Diabete: il diabetico può mangiare cioccolato? Quale preferire?

MEDICINA ONLINE CIOCCOLATO CACAO CIBO DIABETE INSULINA DOLCI DOLCE GRASSI ZUCCHERO CARBOIDRATI CUORE PANCREAS DIGESTIONEPrima di iniziare la lettura, per meglio comprendere l’argomento trattato, vi consiglio di leggere questo articolo: Cosa può e non può mangiare il diabetico: cibi per controllare la glicemia

Il cioccolato, se di qualità, fa sicuramente bene alla salute perché – secondo molte recenti ricerche – migliora il metabolismo degli zuccheri, riduce la pressione, riduce il rischio cardiovascolare e aterosclerotico, ha un grande effetto antiossidante grazie alla presenza dei flavonoli. E’ pertanto importante scegliere cioccolato di qualità ad alto contenuto di cacao e quindi di flavonoli, per essere certi di assumere un alimento salutare e non solo grassi e calorie.
Però non tutto il cioccolato è ammesso: solo quello fondente ad alte percentuale di cacao. In ogni caso, dato l’elevato apporto di grassi e di calorie, chi introduce il cioccolato nella dieta dovrà fare qualche rinuncia sottraendo una quantità di calorie pari a quelle introdotte con una barretta di cioccolato dalla dieta abituale oppure incrementare l’esercizio fisico o più verosimilmente combinare entrambe le cose.
Ricapitolando:

  1. si al cioccolato, ma solo fondente al alta percentuale di cacao;
  2. si a cioccolato di qualità e quindi ricco di flavonoidi;
  3. no a cioccolato al latte o bianco;
  4. no agli eccessi di cioccolato; diabetico o no io consiglio comunque al paziente di moderarne l’assunzione: uno o due dei tipici quadretti piccoli al giorno sono sufficienti per toglierci lo “sfizio” volendo bene alla nostra salute;
  5. evitare di superare i 15 grammi giornalieri di fondente.

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Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche, estremamente utili per aiutare il diabetico ed il pre-diabetico a mantenere i giusti livelli di glicemia, perdere peso e migliorare la propria salute. Noi NON sponsorizziamo né siamo legati ad alcuna azienda produttrice: per ogni tipologia di prodotto, il nostro Staff seleziona solo il prodotto migliore, a prescindere dalla marca. Ogni prodotto viene inoltre periodicamente aggiornato ed è caratterizzato dal miglior rapporto qualità prezzo e dalla maggior efficacia possibile, oltre ad essere stato selezionato e testato ripetutamente dal nostro Staff di esperti:

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Sono strumenti abbastanza economici, tuttavia ottimamente costruiti, affidabili e professionali, prodotti da aziende che da anni sono leader mondiali nella produzione di tecnologie sanitarie.

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Diabete: zucchero o dolcificanti per il diabetico?

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Per la pianificazione della dieta in caso di diabete è essenziale eliminare completamente lo zucchero da cucina (saccarosio); al suo posto è possibile utilizzare (in piccole dosi e dopo parere medico positivo):

  • Saccarina.
  • Ciclamato.
  • Miele: in quantità moderate il diabetico può utilizzarlo ma deve controllare la glicemia.
  • Stevia: indicato per coloro che soffrono di ipertensione, diabete di tipo 2 e/o insulino-resistenza in quanto sembrerebbe favorire il trasporto dello zucchero dentro le cellule con una riduzione dell’insulino-resistenza e un effetto ipoglicemico.
  • Fruttosio: è consigliabile ai diabetici ma, se si supera la dose massima giornaliera consigliata, che è pari a 30 grammi, si può avere un aumento della trigliceridemia.
  • Sorbitolo: non innalza la glicemia, infatti, una volta arrivato nell’intestino il sorbitolo è convertito in fruttosio, da cui la possibilità per i diabetici di utilizzare questo zucchero. Va consumato saltuariamente ed in piccole dosi (l’uso cronico è sconsigliato).
  • Aspartame: non è adatto in gravidanza, a tal proposito leggi anche: L’aspartame fa bene o fa male alla salute? ed anche: Nuovo studio italiano assolve l’aspartame: non è cancerogeno

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Diabete: che mangiare a colazione per controllare la glicemia

MEDICINA ONLINE DIABETE MELLITO TIPO 1 2 PREDIABETE PRE-DIABETE SANGUE VALORI GLICEMIA EMOGLOBINA GLICATA ZUCCHERI DIETA CARBOIDRATI PASTA PANE INSULINA RESISTENTE DIPENDENTE CIBO MANGIARE VERDURA FRUTTASpesso, chi soffre di iperglicemia o di diabete di tipo 2 (quello legato all’eccesso di alimentazione e purtroppo in vertiginosa crescita nei paesi industrializzati) tende a ridurre la prima colazione e a evitare l’assunzione di alcuni alimenti, percorrendo invece strade che possono portare a effetti negativi nel controllo della propria condizione clinica.

Colazione e diabete, lo studio
Uno studio del 2015 svolto presso la Diabetes Unit dell’Università di Tel Aviv ha confrontato l’impatto di due diversi regimi alimentari sul profilo glicemico, evidenziando come una colazione abbondante porti ad una riduzione fino al 20 per cento della glicemia media giornaliera. Questo studio aveva messo a confronto delle persone diabetiche cui erano stati proposti due regimi alimentari simili per numero di calorie totali ma differenti per la loro distribuzione nella giornata. Il primo gruppo consumava una colazione abbondante ed una cena parca, l’altro una colazione leggera ed una cena più ampia. Nelle persone che facevano una colazione ricca, non solo la glicemia media era minore durante tutta la giornata, ma risultava inferiore anche la misurazione effettuata dopo il pranzo (uguale per i due gruppi), indicando che una colazione abbondante è in grado di indurre uno stimolo metabolico che dura per tutta la giornata. Alla base di questo meccanismo sembra esserci quella che risulta essere una maggiore risposta al mattino delle cellule beta del pancreas, quelle che producono insulina, così come un maggior assorbimento del glucosio, mediato dall’insulina stessa, da parte dei muscoli che lo sfruttano a scopo energetico, ed un ridotto catabolismo dell’insulina (ovvero della sua naturale degradazione) ad opera del fegato”. Ecco, quindi, che l’abitudine a consumare una sana e ricca colazione sembra essere uno strumento molto utile per la regolazione della glicemia e quindi per il controllo del diabete.

Il valore della colazione per il diabetico
Questo conferma che la prima colazione ricca è uno strumento fondamentale anche per la regolazione della glicemia e per il controllo del diabete e che il pasto del mattino è un importante segnale per l’intero organismo. A maggior ragione questo vale per chi ha problemi con gli zuccheri e che potrebbe ottenere un importante beneficio da una maggiore libertà nella prima colazione (con calorie aumentate) e da una cena a minore impatto calorico. Per esperienza diretta sappiamo che si possono sempre mantenere gusto e convivialità anche a cena, usando porzioni più ridotte dei piatti che piacciono.

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Diabete: la colazione
Alla luce di quanto visto, si rivela quindi un’ottima scelta per chi soffre di diabete, quella di rimodellare la propria giornata alimentare e di definire con il proprio medico l’assunzione di carboidrati e proteine bilanciate nella giusta proporzione.  Innanzitutto, se parliamo di colazione e diabete, occorre ovviamente stare attenti a non eccedere con i carboidrati. Come è ben noto, i carboidrati o zuccheri costituiscono il problema principale per i diabetici, che non ne devono abusare, optando per quelli a basso indice glicemico (IG). Per questo è meglio privilegiare i carboidrati complessi, ovvero a lento rilascio, che hanno un minor impatto sulla glicemia, che si trovano nel pane (di frumento, segale o kamut), che deve essere integrale e prodotto con lievito madre, nei fiocchi di cereali grezzi integrali senza zucchero (non soffiati come i cornflackes), nei fiocchi di avena crudi, nelle fette biscottate integrali senza zucchero, nei biscotti secchi integrali senza zucchero o nelle gallette di cereali. Anche il muesli può essere utilizzato, dato che si tratta di una miscela di diversi cereali integrali ai quali si aggiungono noci, nocciole, mandorle e semi vari, tuttavia, anche in questo caso è meglio controllare bene il prodotto che si acquista poiché spesso i muesli contengono riso soffiato e uvetta, ad alto indice glicemico. La dicitura senza zucchero è molto importante poiché, pur trattandosi di alimenti utilizzabili per la colazione di un diabetico, possono contenere zuccheri aggiunti; ecco perché è sempre buona norma leggere attentamente le etichette. Inoltre, gli zuccheri semplici, a rapido assorbimento, andrebbero evitati: si trovano nei dolci, negli snack, nelle barrette, ma anche in diversi frutti.

Diabete: frutta a colazione
La frutta può essere consumata, ma meglio se a giorni alterni e scegliendo i frutti a minor IG quali arancia, mela, melograno, pesca, susina, pompelmo, fragole, frutti di bosco, pera o frutti che pur avendo un IG medio hanno un basso contenuto di glucide (es. kiwi). E’ preferibile consumare la frutta fresca e intera (con la buccia, per cui meglio se biologica) in quanto, rispetto a quella cotta o sbucciata, ha un minor impatto sulla glicemia. Sempre a proposito di zuccheri nella colazione per chi ha il diabete può essere consumata anche la marmellata, ma assolutamente composta al 100% di frutta e prediligendo quella a base di frutti a basso IG. Il problema principale legato a questo prodotto risulta infatti ancora una volta lo zucchero aggiunto che, in alcuni casi, può raggiungere quantità considerevoli (60-65% di prodotto), conferendo un elevato IG, pari anche a 65.

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Diabete: proteine e grassi a colazione
Per quanto riguarda le proteine, si possono utilizzare sia quelle di origine animale che vegetale, quindi possono andare bene yogurt magri o di soia, ma anche alimenti salati come ricotta, latticini, prosciutto di tacchino o di pollo e le uova (preferendo l’albume), oltre alla frutta secca, che costituisce una buona fonte proteica e di grassi buoni”.

Bevande
Si possono bere caffè, meglio se decaffeinato, tè verde o tisane di vario tipo, prestando sempre attenzione agli zuccheri aggiunti. Anche il latte può essere consumato, scremato o parzialmente scremato, meglio se tiepido o freddo. Tuttavia, dato che contiene zucchero, il lattosio, si consiglia di alternarlo regolarmente ad altre bevande. Valide alternative infine, sono rappresentate dai vari tipi di latte vegetale, quali soia, mandorle, nocciole o avena, sempre senza dimenticare che tutte le bevande vanno consumate senza l’aggiunta di zucchero.

Diabete: quali cibi mangiare a colazione
Una colazione corretta sarà ad esempio composta da qualche galletta integrale con un po’ di marmellata 100 per cento frutta, a fianco di un uovo strapazzato (o fatto nel modo che più piace), qualche seme oleoso, un frutto fresco intero e del tè con un velo di latte (non zuccherato). Impostare una colazione di questo tipo, sempre seguendo le indicazioni del proprio medico, porta spesso a benefici inaspettati in termini di controllo di glicemia, umore, attenzione e vivacità durante tutta la giornata. È indispensabile inoltre preferire cereali integrali in quanto più ricchi di fibre, proteine e micronutrienti rispetto alla loro controparte raffinata, e tutti questi sono efficaci strumenti nel ridurre l’impatto glicemico (la capacità del cibo di aumentare la glicemia) del pasto, punto essenziale per chi ha problemi di diabete o iperglicemia. In modo simile ai cereali, anche la frutta fresca e intera (e meglio ancora biologica, per mangiarla con la buccia) risulta superiore a quella lavorata (o cotta, o sbucciata) in termini di capacità di modulazione della glicemia. E’ importante quindi non solo fare una colazione ricca, ma sceglierne con cura gli ingredienti: dai cerali alla marmellata la qualità vince sempre.

Diabete: menù a colazione
Vediamo allora un esempio di colazione corretta per il paziente diabetico:

  1. Mezzo pompelmo, 1 yogurt magro o di soia, 2 fette di pane integrale con marmellata senza zucchero (2-3 cucchiaini), caffè decaffeinato senza zucchero

  2. 1 pesca, tè verde senza zucchero con fiocchi di avena, 2 fette di pane integrale con ricotta

  3. 1 mela, latte scremato o parz. scremato senza zucchero con cereali integrali, 1 yogurt di soia

  4. 1 kiwi, 2 uova bollite, 2 fette di pane integrale, 30 grammi di mandorle

Diabete e movimento
L’attività fisica è parte integrante del programma di salute che ogni persona con diabete mellito di tipo 2 può e deve affrontare in modo adeguato, per migliorare il profilo glicemico, la sensibilità insulinica e il profilo lipidico. I dati scientifici lo dimostrano ormai con certezza. Cibo e movimento, insieme, consentono di riscoprire il piacere di mettersi a tavola in serenità, iniziando proprio dal mattino.

I cibi e le quantità consigliate in questo articolo, sono solo degli esempi: prima di modificare la vostra dieta è importantissimo consultare sempre il vostro medico diabetologo.

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Differenza tra glucosio e glicemia

MEDICINA ONLINE SISTEMA IMMUNITARIO IMMUNITA INNATA ASPECIFICA SPECIFICA ADATTATIVA PRIMARIA SECONDARIA DIFFERENZA LABORATORIO ANTICORPO AUTO ANTIGENE EPITOPO CARRIER APTENE LINFOCITI BChe differenza c’è tra glucosio e glicemia? Nonostante la loro radice ‘gluco-‘ (dolce) sia la medesima, i due sostantivi indicano due cose completamente differenti ma comunque correlate tra di loro. Andremo ad analizzare entrambi nello specifico per carpire, e capire, ogni singola informazione ad essi legata.

Quale differenza c’è tra glucosio e glicemia, l’andremo a delucidare partendo dall’etimo dei due termini. Il termine glucosio è un derivato di ‘gluco-‘ addizionato col suffisso ‘-osio’, esso è chiamato anche glicosio o glucoso, e risale all’anno 1869. Il vocabolo glicemia è un composto derivante da ‘glico-‘ e il suffisso ‘-emia’ che risale al 1918.

Il glucosio è lo zucchero più diffuso in natura sia allo stato libero (come nella frutta), sia combinato nei polisaccaridi (come nell’amido) e nei glicosidi. Chimicamente è un aldosio a sei atomi di carbonio con formula CH2OH(CHOH)4CHO; è una molecola chirale di vitale importanza come fonte di energia per il metabolismo cellulare.

Il glucosio, chiamato anche destrosio, quando non è metabolizzato si accumula nel fegato sotto forma di glicogeno, un polisaccaride con molecola a struttura ramificata formata da una serie numerosa di unità di glucosio. È largamente usato nell’industria alimentare, farmaceutica ma anche in terapia e in tintoria. Come possiamo notare, il glucosio ha molteplici usi.

La glicemia, invece, indica il contenuto in glucosio nel sangue e la sua concentrazione è espressa in mg/dl o mmol/l. La regolarità del suo valore è correlata all’assunzione dei pasti, ragion per cui, una sua anormalità viene valutata attraverso l’utilizzo di tre metodiche che prelevano il sangue venoso.

È controllata quasi direttamente dai seguenti tessuti: fegato, pancreas, sistema nervoso, ipofisi, tiroide e reni, ciascuno dei quali svolge una propria funzione per cercare di mantenere un determinato equilibrio glicolico, all’interno dell’organismo ospite. La glicemia deve corrispondere a 5 grammi, superata tale soglia, il corpo va in overdose di zuccheri.

Questa è la reale differenza che c’è tra glucosio e glicemia. Il primo rappresenta la principale fonte di energia per tutti gli organismi viventi. Il secondo indica la concentrazione di glucosio nel sangue e se si presenta alta, con valori uguali o superiori a 126 mg/dl, sono da considerarsi probabili sintomi di diabete, quella patologia causata da un aumento di glucosio nel sangue e legata a una scarsa produzione di insulina da parte del pancreas.

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Diabete: impiantato in Italia nuovo sensore che monitora glicemia

MEDICINA ONLINE DIABETE GLICEMIA SANGUE CARBOIDRATI INSULINA SENSORE MONITOR.jpgUn nuovo sistema hi-tech in aiuto dei diabetici, per evitare crisi ipoglicemiche. Roche Diabetes Care annuncia l’arrivo in Italia di Eversense, il primo sensore per il monitoraggio continuo della glicemia impiantabile, progettato per la misurazione dei valori di glucosio fino a 90 giorni senza necessità di sostituzione del sensore ogni settimana. Il sistema misura h24 i livelli di glucosio, e i dati vengono automaticamente inviati al dispositivo mobile. Il dispositivo invia allarmi, avvisi e notifiche relativi ai valori del glucosio visibili in qualsiasi momento su una app. “Gli algoritmi predittivi avvertono il paziente di probabili episodi di ipo o iperglicemia. Il paziente – spiega l’azienda in una nota – può condividere questi dati con il proprio diabetologo in ogni momento attraverso il portale dedicato”.

Ma come funziona? Il sistema viene inserito durante una seduta ambulatoriale di pochi minuti. Il sensore viene impiantato a livello sottocutaneo sulla parte superiore del braccio, con un’incisione millimetrica. Consente di monitorare costantemente i livelli glicemici per un periodo di 90 giorni, rispetto ai 7 o 14 giorni dei sistemi non impiantabili disponibili sul mercato fino a questo momento. I pazienti impiantati nella prima settimana di marzo sono in tutto 5. Tre sono stati seguiti a Padova dal team dell’Unità operativa complessa di Malattie del metabolismo e 2 sono stati impiantati a Olbia presso il Centro di Diabetologia dell’Ospedale San Giovanni di Dio, diretto da Giancarlo Tonolo.

“L’impianto di per sé è molto semplice, fatto in anestesia locale con un taglio microscopico, la procedura occupa solo qualche minuto – afferma Tonolo – Si tratta di un’evoluzione molto interessante. Lo strumento è molto preciso, rispetto ai sistemi tradizionali ha il vantaggio che il sensore non rischia di staccarsi in quanto è impiantato sotto cute. A mio avviso l’evoluzione del sistema permetterà in un prossimo futuro di condurre una vita ancora migliore”.

“Stiamo assistendo ad una vera e propria trasformazione nella gestione del diabete. Essere i primi in Italia a poter contribuire a questo cambiamento ci riempie di orgoglio e di soddisfazione – dichiara Massimo Balestri, General Manager di Roche Diabetes Care Italy – Credo di esprimere il pensiero di tutte le persone che in Roche Diabetes Care Italy hanno lavorato con impegno e dedizione per la riuscita di questa ‘rivoluzione’ nella gestione del monitoraggio della glicemia, dicendo che siamo certi di aver portato in Italia un enorme beneficio per le persone con diabete. Questa tecnologia garantisce un livello elevato di accuratezza delle rilevazioni. I primi riscontri da parte dei pazienti, recentemente impiantati, ci dicono che abbiamo imboccato la strada giusta”.

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Farmaci al posto di corsa e palestra, arriva lo sport in pillole contro il diabete

MEDICINA ONLINE PALESTRA PESI MUSCOLI PROTEINE AMINOACIDI INTEGRATORI  CORSA DIMAGRIRE DUODENO PANCREAS DIGESTIONE GLICEMIA BAMBINO GRASSO DIABETE ANALISI INSULINA ZUCCHERO CARBOIDRATI CIBO MANGIARE DIETA.jpgLo sport, si sa, fa bene e agisce come un ‘farmaco’ che protegge dalle malattie metaboliche come il diabete. Ora la ricerca italiana scopre perché, aprendo a nuove terapie in grado di riprodurre l’effetto-scudo dell’esercizio fisico. Sport in pillole. Il lavoro, ‘made in Milano’, è pubblicato sul ‘Journal of Diabetes Research‘ e svela il ruolo dell’irisina, una molecola scoperta di recente e prodotta dal muscolo scheletrico durante l’attività sportiva. Secondo gli scienziati, questa sostanza può spiegare l’azione positiva di una vita attiva su metabolismo.

Il lavoro è condotto da Stefano Benedini, afferente al Dipartimento di Scienze biomediche per la salute dell’università degli Studi meneghina, in collaborazione con gli Irccs Policlinico San Donato, ospedale San Raffaele e Istituto ortopedico Galeazzi.

I ricercatori hanno seguito 70 persone sane, uomini e donne tra i 18 e i 75 anni, non sovrappeso e senza significative patologie metaboliche (dislipidemie, intolleranza glucidica e diabete, sindrome metabolica): 10 volontari sani sedentari, 20 volontari sani che svolgono attività fisica amatoriale (2-3 volte a settimana), 20 volontari che eseguono attività fisica semi-agonistica (4-5 volte a settimana) e 20 volontari che fanno attività fisica agonistica a livello nazionale o internazionale (5-7 volte a settimana).

La possibilità di studiare per la prima volta le virtù dell’irisina su atleti di élite, spiegano gli scienziati, ha permesso di misurare questa miochina in persone ‘ipersportive’. Rilevando che un suo aumento si accompagna a un grado di benessere dell’organismo nel complesso, riducendo la probabilità di malattie metaboliche quali diabete mellito, obesità e sindrome metabolica. Uno stato di benessere che risulta strettamente correlato alla quantità di attività fisica svolta dai volontari dei diversi gruppi esaminati.

L’incidenza di obesità e diabete – ricordano dalla Statale di Milano – è in continuo aumento in Italia e in tutto il mondo, a causa di una dieta scorretta e per mancanza di attività fisica adeguata.

Alla luce del continuo incremento di queste malattie metaboliche, per gli autori dello studio “la possibilità di capire gli effetti positivi mediati dall’irisina sul metabolismo potrebbe aprire la strada alla formulazione di farmaci in grado di ‘mimare’ l’azione della molecola, producendo gli stessi effetti positivi dell’attività fisica“.

Il lavoro ha coinvolto, oltre al Dipartimento di Scienze biomediche per la salute e la Scuola di Scienze motorie dell’ateneo di via Festa del Perdono, anche 2 Unità operative del Policlinico San Donato: l’Area di Endocrinologia e Malattie metaboliche e l’Unità complessa a direzione universitaria Smel-1 Patologia clinica.

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Il diabetico può mangiare le carote? Quanti carboidrati e calorie hanno?

MEDICINA ONLINE MANGIARE TIPI DI ZUCCHERO CAROTE CANNA FRUTTA MAGRA DIABETE CALORIE GLICEMIA RICETTA INGRASSARE DIMAGRIRE INSULINA GLICATA COCA COLA ARANCIATA THE BERE ALCOL DIETA CIBO LONTANO DAI PASTI WALLPAPER.jpgPer molto tempo le carote sono state un alimento ingiustamente escluso, o perlomeno limitato, dall’alimentazione del diabetico; il tutto a causa dei primi studi condotti sull’indice glicemico degli alimenti, che attribuendo alle carote un valore di 92, di fatto le rilegarono tra quelli a più alto indice glicemico. Fortunatamente, gli studi successivi, inclusi i più recenti, hanno praticamente ribaltato questa evidenza, reinserendo le carote tra i cibi ad indice glicemico medio basso (39 ± 7). Le carote possiedono 41 calorie e 9 grammi di carboidrati per 100 grammi.

Antidiabete
Le carote potrebbero addirittura avere un ruolo preventivo sullo sviluppo del diabete e dell’insulino-resistenza: è quanto suggeriscono alcuni studi secondo i quali un elevato livello di carotenoidi nel sangue esplicherebbe un effetto protettivo anche contro le suddette alterazioni del metabolismo glucidico. Queste sostanze antiossidanti precorritrici della vitamina A sono particolarmente abbondanti nelle carote (da cui il nome carotenoidi), alle quali conferiscono il tipico colorito arancione.

Carote permesse
Nell’alimentazione del diabetico, quindi, le carote ed il loro succo NON zuccherato (indice glicemico 45 ± 4) possono – secondo le preferenze individuali – ricoprire un ruolo importante, senza comunque esagerare con il loro consumo (molte altre verdure hanno, a parità di peso consumato, indice e carico glicemico inferiori).
Nelle carote abbondano anche le fibre solubili, che aiutano a mitigarne il carico glicemico ed esplicano un effetto protettivo sulla mucosa gastrica ed intestinale, regolarizzandone le funzioni sia in caso di stitichezza (da consumarsi con abbondante acqua) che in caso di diarrea.

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Cortisolo: funzioni, produzione, chimica, patologie, glicemia e dieta

MEDICINA ONLINE SURRENE RENE ANATOMIA FUNZIONI PATOLOGIE SINTESIIl cortisolo è un ormone prodotto dalle ghiandole surrenali, più precisamente dalla zona fascicolata della loro porzione corticale. È un ormone di tipo steroideo, derivante cioè dal colesterolo, ed in particolare appartiene alla categoria dei glucocorticoidi, di cui fa parte anche il corticosterone (meno attivo).

Da cosa viene prodotto il cortisolo?

Il cortisolo viene sintetizzato su stimolazione dell’ormone adrenocorticotropo (ACTH), a volte associato allo stress, prodotto dall’ipofisi.

Funzioni del cortisolo

La sua azione principale consiste nell’indurre un aumento della glicemia. Questo aumento viene ottenuto stimolando la Gluconeogenesi epatica, che in questo caso viene sostenuta dagli amminoacidi derivanti da un accentuato catabolismo proteico, soprattutto a livello dei muscoli scheletrici, e lipidico, a livello del tessuto adiposo; si parla perciò di una sua azione anti-insulinica. D’altro canto, abbastanza controintuitivamente, il cortisolo stimola la glicogenosintesi, azione questa che lo distingue nettamente dal glucagone. Una ulteriore funzione, non meno importante, è quella di contrastare le infiammazioni, in quanto il cortisolo ha una azione anti-infiammatoria: questo è il motivo per cui molti farmaci anti-infiammatori si basano sull’utilizzo di questo ormone. Un eccesso di cortisolo può avere anche molte azioni negative, poiché inibisce la sintesi di DNA, RNA, proteine, GH(ormone della crescita, molto importante per un adeguato sviluppo muscolo-scheletrico), testosterone, inibisce l’enzima deiodasi che catalizza la conversione del poco attivo ormone tiroideo T4 nel più attivo T3, aumenta la concentrazione sanguigna di sodio, diminuisce quella di potassio, catabolizza la massa cutanea, muscolare, ossea e quella delle mucose gastro-enteriche.

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Patologia

L’eccesso di quest’ormone viene detto ipercorticosurrenalismo, o ipercortisolismo, o sindrome di Cushing, ha come sintomi stanchezza, osteoporosi, iperglicemia, diabete mellito tipo II, perdita di tono muscolare e cutaneo, colite, gastrite, impotenza, perdita della libido, aumento della pressione arteriosa e della concentrazione sanguigna di sodio, strie cutanee, depressione, apatia, euforia, diminuzione della memoria.

Biochimica

A livello biochimico il cortisolo si configura come glucocorticoide ed è sintetizzato a partire da progesterone (a sua volta derivato da colesterolo previo passaggio da pregnenolone). Più precisamente, il colesterolo subisce due idrossilazioni mediante catalisi del citocromo P450 trasformandosi in 20,22-diidrossicolesterolo. Dalla riduzione di tale composto si giunge al pregnenolone. Il pregnenolone può essere idrossilato in posizione 17 generando il 17-idrossipregnenolone oppure può ossidarsi in posizione 3 e trasferire il legame pi greco che possiede, sul primo anello a sei atomi di carbonio, diventando progesterone. Il 17 idrossiprogesterone, subendo idrossilazione in posizione 21, prima che in posizione 11, diventa cortisolo.

Le reazioni di idrossilazione che prendono parte in questa via metabolica sono catalizzate, come già ricordato, dal citocromo P450. Più precisamente si tratta di un complesso enzimatico composto da ferrodossina, FAD ferrodossina reduttasi, e citocromo P450. Questo complesso catalizza l’inserzione di un atomo di ossigeno all’interno del legame C-H del composto in questione e lo fa scindendo ossigeno molecolare e producendo come prodotto di scarto acqua. Il meccanismo di tale catalisi consiste nel trasferimento di 2 elettroni da NADH+H+ a FAD ferrodossina reduttasi che li trasferisce, a sua volta, a ferrodossina che li trasferisce al citocromo P450 che ha sito attivo per la formazione dell’ossidrile e di acqua come prodotto di reazione.

L’azione del cortisolo è mediata dall’enzima 11beta-idrossisteroide deidrogenasi (11HSD), nelle due forme 11HSD1 che è in prevalenza un enzima tipo reduttasi e quindi trasforma il cortisone in cortisolo, e 11HSD2 che converte il cortisolo in cortisone.

Dieta

Alti livelli di cortisolo sono associati a una dieta con elevato apporto di proteine animali, carboidrati ad alto indice glicemico, vale a dire poveri di fibra. Un repentino ed eccessivo innalzamento della glicemia, infatti, tende a causare successivamente un’ipoglicemia reattiva, dovuta all’eccessiva stimolazione dell’insulina che dà inizio ad una nuova produzione di cortisolo. Uno studio ha mostrato che alti livelli di cortisolo sono associati ad una dieta iperproteica (ovvero in cui la quantità di proteine introdotta con l’alimentazione è superiore a quella di carboidrati e grassi). Il cortisolo avrebbe un effetto controregolatorio, grazie alla sua abilità di aumentare la gliconeogenesi e ridurre la quantità di glucosio, che dovrebbe contribuire a rimuovere gli aminoacidi dal torrente circolatorio. L’enzima 11HSD1 (11beta-hydroxysteroid dehydrogenase tipo 1) rigenera il cortisolo del cortisone all’interno del tessuto adiposo e del fegato, e mantiene attivato il GR, recettore dei glucocorticoidi. L’11HSD1 è un enzima NADP(H)-dipendente di tipo reduttasi (che catalizza una reazione di riduzione) che converte il metabolita 11-keto cortisone (negli umani) e l’11-deidro corticosterone (nei roditori), rispettivamente nel GC-cortisolo e nel GC-corticosterone. L’11HSD2 è un enzima NAD(H)-dipendente che catalizza la reazione opposta, ossidando il GC-cortisolo nelle forme inattive di 11-keto-cortisone. L’enzima 11beta-HSD tipo 1 e la produzione di cortisolo sono viceversa inattivati dall’insulina nel tessuto adiposo, e dall’enzima A-anelloriduttasi nel fegato, senza alterare i livelli di 11HSD1, effetto che si perde nelle persone sovrappeso divenute insulino-resistenti. Alcuni derivati steroidei del DHEA, come l’Androsta-3,5-Diene-7,17-Dione, il 7-OH-DHEA e l’Adrenosterone, sono capaci di inibire l’azione di tale enzima, e quindi di ridurre significativamente l’emivita ed i livelli sierici di cortisolo[4][5][6]; anche alcuni androgeni minori, come l’11-ketotestosterone, possiedono un’azione inibitrice verso tale enzima.

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