L’apparato digerente: cos’è, com’è fatto, a che serve e come funziona?

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Il nostro apparato digerente ha il compito di introdurre, digerire ed assorbire i principi nutritivi contenuti negli alimenti eliminando i residui non utilizzabili per il Continua a leggere

Digiuno intermittente e terapeutico: fa dimagrire? Fa bene o fa male alla salute?

MEDICINA ONLINE DIGIUNO INTERMITTENTE TERAPEUTICO WARRIOR DIET GUERRIERO DIETA DIMAGRIRE NOTTE COLAZIONE PRANZO MUSCOLI CALORIE PALESTRA FA BENE FA MALE SALUTE PROTEINE DIGESTIONEDigiunare significa astenersi dal consumo di alcuni o di tutti gli alimenti, delle bevande o di entrambi, per un periodo di tempo più o meno lungo che può essere determinato o indeterminato. Il digiuno assoluto è definito come la mancata assunzione di qualunque cibo solido o liquido per un certo periodo, di solito compreso tra le 24 ore ed alcuni giorni. Fin dalla preistoria, poiché il cibo non è sempre stato disponibile, il digiuno intermittente è sempre esistito e qualsiasi organismo animale è in grado di sopportarlo grazie alle scorte di grasso ed alla straordinaria capacità del nostro sistema endocrino. Per l’uomo moderno industrializzato, la carenza di cibo non è più un problema, anzi è un problema l’eccesso di cibo! A tal proposito molti individui si auto-impongono il digiuno per dimagrire. Ma serve davvero? E soprattutto: fa bene o fa male alla salute?

Per meglio comprendere questo articolo, vi consiglio di leggere prima: Differenza tra catabolismo, anabolismo, metabolismo basale e totale

Digiuno e metabolismo
La prima cosa da dire per chiarire le cose è che, entro certi limiti, un incremento dell’assunzione di calorie con l’alimentazione possa produrre un’accelerazione del metabolismo, mentre viceversa una diminuzione dell’assunzione di calorie ha il risultato opposto, ovvero un rallentamento del metabolismo. I principi che regolano questo fenomeno costituiscono un meccanismo cardine per la sopravvivenza di ogni organismo: quando la disponibilità delle risorse fornite dall’esterno inizia a diminuire, l’organismo si autoregola diminuendo gradualmente (e proporzionalmente) il suo fabbisogno energetico; allo stesso modo, quando invece le risorse disponibili aumentano, l’organismo si adatta di conseguenza e predispone le sue attività in maniera tale da consumare più energia. Per raggiungere un sano dimagrimento è quindi sbagliato il digiuno prolungato, decisamente meglio puntare su:

  • corretta alimentazione con il giusto apporto calorico (dieta ipocalorica se il soggetto è sovrappeso) e nutrienti;
  • aumento di massa magra (ottenuto con l’attività fisica) importante per innalzare il metabolismo basale;
  • adeguata attività fisica importante per innalzare il metabolismo basale.

Detto ciò, tutti i digiuni sono sbagliati? La risposta è NO. Il digiuno prolungato è sbagliato ma altre forme di digiuno – in individui selezionati, sotto stretto controllo medico e per periodi limitati – possono essere perfino utili. Il digiuno può essere benefico o nocivo in base ad alcuni fattori; ad esempio: durata, completezza dell’astensione alimentare o supporto nutrizionale, controllo medico, presupposti patologici per la sua applicazione ecc. Non tutte le forme di digiuno sono uguali; alcune risultano estremamente debilitanti ed immotivate, altre meno estenuanti e più razionali.
Il digiuno, controllato o non controllato, terapeutico oppure no, risulta comunque parecchio stressante per il corpo e la mente. Tuttavia, la sua potenziale nocività dipende soprattutto dai parametri con i quali viene programmato.
Un esempio di digiuno eticamente discutibile (ma dal punto di vista scientifico abbastanza corretta) è la “dieta del sondino“. Questa si basa su una forma di digiuno cronico, durante il quale l’organismo viene supportato esclusivamente dalla nutrizione artificiale enterale (sondino naso gastrico). Pratiche simili possono indurre:

  • debilitazione fisica e tendenza alla malnutrizione ed alla chetosi (vedi sotto);
  • limitazione delle attività motorie;
  • diseducazione alimentare.

Al contrario, nei soggetti affetti da patologie del metabolismo, brevi periodi di stop alimentare – come, ad esempio, l’enfatizzazione del periodo di digiuno notturno (quello durante il sonno, portandolo da 8 a 12 o 14 ore) – non provocano effetti collaterali e favoriscono la remissione di certi parametri metabolici (soprattutto iperglicemia e ipetrigliceridemia) o di altri disturbi (steatosi epatica, reflusso gastro esofageo ecc). Ovviamente, l’esempio appena riportato non rappresenta un vero e proprio digiuno e questa costituisce l’unica forma di astensione alimentare potenzialmente benefica e priva di effetti collaterali.
In molti credono che il digiuno assoluto possa incidere negativamente sui flussi ormonali, nello specifico sopprimendo l’azione della ghiandola tiroide (quella che secerne gli ormoni deputati alla regolazione del metabolismo); ciò è vero solo in parte. Infatti, il digiuno prolungato riduce senza dubbio la secrezione degli ormoni tiroidei, tuttavia, in genere, questa decurtazione non si manifesta prima delle 24 o 48 ore.
Ci sono alcune prove scientifiche che dimostrano come il digiuno possa avere un ruolo importante nelle persone che ricevono la chemioterapia, ma sono necessari ulteriori studi per definirne l’efficacia reale ed un’eventuale applicazione clinica.

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Il digiuno terapeutico è veramente terapeutico?
Alcuni centri specializzati nella cura delle patologie metaboliche utilizzano il digiuno terapeutico per la riduzione del peso e per il ripristino dei parametri metabolici.
Raramente, i sistemi di digiuno terapeutico si fondano sull’astinenza irrevocabile del cibo e nessuno di questi vieta l’utilizzo dell’acqua. Al contrario, la tendenza è quella di incentivare l’assunzione di liquidi e, talvolta, di certi alimenti vegetali a porzioni determinate (soprattutto nel caso di certe malattie particolari).
Secondo l’esperienza degli operatori che propongono il digiuno terapeutico, la difficoltà maggiore consiste nell’accettazione iniziale della terapia, non nel protocollo stesso. In pochi credono di poter resistere 2 o 3 settimane senza mangiare ma, d’altro canto, sono in molti ad aver raggiunto spontaneamente anche i 30-40 giorni.

Come Funziona?
Premessa importante: questa tecnica non può essere utilizzata in caso di compromissioni epatiche, diabete mellito tipo 1 o altre malattie metaboliche. Il digiuno terapeutico si divide in tre fasi principali:

  1. Le prime 24-48 ore della terapia prevedono il digiuno completo con la sola assunzione di acqua. In questa fase (la più dura per il paziente), il corpo consuma la maggior parte dello zucchero e dei trigliceridi presenti nel sangue; ovviamente, i livelli di glucosio vengono mantenuti progressivamente stabili dal glicogeno epatico, mentre l’azione motoria (tipicizzata dal riposo assoluto) è supportata prevalentemente dalle riserve di glicogeno muscolare.
  2. L’azione metabolica “vera” (o meglio, quella ricercata dai terapisti) avviene al termine di questa prima fase, cioè quando le riserve di glicogeno sono ridotte al minimo. A questo punto, il corpo inizia a bruciare prevalentemente il tessuto adiposo, con la produzione ed il riversamento sanguigno di molecole chiamate chetoni. Talvolta, nei soggetti compromessi o che assumono certi farmaci, il digiuno terapeutico prevede l’assunzione di succhi vegetali come spremute e centrifugati per ridurre lo stato di chetoacidosi. I supplementi nutrizionali sono di natura vitaminica, salina ed amminoacidica.
  3. Il digiuno terapeutico viene interrotto in materia progressiva, iniziando con l’assunzione di succhi e centrifugati, poi di frullati e vegetali in pezzi, giungendo fino all’assunzione di cereali e legumi.

Effetti del digiuno terapeutico:

  • Digiuno e Acidosi. I chetoni, pur essendo potenzialmente tossici (se non efficacemente smaltiti dall’organismo), possono avere degli effetti positivi sulla compliance terapeutica (sopportazione della strategia).
    Infatti, agendo in maniera soppressiva nei confronti del sistema nervoso centrale, i chetoni riducono al minimo lo stimolo della fame.
    Certi sostengono addirittura che i chetoni possano provocare una sensazione di benessere generalizzato. Tuttavia, questa condizione detta “chetoacidosi” non è esente da effetti collaterali, tra i quali: tossicità epatica e renale, tendenza alla disidratazione, ipotensione ecc.
  • Digiuno e Riposo Digerente. Chi propone il digiuno terapeutico afferma che questa sensazione di benessere non è imputabile solamente alla chetoacidosi, ma anche al riposo totale del tratto gastrointestinale. Effettivamente, la digestione dei soggetti affetti da obesità è un processo sempre abbastanza impegnativo; consumando pasti molto abbondanti, poco digeribili e responsabili di picchi glicemici elevati, queste persone sono abituate a convivere con una sensazione di debolezza psico-fisica pressoché continua.
  • Digiuno e Lavaggio Cellulare. Un ulteriore effetto benefico del digiuno terapeutico, ulteriormente enfatizzato dalla somministrazione di integratori antiossidanti, è il “lavaggio cellulare”. Non tutti sanno che l’organismo possiede vari mezzi di escrezione delle molecole inutili o tossiche; tra questi, la bile, le feci, le urine, il sudore, il muco, la ventilazione polmonare, i capelli, i peli, le unghie ecc. Il digiuno terapeutico consente di sfruttare questi meccanismi senza incamerare parallelamente altri inquinanti o altri agenti tossici, tra i quali ricordiamo: mercurio, arsenico, piombo, diossina ed additivi alimentari.
  • Digiuno e Papille Gustative. Un altro grande vantaggio del digiuno terapeutico è il ripristino della funzionalità papillare gustativa della lingua, che avviene attraverso un processo definito neuroadattamento. Questo effetto di “reset” percettivo dei gusti è molto utile per la successiva riorganizzazione della dieta (fase di mantenimento), che prevede l’utilizzo esclusivo di cibi freschi e poco conditi.

IMPORTANTE
Il digiuno terapeutico va contro qualunque principio di dietetica, equilibrio nutrizionale ed educazione alimentare. E’ un intervento radicale che potrebbe trovare applicazione nel rimpiazzo della chirurgia bariatrica (quella chirurgia che viene adottata sui grandi obesi).
Bisogna ricordare che le diete chetogeniche possono anche avere un effetto deleterio sull’organismo, a partire dall’affaticamento renale fino al deperimento del tessuto muscolare, specie in alcuni soggetti. E’ importante sottolineare che si tratta di una tecnica praticabile in ogni caso SOLO SOTTO CONTROLLO MEDICO. La supervisione ed il monitoraggio osservano principalmente: pressione arteriosa, volemia, glicemia, acidosi metabolica ecc.
Il consiglio globale per chi affronta il digiuno terapeutico è quello di sospendere qualsiasi cura farmacologica, ad eccezione di quelle insostituibili (ad es ormoni tiroidei, farmaci per la pressione in caso di difetti congeniti ecc). In presenza di certe patologie (organiche o psichiatriche), di condizioni fisiologiche speciali (gravidanza, allattamento), terza età ed accrescimento, il digiuno terapeutico è TOTALMENTE SCONSIGLIATO.

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Differenza tra catabolismo, anabolismo, metabolismo basale e totale

medicina-online-dott-emilio-alessio-loiacono-medico-chirurgo-roma-differenza-catabolismo-anabolismo-metabolismo-riabilitazione-nutrizionista-infrarossi-accompagno-commissioni-cavitazione-radiofrequenzIl metabolismo è l’insieme dei processi anabolici (costruttivi) e catabolici (degradativi) svolti all’interno di un organismo. Questi processi sono caratterizzati da numerose reazioni chimiche catalizzate da enzimi e consentono agli organismi di crescere e riprodursi, mantenere le proprie strutture e rispondere alle sollecitazioni dell’ambiente circostante. Nel linguaggio comune per metabolismo si intende la capacità dell’organismo di bruciare calorie. Un “metabolismo veloce” permette dunque di bruciare nell’unità di tempo una quantità maggiore di calorie rispetto ad un metabolismo lento.

Quando parliamo di metabolismo dobbiamo però fare una importante distinzione:

  • metabolismo totale (MT) o TMR (total metabolic rate): indica il dispendio energetico totale di un individuo ed è la somma del metabolismo basale più il consumo da TID (termogenesi indotta dagli alimenti) e il surplus di consumo legato all’attività dell’organismo durante la giornata. La sua unità di misura è la chilocaloria (simbolo kcal).
  • metabolismo basale (MB) o BMR (basal metabolic rate): indica il dispendio energetico di un individuo a riposo e comprendente dunque l’energia necessaria per le funzioni metaboliche vitali (respirazione, circolazione sanguigna, digestione, attività del sistema nervoso, ecc.). Rappresenta circa il 45-75% del dispendio energetico totale nella giornata (questa grande variabilità è in funzione del rapporto tra % di massa magra e grassa soggettiva) e può essere misurato con la calorimetria o con una bioimpedenziometria. La sua unità di misura è la chilocaloria (simbolo kcal). Mediamente il metabolismo basale giornaliero corrisponde a circa 25 kcal x kg di peso corporeo.

Quindi:

metabolismo basale (a riposo) + attività fisica giornaliera + termogenesi indotta dalla dieta = metabolismo totale

Per capire cos’è la termogenesi indotta dalla dieta, leggi questo articolo: Termogenesi indotta dalla dieta: scopri il segreto per dimagrire

Per approfondire, leggi anche: Metabolismo basale: cos’è, definizione, calcolo, alto, basso, totale

La velocità del metabolismo totale dipende da numerosissimi fattori concatenati tra loro, alcuni modificabili, altri non modificabili, tra cui:

  • età;
  • assunzione media giornaliera di calorie;
  • secrezione ormonale;
  • tipo di alimentazione (maggiore o minore quota di proteine);
  • integratori alimentari;
  • attività fisica;
  • patologie endocrine;
  • stile di vita;
  • ciclo mestruale;
  • condizioni di stress psicofisico;
  • farmaci;
  • idratazione;
  • percentuale di massa magra e grassa del corpo;
  • periodo dell’anno.

Curiosità: Se la tua vita è sedentaria, un piccolo trucco per aumentare il metabolismo è quello di contrarre attivamente la muscolatura durante la giornata. Appiattisci la pancia, stringi i pugni, muovi le gambe, contrai i quadricipiti. Queste contrazioni spontanee, a cui spesso non facciamo molto caso contribuiscono in maniera significativa ad accelerare il metabolismo, tanto che sono tipiche dei soggetti magri ed ipereattivi, mentre si osservano assai più di rado negli obesi. Potete farlo anche a scuola o al lavoro!

Leggi anche: Digiuno intermittente e terapeutico: fa dimagrire? Fa bene o fa male alla salute?

Anabolismo
L’anabolismo è quella parte del metabolismo che riguarda i processi di accrescimento e sintesi. Nel corpo umano ci sono alcune parti e tessuti che crescono di continuo per tutta la durata del ciclo vitale, mentre altre in condizioni normali cessano il loro accrescimento al termine del periodo di sviluppo, ovvero intorno al sedicesimo – diciottesimo anno di vita. L’accrescimento corporeo è dovuto essenzialmente alla secrezione di somatotropina, nota anche come ormone somatotropo, ormone della crescita, STH, oppure SH o GH (growth hormone), il quale abbonda durante il suddetto periodo dello sviluppo. Quando la secrezione naturale del GH si arresta, è possibile comunque indurne la produzione endogena. Sostanzialmente ciò avviene solamente quando vengono fatti scattare dei meccanismi di supercompensazione, e solamente in condizioni di ipernutrizione. In pratica l’anabolismo indotto è possibile solamente se l’organismo ha a disposizione risorse energetiche e nutrizionali molto superiori a quelle che gli sarebbero strettamente indispensabili per svolgere le normali attività fisiologiche. Nel body building questo si traduce nell’applicazione dei principi per la crescita delle masse muscolari, i quali sono infatti basati su allenamenti in grado di suscitare reazioni di adattamento molto accentuate, e su regimi alimentari iperproteici ed ipercalorici, che pongono l’organismo in una condizione ottimale per l’anabolismo cellulare.

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Catabolismo
Il catabolismo è quella parte del metabolismo che riguarda i processi di degradazione e scissione cellulare. Esso si verifica normalmente in tutti i tessuti le cui cellule sono sottoposte ad un continuo ricambio, tuttavia esso compare anche quando si verificano condizioni in cui all’organismo occorre energia e non ci sono risorse energetiche immediatamente disponibili. In tali condizioni l’organismo si procura le risorse energetiche che gli occorrono andando a intaccare porzioni di tessuto adiposo o muscolare, il quale viene dunque trasformato in energia. Sia il grasso corporeo che le proteine muscolari costituiscono una fonte energetica di ottima qualità, in quanto contenenti una energia chimica specifica (per unità di massa) superiore a quella dei carboidrati. Tuttavia, come è facilmente comprensibile, mentre l’utilizzo dei grassi è positivo perché provoca la riduzione del grasso corporeo, l’utilizzo delle proteine muscolari come fonte energetica è un processo negativo, e va assolutamente evitato soprattutto ovviamente nell’ambito del body building.

Evitare il catabolismo
Per evitare che l’organismo si procuri energia consumando massa muscolare, è indispensabile mantenere sempre positivo il bilancio azotato nel sangue. Ciò significa che nell’arco della giornata bisogna assumere con gli alimenti proteine in quantità e con frequenza tali da impedire l’abbassamento drastico dell’azotemia nel sangue. In generale, il bilancio azotato si può mantenere sufficientemente alto se si fanno dei pasti con una frequenza di massimo tre ore, ed includendo in ogni pasto almeno 20 o 30 grammi di proteine (la quantità è variabile in base al soggetto).

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Un nuovo studio lo conferma: il cioccolato ti fa dimagrire

CIOCCOLATO CACAO FONDENTEDa sempre considerato uno dei cibi meno dietetici in assoluto, il cioccolato è stato molto rivalutato nel corso degli ultimi anni grazie a vari studi che ne hanno confermato le alte qualità e il buon impatto sul nostro metabolismo. Una nuova ricerca tedesca lo conferma: il mitico alimento aiuta a bruciare il grasso in eccesso se associato a un’alimentazione povera di carboidrati. Prima di scappare al supermercato più vicino e fare scorta di tutti i tipi di cioccolato possibili, dovete sapere che non tutti sono adatti allo scopo. Secondo lo studio, pubblicato dalla rivista International Archives of Medicine, consumando 49 grammi di cioccolato fondente (con l’81% di cacao) al giorno si perde il 10% di peso in più rispetto a seguire la semplice dieta. Potete trovare lo studio, seguendo questo link. Buon cioccolato (fondente) a tutti!

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Quante calorie ha il pane? Bianco o integrale: per dimagrire quale scegliere?

Quante calorie hanno il pane bianco e quello integrale? Quale dei due è meno calorico?

Il pane integrale è meno calorico di quello bianco: conta infatti 225 kcal all’etto mentre una uguale quantità di pane prodotto con la farina 0 ne fornisce 275 e 100 g di pane prodotto con farina 00 ne contengono 289.

Leggi anche: Cosa succede al tuo corpo quando smetti di mangiare pasta e pane

Meglio il pane bianco o quello integrale?

Il pane è un alimento costituito da carboidrati complessi, proteine e fibre e i carboidrati presenti nel pane sono ad alto contenuto glicemico per cui sarebbe meglio consumare pane integrale e comunque in quantità limitata per non rischiare di alzare il livello della glicemia, specie se siete diabetici. Il pane “raffinato” è impoverito di minerali, di fibra e di benefiche molecole bioattive ad essa legate, come i lignani.

Diversa quantità di fibre

Il pane integrale fornisce 6,5 g di fibre ogni 100 g di pane, quello di tipo 0 ne contiene 3,8 g per 100 g e quello di tipo 00 ne apporta 3,2 g per 100 grammi.

Leggi anche: Celiachia: cos’è il glutine, in quali alimenti è contenuto ed in quali no?

Quanto pane assumere al giorno?

Sulla quantità giornaliera di pane da assumere non è possibile stabilire una quantità che valga per tutti in quanto questo dato dipende dal fabbisogno energetico giornaliero che è soggettivo. Può comunque venirvi in aiuto questa classificazione generale che comprende tre fasce:

  • Prima fascia: 1.700 calorie al giorno per i bambini oltre i sei anni, donne anziane, di piccola statura e sedentarie; tre porzioni di pane da 50 grammi l’una.
  • Seconda fascia: 2.100 calorie al giorno per adolescenti femmine, donne e uomini adulti con lavoro sedentario; quattro o cinque porzioni da 50 grammi.
  • Terza fascia: 2.600 calorie al giorno per adolescenti maschi e uomini adulti con lavoro non sedentario o che praticano una moderata attività fisica; fino a sette porzioni di pane da 50 grammi l’una.

Ovviamente, il rapporto cambia, ovvero diminuisce, se durante la giornata vengono consumate anche pizza, pasta e patate.

I consigli per scegliere il pane

Quando si acquista del pane, è bene tenere a mente questi consigli:

  • preferite sempre il pane bianco a quello integrale, per via del minore indice glicemico ed il maggior contenuto di fibre, utile per combattere problemi di stitichezza;
  • preferite forni e supermercati di comprovata fama e qualità;
  • per essere sicuri della bontà del pane che acquistate, chiedete sempre la composizione al panettiere: ci sono infatti pani ottenuti con farine provenienti dalla macinazione di tutto il chicco o altri ottenuti con farine raffinate e aggiunta di crusca, sempre ricchi di fibre;
  • fate molta attenzione alla crosta: contendo meno acqua, a parità di peso contiene più calorie della mollica.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Difficoltà a dimagrire? Attenti allo stress: rallenta il metabolismo

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO OBESITA GRASSO SOVRAPPESO DIETA DIMAGRIRE METRO ADDOME PANCIA GRASSOAvete presente quando non riuscite a smettere di mangiare, in genere porcherie ipercaloriche, perché siete stressate? Ecco, la fame nervosa potrebbe non essere l’unico legame che unisce stress e sovrappeso. Uno studio dell’americana Ohio State University, appena pubblicato su Biological Psychiatry, rivela che lo stress è un fattore che rallenta il metabolismo, quindi quando si mangia un pasto ipercalorico si fa più fatica a bruciarlo se si è stressati. Gli autori avvertono che i risultati sono validi solo per le donne, sulle quali sono stati compiuti esperimenti e misurazioni. Mentre per gli uomini, che hanno una maggiore massa muscolare, potrebbero non entrare in gioco gli stessi meccanismi.

Leggi anche: Fame nervosa: cause, sintomi e cure

A 58 donne con un’età media di 53 anni i ricercatori hanno chiesto di mangiare solo i pasti standardizzati forniti dal laboratorio per 24 ore e poi di digiunare per 12 ore prima di presentarsi per una visita che ne avrebbe verificato lo stato di salute mentale, i livelli di attività fisica e, tramite un’intervista, eventuali precedenti di depressione e presenza di fattori di stress nelle 24 ore precedenti allo studio vero e proprio. Nel corso di due incontri 31 donne hanno dichiarato di aver avuto almeno un episodio stressante prima della visita, e 21 prima di entrambe le visite. Nella maggior parte dei casi si era trattato di problemi interpersonali come litigi con colleghi o mariti, problemi con i bambini o problemi sul lavoro.

A questo punto a tutte è stato servito un pasto composto da uova, salsiccia, salsa e biscotti con un contenuto energetico approssimativo di 930 calorie e ben 60 grammi di grasso. I ricercatori hanno chiesto alle partecipanti di consumare il pasto in 20 minuti e per le successive 7 ore hanno misurato il tasso metabolico di ciascuna per 20 minuti ogni ora, grazie all’analisi del flusso di ossigeno e anidride carbonica inspirati ed espirati. “Misurando lo scambio di gas possiamo determinare il loro tasso metabolico: di quanta energia il loro corpo ha bisogno durante il periodo di misurazione”, spiega Martha Belury, professore di Nutrizione umana alla Ohio State e co-autrice dello studio.

“Le partecipanti bruciavano meno calorie nel corso delle 7 ore successive al pasto quando avevano avuto un fattore di stress nella propria vita il giorno precedente”, racconta Belury. Quanto meno? Per l’esattezza 104 calorie meno rispetto a quelle bruciate dalle donne non stressate, una differenza che può tradursi in un aumento di peso di quasi 5 kg in un solo anno.

Grazie a diversi prelievi del sangue effettuati nel corso della giornata è stato anche possibile seguire “cosa accadeva a livello metabolico dopo aver ingerito un pasto ad alto contenuto di grassi”, aggiunge Janice Kiecolt-Glaser, che insegna Psichiatria e Psicologia ed è autrice principale dello studio. Nelle donne stressate l’insulina raggiungeva un picco subito dopo il pasto e poi scendeva fino a raggiungere i livelli osservati nelle donne non stressate dopo circa un’ora e mezza. Più alti livelli di insulina contribuiscono allo stoccaggio del grasso e alla sua minore ossidazione. In pratica ostacola la trasformazione delle grandi molecole di grasso in molecole più piccole che possono essere utilizzate come carburante dall’organismo. Tutto il grasso che non è bruciato viene immagazzinato e contribuisce all’aumento di peso.

Leggi anche: Mangio troppo e senza controllo: come faccio a capire se ho la bulimia nervosa?

Gli autori hanno valutato anche il ruolo di una passata depressione sul funzionamento del metabolismo delle donne analizzate e hanno appurato che questa da sola non influisce sul tasso metabolico, ma combinata allo stress comporta un maggiore innalzamento dei trigliceridi dopo il pasto. Alti livelli di questi grassi nel sangue rappresentano un rischio cardiovascolare. L’abbinata di una passata depressione con recenti episodi stressanti sembra quindi essere la combinazione peggiore.

“Sappiamo che non sempre possiamo evitare i fattori di stress nella nostra vita”, chiosa Belury, “ma una cosa che possiamo fare per prepararci a questa eventualità è avere cibi sani a portata di mano nel frigo e nell’armadietto dell’ufficio. Così quando quei fattori di stress entrano in gioco, possiamo mangiare qualcosa di sano invece di rivolgerci a più comode ma molto più caloriche alternative”.

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Fare o non fare la colazione influisce sul nostro peso?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO COLAZIONE CORNETTO DOLCI FRUTTA CROISSANT DIETA DIMAGRIRE CALORIE GRASSIQuando si tratta di aiutare le persone a gestire meglio il proprio peso, perderlo se hanno dei chili in più o anche solo evitare di prenderlo, si privilegiano i messaggi semplici. Meno calorie, meno cibi grassi, più frutta e verdura, più movimento. E mi raccomando: mai saltare la colazione. La realtà naturalmente è più complicata di quanto ci faccia comodo pensare, perciò non passa giorno che qualche studio non smentisca o se non altro ridimensioni, la veridicità di questi messaggi, ricordandoci che i fattori che incidono sul peso e sulla composizione corporea sono molteplici e vanno tenuti tutti nella giusta considerazione.

Lo studio statunitense

Analizzando 92 studi che in passato si sono occupati della relazione che esiste tra la colazione e il sovrappeso, Emily Dhurandhar e colleghi dell’Università dell’Alabama a Birmingham hanno notato che nessuno di questi aveva raggiunto risposte definitive alla domanda e hanno deciso di mettere alla prova la più comune tra le raccomandazioni nutrizionali per verificare se il messaggio fosse efficace o invece fuorviante. “Gli studi precedenti hanno per lo più dimostrato l’esistenza di una correlazione, ma non necessariamente un rapporto causale”, spiega Dhurandhar. “Al contrario, noi abbiamo svolto un ampio studio randomizzato per esaminare se le raccomandazioni sulla colazione hanno un effetto causale sulla perdita di peso” e hanno utilizzato la perdita di peso dei partecipanti come parametro principale dello studio. Per farlo hanno chiesto a 309 adulti sani ma in sovrappeso o obesi, di età compresa tra i 20 e i 65 anni, di seguire il regime alimentare assegnato per 16 settimane. Divisi in modo casuale in tre gruppi, i partecipanti dovevano saltare la colazione, o al contrario farla tutti i giorni oppure, nel caso del gruppo di controllo, comportarsi come facevano di solito, quindi fare o saltare la colazione in base alle proprie abitudini, ricevendo semplici consigli nutrizionali che però non menzionavano in particolare questo pasto. Alla fine dello studio non vi è stato nessun effetto identificabile sul peso in nessuno dei tre gruppi, suggerendo che saltare la colazione non influisce necessariamente sul peso corporeo.

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Metabolismo, lipolisi, termogenesi, ormoni, ritenzione… Tu quanto ne sai di nutrizione?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO YOGURT FRUTTA CIBO DIETA FRAGOLE (4)Metabolismo, carboidrati, lipolisi, insulina, termogenesi, ritenzione idrica… termini che ormai sono diventati di uso comune. Tutti ne parlano, ma siamo davvero sicuri che tutti sappiano davvero quello di cui stanno parlando? Ecco alcune domande/risposte per fare un po’ di chiarezza!

Perché la perdita di peso è più rapida all’inizio della dieta e poi rallenta?
Questo avviene perché nei diversi stadi di dimagrimento si perdono differenti tipi di grasso corporeo. Nella fase iniziale la perdita riguarda i grassi, il tessuto muscolare e l’acqua. Dopo circa due settimane la perdita di muscolo e di acqua rallenta. Infine, tra la terza e la quinta settimana, si riacquistano l’acqua e il tessuto muscolare persi all’inizio. Questa è la temuta fase “plateau” durante la quale è anche possibile aumentare di peso a dispetto della dieta poiché il tessuto muscolare (che cresce) pesa più del tessuto adiposo (che diminuisce). Per impedire lo scoraggiamento che spesso accompagna la fase “plateau”, smettete di salire sulla bilancia e adottate il sistema chiamato “somma delle circonferenze”, che consiste nel misurare le circonferenze dei punti critici sommando poi i valori ottenuti. La reale perdita di grasso è denunciata dai centimetri persi più che dalla diminuzione del peso. dopo un primo periodo di dieta e riduzione del peso, è utile sospendere la dieta per favorire un assestamento, durante il quale l’organismo si abitua al nuovo peso. chiaramente dovrà essere un periodo in cui, pur senza fare una dieta, seguirò un’alimentazione equilibrata, senza troppi eccessi. il meccanismo è questo: quando si comincia una dieta, e si comincia a perdere peso, l’ organismo per un po’ tenderà sempre al peso iniziale, poiché ha una memoria più forte di quel peso. Ma dopo un certo periodo di dieta, ed una fase di assestamento, ci sarà un nuovo equilibrio intorno al nuovo peso acquisito. A questo punto, se si fa attenzione, difficilmente questo peso aumenterà di nuovo.

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I digiuni prolungati abbassano il metabolismo?
Si Perchè l’ organismo percepisce l’ azzeramento dell’ introito calorico come una riduzione del fabbisogno energetico, e quindi risponde abbassando il MB. Inoltre il nostro corpo entra in uno stato di allarme nei confronti di quella che esso percepisce come una situazione di emergenza da digiuno. L’aumentata produzione di cortisolo e successivamente di adrenalina indotte da stress più o meno intensi e duraturi a cui è stato sottoposto l’ organismo possono provocare debolezza, nausea e capogiri.

Durante un digiuno si perde solo grasso?
No, anche massa muscolare. infatti quando si azzererà riserva di zuccheri, l’ organismo attingerà energie dai grassi, ma soprattutto dalle proteine muscolari, secondo 3 meccanismi.1) Immissione nel ciclo di Krebs. 2) Sintesi di glucosio (neoglucogenesi), usato secondo il normale iter. 3) Sintesi di corpi chetonici utilizzati solo in parte a livello del ciclo di Krebs. Ed i corpi chetonici rappresentano un altro importante problema dei digiuni prolungati. infatti essi sono anoressizzanti (riducono la fame), ed inoltre un loro eccesso può abbassare pericolosamente il pH ematico, riducendo la funzionalità di tutti gli enzimi

Perché tutte le volte che si abbandona una dieta per poi riprenderla, il dimagrimento risulta molto difficoltoso?
Le diete “a fisarmonica” non solo sono dannose per la salute, ma rendono più difficile dimagrire. Il perché? Ebbene, l’enzima responsabile del controllo dei depositi di grasso (la lipoprotein-lipasi o LPL), che si trova sulla superficie del tessuto adiposo, è dotata di memoria. La LPL di chi si mette a dieta per la prima volta è “ignorante” ma, quando smette di ricevere il quantitativo di grasso cui è abituata, capisce che deve essere presente in maggiore quantità per riuscire a legare e conservare meglio il grasso. Iniziando e terminando più volte una dieta non si fa altro che allenare la LPL a conservare il grasso in modo più rapido ed efficiente.

Quanto dura la spinta metabolica fornita da un esercizio aerobico?
Dipende dall’esercizio. Una passeggiata di mezz’ora a passo sostenuto dovrebbe elevare il metabolismo per circa quattro ore. Ciò non sarà certo sufficiente a farvi smaltire una coppa di gelato con panna o una fetta di torta al cioccolato, ma non sottovalutatene l’importanza. Ricordate inoltre che l’esercizio fisico potenzia le masse muscolari che, anche a riposo, bruciano più calorie delle masse adipose.

Ci sono degli elementi da evitare in quanto stimolano l’appetito?
Non esattamente anche se alcuni alimenti sono da eliminare perché rischiano di compromettere la dieta. Tra questi desidero ricordare le bevande ipercaloriche che forniscono calorie “vuote” senza soddisfare il desiderio di cibo. Anche i grassi pongono un problema simile; li si può definire “induttori di voglia” perché dopo averli assunti rimane il desiderio di mangiarne ancora.

E’ vero che, invecchiando diventa sempre più difficile dimagrire?
No, non esattamente. Il metabolismo, cioè la velocità con cui il nostro organismo brucia le calorie, si riduce solo dell’1-2% per ogni decade. Ciò che sicuramente cambia è lo stile di vita. Invecchiando il nostro organismo trova modi sempre più efficaci per conservare l’energia. Mentre la massa muscolare si riduce per il disuso, aumenta la percentuale di grasso. Chiaramente, come già detto, il metabolismo potrà ridursi molto nei casi di digiuno prolungato e di eccessiva riduzione della massa magra.

Che cos’ è il metabolismo basale (MB)?
Corrisponde alla quantità di calorie di cui noi abbiamo bisogno nel corso di una giornata in condizioni basali. Il MB costituisce il 60 % della spesa energetica giornaliera; Il 10% servirà per l’ assimilazione delle componenti nutritive dagli alimenti; il 30 % sarà necessario allo svolgimento di tutte le attività fisiche. il MB è inoltre funzione della massa muscolare. Nel senso che aumenta all’ aumentare della massa muscolare e viceversa. Quindi fare delle diete sbagliate che fanno perdere massa muscolare, riduce il IL MB. Ma Le energie di cui si ha bisogno quotidianamente servono oltre che per le attività fisiche e mentali, anche per la termogenesi.

Che cos’ è la termogenesi?
La produzione di calore necessario per garantire la temperatura corporea fisiologica (omeotermia). La termogenesi in un individuo normotipo utilizza energia proveniente da grassi esogeni od endogeni. Ma per alcune tipologie di tessuto adiposo la termogenesi è inefficiente è inefficiente e questi tenderanno ad accumulare grasso. Per migliorare l’efficienza della termogenesi bisogna fare attività fisica. Mentre invece per conservare l’efficienza del MB oltre all’ attività fisica sarà utile anche fare piccoli spuntini durante la giornata, evitare le bombe caloriche e non saltare i pasti.

La lipolisi ha la stessa velocità per il tessuto adiposo di diversi distretti corporei?
No, perché la lipolisi del grasso viscerale (che caratterizza il sovrappeso maschile) è molto più veloce di quella del grasso che si accumula a livello di glutei e cosce (che caratterizza il sovrappeso femminile). In quest’ultimo caso è determinante l’ azione degli estrogeni, che stimolano l’adipogenesi localizzata.

Ci sono casi in cui nell’ uomo e nella donna non c’è accumulo di grasso nelle zone di cui sopra?
In un uomo in cui i livelli di testosterone, (ormone che determina lo sviluppo di caratteristiche maschili), non sono molto più alti di quelli di estrogeni, (ormoni che determinano lo sviluppo di caratteristiche femminili), questi ultimi potranno determinare una distribuzione del grasso simile a quella femminile, cioè: cosce, glutei, basso addome e soprattutto nella zona dei pettorali (ginecomastia). Lo stesso vale per la donna, in particolare quando con il sopraggiungere della menopausa si azzera la produzione di estrogeni. In tal caso il grasso tenderà a depositarsi a livello di alto addome, zone sottoscapolari e spalle

Che ruolo hanno la glicemia e l’ insulina nell’adipogenesi?
L’indice glicemico ci fornisce informazioni riguardo la velocità con cui si eleva la glicemia dopo l’ assunzione di un determinato alimento. A parità di calorie possiamo avere indici glicemici differenti. Maggiore sarà La velocità’ di assorbimento degli zuccheri, maggiore sarà l’ elevazione della glicemia. Gli zuccheri semplici come il saccarosio (zucchero da tavola), avranno una velocita di assorbimento maggiore rispetto agli zuccheri complessi come pasta, riso e pane (carboidrati e amidi). Ma La presenza di fibre nell’ alimento rallenta l’ assorbimento degli zuccheri. Quindi il pane integrale avrà un indice glicemico più basso rispetto al pane bianco; e la frutta, pur contenendo fruttosio, che è uno zucchero semplice, avrà un indice glicemico molto più basso di carboidrati come pane e pasta. Quindi bisogna prediligere alimenti che possiedono una grossa quantità di fibre. Glicemia alta significa una maggiore quantità di insulina prodotta per tenere sotto controllo la stessa glicemia. Ma l’ insulina è un ormone anabolico e stimola l’ aumento di peso in termini di massa grassa, inibendo l’ azione della lipasi adipocitaria e quindi stimolando l’ adipogenesi. Anche gli acidi grassi liberi in eccesso costituiscono un problema, poiché attivano una cascata di segnali intracellulari che impedisce la esternalizzazione del recettore per il glucosio, quindi la cellula sarà meno recettiva verso il glucosio, ed ancora una volta la conseguenza sarà’ un aumento dell’ insulina e quindi dell’adipogenesi.

Ci sono altri ormoni che influenzano indirettamente l’accumulo di peso?
a) Il glucagone, la cui sintesi è stimolata soprattutto dall’ assunzione di pasti proteici, antagonizza l’ azione dell’ insulina
b) Il GH, che antagonizza sia l’ azione dell’ insulina che quella degli estrogeni. La produzione di GH è stimolata dall’ assunzione di pasti proteici, ma ha anche un picco fisiologico a circa 1 ora prima che ci si addormenti. Inoltre il gh stimola l’ anabolismo muscolare, stimolando indirettamente l’ aumento del metabolismo.

Quali sono le cause della ritenzione idrica?
a) Ipotonia venosa con rallentamento della microcircolazone venosa che riporta il sangue ai polmoni e successivamente al cuore. I sintomi possono essere formicolii alle estremità degli arti, o gambe gonfie a fine giornata. Inoltre una delle reazioni del corpo in caso di insufficienza venosa è la formazione di vene varicose per aumentare il flusso ematico di ritorno verso il cuore.
b) Rallentamento della circolazione microlinfatica che trasporta con la linfa le tossine a rene e fegato. In tal caso i liquidi interstiziali si accumulano in maggior quantità. I sintomi possono essere arti e viso gonfi.
c) Squilibrio sodio/potassio. Il potassio è prevalentemente extracellulare. Ma se si accumula troppo Na extracellularmente, si ha un accumulo eccessivo di liquidi e quindi edema.

Quali sono i tessuti di accumulodi tossine e liquidi e le difficoltà di eliminazione?
Accumulo di tossine e liquidi sono collegati. Ci sono vari livelli di gravità nell’ accumulo di tossine e liquidi, se questi non vengono normalmente eliminati dagli organi emuntori preposti.
a) Processo infiammatorio grazie al quale l’organismo neutralizza prima ed espelle poi le tossine accumulate a livello della matrice interstiziale e non eliminate.
b) Quando l’ infiammazione non basta c’è la fase di deposito a livello delle cellule mesenchimali del connettivo, che può essere il risultato di tossine che superano il livello di contenimento dello spazio interstiziale, o della difficoltà delle cellule di eliminare i cataboliti endocellulari. Se queste tossine continuano ad espandersi a livello cellulare, c’ è la formazione di cellulite.
c) Successivamente si arriva alla fase di impregnazione, nella quale le tossine cominciano ad accumularsi a livello delle cellule del parenchima degli organi.
d) Se la fase dsi impregnazione perdura, comincia una fase di degenerazione che determina un blocco dei processi enzimatici, arrecando gravi danni alle cellule ed alterando tutti i normali processi fisiologici

Quali sono i fattori di rischio cardiovascolari?
Quelli che caratterizzano la sindrome plurimetabolica, a cui si vanno ad aggiungere età, fumo, bassi livelli di Adiponectina, ed alti livelli di Proteina C reattiva e di Interleuchina 10. E importante sapere che non dovrebbero essere presenti mai più di 2 fattori di rischio. Quali sono gli indici ed i numeri da ricordare? Il BMI è un indice usato per valutare il grado di soprappeso. Ed è dato dal rapporto tra peso ed altezza al quadrato. Il range di normalità è per gli uomini 19 – 24,9 e 18 – 23,9 per le donne. Tra 25 e 29,9 si parla di sovrappeso. Tra 30 e 34,9 si parla di obesità . Il difetto del BMI è che non fa distinzione tra massa grassa e massa muscolare, quindi non può essere utilizzato per i culturisti. Un altro indice è il WHR dato dal rapporto tra la circonferenza vita e la circonferenza bacino. Il range di normalità è per gli uomini 0.95 – 0.99 e per le donne 0.79 – 0.84. Poi abbiamo la circonferenza vita, il cui limite superiore è 102 per gli uomini e 88 per la donna (anche se si sta già da tempo penando di abbassarli). La circonferenza vita da indicazioni riguardo l’ entità del grasso viscerale.

Che cos’ è la sindrome premestruale e qual è il collegamento con carboidrati e sport?
Sbalzi di umore irritabilità, ansia, malinconia, fino alla depressione. E poi cali d’energia, disturbi fisici quali ritenzione idrica e aumento di peso, dolore addominale, cefalea, tensione al seno, e infine desiderio di cibi dolci o salati. nei giorni che precedono le mestruazioni, al calo progressivo di estrogeni e testosterone si aggiunge quello del progesterone. E siccome il corpo femminile è “dipendente” da questi tre ormoni, quando si riducono va in astinenza. Ed ecco la PMS. Si sa che la sindrome tende a peggiorare dopo i 30 anni. Forse proprio perché il corpo tende a “sensibilizzarsi” al lavoro degli ormoni col passare del tempo. Non solo: la PMS risente anche dello stress quotidiano. Le donne dall’umore stabile hanno un’attività più intensa nella regione frontale, addetta al controllo delle emozioni. Quindi il loro cervello è più capace di compensare gli sbalzi ormonali, aumentando l’attività delle aree che imbrigliano l’emotività. le donne con problemi di fertilità spesso hanno una Pms severa, perché attendono l’ovulazione e il flusso con ansia. Le soluzioni sono molte. In primo luogo bisogna favorire la produzione di serotonina, l’ ormone regolatore dell’ umore. A tal scopo è necessario mangiare buoni quantitativi di carboidrati, poiché ricchi di triptofano, che è il precursore di della serotonina; oppure se si è a dieta, fare una integrazione di triptofano. Ci sono poi anche altri minerali utili per attenuare i disturbi fisici e le fluttuazioni dell’ umore. Uno sport “dolce”, come il nuoto, aumenta la produzione di betaendorfine, i neurotrasmettitori del benessere. Anche il sole aumenta la produzione di beta endorfine. Ma oltre all’ umore c’è anche il problema della ritenzione idrica e della tensione al seno(mastodinia), dovuti al crollo del progesterone, (che stimolando la produzione di aldosterone determina un maggior assorbimento di sodio e quindi di liquidi), ed allo squilibrio dell’ ormone prolattina. Quindi si potranno utilizzare drenanti connettivali e stimolatori dei linfatici e degli organi emuntori. Bisogna poi sapere che il calo degli estrogeni incendia d’adrenalina i centri d’allerta del cervello. Quindi è preferibile non bere caffè, tè e cole, per evitare eccessive irritabilità ed ansia. Sì, invece, a un bicchiere di camomilla prima di dormire infine il mal di testa causato dal crollo degli estrogeni può essere ridotto moderando i cibi ad alto contenuto di tiramina, un neurotrasmettitore con effetti di vasocostrizione simili a quelli dell’adrenalina: alcuni formaggi, il vino (soprattutto rosso), la cioccolata e i cibi conservati.

Perché alcune persone riescono ad essere sempre magre pur mangiando tanto e male?
Queste persone utilizzano l’ energia derivata dagli alimenti sia per compiere lavoro fisico, sia semplicemente per produrre calore attraverso processi metabolici chiamati cicli futili. I cicli futili vengono utilizzati da tutti; tuttavia essi sono molto più efficienti in queste persone e comunque tendono ad essere rallentati se c’è un eccesso di grasso accumulato e se l’ assunzione di carboidrati e grassi è troppo elevata. Un ciclo futile è un sistema che consente di aumentare la spesa energetica senza aumentare il livello d attività fisica.Ci sono 2 tipi di cicli futili. Il primo è un sistema di disaccoppiamento della fosforilazione ossidativa. Normalmente nella matrice mitocondriale si produce atp a partire dai protoni prodotti dalla ossidazione dei substrati energetici nella glicolisi (processo ossidativo a valle del ciclo di krebs). Difatti l’ accumulo di protoni fra le due membrane mitocondriali determina la formazione di un gradiente elettrochimico; i protoni passeranno passivamente attraverso proteine canali cui sono legati enzimi deputati alla formazione di atp a partire da adp (atp-asi). Si formeranno atp, molecole nelle quali sarà accumulata l’ energia prodotta nei processi ossidativi, e che potrà essere utilizzata come carburante per il lavoro muscolare e per lo svolgimento di tutte le altre funzioni fisiologiche dell’ organismo. Tuttavia a livello della mebrana mitocondriale interna sono presenti anche speciali proteine canali dette ucp, (in numero maggiore o minore a seconda dell’ individuo), che vengono attraversate dai protoni senza produrre atp, ma solo calore sotto forma di energia termica. Il secondo tipo di ciclo futile è un sistema continuo che determina ossidazione degli acidi grassi a lunga catena (es. acido palmitico) fino a produrre acetilCoA e la risintesi ad acidi grassi a partire da una parte di acetilCoA prodotto. In tal modo l’atp prodotto sarà in parte riutilizzato per la sintesi di acidi grassi, determinando la necessita di produrre altro atp da altre molecole di acidi grassi. Ssi avrà anche in tal caso un aumento della spesa energetica. E’ importante sapere che affinchè il nostro corpo sia in grado di ossidare gli acidi grassi derivanti dai trigliceridi accumulati, è necessario che ci sia almeno un livello minimo di ossidazione di glucosio. Punto primo: la glicolisi produce NADPH che sarà utilizzato per la sintesi degli acidi grassi (come già detto importante perché questi acidi grassi saranno poi riossidati). Punto secondo: nel ciclo di krebs viene prodotto ossalacetato che si lega all’ acetil-CoA derivante dall’ ossidazione degli acidi grassi, producendo citrato. Il citrato viene ossidato nel ciclo di krebs e in parte riforma acetilCoA per la risintesi di acidi grassi. Intolleranza al glucosio si innesca quando con l’alimentazione vengono introdotti quantitativi troppo elevati di glucosio (zuccheri semplici e carboidrati complessi a rapido rilascio).

Insulino resistenza, adipociti, diabete ed obesità
Ora parleremo più nello specifico di obesità e di come si associa all’insulino-resistenza. Ci sono 2 tipi di tessuto adipocitario, che accumulano in modo diverso il grasso. Un tipo è costituito da adipociti grandi e poco numerosi chè questi tendono a saturarsi, (ipertrofia). La saturazione determina stress e ciò innescherà la produzione di TNF ALFA. Il TNF ALFA interagisce con l’ adipocita determinando una cascata di segnali che bloccano l’ esternalizzazione del recettore per l’ insulina GLUT 4. Si instaurerà così insulino resistenza. Quindi non solo sarà bloccato il il catabolismo dei grassi adipocitari, ma sarà bloccata anche l’ entrata degli acidi grassi all’ interno degli adipociti, con un conseguente accumulo di lipidi in eccesso a livello ematico e l’instaurarsi di dislipidemie. Inoltre il blocco del catabolismo dei lipidi determina un aumento del catabolismo muscolare con conseguente ulteriore riduzione del MB. L’ altro tipo di tessuto adiposo è costituito da adipociti piccoli e numerosi (iperplasia). Cioè le cellule tenderanno a moltiplicarsi piuttosto che a saturarsi, quindi il tessuto adiposo potrà espandersi molto più senza che nell’ individuo si instaurino dislipidemie o diabete. Questo è il caso dei grandi obesi che non hanno valori analitici alterati. Nel 1° caso infatti si va verso la sindrome plurimetabolica, caratterizzata da grande soprappeso, diabete 2, ipertensione, ipertrigliceridemia ed ipercolesterolemia. La particolarità della sindrome plurimetabolica è che, l’ instaurarsi di una sola di queste condizioni patologiche, determina l’ instaurarsi di tutte le altre. Negli obesi avviene anche la riduzione della produzione di leptina o una ridotta recettività dei suoi recettori a livello delle cellule nervose. La leptina viene prodotta dal tessuto adiposo allo scopo di inviare al cervello un segnale di blocco della fame.

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