  • quadrante superiore sinistro;
  • quadrante inferiore destro;
  • quadrante inferiore sinistro.

Quindi la parte inferiore dell’addome in medicina viene chiamata quadrante inferiore dell’addome o fossa iliaca/ipogastrio.

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Linea ombelicale trasversa: dove si trova e cosa delimita?

MEDICINA ONLINE DOLORE 4 QUADRANTI SETTORI 9 REGIONI ADDOMINALI SEMEIOTICA ANATOMIA TOPOGRAFICA ORGANI CONTENUTI IPOCONTRIO FIANCO DESTRO SINISTRO IMMAGINI FOSSA ILIACA LINEA SOTTOCOSTALE BISILIACA OMBELICALE.jpgL’addome può essere suddiviso in semeiotica ed in anatomia topografica in quattro quadranti: quadrante superiore destro e sinistro; quadrante inferiore destro e sinistro.

La linea ombelicale trasversa è una linea immaginaria parallela al suolo passante per l’ombelico, usata in semeiotica ed anatomia topografica per delimitare i quattro quadranti addominali. Per descrivere tali quadranti, insieme alla linea ombelicale trasversa, si usa una seconda linea, perpendicolare a quella ombelicale, chiamata linea xifopubica che va dalla parte inferiore dello sterno sino al pube (si sovrappone alla linea mediana del corpo).

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Peritonite: tipi, cause, sintomi, diagnosi e terapie

MEDICINA ONLINE NAUSEA MAL DI PANCIA REFLUSSO GE ESOFAGO STOMACO DUODENO INTESTINO TENUE DIGIUNO ILEO APPARATO DIGERENTE CIBO TUMORE CANCRO POLIPO ULCERA DIVERTICOLO CRASSO FECI VOMITO SANGUE OCCULTO MILZA VARICI CIRROSI FEGATOLa peritonite è un’infiammazione della sierosa (chiamata appunto “peritoneo”) che riveste i visceri e la cavità addominale, dovuta, in genere, ad una contaminazione batterica.

Si distingue in:

  • peritonite primitiva (quando non c’è evidenza di un focolaio infettivo localizzato);
  • peritonite secondaria (per invasione batterica o azione di agenti chimici a partenza da un focolaio infettivo del tubo digerente, del sistema epato-bilio-pancreatico, dell’apparato uro-genitale; per necrosi o perforazione di un viscere cavo; per un trauma chiuso o aperto).

Quali sono le cause della peritonite?
La causa principale della peritonite batterica è la perforazione interna del tratto gastrointestinale, che porta alla contaminazione della cavità addominale con succhi gastrici e/o contenuto intestinale. Il peritoneo reagisce a qualsiasi stimolo e si difende dalle infezioni circoscrivendo qualsiasi processo infiammatorio. La peritonite ha serie ripercussioni generali che si riassumono in ipovolemia (perdita o sequestro di liquidi) e sepsi (stato infettivo generalizzato).
L’ipovolemia insorge a causa di una perdita idro-elettrolitica nell’intestino, che causa un blocco o paresi intestinale (“ileo paretico”); il richiamo di liquidi dal compartimento extracellulare aggrava disidratazione e ipovolemia. Si forma trasudato che talvolta muta e cambia in essudato, formando così ingenti sequestri di liquidi e proteine.
La sepsi (stato infettivo generalizzato) e l’accumulo di sostanze tossiche assorbite dall’organismo, possono così esercitare la loro azione, causando grave instabilità emodinamica (alterazioni della pressione sanguigna e della funzionalità cardiaca) sino ad arrivare ad un quadro conclamato di shock.

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Quali sono i sintomi della peritonite?
sintomi della peritonite acuta sono:

  • dolore (intenso, trafittivo, locale o diffuso), costringe molte volte il paziente a restare in posizione fetale limitando al massimo i movimenti;
  • reazione della parete addominale (aumento del tono muscolare o contrattura);
  • febbre (> 38°C);
  • nausea;
  • vomito.

Diagnosi di peritonite
Per fare diagnosi di peritonite è importante un corretto esame obiettivo, associato a esami di laboratorio e diagnostica per immagini (RX, TAC, ecografia). I valori di laboratorio alterati sono:

  • aumento dell’ematocrito,
  • elevata azotemia,
  • iposodiemia,
  • leucocitosi neutrofila,
  • ridotta clearence della creatinina,
  • ipoalbuminemia,
  • riduzione dei fattori della coagulazione,
  • aumento degli indici di necrosi cellulare (GOT, GTP, LDH),
  • iperbilirubinemia,
  • aumento di gammaglutamintrasferasi,
  • fosfatasi alcalina,
  • ipossiemia,
  • alcalosi respiratoria,
  • acidosi metabolica quando insorge shock ipovolemico o settico.

La terapia è nella maggior parte dei casi chirurgica e si basa sulla risoluzione delle cause specifiche che hanno portato a un quadro di peritonite acuta. Inoltre si procederà a correggere eventuali squilibri idro-elettrolitici. Nei casi più gravi può rendersi necessaria anche una operazione chirurgica.

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Appendicite acuta e cronica: cause, sintomi e terapie

MEDICINA ONLINE TUMORE COLON RETTO INTESTINO SINTOMI INIZIALI TARDIVI DIAGNOSICon il termine “appendicite” (in inglese “appendicitis) ci si riferisce in campo medico all’infiammazione – acuta o cronica – dell’appendice vermiforme (anche chiamata appendice cecale o solo “appendice”, in inglese “appendix“) cioè quella formazione tubulare facente parte dell’intestino crasso (più precisamente il suo segmento prossimale, chiamato “cieco“).

Diffusione

L’appendicite è una delle cause, in tutto il mondo, più comuni e significativi di un forte e improvviso dolore addominale. Attualmente si verificano nel mondo circa 16 milioni di casi all’anno, che provocano circa 70.000 decessi.

Leggi anche: Appendice vermiforme: posizione, anatomia e funzione originaria

Cause e fattori di rischio

L’appendicite è causata da un’ostruzione della cavità dell’appendice che può essere dovuta a coproliti, a infiammazioni di origine virale a carico del tessuto linfoide, a parassiti, calcoli biliari, neoplasie o altre cause. L’appendicite è causata più frequentemente da una calcificazione del feci. Anche del tessuto linfoide infiammato da una infezione virale, dei parassiti, dei calcoli biliari o delle neoplasie possono causare l’ostruzione in un numero elevato di casi. L’ostruzione porta ad un aumento della pressione nell’appendice, ad una diminuzione del flusso di sangue ai tessuti della stessa e ad una proliferazione batterica all’interno che è la causa diretta dell’infiammazione. La combinazione tra l’infiammazione, la riduzione del flusso sanguigno all’appendice e la sua distensione provoca la lesioni dei tessuti e la loro necrosi (morte). Se questo processo non viene trattato, l’appendice può scoppiare rilasciando batteri nella cavità addominale, con conseguente grave dolore addominale e verificarsi delle complicanze.

Leggi anche: Differenza tra appendicite e colite: sintomi comuni e diversi

Sintomi e segni

I sintomi più comuni includono:

  • dolore addominale al quadrante inferiore destro,
  • nausea,
  • vomito,
  • anoressia (diminuzione dell’appetito).

La febbre di solito non è molto elevata con valori intorno ai 38 °C. Può essere presente sia diarrea sia stipsi. Tuttavia, circa il 40% dei casi non presenta questi sintomi tipici. Il dolore è in genere localizzato in sede epigastrica o mesogastrica che successivamente si localizza alla fossa iliaca destra, ma alcune volte il dolore è localizzato in sedi anche molto distanti e può simulare una colica biliare o renale destra (appendice retrocecale ascendente) o una patologia vescicale o ginecologica (appendice pelvica). Gravi complicazioni che possono accadere nel caso che si rompa l’appendice sono la peritonite e la sepsi.

Diagnosi

La diagnosi di appendicite è in gran parte basata sui segni e sintomi del paziente: in molti casi una accurata anmnesi ed un preciso esame obiettivo, bastano al medico per orientarsi verso la diagnosi di infiammazione dell’appendice. Tipicamente riscontra nel paziente un dolore vago in sede epigastrica successivamente localizzato in sede ileo-cecale e accompagnato da anoressia, nausea e vomito depone per un attacco acuto. Esami di laboratorio e tecniche di imaging possono essere utili per confermare la diagnosi, tuttavia in questa sede mi premne sottolineare quanto sia importante la semeiotica nella rapida diagnosi di appendicite. La ricerca della dolorabilità in alcuni punti specifici o la positività di determinate manovre può fornire indicazioni importanti. A tal proposito ricordiamo alcune manovre utili nella diagnosi:

  • Manovra di Blumberg. Questa manovra consiste nel poggiare delicatamente le dita della mano sulla parete addominale del paziente affondandola gradualmente (prima fase) e sollevandola poi di colpo (seconda fase). Si dice positiva se il dolore che il paziente avverte durante la prima fase della manovra è modesto, nella seconda fase aumenta di intensità diventando violento.
  • Manovra di Rovsing. Con le dita e il palmo della mano si esercita una pressione sull’addome a livello della fossa iliaca sinistra. Quindi la mano viene spostata progressivamente verso l’alto a comprimere il colon discendente. Se la manovra evoca dolore nella fossa iliaca destra si dice positiva ed è un segno, incostante, di appendicite acuta.
  • Manovra dello psoas. Il paziente giace in decubito sinistro (o, alternativamente, prono), e si va ad iperestendere la coscia sull’anca, a ginocchio rigido, mettendo in tensione lo psoas (la cui normale funzione interviene nella flessione della coscia). Questa manovra causa dolore se c’è appendicite, e in particolare è indice della localizzazione retrocecale dell’appendice.
  • Punto di McBurney. La pressione in corrispondenza del punto di McBurney è dolorosa in caso di appendicite acuta.

Per approfondire:

Esami di laboratorio

Nell’appendicite si verifica l’alterazione contemporanea di alcuni parametri di laboratorio. In particolare deve essere presente una leucocitosi neutrofila significativa. L’entità dei valori che possono andare da 10-19.000 comunque non rispecchia sempre la gravità del quadro clinico, mentre valori > 20.000 possono essere indicativi di una peritonite conseguenza della perforazione dell’organo.

Diagnostica per immagini

I due test di imaging più comuni per confermare una appendicite, sono l’ecografia addominale e la tomografia computerizzata (TC). Utile anche la radiografia diretta dell’addome o la risonanza magnetica. La TC ha dimostrato di essere più precisa dell’ecogradia nel rilevare l’appendicite acuta, tuttavia, può essere preferita come primo test di imaging nei bambini e nelle donne in gravidanza in quanto non comporta i rischi connessi con l’esposizione alle radiazioni ionizzanti come nel caso della TC. Sono in genere escluse le tecniche endoscopiche e radiografiche con mezzo di contrasto per il rischio di perforazione dell’appendice infiammata (ma anche del cieco).

Diagnosi differenziale

La diagnosi differenziale assume un ruolo fondamentale nei casi sospetti di appendicite. Delle appendiciti acute che vanno all’intervento chirurgico soltanto nel 50% circa dei casi si ha un riscontro obiettivo intra-operatorio e la conferma istologica. Negli altri casi il chirurgo trova una appendice bianca (priva cioè di segni di flogosi) e soltanto in una minima parte, calcolata intorno al 10-20%, può risalire alla patologia che ha scatenato il quadro di tipo appendicolare

Rischi

Gravi complicazioni che possono verificarsi in caso di rottura dell’appendice e fuoriuscita di batteri nell’addome, sono la peritonite e la sepsi. Per approfondire, leggi anche:

Cure

Il trattamento tipico per l’appendicite acuta è la rimozione chirurgica della appendice, che può essere eseguita tramite un’incisione aperta nell’addome (laparotomia) o in laparoscopia (meno invasiva, con tempi chirurgici più lunghi ma tempi di recupero post-intervento più brevi). La chirurgia riduce il rischio degli effetti collaterali correlati con la rottura dell’appendice. Gli antibiotici possono essere altrettanto efficaci in alcuni casi di appendicite non rotta. Per approfondire: Appendicectomia durata, tecnica, rischi, postoperatorio, convalescenza

Leggi anche:

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Esofago di Barrett: sintomi iniziali, diagnosi, terapia, dieta e chirurgia

esofago con esofagite visto allL’esofago di Barrett è una metaplasia in cui le pareti dell’esofago, anziché essere costituite da epitelio normale (epitelio squamoso pluristratificato), sono costituite da tessuti simili a quelli delle pareti dell’intestino (cellule mucipare caliciformi) . L’esofago di Barrett è un disturbo asintomatico, ma spesso si presenta nei pazienti affetti dal reflusso gastroesofageo. Una piccola percentuale dei pazienti affetti dall’esofago di Barrett svilupperà una forma rara, ma purtroppo in molti casi mortale, di tumore all’esofago.

Diffusione di esofago di Barrett e del tumore dell’esofago

Negli Stati Uniti l’esofago di Barrett colpisce l’uno per cento circa degli adulti; l’età media alla diagnosi è di 50 anni, ma capire quand’è comparso il problema di solito è difficile. L’esofago di Barrett ha un’incidenza doppia negli uomini, e gli uomini di etnia caucasica sono colpiti più frequentemente rispetto a quelli di altre etnie. L’esofago di Barrett si manifesta raramente nei i bambini.
Il tumore dell’esofago è il sesto tumore più comune nei paesi non industrializzati, mentre è al diciottesimo posto nei paesi industrializzati, e colpisce prevalentemente i maschi (è tre volte più frequente negli uomini che nelle donne, con 1.500 casi stimati l’anno in Italia contro 600 nel sesso femminile).
Si sviluppa nella maggior parte dei casi dopo la sesta decade di vita. L’incidenza geografica è variabile: i paesi orientali, tra cui la Cina e Singapore, sono quelli dove la mortalità è più elevata e i casi sono circa 20-30 l’anno ogni 100.000 abitanti. In Italia il tasso di incidenza annuo è di circa 4 casi su 100.000.
Poiché si tratta di una forma di cancro molto aggressiva, la mortalità è abbastanza elevata.

Cause di esofago di Barrett

Non si sa con esattezza quali sino le cause dell’esofago di Barrett, tuttavia la malattia da reflusso gastroesofageo cronica (e la relativa esofagite da reflusso cronica) rappresenta sicuramente un fattore di rischio; anche chi non soffre di reflusso può soffrire dell’esofago di Barrett, però il disturbo è da tre a cinque volte più diffuso nei pazienti che soffrono anche di reflusso. Curando o alleviando i sintomi della malattia da reflusso è possibile diminuire il rischio di ammalarsi di esofago di Barrett; a tal proposito leggi anche: Reflusso gastroesofageo: sintomi, diagnosi e cura

Sintomi e segni dell’esofago di Barrett

L’esofago di Barrett non si manifesta con sintomi e proprio per questo può essere presente in modo silenzioso per diversi anni prima dell’effettivo sviluppo del tumore. Purtroppo la diagnosi di adenocarcinoma all’esofago non è sempre precoce, quindi il tumore molte volte viene diagnosticato quando già si trova in stadio avanzato: ciò peggiora la prognosi e rende le terapie meno efficaci.

Leggi anche: Acidità di stomaco e bruciore: tutti i farmaci antiacidi

Sintomi e segni del cancro all’esofago

Quasi sempre i sintomi iniziali del tumore dell’esofago sono aspecifici: si ha perdita progressiva di peso corporeo preceduta dalla disfagia , cioè dalla difficoltà a deglutire, che di solito compare in modo graduale prima per i cibi solidi e successivamente per quelli liquidi. Questi sintomi sono riferiti dal 90% dei pazienti. Inoltre, la crescita del tumore verso l’esterno dell’esofago può provocare un calo o un’alterazione del tono di voce perché coinvolge i nervi che governano l’emissione dei suoni, oppure indurre una paralisi del diaframma o, ancora, un dolore al torace, appena dietro lo sterno, se coinvolge la zona tra cuore, polmoni, sterno e colonna vertebrale. Negli stadi più avanzati di sviluppo del tumore la capacità di assumere cibo può diventare faticosa. Se il tumore è ulcerato, la deglutizione potrebbe anche diventare dolorosa. Quando la massa del tumore ostacola la discesa del cibo lungo l’esofago si possono verificare episodi di rigurgito. Nelle forme più avanzate possono inoltre ingrossarsi i linfonodi ai lati del collo e sopra la clavicola, oppure può formarsi del liquido nel rivestimento del polmone (versamento pleurico) con comparsa di dispnea (difficoltà a respirare), oppure ancora possono comparire dolori alle ossa o un aumento delle dimensioni del fegato: la causa di questi sintomi è in genere legata alla presenza di metastasi. I dati prodotti dal Registro italiano tumori segnalano una sopravvivenza a 5 anni che in media non supera il 12% se la malattia è stata diagnosticata in fase avanzata, mentre è molto più elevata se scoperta in fase iniziale.

Per approfondire:

Esofago di Barrett e tumore dell’esofago

Chi è affetto dall’esofago di Barrett presenta un rischio minimo di sviluppare un tipo di cancro detto adenocarcinoma dell’esofago, ma ogni anno meno dell’uno per cento dei pazienti affetti dall’esofago di Barrett sviluppa un adenocarcinoma all’esofago; per approfondire leggi questo articolo: Esofago di Barrett, tumore e reflusso gastroesofageo

Diagnosi di esofago di Barrett

L’esofago di Barrett è un disturbo asintomatico, quindi molti medici consigliano agli adulti che hanno superato i 40 anni e che soffrono da diversi anni di reflusso gastroesofageo di sottoporsi all’endoscopia e alla biopsia, come misura precauzionale. L’unico modo per diagnosticare l’esofago di Barrett è la gastroscopia (endoscopia del tratto gastrointestinale superiore) che permette di ottenere campioni bioptici dell’esofago. Durante l’esame, dopo che il paziente è stato sedato, il medico inserisce nell’esofago un tubicino flessibile (endoscopio) dotato di una fonte luminosa e di una telecamera miniaturizzata a un’estremità. Se il tessuto presenta delle anomalie il medico ne rimuove diversi minuscoli campioni, usando una sorta di pinzetta che viene fatta passare nell’endoscopio. Il patologo esaminerà i campioni di tessuto al microscopio ed elaborerà una diagnosi.

Leggi anche: Bruciore di stomaco: cosa mangiare, come dormire e rimedi naturali

Diagnosi del cancro all’esofago

Nei pazienti che presentano sintomi la diagnosi di cancro all’esofago richiede una radiografia dell’esofago con mezzo di contrasto e un’endoscopia esofagea (l’esofagogastroscopia) che consente di vedere l’eventuale lesione e di ottenere materiale per un esame delle cellule. L’associazione delle due procedure aumenta la sensibilità diagnostica al 99%: la radiografia serve a escludere la presenza di malattie associate, ma l’esofagogastroscopia è l’esame a maggiore valore diagnostico, in quanto permette di visualizzare direttamente le strutture e di eseguire prelievi per la biopsia.
L’ecoendoscopia è invece un altro tipo di esame che consente di determinare in maniera più accurata quanto è profonda l’infiltrazione degli strati della parete esofagea e può evidenziare anche linfonodi interessati da metastasi.
Una volta individuato il tumore, a completamento degli esami diagnostici è opportuno fare una radiografia del torace e una tomografia computerizzata (TC) del torace e dell’addome per escludere la presenza di metastasi a distanza.

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Chi è a rischio

Tra i pazienti con esofago di Barrett, quelli con maggior rischio di sviluppare cancro esofageo, sono quelli che presentano questi fattori di rischio:

  • Fattori genetici: il tumore dell’esofago, nella forma squamocellulare, compare in quasi tutti i pazienti affetti da tilosi palmare e plantare, una rara malattia ereditaria contraddistinta da ispessimento della pelle delle palme delle mani e delle piante dei piedi (ipercheratosi) e da papillomatosi dell’esofago, ovvero dalla formazione di piccole escrescenze dette appunto papillomi.
  • Alcol e tabacco: sono tra i fattori di rischio più rilevanti, dato che in Europa e Stati Uniti l’80-90% dei tumori esofagei è provocato dal consumo di alcol e tabacco, fumato o masticato. I fumatori hanno probabilità di ammalarsi 5-10 volte maggiori rispetto ai non fumatori, a seconda del numero di sigarette fumate e degli anni di abitudine al fumo, i cui effetti vengono moltiplicati dall’alcol. Quest’ultimo, infatti, oltre ad agire come causa tumorale diretta, potenzia l’azione cancerogena del fumo, e le persone che consumano sigarette e alcol insieme hanno un rischio di ammalarsi di cancro esofageo aumentato fino a 100 volte.
  • Dieta: una dieta povera di frutta e verdura e un ridotto apporto di vitamina A e di alcuni metalli come zinco e molibdeno possono aumentare il rischio di tumore dell’esofago. Una dieta ricca di grassi, e il conseguente aumento del grasso corporeo, influisce direttamente sul livello di molti ormoni che creano l’ambiente favorevole per l’insorgenza dei tumori (carcinogenesi). Il sovrappeso e l’obesità si associano spesso a reflusso gastroesofageo con un conseguente rischio di sviluppare la patologia dell’esofago di Barrett (che si riscontra nell’8-20% dei portatori di malattia da reflusso gastroesofageo).
  • Fattori infiammatori:l’infiammazione cronica della mucosa che riveste l’esofago aumenta il rischio. La forma più frequente è l’esofagite peptica, cioè l’infiammazione cronica della parte terminale dell’esofago causata dal reflusso di succhi gastrici acidi dovuta a una tenuta difettosa della giunzione che separa l’esofago dallo stomaco. L’irritazione cronica fa sì che, a lungo andare, l’epitelio dell’esofago (ovvero il tessuto di rivestimento interno dell’organo) venga sostituito da uno simile a quello dello stomaco, sul quale poi si può sviluppare il tumore. Questa situazione prende il nome di “esofago di Barrett” ed è considerata una vera e propria precancerosi, che richiede talvolta anche il ricorso alla chirurgia al fine di evitare la completa trasformazione dell’epitelio in maligno.

Cura e dieta

Per quanto riguarda la dieta si può fare riferimento a questi articoli:

In generale i pazienti affetti dall’esofago di Barrett dovrebbero sottoporsi periodicamente all’endoscopia e alle biopsie per escludere precocemente i sintomi del tumore: questo approccio diagnostico è detto attesa vigile. Di solito, prima che si sviluppi il tumore all’esofago, compaiono cellule precancerose nei tessuti di Barrett. Questo disturbo è detto displasia e può essere diagnosticato solo tramite la biopsia. Può essere necessario sottoporsi a varie biopsie, perché una potrebbe non essere sufficiente a individuare le cellule displastiche. Diagnosticare e curare le displasie può essere fondamentale per la prevenzione del tumore. Per curare l’esofago di Barrett con displasia grave o tumore possono essere usati l’endoscopia o l’intervento chirurgico. Il medico vi illustrerà le possibilità a vostra disposizione e vi aiuterà a decidere qual è la terapia che fa al caso vostro.

Terapie endoscopiche

Per curare le displasie gravi ed il tumore all’esofago esistono diversi tipi di terapia endoscopica, nel corso di queste terapie i tessuti di Barrett vengono distrutti, oppure viene rimossa la parte di mucosa displastica o contenente il tumore. Lo scopo della terapia è quello di permettere alle cellule normali dell’esofago di prendere il posto di quelle distrutte o rimosse. Le terapie endoscopiche vengono eseguite in centri specializzati, da medici esperti.

Terapia fotodinamica

La terapia fotodinamica usa un agente fotosensibilizzante, la fotofrina, e un raggio laser per uccidere le cellule precancerose e cancerose. La fotofrina viene iniettata in vena e il paziente ritorna in ospedale dopo 48 ore. Il raggio laser è fatto passare nell’endoscopio e attiva la fotofrina che distrugge i tessuti di Barrett nell’esofago. Tra gli effetti collaterali della terapia fotodinamica ricordiamo:

  • il dolore al torace,
  • la nausea,
  • la fotosensibilità per diverse settimane,
  • la stenosi esofagea.

Resezione mucosa esofagea

Questa terapia solleva l’epitelio di Barrett, inietta una soluzione sopra di esso o la risucchia via, e infine lo rimuove chirurgicamente per via endoscopica. Se questo approccio viene usato per curare il tumore, per prima cosa deve essere effettuata un’ecografia endoscopica per accertarsi che il tumore coinvolga solo la parete esterna delle cellule dell’esofago. L’ecografia usa onde sonore che fanno eco sulle pareti dell’esofago per creare un’immagine su un monitor. Tra gli effetti collaterali ricordiamo il sanguinamento o le lesioni dell’esofago. Spesso la resezione mucosa esofagea viene associata alla terapia fotodinamica.

Intervento chirurgico

L’asportazione chirurgica della maggior parte dell’esofago è consigliabile per pazienti affetti dall’esofago di Barrett con displasia grave o tumore in grado di tollerare l’intervento chirurgico. Molte persone affette dall’esofago di Barrett sono anziane e hanno altri problemi di salute che rappresentano una controindicazione all’intervento. In questi pazienti è consigliabile ricorrere alle terapie endoscopiche meno invasive. Effettuare l’intervento entro breve tempo dalla diagnosi di displasia grave o di tumore, è la soluzione ottimale per il paziente. Esistono diversi tipi di intervento, che di norma comportano la rimozione della maggior parte dell’esofago, la dislocazione di parte dello stomaco nella cavità toracica e l’unione dello stomaco con la parte dell’esofago conservata.

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Chirurgia e chemioterapia nel cancro all’esofago

L’intervento vero e proprio di solito consiste nell’asportazione del tratto di esofago interessato dal tumore, di un pezzetto dello stomaco e dei linfonodi regionali, procedura chiamata in gergo medico “esofagogastrectomia parziale con linfoadenectomia regionale”. Nei pazienti non operabili la chemioterapia accompagnata da radioterapia è il trattamento di scelta, dato che la combinazione delle due cure aumenta la sopravvivenza rispetto alle singole opzioni. Nei casi operabili ma localmente avanzati o con sospette metastasi ai linfonodi può essere indicata la chemioterapia, eventualmente associata alla radioterapia, prima dell’intervento chirurgico (terapia neoadiuvante) I farmaci più usati sono il cisplatino e il 5-fluorouracile, talvolta con l’aggiunta di epirubicina. Il 60-80% dei tumori esofagei presenta una sovraespressione di EGFR (recettore del fattore di crescita dell’epidermide), che può essere bersaglio di farmaci biologici. Sono in corso alcune sperimentazioni con cetuximab e anche con farmaci che inibiscono l’angiogenesi come il bevacizumab. Nei tumori che presentano una sovraespressione del gene HER2 è possibile ricorrere al trastuzumab.

Pazienti in fase terminale

I pazienti in fase avanzata con difficoltà a deglutire e dolore, nei quali non è proponibile né il trattamento chirurgico né quello chemio-radioterapico, possono trarre beneficio da cure palliative che permettano un adeguato supporto alimentare. Queste possono consistere nel posizionamento per via endoscopica di un tubo rigido in plastica, silicone o anche in metallo attraverso l’esofago che consenta il passaggio del cibo oppure la laser-terapia, che consiste nell’uso di un raggio laser diretto sul tumore per ricreare il passaggio.

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Prevenzione di esofago di Barrett e tumore all’esofago

Dieta adeguata e l’evitare alcol e fumo sono le principali precauzioni per prevenire la forma squamocellulare di tumore dell’esofago. Per quanto riguarda invece l’adenocarcinoma, nella maggioranza dei casi si sviluppa da un’esofago di Barrett, e quindi la maniera più efficace di prevenirlo è quella di ridurre il rischio di reflusso gastroesofageo che provoca l’esofagite cronica: ciò si ottiene riducendo il consumo di caffè, di alcol e di sigarette, ma anche il sovrappeso e l’obesità.
Sebbene diversi farmaci antiacidi siano in grado di controllare i sintomi da reflusso, non ci sono finora dimostrazioni scientifiche di una loro efficacia nel ridurre la comparsa dell’esofago di Barrett. Pur non essendo disponibili esami di screening nei pazienti sani, la diagnosi precoce diventa estremamente importante una volta che l’esofago di Barrett si è sviluppato, per cogliere in tempo la sua eventuale trasformazione maligna.
Nei pazienti in cui la mucosa esofagea si è semplicemente trasformata in mucosa gastrica è consigliata un’endoscopia ogni due o tre anni. Viceversa, nei pazienti in cui le cellule trasformate mostrino segni di anormalità (displasia) si raccomanda di ripetere l’endoscopia almeno due volte a distanza di sei mesi e poi una volta l’anno.
Infine, se il grado di displasia è elevato (cioè se le cellule sono molto trasformate), è consigliabile l’asportazione endoscopica o addirittura l’intervento chirurgico, dato che si tratta di condizione precancerosa a elevato rischio di trasformazione maligna.
Sebbene diversi farmaci antiacidi siano in grado di controllare i sintomi da reflusso, non ci sono finora dimostrazioni scientifiche di una loro efficacia nel ridurre la comparsa dell’esofago di Barrett.

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Differenza tra pube ed osso iliaco: anatomia e funzioni

DIFFERENZA PUBE OSSO ILIACO INGUINE PUBALGIA ANATOMIA FUNZIONI.jpgQual è la differenza tra pube ed osso iliaco? Semplicemente il pube è una delle tre componenti ossee dell’osso iliaco, insieme a ilio e ischio, di preciso esso rappresenta la parte bassa e anteriore dell’osso iliaco. Situato inferiormente all’ilio e anteriormente all’ischio, il pube presenta tre sezioni anatomicamente rilevanti: il corpo del pube, il ramo superiore del pube e il ramo inferiore del pube.

Cos’è il pube?
Il pube, noto anche come osso pubico, è una delle tre porzioni ossee che compongono l’osso iliaco (le altre due porzioni dell’osso iliaco sono l’ilio e l’ischio). Il pube contribuisce alla formazione di due articolazioni: l’articolazione dell’anca (attraverso l’acetabolo) e la sinfisi pubica (con il pube dell’osso iliaco controlaterale).

Cos’è l’osso iliaco?
L’osso iliaco, noto anche come osso dell’anca, è l’osso pari e simmetrico, che, insieme all’osso sacro e al coccige, costituisce quella struttura anatomica identificata con il nome di cintura pelvica.

Posizione del pube rispetto ad ilio ed ischio
Il pube rappresenta la parte bassa e anteriore dell’osso iliaco. Esso risiede inferiormente all’ilio – che è la porzione superiore dell’osso iliaco – e davanti all’ischio – che è la porzione bassa e posteriore dell’osso iliaco. L’ilio è importante per i suoi rapporti con l’osso sacro: con quest’ultimo forma l’articolazione sacro iliaca. L’ischio, invece, è importante perché è la porzione dell’osso iliaco più forte e resistente e quella su cui grava il peso del corpo, nella posizione seduta.

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L’osso pubico fa parte delle ossa del bacino
L’osso iliaco – con le sue tre sezioni ilio, ischio e pube – e il binomio osso sacro-coccige rappresentano le cosiddette ossa del bacino. Gli anatomisti chiamano bacino, o pelvi o regione pelvica, la parte inferiore del tronco del corpo umano. Situato tra l’addome e le cosce, il bacino comprende, in aggiunta alle ossa pelviche: la cosiddetta cavità pelvica, il cosiddetto pavimento pelvico e il cosiddetto perineo.

Anatomia del pube
Gli anatomisti riconoscono nel pube tre regioni di una certa rilevanza: il corpo del pube, il ramo superiore del pube e il ramo inferiore del pube.

  • Corpo del pube. Il corpo del pube è la regione larga, resistente e piatta, che risiede tra il ramo superiore del pube e il ramo inferiore del pube e che, articolandosi con il corpo del pube dell’osso iliaco controlaterale, forma la cosiddetta sinfisi pubica. La sinfisi pubica è una delle tre articolazioni principali dell’osso iliaco; le altre due sono l’articolazione dell’anca e l’articolazione sacro iliaca. Del corpo del pube meritano una breve descrizione due aree: la cosiddetta cresta pubica e la superficie interna.
  • Cresta pubica: è un’area ruvida, che, in posizione laterale, presenta una prominenza nota come tubercolo pubico. Il tubercolo pubico è un elemento anatomico utile ai medici, quando questi vogliono individuare il cosiddetto anello inguinale superficiale e il cosiddetto canale femorale.
  • Superficie interna (o posteriore): contribuisce alla formazione di parte della parete della piccola pelvi. Inoltre, dà origine ad alcune fibre del muscolo otturatore interno
  • Ramo superiore del pube. Il ramo superiore del pube è la porzione superiore dell’osso pubico; orientato verso l’ilio e connesso a quest’ultimo, esso contribuisce alla formazione del cosiddetto foro otturatorio e alla formazione dell’acetabolo. Esattamente, il contributo del ramo superiore del pube, alla costituzione dell’acetabolo, è pari a un quinto. Del ramo superiore del pube meritano una citazione particolare la superficie esterna (o anteriore) e la superficie interna (o posteriore).
  • Superficie esterna: è importante, perché dà origine ad alcune fibre di muscoli quali: il muscolo adduttore lungo, il muscolo otturatore esterno, il muscolo adduttore breve e il muscolo gracile.
  • Superficie interna: è importante, perché costituisce parte della parete della piccola pelvi e funge da punto d’origine di alcune fibre del muscolo otturatore interno.
  • Ramo inferiore del pube. Il ramo inferiore del pube è la porzione inferiore dell’osso pubico. Orientata verso l’ischio, forma, con il ramo inferiore di quest’ultimo, il cosiddetto ramo ischio-pubico. Il ramo ischio-pubico fornisce un contribuito determinante alla costituzione del foro otturatorio. Del ramo superiore del pube meritano un occhio di riguardo la superficie esterna (o anteriore) e la superficie interna (o posteriore).
  • Superficie esterna: dà origine ad alcune fibre del muscolo gracile, del muscolo otturatore esterno, del muscolo adduttore breve e del muscolo grande adduttore.
  • Superficie interna: è punto d’origine di alcune fibre del muscolo otturatore interno e del muscolo costrittore dell’uretra.

Funzioni del pube e del bacino
Le ossa del bacino, di cui il pube è di fatto una delle varie componenti, hanno almeno tre compiti degni di nota:

  • sorreggere la parte superiore del corpo;
  • connettere lo scheletro assiale (che comprende il cranio, la colonna vertebrale, la gabbia toracica ecc) agli arti inferiori;
  • dare inserzione a muscoli, legamenti e tendini, fondamentali per la deambulazione.

I migliori prodotti per la cura delle ossa e dei dolori articolari 
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Dove finisce il torace ed inizia l’addome?

MEDICINA ONLINE MEDICO ESAME OBIETTIVO ANAMNESI PATOLOGICA FISIOLOGICA FAMIGLIARE VISITA MEDICA GENERALE AUSCULTAZIONE ISPEZIONE PERCUSSIONE PALPAZIONE DIFFERENZA FONENDOSCOPIO STETOSCOPIO TORACE ADDOME SUONI SEMEIOTICAIl limite inferiore del torace, che delimita quest’ultimo dall’addome, è rappresentato dalla “linea toraco-addominale” (in nero nell’immagine in alto) che origina dal processo xifoideo dello sterno, prosegue lungo il margine inferiore della dodicesima costa fino al processo spinoso della dodicesima vertebra toracica.

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Enterogermina per gonfiore, diarrea e dolori addominali: foglietto illustrativo

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Chirurgia Estetica Roma Cavitazione Pressoterapia Massaggio Linfodrenante Dietologo Cellulite Calorie Peso Dieta PSA Pene Laser Filler Rughe Botulino Meteorismo FIBRE ASSORBIMENTO GRASSI CANCRO AL COLONLa flora batterica intestinale costituisce una vera e propria barriera difensiva nei confronti di batteri dannosi. Il suo equilibrio può essere danneggiato da infezioni intestinali, intossicazioni, disordini alimentari, alterazioni della dieta, uso di antibiotici. Questo squilibrio si manifesta con diarrea, dolori addominali, aumento dell’aria nell’intestino.
Enterogermina è un preparato costituito da una sospensione di spore di Bacillus clausii, ospite abituale dell’intestino, privo di potere patogeno. Si usa per:

  • Cura e profilassi del dismicrobismo intestinale e conseguenti disvitaminosi endogene.
  • Terapia coadiuvante il ripristino della flora microbica intestinale, alterata nel corso di trattamenti antibiotici o chemioterapici.
  • Turbe acute e croniche gastro-enteriche dei lattanti, imputabili ad intossicazioni o a dismicrobismi intestinali e a disvitaminosi.

Controindicazioni: quando non dev’essere usato Enterogermina?
Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti.

Precauzioni per l’uso
Nel corso di una terapia con antibiotici, si consiglia di somministrare Enterogermina nell’intervallo fra l’una e l’altra somministrazione di antibiotico.

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Interazioni: quali farmaci o alimenti possono modificare l’effetto di Enterogermina?
Non sono conosciuti medicinali o alimenti che possono modificare l’effetto di Enterogermina. Informare comunque il medico se si è recentemente assunto qualsiasi altro medicinale, anche quelli senza prescrizione medica.

Avvertenze
È importante sapere che: Se si osserva l’eventuale presenza di corpuscoli, ossia di minuscole particelle nei flaconcini di Enterogermina, ciò non significa che il prodotto sia alterato, ma si tratta soltanto di aggregati di spore di Bacillus clausii.

Cosa fare durante la gravidanza e l’allattamento
Enterogermina può essere usata durante la gravidanza e l’allattamento. Chiedere comunque consiglio al medico o al farmacista prima di prendere qualsiasi medicinale.

Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari
Enterogermina non altera la capacità di guidare veicoli o di usare macchinari.

Posologia

  • Adulto: 2 – 3 flaconcini al giorno o 2 – 3 capsule al giorno
  • Bambini: 1 – 2 flaconcini al giorno o 1 – 2 capsule al giorno
  • Lattanti: 1 – 2 flaconcini al giorno

Attenzione: non superare le dosi indicate senza il consiglio del medico.

Quando e per quanto tempo
Assumere Enterogermina a intervalli regolari durante la giornata. Consultare il medico se il disturbo si presenta ripetutamente o se avete notato un qualsiasi cambiamento recente delle sue caratteristiche. Attenzione: usare solo per brevi periodi di trattamento.

Modalità di assunzione:

  • Flaconcini. Questo medicinale è per esclusivo uso orale. Non iniettare né somministrare in nessun altro modo. È opportuno agitare prima dell’uso. Per aprire il flaconcino ruotare la parte superiore e staccarla. Assumere il contenuto tal quale o diluirlo in acqua o altre bevande (es. latte, te, aranciata). Una volta aperto, assumere il farmaco entro breve tempo per evitare l’inquinamento della sospensione.
  • Capsule. Deglutire le capsule accompagnate da un sorso d’acqua o altre bevande. Specialmente nei bambini più piccoli, in caso di difficoltà a deglutire le capsule rigide, è opportuno impiegare la sospensione orale.

Sovradosaggio: cosa fare se avete preso una dose eccessiva di Enterogermina
Dosi eccessive di Enterogermina di norma non provocano effetti collaterali. È bene comunque attenersi alle dosi consigliate. In caso di ingestione/assunzione accidentale di una dose eccessiva di Enterogermina avvertire immediatamente il medico o rivolgersi al più vicino ospedale.

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Cosa fare se si è dimenticato di prendere una o più dosi?
Non vi sono particolari problemi. È bene comunque ricordare che l’assunzione corretta e scrupolosa del medicinale favorisce l’effetto terapeutico.

Effetti dovuti alla sospensione del trattamento
Non sono segnalati particolari effetti, se non il mancato effetto terapeutico.

Effetti Indesiderati
Come tutti i medicinali Enterogermina può causare effetti indesiderati sebbene non tutte le persone li manifestino. Durante la commercializzazione del prodotto, sono stati riportati casi di reazioni di ipersensibilità, compresi rash e orticaria. Il rispetto delle istruzioni contenute nel foglio illustrativo riduce il rischio di effetti indesiderati.

Scadenza e Conservazione
Scadenza: vedere la data di scadenza riportata sulla confezione. La data di scadenza si riferisce al prodotto in confezionamento integro, correttamente conservato. Attenzione: non utilizzare il medicinale dopo la data di scadenza riportata sulla confezione. Conservare a temperatura inferiore a 30° C.

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