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Capodanno in volo “viaggiando nel tempo”: decollano nel 2019, atterrano nel 2018
Come ogni anno, a causa dei diversi fusi orari del nostro pianeta, esistono aerei che decollano nel nuovo anno per atterrare in Continua a leggere
Pressione arteriosa: i momenti della giornata in cui è più alta
Alcune persone si misurano la pressione in un momento qualsiasi della giornata, magari solo quando si sentono stanchi o hanno mal di testa. Quello che non tutti sanno è che la pressione arteriosa, così come anche la temperatura del nostro corpo, non è costante durante tutto l’arco della giornata e mettere a paragone valori presi in ore diverse può portare a valutazioni sbagliate.
Come variano i valori della pressione arteriosa durante la giornata?
- I valori più alti vengono ritrovati al mattino, subito dopo il risveglio, tanto che molti ictus cerebrali (che hanno come fattore di rischio l’ipertensione arteriosa ed i picchi ipertensivi), accadono proprio con maggior frequenza durante il mattino (fra le 6 del mattino e le 2 del pomeriggio); il picco degli attacchi cardiaci si ha invece intorno alle 10/11 del mattino.
- Durante il pomeriggio si osserva un calo progressivo che prosegue per tutta la notte nel corso della quale si hanno i valori più bassi, tra mezzanotte e la mattina successiva (soprattutto intorno alle 3/4 di notte).
- Nei soggetti ipertesi i valori più elevati vengono ritrovati fra le 10 e le 12 del mattino, quelli più bassi fra le 2 e le 5 di notte.
Parlando in generale quindi – e riferendoci a persone che svolgono lavori diurni – la pressione è più alta tra il risveglio e l’ora di pranzo, per poi diminuire il pomeriggio e raggiungere i picchi più bassi tra mezzanotte e la mattina successiva. Alcuni eventi e/o patologie possono alterare questo “schema”. Ad esempio una emozione improvvisa (ad esempio paura) la sera, oppure svolgere una attività lavorativa che includa grossi sforzi di notte, può determinare un rialzo pressorio improvviso in orari serali/notturni e quindi determinare eventi ischemici o emorragici in orari serali e notturni. II ritmo circadiano della pressione arteriosa è sotto controllo neuro-ormonale, ma i meccanismi regolatori non sono ancora ben noti.
Strumenti necessari per misurare la pressione
Per misurare la pressione arteriosa sono necessari uno sfigmomanometro (la parte che si indossa sul braccio, con rispettiva valvola) ed uno stetoscopio (la parte che “si mette alle orecchie”): se non li possedete ancora ed avete necessità di misurarvi spesso la pressione arteriosa, potrebbe essere un ottimo investimento per la vostra salute, quello di acquistarli e tenerli in casa a portata di mano.
Sfigmomanometri manuali
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Sfigmomanometri automatici digitali
Se non sapete come utilizzare uno sfigmomanometro manuale potete leggere la nostra guida, oppure acquistare uno strumento digitale che misura in modo automatico la pressione: è necessario solo indossare l’apposito bracciale e dare avvio alla procedura senza neanche avere lo stetoscopio, che è invece necessario con gli strumenti manuali. La scelta dell’apparecchio adatto a volte può risultare difficile, vista l’enorme quantità di prodotti attualmente sul mercato: a tale scopo il mio Staff ha selezionato per voi i migliori sfigmomanometri automatici sul mercato:
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Leggi anche:
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- Come si misura la pressione arteriosa? Guida facile
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- Non riesco a controllare la pressione arteriosa alta
- Cosa fare in caso di picco di pressione arteriosa elevato?
- Sistole e diastole nel ciclo cardiaco: fasi durata e spiegazione
- Che differenza c’è tra sistole e diastole?
- Qual è la differenza tra arteria e vena?
- Pressione alta (ipertensione arteriosa): sintomi, cause, valori e cure
- Perché la pressione arteriosa alta (ipertensione) è pericolosa?
- Ipertensione: cibi consigliati e da evitare per abbassare la pressione sanguigna
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- Elettrocardiogramma (ECG) a riposo e sotto sforzo: cos’è ed a che serve?
- Com’è fatto il cuore, a che serve e come funziona?
- Differenza tra pressione arteriosa e venosa
- Differenza tra pressione massima (sistolica), minima (diastolica) e differenziale
Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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A che ora del giorno misurare la pressione arteriosa?
Salvo diverse indicazioni del vostro medico, generalmente è sufficiente misurare la pressione arteriosa due volte al giorno:
- la mattina, prima di colazione e prima di assumere le vostre medicine;
- la sera, prima di andare a letto.
Annotate i risultati su un diario, che mostrerete al vostro medico. In entrambe le misurazioni è preferibile ripetete il procedimento 3 volte di seguito, ad intervalli di 1 o 2 minuti. Per misurare la pressione arteriosa, sono necessari uno sfigmomanometro ed uno stetoscopio.
Sfigmomanometri manuali
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Sfigmomanometri automatici digitali
Se non sapete come utilizzare uno sfigmomanometro manuale potete leggere la nostra guida, oppure acquistare uno strumento digitale che misura in modo automatico la pressione: è necessario solo indossare l’apposito bracciale e dare avvio alla procedura senza neanche avere lo stetoscopio, che è invece necessario con gli strumenti manuali. La scelta dell’apparecchio adatto a volte può risultare difficile, vista l’enorme quantità di prodotti attualmente sul mercato: a tale scopo il nostro Staff sanitario ha selezionato per voi i migliori sfigmomanometri automatici sul mercato:
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Sono cinque apparecchi ottimamente costruiti, facili da usare ed estremamente precisi e professionali: con essi misurare la vostra pressione arteriosa sarà facile come premere un tasto!
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- Differenza tra pressione del sangue e pressione arteriosa
- Differenza tra pressione del braccio destro e sinistro
- Come funziona uno sfigmomanometro (apparecchio per la pressione)
- Differenza tra pressione venosa centrale e periferica
- Cos’è la pressione venosa centrale e perché si misura?
- Cos’è la pressione sistemica di riempimento?
- Perché la pressione venosa è inferiore a quella arteriosa
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Creatina e caffè o coca cola: posso assumerli insieme?
La caffeina, contenuta nel caffè, nella coca cola ed in molte bevande “energy drink”, stimola il rilascio di adrenalina, la quale rende il nostro corpo pronto ad agire, lottare o per lo meno, svolgere un’attività fisica intensa. L’assunzione di creatina, a sua volta, può aumentare i livelli di creatina e fosfocreatina nei muscoli. La fosfocreatina è un carburante fondamentale per ottenere risposte rapide da parte dei muscoli e dunque per il funzionamento delle fibre muscolari di tipo II, fondamentali per le attività che richiedono un input ad alta potenza, come lo sprint. Quindi perché non assumerli assieme per avere un effetto sinergico durante il nostro allenamento?
La scienza ancora non ha dato una risposta netta: alcuni studi dicono che la caffeina neutralizzerebbe gli effetti della creatina, mentre altri dicono il contrario. Secondo la nostra esperienza pratica però, nello sport ed in palestra, è preferibile NON abbinare caffeina con creatina, specie nel lasso di tempo tra le 2 e le 4 ore dall’assunzione; evitate quindi di bere caffè o altre bevande contenenti caffeina entro 4 ore dal momento in cui prendete la creatina (dal momento che la caffeina ha un emivita di 3 ore circa).
Essendo la ricerca scientifica non ancora del tutto sicura, nel dubbio potete voi stessi fare una prova allenandovi un giorno abbinando creatina a caffeina ed un altro giorno evitando l’abbinamento.
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Rigor mortis (rigidità cadaverica): perché avviene e dopo quanto tempo dalla morte?
Con la locuzione latina “rigor mortis” (chiamata anche “rigidità cadaverica”) si intende una particolare rigidità muscolare che acquista un cadavere dopo un certo periodo dalla morte ed è uno dei segni riconoscibili di quest’ultima. È una condizione peculiare della muscolatura (striata e liscia) consistente in uno stato di retrazione e di compattezza che subentra (fase d’insorgenza) gradualmente nel cadavere. Il rigor mortis può essere accelerato in alcune condizioni, come in cadaveri di persone morte con ipertermia anche se la temperatura ambientale può essere normale, come può accadere nelle morti per overdose da cocaina, da PCP o da metamfetamine.
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Dopo quanto tempo dopo la morte si osserva rigor mortis?
Dopo la morte del soggetto, interviene una fase di flaccidezza a cui segue, dopo circa 3 ore, all’inizio dello sviluppo del rigor. La rigidezza completa impiega circa 10-12 ore per svilupparsi in un adulto medio quando la temperatura ambientale è 20-25 °C. Il corpo rimarrà apparentemente rigido per 24-36 ore (fase di stabilizzazione) a questa stessa temperatura prima che la decomposizione inizi a dissolvere i muscoli e li induca a rilasciarsi, nello stesso ordine in cui si sono irrigiditi. Se la rigidità è in via di instaurazione potrà essere modificata facilmente e riformarsi nella nuova posizione; se si è già instaurata una volta risolta non si potrà più riformare. La rigidità cadaverica è influenzata dalla temperatura ambientale: le temperature elevate accelerano la comparsa e la scomparsa del rigor. In un cadavere lasciato all’aperto, il rigor si manifesterà prima e passerà più rapidamente, se la temperatura ambientale è alta, che in un giorno di inverno freddo; se un corpo non è nel rigor completo ed è messo in refrigerazione il processo rallenta e può arrestarsi. Il periodo di risoluzione (fase di risoluzione) è anch’esso graduale, anzi è più lento di quello d’invasione. Di solito la scomparsa completa di rigor ha luogo a distanza di 3 o 4 giorni dal decesso; la risoluzione della rigidità cadaverica coincide di solito con il sopravvenire dei processi putrefattivi (in cui si ha distruzione autolitica dei ponti gelificati di acto-miosina).
Leggi anche: Elenco di varie tipologie di armi suddivise per tipo
Meccanismo del rigor mortis
La contrattura cadaverica si esprimerebbe alla stessa stregua della contrazione vitale, cioè attraverso la formazione di legami tra filamenti di actina e filamenti di miosina, sì da dare origine ad acto-miosina. Affinché i filamenti di actina e miosina si stacchino è necessaria ATP; la sua mancanza, a causa della morte, provoca il rigor.
In tal senso il rapido instaurarsi del rigor in soggetti colti dalla morte durante un’intensa attività fisica è motivato dall’abbondante trasformazione dell’ATP in ADP.
A seguito del rigor mortis la rigidità delle articolazioni fa sì che le stesse assumano una posizione tale da rispettare quella in cui si trovano subito dopo il decesso; ciò è utile per poter verificare la congruità della posizione cadaverica rispetto alla posizione nell’ambiente.
Un caso particolare è quello della così detta rigidità catalettica: è un raro evento in seguito al quale la rigidità compare istantaneamente subito dopo il decesso.
Leggi anche: Elmer McCurdy: l’incredibile storia della statua di cera che in realtà era un cadavere
Legge di Nysten
Il rigor suole colpire inizialmente le palpebre, quindi i muscoli masseteri (perciò si chiudono presto le palpebre e la bocca in un soggetto deceduto), i muscoli del viso, del collo, del tronco, degli arti superiori ed, infine, quelli degli arti inferiori. Anche la risoluzione del fenomeno segue il medesimo ordine: la rigidità scompare prima ai masseteri, al volto, al collo e, da ultimo, agli arti inferiori. Questa sequenza che va sotto la denominazione di legge di Nysten, non ha d’altra parte valore assolutamente costante in quanto appare influenzata da molteplici fattori.
Leggi anche: Fenomeni cadaverici: cosa succede al tuo corpo subito dopo la morte
Fattori che influenzano il rigor mortis
La rigidità cadaverica può essere influenzata da diversi fattori che possono essere distinti in:
- Fattori intrinseci: trofismo muscolare e intensità dell’affaticamento dei singoli muscoli al momento del decesso.
- Fattori estrinseci: temperatura esterna.
Il fenomeno è più appariscente nei cadaveri di individui muscolosi, ma, a parità di massa muscolare, si manifesta con maggiore intensità se all’atto del decesso esisteva una condizione di fatica. Ciò si verifica in modo spiccato nelle morti improvvise avvenute nel corso di un intenso lavoro muscolare, in seguito ad infezione tetanica, ad avvelenamento da stricnina, a malattie convulsive in genere. Per contro i muscoli atonici per malattie esaurienti, tanto più se affetti da eventi degenerativi, si irrigidiscono debolmente e per breve tempo.
La temperatura elevata accelera la manifestazione della rigidità, che è invece rallentata dalle basse temperature.
Per approfondire: Differenza tra inumazione, tumulazione, cremazione, imbalsamazione e mummificazione
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
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Golden hour: “Un’ora, una sola ora, può cambiare tutto, per sempre”
Che cosa si può fare in realtà in un’ora? Una commissione forse, stare nel traffico, il cambio d’olio. Se ci si pensa, un’ora non è molto. Sessanta minuti, tremilaseicento secondi. Tutto qui. In medicina però, un’ora spesso è tutto. Noi la chiamiamo l’ora d’oro. Quella magica finestra temporale che può determinare se un paziente vivrà o morirà.
Un’ora, una sola ora, può cambiare tutto, per sempre. Un’ora può salvarti la vita. Un’ora può farti cambiare idea. A volte un’ora è solo un regalo che ci facciamo. Per alcuni, un’ora può non avere alcun valore. Per altri, un’ora fa tutta la differenza del mondo. Ma alla fine, è comunque solo un’ora. Una delle tante. Tantissime a venire. Sessanta minuti. Tremilaseicento secondi. Tutto qui. Poi ricomincia tutto da capo. E chissà così ci riserverà la prossima ora.
Grey’s Anatomy, settima stagione, episodio 15 (L’ora d’oro)
Cos’è l’ora d’oro in medicina?
In medicina, in particolare nella chirurgia d’urgenza, la “golden hour” (letteralmente l’ora d’oro) si riferisce al periodo di tempo – non necessariamente di un’ora: va da pochi minuti a diverse ore – dopo una lesione traumatica o l’insorgenza di una patologia. Durante questo periodo vi è la più alta probabilità che un pronto trattamento medico possa evitare la morte: è infatti ben noto che le possibilità di sopravvivenza di un paziente siano tanto maggiori quanto velocemente si ricevono cure adeguate, come per esempio in caso di infarto del miocardio o di rottura dell’aorta. Al contrario di quello che avviene nella puntata di Grey’s Anatomy citata, generalmente l’ora d’oro viene ad indicare il concetto dell’importanza di un rapido intervento nei casi di trauma piuttosto che un periodo critico specifico di un’ora entro cui intervenire.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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Quali sono il giorno e l’ora migliore per iniziare la dieta?
E’ quasi un luogo comune: si inizia una dieta il lunedì. Un buon proposito che, a quanto pare, non è affatto errato. Secondo alcuni specialisti inglesi, infatti, è possibile stabilire quali siano i giorni e le ore peggiori per iniziare a mettersi a dieta. A quanto pare il giorno meno indicato per darsi regole alimentari più rigide e controllate è il martedì. La partenza più giusta, secondo il sondaggio realizzato dagli esperti, è quella della domenica o del lunedì. Sembra addirittura che chi inizi la domenica riesca a dimagrire in media 3,2 chili in tre settimane e che l’88% riesca anche a mantenere il peso raggiunto per tempi più lunghi. Oltre alla scelta dei giorni più indicati, è stato possibile indicare persino le ore del giorno meno favorevoli per mettersi a dieta: dalle 15 alle 15.30, in particolare alle 15.23. In questo preciso orario infatti, le persone hanno maggiore probabilità di cadere in tentazione perché le 15.23 è l’esatto momento in cui si presentano più prepotentemente i languori dovuti alla fame. Quindi, se avete deciso di perdere qualche chilo, vi suggeriamo di tenere a mente queste consigli, la vostra linea potrebbe trarne giovamento!
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