Perché i bambini finlandesi dormono nelle scatole di cartone?

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Roma Medicina Chirurgia Estetica Rughe Cavitazione Dieta Peso Dimagrire Pancia Grasso Dietologo Cellulite Senologo Psicologo Pene Studio Cuore Baby Sessuologo Sesso BAMBINI FINLANDESI SCATOLE CARTONE 04Il saggio governo finlandese da ormai settantacinque anni dona una scatola di cartone alle donne in attesa di un bambino. La scatola contiene il necessario per il bambino e può essere utilizzata come letto. Molti dicono che ha contribuito a far raggiungere alla Finlandia uno dei tassi di mortalità infantile più bassi del mondo. La scatola di cartone in Finlandia è una tradizione che risale alla terza decade del secolo scorso, ed è stata progettata per dare a tutti i bambini, non importa il loro ceto sociale, un uguale inizio nella vita. La scatola con il materassino diventa il primo letto di un bambino. Moltissimi bambini finlandesi hanno trascorrono – e trascorrono anche oggi – i loro primi sonnellini in sicurezza all’interno delle quattro pareti di cartone della scatola, simbolo – come noterete continuando nella lettura – di uguaglianza, di civiltà e di unità nazionale. Ecco cosa contiene la scatola maternità:

  • materasso, coprimaterasso, sottolenzuolo, copripiumino, coperta, sacca / trapunta con imbottitura in pelo naturale (pelo di cammello o lana di pecora naturale);
  • scatola che può essere utilizzata come lettino;
  • tuta, cappello, guanti e stivaletti coibentati;
  • abito con cappuccio e una tuta leggera lavorata a maglia;
  • calze e guanti, cappello lavorato a maglia e passamontagna;
  • body, tutine, calzini in modelli e colori unisex;
  • accappatoio, asciugamani, forbicine per le unghie, spazzola per capelli, spazzolino da denti, termometro da bagno, tubetto di crema, salviette;
  • libro illustrato e giocattoli per la dentizione.

Pacco o soldi? Meglio il pacco!

Le mamme possono scegliere tra il “pacco maternità” ed una sovvenzione diretta in denaro, ora fissata a 140 euro, ma il 95% preferisce la scatola di cartone: vale molto di più. Heidi Liesivesi lavora al Kela – l’Istituto delle assicurazioni sociali della Finlandia, ha detto:  «La tradizione della scatola di cartone risale al 1938, all’inizio era disponibile solo per le famiglie a basso reddito, dal 1949 è stata cambiata con la nuova legislazione: ora le future mamme per ottenere la sovvenzione in denaro o il pacco maternità prima del quarto mese di gravidanza devono sottoporsi a visita prenatale presso una struttura medica.  La scatola di cartone ha avuto il merito non solo di fornire alle mamme il necessario per prendersi cura del loro bambino ma anche a contribuire a orientare le donne in gravidanza a prendere contatti con medici e infermieri al servizio del nascente stato sociale. La Finlandia nel 1930 era un paese povero con un alto tasso di mortalità infantile (65 su 1.000 bambini morti). Le cifre sono migliorate rapidamente nei decenni successivi». Mika Gissler, professore presso l’Istituto nazionale per la salute e il benessere a Helsinki, ha detto che nel 1940 tutte le donne ricevevano la scatola di maternità e l’assistenza prenatale. Negli anni ’60 l’assistenza è passata in gestione al sistema nazionale di assicurazione sanitaria, supportato da un sistema centralizzato della rete ospedaliera. La scatola di cartone dopo settantacinque anni ora fa parte del rito che segna il passaggio verso la maternità e l’unione delle generazioni delle donne finlandesi.

Qualche testimonianza

Reija Klemetti, quarantanove anni di Helsinki, ricorda quando andò all’ufficio postale a ritirare un pacco maternità per uno dei suoi sei figli:  «E’ stato bello ed emozionante. La mia mamma, amici e parenti erano tutti ansiosi di vedere che tipo di cose erano dentro il pacco e il colore che avevo scelto. La mia mamma ha settantotto anni, ha fatto affidamento sulla scatola quando nel ’60 ha avuto il primo dei suoi quattro figli». Klemetti Solja la figlia di ventitré anni, ha aggiunto:  «Ho due bambini, ho condiviso il senso di eccitazione sperimentato dalla mia mamma quando prima della nascita del suo primo bambino ha preso possesso di “qualcosa di sostanziale”». Titta Vayrynen, trentacinque anni, madre di due giovani ragazzi, ha detto:  «E’ facile sapere in quali anni sono nati i bambini perché ogni anno l’abbigliamento contenuto nella scatola varia un po’. E’ bello confrontarlo con parenti e amici e scoprire che quel ragazzo è nato nello stesso anno di mio figlio.  Il contenuto della scatola per alcune famiglie sarebbe insostenibile se non fosse gratuito. Nel mio caso più che una riduzione di spesa, ha significato un risparmio di tempo. Incinta del mio primo figlio, impegnata con il lavoro, sono stata felice di risparmiarmi la fatica di cercare i negozi per confrontare i prezzi per comprare l’abbigliamento meno costoso.  Le mamme finlandesi, come conferma un recente studio, sono le più felici del mondo, siamo ben curate anche adesso che alcuni servizi d’assistenza sono stati ridotti.  Io quando è nato il mio secondo bambino al posto del pacco maternità ho preferito la sovvenzione in euro. Ho riutilizzato l’abbigliamento del mio primo figlio. Gli indumenti possono essere riutilizzati e passare da una bambina a un bambino, e viceversa, perché i colori sono volutamente di genere neutro».

Il contenuto della scatola nel corso degli anni

Il contenuto della scatola è cambiato un bel po’ nel corso degli anni, riflettendo i tempi che cambiano. Negli anni ’30 e ’40, conteneva solo il tessuto perché le mamme erano abituate a realizzare da sole i vestiti del bambino. Durante la seconda guerra mondiale, la flanella e il cotone necessari al Ministero della Difesa, in parte furono sostituiti da lenzuola di carta e fasce di stoffa.  Gli anni ’50 ha visto un aumento del numero di abiti già pronti, negli anni ’60 e ’70 questi cominciarono a essere prodotti con tessuti elasticizzati.  Nel 1968 nella scatola maternità apparve il sacco a pelo, l’anno successivo i pannolini usa e getta anche se per breve tempo, visto che – per non inquinare la natura – caddero in disgrazia e vennero quasi subito sostituiti nuovamente dai pannolini di stoffa. Panu Pulma, docente di Storia finlandese presso l’Università di Helsinki, ha detto: «Ai genitori si raccomandava di non far dormire i bambini nel letto matrimoniale assieme a loro: l’introduzione della scatola di cartone ha aiutato molti genitori a lasciare i loro bambini a dormire da soli, separati da loro, aiutando la loro autonomia futura.  Uno degli obiettivi principali di tutto il programma è stato anche quello di far allattare di più le donne. A un certo punto, biberon e ciucci sono stati rimossi per promuovere l’allattamento al seno. E’ stato un successo.  Tra gli oggetti inseriti nella scatola, ha avuto un effetto positivo anche quello del libro illustrato: ha incoraggiato i bambini a maneggiare i libri e un giorno a leggerli. In Finlandia la scatola di cartone è un simbolo, un simbolo dell’idea di uguaglianza sociale, di educazione e dell’amore verso i bambini».

La Finlandia possiede una delle democrazie più avanzate al mondo: dal mio punto di vista l’Italia ha molto da imparare da questa nazione così civile e lungimirante.

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Vuoi guadagnare 150 euro al mese senza fare nulla per il resto della tua vita? Ecco come fare

In periodi di crisi come quello che stiamo vivendo, il titolo che avete letto qui sopra credo faccia parecchio effetto. Ora che ho attirato la vostra attenzione mi accingo a spiegarvi il sistema che vi permetterà di guadagnare circa 150 euro al mese (ma anche di più!), senza pagare neanche un centesimo di tasse e senza fare evasione fiscale. In tutto sono circa 1800 euro all’anno, davvero una bella cifra, soprattutto se pensate che potrete guadagnarla per tutto il resto della vostra vita, senza fare assolutamente nulla! Questo guadagno non comporta alcun investimento iniziale, alcun rischio ed in più determina sul medio/lungo periodo la certezza di una serie di fantastici “guadagni accessori” di cui vi parlerò dopo. I 150 euro al mese sono assicurati: prima di proporlo a voi l’ho effettuato io stesso con grande successo! Anche alcuni miei amici, seguendo questo mio piccolo trucco, stanno guadagnando una marea di soldi e prevedono di guadagnare, fino alla loro vecchiaia, circa 80 mila euro, senza fare assolutamente nulla.

Purtroppo però non tutti possono usufruire di questo meraviglioso trucco, mi dispiace. E’ riservato soltanto ad una certa categoria di persone. Ed è solo a loro a cui, da ora in poi, parlerò: i fumatori.

Tutti i non fumatori possono tranquillamente tornare a lavorare per guadagnare qualche soldo.

Dedicato ai fumatori che passano la giornata a dire “non ho i soldi per arrivare a fine mese”

Ogni giorno della vostra vita per compravi un pacchetto di sigarette  spendete circa 5 euro al giorno, che magari vi sembrano anche pochi o comunque ragionevoli. Ma la vita è fatta di calcoli e quindi rispolveriamo la tabellina del 5 e scopriamo che per le “bionde” voi tirate fuori dal portafoglio circa 35 euro a settimana, cioè ben 150 euro ogni mese (cioè circa 300 mila lire, se siete abbastanza grandi da ricordarvi il vecchio conio). Da qui in poi le cose si fanno serie: ogni anno spendete quasi 2000 euro in sigarette. Moltiplicate 2000 euro per tutti gli anni che vi rimangono da vivere (l’aspettativa di vita in Italia è 82 anni, anche se per essere precisi voi fumatori vivete mediamente 11 anni in meno) ed avrete la cifra che guadagnereste smettendo di fumare in questo preciso momento. Sono sicuro che la cifra che vi è uscita dal calcolo è impressionante. Se ad esempio avete 32 anni, significa che, da oggi in poi, nel resto della vostra vita brucerete circa 100 MILA EURO in sigarette (per i nostalgici: circa 200 MILIONI DI LIRE).

“Da quanto tempo fumi?”
“Da trent’anni”, risponde il fumatore.
“Trent’ anni! Ma lo sai quanti soldi hai buttato? Se tu non avessi fumato ora potresti comprati una Ferrari!”.
“Scusa, ma tu fumi?”
“No”
“Allora, dov’è la tua Ferrari?

Guadagnare o risparmiare sono cose diverse

Barzellette a parte, qualcuno potrebbe obiettare che non sono soldi “guadagnati“, ma “risparmiati” e ciò non è la stessa cosa. Ma ne siete davvero sicuri? Immaginate di mettere faticosamente da parte 60 mila euro per la vostra vecchiaia, poi tra 30 anni arriva un ladro e vi ruba tutti i soldi: sono sicuro che vorreste acchiappare quel ladro e prenderlo a bastonate. Ebbene la sigaretta che state fumando in questo momento è esattamente quel ladro, e sta rubando i vostri soldi letteralmente sotto il vostro naso. Lentamente ma inesorabilmente.  Volete prendere il ladro a bastonate? Basta smettere di fumare! Altra scena. Immaginatevi tra 20 anni con 40 mila euro IN PIU’ in tasca. Vi sembra poco? Cosa vi potreste comprare con quella cifra? Materializzateli nel vostro conto in banca: 40 MILA EURO. Li potrete avere se oggi smettete di fumare, altrimenti non li avrete. Siete ancora davvero sicuri che “guadagnare” e “risparmiare” siano cose davvero così diverse? In economia non spendere equivale a guadagnare quando il ricavato dallo spendere (cioè il fantomatico “vantaggio del fumare”) non solo non esiste, ma anzi è controproducente.

La sigaretta in famiglia

Oltre voi, vostro marito/moglie/partner fuma? E vostro figlio? I famosi 40 mila euro gratis in più tra 20 anni potrebbero essere molti di più! Ma ci rendiamo tutti conto che in una famiglia in cui si fuma in 4 si spendono circa 80 MILA EURO ogni 10 anni solo in sigarette? Quella stessa famiglia che magari si lamenta del fatto che “non si riesce ad arrivare a fine mese”. E non si dica che fumare è una spesa necessaria perché è impossibile smettere: io ho fumato per 15 anni, fumavo più di un pacchetto al giorno, ho smesso e sono ancora vivo, più felice che mai. Ricorda:

Il fumo NON E’ MAI INDISPENSABILE, anzi, per vivere bene E’ INDISPENSABILE NON FUMARE!

I guadagni “accessori”

I guadagni “accessori” di cui parlavo all’inizio sono i migliori. Smettendo di fumare in questo momento non solo guadagnerete decine di migliaia di euro che altrimenti spendereste in infiniti pacchetti di sigarette, ma in più risparmierete anche migliaia di euro in farmaci, visite dallo pneumologo e – purtroppo – dall’oncologo ed infine dal chirurgo. E’ inutile che “tocchiate ferro o… altro“, non voglio certo portarvi sfortuna: il fatto è che inalare per anni sostanze radioattive e cancerogene (come il polonio 210 contenuto nella sigaretta che state fumando) statisticamente condurrà alcuni di voi nella nostra sala operatoria ed altri – ancora meno fortunati – a riposare per sempre 11 anni prima rispetto ai non fumatori. Non è un’opinione: è statistica, una materia che ci insegnano già al primo anno della facoltà di Medicina: chi fuma vive realmente 11 anni in meno rispetto ai non fumatori. Potete nascondere la verità a voi stessi, potete “fare corna“, potete trovare una scusa assurda sul tipo “tanto di qualcosa si dovrà pur morire“, potete pregare il dio della vostra religione, oppure potete affrontare il problema da persona intelligente e responsabile, smettere ORA e guadagnare una migliore qualità della vita e soprattutto la cosa più importante:

11 anni di vita in più da vivere coi vostri cari

Condividete questo articolo sulla bacheca di qualche vostro amico fumatore che volete che smetta di fumare, condividetelo con qualcuno a cui volete veramente bene.

NOTA BENE: ricordo che il sottoscritto ha fumato per 15 anni di vita, per poi smettere l’anno scorso e vivere benissimo da ex fumatore.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Caffè amaro: con la crisi scattano i rincari

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CAFFE CAFFEINA TAZZINA COLAZIONEDa dicembre a Genova una tazzina al bancone costerà 1,20 euro. Per un cappuccino, invece, il rincaro toccherà quota 1,60. Tutta colpa della crisi, hanno provato a spiegare i commercianti, aggravata dall’impennata delle tasse comunali, e degli affitti. E così, dopo cinque anni di blocco dei prezzi pure il caffè al bar diventa un lusso. Solo qualche settimana fa, quasi scusandosi con i clienti, in alcuni bar del centro di Gorizia campeggiavano cartelli che avvisavano degli imminenti aumenti: da 1 a 1,10 euro per una tazzina di caffè. E non solo gli unici casi. Stando alle cifre della Fipe, la Federazione italiana dei pubblici esercizi, elaborate dall’Osservatorio prezzi su dati Istat e relative al mese di luglio, il prezzo medio di una tazzina al bancone oscilla da 77 centesimi di Bari a 1,04 di Torino. Oltre al capoluogo piemontese, supera la soglia dell’euro anche Bologna dove il prezzo può arrivare, in alcuni casi, a 1,30 euro. Tra le città più convenienti si piazzano Catania (0,80), Roma (0,83 di media), e Cagliari (0,85). Prezzi in linea con quelli di Napoli (0,84), dove si va di norma dagli 80 ai 90 centesimi. Si sale invece a Milano dove una tazzina di caffè costa, a seconda degli esercizi, da 90 centesimi ad 1 euro.

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Ecco come mi gioco la pensione: gli anziani vittime della ludopatia

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO GIOCO D'AZZARDO CASINO SLOT MACHINE CARTE SCOMMESSE SOLDI (5)Chiudono le fabbriche, gli operai chiedono la cassa integrazione, la tensione sociale è alle stelle. Ma il gioco d’azzardo non conosce crisi. Anzi. Il 2012 ha segnato un nuovo record: 87 miliardi giocati dagli italiani. Sette in più rispetto all’anno precedente. Dei quasi 90 miliardi spesi in slot, bingo, gratta e vinci, scommesse e giochi online, solo 16 sono stati distribuiti in vincite. Ogni italiano, inclusi i neonati, ha speso 1.300 euro in un anno nell’azzardo di Stato. Chi ci guadagna sono i signori del gioco. Imprenditori e società che gestiscono per conto dei Monopoli la rete telematica attraverso la quale affluiscono i denari degli italiani.

Continua la lettura su https://espresso.repubblica.it/inchieste/2013/11/18/news/ecco-come-mi-gioco-la-pensione-gli-anziani-sempre-piu-vittime-dell-azzardo-1.141441/

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Gli italiani non vogliono più fare figli

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO NEONATO PIANGE TRISTE NERVOSO DEPRESSIONE POST PARTO PARTUM GENITORI PANNOLINI BIBERON LATTEStanno insieme, in coppia, ma non fanno figli. Perché sono tanti, oggi, i motivi per rimanere in due senza diventare tre: i figli è difficile educarli e non sai come ti crescono; il lavoro impegna troppo; i tempi sono pessimi e il futuro incerto. Così loro stanno insieme magari da una vita, ma di bambini non parlano: un silenzio con tante sfumature.

Continua la lettura su https://espresso.repubblica.it/attualita/2013/11/11/news/figli-no-grazie-1.140811/

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Quanto vale la tua verginità? Questa ragazza l’ha messa in vendita su internet

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO SOLDI BANCONOTE EUROL’Huffington Post ci parla di un’adolescente siberiana che ha messo all’asta la sua verginità a causa di un bisogno improvviso di soldi. La diciottenne ha postato il suo annuncio sul sito 24au.ru nel quale annuncia di mettere in vendita la sua cosa più cara con tanto di certificato. Queste le parole della diciottenne conosciuta solo con il suo nickname, Shatuniha, residente a Krasnoyarsk: «Ho un urgente bisogno di denaro, per questo vendo la cosa più preziosa che ho. Incontrerò il vincitore in un hotel in piazza Predmostnaya con un certificato che conferma la mia innocenza». L’offerta è stata pubblicata lo scorso 30 ottobre con una base di 800.000 rubli, pari a 18.400 euro. Un giorno dopo qualcuno ha rilanciato offrendo 900.000 rubli, pari a 20.600 euro. Al di là dell’offerta, la polizia ha spiegato che la giovane non ha violato nessuna legge.

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Vuoi comprare tutto? Impara a capire se soffri di shopping compulsivo

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FONTE DI QUESTO ARTICOLO

Lo shopping compulsivo, come molti oggi sanno, non è il breve e piacevole momento che si vive quando compriamo qualcosa. La dipendenza dallo shopping è un comportamento disadattivo usato per evitare la realtà sgradevole. Alcuni esperti ritengono che durante l’azione compulsiva il compratore adotta una specie di auto medicazione, cioè ottiene una variazione positiva nel proprio organismo. Lo shopping compulsivo non è stato ancora classificato formalmente come disturbo comportamentale specifico dall’American Psychiatric Association (Hanson, 1993).
Lo shopping compulsivo, è anche detto oniomania dal greco onios che vuol dire  “da vendere”, cioè “mania di comprare ciò che è in vendita”; l’andare nei negozi e acquistare tutto porta ben presto ad un disastro economico. Ha inoltre un effetto limitato: tolta l’etichetta del prezzo dell’oggetto comprato scema la sensazione di benessere. Il primo a parlare di questa dipendenza fu Krapelin nel 1915. La sensazione di benessere di cui sopra è causata da una forte liberazione di dopamina, essa agisce sul sistema nervoso simpatico causando l’ accelerazione del battito cardiaco e l’innalzamento della pressione sanguigna, cui fa seguito, a merce conquistata, un senso di soddisfazione e di rasserenazione.

Non solo donne

E’ curioso rilevare che lo shopping compulsivo, al contrario di quello che molti credono, non è un problema unicamente femminile: in misura minore ma anche gli uomini ne soffrono. Il punto di vista tradizionale delle donne che soffrono dell’acquisto compulsivo è probabilmente risultato dal fatto che la maggior parte degli studi fatti erano rivolti principalmente alle donne. Queste, infatti, sono più inclini ad ammettere la loro dipendenza mentre gli uomini sono restii.

Classificazione della patologia

La diatriba relativa alla classificazione di questo disturbo dipende da diversi fattori. In primo luogo si nota che, a differenza delle classiche dipendenze, in questo caso non è prevista l’assunzione di sostanze esterne come nel caso dell’alcolismo o della tossicodipendenza. Questo aspetto è di fondamentale importanza ed evidenzia che la mancanza del rischio oggettivo e concreto di mettere a repentaglio la propria vita (come invece accade nei nei due casi citati di dipendenza da sostanze) induce nella società una visione poco critica delle conseguenze che lo shopping compulsivo può generare nella vita dei soggetti dipendenti.
In secondo luogo il disturbo presenta diversi aspetti riconducibili ad altre patologie già chiaramente classificate quali la depressione, il disturbo ossessivo-compulsivo e il disturbo del controllo degli impulsi. Nell’episodio compulsivo la modificazione della serotonina porta a percepire, oltre alla sensazione di benessere, la possibilità di risolvere le proprie difficoltà. Questa falsa sensazione del proprio stato è l’elemento essenziale che induce il compratore a ripetere ossessivamente l’atto al fine di trovare il proprio equilibrio ed il proprio piacere. L’atto del comprare compulsivamente è spesso accompagnato da rimorso, vergogna, colpa irreparabile ed impossibilità di aiuto. Queste emozioni, associate ad una diffusa depressione, aumentano la dipendenza. Le conseguenze per il compulsive shopper sono diverse: contrarre debiti abbastanza elevati, timore di essere scoperti, atti disperati per nascondere la propria colpa. I soggetti colpiti da questa dipendenza sono spesso portatori di altri disturbi: alcoolismo, disturbi alimentari, etc.

Acquistare invece di vivere

“L’emozione è comprare tanto, non comprare qualcosa; il piacere è come quello provato per la droga, è allontanare l’angoscia del vuoto”.  dice M., una paziente dipendente dalla shopping Per molti anni M. è stata una compratrice accanita e si identificava con quello che T.  Hine, uno storico del materialismo culturale, autore di “Siamo tutti dei clienti”, scriveva in proposito: “Un soggetto diventa un compulsive shopper se non può pagare gli oggetti che compra, ma finchè acquista e paga viene classificato come buon cliente”. Nella nostra società questa concezione relativa alla dipendenza in oggetto ha condizionato molti compratori a diventare compulsive buyer ed a iniziare una catastrofica discesa delle proprie finanze. M., nel giro di pochi anni si era ritrovata con debiti enormi. Aveva pienamente aderito al detto: “In shop we trust”, manifesto delle ragazze Shopaholic, in un blog sugli acquisti. Gli episodi di shopping compulsivo hanno una frequenza media di 17 episodi mensili ed una durata che oscilla dall’ora alle sette ore per episodio. Casi estremi sostengono di avvertire l’impulso a comprare ogni ora (sebbene ciò sia infrequente). In media 7/8 ore la settimana sono pervase da questo impulso a comprare. I tentativi di opporsi a tale comportamento irrefrenabile vengono descritti spesso come fallimentari; circa il 74% delle volte in cui i soggetti sperimentano l’impulso a comprare esso ha come conseguenza l’acquisto. E’ comunque probabile che i consumatori compulsivi abbiano, fin dall’inizio, poca stima di sé, confermata e rinforzata, poi, dalle conseguenze negative del loro comportamento. Faber e O’Guinn (1988) osservarono che il livello di autostima degli shopper compulsivi era significativamente più basso rispetto a quello dei normali consumatori (14,81 contro 10,66). I dati qualitativi fornirono ulteriori esempi dei sentimenti di inadeguatezza e della scarsa stima di sé che spesso provano le persone con problemi d’acquisto.

Come si guarisce: psicoterapia e farmaci

I primi passi per evidenziare il problema sono, innanzitutto, ammettere di averlo e, poi, chiedersi perché si compra: per aumentare il senso di autostima, per una depressione, etc. Indagando sul trattamento del disturbo, nonostante la limitatezza delle ricerche, emerge come l’uso della psicoterapia, sia pur con un setting talvolta modificato, risulti molto efficace. La psicoterapia psicodinamica in alcuni casi può essere il trattamento di scelta per quei pazienti con un elevato funzionamento, in grado di tollerare le regole imposte dal setting, preferibilmente non rigido, con una buona dose d’introspezione con cui, però, non va dimenticato l’utilizzo di qualche strategia volta alla modificazione del sintomo, quale la stesura di un diario quotidiano.
Le modalità di trattamento medico ricalcano in parte quelle delle tossicodipendenze e in parte quelle del disturbo ossessivo-compulsivo: terapia farmacologica con stabilizzatori dell’umore – sali di litio, acido valproico, carbamazepina- e/o antidepressivi – bubropione o citalopram, clomipramina, fluoxetina, fluvoxamina, paroxetina e sertralina. Il paziente che assume questi farmaci deve essere assolutamente controllato da un medico.

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Camminare fa risparmiare i soldi delle tasse

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO DONNA CHE CORRE SPORT ALLENAMENTO RUNNER MARATONETA CORRERE GAMBE PIEDI MUSCOLIChe cosa può convincere un gruppo di persone obese a camminare per almeno 5.000 passi al giorno per un anno? Non la promessa dei benefici per la salute cardiovascolare, nemmeno la minaccia rappresentata dai rischi che la sedentarietà abbinata all’obesità porta con sé. Può però riuscire nell’ardua impresa un premio per l’assicurazione sanitaria più alto.

Accade negli Stati Uniti, dove il sistema sanitario si basa sulle assicurazioni private che però, vista la notevole diffusione dell’obesità e le sue importanti implicazioni a livello di salute, cominciano a mal sopportare l’idea che i loro assicurati non facciano nulla per migliorare il proprio “profilo di rischio”. Così La Blue Care Network ha iscritto un folto gruppo dei propri assicurati in sovrappeso a un programma di fitness basato sull’uso di un pedometro che dava diritto a uno sconto del 20% sul premio da pagare.

I ricercatori delle Università del Michigan e di Stanford hanno analizzato i risultati di questo esperimento pilota, convinti che sia quella la direzione che sempre più compagnie di assicurazione prenderanno in America. Dopo un anno il 97% delle oltre 6.000 persone coinvolte nel programma erano riuscite a raggiungere o superare l’obiettivo di fare 5.000 passi al giorno tutti i giorni, compresi coloro che avevano giudicato ingiusto e coercitivo l’obbligo di fare fitness per ottenere lo sconto.

In pratica aderire a WalkingSpree, il programma basato sul camminare, equivaleva a indossare un pedometro fornito dalla compagnia di assicurazione, scaricandone poi quotidianamente i dati su un apposito sito internet che teneva traccia del comportamento degli iscritti. “Vi è un dibattito etico intorno all’idea di costringere qualcuno a essere personalmente responsabile per i costi sanitari legati alla sedentarietà”, commenta Caroline R. Richardson, tra gli autori dello studio pubblicato su Translational Behavioral Medicine. “Ma ci aspettiamo di vedere sempre più tentativi di questo tipo per motivare finanziariamente comportamenti salutari”.

Per alcune famiglie lo sconto arrivava a consistere anche di 2.000 dollari l’anno, un bel risparmio davvero. Secondo gli autori i programmi di fitness sponsorizzati da aziende e compagnie di assicurazione aumenteranno per effetto delle politiche dell’Affordable Care Act, (il cosiddetto Obamacare) perché consentono di risparmiare sui costi sanitari se impiegati e assicurati mantengono abitudini sane.

E se la stragrande maggioranza dei 6.548 partecipanti ha mantenuto il patto, e ha davvero camminato quei 450.000 passi a trimestre che erano richiesti dal programma, solo un terzo di loro lo ha fatto controvoglia, mentre gli altri due terzi si sono detti soddisfatti del programma. E se lo hanno trovato facile da seguire e ne hanno tratto beneficio, c’è da sperare che continueranno a camminare e contare i passi anche in futuro, senza bisogno di sconti o incentivi economici.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
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