Differenza tra aorta ed arteria

MEDICINA ONLINE DIFFERENZA AORTA ARTERIA VASI CAPILLARI.jpgLe arterie sono i vasi sanguigni che trasportano il sangue in allontanamento dal cuore; il sangue ossigenato dal ventricolo sinistro del cuore verso tutti gli organi del corpo ed il sangue poco ossigenato dal ventricolo destro del cuore verso i polmoni (tramite le arterie polmonari); le più grosse arterie si ramificano in arterie sempre più piccole, fino a costituire i piccoli capillari sanguigni.

Come appena visto, il sangue ossigenato lascia il ventricolo sinistro del cuore e si dirige verso tutti gli organi del corpo umano. La principale arteria che raccoglie il sangue ossigenato in uscita dal cuore è l’aorta. L’aorta è quindi una arteria molto grande (lunga circa 30-40 cm e con diametro di 2,5-3,5 cm) che, ramificandosi, permette la circolazione sanguigna sistemica. E’ divisa nella porzione ascendente, nell’arco aortico e nella porzione discendente toracica ed addominale, infine termina con l’arteria sacrale media posta sulla faccia anteriore del sacro. L’aorta permanentemente dilatata (aneurisma) si può rompere dando origine ad emorragie rapidamente letali; a tal proposito leggi: Aneurisma dell’aorta addominale: cause, sintomi, diagnosi e terapie

La differenza tra aorta ed arteria è che la prima è semplicemente un tipo di arteria che permette la circolazione sistemica.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Differenza tra cateterismo cardiaco e coronarografia

MEDICINA ONLINE CUORE HEART INFARTO MIOCARDIO NECROSI ATRIO VENTRICOLO AORTA VALVOLA POMPA SANGUE ANGINA PECTORIS STABILE INSTABILE ECG SFORZO CIRCOLAZIONEIl cateterismo cardiaco è uno dei test invasivi utilizzati in cardiologia, per lo studio del cuore e del suo funzionamento, utile soprattutto nella diagnosi e lo studio di varie patologie, come:

  • difetto settale interventricolare;
  • tetralogia di Fallot;
  • stenosi mitralica;
  • stenosi aortica;
  • shunt;
  • insufficienza valvolare.

Attraverso l’impiego di un catetere, flessibile e di varie forme, si raggiunge il cuore attraverso i vasi, arterie e vene, per poter osservare e studiare al meglio le cavità cardiache e i grandi vasi presenti. In realtà il cateterismo isolato del ventricolo destro è ormai relegato a pochissime situazioni, mentre lo studio del ventricolo sinistro è associato allo studio delle arterie coronarie. A seconda della tecnica scelta, brachiale o percutanea, viene introdotto il catetere venoso nel vaso prescelto e, sotto controllo radioscopico, viene sospinto in atrio destro dove verrà prelevato un campione di sangue per misurare la saturazione d’ossigeno. Successivamente, con manovre specifiche, il catetere avanzerà attraverso il ventricolo destro sin all’arteria polmonare e da qui sino all’incuneamento dello stesso, in tal modo si potrà misurare la pressione di incuneamento capillare polmonare, che è un valore indiretto della pressione atriale sinistra, difficilmente valutabile con altre tecniche. Verranno prelevati diversi campioni di sangue per controllare l’ossigenazione, così da individuare eventuali anomalie in genere legate alla presenza di shunt.

La coronarografia (o angiografia coronarica) è un tipo particolare di angiografia che permette di indagare le coronarie, tramite un metodo che prevede l’infusione di un mezzo di contrasto idrosolubile all’interno dei vasi e la generazione di immagini mediche tramite varie tecniche di imaging biomedico.

Semplificando: la coronarografia permette di studiare le coronarie (i principali vasi del muscolo cardiaco), mentre il cateterismo cardiaco permette invece lo studio delle cavità cardiache (atri e ventricoli).

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Differenza tra glicemia ed emoglobina glicata

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Medicina Chirurgia Estetica Roma Cavitazione Pressoterapia  Massaggio Linfodrenante Dietologo Cellulite Dieta Sessuologia Sex PSA Pene Dr Laser Filler Rughe Botulino Ialuronico Glicemia DIABETE IN AUMENTOLa glicemia indica il valore della concentrazione di glucosio nel sangue al momento del prelievo di sangue, l’emoglobina glicata indica invece, essendo  proporzionale alla concentrazione di glucosio registrata nel sangue in un certo arco di tempo, quelli che possono essere stati i livelli medi di glicemia negli ultimi 3 mesi. In un certo senso la glicemia “fa una foto della situazione, mentre l’emoglobina glicata “fa un video” degli ultimi mesi.

Per approfondire, leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Emotorace (sangue nella cavità pleurica): sintomi, cause e cura

MEDICINA ONLINE POLMONI LUNGS APPARATO RESPIRATORIO SISTEMA DIFFERENZA DRENAGGIO TORACE GABBIA TRACHEA VIE AEREE SUPERIORI INFERIORI TRACHEA BRONCHI BRONCHILI TERMINALI ALVEOLI POLMONARI RAMIFICAZIO LOBI ANATOMIA VERSAMENTOL’emotorace è un versamento di sangue e liquidi nella cavità pleurica in seguito a traumi toracici o processi morbosi della pleura. Il trattamento deve essere tempestivo per evitare il possibile shock emorragico.

Sintomi e segni

Fra i sintomi e segni clinici si osservano:

  • Tachipnea.
  • Dispnea.
  • Cianosi.
  • Deviazione tracheale.
  • Tachicardia.
  • Ipotensione.

Cause e fattori di rischio

Le cause e fattori di rischio più comuni includono:

  • traumi al torace;
  • erosione o rottura di vasi ematici;
  • intossicazione da anticoagulanti.

Diagnosi

Durante l’esame obiettivo il medico può notare un suono ridotto o assente sul lato interessato. I segni di emotorace possono essere visti con i seguenti test:

  • radiografia del torace;
  • TAC;
  • risonanza magnetica;
  • analisi del liquido pleurico;
  • toracentesi.

Terapia

L’obiettivo del trattamento è quello di stabilizzare il paziente, fermare l’emorragia, e rimuovere il sangue e l’aria nello spazio pleurico. Un tubo toracico viene inserito attraverso la parete toracica per drenare il sangue e l’aria. Viene lasciato in sede per diversi giorni per ri-espandere il polmone. Quando un emotorace è grave, un drenaggio toracico da solo non controlla l’emorragia. Altri interventi chirurgici possono essere necessari per fermare l’emorragia. La causa della emotorace dovrebbe essere anche curata. In pazienti traumatizzati, a seconda della gravità della lesione, un tubo di drenaggio toracico è spesso tutto ciò che serve e l’intervento chirurgico non è necessario.

Prognosi

La prognosi dipende soprattutto dalla causa a monte dell’emotorace e quanto velocemente è trattato. Possibili complicazioni possono essere:

  • collasso polmonare che porta ad insufficienza respiratoria;
  • morte;
  • fibrosi o cicatrici delle membrane pleuriche;
  • pneumotorace;
  • shock.

Contattare un medico se:

  • subite gravi ferite al torace;
  • compare dolore toracico o mancanza di respiro;
  • dolore toracico grave;
  • compaiono i sintomi dell’emotorace.

Prevenzione

L’emotorace può o non può essere prevenuto a seconda della causa. Se la causa è correlata ad uso errato di farmaci anticoagulanti, è importante interrompere i farmaci. Per evitare l’emotorace da traumi, è importante utilizzare le misure di sicurezza mentre si guida (come ad esempio le cinture di sicurezza) e praticare sport dove i contatti traumatici sono assenti.

Leggi anche:

Lo Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Differenza tra pacemaker e defibrillatore ICD

MEDICINA ONLINE CUORE HEART INFARTO MIOCARDIO NECROSI ATRIO VENTRICOLO AORTA VALVOLA POMPA SANGUE ANGINA PECTORIS STABILE INSTABILE ECG SFORZO CIRCOLAZIONELa prima cosa che bisogna conoscere è la sigla con la quale vengono designati i dispositivi: il pacemaker viene chiamato PM, il defibrillatore ICD un l’acronimo inglese (Implantable cardioverter-defibrillator – defibrillatore cardiaco impiantabile). Entrambi possono essere mocamerali (con un solo elettrocatetere); bicamerali (con due elettrocateteri); biventricolari (con tre elettrocateteri), e in questo caso servono per cercare di resincronizzare l’attività elettrica del cuore (CRTCardiac resynchronization therapy ).

Qual’è la differenza tra un pacemaker e un defibrillatore?

Il pacemaker è uno strumento elettronico capace di monitorare il battito del nostro cuore e di erogare un impulso elettrico se rileva una frequenza bassa o molto bassa. In pratica serve per risolvere quei blocchi cardiaci che causano una bradicardia patologica (ritmo cardiaco molto lento, causa di vertigini o svenimenti).

Il defibrillatore ICD, oltre ad essere un pacemaker a tutti gli effetti, e quindi con la capacità di regolare i ritmi lenti del cuore, può riconoscere una aritmia cardiaca a ritmi elevati ed iniziare una terapia elettrica per risolverla prima che diventi pericolosa per il paziente.
La modalità ATP (Anti Tachi Pacing) spesso riesce a risolvere la tachicardia ventricolare senza che il paziente lo avverta. Nei casi di aritmia ventricolare più pericolosi, il defibrillatore eroga uno shock (una scarica elettrica) che azzera l’attività del cuore e consente il ripristino del ritmo naturale. In questo caso il paziente avverte un colpo, una scossa più o meno forte al centro del petto o una sensazione simile.

Semplificando: il pacemaker ripristina un ritmo cardiaco normale quando esso è troppo lento, il defibrillatore lo ripristina quando è troppo lento e quando è molto alterato (come nel caso di tachicardia ventricolare, cioè arresto cardiaco potenzialmente mortale).

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Differenza tra infarto ed ischemia

MEDICINA ONLINE CUORE HEART INFARTO MIOCARDIO NECROSI ATRIO VENTRICOLO AORTA VALVOLA POMPA SANGUE ANGINA PECTORIS STABILE INSTABILE ECG SFORZO CIRCOLAZIONECon “ischemia” si intende una diminuzione – parziale o totale – dell’apporto di sangue a una regione di un organo o a un tessuto causata da un problema cardio-circolatorio di varia natura. Conseguentemente a questo fenomeno, le cellule non ricevono l’ossigeno nella quantità necessaria, provocando diversi danni la cui entità dipende, ad esempio, dall’area del corpo colpita e dalla durata dell’ischemia. Gli organi più sensibili in tal senso sono ad esempio il cuore e l’encefalo: nel primo caso si può assistere a un’ischemia del miocardio, il tessuto muscolare del cuore, nel secondo caso si può verificare un ictus ischemico. Maggiore è il tempo durante il quale il tessuto è colpito da tale fenomeno, minore sarà la possibilità di recupero: per questo è fondamentale riuscire a riconoscere tempestivamente i sintomi di un’ischemia per poter intervenire il prima possibile. A livello cellulare, l’effetto che si manifesta è il rallentamento o l’interruzione della catena respiratoria, con il conseguente accumulo di sostanze quali l’acido lattico (per attivazione della glicolisi anaerobia) fino ad arrivare al disequilibrio della distribuzione ionica e necrosi cellulare. Tra le cause più frequenti di ischemia si ricordano l’aterosclerosi, l’embolia e la vasocostrizione prolungata.

L’infarto è un danno permanente a un tessuto causato da un’ischemia prolungata: si assiste alla necrosi (cioè la morte) dell’area colpita, che quindi non potrà più recuperare le proprie funzioni: se l’individuo colpito da infarto riesce a sopravvivere, infatti, il tessuto necrotico verrà sostituito naturalmente da tessuto cicatriziale connettivo. L’infarto più comune è quello a carico del miocardio, provocato dall’occlusione di un’arteria coronaria e dalla conseguente ipossia che colpisce la regione irrorata dal vaso ostruito. I fattori di rischio alla base di questo episodio sono ad esempio l’ipertensione e le dislipidemie (ossia la presenza di valori elevati in modo particolare di colesterolo totale, LDL e trigliceridi nel sangue). L’esame clinico più frequente per tenere sotto controllo l’attività cardiaca e valutare l’estensione dell’infarto è l’ECG (Elettro Cardio Gramma). L’infarto del miocardio può manifestarsi in maniera silente, senza quindi causare particolari sintomi macroscopici, oppure in maniera estremamente devastante in tempi brevissimi, causando la morte cardiaca improvvisa. Esistono poi altri tipi di infarto, come per esempio quello cerebrale (o ictus ischemico), i cui sintomi più comuni sono una pesante debolezza, l’emiparesi, la difficoltà nel parlare e la confusione.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Chetosi: cos’è, da cosa è causata, sintomi e terapia in adulti e bambini

MEDICINA ONLINE LABORATORIO BLOOD TEST EXAM ESAME DEL SANGUE FECI URINE GLICEMIA ANALISI GLOBULI ROSSI BIANCHI PIATRINE VALORI ERITROCITI ANEMIA TUMORE CANCRO LEUCEMIA FERRO FALCIFORME MLa chetosi o acetonemia (termine più conosciuto nella manifestazione infantile) è il sintomo di un alterato metabolismo degli acidi grassi. La chetosi fisiologica o alimentare si manifesta durante il digiuno prolungato (dopo 2-3 giorni) e durante una privazione di carboidrati alimentari a lungo termine. La chetosi patologica o diabetica si manifesta prevalentemente nei pazienti diabetici.

Eziologia

La causa della chetosi è da ricercare in pazienti con un alterato metabolismo del glucosio che porta ad una prolungata ipoglicemia, compensata da un’eccessiva gluconeogenesi che sfrutta gli intermedi del ciclo di Krebs, bloccandone l’attività. Questi eventi si manifestano:

  • durante il digiuno prolungato;
  • durante un regime dietetico con privazione di carboidrati;
  • nelle infezioni
  • nell’abuso di alcol
  • nello stress emozionale
  • nella pancreatite
  • nelle emorragie gastrointestinali
  • nella infusione e.v. di destrosio
  • in gravidanza.

Patogenesi e quadro patologico

La chetogenesi, principale causa dei segni della chetosi, è dovuta alla formazione dei corpi chetonici, composti derivati dagli acetil-CoA, i quali non possono proseguire il ciclo di Krebs per la mancanza dei suoi intermedi, quali l’ossalacetato. La formazione di corpi chetonici, sintetizzati per reazione di almeno 3 acetil-CoA, comporta il risparmio del Coenzima A, necessario all’attivazione degli stessi acidi grassi. I corpi chetonici, così formati, viaggiano nel sangue. Uno di questi, l’acetone, molto volatile, si libera a livello degli alveoli e conferisce all’alito del paziente affetto da chetosi il caratteristico odore.

Patogenesi nel paziente diabetico

La bassa concentrazione ematica di insulina, insieme con la presenza di ormoni controregolatori (glucagone), provoca:

  • un’aumentata gluconeogenesi epatica;
  • un’aumentata proteolisi;
  • una minore utilizzazione periferica di glucosio.

Questi eventi portano alla iperglicemia, dunque alla glicosuria, con conseguente diuresi osmotica, perdita di elettroliti e ipovolemia.

  • un’aumentata lipolisi, con aumento dei NEFA ematici e dei corpi chetonici.

La presenza di corpi chetonici comporta una forte diminuzione della riserva alcalica, che, unita all’insufficienza renale dovuta all’ipovolemia, porta all’acidosi. La triade “chetosi, iperglicemia, acidosi” viene chiamata nel diabetico Chetoacidosi diabetica o DKA.

Leggi anche:

Patogenesi nel bambino

La chetosi nel bambino è detta acetone e, se non è dipendente dal diabete, è una manifestazione benigna che si accompagna a malattie febbrili, shock emotivi oppure al digiuno, tutte condizioni che si manifestano frequentemente nel bambino, il cui equilibrio metabolico è più delicato che nell’adulto. Si può inoltre considerare concausa dell’acetonemia una alimentazione errata, che preveda l’uso eccessivo di grassi e fritti.

Anatomia Patologica

La connessione tra la chetoacidosi diabetica e lo stesso diabete, comporta l’identità del quadro anatomo-patologico. A causa della natura prettamente biochimica e transitoria della chetosi nel bambino, non vi sono manifestazioni anatomo-patologiche considerevoli.

Sintomi e terapia

Occorre distinguere i segni e sintomi nel paziente diabetico/critico e nel bambino. La distinzione si ha anche nel trattamento.

Paziente con Chetoacidosi Diabetica

Nota: la chetoacidosi è l’abbassamento del pH nel sangue a seguito dell’aumento di concentrazione di acido acetoacetico, acetone, e acido beta-idrossibutirrico, prodotti dalla biosintesi epatica di glucosio a partire da acidi grassi.

  • Sintomi: stanchezza, malessere generale, poliuria, sete, polidipsia, crampi, aritmie cardiache, sonnolenza, perdita di peso, bradipnea.
  • Segni: disidratazione, ipotensione, anomalie ECG, disfunzioni cerebrali, perdita della massa muscolare, Respiro di Kussmaul.

Terapia

  1. Reidratazione
  2. Somministrazione di insulina
  3. Somministrazione di potassio
  4. Infusione di glucosio

Bambino con chetosi infantile

Il quadro clinico è caratterizzato da rifiuto del cibo e vomito, che in casi estremi può portare alla disidratazione e provocare senso di malessere generale, come dolori addominali o cefalee, accompagnato da lingua asciutta e patinosa, respiro profondo e frequente. La crisi è di solito rapida e questi sintomi durano dalle 24 alle 48 ore.

Terapia: Il bambino deve essere reidratato con continuità, ma senza eccessi. L’utilizzo dei succhi di frutta è consigliato, poiché ricchi di acqua e zuccheri, utili per eliminare i corpi chetonici. Per prevenire una nuova comparsa di chetosi occorre nutrire il bambino con alimenti ricchi di fibre e carboidrati complessi, la cui digestione comporta un rilascio graduale e duraturo di glucosio nell’intestino (pasta, cereali, pane).

Esame Obiettivo ed Esami di Laboratorio

La diagnosi di DKA è immediata, dato il forte odore di aceto dell’alito. Tuttavia un esame dell’urine (anche su stick rapido) è in grado di accertare la presenza della malattia e di valutare la concentrazione dei corpi chetonici e del glucosio. È necessario eseguire l’ECG per valutare la funzionalità cardiaca, spesso compromessa, e analisi approfondite quali azotemia e creatininemia per valutare la funzionalità renale. La chetosi nel bambino, manifesta grazie all’odore di frutta dell’alito, è solitamente accompagnata da febbre; benché questi segni sono sufficienti per un esame obiettivo, strisce reattive ai corpi chetonici nell’urine possono essere utilizzate per la diagnosi certa.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Come faccio a sapere se sono in prediabete senza saperlo?

MEDICINA ONLINE DIABETE MELLITO TIPO 1 2 PREDIABETE PRE-DIABETE SANGUE VALORI GLICEMIA EMOGLOBINA GLICATA ZUCCHERI DIETA CARBOIDRATI PASTA PANE INSULINA RESISTENTE DIPENDENTE CIBO MANGIAIl termine prediabete viene riservato a due condizioni di iniziale alterazione del metabolismo glucidico (metabolismo degli zuccheri) – in cui i sintomi del diabete conclamato sono ancora assenti – e precisamente:

  1. ALTERATA GLICEMIA A DIGIUNO: si configura per valori di glicemia tra 100-125 mg/dl e si evidenzia con il semplice prelievo di sangue a digiuno;
  2. RIDOTTA TOLLERANZA AL GLUCOSIO: si valuta tramite curva da carico di glucosio e si evidenzia in caso di glicemia a 120 minuti compresa tra 140-199 mg/dl.
  3. EMOGLOBINA GLICATA ELEVATA: si parla di prediabete anche nel caso di riscontro di emoglobina glicata (Hb glicata) compresa tra 42-48 mmol/mol.

Come si può intuire, le prime due condizioni segnalano rispettivamente un’alterazione della glicemia a digiuno e della risposta glicemica dopo stimolo (in questo caso, per l’esame si utilizza il glucosio) e pertanto possono comparire isolatamente o essere co-presenti. La valutazione di queste iniziali alterazioni del metabolismo glucidico prevede pertanto il dosaggio periodico della glicemia plasmatica a digiuno e/o della Hb glicata e nei soggetti risultati positivi per ‘prediabete’ si completa con l’esecuzione della curva da carico di glucosio allo scopo di escludere la presenza di diabete fino ad allora misconosciuto, in particolare in presenza di altri fattori di rischio di diabete (obesità, familiarità per diabete, etc).

Perché è molto importante scoprire se si è prediabetici?

È stato ampiamente dimostrato che se si iniziano a controllare i valori di iperglicemia sin dalla fase iniziale di prediabete, si può ritardare o addirittura prevenire l’insorgenza del diabete mellito di tipo 2. Inoltre, nella fase di prediabete si possono già prevenire la possibili complicanze del diabete, che sono il vero problema di questa malattia. I danni a lungo termine, soprattutto al cuore e al sistema circolatorio, si avviano già in questa fase, in modo subdolo e silenzioso.

Altri articoli sul prediabete:

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!