E’ notte, penso troppo e torno ad aver paura

MEDICINA ONLINE DONNA TRENTANNI SINGLE PAURA RAPPORTO SESSO SAD TRISTE PIANTO RAGAZZA FIDANZATA AMORE PRINCIPESSA TRISTEZZA DEPRESSIONE MENTE EMOZIONI SESSO SEX GIRL YOUNG CUTE CRYING VEFin dai tempi lontanissimi, l’arrivo dell’oscurità era il momento in cui le paure si impossessavano del cuore dell’uomo. La paura del buio è una delle paure primordiali dell’uomo. Per gli uomini primitivi, che vivevano immersi nella natura, il buio era portatore di pericoli e predatori, quindi di grandi paure. Nel tempo poi, i predatori dell’oscurità si sono trasformati in demoni. Perché è proprio il non poter vedere cosa abbiamo davanti che ci inquieta. Da qui nasce la paura dell’ignoto. Oggi viviamo in una società piena di confort. Le nostre case sono ben illuminate e abbastanza solide. Il tutto ci dona un certo senso di sicurezza. E allora questa paura dell’ignoto e dell’oscurità da dove proviene? La possiamo esclusivamente ricondurre ad un retaggio di sensazioni arcaiche? Probabilmente no.

Intimità
Nella nostra epoca abbiamo la possibilità di fare un’altra esperienza della sera rispetto al passato. La possiamo vivere come un tempo di raccoglimento, di intimità, di tepore, di protezione. Per esempio in alcuni tipi di depressione è il mattino il momento più brutto del giorno, e non la sera, perché la sofferenza è racchiusa nell’idea di affrontare un’altra nuova giornata di dolore, che appare come una montagna impossibile da scalare. Ho un amico musicista. Per lui la sera, e di conseguenza la notte, sono il momento migliore della giornata. Per molte persone creative infatti, la notte rappresenta il periodo in cui la vena creativa si esprime maggiormente.

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Mancanza di controllo
Coloro che soffrono, con l’arrivo della sera e soprattutto con l’inoltrarsi della notte, di paure “ingiustificate” di solito manifestano nella loro vita un forte bisogno di controllo sulla realtà. È frequente che queste persone si sentano meglio quando sono indaffarate, piene di cose da fare, quando sono dentro l’azione. Il difficile per loro è fermarsi, stare nelle sensazioni. Hanno sempre qualcosa da fare. Preferiscono fare piuttosto che stare. Cosa intendo per stare? Intendo essere presenti, viversi a pieno la situazione, assaporarla, fermarsi a sentire cosa accade dentro se stessi. Per esempio sono al mare davanti ad un bellissimo tramonto; invece di godermi lo spettacolo, dopo poco tempo penso già a cosa farò quando tornerò a casa, “Devo farmi la doccia, poi faccio questo o farò quest’altro, però quella cosa che ho visto ieri potrebbe essere un’idea e via così…”. Come possiamo notare, sono completamente da un’altra parte. Sono nell’azione futura, non riesco a stare nel presente. Agire diventa un modo per non entrare in contatto con le proprie sensazioni, pensieri, emozioni e vissuti. Agendo, facendo delle cose, si tiene a bada la realtà esterna, ma anche quella interna.

Confrontarsi con noi stessi
Quando arriva la notte, tutto prende ritmi più lenti. Si spengono le luci ed ecco venir fuori tutte quelle cose che durante il giorno abbiamo tenuto sotto controllo, a cui non abbiamo dato ascolto. Se gradualmente ci si confrontasse con questo aspetto della nostra personalità, potremmo piano a piano migliorare le nostre capacità di “stare” nelle varie situazioni durante il giorno. Questo vuol dire dare spazio alle nostre insicurezze, ascoltarle, conoscerle. Invece che immergersi nelle cose da fare, ogni tanto si potrebbe fare che ci si dedica alle nostre insicurezze, così da diventare sempre più bravi nell’affrontarle. Così di notte, le paure non avranno bisogno di farsi sentire.

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La natura non smette mai di stupirmi

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma LA NATURA E UN POSTO MERAVIGLIOSO Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgGuardate la bellezza di questa immagine: la natura è non smette mai di stupirmi! E’ così anche per voi?

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo

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E’ possibile vivere oltre i 125 anni?

MEDICINA ONLINE ANZIANO VECCHIO NONNO NONNI TERZA ETA SOLITUDINE DIABETE PATOLOGIE AIUTO SUPPORTOLa rivista “Nature” ha recentemente pubblicato uno studio nel quale si cerca di capire se possa esistere o meno un limite naturale all’età degli esseri umani. Secondo gli studiosi, la crescita della durata massima della vita è destinata a rallentare fino al capolinea. In pratica i ricercatori avrebbero trovato un punto limite: la probabilità che un essere umano viva più di 125 anni è una su 10 mila. Sempre secondo gli scienziati questo limite non sarebbe dovuto a geni programmati per la morte o l’invecchiamento, ma si tratterebbe di un effetto collaterale dettato dalle 3 fasi principali della vita: nascita, crescita e riproduzione.

Uno studio tutto americano

Dopo aver analizzato i dati dello Humanity Mortality Database, l’equipe di ricercatori capeggiato da Jan Vijg dell’Albert Einstein College Of Medicine di New York, ha osservato che il maggior aumento dell’aspettativa di vita si è registrato nel 1980. Dopo questa data tale aspettativa è rimasta pressochè invariata. Successivamente gli scienziati hanno scrutato a fondo i dati raccolti dall’International Database on Longevity per trovare gli esseri umani più longevi di sempre di Francia, Giappone, USA e Gran Bretagna. Dopo aver analizzato attentamento ogni risultato hanno dichiarato che dopo la morte di Jeanne Calment, avvenuta nel 1997 alla veneranda età di 122 anni, sarà veramente difficile che qualcuno possa vivere più di lei. Una probabilità su 10 mila è una cifra davvero molto bassa, ma non impossibile da raggiungere. Chissà se qualcuno sopravvivrà abbastanza da smentire le ricerche di questi scienziati. Per dirla con un termine calcistico: “Finché la matematica non ci condanna si può sperare”.

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Cosa si prova a vivere il proprio funerale?

MEDICINA ONLINE COSA SI PROVA A VIVERE IL PROPRIO FUNERALE MORTE CHIESA BARA SENSAZIONE.JPGTutti noi, almeno una volta nel corso della nostra vita, abbiamo pensato a come sarebbe stato il nostro funerale, immaginandone gli scenari e con la curiosità di “vedere dal vivo” quali sarebbero stati le reazioni e i comportamenti di amici e parenti. Anthony De Luca, un giovane artista bolognese noto per le sue performance irriverenti con cui ama giocare mescolando vita, arte e morte, ha fatto molto di più: ha realmente organizzato il proprio “funerale da vivo” osservandolo direttamente dalla bara per cogliere con ironia “gli ultimi scatti artistici” della propria esistenza.

Ci pensavo da anni! E mi sono sempre chiesto: come sarà il mio funerale? Quanta gente verrà? In quanti piangeranno? Così mi sono dato da fare per far svolgere le mie esequie in anticipo (mi auguro con molto anticipo!) e da vivo. L’intento era quello di vivere un evento che non sarei mai riuscito a vedere! Ho inserito su Facebook un annuncio a cui hanno risposto centinaia di persone, ho fatto affiggere necrologi in tutta Bologna e ho informato la stampa. Molti hanno compreso le mie intenzioni lasciando commenti divertenti ed entusiasti; qualcuno mi ha subito telefonato preoccupato per capire effettivamente se fosse uno scherzo; altri ancora hanno avuto qualche istante di esitazione. Ancora oggi ricevo telefonate in cui mi sento dire: ma allora sei vivo? E qualcuno, dopo la mia risposta positiva, aggiunge scherzosamente: ah, peccato!”.

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L’evento si è consumato martedì 4 maggio 2010 in una Bologna cui la fitta pioggia conferiva un ulteriore tocco di tristezza e di malinconia.

È stato un funerale proprio come quello che desidero abbia luogo quando sarà il momento. Ho cercato di avere tutto ciò che mi occorreva: bara, macchina, corteo, prete, banda musicale in perfetto stile New Orleans e un palazzo storico per l’allestimento della camera ardente. Amici, parenti e qualche conoscente, tutti con impeccabile look e mood triste, hanno atteso in piazza VIII Agosto l’arrivo dell’ auto funebre con la bara. Da lì è partito un corteo di circa 200 persone, accompagnato da una banda musicale di bravissimi jazzisti, che ha percorso parte del centro storico, con una piccola sosta per una breve commemorazione in Piazza Maggiore. Poi si è mosso verso Palazzo Gnudi, sempre sotto la pioggia battente. I necrofori hanno sorretto il feretro per più di un’ora, bagnandosi e sostenendo anche il mio peso. Sì, perché io ero realmente dentro la bara. Alle ore 21,30 è stata allestita la camera ardente in una magnifica location. Qui il cofano era aperto e all’interno io giacevo immobile, con gli occhi chiusi. Durante la “veglia” tutti potevano avvicinarsi per un ultimo bacio, per sussurrarmi una frase o per scattare una fotografia. L’ultima. Di sfondo la toccante proiezione di immagini mie da bambino: felice, giocoso e già in tenera età travestito per giocare con la mia identità e con la fantasia. La musica di accompagnamento, malinconica, ha commosso tantissime persone. L’ultimo commiato ad opera di un prete-attore e poi l’applauso di circa 600 persone ha accompagnato la chiusura della bara con il mio corpo all’interno”.

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Sempre all’interno del feretro! Come si sta? Che sensazioni si provano?
Ho voluto che tutto fosse il più autentico possibile. Qualche giorno prima avevo fatto delle prove per comprendere quanta aria ci fosse: per circa 20 minuti si può respirare tranquillamente. Abbiamo creato un piccolo spiraglio per fare passare una cannuccia in caso mi necessitasse prendere aria e comunque avevo con me il cellulare in caso di malesseri, di mancamenti o di attacchi di panico. Ogni tanto un mio caro amico arruolato fra i necrofori bussava alla parete della cassa e io rispondevo per far capire che era tutto ok. Ho trovato comunque il modo di divertirmi anche mentre “soffocavo” in quello spazio ristretto: ho portato con me una videocamera ed una piccola macchina fotografica e presto, su Youtube, sarà possibile vedere un funerale vissuto da dentro una bara. Magnifiche e divertentissime le reazioni della gente durante il corteo: tutti correvano fuori dai negozi, dai ristoranti, sospendevano le loro attività per cercare di comprendere, senza riuscirvi, cosa stesse accadendo. Le facce erano sbalordite, qualcuno si faceva il segno della croce, altri si lasciavano andare a gesti scaramantici. Le reazioni più curiose le ho osservate passando di fianco ai bar all’ora dell’aperitivo: chi stava sorseggiando un cocktail, spensierato e ignaro, all’improvviso si è visto arrivare una bara “scortata” da 200 persone. C’era incredulità e stupore: la gente cercava conferma negli sguardi degli altri, ma con tanta insicurezza su come comportarsi”.

Una organizzazione perfetta.
C’è voluto un po’ di tempo: tutto è stato fatto in maniera autonoma e senza alcun budget, ma con il fondamentale aiuto di molte persone che mi hanno supportato per affetto o perché credevano nell’idea. Determinante è stato Massimo Benetti, Presidente del Consorzio Imprese Funebri di Bologna, una persona squisita che mi ha messo a disposizione tutto l’occorrente. Ho peregrinato per anni cercando il sostegno di produttori e di impresari funebri, ma sono stato sempre snobbato. L’incontro con Massimo è stato quasi casuale; la sua intelligenza e la sua ironia hanno colto immediatamente il significato di ciò che avrei voluto realizzare. Ed è stato un prezioso consigliere anche sulla scelta dei materiali: Benetti sa già che quando sarà il momento vorrei avere una bara bianca identica a quella che abbiamo utilizzato e la medesima imbottitura. È stata una emozione davvero forte! Consiglierei a tutti di provarla: è una esperienza davvero unica e apre lo sguardo a diversi punti di vista. Centinaia di persone che vengono al tuo funerale da vivo per commuoversi, per divertirsi, per curiosità o semplicemente per stare al gioco. Alcuni ti accarezzano, altri ti baciano e tu non puoi muoverti o aprire gli occhi per guardarli e per ricambiare il gesto affettuoso. Qualcuno ha sussurrato frasi spiritose, altri hanno portato fiori o infilato nelle mie tasche bigliettini con dediche. Ho davvero realizzato il mio sogno vivendo l’evento che mai potrò godermi nella vita!”.

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Sarò iperteso per tutta la vita? Dovrò continuare ad assumere il farmaco per sempre?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma differenza pressione arteriosa venosa Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PeneIl più delle volte l’ipertensione arteriosa è una patologia che l’iperteso avrà per tutta la vita. La terapia farmacologica che controlla la pressione va quindi assunta per tutto il resto della vita, in rari casi la cura è temporanea, ma questo non è prevedibile nel momento in cui si inizia. La terapia va verificata nel tempo, spesso necessita di variazioni, a volte aumento, a volte riduzione dei dosaggi, a volte cambiamenti della molecola o degli orari di assunzione.

Il farmaco, o i farmaci, antipertensivo deve essere assunto ogni giorno con regolarità, per evitare pericolosi picchi pressori che possono aumentare il rischio di infarto del miocardio ed ictus cerebrale.

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Differenza tra prevenzione primaria, secondaria, terziaria e quaternaria con esempi

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma MORBO ALZHEIMER PSICOSOCIALE COGNITIVO Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PeneCon “prevenzione” si intende un ampio gruppo di attività, azioni ed interventi che mira a promuovere la salute dell’individuo e della collettività riducendo:

  • la morbilità (il numero di malati in un dato periodo e gruppo);
  • la mortalità;
  • gli effetti dovuti a determinati fattori di rischio o ad una certa patologia (“profilassi”).

Tali obiettivi si ottengono con una serie di attività che non sono necessariamente mediche, ad esempio anche l’educazione alimentare nelle scuole è una forma di prevenzione, dal momento che i giovani studenti – imparando a mangiare in modo sano – avranno un minor rischio di sviluppare sovrappeso ed obesità, fattori di rischio per diabete, ipertensione, infarto del miocardio ed ictus cerebrale. Anche le campagne antifumo sono una forma di prevenzione di tutte le patologie correlate alla sigaretta, come il tumore del polmone e del pancreas. Iscrivere il proprio figlio a scuola nuoto è un altro esempio di prevenzione, perché una adeguata attività fisica previene le patologie cardiovascolari e polmonari. La prevenzione coinvolge quindi varie figure e professioni in campo sanitario ma non solo: medico, infermiere, fisioterapista, insegnante, psicologo, psicoterapeuta, genitore. In realtà virtualmente qualsiasi cittadino di uno Stato partecipa in ogni momento, direttamente o indirettamente, alla “prevenzione”.

Obiettivi

Gli obiettivi della prevenzione sono principalmente cinque:

  1. evitare la malattia nel singolo e nella popolazione;
  2. controllare la diffusione delle malattie nelle popolazioni;
  3. eradicare le malattie;
  4. favorire il reinserimento familiare, sociale e lavorativo del malato;
  5. aumentare la qualità della vita del malato.

Non tutti questi obiettivi sono oggi realisticamente raggiungibili. Esistono tre livelli di prevenzione, che si riferiscono ad atti e fasi diverse: primario, secondario e terziario. Ogni livello agisce in sinergia con gli altri due per raggiungere gli obiettivi prima elencati.

Prevenzione primaria

La prevenzione primaria è la forma principale di prevenzione, il suo obiettivo è l’adozione di interventi e comportamenti in grado di evitare o ridurre a monte l’insorgenza e lo sviluppo di una malattia o di un evento sfavorevole. Lo scopo è quindi quello di evitare che una malattia si presenti, in individui sani. In parole semplici: “la malattia ancora non c’è e si vuole prevenirne la comparsa“. La maggior parte delle attività di promozione della salute verso la popolazione sono di questo tipo, in quanto mirano a ridurre i fattori di rischio da cui potrebbe derivare un aumento dell’incidenza di quella patologia. Frequentemente la prevenzione primaria si basa su azioni a livello comportamentale o psicosociale (educazione sanitaria, interventi psicologici e psico-educativi di modifica dei comportamenti, degli atteggiamenti o delle rappresentazioni). Esempi di prevenzione primaria sono rappresentati dalle campagne antifumo promosse dai governi, dall’educazione alimentare nelle scuole, dalla vaccinazione. Anche il semplice gesto di lavarsi le mani rappresenta un tipo di prevenzione primaria, da ciò si intuisce quanto sia importante il ruolo dei genitori e dei maestri nei primi anni di vita del bambino, per lo sviluppo di una corretta educazione alla salute.

Prevenzione secondaria

La prevenzione secondaria riguarda invece individui clinicamente sani che presentano un danno biologico già in atto, con lo scopo di guarire la lesione prima che la malattia si manifesti clinicamente. In parole semplici: “la malattia c’è già ma si vuole diagnosticarla il più presto possibile, ancora prima che il paziente si accorga di averla“. Lo strumento della prevenzione secondaria è la diagnosi precoce, la cui attuabilità e la cui utilità differiscono a seconda delle caratteristiche delle varie malattie. Lo strumento cardine è lo screening, che permette la precocità di intervento e aumenta le opportunità terapeutiche, migliorandone la progressione e riducendo gli effetti negativi. Un esempio di prevenzione secondaria è lo svolgimento del Pap test e la mammografia nella popolazione femminile sana o il controllo della prostata negli uomini adulti, principalmente allo scopo di prevenire varie forme di tumore.

Per approfondire leggi: Test di screening: cos’è, definizione, prevenzione, esempi

Prevenzione terziaria

Con “prevenzione terziaria” si indica non tanto la prevenzione della malattia in sé, bensì dei suoi esiti più complessi. Nella prevenzione primaria, in parole semplici, la malattia è già presente e lo scopo di questo terzo livello di prevenzione è quello di evitare il più possibile le complicanze, le probabilità di recidive e la morte anche se – se prendiamo quest’ultimo caso – tutti i trattamenti terapeutici sono in un certo senso “prevenzione”, perché ovviamente sono tutti mirati all’evitare il decesso del paziente. Con prevenzione terziaria si intende anche la gestione dei deficit e delle disabilità funzionali consequenziali ad uno stato patologico o disfunzionale ed il miglior reinserimento del malato nel contesto familiare e sociale. Esempi di prevenzione terziaria sono tutte quelle misure riabilitative e assistenziali, volte al reinserimento familiare, sociale e lavorativo del malato, e all’aumento della qualità della sua vita (ad esempio misure di riabilitazione motoria; supporto psicologico; ecc.) .

Prevenzione quaternaria

Parallelamente alle tre forme di prevenzione appena citate, se ne sta diffondendo un quarto tipo, la “prevenzione quaternaria”, che indica la prevenzione di forme di iper-medicalizzazione, cioè del così detto “accanimento terapeutico”.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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George Blind, l’uomo che rise in faccia al plotone di esecuzione tedesco

MEDICINA ONLINE GEORGE BLIND RESISTENZA FRANCESE RISATA GUERRA PLOTONE TEDESCO SECONDA GUERRA MONDIALE ESERCITO FOTO IMMAGINEFrancia, ottobre 1944. Un manipolo di soldati tedeschi spiana i fucili verso George Blind, membro della Resistenza francese. Si tratta di una finta esecuzione, inscenata per costringerlo a dare informazioni sulle attività anti-tedesche. Una tortura psicologica ripetutamente utilizzata durante il conflitto per estorcere delazioni ai prigionieri.

Ebbene, il metodo non ha funzionato. Blind, infatti, non ha soltanto tenuto saldamente la bocca chiusa, ma si è addirittura messo a ridere in faccia a coloro che stavano per fucilarlo. Pochi giorni dopo, George è stato trasferito nel campo di concentramento di Dachau. Giudicato contagioso da un medico delle SS venne portato in infermeria. Non fece più ritorno.

Il suo sorriso sprezzante di fronte alla morte è diventato uno dei simboli della Resistenza francese.

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Scambio di culle dà a figlia padre assassino e madre alcolista al posto di una vita normale

MEDICINA ONLINE SCAMBIO DI CULLE FIGLIA DONNA PADRE ASSASSINO MADRE ALCOLISTA VITA NORMALE.jpgPadre assassino, madre alcolista e una vita di miseria: lo scambio di culla ha riservato a Luciya un destino tremendamente infelice. Trent’anni fa, il 29 gennaio 1987, Zoya Tuganova, 69enne di Chelyabinsk in Russia, diede alla luce una bambina che ha avuto modo di conoscere soltanto di recente. In ospedale avvenne infatti uno scambio di culla che ha cambiato il destino di due bambine. Zoya ebbe da subito un sospetto, poiché la piccola che le venne consegnata le appariva decisamente diversa da quella che aveva accarezzato in sala parto. Le sue insistenze al personale dell’ospedale le avevano però procurato soltanto una minaccia: se avesse proseguito con quelle “illazioni”, avvertiva la dirigenza dell’ospedale, sarebbero stati costretti a richiedere una perizia psichiatrica. La madre si dedica a Katya, la figlia non biologica. Affrontano insieme i problemi di salute della piccola assicurandole le migliori cure, la fanno studiare e le procurano un lavoro sicuro presso le ferrovie russe, dove era impiegata anche la donna.

Luciya, la figlia tolta a Zoya e consegnata a Elvira Tuligenova, non viene mai riconosciuta dal padre, cui non sfugge l’assenza di ogni somiglianza. L’uomo pensa che la piccola sia stata concepita con un amante, cui attribuisce anche un volto. Il dramma nel dramma in una spirale senza fine: il marito di Elvira uccide quello che pensa essere l’amante della moglie e viene arrestato. Elvira, distrutta dal dolore, comincia a bere, diventa un’alcolista e muore a causa della dipendenza. Luciya e i suoi fratelli diventano orfani e cominciano a mendicare prima di essere destinati a un orfanotrofio.

Le bambine scambiate in culla crescono e diventano due giovani donne. Katya vede la madre ancora soffrire per quella figlia toltale in ospedale e decide di aiutarla. È grazie a lei che Luciya riesce a conoscere la sua madre naturale. “Quando l’ho vista – racconta Zoya al Siberian Times – ho notato subito la somiglianza. Sono distrutta dal sapere che vita ha dovuto fare: non ha studiato e oggi ha tre figli, non ha un impiego e suo marito fa dei lavoretti saltuari. È una persona tranquilla e umile”. Da parte sua Katya nota che se fosse stata allevata nella sua famiglia biologica sarebbe senz’altro morta a causa dei problemi di salute avuti da piccola. Poi spiega perché ha aiutato coraggiosamente la madre a trovare quella che sarebbe potuta apparire una concorrente negli affetti materni: “Vedevo mia madre stare male e volevo aiutarla a trovare sua figlia e così, dopo tanto tempo passato a cercare, siamo riusciti a riunirci”.

È tempo di giustizia, fa sapere la donna 69enne, anche se certe cose non possono più essere messe al loro posto: “Qualcuno dovrà pagare per questo errore – ha avvertito Zoya – Ricordo i nomi dei dottori e spero che ci sia giustizia per quello che ci è capitato”.

 

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