Differenza tra ghiandola esocrina ed endocrina con esempi

MEDICINA ONLINE CLASSIFICAZIONE GHIANDOLE ESOCRINE ENDOCRINE ANFICRINE ORMONI SECRETO SIEROSE MUCOSE MISTE MEROCRINE APOCRINE OLOCRINE ECCRINE PARIETALI TUBULARI GLOMERULARI SEMPLICI COMLe ghiandole presenti nel nostro corpo sono un insieme organizzato di cellule specializzate nel produrre e secernere una o più particolari sostanze. Alcune ghiandole sono così piccole da poter essere viste solo al microscopio; altre, come il fegato e il pancreas, sono dei veri e propri organi. Esistono due tipi di ghiandole: endocrine ed esocrine.

  • Le ghiandole endocrine (o a secrezione interna): liberano i loro prodotti, ad esempio gli ormoni, nel circolo sanguigno. Esempi di ghiandola endocrina sono: l’ipofisi, il pancreas endocrino, il timo, la tiroide, il fegato endocrino, le paratiroidi e le ghiandole surrenali.
  • Le ghiandole esocrine (o a secrezione esterna): liberano i loro prodotti al di fuori del corpo o all’interno del tubo gastroenterico. Esempi di ghiandola esocrina sono: il fegato esocrino; il pancreas esocrino; la mammella; le ghiandole salivari; le lacrimali; le sebacee; le sudoripare.

Quando una ghiandola è sia endocrina che esocrina, prende anche il nome di ghiandola anficrina, ad esempio il fegato è una ghiandola extramurale anficrina dal momento che possiede sia una secrezione endocrina che esocrina. Altro esempio di ghiandola anficrina è il pancreas che possiede una porzione esocrina che secerne succo pancreatico nel tubo digerente (contenente enzimi come tripsinogeno, lipasi, amilasi, e fosfolipasi importanti per la digestione) ed una porzione endocrina che secerne gli ormoni insulina, glucagone e somatostatina nel sangue, importanti per il mantenimento della corretta glicemia.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Differenza dei capezzoli e del seno in gravidanza

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO GRAVIDANZA MATERNITA FIGLIO MAMMA MADRE GENITORI CONCEPIMENTO PARTO FETO EMBRIONE (7)In gravidanza il corpo della donna cambia radicalmente; una delle zone dove i cambiamenti si fanno anche molto evidenti sono il seno, l’areola  (la zona circolare intorno al capezzolo) ed il capezzolo.

FOTO DEL SENO DI UNA DONNA DURANTE LA GRAVIDANZA

Seno più gonfio

Le mammelle tendono ad apparire più gonfie e piene, spesso ciò si associa a dolore. La sensazione di indolenzimento al seno è un sintomo comune sia alla sindrome premestruale, sia alla gravidanza. Infatti, subito dopo il periodo ovulatorio il corpo inizia a produrre più progesterone. Quest’ultimo provoca tensione mammaria, dunque il seno appare più gonfio, teso e duro al tatto. Ma ciò accade anche se vi è una gravidanza in corso. Con la sostanziale differenza che, non appena compare il flusso mestruale, il seno si “sgonfia” e diventa più morbido.

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Vene

Già dopo pochi giorni dall’impianto dell’ovulo possono cominciare a vedersi i primi segni sul seno, tanto per cominciare le vene diventano più evidenti, queste vene sono dette anche “vene del latte” e si espandono per tre motivi:

  1. poter portare più sangue sia alla mamma che al feto;
  2. i dotti galattofori che porteranno il latte ai capezzoli cominciano a gonfiarsi ed a prepararsi per la montata lattea che arriverà dopo il parto e premono sotto le vene, avvicinandole alla cute;
  3. man mano che il seno cresce di volume per prepararsi all’allattamento la cute si tende sempre più, diventando più sottile e trasparente, evidenziando le vene ulteriormente.

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Tubercoli del Montgomery

Insieme alle “vene del latte” avvengono modificazioni anche ai capezzoli ed all’areola mammaria, i capezzoli diventano più larghi e scuri e tutto intorno diventano evidenti dei piccoli “rilievi”: si chiamano “tubercoli del Montgomery” ed avranno il compito di produrre una sostanza lubrificante e disinfettante durante l’allattamento. Questi tubercoli sono delle piccole ghiandole che aumentano di dimensione e sono più evidenti verso la sedicesima settimana di gravidanza. L’attività dei tubercoli di Montgomery è fondamentale e legata alla migliore lubrificazione dei capezzoli per migliorare l’allattamento del bambino che si porta in grembo. I tubercoli di Montgomery possono rimanere nel loro volume più consistente anche dopo il parto, ma ciò non necessariamente deve essere considerato come un pericolo. Un controllo medico può togliere ogni dubbio e timore. Qualora ci fosse un eccessivo sversamento di lubrificante da parte del tubercolo bisogna rivolgersi immediatamente al proprio medico per diagnosticare la situazione ed escludere e scongiurare la presenza di un cancro al seno. Questo fenomeno, infatti, è uno dei sintomi che deve allarmare chi ne ha a che fare.

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Lunghezza media pene a 15 anni: quando il pene raggiunge la massima lunghezza possibile?

MEDICINA ONLINE TESTICULAR TESTICOLI PENE PROSTATA SEX SESSO GLANDE SEMEN SPERMA BIANCO GIALLO ROSSO MARRONE LIQUIDO TRASPARENTE EIACULAZIONE EREZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE VIAGLa crescita fisica di un uomo dipende da persona a persona ed i caratteri sessuali secondari si sviluppano in base agli stimoli ormonali che si verificano durante la pubertà. I caratteri sessuali secondari sono tutte quelle caratteristiche che rendono maschi e femmine, diversi. Nei maschi tali segni comprendono: comparsa di peli sul pube, sotto le ascelle, sul petto e sul viso; timbro della voce più profondo; muscolatura più pronunciata; ingrandimento di pene, testicoli e scroto.

Quando il pene raggiunge le massime misure possibili?

Generalmente lo sviluppo del pene dura fino a 3 anni circa dopo l’inizio dello sviluppo. Lo sviluppo puberale inizia nel maschio sano generalmente tra gli 11 ed i 12 anni, quindi il pene terminerà il suo sviluppo intorno ai 14/15 anni ed è questa l’età in cui il pene in genere raggiunge le sue dimensioni massime, cioè quelle che rimarranno stabili anche nella fase adulta.

Quali sono le misure medie a 15 anni?

Le misure medie di un pene di un giovane di 15 anni sano, allo stadio terminale dello sviluppo puberale, sono:

  • 8-9 centimetri di lunghezza a riposo (flaccido);
  • 14-16 centimetri di lunghezza durante l’erezione;
  • 9-10 centimetri di circonferenza a riposo;
  • 11-12 centimetri di circonferenza in erezione.

Tali dati numerici sono tuttavia fortemente variabili in base a genetica, stato di salute, etnia ed altri parametri.

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Come varia il testosterone in caso di astinenza dall’eiaculazione

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma MELATONINA TESTOSTERONE LIBIDO MUSCOLI SPERMA EIACULAZIONE SESSO Medicina Estetica Riabilitazione Nutrizionista Cavitazione Radiofrequenza Seno Pene Massaggio Dieta Proteine Muscoli PalestraIn uno studio pubblicato qui, le concentrazioni di testosterone sierico di 28 volontari sono state analizzate giornalmente durante i periodi di Continua a leggere

Cancro al seno: sintomi precoci, diagnosi, terapia e prevenzione

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Senologia Mammografia Tumore Cancro Seno Mammella Diagnosi Mastectomia Medicina Chirurgia Estetica Plastica Cavitazione  Dietologo Roma Cellulite Sessuologia EcografiePrima di parlare del cancro al seno, è necessario fare una piccola precisazione: i tumori al seno possono essere benigni (che non sono definibili “cancro”) o maligni (che sono definiti “cancro”). E’ importante fare questa differenza perché i tumori benigni:

  • solitamente non sono dannosi;
  • raramente invadono i tessuti circostanti;
  • non si diffondono ad altre parti del corpo;
  • si possono rimuovere generalmente in modo facile;
  • quando sono rimossi, solitamente non si riformano.

I tumori maligni, al contrario:

  • possono essere molto pericolosi e mortali,
  • possono invadere organi e tessuti circostanti (come la parete toracica ed i polmoni),
  • possono diffondersi ad altre parti del corpo,
  • non sempre possono essere rimossi;
  • se sono rimossi,  volte si riformano.

Il cancro alla mammella, anche chiamato cancro al seno o tumore maligno al seno, è il tumore più diffuso tra le donne. Non tutti sanno che anche gli uomini possono soffrire di cancro al seno, anche se in modo molto meno frequente. I segni di questa condizione possono comprendere un nodulo palpabile nella mammella, un suo cambiamento di forma, la formazione di fossette nella pelle, del fluido proveniente dal capezzolo, la comparsa di una macchia rossa squamosa sulla pelle. In coloro che sviluppano una diffusione a distanza della malattia (metastasi), vi può essere comparsa di dolore alle ossa, ingrossamento dei linfonodi, mancanza di respiro e ittero. La malattia colpisce quasi esclusivamente le donne, ma in certi casi anche gli uomini. Le cellule del cancro al seno possono diffondersi staccandosi dal tumore originario. Possono percorrere i vasi sanguigni o linfatici per raggiungere altre parti del corpo. Dopo essersi diffuse, le cellule tumorali possono attaccare altri tessuti e crescere formando nuovi tumori che possono danneggiare i tessuti. Quando un tumore si diffonde dalla sede originaria a un’altra parte del corpo, il nuovo tumore ha la stessa tipologia di cellule anomale e lo stesso nome del tumore primario (originale). Ad esempio, se il cancro al seno si diffonde a un polmone, le cellule tumorali presenti nel polmone sono in realtà le cellule tumorali del seno. La malattia è denominata cancro al seno con metastasi, non cancro al polmone. Per questo motivo, la malattia viene trattata come cancro al seno e non come cancro al polmone. La maggior parte dei noduli al seno non sono cancerosi, bensì benigni; in ogni caso alcuni di essi richiedono di essere valutati ed esaminati al microscopio per avere la prova della loro benignità. E’ importante comprendere alcune parole chiave utilizzate per descrivere il cancro al seno:

  • Carcinoma: Con questo termine si indica un cancro che comincia a svilupparsi nello strato di rivestimento (cellule epiteliali) di organi come il seno. Quasi tutti i tumori al seno sono carcinomi (o carcinomi duttali o carcinomi lobulari).
  • Adenocarcinoma: Un adenocarcinoma è un tipo di carcinoma che si sviluppa nel tessuto ghiandolare (tessuto che produce e secerne una sostanza). I dotti ed i lobuli della mammella sono di tessuto ghiandolare (producono il latte materno), così i tumori che si manifestano in queste aree sono spesso chiamati adenocarcinoma.
  • Carcinoma in situ: Questo termine viene utilizzato con riferimento alla fase iniziale del tumore, quando esso è ancora confinato allo strato di cellule dove ha cominciato a svilupparsi. Nel caso del cancro al seno, il termine in situ sta ad indicare che le cellule tumorali restano confinate ai condotti (carcinoma duttale in situ) o ai lobuli (carcinoma lobulare in situ). Esse non si sviluppano nei tessuti più profondi del seno né si diffondono ad altri organi del corpo e per questo a volte tali tumori sono indicati come non- invasivi o come tumori al seno pre-invasivi.
  • Carcinoma invasivo (infiltrante): Un tumore è invasivo quando si sviluppa oltre lo strato di cellule dove è nato (diversamente dal carcinoma in situ). La maggior parte dei tumori al seno sono carcinomi invasivi, sia che si tratti di carcinoma duttale invasivo oppure di carcinoma lobulare invasivo.
  • Sarcoma: I sarcomi sono tumori che partono dai tessuti connettivi, come il tessuto muscolare, il tessuto adiposo o i vasi sanguigni. I sarcomi della mammella sono rari.

La restante parte di questo documento si riferisce soltanto al cancro della mammella nelle donne.

Anatomia del seno

I seni poggiano sui muscoli del torace che coprono le costole: ciascuna mammella si compone dai 15 a 20 lobi e, a loro volta, i lobi contengono lobuli molto più piccoli. I lobuli contengono gruppi di piccole ghiandole in grado di produrre il latte, quest’ultimo scorre dai lobuli al capezzolo attraverso tubi sottili chiamati condotti. Il capezzolo si trova al centro di una scura zona di pelle chiamata areola; il grasso riempie gli spazi tra i lobuli ed i dotti. I seni contengono anche dei vasi linfatici: questi vasi conducono ad organi piccoli e sferici chiamati linfonodi. Gruppi di linfonodi si trovano vicino al seno sotto le ascelle, sopra la clavicola, nel torace dietro lo sterno ed in numerose altre parti del corpo. I linfonodi bloccano i batteri, le cellule cancerose o altre sostanze nocive.

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Cause

Sebbene vi siano numerosi fattori di rischio che possono aumentare la probabilità di sviluppare il cancro al seno, non si conosce ancora esattamente in che modo alcuni di questi fattori di rischio inducano le cellule a diventare cancerose. Sembra che gli ormoni giochino un ruolo importante nella formazione del tumore, ma non si riesce a comprendere bene come ciò possa avvenire. Cambiamenti a livello del DNA possono rendere cancerose alcune cellule sane: il DNA è la sostanza chimica che si trova in ogni cellula del corpo e contiene le istruzioni per il loro corretto funzionamento. In genere somigliamo ai nostri genitori perché sono loro la fonte del nostro DNA. Alcuni geni contengono le istruzioni per determinare quando le nostre cellule crescono, si dividono e muoiono. I geni che accelerano la scissione cellulare sono chiamati oncogeni, quelli che invece la rallentano o inducono le cellule alla morte al momento giusto sono chiamati geni soppressori del tumore. I tumori possono essere causati da mutazioni del DNA che “accendono” gli oncogeni o “spengono” i geni oncosoppressori.

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Fattori di rischio

Ormai dovrebbe essere familiare la statistica secondo cui una donna su otto sviluppa il cancro al seno, molti però fraintendono questi dati pensando erroneamente di avere una possibilità su otto di sviluppare oggi la malattia. In realtà circa una donna su otto negli Stati Uniti (in percentuale il 13% delle donne, quindi 13 su 100) può aspettarsi di sviluppare il cancro al seno nel corso della sua esistenza; negli Stati Uniti la vita media è di circa 80 anni, dunque sarebbe più corretto dire che negli Stati Uniti una donna su 8 può aspettarsi di sviluppare il cancro al seno al raggiungimento degli 80 anni. In ogni decade della vita il rischio di contrarre il cancro al senso è attualmente più basso del 13% per la maggior parte delle donne. In genere le persone tendono a percepire il rischio in modi molto diversi: una probabilità pari ad una su otto di ammalarsi di cancro al seno potrebbe sembrare elevata, ma guardando le cose da un’altra prospettiva potreste invece pensare di avere 7 possibilità su 8 di non essere colpite dal cancro al seno, ciò significa una percentuale corrispondente all’87.5% di non sviluppare la malattia, anche al raggiungimento degli 80 anni di età. Il modo di percepire il rischio spesso dipende dalla situazione individuale (ad esempio nel caso in cui voi o molte donne che conoscete siano state colpite dal cancro al seno, o se sussistono delle valide ragioni per ritenere che il rischio di contrarre la malattia sia per voi più elevato della media) o comunque dal vostro modo usuale di guardare il mondo. Nonostante gli studi abbiano mostrato che la probabilità di essere colpiti dal cancro al seno si aggira intorno al 13%, questa probabilità può aumentare o diminuire da un individuo a un altro: il rischio individuale è influenzato da molti fattori diversi, come la storia della famiglia, la storia riproduttiva , lo stile di vita, l’ambiente in cui si vive e tanti altri fattori. Nessuno conosce quali siano le cause esatte del cancro al seno, spesso i dottori non riescono a spiegarsi il motivo per il quale una donna sviluppa il cancro al sano ed un’altra no. Ciò che si sa è che una collisione, un livido, un colpo al seno non determinano il cancro. Inoltre il tumore al seno non è contagioso, per cui non si può trasmettere da una persona ad un’altra. La ricerca ha dimostrato che le donne che presentano determinati fattori di rischio hanno una maggiore probabilità di sviluppare il cancro al seno, la presenza di un fattore di rischio sicuramente aumenta la possibilità di contrarre la malattia. Studi scientifici hanno evidenziato i seguenti fattori di rischio per il cancro al seno:

  • Età: la probabilità di sviluppare il cancro al seno aumenta con l’invecchiamento della donna. Nella maggior parte dei casi il tumore al seno si manifesta nelle donne di età superiore ai 60 anni. Questa malattia infatti non è così comune prima della menopausa.
  • Pregressa esperienza di cancro al seno: una donna che ha già sviluppato la malattia in passato ha maggiori probabilità di sviluppare il cancro nell’altro seno.
  • Storia familiare: per una donna il rischio di sviluppare il cancro al seno è maggiore se la madre, la sorella o la figlia ne sono già state colpite. Inoltre il rischio aumenta se il soggetto ha avuto il cancro prima dei 40 anni di età. Avere altri parenti col cancro al seno (sia materni che paterni) può allo stesso modo aumentare il rischio per una donna.
  • Cambiamenti al seno: in alcune donne le cellule della mammella possono apparire anomale al microscopio. La presenza di determinate cellule anomale (iperplasia atipica e carcinoma lobulare in situ) aumenta il rischio di cancro al seno.
  • Variazioni del gene: i cambiamenti di alcuni geni presenti nel DNA aumentano il rischio di cancro al seno. Tra questi geni rientrano il BRCA1, il BRCA2 ed altri. Talvolta i test possono mostrare la presenza di alterazioni di un determinato gene in nuclei familiari con molte donne che hanno sviluppato il cancro al seno. Gli operatori sanitari possono suggerire alcuni modi per cercare di ridurre il rischio di cancro al seno, o per migliorare le modalità attraverso cui individuare la malattia nelle donne che presentano queste variazioni nei geni.
  • Storia mestruale e riproduttiva: le donne che non hanno figli o che hanno avuto il loro primo figlio dopo i 30 anni hanno un rischio leggermente più elevato di sviluppare il cancro al seno. Sostenere molte gravidanze ed essere incinte in giovane età riduce il rischio di cancro al seno. La gravidanza riduce lungo tutto l’arco della vita di una donna il numero totale di cicli mestruali, che possono essere la ragione di quest’effetto. Quindi:
    • quanto più adulta è una donna alla sua prima gravidanza, maggiore sarà il rischio di cancro al seno,
    • le donne che hanno avuto la loro prima mestruazione prima dei 12 anni corrono un rischio maggiore di cancro al seno,
    • le donne che vanno in menopausa dopo i 55 anni corrono un rischio maggiore di cancro al seno,
    • le donne che non hanno mai avuto figli corrono un maggior rischio di cancro al seno.
  • Etnia: il carcinoma alla mammella è diagnosticato più spesso nelle donne caucasiche piuttosto che in quelle latine, asiatiche o afro-americane.
  • Radioterapia al torace: gli uomini e le donne che hanno subìto una radioterapia al torace, corrono un rischio maggiore di cancro alla mammella. Lo stesso vale per i pazienti che vengono trattati con radiazioni per il linfoma di Hodgkin. Studi scientifici hanno mostrato che quanto più giovane è il soggetto che segue un trattamento con radiazioni, tanto più elevata sarà la possibilità di sviluppare il cancro al seno.
  • Densità del seno: il tessuto del seno può essere denso o adiposo. Le donne anziane le cui mammografie (raggi x al seno) mostrano un tessuto prevalentemente denso, sono maggiormente esposte al rischi di cancro al seno.
  • DES (dietilstilbestrolo): Il DES è stato somministrato ad alcune donne incinte negli Stati Uniti tra il 1940 ed il 1971 (oggi non è più somministrato alle donne in gravidanza). Le donne che assumono il DES durante la gravidanza possono essere maggiormente esposte al rischio di sviluppare il cancro al seno. I possibili effetti sulle figlie sono ancora in fase di studio.
  • Essere in sovrappeso o obesi dopo la menopausa: la possibilità di avere il cancro al seno dopo la menopausa è più elevata nelle donne che sono in sovrappeso o obese.
  • Mancanza di attività fisica: le donne che sono fisicamente inattive nel corso della loro vita possono essere maggiormente esposte al rischio di cancro al seno. Essere attive può contribuire a ridurre tale rischio prevenendo l’aumento di peso e l’obesità.
  • Alcoolici: studi scientifici suggeriscono che più una donna assume sostanze alcooliche, maggiore sarà il rischio di cancro al seno.
  • Mancato allattamento al seno: alcuni studi suggeriscono che l’allattamento al seno può leggermente ridurre la possibilità di cancro alla mammella, specialmente se è continuato per un periodo variabile da un anno e mezzo a due anni. Questo però non è un aspetto facile da studiare, specie in paesi come gli Stati Uniti, dove l’allattamento al seno per un periodo di tempo così prolungato non è affatto comune. Questo effetto si può spiegare con il fatto che l’allattamento al seno riduce il numero totale di cicli mestruali durante il corso della vita di una donna (come se cominciasse il periodo mestruale in età avanzata o andasse precocemente in menopausa).
  • Recente uso orale di contraccettivi: Gli studi hanno mostrato che le donne che usano contraccettivi orali (pillole anticoncezionale) hanno un rischio maggiore di sviluppare il cancro al seno rispetto alle donne che non ne hanno mai fatto uso. Questo rischio sembra però diminuire sino a ritornare alla normalità una volta che l’assunzione delle pillole viene stoppata. Sembra che le donne che hanno smesso di usare contraccettivi orali da più di 10 anni non riscontrino alcun aumento del rischio di cancro al seno. Quando si discute circa l’uso di contraccettivi orali, le donne dovrebbero specificare l’eventuale presenza di ulteriori fattori di rischio per il carcinoma della mammella con il loro team di assistenza sanitaria.
  • Mancanza di attività fisica: è sempre più evidente che l’attività fisica riduce il rischio di cancro al seno. La questione principale è capire di quanto esercizio fisico si ha bisogno. In base ad uno studio del Women’s Health Initiative (WHI), bastano da 1,25 sino a 2,5 ore a settimana di marcia rapida per ridurre il rischio di una donna del 18%. Camminare 10 ore a settimana riduce un po’ di più questo rischio. Per ridurre il rischio di cancro al seno, l’American Cancer Society raccomanda dai 45 ai 60 minuti di attività fisica per 5 o più giorni alla settimana.
  • Seguire una terapia ormonale post-menopausa
  • La terapia ormonale post-menopausa (TOS), nota anche come terapia ormonale sostitutiva, è stata usata per molti anni per contribuire ad alleviare i sintomi della menopausa e per aiutare a prevenire l’osteoporosi (assottigliamento delle ossa). Studi precedenti hanno suggerito che potrebbe avere anche altri benefici alla salute, mentre studi più recenti e meglio progettati hanno escluso questa possibilità.

Altri possibili fattori di rischio sono ancora in fase di studio, per esempio gli effetti della dieta, dell’attività fisica e della genetica. Si sta inoltre studiando l’eventuale correlazione tra la presenza di alcune sostanze nell’ambiente ed il rischio di cancro al seno. Molti fattori di rischio si possono evitare, mentre altri, al contrario non possono essere evitati. Le donne possono comunque proteggersi cercando di limitare i fattori noti di rischio per quanto possibile. E’ però anche importante tenere a mente che non sempre le donne che presentano un qualche fattore di rischio si ammalano di cancro al seno e la maggior parte delle donne che sviluppa la malattia non ha precedenti familiari; fatta eccezione per le donne in età avanzata, la maggior parte di esse non presenta dei chiari fattori di rischio. Se pensate di poter essere esposte al rischio di contrarre il cancro al seno fareste bene a parlarne con il vostro medico, così che egli possa suggerirvi alcuni modi per ridurre tale rischio e possa pianificare un programma per i controlli.

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Fattori di rischio potenziali

Alcuni potenziali fattori di rischio per il tumore maligno della mammella, sono di seguito elencati:

  • Una dieta ricca di grassi: studi relativi ai grassi nella dieta non hanno chiaramente dimostrato che questo è un fattore di rischio di cancro al seno.
  • Antitraspiranti: si è diffusa tramite internet ed e-mail la voce secondo cui le sostanze chimiche contenute negli antitraspiranti ascellari vengono assorbite attraverso la pelle, interferiscono con la circolazione linfatica, causano delle tossine che si sviluppano nel petto, ed eventualmente determinano il cancro al seno. Tuttavia a sostegno di questa voce ci sono ben pochi studi di laboratorio o test basati sulla popolazione.
  • Reggiseno: si è diffusa tramite Internet ed e-mail la notizia per cui anche il reggiseno aumenterebbe il rischio di cancro al seno ostruendo il flusso della linfa. Tuttavia alla base di quest’affermazione non ci sono valide basi scientifiche e cliniche. E’ più probabile che le donne che non indossano regolarmente il reggiseno si sentano più leggere e ciò evidentemente contribuisce a far percepire diversamente il rischio.
  • Aborto indotto: diversi studi hanno fornito delle prove inconfutabili che né l’aborto indotto né quello spontaneo abbiano degli effetti collaterali sul rischio di cancro al seno.
  • Protesi mammarie: diversi studi hanno mostrato che le protesi mammarie non incidono sul rischio di cancro al seno, anche se quelle di silicone possono provocare la formazione di un tessuto cicatrizio nel seno. I trapianti rendono più ardua l’individuazione del tessuto del seno attraverso le mammografie standard, ma ulteriori radiografie possono essere utilizzare per esaminare il tessuto del seno in maniera più approfondita.
  • Fumo di tabacco: la maggior parte degli studi non ha riscontrato alcun legame tra il fumo di sigaretta ed il cancro al seno. Anche se alcuni studi hanno suggerito che il fumo ne aumenti il rischio, la veridicità di questa ipotesi rimane ancora controversa.
  • Lavoro notturno: diversi studi hanno suggerito che le donne che lavorano di notte, ad esempio le infermiere che hanno il turno di notte, sono maggiormente esposte al rischio di cancro al seno.

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Fattori protettitivi

Fattori che diminuiscono il rischio di soffrire di cancro al seno, sono:

  • Terapia ormonale con soli estrogeni per le donne in post-menopausa: La terapia ormonale con soli estrogeni può essere somministrata a donne che hanno subito un’isterectomia. In queste donne, la terapia con soli estrogeni dopo la menopausa riduce il rischio di cancro al seno. Nelle donne che hanno ancora l’utero la terapia con soli estrogeni aumenta il rischio di cancro a quell’organo.
  • Attività fisica: Svolgere attività fisica per quattro o più ore alla settimana può diminuire i livelli ormonali e contribuire a ridurre il rischio di cancro al seno. L’effetto dell’attività fisica sul rischio può essere maggiore nelle donne in pre-menopausa con peso nella norma o sottopeso. Si deve prestare attenzione a svolgere attività fisica in modo sicuro, perché l’attività fisica comporta il rischio di lesioni alle ossa e ai muscoli.
  • Estrogeni (esposizione ridotta): Riducendo il periodo di tempo in cui il tessuto mammario di una donna è esposto agli estrogeni può aiutare a prevenire il cancro al seno. L’esposizione agli estrogeni può essere ridotta nei modi seguenti:
    • Gravidanza: I livelli di estrogeni sono più bassi durante la gravidanza. Il rischio di cancro al seno sembra essere inferiore se una donna ha la sua prima gravidanza a termine prima dei 20 anni.
    • Allattamento: I livelli di estrogeni possono rimanere bassi mentre una donna allatta al seno.
    • Ablazione ovarica: La quantità di estrogeni prodotta dall’organismo può essere notevolmente ridotta rimuovendo uno o entrambe le ovaie, che producono estrogeni. Inoltre, dei farmaci possono essere assunti per ridurre la quantità di estrogeni prodotti dalle ovaie.
    • Mestruazioni tardive: L’avere il ciclo mestruale all’età di 14 anni o più diminuisce il numero di anni in cui il tessuto mammario è esposto agli estrogeni.
    • Menopausa precoce: Meno anni una donna ha il ciclo mestruale, minore è il periodo di tempo in cui il tessuto mammario è esposto agli estrogeni.
  • Farmaci: I modulatori selettivi del recettore dell’estrogeno (SERM) sono farmaci che agiscono come estrogeni su alcuni tessuti del corpo, ma bloccano l’effetto ormonale su altri. Il tamoxifene è un SERM che appartiene alla famiglia di farmaci chiamati antiestrogeni. Gli antiestrogeni bloccano gli effetti degli estrogeni nel corpo. Il tamoxifene riduce il rischio di tumore nelle donne che sono ad alto rischio di contrarre la malattia. Questo effetto dura per parecchi anni dopo l’interruzione del farmaco. L’assunzione aumenta tuttavia il rischio di sviluppare altre gravi patologie, compreso il carcinoma endometriale, l’ictus, la cataratta, e i coaguli di sangue, soprattutto nei polmoni e nelle gambe. Il rischio di sviluppare queste patologie aumenta con l’età. Le donne di età inferiore ai 50 anni che hanno un elevato rischio di cancro al seno possono trarre i maggiori benefici assumendo il tamoxifene.
    Il raloxifene è un altro SERM che aiuta a prevenire il cancro al seno. Nelle donne in post-menopausa con osteoporosi (diminuzione della densità ossea), il raloxifene riduce il rischio sia per le donne ad alto rischio che per quelle a basso rischio di sviluppare la malattia. Non è noto se il raloxifene avrebbe lo stesso effetto in donne che non hanno l’osteoporosi. Come il tamoxifene, il raloxifene può aumentare il rischio di coaguli di sangue, soprattutto nei polmoni e nelle gambe, ma non sembra aumentare il rischio di cancro dell’endometrio.
    Gli inibitori dell’aromatasi riducono il rischio di un nuovo cancro alla mammella nelle donne che hanno un elevato rischio. L’assunzione riduce la quantità di estrogeni prodotta dall’organismo. Prima della menopausa, gli estrogeni vengono prodotti dalle ovaie e da altri tessuti nel corpo di una donna, compreso il cervello, il tessuto adiposo, e la pelle. Dopo la menopausa, le ovaie smettono di produrre estrogeni, ma gli altri tessuti no. Gli inibitori dell’aromatasi bloccano l’azione di un enzima chiamato aromatasi, che è usato per produrre tutti gli estrogeni del corpo. Possibili danni dovuti all’assunzione di questa categoria di farmaci includono dolori muscolari e articolari, osteoporosi, vampate di calore e sensazione di stanchezza.
  • Mastectomia profilattica: Alcune donne che hanno un elevato rischio possono scegliere di sottoporsi a una mastectomia profilattica (la rimozione di entrambi i seni quando non ci sono segni di cancro). Il rischio si riduce drasticamente, tuttavia è molto importante sottoporsi a una valutazione del rischio di cancro e a una consulenza per conoscere tutte le opzioni possibili per la prevenzione prima di prendere questa decisione. In alcune donne, la mastectomia profilattica può provocare ansia, depressione, e preoccupazione circa la propria estetica.
  • Ovariectomia profilattica: Alcune donne che hanno un elevato rischio possono scegliere di sottoporsi a un’ovariectomia profilattica (la rimozione di entrambe le ovaie quando non ci sono segni di cancro). Questo riduce la quantità di estrogeni prodotta dall’organismo e riduce il rischio di sviluppare la malattia, tuttavia, è molto importante sottoporsi a una valutazione del rischio di cancro e a una consulenza prima di prendere questa decisione. Il calo improvviso dei livelli di estrogeni può causare l’insorgenza di sintomi della menopausa, comprese vampate di calore, disturbi del sonno, ansia e depressione. Effetti a lungo termine includono riduzione del desiderio sessuale, secchezza vaginale e diminuzione della densità ossea. Questi sintomi variano notevolmente da donna a donna.

Analizziamo infine altre situazioni correlate:

  • Aborto: Non sembra esserci un legame tra aborto e cancro al seno.
  • Contraccettivi orali: L’assunzione di contraccettivi orali (pillola anticoncezionale) può aumentare leggermente il rischio di cancro al seno nelle donne che la assumono. I contraccettivi a base di sola progestinici non sembrano aumentare il rischio.
  • Ambiente: Gli studi non hanno dimostrato che l’esposizione a determinate sostanze nell’ambiente (come sostanze chimiche, metalli, polvere e inquinamento) aumenti il rischio di cancro al seno.
  • Dieta: Non è dimostrato che una dieta a basso contenuto di grassi o ad alto contenuto di frutta e verdura prevenga il cancro alla mammella (a questo proposito si segnala che a seconda della società scientifica si possono trovare indicazioni diverse).
  • Fumo: Non è stato dimostrato che il fumo di sigaretta sia attivo che passivo (inalazione indiretta di fumo) aumenti il rischio.
  • Statine: Gli studi non hanno dimostrato che l’assunzione di statine (farmaci che abbassano il colesterolo) influenzi il rischio di cancro al seno.

Leggi anche: Differenza tra tumorectomia, quadrantectomia e mastectomia al seno

Sintomi e segni

Il più comune segno del tumore al seno è la presenza di un nodulo mammario monolaterale (in una sola mammella): se il nodulo è duro ed indolore e presenta bordi irregolari è più probabile che sia cancerogeno, tuttavia il cancro al seno può anche essere soffice e rotondeggiante. Per questo motivo è fondamentale che ogni nuovo nodulo sia tenuto sotto controllo da un medico specialista esperto nella diagnosi delle malattie della mammella.

Altri possibili sintomi e segni del cancro al seno sono:

  • Gonfiore di tutto il seno o di una parte di esso (nonostante non si avverta nessun nodulo al tatto);
  • Irritazione o increspatura della pelle;
  • Dolore al seno o al capezzolo;
  • Retrazione del capezzolo (che si ripiega su se stesso);
  • Arrossamento o ispessimento del capezzolo o della pelle del seno;
  • Secrezione diversa dal latte materno;
  • Cambiamenti nelle dimensioni o nella forma del seno;
  • Morbidezza del capezzolo.

In alcuni casi il tumore al seno può diffondersi ai linfonodi ascellari e qui può causare un nodulo o un gonfiore, anche prima che il tumore al seno si sia abbastanza esteso per poter essere avvertito. Nelle fasi iniziali il tumore alla mammella di solito non provoca dolore, ma una donna dovrebbe sempre consultare il suo medico specialista in caso di dolore al seno o di qualsiasi altro sintomo persistente. Il più delle volte questi dolori non sono dovuti a tumore, ma possono essere causati da differenti problemi di salute. Ogni donna che avverte questi sintomi deve informare il proprio medico così che il problema possa essere diagnosticato e trattato il prima possibile. Fissa un controllo dal tuo medico se noti che il seno appare diverso alla vista o al tatto, perché nessun cambiamento è troppo piccolo per chiedere informazioni.

Diagnosi

Se si avvertono dei sintomi specifici o se il risultato del test di screening fa pensare che esista la possibilità di un tumore, il medico deve capire se sussiste l’effettiva possibilità che il paziente abbia contratto il cancro o se in realtà ciò sia dovuto ad altre cause. Il medico può porre alcune domande riguardanti la storia personale e quella della propria famiglia e può effettuare un esame fisico. Egli può anche decidere che il paziente debba essere sottoposto ad una mammografia o ad altre metodiche di imaging: questi test mostrano le immagini dei tessuti all’interno del seno ed al termine il medico può ritenere che non siano necessari ulteriori esami, oppure può suggerire di sottoporsi più avanti ad ulteriori accertamenti. Potrebbe essere anche necessaria una biopsia che riscontri la presenza di eventuali cellule tumorali.

Esame clinico del seno

Attraverso la palpazione del seno il medico può avvertire la presenza di noduli e cercare di individuarne la causa, a tal fine il medico ne analizzerà dimensione, forma e consistenza. Egli controllerà anche se il nodulo si muove facilmente. Generalmente i noduli benigni hanno caratteristiche diverse da quelli maligni: i noduli benigni appaiono generalmente rotondi, mobili e morbidi al tatto, mentre i noduli dalla forma irregolare e più saldamente ancorati al seno sono più probabilmente cancerosi. Per approfondire:

Mammografia

La mammografia è uno dei più importanti strumenti diagnostici per la diagnosi di tumore al seno, soprattutto nelle pazienti che hanno superato i 40 anni e che possiedono una mammella con maggiore componente adiposa, rispetto a quella ghiandolare. Si può associare una ecografia. Per approfondire: La mammografia: un esame rapido che può salvarti la vita

Ecografia

L’ecografia è un ottimo strumento per la diagnosi di tumore al seno, soprattutto nelle pazienti giovani, quando la mammella tende ad avere una maggiore componente ghiandolare, rispetto a quella adiposa. All’ecografia mammaria si può associare una mammografia. Per approfondire: L’ecografia mammaria: un esame innocuo ed indolore che ti può salvare vita

Risonanza magnetica

La risonanza magnetica utilizza un potente magnete collegato ad un computer per rendere più dettagliate le immagini del tessuto mammario: il medico può visualizzare le immagini su un monitor oppure stamparle su pellicola. La risonanza magnetica può essere utilizzata insieme ad una mammografia.

Leggi anche: Differenza tra ecografia e mammografia nella diagnosi di tumore al seno

Biopsia

Il processo diagnostico di un tumore maligno del seno, passa necessariamente da una biopsia: una piccola parte di tessuto viene rimosso dal seno ed inviato in laboratorio per essere analizzato dal patologo.

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Cura e terapia

In generale quasi tutte le donne con un cancro del seno, indipendentemente dallo stadio in cui si trova il tumore, subiscono un intervento chirurgico per rimuovere i tessuti malati, esistono tuttavia ulteriori approcci che possono essere classificati in grandi gruppi, in base a come funzionano e a quando vengono utilizzati. La terapia locale è destinata al trattamento di una zona specifica senza influire sul resto del corpo, chirurgia e radioterapia sono esempi di terapie locali. La terapia sistemica si riferisce invece ai farmaci che possono essere assunti per via orale o direttamente nel flusso sanguigno così da raggiungere le cellule tumorali in qualsiasi parte del corpo. La chemioterapia, la terapia ormonale e la terapia mirata sono terapie sistemiche. I pazienti ai quali non viene più riscontrato il cancro dopo l’intervento chirurgico, vengono sottoposti ad una terapia sistemica adiuvante (addizionale). In alcuni casi le cellule di cancro possono staccarsi dal tumore primario della mammella per diffondersi in tutto il corpo tramite il flusso sanguigno, ciò avviene anche nelle fasi iniziali della malattia. Queste cellule non possono essere individuate attraverso un esame fisico o tramite radiografie o altri esami di imaging, per di più non generano alcun sintomo: possono svilupparsi sino a dar vita a nuovi tumori in altri organi del corpo o nelle ossa. L’obiettivo della terapia adiuvante è quello di uccidere queste cellule nascoste. Non tutti i pazienti necessitano di una terapia adiuvante, in linea generale se il tumore è più grande o se si è esteso sino ai linfonodi è più probabile che si sia diffuso attraverso il flusso sanguigno. Alcuni pazienti vengono sottoposti a terapia sistemica, di solito la chemioterapia, prima dell’intervento chirurgico in modo da ridurre il tumore, nella speranza che ciò consentirà di sottoporre poi il paziente ad un intervento meno estensivo. In tal caso la terapia prende il nome di terapia neoadiuvante.

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Chirurgia

L’approccio chirurgico consiste nella rimozione fisica del tumore, tipicamente insieme ad alcuni dei tessuti circostanti. Uno o più linfonodi possono essere sottoposte a biopsia durante l’intervento chirurgico. Viene sempre eseguito un esame del linfonodo sentinella. Gli interventi chirurgici standard includono:

  • Mastectomia: rimozione di tutta la mammella.
  • Quadrantectomia: rimozione di un quarto della mammella.
  • Lumpectomia: rimozione di una piccola parte della mammella.

Una volta che il tumore è stato rimosso, se la paziente lo desidera possibile ricorrere alla chirurgia della ricostruzione della mammella, un tipo di chirurgia plastica, al fine di migliorare l’aspetto estetico. In alternativa, le donne possono indossare sotto i vestiti delle protesi che simulino la presenza della mammella.

Per approfondire:

Prevenzione

Non esiste un metodo sicuro per scoprire il cancro al seno, tuttavia ci sono delle cose che ogni donna può fare per contribuire a ridurre il proprio rischio e per aumentare la probabilità che, nel caso in cui si sviluppa il cancro, essa venga individuato in una fase iniziale, e quindi più curabile, della sua formazione. E’ possibile ridurre il rischio di cancro al seno modificando quei fattori di rischio che possono essere cambiati: se si limita l’uso di alcoolici, si fa regolare attività fisica e si mantiene sotto controllo il peso corporeo, allora si diminuisce il rischio di cancro al seno. Le donne che decidono di allattare almeno per alcuni mesi possono così anche ottenere il vantaggio di ridurre il rischio di cancro al seno. Non usare la terapia ormonale post-menopausa (TOS) può aiutare ad evitare di aumentare il vostro rischio. Sia che le sostanze chimiche ambientali contengano o meno tra le loro proprietà gli estrogeni (come ad esempio quelli che si trovano in alcune bottiglie di plastica o in alcuni cosmetici e prodotti per la cura personale), l’aumento del rischio di cancro al seno non è stato accertato. Se si verifica un aumento del rischio, è probabile che esso sia molto lieve. Inoltre le donne interessate alla prevenzione possono decidere di evitare quando possibile i prodotti che contengono queste sostanze. Oltre che ai cambiamenti nello stile di vita, la cosa più importante che una donna possa fare è seguire le linee guida per una diagnosi precoce. In tal modo non si impedisce il cancro al seno, ma ciò può aiutare a scoprire la presenza del cancro in un momento in cui le probabilità che la terapia abbia successo sono maggiori. Le donne dai 40 anni di età in su dovrebbero sottoporsi ad una mammografia al seno ogni anno e dovrebbero continuare a farlo finché sono in buona salute. Le donne tra i 20 ed i 30 anni di età dovrebbero sottoporsi ad un esame clinico del seno come parte di un esame periodico (regolare) del proprio stato di salute da parte di un medico specialista, almeno ogni 3 anni. L’auto-esame del seno può essere un’opzione valida per le donne a partire dai 20 anni di età, dovrebbero essere informate circa i vantaggi ed i limiti di questa tecnica e dovrebbero segnalare ogni cambiamento del seno al proprio medico specialista.

  • Le donne con un elevato rischio dovrebbero sostenere una risonanza magnetica ed una mammografia ogni anno.
  • Le donne con un rischio moderatamente alto (tra il 15% ed il 20%) dovrebbero discutere con il proprio medico relativamente ai vantaggi ed ai limiti di aggiungere una risonanza magnetica screening alla mammografia annuale.
  • La risonanza magnetica screening non è invece raccomandata per le donne il cui rischio di cancro al seno è inferiore al 15%.

Le donne ad elevato rischio sono quelle che:

  • hanno constatato una mutazione del gene BRC1 o BRC2,
  • hanno un parente di primo grado (genitore, sorella, fratello o figlio) con una mutazione del gene BRC1 o BRC2, ma non hanno sostenuto test genetici che li provino,
  • presentano un rischio di sviluppare il cancro compreso tra il 20% ed il 25% o superiore, in base agli strumenti di valutazione basati sulla storia familiare,
  • hanno sostenuto una radioterapia del torace in età comprea tra i 10 ed i 30 anni,
  • sono state colpite dalla sindrome di Li-Fraumeni, sindrome di Cowden o la sindrome di Bannayan-Riley-Ruvalcaba, o hanno familiari di primo grado con una di queste sindromi.

Tra le donne con rischio moderatamente elevato rientrano quelle che:

  • presentano un rischio di cancro al seno compreso tra il 15% ed il 20% in accordo con gli strumenti di analisi basati per lo più sulla storia familiare,
  • hanno una storia personale di carcinoma mammario, carcinoma duttale in situ (DCIS) , carcinoma lobulare in situ (CLIS), iperplasia duttale atipica (ADH), o iperplasia lobulare atipica (ALH),
  • hanno dei seni estremamente densi o non uniformemente densi così come appaiono dalla mammografia.

Leggi anche: Tumore al seno: terapie complementari e loro efficacia

Metastasi

Le metastasi sono cellule tumorali che, attraverso il sistema circolatorio o linfatico, vengono disperse nell’organismo dove possono causare la formazione di ulteriori tumori. La presenza di metastasi, in qualisasi tumore, peggiora decisamente la stadiazione e quindi la prognosi e le possibilità di sopravvivenza. Si conoscono principalmente due tipi di tumore al seno con metastasi:

  • Nel caso in cui le le cellule tumorali  si fermino ai linfonodi ascellari si considera potenzialmente curabile perchè ancora in uno stadio iniziale.
  • Quando invece le metastasi riescono ad oltrepassare queste zone si parla di metastasi a distanza e generalmente si sviluppano tumori secondari nelle ossa, nel fegato e nei polmoni; pur esistendo oggi molti trattamenti per questi tumori le aspettative di cura sono in questo caso molto più basse e la terapia mira sopratutto ad evitare un’ulteriore diffusione.

E’ possibile rilevare la presenza di metastasi al momento della diagnosi di tumore al seno, mesi od anni dopo.

Leggi anche

Epidemiologia

Il cancro al seno è la tipologia di cancro più comune tra le donne e ne colpisce una su 8, rappresentando di fatto la forma di tumore più diffusa in ambito femminile. In rari casi può interessare anche gli uomini.

  • La tipologia più comune è il carcinoma duttale. Questo cancro si forma nelle cellule che rivestono un dotto mammario. Circa 7 donne su 10 con cancro alla mammella hanno un carcinoma duttale.
  • La seconda tipologia di cancro al seno più comune è il carcinoma lobulare: questa forma si forma in un lobulo del seno e circa 1 donna su 10 con cancro al seno ha un carcinoma lobulare.
  • Altre donne hanno una combinazione delle due forme, oppure varianti meno comuni.

Leggi anche: Differenza tra remissione parziale, totale e guarigione

Stadiazione

Il tumore del seno viene classificato sulla base di quattro stadi a gravità crescente:

  1. Stadio I: è un cancro in fase iniziale, con meno di 2 cm di diametro e senza coinvolgimento dei linfonodi.
  2. Stadio II: è un cancro in fase iniziale di meno di 2 cm di diametro che però ha già coinvolto i linfonodi sotto l’ascella, oppure ha dimensioni maggiori ma senza coinvolgimento dei linfonodi.
  3. Stadio III: è un tumore localmente avanzato, di dimensioni variabili, ma che ha coinvolto già anche i linfonodi sotto l’ascella, oppure che coinvolge i tessuti vicini al seno (per esempio la pelle).
  4. Stadio IV: è un cancro già metastatizzato che ha coinvolto altri organi al di fuori del seno.

Per approfondire: Classificazione e stadiazione delle fasi del tumore alla mammella

Prognosi e sopravvivenza

La percentuale di sopravvivenza varia fortemente in funzione della stadiazione. Nei casi di diagnosi al primo stadio la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è di circa il 98%, il che significa che dopo 5 anni dalla diagnosi sono ancora vivi il 98% dei pazienti; nel caso di coinvolgimento dei linfonodi la probabilità di sopravvivenza scende al 75% circa. Nel cancro in cui siano presenti metastasi distanti, principalmente polmoni, fegato e ossa, la sopravvivenza media è stimata in circa due anni, ma questo dev’essere interpretato sulla base del fatto che alcune donne arrivano fino a 10 anni. Per approfondire: Tumore al seno: stadiazione, prognosi e sopravvivenza

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Differenza tra indice glicemico e insulinico

MEDICINA ONLINE MANGIARE TIPI DI ZUCCHERO INTEGRALE CANNA FRUTTA MAGRA DIABETE CALORIE GLICEMIA RICETTA INGRASSARE DIMAGRIRE INSULINA GLICATA COCA COLA ARANCIATA THE BERE ALCOL DIETA CIBLa risposta dell’ormone insulina non sempre segue la risposta della glicemia dopo l’assunzione di un alimento o di un pasto. L’indice insulinico nasce per esprimere l’effetto di un dato alimento sui livelli ematici di insulina (insulinemia).
Conoscere le ripercussioni che i cibi hanno sull’insulinemia è fondamentale nella gestione dei pazienti che soffrono di diabete, obesità, sindrome metabolica e nella prevenzione di tali patologie. Dopo tante informazioni sull’indice glicemico e il carico glicemico (IG e CG) nei prossimi anni occorrerà abituarsi a fare i conti anche con l’indice insulinico (II) soprattutto in caso di diabete di tipo 2, obesità e sindrome metabolica. Questo parametro, da un lato è complementare all’indice glicemico, dall’altro ne rappresenta l’evoluzione, considerato che permette di completare il quadro di ciò che accade dopo l’ingestione di un alimento e di un pasto.

Cos’è l’indice insulinico?
L’indice insulinico è il parametro per determinare quanto aumentano i livelli di insulina nel sangue in seguito all’assunzione di un dato alimento.

  • Gli alimenti ad alto indice insulinico fanno aumentare notevolmente la concentrazione di insulina nel sangue.
  • Gli alimenti a basso indice insulinico non influenzano in maniera significativa la secrezione di questo ormone da parte del pancreas.

L’indice viene misurato valutando gli alimenti a parità di contenuto calorico (porzione isocalorica), pari a 239 kcal. Dato che un alimento è costituito da diverse componenti nutrizionali, l’indice insulinico vuole proprio indicare come la sinergia di tali nutrienti può influenzare il rilascio di insulina.

Perché usare l’indice insulinico?
Avere un indice fisiologico basato sull’effettiva risposta insulinica a una porzione isocalorica di cibo è più preciso che determinare tale risposta in maniera indiretta in funzione della curva glicemica. Inoltre con l’indice insulinico è possibile paragonare gli effetti di pasti misti dal simile valore calorico sull’insulinemia determinando il diverso contributo dei macronutrienti che costituiscono il pasto e non solo sulla base del conteggio dei carboidrati.

Leggi anche:

Indice insulinico e indice glicemico: quale correlazione?
Si può sempre dire che un alimento ad alto indice glicemico sia anche un alimento dotato di indice insulinico elevato?
I primi studi sulla correlazione tra livelli glicemici e insulinici postprandiali hanno evidenziato come esista, per la maggior parte degli alimenti, una forte correlazione tra i due indici. Un alimento ad alto indice glicemico scatena un rilascio di insulina maggiore. Però sono emersi casi dove l’andamento non è sempre di questo tipo. Ci sono alimenti che innalzano l’insulinemia in maniera sproporzionatamente maggiore rispetto a quanto si attende dall’indice glicemico e dalla quantità di carboidrati assunti. Questo effetto è dovuto alla diversa combinazione di nutrienti all’interno dell’alimento e non solo alla quantità dei carboidrati presenti. Si ritiene infatti che l’impatto dei macronutrienti sulla secrezione di insulina sia dovuta per il 90%-100% daicarboidrati (glucidi), intorno al 50% dalle proteine (protidi) e per il 10% dai grassi (lipidi). Detto in altri termini ciò vuol dire che le proteine e i grassi, quando presenti nell’alimento e/o nel pasto, causano un aumento della secrezione dell’insulina maggiore a quanto atteso dall’innalzamento della glicemia postprandiale. I meccanismi biochimici non sono ancora stati chiariti anche se si inizia a comprendere quali siano gli effetti di alcuni nutrienti. Tali effetti si osservano in risposta a singoli alimenti ma anche in risposta ad un intero pasto, introducendo così il concetto di carico insulinico (CI) analogo al carico glicemico.

Insulina e proteine
Le proteine sono costituite da combinazioni diverse di 20 aminoacidi, alcuni di questi arginina, lisina, leucina e valina sembrerebbero avere la capacità di aumentare la secrezione di insulina. Anche se le proteine possono stimolare la produzione di insulina il loro potere insulinogenico all’interno di un pasto dipenderà dal mix di aminoacidi e dalla presenza o meno di carboidrati.
Che le proteine siano in grado di determinare una risposta insulinica non deve spaventare. La natura non fa nulla per caso, tale risposta è necessaria per alcuni importanti processi fisiologici. Ma c’è una domanda alla quale occorre dare una risposta alla luce di questi studi e per evitare il protrarsi di un’abitudine alimentare scorretta e pericolosa per la salute per tanti anni. Qual è l’associazione peggiore tra alimenti contenenti carboidrati e alimenti contenenti proteine? In altre parole quali sono gli alimenti ricchi di proteine con un elevato indice insulinico? Stando agli studi condotti fino ad oggi gli alimenti proteici che determinano una notevole risposta insulinica sono latte, yogurt e latticini, contenenti le proteine della frazione del siero del latte. Questi alimenti possono incrementare notevolmente la risposta insulinica (dalle 3 alle 6 volte rispetto all’atteso). Quando sono associati in un pasto con alimenti ricchi di carboidrati e con elevato indice glicemico possono generare una risposta iperinsulinica sproporzionata.
Alcuni studi hanno evidenziato che in soggetti affetti da diabete mellito di tipo 2 diverse fonti proteiche associate con una stessa quantità di carboidrati possono aumentare l’insulinemia fino anche al 360%.
In soggetti sani, un alto consumo di latte a breve periodo determina un aumento dei livelli di insulina e di insulino-resistenza al contrario della carne.
Alla luce di questi studi un’alimentazione che superi le porzioni indicate dalle linee guida alimentari è sconsigliata ed è da moderare il consumo abitudinario di pasti in cui si abbia una loro associazione con alimenti ricchi di carboidrati (latte e biscotti a colazione, una pizza, un piatto di caprese accompagnato da pane bianco, lasagne al forno).

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Insulina e grassi
L’assunzione di trigliceridi, acidi grassi liberi e chetoni da soli hanno un effetto trascurabile sul rilascio di insulina ma se i lipidi sono presenti insieme ad una quota di carboidrati allora si osserva una riduzione dei valori glicemici e un aumento dei valori di insulina rispetto all’assunzione della stessa quota di carboidrati da sola. Il potenziamento della risposta insulinica osservata in questi studi è coerente con l’instaurarsi di insulino-resistenza in soggetti sottoposti a diete ricche di grassi e povere di carboidrati evidenziata in altri studi. In questo caso la sproporzione maggiore tra insulina rilasciata e risposta attesa in funzione del carico glicemico si ha con le merendine, i prodotti di pasticceria e i dolciumi ricchi di grassi.

Insulina e alimenti industriali
I cibi industriali stimolano in maniera spropositata la secrezione di insulina rispetto al loro indice glicemico a causa del loro mix nutrizionale fatto spesso di zuccheri semplici, grassi saturi e/o idrogenati ed eventuale presenza di latte. Tra tutti spiccano i biscotti, i gelati, i prodotti di pasticceria, i croissant, le barrette dolci, le merendine, le torte confezionate, le creme spalmabili.
Una citazione a parte meritano i prodotti a base di cioccolato (cacao in polvere). Prendendo in considerazione uno stesso prodotto industriale e variando solo l’aroma (es. vaniglia-cacao), sebbene l’indice glicemico fosse uguale, è stato riscontrato un indice insulinico sempre maggiore nel prodotto al cacao con una media di +28%.

Insulina e pasto misto
Il pasto misto contenente anche carboidrati risulta scatenare una risposta iperinsulinemica, fino anche a 7 volte maggiore rispetto all’ingestione di soli carboidrati.
Questo non vuole dire che occorre organizzare i pasti in monopiatti ma sicuramente occorre ripensare alle associazioni che si fanno in tavola e non solo alla quantità e qualità dei carboidrati assunti. Un pasto completo e bilanciato resta senza dubbio il più indicato ma deve essere basato su un consumo elevato di verdure/ortaggi capaci di saziare, di abbassare la quantità di calorie assunte e migliorare la risposta insulinica, una piccola porzione di glucidi e una piccola porzione di proteine; il tutto commisurato al proprio stile di vita.

Insulina e prima colazione
La classica prima colazione al bar con cappuccino e brioche o latte macchiato e brioche ha un effettoiperinsulinizzante e ipoglicemizzante scatenato dall’azione sinergica di farina raffinata, zucchero semplice,grassi idrogenati e latte. Effetti analoghi si riscontrano in una colazione dolce a base di latte zuccherato e biscotti e/o pane, burro e marmellata con latte zuccherato.

Conclusioni
Dato che la richiesta di insulina esercitata dai cibi è importante per la salute a lungo termine per descrivere tali effetti l’indice glicemico è attualmente il parametro da prendere maggiormente in considerazione in virtù dei tanti studi dedicati, della sua diffusione nella “cultura popolare”, per la presenza di tabelle dettagliate da poter utilizzare e per aver constatato che la maggior parte dei cibi hanno una proporzione diretta tra indice glicemico e indice insulinico.
Fino a quando gli studi sull’indice insulinico non saranno completi esso può essere usato per integrare le informazioni basate sull’indice glicemico, soprattutto per alcuni alimenti e per il modo con cui essi devono essere associati.

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Il semplice gesto che fa aumentare la tua autostima

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma IL GESTO CHE FA AUMENTARE TUA AUTOSTIMA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgVuoi aumentare la tua autostima con un semplice gesto? Uno dei segreti per aumentare la fiducia in se stessi passa dalla postura che si assume: tenere il busto dritto, testa alta e petto in fuori può aumentare la tua autostima. E’ quanto emerge dallo studio della psicologa di Harvard Amy Cuddy, esperta in linguaggio del corpo, pubblicato sull’Independent (lo trovate a questo link). L’indagine rivela come le persone con forte autostima tendano ad assumere pose robuste e fiere. Il segreto per contrastare la mancanza di fiducia in se stessi, specie nelle donne, secondo l’esperta sarebbe quello di assumere la famosa posa da Wonder Woman (la famosa “the Wonder Woman pose che vedete in foto).

Testosterone, cortisolo e fiducia in se stessi
I benefici di questa postura non sono soltanto mentali, ma soprattutto fisici. Testosterone e cortisolo sono due ormoni che regolano le funzioni del corpo (il primo è quello che ci pone nell’ottica di correre dei rischi, mentre il secondo è quello che ci fa tentennare di fronte agli ostacoli della vita): grazie alla postura vincente riusciamo ad innalzare il livello del primo e ad abbassare quello del secondo. La posizione alla Wonder Woman altera il livello di questi ormoni dopo appena due minuti.

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Adrenalina ed epinefrina sono la stessa cosa?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma ADRENALINA EPINEFRINA STESSA COSA DIFFERENZE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari.jpgAdrenalina ed epinefrina (adrenalin, adrenaline ed epinephrine in inglese) sono due parole che vengono usate in praticamente qualsiasi film o telefilm a tema ospedaliero. Un mio paziente mi ha chiesto quale sia la differenza tra le due sostanze, la mia risposta è che non esiste alcuna differenza. Semplicemente epinefrina (nome DCI, cioè Denominazione Comune Internazionale) è più usato dagli anglosassoni, ma i due termini sono sinonimi: adrenalina ed epinefrina sono lo stesso identico ormone sintetizzato nella porzione midollare del vostro surrene . Per approfondire leggi: Cos’è l’adrenalina ed a cosa serve? Differenze con noradrenalina

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