Stitichezza o stipsi acuta e cronica: terapie farmacologiche

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma STITICHEZZA STIPSI ACUTA CRONICA FARMACI TERAPIE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata.jpgI farmaci usati nel trattamento della stipsi sono diversi: antrachinoni, lassativi di volume, emollienti/lubrificanti, anticolinesterasici (o para-simpaticomimetici), lassativi salini.

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Antrachinoni (o lassativi di contatto): agiscono aumentando la motilità intestinale, ma i loro effetti collaterali (crampi addominali) ne ostacolano l’impiego. Non sono raccomandati per la cura dell’ostruzione intestinale.

  • Bisacodile (es. Dulcolax, Stixenil, Alaxa): assumere per os 5-10 mg di farmaco la sera (effetto in 10-12 ore); in alternativa, assumere per via rettale 5 mg di farmaco alla mattina, sottoforma di supposte (effetto in 20-60 minuti)
  • Senna (es. Xprep, Agiolax, Pursennid, Falquilax): il farmaco esercita la propria attività terapeutica in 8-12 ore. Disponibile in polvere e solvente per soluzione orale, assumere uno o due cucchiaini di prodotto alla sera. Non superare la dose consigliata.
  • Docusato sodico (es. Macrolax, Sorbiclis): assumere per via orale max. 500 mg di farmaco al dì, preferibilmente in dosi frazionate.

Altri farmaci appartenenti a questa categoria possono essere costituiti da: olio di ricino, cascara, frangula, rabarbaro, aloe.

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Lassativi di volume: aumentando la massa fecale, i lassativi di volume favoriscono la peristalsi. È doveroso sapere che questi farmaci espletano la propria attività terapeutica dopo alcuni giorni di trattamento: l’effetto, pertanto, non è immediato. Sono indicati generalmente per i pazienti che non assumono fibre a sufficienza con l’alimentazione. I lassativi di volume devono sempre essere associati ad un’abbondante assunzione di liquidi, per evitare l’ostruzione intestinale.

  • Metilcellulosa: esercita la propria funzione anche come emolliente. Assumere il farmaco per la cura della stitichezza alla posologia di 2 tavolette da 1 grammo, con abbondante acqua, 6 volte al dì. Consultare il medico.
  • Gomma Sterculia (es. Normacol): assumere 2-4 bustine al dì, contenenti ognuna 6,1 grammi di gomma sterculia. Si raccomanda di assumere il prodotto con abbondante acqua per la cura di episodi saltuari di stitichezza.
  • Semi di Psillio (es. Fibrolax): si raccomanda di assumere il farmaco per via orale, alla posologia di 3,5 grammi dopo i pasti, 2-3 volte al dì, per 2-3 giorni. Assumere il prodotto per la cura della stitichezza con molta acqua, al fine di aumentare il contenuto fecale.

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Emollienti/lubrificanti: il capostipite di questa classe di farmaci è la paraffina liquida: gli attivi sono indicati in caso di emorroidi e ragadi nel contesto della stitichezza.

  • Paraffina liquida (es. Lacrilube, Paraf L BIN): la posologia indicativa è 10-30 ml, quando necessario.
  • Olio d’arachidi: formulato sottoforma di clismi, lubrifica ed ammorbidisce il contenuto intestinale (compatto), favorendo la motilità intestinale.
  • Glicerina (es. Supposte di Glicerina San Pellegrino): sottoforma di clismi, assumere 5,6 grammi di farmaco per via rettale; in alternativa, inserire una supposta da 2-3 grammi, al bisogno.

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Lassativi osmotici: attraverso un meccanismo osmotico, questi farmaci sono in grado di trattenere i liquidi nell’intestino, oppure agiscono modificando la distribuzione dei liquidi nella massa fecale:

  • Lattulosio (es. Duphalac, Epalfen, Normase): si raccomanda di iniziare la cura per la stitichezza con una posologia bassa (15 ml di soluzione al 62-74%), due volte al dì. La dose va modificata secondo la gravità della condizione.
  • Macrogol (es. Movicol, Isocolan, Selg Esse, Moviprep, Paxabel): la dose va stabilita in base al soggetto.

Anticolinesterasici (o para-simpaticomimetici): questi farmaci contro la stitichezza sono chiamati così perché aumentano l’attività del sistema parasimpatico nell’apparato digerente, favorendo di conseguenza la peristalsi. Non rappresentano i farmaci di prima linea per trattare la stitichezza, dato che comportano numerosi effetti collaterali di tipo gastro-intestinale.

  • Betanecolo(es. Myocholine): è un farmaco agonista colinergico utilizzato – seppur raramente – per svuotare la vescica, ed esercitare un blando effetto procinetico. In genere, viene assunto per via orale alla posologia di 10-50 mg tre volte al dì: la modalità di somministrazione va rispettata secondo le indicazioni del medico.
  • Neostigmina (es. Prostigmina): reperibile in fiale (1ml) per iniezione intramuscolare/endovenosa lenta o in compresse da assumere per bocca. La peristalsi intestinale è osservabile dopo 20-30 minuti dall’iniezione. Eventualmente, per facilitare il transito, è possibile applicare un clistere (150-200 ml al 15-20% di glicerina), dopo 30 minuti dall’iniezione.

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Lassativi salini: indicati per uso occasionale nel trattamento della stitichezza o prima di un intervento chirurgico a livello del colon (l’intestino dev’essere completamente pulito).

  • Fosfati (es. Sod Fos Sof Clisma, Sod Fos Zet Clisma): utilizzati per lo più prima di esami radiologici all’intestino o interventi chirurgici. La posologia va stabilita dal medico.
  • Idrossido di magnesio (ES. Magnesia, Maalox): sono impiegati quando è richiesto un rapido svuotamento dell’intestino. Assumere il farmaco preferibilmente al mattino: in genere è necessario un cucchiaino di prodotto con abbondante acqua (il farmaco è reperibile come polvere per sospensione orale da 90 grammi di attivo su 100 grammi di prodotto). L’uso smodato può dare coliche.
  • Sodio Citrato (es. Biochetasi, Novilax): per riequilibrare la motilità intestinale nel contesto della stitichezza, assumere due compresse effervescenti (425 mg di sodio citrato) tre volte al dì, con acqua.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
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Stitichezza acuta e cronica: tipi, cause, trattamenti medici e rimedi

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma STITICHEZZA ACUTA CRONICA CURA SINTOMI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgLa stitichezza è un disturbo frequente che consiste nella difficoltà – obiettivamente osservabile e/o soggettivamente percepita – nell’atto della defecazione, cioè l’insieme degli atti fisiologici, volontari ed involontari, che determinano l’espulsione delle feci, raccolte nell’intestino crasso, attraverso l’ano, necessario per svuotare in tutto od in parte l’intestino.
Solitamente la stipsi è anche caratterizzata dalla durezza e dalla secchezza delle feci, che ne rende difficile l’espulsione: questo stato delle feci può essere dovuto a eccessivo assorbimento di acqua da parte del colon e spesso specie nella stipsi cronica è legato a episodiche o ricorrenti coprostasi ma non è obbligatoriamente connesso a questa: il soggetto può infatti avvertire difficoltà ad evacuare a prescindere dalla lentezza del traffico fecale che caratterizza la coprostasi.

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Classificazione e fisiopatologia
La stipsi è il risultato di un’alterazione nella propulsione del bolo fecale e/o della evacuazione dello stesso. I disturbi della progressione possono essere correlati ad una ridotta massa fecale (diete incongrue, scarso introito di fibre, alterazioni elettrolitiche), ad affezioni organiche del colon che meccanicamente impediscono il passaggio del bolo fecale, oppure ad alterazioni funzionali intestinali, quali la stipsi cronica a lento transito o l’atonia coli. I disturbi della evacuazione sono anche correlabili ad alterazioni organiche della regione ano-rettale (ragadi, fistole, emorroidi, neoplasie ano-rettali, m. di Hirschsprung, tubercolosi intestinale) o ad alterazioni funzionali, quali la dischezia rettale o la sindrome del perineo discendente. La malattia celiaca può presentarsi con stipsi (i primi lavori inglesi sulla malattia celiaca evidenziarono che il sintomo più frequente di questa malattia era la stipsi e non la diarrea). Nei bambini una causa frequente di stipsi è l’intolleranza alimentare.
La stipsi (sia acuta che cronica) è in media connotata da difficoltà e dolori nel transito degli escrementi ed è usualmente accompagnata da scarsi stimoli all’evacuazione. La stitichezza dà sintomi locali, come modesti dolori locali o diffusi, che possono riacutizzarsi fino a diventare una colica, alcune volte possono portare a modificazioni dell’alvo con encopresi.
La stitichezza può influire sullo stato generale: mal di testa, cardiopalmo, insonnia, alitosi. Possono comparire difficoltà digestive e una diminuzione dell’appetito. Sono frequenti le dermatosi (orticaria, eczema, acne), causate probabilmente da autointossicazione dovuta all’assorbimento di sostanze che avrebbero dovuto essere eliminate, ma che invece permangono troppo a lungo nell’intestino.
Secondo recenti statistiche su un campione consistente di soggetti attenzionati il 40 % della popolazione mondiale soffre o ha sofferto di stipsi almeno una volta nella vita.
La stipsi può essere primitiva o secondaria. È secondaria se generata da fattori terzi, temporanei o stabili che siano. Ad es. febbre, farmaci, invalidità psicofisica, etc… La stipsi acuta (quindi temporanea e facilmente regredibile) è quasi sempre secondaria.

Stispi cronica
La Stipsi cronica va distinta dalla semplice stipsi generica (acuta o saltuaria), in quanto a differenza da quest’ultima costituisce una condizione a tutti gli effetti clinica e perché il trattamento iniziale di questa con modificazioni dietetiche, uso di fibre, tentativi di regolarizzare l’alvo e lo stile di vita non è sostenuto da solide evidenze cliniche ed è spesso causa di notevole frustrazione da parte dei pazienti. Costituisce infatti una falsa convinzione che questa condizione, anche nelle sue forme più severe, sia una variante fisiologica, più o meno mal sopportata, dello stato di salute e non una condizione clinica che, quando di grado severo, può essere incapacitante. La Stipsi cronica in media è autodiagnosticata dal paziente, talvolta incontrando difficoltà perché i non specialisti possono attribuirne i sintomi ad altre patologie o sindromi.

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Identificazione e classificazione
La stipsi cronica clinicamente è divisibile in:

  • stipsi silente
  • stipsi complicata
  • stipsi riferita

Inizialmente questa sarebbe stata definita dagli stessi pazienti, secondo criteri soggettivi, in termini di ridotta frequenza dell’alvo e disturbi addominali imputati ad una difficoltosa ed insufficiente evacuazione (stitichezza quantitativa). Alcuni studiosi indicarono il criterio di 3 evacuazioni per settimana (il 98° percentile della frequenza dell’alvo statisticamente riportata dalla popolazione adulta) come frequenza minima per non considerarsi affetti dal disturbo. Il punto è che evacuare ogni 2-3 giorni è potenzialmente ancora considerabile normale e il 60% di coloro che si definiscono stitici hanno un’attività apparentemente in termini di frequenza più regolare della norma (una volta al giorno), accusando i sintomi di una stitichezza fisiologica sulla base di un malessere esclusivamente soggettivo. Oggi si procede alla diagnosi in base ai Criteri di Roma III. Per esser definita cronica  la stipsi:

  • deve presentare almeno alcune caratteristiche (ad es. sforzo, sensazione di incompleto svuotamento, meno di 3 evacuazioni a settimana, …) negli ultimi 3 mesi con un esordio da almeno 6 mesi
  • le cosiddette “feci non formate” si presentano raramente senza lassativi
  • non deve rientrare nella diagnosi di Sindrome dell’intestino irritabile

Primitiva o secondaria
La stipsi cronica può essere primitiva o secondaria. E’ secondaria se generata da fattori terzi, ad es. farmaci, invalidità psicofisica, etc… cioè può essere secondaria a numerose condizioni morbose, nosologicamente determinate, in cui il sintomo è quindi ciò che si manifesta di una patologia organica gastrointestinale o extraintestinale. Nella maggior parte dei casi la stipsi cronica è primitiva o idiopatica, rappresenta cioè un’entità autonoma che, in assenza di lesioni organiche o biochimiche, è ricollegabile a patologia cosiddetta «funzionale» della motilità del viscere. Nella pratica clinica si distingue nelle forme di stipsi idiopatica:

  • la stipsi cronica idiopatica semplice, che risponde ai comuni trattamenti medici
  • la stipsi cronica idiopatica intrattabile, che non risponde ai comuni presidi terapeutici di tipo medico ed è suscettibile di approccio chirurgico.

Caratteristiche e sintomi
Le dosi fecali sono scarse e spesso hanno un aspetto molto secco e duro; la defecazione non è mai completa. Come esame complementare si può usare la manometria colica delle 24 ore e clisma opaco ed eventualmente la defecografia. Può essere utile per monitorizzare nel tempo la consistenza delle feci e i miglioramenti ottenuti con la terapia l’uso della Bristol stool scale. Il quadro clinico della stipsi cronica non è però dato solo dalla frequenza e difficoltà con cui si va al bagno ma anche da una serie di sintomi spesso associati (ad es. gonfiore e dolore addominale) e dal come tutto questo interagisce con l’esistenza e la quotidianità psicosociale della persona.

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Terapie della stipsi
La diagnosi è multifattoriale e talvolta complessa, quindi le terapie possono variare. In media tra i farmaci utilizzati c’è in via preferenziale il macrogol, in via secondaria il prucalopride. Nei casi in cui la stipsi cronica sia effetto e parte della Sindrome dell’Intestino Irritabile negli ultimi anni è emerso che un notevole miglioramento sia dato dalle diete a basso contenuto di Fodmap. Per approfondire leggi: Stitichezza o stipsi acuta e cronica: terapie farmacologiche

Cause
La stipsi specie quella cronica essendo un sintomo e una sindrome può essere causata da numerosi fattori (di cui un tot sono di matrice ambientale psicologica e persino soggettiva) tra cui anche – ma assolutamente non per forza o solo – da coprostasi (movimento troppo lento del materiale digerito attraverso il colon, che determina una eccessiva quantità di acqua assorbita dall’intestino) che a sua volta può essere dovuta a molti fattori (insufficiente assunzione di liquidi, stati di decubito prolungato).

Cause primarie

Funzionali

  • idiopatica;
  • malattia di Hirschsprung;
  • pseudo-ostruzione intestinale;
  • malattia di Chagas;
  • miopatia congenita dello sfintere anale;
  • iperglanglionosi;
  • Iipogangliosi;
  • inertia coli;
  • anismo o dissinergia pelvica;

Ostruttive

  • Stenosi (derivate da malattie infiammatorie croniche intestinali, neoplasie o disfunzioni anatomiche)
  • Outlet obstruction (prolasso mucoso,sindrome del perineo discendente…)

Ginecologiche

  • Rettocele;
  • Rilassamento pelvico.

Cause secondarie

Malattie connettivali

  • Amiloidosi;
  • Sclerosi sistemica.

Malattie batteriche

  • Tubercolosi intestinale;

Stile di vita

  • Disidratazione;
  • Scarsa assunzione di fibre alimentari;
  • Sedentarietà;
  • Soppressione o posposizione volontaria della defecazione.

Farmaci

  • Antiacidi;
  • Anticolinergici;
  • Anticonvulsivanti o Antiepilettici;
  • Antidepressivi;
  • Antistaminici;
  • Antiparkinsoniani;
  • Antipsicotici;
  • Calcio-Antagonisti;
  • Calcio supplementi;
  • Diuretici;
  • Terapia marziale;
  • Lassativi per usi cronici (specie con gli stimolanti/irritanti p.e.: Antrachinonici);
  • Antinfiammatori FANS;
  • Oppiodi Maggiori;
  • Oppiodi minori;
  • Antitussigeni;
  • Codeino simili;

Malattie metaboliche

  • Diabete Mellito;
  • Avvelenamento da metalli pesanti;
  • Avvelenamento da mercurio
  • Ipercalcemia;
  • Ipokaliemia;
  • Ipotiroidismo;
  • Ipomagniesemia;
  • Porfiria;
  • Uremia.

Malattie neurologiche

  • Neuropatia autonomica;
  • Sclerosi multipla;
  • Neuropatie paraneoplastiche;
  • Morbo di Parkinson.

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Disturbi psichiatrici

  • Disturbi del comportamento alimentare;
  • Stress situazionale.

Rimedi
Nei casi di stipsi lieve e saltuaria (ed escludendo i casi in cui la stitichezza dipende da fattori patologici gravi) si indicano le seguenti misure:

  • Camminare di più o realizzare un’altra attività che ponga in movimento il corpo. Normalmente aiutano 20 minuti di movimento al giorno a ritmo accelerato e per tonificare la muscolatura addominale e stimolare quella intestinale; svolgere, lontano dai pasti, un’intensa attività fisica di tipo “cardio” è sicuramente un valido aiuto contro la stitichezza.
  • In determinati casi maggior quantità di fibre alimentari: legumi, verdura cotta e soprattutto cruda, cereali, e in generale tutti gli alimenti ricchi di fibre vegetali: psillio, crusca.
  • Assumere maggior quantità di liquidi: acqua (a digiuno), brodo, latte, succo di frutta.
  • Evitare invece di assumere fibre nei casi in cui la stipsi sia dovuta da patologie funzionali come morbo di Hirschsprung, da problemi motori come la pseudo ostruzione intestinale oppure da problemi anatomici come le stenosi.

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Differenza tra stipsi, stitichezza e costipazione

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma DIFFERENZA STIPSI STITICHEZZA COSTIPAZIO Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgTempo fa un paziente mi ha fatto questa domanda:

Che differenza c’è tra stipsi, stitichezza e costipazione?

Nessuna richiesta è banale quando si tratta della nostra salute. La risposta a questa domanda è estremamente semplice: non esiste alcuna differenza tra stipsi, stitichezza e costipazione, sono tre sinonimi che indicano lo stesso identico disturbo consistente nella difficoltà nell’atto della defecazione, cioè l’insieme degli atti fisiologici, volontari ed involontari, che determinano l’espulsione delle feci, raccolte nell’intestino crasso, attraverso l’ano, necessario per svuotare in tutto od in parte l’intestino.

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Articolazione temporo mandibolare (ATM): anatomia, funzioni e patologie

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Anatomia dell’articolazione temporo-mandibolare

L’articolazione temporo-mandibolare (da cui l’acronimo “ATM“), mostrata nel quadrato evidenziato in rosso nella figura in alto, è una diartrosi condiloidea doppia che si occupa di articolare i due condili mandibolari con le fosse mandibolari delle due ossa temporali. L’articolazione viene considerata doppia perché tra il condilo mandibolare e le fosse mandibolari si inserisce un disco che va a suddividere l’articolazione in:

  • temporo-meniscale;
  • mandibolo-meniscale.

Entrambe le superfici articolari sono rivestite da fibrocartilagine composta da 4 strati sovrapposti. Il disco invertebrale invece ha una forma ovolare ed è formato da una parte di tessuto e una parte di cartilagine.

Le ossa presenti nell’articolazione sono:

  • processo condiloideo: ha una forma oivoidale che anteriormente e inferiormente si ristringe;
  • fossa mandibolare: è laterale all’ala dello sfenoide e posteriore al tubercolo articolare; risulta essere inclinata di 25° rispetto al piano occlusale.

I legamenti presenti sono:

  • legamento temporo-mandibolare;
  • legamento collaterale;
  • legamento sfeno-mandibolare;
  • legamento stilo-mandibolare.

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Funzioni dell’articolazione temporo-mandibolare

L’articolazione temporo-mandibolare si occupa di far muovere la mandibola per favorire la fonazione e la masticazione. In particolare si distinguono i seguenti movimenti:

  • movimenti simmetrici: apertura, chiusura, protusione, retrusione;
  • movimenti asimmetrici: lateralità, masticatori, movimenti automatici;
  • movimenti limite;
  • movimenti di contatto: quelli che prevedono il contatto fra i denti;
  • movimenti liberi.

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Patologie dell’articolazione temporo-mandibolare

Come qualsiasi parte del nostro corpo, anche l’articolazione temporo-mandibolare può essere interessata da patologie, traumi e malformazioni che vanno trattate con dei trattamenti specifici, tra queste le più diffuse sono:

  • sindrome temporo-mandibolare;
  • lussazione temporo-mandibolare;
  • dislocazione del menisco;
  • frattura della mandibola;
  • sindrome di Costen.

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Acalasia esofagea: cause, sintomi, cure e prevenzione

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma ACALASIA ESOFAGEA CAUSE SINTOMI CURE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgL’acalasia esofagea è una rara patologia dell’esofago a eziologia non nota caratterizzata da un disturbo della motilità esofagea che si esprime con un ipertono dello sfintere esofageo inferiore (che si rilascia incompletamente e in modo non coordinato con passaggio del cibo) e con l’assenza della peristalsi fisiologica a livello del corpo esofageo. Ne derivano disfagia (difficoltà a deglutire), rigurgito, scialorrea, calo ponderale e dolore toracico; inoltre la condizione determina generalmente la comparsa di una dilatazione dell’esofago che può assumere una forma cosiddetta “sigmoidea” caratterizzata da curvature nel tratto sovradiaframmatico, con possibili lesioni al tratto terminale.
Chi soffre di acalasia ha un’incidenza di insorgenza di carcinoma dell’esofago (sia squamo cellulare che adenocarcinoma) cinque volte superiore alla media.

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Quanto è diffusa l’acalasia esofagea?
L’acalasia ha una prevalenza di 1/10.000, senza differenze tra i due sessi e con la massima frequenza tra i 30 e i 50 anni.

Quali sono le cause dell’acalasia esofagea?
L’acalasia esofagea è considerata una malattia rara e le sue cause non sono ancora note.

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Quali sono i sintomi dell’acalasia esofagea?
Il sintomo principale è la disfagia, cioè la difficoltà a deglutire e la sensazione di arresto del bolo alimentare nell’esofago. La disfagia si manifesta sia per i liquidi che per i solidi, ma inizialmente può essere paradossa, perché il paziente deglutisce bene i solidi, ma non i liquidi, in quanto i solidi grazie al loro maggior peso possono progredire più facilmente lungo l’esofago, anche in assenza di peristalsi. Gli altri sintomi comprendono:

  • rigurgito di cibo indigerito nel 70% dei casi, soprattutto notturno, favorito dal decubito;
  • tosse notturna, causata dal rigurgito che può penetrare nelle vie respiratorie;
  • polmonite ab ingestis, una complicazione del precedente sintomo;
  • scialorrea (eccessiva salivazione);
  • alitosi, poiché il cibo che ristagna nell’esofago fermenta e dà alitosi;
  • dolore toracico e pirosi possono essere presenti nel 30% dei casi, quale conseguenza di aumentata pressione esofagea o esofagite da stasi;
  • perdita di peso.

Come prevenire l’acalasia esofagea?
Attualmente non esistono validi strumenti di prevenzione. Sono in corso diversi studi volti a comprendere i meccanismi genetici che possono determinare la suscettibilità a sviluppare questa malattia.

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Diagnosi 
La diagnosi viene sospettata sulla base dei sintomi, di una lastra dell’esofago e dello stomaco e della gastroscopia. Tuttavia l’accertamento diagnostico deve passare attraverso l’esecuzione di una manometria esofagea, ossia di una metodica diagnostica che registra l’attività pressoria del viscere.

Trattamenti 
La terapia medica sostanzialmente non è efficace e con effetti collaterali importanti.
Le terapie “meccaniche” deputate alla rimozione dell’ostacolo al deflusso del contenuto dell’esofago possono essere di aiuto nel contrastare i sintomi. Queste possono essere endoscopiche (dilatazione pneumatica; ma si sta sviluppando anche una tecnica detta POEM: ovvero una miotomia, che prevede la sezione delle fibre muscolari dell’esofago, attraverso un’endoscopia flessibile trans orale) o chirurgiche (miotomia per via addominale).
L’intervento di miotomia extramucosa con plastica antireflusso viene eseguito per via laparoscopica (si introducono nell’addome mediante delle cannule, la telecamera e gli strumenti chirurgici) ed è pertanto un intervento mininvasivo. Il paziente viene operato in anestesia generale.
La miotomia prevede la sezione delle fibre muscolari ipertrofiche esofago–gastriche; la sede della miotomia viene poi “coperta” dal fondo gastrico in modo da ridurre la possibilità di avere un reflusso gastro-esofageo postoperatorio.

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Alimentazione e disfagia nel paziente con morbo di Parkinson

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma ALIMENTAZIONE DISFAGIA MORBO PARKINSON Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgI muscoli e i nervi che controllano la digestione possono essere influenzati dalla malattia, con conseguente costipazione e gastroparesi (il cibo rimane nello stomaco per un periodo di tempo più lungo del normale). Una alimentazione equilibrata, sulla base di periodiche valutazioni nutrizionali, è consigliata e deve essere finalizzata ad evitare la perdita o il guadagno di peso e a ridurre al minimo le conseguenze delle disfunzioni gastrointestinali.

Disfagia nella malattia di Parkinson

Con l’avanzare della malattia, può comparire la disfagia, ossia la difficoltà nella deglutizione. In questi casi può essere utile usare addensanti per l’assunzione di liquidi e assumere una postura eretta quando si mangia, poiché entrambe le misure riducono il rischio di soffocamento. Nei casi più gravi si può ricorrere alla gastrostomia per far giungere il cibo direttamente nello stomaco.

Dieta e levodopa

Il farmaco levodopa (usato nel trattamento della malattia di Parkinson) e le proteine utilizzano, in concorrenza, lo stesso sistema di trasporto nell’intestino e nella barriera emato-encefalica. Questo comporta che, se assunti insieme, l’efficacia del farmaco appaia ridotta. Pertanto, quando si fa uso di levodopa, si sconsiglia il consumo eccessivo di proteine e viene raccomandata una dieta mediterranea equilibrata. Negli stadi avanzati, l’assunzione supplementare di prodotti ipoproteici, come pane o pasta, viene consigliata per ragioni analoghe. Per minimizzare l’interazione con le proteine, la levodopa deve essere assunta 30 minuti prima dei pasti.

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Pesce a tavola: i trucchi per riconoscere quello fresco

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma TAVOLA TRUCCHI SCEGLIERE PESCE FRESCO Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgPer avere un pesce di qualità a tavola, è importante saperlo scegliere quando si acquista. Ma come capire se il pesce è di qualità e, soprattutto, se è fresco o no? L’occhio, le branchie, la pelle, le squame, il peritoneo, la colonna vertebrale e la carne possono lanciare dei segnali che, colti durante l’acquisto e la scelta del pesce, possono aiutarti a distinguere quello fresco da quello andato a male. Ma come interpretarli?

Se il pesce è fresco…

  • L’occhio è bombato (convesso), la cornea trasparente e la pupilla nera e brillante;
  • Le branchie sono di colore rosso vivace e senza muco. L’odore delle branchie (e della cavità addominale) è di alghe marine;
  • La pelle è di colore vivo, senza decolorazioni. Il muco cutaneo, presente naturalmente sulla superficie del pesce, è acquoso e trasparente;
  • Le squame aderiscono alla pelle. La carne è compatta ed elastica;
  • Il peritoneo, la membrana che riveste la cavità addominale, nel pesce fresco, aderisce alla carne;
  • La colonna vertebrale si spezza invece di staccarsi; internamente, lungo la colonna, non è presente alcuna colorazione.

Se il pesce non è fresco…

  • l’occhio è incavato al centro, la cornea lattiginosa e la pupilla è grigia;
  • Il colore delle branchie tende al giallastro ed è presente muco lattiginoso. L’odore delle branchie (e della cavità addominale) è acre;
  • La pelle si presenta spenta o in uno stato più avanzato di deperimento; il muco è grigio-giallognolo e opaco;
  • Le squame si staccano con facilità dalla pelle;
  • La carne è molla e flaccida;
  • Il peritoneo non aderisce alla cavità addominale e la colonna vertebrale si stacca. Inoltre, la zona lungo la colonna vertebrale, diventa di colore sempre più rosso con l'”invecchiamento”.

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Lo staff di Medicina OnLine

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Sindrome temporo-mandibolare: cause, sintomi, diagnosi e cure

MEDICINA ONLINE ARTICOLAZIONE TEMPORO MANDIBOLARE ATM MANDIBOLA MASCELLA ANATOMIA FUNZIONI FISIOLOGIALa sindrome temporo-mandibolare è un disturbo che interessa l’articolazione omonima che collega l’osso temporale del cranio alla mandibola oppure i muscoli e i legamenti a supporto. L’articolazione temporo-mandibolare deve essere perfettamente allineata in modo da favorire la corretta masticazione; nei casi in cui non è presente un corretto allineamento, i muscoli e i legamenti a supporto si sforzano per compensare i movimenti errati e viene danneggiata tutta l’articolazione. Tra le cause più accrediatate che possono provocare la patologia vi sono: artrosi dell’articolazione, traumi della mandibola, traumi al collo e altre cause che analizzeremo nel prossimo paragrafo. I pazienti colpiti dalla patologia mostrano una certa difficoltà nell’apertura della bocca accompagnata da schiocchi, blocchi improvvisi e scricchiolii. Esistono diversi trattamenti medici per alleviare il dolore e la tensione muscolare e tra questi sono consigliate anche delle sedute di Agopuntura.

Cause e fattori di rischio

Le cause che spesso provocano la sindrome temporo-mandibolare sono:

  • trauma alla mandibola;
  • trauma al collo;
  • trauma alla testa;
  • artrosi dell’articolazione temporo-mandibolare;
  • malocclusione;
  • otturazione eseguita male;
  • protesi dentale eseguita male;
  • dislocazione articolare;
  • digrignamento notturno dei denti.

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Sintomi e segni

La sindrome temporo-mandibolare si caratterizza per la difficoltà ad aprire correttamente la bocca. Spesso la bocca si può bloccare in una determinata posizione provocando dolori improvvisi, scricchiolii, schiocchi e blocchi momentanei. Oltre a ciò possono manifestarsi altri sintomi come:

  • mal di testa;
  • mal di denti;
  • cefalea;
  • dolore al collo;
  • dolore al viso;
  • dolore alle orecchie;
  • vertigini;
  • ronzii;
  • muscoli mandibolari indolenziti.

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Diagnosi

Per diagnosticare la sindrome che colpisce l’articolazione temporo-mandibolare è necessario effettuare:

  • anamnesi (raccolta delle informazioni del paziente, delle sue abitudini alimentari, di altre patologie, dei suoi sintomi…);
  • esame obiettivo (osservazione della zona interessata e raccolta dei segni);
  • indagini di laboratorio come analisi del sangue;
  • indagini strumentali come radiografia, TC o risonanza magnetica dell’articolazione.

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Terapie

Per trattare il dolore è consigliato assumere: aspirine, FANS e miorilassanti. Poi è necessario utilizzare un Bite (apparecchio in resina che si appoggia sull’arcata dentaria superiore o inferiore) per evitare di digrignare i denti. Per alleviare la tensione muscolare, i dolori e il mal di testa è consigliato effettuare delle sedute di Agopuntura. E’ consigliato preferire cibi morbidi ai cibi croccanti. Nei casi in cui è presente una malformazione anatomica dell’articolazione, può essere opportuno l’intervento chirurgico.

Per approfondire:

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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