Condizioni e preparazione per donare il sangue: tutte le informazioni

MEDICINA ONLINE PRELIEVO DONAZIONE SANGUE ANALISI BLOOD LABORATORY VES FORMULA LEUCOCITARIA PLASMA FERESI SIERO FIBRINA FIBRINOGENO COAGULAZIONE GLOBULI ROSSI BIANCHI PIASTRINE WALLPAPER HI RES PIC PICTURE PHOTOAl momento della donazione, è consigliabile essere a digiuno da qualche ora oppure, se non è proprio possibile presentarsi a stomaco vuoto, è bene aver assunto un pasto comunque leggero, privo di grassi e zuccheri. È necessario aver introdotto una sufficiente quantità di liquidi onde non essere disidratati, prima del prelievo viene compilato un questionario anamnestico riguardo alla storia clinica remota e recente dall’ultima donazione, o comunque gli ultimi 4 mesi, dopodiché il donatore viene sottoposto alla quantificazione dell’emoglobina tramite punzione di un dito della mano ed esame spettrofotometrico della goccia di sangue fuoriuscita.

Segue poi un colloquio con un medico della sezione con cui viene commentato il questionario, viene misurata la pressione arteriosa ed auscultati il cuore ed i polmoni, dopodiché si può accedere alla sala prelievi.

Una donazione di sangue intero dura circa 15 minuti; una di plasma ne dura circa 45 ed una di piastrine poco di più. La durata della donazione di plasma è maggiore di quella del sangue intero a causa del procedimento di estrazione del plasma dal sangue: la cannula (l’ago che viene inserito in vena) è collegata ad un separatore cellulare in cui una centrifuga separa la parte più liquida, il plasma appunto, dai globuli rossi. Tale macchina esegue normalmente tre cicli di prelievo-separazione-reinfusione; in ciascuno sono processati circa 450 ml di sangue. Il plasma viene immesso in una sacca, la restante parte processata (globuli rossi concentrati e il plasma non separato) viene reintrodotta nell’apparato circolatorio nel donatore attraverso la stessa cannula. Per la donazione di plasma è incoraggiato lo stringere ritmicamente con la mano una pallina di gommapiuma per favorire il ritorno venoso garantendo un regolare funzionamento del separatore cellulare; è comunque presente un avviso sonoro quando il flusso di sangue si riduce sotto determinati valori.

Tramite una gestione con codici a barre, viene tracciata la singola donazione, identificando la sacca di sangue, l’apparecchio di emotrasfusione impiegato, il tesserino dell’Infermiere e del donatore.
In questo modo, è informatizzata la registrazione del gruppo sanguigno e della data di donazione, che permettono di controllare:

  • l’impiego di sangue di un gruppo compatibile col ricevente;
  • non oltre il tempo massimo utile per la conservazione delle sacche e la trasfusione;
  • il rispetto del tempo minimo di 3 mesi, previsto per legge, tra una donazione e la successiva;
  • la disponibilità in tempo reale di sangue presso ogni centro, per ottimizzare la raccolta e l’impiego in base alla domanda.

Al termine del processo, per compensare la parte liquida tolta, potrebbe essere infusa nel donatore della soluzione salina, ma nella pratica si consiglia semplicemente di bere dei liquidi. Non prelevando componenti cellulari, la donazione di plasma risulta di impatto praticamente nullo sull’efficienza fisica del donatore; può pertanto essere eseguita ad intervalli ridotti (anche soli 14 giorni) ed è particolarmente indicata a donne in età fertile, in quanto non riduce il contenuto di ferro del sangue.

La richiesta di questo emoderivato è molto maggiore rispetto al sangue intero poiché il suo campo di applicazione è molto vasto.

Le donazioni sono in genere indolori e prevedono un ristoro finale. Ai lavoratori dipendenti, inoltre, viene riconosciuta in Italia per legge una giornata di riposo retribuita.

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Le condizioni per la donazione in Italia

Le condizioni necessarie per essere donatore sono:

SANGUE INTERO

  • età: compresa tra i 18 e i 65 anni. È possibile donare prima della maggiore età solo in situazioni particolari, dopo parere medico e autorizzazione da parte di chi esercita la patria potestà sul minore. I donatori abituali in buona salute possono continuare a donare anche oltre i 65 anni. L’età massima per la prima donazione è di 60 anni, posticipabile dal medico. Negli USA è possibile la prima donazione già a 17 anni; in Brasile anche a 16, con il consenso di chi esercita la patria potestà.
  • massa: uguale o superiore ai 50 chili;
  • pulsazioni: comprese tra 50-100 battiti/minuto;
  • pressione arteriosa: tra 14,66 e 24 kPa (sistolica o massima), tra 8 e 13,33 kPa (diastolica o minima).
  • emoglobina: non inferiore a 12,5 g/dL nelle donne ed a 13,5g/dL negli uomini

PLASMA DA AFERESI

  • età: compresa tra i 18 ed i 60 anni; dopo i 60 anni, la plasmaferesi è consentita solo occasionalmente
  • peso, pressione arteriosa, polso: stessi requisiti del sangue intero
  • protidemia: non inferiore ai 6 g% e quadro elettroforetico non alterato
  • emoglobina: non inferiore a 11,5 g/dL nella donna e 12,5 g/dL nell’uomo

In generale Inoltre è necessario:

  • avere un buono stato di salute:
    • non essere affetto da gravi malattie/patologie croniche;
    • non aver avuto malattie nei 15 giorni precedenti il prelievo
    • non aver assunto antibiotici nei 5 giorni precedenti il prelievo;
    • non aver subito estrazioni dentarie nei 7 giorni precedenti la donazione;
    • non aver subito interventi chirurgici o endoscopie nei 4 mesi precedenti il prelievo.
  • non seguire comportamenti a rischio:
    • non essere stato esposto al rischio di malattie trasmissibili (non aver effettuato tatuaggi/piercing negli ultimi 4 mesi);
    • non fare uso di droghe pesanti né uso continuato di droghe leggere;
  • non avere soggiornato per oltre sei mesi nel Regno Unito nel periodo dal 1980 al 1996;
  • che sia passato un anno dalla gravidanza (il parto).

Dopo la donazione

La legislazione italiana (Legge 21 ottobre 2005, n. 219) prevede una giornata di riposo retribuita per chi ha effettuato una donazione. Tale norma, adottata anche da altre nazioni europee per incentivare maggiormente i potenziali donatori, è comunque di carattere precauzionale e viene normalmente disattesa dai donatori lavoratori autonomi, che dopo la donazione in genere effettuano una normale giornata di lavoro. Risulta però importante per chi svolge lavori pesanti, pericolosi o che richiedano particolare attenzione: conducenti di camion, aerei, treni, pompieri, quanti lavorano su impalcature, eccetera. Per quanto riguarda gli studenti, invece, l’assenza causata nella giornata della donazione è giustificata e, sotto presentazione di un certificato medico, le ore di assenza non vengono conteggiate.

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Non solo ipertensione: ecco gli effetti del troppo sale nella dieta

MEDICINA ONLINE SOCIAL EATING GNAMMO FENOMENO WEB MANGIARE PRANZO CIBO CENA INSIEME AMICI RISTORANTETroppo sale fa male, si sa bene. Eppure, forse, sono in pochi coloro che sanno perché una dieta ipersodica è dannosa per il nostro corpo, al di là di qualche vaga nozione sull’ipertensione e sulla ritenzione idrica.

Gli effetti sul corpo di un’alimentazione troppo ricca di sodio

Un eccesso di sodio nel sangue richiede un maggior lavoro da parte dei reni, la cui funzione è quella di filtrare il sangue dai prodotti di scarto. Per smaltire questo eccesso, il corpo aumenta la ritenzione idrica per diluire il sodio. Ciò porta a un aumento di fluido che circonda le cellule e a un aumento del volume di sangue nel sistema linfatico. Più sangue significa più lavoro anche per il cuore e maggiore pressione nei vasi sanguigni. Un sovraccarico che, a lungo andare, può portare a una condizione di alta pressione cronica e alle patologie cardiovascolari a ciò legate. Alcuni studi hanno messo in luce come, anche in assenza di alta pressione, una dieta troppo ricca di sale possa comunque danneggiare il cuore, le aorte, i reni e le ossa.

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Il ruolo del potassio

I tipici regimi alimentari della società moderna lasciano poca scelta sull’uso del sale. Molte pietanze, soprattutto confezionate, fanno grande ricorso al sodio in ogni forma. A fronte di ciò, nell’alimentazione di ogni giorno non si prevede un buon apporto di potassio, che ha un effetto inverso rispetto al sodio per ciò che riguarda la pressione e lo smaltimento del sodio nel sangue. Il nostro corpo avrebbe bisogno di un apporto quotidiano di un volume molto maggiore di potassio rispetto a quello di sodio. I rischi legati a una dieta ipersodica potrebbero essere mitigati dall’introduzione nella dieta di più verdura fresca e frutta: gli integratori naturali di potassio.

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Non solo ipertensione

L’ipertensione non è l’unica patologia imputabile all’eccessivo uso di sale nella dieta. Gli studi scientifici hanno messo in relazione all’abuso di sodio almeno altre due patologie diffuse nella nostra società: il cancro e l’osteoporosi. Il World Cancer Research Fund e l’American Institute for Cancer Research hanno riscontrato nel sale una probabile causa del cancro allo stomaco. Inoltre, una ridotta assunzione di sale può rallentare la perdita di calcio delle ossa: un fenomeno fisiologico legato all’invecchiamento.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Quanto pesa e quanto sangue contiene un cuore?

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Estetico Medicina Estetica Roma RICONOSCERE INFARTO DEL MIOCARDIO Vita Cuore HD Radiofrequenza Rughe Cavitazione Cellulite Pulsata Peeling Pressoterapia Linfodrenante Mappatura Nei Dietologo DermatologiaQuanto è lungo un cuore?
Le dimensioni del cuore variano ovviamente da persona a persona ed in base al riempimento; in media, per quanto riguarda un uomo adulto, si parla di 13 centimetri in senso longitudinale, quindi dall’apice alla base, e 11 centimetri in senso trasversale, mentre lo spessore nella direzione che va dalla spina dorsale allo sterno è di massimo 8 centimetri. Nelle donne è lievemente più piccolo, circa 12 e 10 centimetri.

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Quanto pesa un cuore?
Il peso varia in base al soggetto, mediamente un cuore svuotato del sangue pesa circa 300 grammi. In un maschio adulto il peso del cuore può variare fra 280 e 340 e fra 230 e 280 grammi in una femmina adulta.

Quanto sangue può contenere un cuore?
Le cavità rilasciate possono contenere quasi 500 millilitri di sangue, cioè ben mezzo litro di sangue.

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Come si muove il sangue all’interno del cuore e nel corpo?

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Come si muove il sangue all’interno del cuore e uscendo da esso?

Dalla periferia del corpo, il sangue venoso povero di ossigeno giunge all’atrio destro tramite la vena cava inferiore e superiore, il sangue passa dall’atrio destro al ventricolo destro passando attraverso la valvola tricuspide. Dal ventricolo destro attraversa la valvola polmonare e tramite le arterie polmonari si allontana dal cuore per dirigersi ai polmoni dove viene ossigenato. Il sangue ormai ossigenato esce dai polmoni e torna al cuore tramite le vene polmonari. Entra nel cuore, più precisamente nell’atrio sinistro, poi attraversa la valvola mitrale e raggiunge il ventricolo sinistro. Infine il sangue, dopo aver ricevuto una bella “spinta” da parte del ventricolo sinistro, attraversa la valvola aortica, e raggiunge tutto il corpo grazie ad una enorme arteria chiamata aorta.

Come il sangue ossigenato si allontana dal cuore?

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma COME FATTO IL CUORE Medicina Estetica Riabilitazione Nutrizionista Dieta Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Seno Luce Pulsata  Macchie Pene Capillari Pressoterapia Linfodrenaggio Antifumo 3.jpgL’aorta appena uscita dal cuore forma un arco aortico da cui partono tre rami arteriosi importanti, dalla destra alla sinistra: il primo, l’arteria brachiocefalica o arteria anonima, il secondo, l’arteria carotide comune sinistra e il terzo, l’arteria succlavia sinistra.

L’aorta, allontanandosi dal cuore, si dirama varie volte per raggiungere ogni parte del corpo, creando moltissime arterie.

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma COME FATTO IL CUORE Medicina Estetica Riabilitazione Nutrizionista Dieta Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Seno Luce Pulsata  Macchie Pene Capillari Pressoterapia Linfodrenaggio Antifumo 4.jpgLe arterie più grandi si ramificano e si riducono di calibro man mano che penetrano negli organi fino a diventare dei capillari che formano una vera e propria rete di scambi di ossigeno e nutrienti; inversamente, dai capillari si formano le vene che via via confluiscono e aumentano di calibro.

Le vene sistemiche confluiscono nella vena cava superiore ed inferiore, che riportano il sangue nell’atrio destro del cuore, ed il “giro” ricomincia.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
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I dubbi su pacemaker e ICD: carica, impulsi, cellulare, banca ed aereo

MEDICINA ONLINE CUORE HEART INFARTO MIOCARDIO NECROSI ATRIO VENTRICOLO AORTA VALVOLA POMPA SANGUE ANGINA PECTORIS STABILE INSTABILE ECG SFORZO CIRCOLAZIONECosa bisogna fare se si avverte una scarica del defibrillatore?
In caso di scarica dell’ICD bisogna fare controllare il paziente. Se la scarica è una sola ed il paziente sta bene, il controllo può essere eseguito in ambulatorio (negli orari in cui l’ambulatorio è aperto). Se le scariche fossero due o più di due, anche a distanza di alcune ore, è raccomandato recarsi al più presto al più vicino pronto soccorso.

Quanto dura la carica di un pacemaker o un defibrillatore?
Essendo alimentati da un batteria, i dispositivi hanno una certa durata e poi la batteria si scarica. Il tempo è variabile a seconda del funzionamento: i dispositivi funzionano a demand, cioè monitorizzano costantemente l’attività cardiaca ed intervengono solo se necessario. Più intervengono e più presto si esaurisce la carica.
Indicativamente possiamo dire che i pacemaker durano dai 7 ai 10 anni (o più); i defibrillatori dai 5 ai 7 anni (o più).
È importante tenere presente che fino alla fine della carica il funzionamento rimane perfetto , cioè non va perdendo capacità man mano che si scarica.

Quando è scarica, la batteria si può ricaricare o bisogna sostituirla?
Né l’uno né l’altro. Al momento viene cambiato tutto il dispositivo perché la batteria è integrata al suo interno. I fili (elettrocateteri) però rimangono per cui non è necessario un nuovo impianto e di norma neppure rimanere in ospedale ma è sufficiente un ricovero in Day Hospital.

Gli impulsi del pacemaker vengono avvertiti dal paziente?
No. Il pacemaker eroga una corrente molto debole che non viene sentita dal paziente. Al massimo, in certe situazioni particolari, può essere avvertito una leggera contrazione muscolare nella sede di impianto o sulla fascia addominale, ma è un piccolo disturbo che si può di solito correggere riprogrammando il dispositivo.

Posso usare il telefono cellulare?
Sì, il telefono cellulare può essere usato, ma con piccole precauzioni: non tenerlo in un taschino della camicia vicino al pacemaker e usarlo preferibilmente dall’orecchio opposto alla sede di impianto.

Sono una casalinga, posso continuare ad usare gli elettrodomestici?
Tutti gli elettrodomestici possono essere adoperati in tutta tranquillità a patto che l’impianto elettrico sia a norma e dunque dotato di “messa a terra”.
In vecchi impianti elettrici senza la regolare messa a terra, si verifica una dispersione di corrente attraverso gli elettrodomestici (compreso lo scaldabagno); la dispersione normalmente non viene avvertita dalla persona ma determina delle interferenze (chiamate EMI) che possono provocare malfunzionamenti del pacemaker e addirittura scariche inappropriate del defibrillatore.

Come mi comporto per entrare in banca o passare il controllo in aeroporto?
Per entrare in Banca o passare nel metal detector dell’aeroporto è preferibile mostrare il tesserino di portatore di PM o ICD e passare per vie alternative solo solo per evitare spiacevoli imbarazzi al suono dell’allarme.

Le barriere antifurto dei negozi e dei supermercati possono danneggiare il dispositivo?
No. I dispositivi antitaccheggio non influiscono sul funzionamento dei pacemaker e dei defibrillatori. Si può dunque tranquillamente entrare nei negozi muniti di dispositivi antifurto. Per prudenza è preferibile evitare di sostare a lungo nel loro raggio di azione. In ogni caso, possibili interferenze sarebbero solo momentanee e il dispositivo non viene danneggiato.

Posso prendere il sole tranquillamente o corro qualche rischio?
Il sole non procura alcun rischio, quindi ci si può abbronzare in tutta tranquillità, tenendo conto che il dispositivo, essendo di materiale metallico, specie se si è particolarmente magri, può scaldarsi un po’, ma questo non procura alcun problema. Ricordate però che se la ferita è fresca il sole potrebbe causare una cattiva cicatrizzazione.

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Posso continuare a lavorare dopo l’impianto?
Certamente. Ma è chiaro che molto dipende dal tipo di lavoro. Consiglierei di parlarne col cardiologo di fiducia che può valutare il tipo di eventuali limitazioni a cui è necessario attenersi. Per esempio motoseghe, saldatrici ad arco, martelli pneumatici ed altri attrezzi del genere sarebbero sconsigliati perché potrebbero generare delle interferenze elettromagnetiche (EMI) con malfunzionamento dei pacemaker e shock inappropriati nei defibrillatori.
In ogni modo nessuno di questi attrezzi danneggia i dispositivi in maniera permanente ed i malfunzionamenti cesserebbero immediatamente alla sospensione dell’utilizzo dell’attrezzo.

Posso fare attività sportiva?
Se si è portatori di pacemaker, di norma si possono eseguire quasi tutte le attività sportive. Naturalmente bisogna evitare i traumi nella zona di impianto e quegli sport che richiedono un eccessiva estensione delle braccia con sforzi notevoli (come il sollevamento pesi, ad esempio).
È chiaro che questa è una indicazione di massima e va valutata attentamente la patologia che ha determinato la necessità dell’impianto. La stessa cosa vale per i portatori di defibrillatore per cui in entrambi i casi è preferibile rivolgersi al cardiologo curante per maggiori indicazioni.

Quando posso ricominciare a guidare l’automobile?
Subito dopo l’impianto è bene tralasciare la guida per evitare di sforzare il braccio con movimenti che potrebbero procurare uno spostamento degli elettrocateteri. Superato il primo controllo (circa sei – otto settimane dopo l’impianto) si avranno maggiori indicazioni anche in relazione alla patologia che ha determinato la necessità dell’impianto.
Per i portatori di defibrillatore il discorso è un po’ diverso perché va tenuto conto della patologia cardiaca, perché una eventuale aritmia, anche se trattata con lo shock potrebbe causare uno svenimento o una perdita di controllo dell’automobile. Dunque meglio parlarne col cardiologo di fiducia.

Posso usare radiocomandi, telecomandi e consolle per video giochi?
Secondo le indicazioni dei produttori di pacemaker, l’uso di telecomandi provvisti di antenna, come quelli per modellismo, è consentito a patto di mantenerlo ad una distanza di sicurezza di almeno 30 centimetri dal dispositivo. Telecomandi e consolle per video giochi possono essere usati tranquillamente.

In quale sedi si può eseguire l’impianto?
Di norma, pacemaker e defibrillatori vengono impiantati al di sotto della clavicola sinistra. Potrebbe essere scelta la parte destra senza alcun problema (anzi alcuni Centri Cardiologici, soprattutto all’Estero, per un certo periodo, lo impiantavano a destra). Per motivi di estetica o di eccessiva magrezza può essere scelta come zona di impianto la sede sottomammaria: l’intervento è un po’ più complicato, tuttavia si fa. Nei bambini piccoli il pacemaker viene impiantato entro l’addome con gli elettrocateteri posizionati nella parte esterna del cuore. Altre sedi, come sotto l’ascella sono di norma sconsigliate per l’ingombro che arreca il dispositivo.

Pacemaker e Risonanza Magnetica (RMN)
La Risonanza Magnetica con i pacemaker e i defibrillatori tradizionali non può essere eseguita. Esistono, da qualche tempo, dispositivi compatibili con la risonanza magnetica,  ed in questo caso l’esame può essere eseguito.
Per i vecchi impianti, va tenuto presente che tutto il sistema, elettrocateteri compresi, deve essere adatto alla esposizione ai campi magnetici per cui non basta sostituire il device per potere eseguire una RMN.
Al momento di eseguire la risonanza magnetica, il dispositivo va riprogrammato in una modalità di sicurezza, per cui è consigliabile rivolgersi ai grandi Centri, dove sarà possibile avere l’assistenza del cardiologo per riprogrammare il dispositivo.
Tac e Radiografie possono essere eseguiti tranquillamente.

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Differenza tra acidosi ed alcalosi, metabolica e respiratoria

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma DIFFERENZA ACIDOSI ALCALOSI RESPIRATORIA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgCon i termini “acidosi” ed “alcalosi”, in fisiologia e patologia, si intende una condizione caratterizzata dall’alterazione del pH del plasma sanguigno, dovuto ad un eccesso di acidità o di basicità.
In condizioni normali il pH del sangue del nostro corpo si mantiene entro un ristretto intervallo compreso tra 7.35 e 7.45 per assicurare il funzionamento appropriato dei processi metabolici ed il rilascio del giusto quantitativo di ossigeno ai tessuti. Detto questo, quando il valore del pH è alterato, si possono verificare due situazioni:

  • acidosi: consiste in una diminuzione del pH al di sotto del valore di 7.35 (acidemia);
  • alcalosi: consiste in un’eccessiva basicità del sangue che provoca l’aumento del pH sopra a 7.45.

Alcuni autori preferiscono indicare con il termine “acidemia” questa condizione e con “acidosi” ogni condizione che tenda ad aggiungere acidi o a rimuovere basi dai fluidi corporei, anche in presenza di un pH ancora normale. In teoria il termine “acidosi” potrebbe essere riferito a qualsiasi liquido corporeo extracellulare; per convenzione – però – accademicamente si applica questo termine al plasma, ritenendolo rappresentativo dell’acqua corporea.
Le cause che possono determinare queste due condizioni sono estremamente varie. Molti disturbi e patologie possono infatti interferire col controllo del pH nell’organismo e far sì che il pH del sangue esca dai limiti di normalità, come ad esempio alcuni tipi di febbre, le encefaliti, le neoplasie, alcuni tipi di alimentazione, traumi, patologie polmonari, gravidanza, farmaci, nevrosi e patologie della tiroide.

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Respiratoria e metabolica
Sia l’acidosi che l’alcalosi possono essere classificate in “respiratoria” e “metabolica” in base alla concentrazione plasmatica di bicarbonato e di anidride carbonica, che valutate insieme forniscono un’indicazione di massima sui principali apparati coinvolti.

In sintesi si parla di:

  • acidosi respiratoria quando la riduzione (o la tendenza alla riduzione) del pH del plasma corporeo è legata ad un aumento della anidride carbonica (CO2) disciolta nel sangue;
  • acidosi metabolica quando la riduzione (o la tendenza alla riduzione) del pH del plasma corporeo è dovuta ad un accumulo di acidi o da una riduzione dei bicarbonati;

e di:

  • alcalosi respiratoria quando l’aumento (o la tendenza all’aumento) del pH del plasma corporeo è causato da diminuzione dell’anidride carbonica (CO2) disciolta nel sangue;
  • alcalosi metabolica quando l’aumento (o la tendenza all’aumento) del pH del plasma corporeo è causato da una perdita di acidi o da un accumulo di bicarbonati.

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Gap anionico
Il calcolo del gap anionico è spesso utile nella diagnosi differenziale dell’acidosi metabolica. Il gap anionico viene calcolato sottraendo la somma delle concentrazioni del Cl e del HCO3alla concentrazione plasmatica del Na; un aumento del gap anionico rivela la presenza di un eccesso di equivalenti acidi, acidosi metabolica. Quando è presente un’acidosi metabolica con gap anionico normale, si deve sospettare un’alterazione dell’escrezione renale dello ione H+.

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Cos’è l’idropisìa?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma IDROPISIA ANASARCA EDEMA GENERALE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgChe significa il termine idropisìa? E’ un termine medico che ormai non viene più usato, al suo posto si usa il termine “anasarca”.

Idropisìa e anasarca sono quindi sinonimi. Per capire cosa si intende con anasarca, leggi: Anasarca, edema generalizzato, idropisìa: cause, sintomi e cure

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Idrope: cause, tipi e terapia

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO OSPEDALE ANAMNESI ESAME OBIETTIVO SEMEIOTICA FONENDOSCOPIO ESAMECon il termine “ìdrope” si intende un  accumulo anomalo di trasudato (edema non infiammatorio) in una cavità sierosa del corpo, cavo pericardico, cavo pleurico e cavo peritoneale.

Etimologia

Il termine deriva dal latino hydrops, a sua volta derivante dal greco antico ὕδρωψ e composto da ὑδρο, acqua, e ὤψ, aspetto.

Idrope della colecisti

Si tratta di una complicazione della colelitiasi, dovuta all’esclusione della colecisti dal circolo biliare per ostruzione del dotto cistico o del collo della colecisti stessa da parte di un calcolo biliare. La mucosa della colecisti assorbe i pigmenti biliari e le altre componenti della bile secernendo muco; la cavità si va riempiendo, così, di una soluzione mucoide e aumenta di dimensioni. Tale condizione può complicarsi ulteriormente, nel caso di sovrainfezione, con un empiema, oppure può andare incontro a perforazione. Più raramente può manifestarsi un infarto della colecisti.

Idrope fetale

Si tratta di una condizione caratterizzata dall’accumulo di liquido nel corpo fetale, nei tessuti o nelle cavità sierose. Si distingue una idrope fetale immune, dovuta alla presenza di anticorpi circolanti materni contro antigeni eritrocitari fetali, mentre in tutti gli altri casi si parla di idrope fetale non immune. Nella metà di casi la causa rimane sconosciuta. Tra le cause riconosciute vi sono: l’alfa talassemia, malattie cardiache fetali, sindrome da trasfusione feto-fetale e infezioni fetali, specialmente quella da parvovirus B19.

Vedi anche: foto di idrope fetale

Idrope endolinfatico

È una condizione presente nelle fase iniziali della sindrome di Ménière. Inizialmente porta solo ad alterazioni della funzione uditiva; successivamente si cronicizza e coinvolge i labirinti provocando alterazioni dell’equilibrio[4]. In questo caso non si tratta di un trasudato, ma dell’aumento di quantità di un liquido fisiologicamente presente.

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