Differenza tra acquavite e grappa: produzione, sapore e carattere

MEDICINA ONLINE ALCOL ALCOOL ALCOLICI BIRRA VINO VODKA ETILICO METABOLISMO ETANOLO DROGA DIPENDENZA ALCOLISTA BERE TOSSICODIPENDENZA AIUTO ANONIMI SUPERALCOLICI RUM COCKTAIL CONSIGLI MARITO FEGATO CIRROSI EPATICAQuali sono le differenze fondamentali che distinguono grappa ed acquavite?

La grappa è una bevanda prodotta distillando la vinaccia, la parte solida dell’uva (buccia e vinaccioli), mentre l’acquavite d’uva (anche chiamato distillato d’uva) è ottenuto distillando l’uva intera fermentata, quindi il mosto fermentato e la sua vinaccia insieme.
L’acquavite d’uva si colloca quindi a metà strada fra una grappa (ottenuta distillando una materia prima solida quale la vinaccia) e un brandy (ottenuto distillando una materia prima liquida come il vino), essendo ottenuto distillando sia la parte solida che la parte liquida dell’uva.
Un distillato d’uva è normalmente più elegante e fruttato di una grappa, che viceversa è tendenzialmente più intensa e strutturata del distillato.

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Differenze anatomiche e funzionali tra uomini e donne

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma PERCENTUALE DI GRASSO CORPOREO UOMO DONNA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari PeneLa differenziazione sessuale negli esseri umani segue le tappe di sviluppo e di maturazione dell’organismo.
Nel neonato e nei primissimi anni di vita, le differenze sessuali sono visibili solo osservando il corpo a nudo, poiché i tratti della faccia e le proporzioni corporee sono antropologicamente neutri.
Solo nel periodo prepubere, che nella femmina inizia di norma intorno a dieci anni, e nei maschi circa a dodici anni, cominciano a verificarsi tutti quei cambiamenti connessi con l’avvento della crisi puberale che portano l’individuo alla maturità sessuale. Sotto la scarica degli ormoni sessuali responsabili di questi fenomeni, la morfologia corporea si rimodella, acquisendo, con i caratteri sessuali secondari, il definitivo status di uomo o donna. Durante le fasi dell’accrescimento, i fattori genetici che ne controllano tempi e modalità interagiscono in misura significativa con i fattori ambientali, non solo fisici, in primo luogo climatici, ma anche culturali in senso lato. Il tipo di alimentazione, lo status socioeconomico, l’ambiente familiare interagiscono contribuendo alla definizione dell’assetto morfofunzionale e psichico dell’individuo. Nelle società industriali i modelli femminile e maschile del corpo umano possono subire nell’arco di poche generazioni profondi cambiamenti sotto la spinta dei costumi sociali. Solo nelle società preindustriali, ancora molto legate alle proprie tradizioni culturali, gli originari modelli comportamentali si mantengono pressoché immutati.

Differenze anatomiche tra uomo e donna
Per quanto concerne lo scheletro, l’accrescimento termina nelle ragazze a circa 18-20 anni di età e nei ragazzi a 21-23 anni. Confrontando le caratteristiche scheletriche generali di soggetti adulti di sesso diverso, le principali differenze riguardano soprattutto la robustezza, la lunghezza e il grado di mineralizzazione delle ossa lunghe, che risultano maggiori nei maschi, nei quali anche le articolazioni e le superfici articolari sono più grandi: a causa della maggiore lunghezza delle ossa, l’uomo raggiunge una statura che in media supera quella della donna di circa 9-13 cm. Le differenze antropometriche riguardano anche le proporzioni tra i vari segmenti corporei. Anche la composizione corporea è generalmente diversa nei due sessi, particolarmente rispetto alla quantità di grasso corporeo (massa corporea grassa) e alla sua relazione con la massa corporea magra, quest’ultima rappresentata essenzialmente dai muscoli, dalle ossa e dagli organi interni. Il grasso corporeo si deposita in vari siti dell’organismo, ma è soprattutto quello sottocutaneo che contribuisce in modo determinante a rendere più palesi le differenze sessuali. Nella donna il grasso sottocutaneo si accumula nelle regioni del bacino e delle spalle, nelle mammelle e nella parte posteriore delle braccia. Complessivamente il grasso costituisce nella donna il 22-25% della massa corporea, nell’uomo il 13-15%. Per quanto riguarda la massa muscolare, mentre prima della pubertà non ci sono sostanziali differenze tra i sessi, successivamente queste diventano assai vistose. Nell’età adulta il maschio è dotato di una muscolatura maggiore di quella della femmina, ma non vi sono differenze qualitative nelle caratteristiche contrattili delle fibre che compongono il muscolo. Le maggiori dimensioni dello scheletro e della muscolatura del maschio contribuiscono in modo sostanziale alla differenza di peso mediamente riscontrabile tra individui di sesso diverso. L’uomo in media pesa circa 11-13 kg più della donna e, se si considera soltanto il peso della massa corporea magra, la differenza diviene ancora più evidente, assumendo il valore di 18-20 kg. Diversità anatomiche tra i sessi si riscontrano anche nelle dimensioni e nel peso di alcuni organi interni. Particolarmente rilevanti per le implicazioni funzionali a esse collegate sono le differenze riguardanti il cuore e i polmoni. In tutti i mammiferi il peso del cuore è in media direttamente proporzionale al peso corporeo e può essere calcolato moltiplicando quest’ultimo per il valore 0,0066; in accordo con il maggiore peso corporeo, il peso del cuore dell’uomo è maggiore di quello della donna. Nel rapporto tra peso corporeo e peso del cuore si rilevano però anche delle differenze in relazione all’età: nell’arco di vita compreso tra 12 e 60 anni, nelle donne il valore medio di tale rapporto è inferiore del 10-15% rispetto agli uomini, mentre dopo i 60 anni i valori divengono simili. Anche le dimensioni dei diametri cardiaci sono diverse tra i due sessi: per es., il diametro trasverso è mediamente di circa 12 cm nell’uomo e di 10,5 cm nella donna. Così come per il cuore, anche le dimensioni del polmone sono direttamente proporzionali alla taglia corporea, pertanto i polmoni della donna sono più piccoli di quelli dell’uomo. Tale differenza si riflette sul valore delle grandezze respiratorie e in modo particolare sulla capacità vitale, cioè sul volume di aria che può essere espirato con un’espirazione massimale dopo aver eseguito un’inspirazione massimale. In soggetti adulti giovani la capacità vitale è in media di 2-3 litri nella donna e di 3-4 litri nell’uomo. Tra le varie misure antropometriche l’area della superficie corporea è quella più attendibilmente correlata con la capacità vitale. Nell’adulto il rapporto tra capacità vitale e area della superficie corporea è 2,6 l/m2 nell’uomo e 2,7 l/m2 nella donna.

Differenze anatomiche tra uomo e donna
Le differenze strutturali sopra descritte svolgono un ruolo assai rilevante principalmente nel determinare quelle differenze funzionali che riguardano la capacità dell’individuo di eseguire un esercizio fisico intenso. Sebbene importanti fattori socioculturali possano essere almeno in parte considerati responsabili della diversa capacità fisica tra uomo e donna, è tuttavia ormai ben dimostrato che la capacità di lavoro muscolare della donna è approssimativamente minore del 20% rispetto a quella dell’uomo. Questa differenza viene in larga misura attribuita alle diversità di dimensioni e composizione corporea, mentre i meccanismi cellulari che controllano la maggior parte delle risposte fisiologiche e biochimiche all’esercizio fisico sono gli stessi per entrambi i sessi. Le differenze riscontrabili devono pertanto essere interpretate come dipendenti da fattori quantitativi piuttosto che qualitativi. Forza muscolare Prima dello sviluppo puberale non ci sono tra i due sessi sostanziali differenze nella forza muscolare ma, come comunemente dimostrato mediante test specifici, esse emergono chiaramente durante la pubertà, si mantengono nell’età adulta, e declinano nella vecchiaia. La differenza di forza è chiaramente correlata con lo sviluppo della massa muscolare, che nell’uomo, favorito dall’intensa azione anabolizzante del testosterone, può superare quella della donna perfino del 50%. Grazie alla maggiore massa muscolare, evidente soprattutto negli arti superiori, nelle spalle e nel tronco, l’uomo risulta avvantaggiato in tutte quelle attività fisiche che richiedono elevati livelli di forza, velocità e potenza. Esaminando la differenza di forza in termini assoluti, cioè senza considerare le diversità riguardanti la taglia fisica e la composizione corporea, risulta che nella donna la forza muscolare è pari a circa il 75% di quella dell’uomo. Si deve tuttavia tenere conto che la differenza può variare notevolmente a seconda dei gruppi muscolari considerati: generalmente essa è maggiore per i muscoli delle braccia che per quelli delle gambe.
Come per altre capacità funzionali, la differenza di forza tra maschio e femmina si riduce se viene rapportata ad alcune caratteristiche strutturali dell’individuo, quali la massa corporea totale o la massa corporea magra. Se si elimina l’influenza del primo fattore, cioè la differenza legata alla diversa taglia corporea, la forza muscolare della donna raggiunge l’80% di quella dell’uomo e la differenza si riduce ulteriormente se si rapporta la forza alla sola massa corporea magra. Infatti il rapporto tra la forza e la massa corporea totale è favorevole all’uomo non tanto a causa di una qualche differenza inerente il tessuto muscolare stesso, quanto, come indicato precedentemente, per la maggiore adiposità relativa della donna. Se si elimina anche l’influenza di questo fattore, sebbene permangano ancora differenze riguardanti la forza sviluppata dai muscoli degli arti superiori, esse si annullano completamente nel confronto tra i muscoli degli arti inferiori. Infine, prendendo in considerazione esclusivamente il rapporto tra la forza sviluppata da un muscolo e la sua dimensione, espressa come area della sua sezione trasversale massima, si rileva che la forza per unità di superficie è la stessa per l’uomo e per la donna e varia tra 4 e 8 kg/cm2 a seconda del muscolo considerato. Ciò indica che i processi funzionali che si attuano nella fibra muscolare per lo sviluppo della forza sono qualitativamente analoghi nei due sessi.

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Differenza tra pandoro e panettone

MEDICINA ONLINE NATALE DOLCI NATALIZI PANDORO PANETTONE SFOGLIATA LIEVITAZIONE INGREDIENTI ZUCCHERO A VELO CALORIE RICETTE DIFFERENZE DIETA CIBO DOLCE COLOMBA PASQUA BUONE FESTE CAPODANNO.jpgQuali sono le differenze tra i due dolci natalizi più famosi al mondo? Scopriamolo insieme!

Pandoro

Il pandoro è un prodotto dolciario da forno a pasta morbida , ottenuto per fermentazione naturale da pasta acida, di forma a tronco di cono con sezione a stella ottagonale e con superficie esterna non crostosa , una struttura soffice e setosa ad alveolatura minuta ed uniformeed aroma caratteristico di burro e vaniglia .
Salvo quanto previsto all’art. 7, l’impasto del pandoro contiene i seguenti ingredienti:

farina di frumento, zucchero, uova di gallina di categoria «A» o tuorlo d’uovo, o entrambi, in quantità tali da garantire non meno del 4% in tuorlo, materia grassa butirrica, in quantità non inferiore al 20%, lievito naturale costituito da pasta acida, aromi di vaniglia o vanillina, sale.

E’ facoltà del produttore aggiungere anche i seguenti ingredienti: latte e derivati, malto, burro di cacao, zuccheri, lievito avente i requisiti di cui all’art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 30 Novembre 1998, n. 502, fino al limite dell’1%, zucchero impalpabile, aromi naturali e naturali identici, emulsionanti, il conservante acido sorbico, il conservante sorbato di potassio.

Panettone

Il panettone è un prodotto dolciario da forno a pasta morbida , ottenuto per fermentazione naturale da pasta acida, di forma a base rotonda con crosta superiore screpolata e tagliata in modo caratteristico , di struttura soffice ad alveolatura allungata e aroma tipico di lievitazione a pasta acida .
Salvo quanto previsto all’art. 7, l’impasto del panettone contiene i seguenti ingredienti:

farina di frumento, zucchero, uova di gallina di categoria «A» o tuorlo d’uovo, o entrambi, in quantità tali da garantire non meno del 4% in tuorlo, materia grassa butirrica in quantità non inferiore al sedici per cento, uvetta e scorze di agrumi canditi in quantità non inferiore al 20%, lievito naturale costituito da pasta acida, sale.

E’ facoltà del produttore aggiungere anche i seguenti ingredienti: latte e derivati, miele, malto, burro di cacao, zuccheri, lievito avente i requisiti di cui all’art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 30 Novembre 1998, n. 502, fino al limite dell’1%, aromi naturali e naturali identici, emulsionanti, il conservante acido sorbico, il conservante sorbato di potassio.

Differenze tra pandoro e panettone

Come abbiamo visto, al di la del gusto personale e delle varie marche, la differenza tra i due dolci è negli ingredienti. Nel panettone ci sono più uova e soprattutto ci sono canditi ed uvetta che mancano nel pandoro, ma soprattutto nel tipo di lavorazione e tempi di lievitazione. Il panettone è fatto con il lievito madre mentre il pandoro può essere fatto anche con il lievito di birra inoltre il panettone deve lievitare per circa 2-3 giorni mentre il pandoro 18 o al massimo 36 ore).

La quantità di burro non è molto differente, ma nel pandoro è maggiore, inoltre nel pandoro è inserito con la “sfogliatura” (il metodo che si usa per la pasta sfoglia) mentre nel panettone viene inserito direttamente nell’ultimo impasto, da ciò deriva che il pandoro ha un’alveolatura più fine e fitta rispetto al panettone.

Tra i due dolci cambiano anche gli aromi, più fruttati quelli del panettone, vanigliati quelli del pandoro. Il pandoro ha una pasta che risulta più giallastra, rispetto al pandoro, e sa di brioche. Il pandoro è anche generalmente più dolce e morbido rispetto al panettone.

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Differenze tra il cervello del maschio e della femmina

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Estetico Medicina Estetica Roma AMICIZIA UOMO DONNA ESISTE NO LUI HA IN TESTA SOLO SESSO Radiofrequenza Rughe Cavitazione Cellulite Pulsata Pressoterapia Linfodrenante Mappatura Nei Dietologo DermatologiaIl cervello è l’organo più importante del sistema nervoso centrale con un peso piuttosto variabile che non supera i 1500 grammi ed ha un volume compreso tra i 1100 e i 1300 cm³, tenendo presente la possibilità di significative variazioni tra individuo e individuo, anche legate a sesso, età e altri fattori.

Il cervello della donna adulta pesa in media circa il 12% in meno di quello dell’uomo adulto. Fino a non molti decenni or sono questo veniva interpretato come il correlato biologico di una presunta superiorità intellettiva dell’uomo rispetto alla donna. In realtà questa differenza riflette semplicemente la maggiore taglia corporea del maschio rispetto alla femmina nella specie umana. Infatti se si fa una misura non assoluta del peso cerebrale, ma relativa al peso corporeo la differenza si annulla ed anzi ne esiste una molto lieve a favore della femmina.

Il cervello femminile ha l’11% in più di neuroni rispetto a quello maschile nelle aree del linguaggio e dell’ascolto, inoltre presenta zone collegate alle emozioni e alla memoria, situate nell’ippocampo, più grandi che negli uomini. Il cervello femminile ha meno circuiti neuronali nell’amigdala, zona del cervello in cui si attivano le risposte di fronte al pericolo o si generano i comportamenti aggressivi, ecco perché alcuni possono arrivare a uno scontro fisico in pochi secondi mentre molte donne fanno di tutto per evitare il conflitto.La zona del cervello in cui si genera l’ansia è quattro volte inferiore negli uomini. Nell’uomo lo spazio cerebrale preposto all’impulso sessuale è due volte più grande.

Esistono altre piccole ma significative differenze anatomiche fra il cervello della donna e dell’uomo: in particolare le connessioni fra i due emisferi cerebrali sono relativamente più sviluppate nella donna che nell’uomo, mentre in piccoli centri nervosi di una regione del cervello chiamata ipotalamo esistono nell’uomo neuroni maggiori in numero e dimensioni. D’altro canto, test appropriati mettono in luce differenze in alcune capacità intellettive fra l’uomo e la donna, ad esempio nel pensiero logico-matematico, nella capacità di calcolo, nell’abilità linguistica, nella capacità di orientamento spaziale. In linea di massima è possibile ipotizzare oggi che l’uomo possegga un cervello che segue schemi logici più basati sulla razionalità, mentre nella donna il funzionamento cerebrale sarebbe maggiormente di tipo intuitivo, che nell’uomo il funzionamento dei circuiti nervosi sia più rigido mentre è più plastico nella donna. Questa differenza è certamente il risultato di una catena di effetti, avvenuti nel corso di millenni, che coinvolgono la genetica, gli ormoni, il cervello, i comportamenti, e che non implicano alcun giudizio di inferiorità o superiorità, di maggiore o minore intelligenza, ma semplicemente il riconoscimento del fatto che durante l’evoluzione, nel corso di millenni, l’uomo e la donna hanno avuto ruoli diversi e per questo si sono realizzati adattamenti cerebrali diversi nei due sessi, in grado di fornire una base neurobiologica alle diversità comportamentali.

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Differenza tra sintomo e segno con esempi

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Il mal di schiena è un sintomo

Tutti i disturbi, siano essi organici o funzionali, si manifestano attraverso dei sintomi e/o dei segni, che – seppur nell’uso comune sono diventati quasi sinonimi – indicano cose diverse e NON sono sinonimi.

Sintomo

Etimologicamente, il termine sintomo significa avvenimento, evento, fatto nuovo, coincidenza. Nel linguaggio tecnico, rappresenta una sensazione soggettiva di cambiamento nel benessere personale. Trattandosi di un vissuto soggettivo, non ne risulta possibile un’esatta misurazione: i sintomi verranno descritti dal paziente al medico durante la prima parte della visita medica, chiamata anamnesi. Proprio perché il sintomo è soggettivo ed avvertito dal paziente, quest’ultimo in teoria può fingere di averlo (descrivendolo in “cattiva fede” al medico) o immaginare di averlo (in “buona fede”). Il sintomo – in quanto narrazione soggettiva – deve quindi essere “preso con le pinze” dal medico, visto che può essere inventato, o ingigantito o ridotto nelle dimensioni dal paziente, consciamente o inconsciamente. Il sintomo non è quasi mai un’entità fenomenica unica, ma l’effetto finale, non standardizzato, di un convergere di molteplici azioni e reazioni. Non sempre è possibile per il medico raccogliere i sintomi; pensiamo ad esempio ad un paziente appena giunto da solo ad un pronto soccorso in stato di incoscienza: in questo caso il paziente non potrà comunicare quello che prova, cioè i propri sintomi. Esempi di sintomi comuni a molte patologie sono:

  • il dolore in generale (mal di testa, dolore all’addome, dolore articolare, dolore durane la minzione o l’evacuazione…),
  • l’ansia,
  • il nervosismo,
  • l’astenia (la sensazione di stanchezza),
  • le vertigini,
  • l’acufene (il fischio nell’orecchio),
  • il malessere generale,
  • la nausea,
  • le allucinazioni visive ed uditive,
  • la confusione mentale,
  • la paura,
  • la sordità,
  • la cecità,
  • la pesantezza alle gambe,
  • l’ageusia (cioè la perdita del senso del gusto),
  • l’anosmia (cioè la perdita dell’olfatto),
  • la sonnolenza.

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Una tumefazione è un segno

Segno

E’ chiamato segno invece, qualsiasi elemento fisico anomalo che venga rilevato da un osservatore esterno e che, in quanto oggettivo, può essere misurato. Mentre il sintomo è soggettivo e può essere “inventato” dal paziente, al contrario il segno è oggettivo e non può essere inventato, perché è visibile, palpabile e/o ascoltabile, tuttavia un segno può essere comunque simulato – in modo più o meno verosimile – dal paziente: ad esempio il tremore di una mano è un segno e può essere abbastanza facilmente simulato da chiunque. Non tutti i segni possono comunque essere simulati: ad esempio un soggetto non può simulare una mancata costrizione pupillare alla luce. Per comodità e per brevità, nel linguaggio clinico abituale, sintomi e segni sono accomunati nel termine omni-comprensivo di “sintomi”, quindi un paziente tenderà a descrivere come sintomi quelli che in realtà sono segni, ad esempio potrebbe dire: “dottore, tra i sintomi della mia malattia c’è il rossore sulla spalla”, quando invece il “rossore” è uno dei segni dell’infiammazione. Mentre i sintomi venivano elencati dal paziente al medico durante la prima parte della visita (l’anamnesi), i segni vengono individuati dal medico durante la seconda parte della visita, chiamata esame obiettivo, grazie ad alcune manovre:

  • ispezione: il medico guarda il corpo del paziente (interamente o una sua parte specifica),
  • palpazione: con le proprie mani, il medico palpa il corpo,
  • percussione: tramite le dita, il medico percuote il corpo,
  • auscultazione: tramite un fonendoscopio, il medico ascolta i suoni che arrivano dal corpo.

Esempi di segni, sono:

  • torace ingrandito,
  • ingrossamento del collo (ad esempio per patologie alla tiroide o dei linfonodi),
  • tagli ed abrasioni,
  • epistassi (perdita di sangue dal naso),
  • cambi di colore della pelle (ad esempio ittero o arrossamento),
  • retrazione palpebrale,
  • mancata costrizione pupillare alla luce,
  • rinorrea (“naso che cola”),
  • scialorrea (salivazione intensa),
  • cicatrici,
  • aumento della frequenza cardiaca,
  • diversa lunghezza degli arti,
  • ematomi,
  • tremori,
  • tumefazioni.

Alcuni segni possono essere rilevati con precisione solamente mediante strumenti particolari e/o provocazione da parte del medico, ad esempio con ausili come il martelletto neurologico di Dejerine (strumento per l’evocazione, la valutazione e lo studio dei riflessi muscolo-tendinei).

In sintesi

Il sintomo si differenzia quindi dal segno, essendo il primo descritto dal paziente e quindi soggettivo e di difficile precisa misurazione, mentre il secondo è un riscontro oggettivo individuato da parte del medico e di più facile misurazione. Il sintomo può essere “inventato” dal paziente (in “buona o cattiva fede”), mentre il segno no, perché è visibile, palpabile e/o ascoltabile, salvo i casi in cui il segno venga simulato dal paziente (anche se non tutti i segni possono essere simulati). Il sintomo viene raccolto dal medico durante l’anamnesi, mentre il segno viene individuato dal medico durante l’esame obiettivo.

Sono più importanti i sintomi o i segni?

E’ una domanda che ha poco senso, dal momento che sintomi e segni sono entrambi estremamente importanti per la diagnosi in egual misura, tranne alcuni casi in cui un dato sintomo o un dato segno siano talmente specifici e caratteristici da “bastare” per elaborare una diagnosi. Qualora sintomi e segni non fossero sufficienti a raggiungere una diagnosi certa, cosa che si verifica il più delle volte, il medico si può servire di vari esami, come quelli di laboratorio (esame delle feci, esame delle urine, spermiogramma, emocromo, biopsie…), di diagnostica per immagini (radiografie, TC, risonanza magnetica, ecografia, endoscopia, PET…), o altri esami ancora come ad esempio la misurazione della pressione arteriosa, l’elettrocardiogramma, la polisonnografia, l’elettroencefalogramma, l’elettromiografia o la spirometria. Grazie a tali esami, il dubbio diagnostico avanzato dal medico durante l’anamnesi e l’esame obiettivo, può essere confermato o smentito.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Differenza tra ossa lunghe, corte, irregolari e piatte con esempi

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma OSSA LUNGHE PIATTE IRREGOLARI CORTE MISTE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari An Pene.jpgLe ossa umane possono essere distinte in vari tipi, in base alla loro morfologia: le ossa lunghe, le ossa corte, le ossa irregolari e le ossa piatte.

  • Ossa lunghe, (forma magra e lunga), composte da un corpo o diafisi e due estremità dette epifisi. Nell’infanzia e nell’adolescenza è possibile distinguere, tra epifisi e diafisi, le metafisi o cartilagini di accrescimento. All’interno della diafisi, vi è una cavità detta cavità diafisaria occupata interamente da midollo osseo giallo, per lo più adiposo, che non concorre all’emopoiesi. Le pareti della cavità sono costituite da tessuto osseo compatto. Le epifisi sono costituite da tessuto osseo spugnoso, reso più resistente da trabecole ossee. All’interno delle epifisi si trova il midollo osseo rosso, responsabile dell’emopoiesi.
  • Ossa corte, forma più o meno cuboide, costituite da tessuto osseo spugnoso circondato da uno strato sottile di tessuto osseo compatto; non contengono perciò midollo osseo.
  • Ossa irregolari, costituiscono raggruppamenti di ossa (vertebre, ossa facciali) con forme e dimensioni variabili; più nota è la rotula che appartiene alle ossa irregolari sesamoidi le quali si distinguono poiché sono isolate.
  • Ossa piatte, costituite da uno strato di tessuto spugnoso frapposto tra 2 lamine di tessuto compatto. Il tessuto spugnoso può presentare delle lacune più grosse contenenti residui di tessuto emopoietico (zona considerata per le punture lombari). Queste ossa hanno funzione protettiva, dato che hanno lo scopo di proteggere gli organi che si trovano subito dietro di esse. Esempi di ossa piatte sono quelle del cranio, che hanno lo scopo di proteggere il cervello, oppure lo sterno per proteggere il cuore e i polmoni, o ancora l’anca e il bacino che protegge da dietro gli organi dell’apparato escretore (come ad esempio la vescica).
    • sesamoidi, appiattite, piccole e tondeggianti e si sviluppano internamente ai tendini (es. patella);
    • wormiane o suturali, appiattite, piccole e con forma indefinita, si trovano nelle linee di sutura delle ossa del cranio.

Il midollo osseo occupa il canale delle ossa lunghe e gli spazi intertrabecolari delle ossa piatte e delle epifisi. Nella fase embrionale funge da organo emopoietico ed è di colore rosso vivo. Nell’adulto, solo il midollo del tessuto spugnoso mantiene tali caratteristiche, mentre il midollo della cavità diafisaria assume un colore giallognolo perché sostituito da tessuto ricco di sostanze lipidiche.

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Differenza tra osteoblasti, osteoclasti ed osteociti

medicina-online-dott-emilio-alessio-loiacono-medico-chirurgo-roma-differenza-iperplasia-ipertrofia-esempi-riabilitazione-nutrizionista-infrarossi-accompagno-commissioni-cavitazione-radiofrequenza-ecogLe ossa sono organi a tutti gli effetti: la loro parte minerale viene costantemente rinnovata da due tipi di cellule al loro interno:

  • osteoclasto: libera idrolasi acide che hanno il compito di dissociare i sali minerali e distruggere le fibre collagene in modo da poter riassorbire i minerali quando ciò sia richiesto dall’organismo, collaborando all’omeostasi del calcio nel nostro corpo. L’ormone calcitonina, prodotto dalla tiroide, inibisce l’attività degli osteoclasti, agendo direttamente su di essi;
  • osteoblasto: sintetizza nuova matrice extracellulare del tessuto osseo; quando l’osteoblasto viene circondato da matrice, smette di produrre matrice e prende il nome di osteocita. L’osteoblasto contiene al suo interno delle granulazioni PAS-positive dette matrix vesicles o globuli calcificanti, provvisti di membrana e ritenuti l’agente che dà il via al processo di mineralizzazione. Tra le varie proteine secrete dall’osteoblasto troviamo anche la procollagenasi, enzima che, deposto nella matrice verrà trasformato nella sua forma attiva, la collagenasi, che sarà impiegata dagli osteoclasti nella demolizione delle fibre collagene. L’attivazione della procollagenasi è a carico degli stessi osteoclasti, che tramite una serie di proteine, arrivano a disporre della collagenasi matura.Inoltre, l’osteoblasto (e la sua forma più differenziata l’osteocita) presenta sulla membrana anche dei recettori per il paratormone (PTH) grazie ai quali, una volta avvenuta l’interazione con il suddetto ormone, vengono liberati gli OAF (osteoclast activating factors), ovvero fattori di attivazione per gli osteoclasti, che inizieranno il processo di riassorbimento della matrice calcificata. Quando la funzione biosintetica cessa gli osteoblasti diventano osteociti, le cellule del tessuto osseo adulto, che occupano le lacune ossee.

La differenza fondamentale tra i due tipi di cellule delle ossa è quindi chiara, semplificando: gli osteoclasti “distruggono” l’osso recuperando sali minerali, mentre gli osteoblasti lo “costruiscono”. Grazie ad esse negli esseri umani, un osso normale viene distrutto e ricostruito completamente ogni due mesi circa.

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