Differenza tra disfagia ed odinofagia: cause comuni e diverse

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma ESOFAGO ANATOMIA E FUNZIONI SINTESI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PeneCon il termine “disfagia” (in inglese “dysphagia“) si intende la difficoltà del corretto transito del cibo nelle vie digestive superiori (tipicamente l’esofago) subito dopo averlo ingerito, quindi anche le difficoltà a deglutire rientrano nel campo delle disfagie.

Con il termine “odinofagia” (in inglese “odynophagia“) si intende invece una sensazione di dolore, unita spesso a bruciore, durante la deglutizione.

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Disfagia ed odinofagia non sono necessariamente presenti nello stesso momento: un paziente può avere il sintomo di difficoltà nel transito del cibo senza avvertire un particolare dolore, e viceversa, sebbene i due sintomi possano essere non di rado comparire nello stesso soggetto.

Le cause dei due sintomi sono generalmente diverse (sebbene possano in alcuni casi combaciare). La disfagia può riconoscere cause:

  • ostruttive: quando il lume delle vie digestive superiori – specie l’esofago -si riduce per compressione o per ostruzione, come nel caso di presenza di corpi estranei, stenosi, tumori che comprimono dall’esterno o che occludono dall’interno, diverticoli, infiammazioni, ingrossamento della tiroide e spondilite cervicale.
  • motorie: quando il lume delle vie digestive superiori è “libero” ma intervengono gli esiti di una serie di malattie sistemiche – specie nervose e croniche – che compromettono la peristalsi, cioè la contrazione coordinata della muscolatura liscia presente nelle vie digerenti che permette al cibo di procedere in direzione dell’ano. Tra queste: polimiosite, sclerosi laterale amiotrofica, sclerodermia, acalasia, paralisi dei muscoli della lingua, poliomielite, miopatia, miastenia, spasmo esofageo diffuso e le discinesie idiopatiche dell’esofago.

Invece la odinofagia riconosce quasi sempre cause irritative della mucosa interessate dal passaggio del cibo, come il classico caso della tonsillite nel mal di gola: il cibo passa senza difficoltà (assenza di disfagia), ma durante la deglutizione si avverte dolore (presenza di odinofagia). Solo raramente il dolore non è causato da irritazione, altre cause sono: presenza di massa tumorale, acalasia ed arterite di Horton.

Come facilmente intuibile, una patologia che può provocare sia disfagia che odinofagia allo stesso tempo è un tumore: una massa tumorale a livello delle prime vie digerenti può determinare difficoltà

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Soia: dose, proprietà e controindicazioni nel tumore al seno

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Senologia Mammografia Tumore Cancro Seno Mammella Diagnosi Mastectomia Medicina Chirurgia Estetica Dietologo Roma Cellulite Sessuologia Ecografie Ragadi Seno CapezzoloLa soia rappresenta una pietra miliare della dieta tradizionale asiatica, dove storicamente si vanta una minore incidenza di malattie cardiovascolari, diabete, cancro al seno e altri tumori ormone-dipendenti, come quello alla prostata. Tale osservazione ha alimentato a lungo la convinzione che il consumo di alimenti a base di soia (latte di soia, tofu, tempeh, fagioli di soia…) riduca sensibilmente il rischio di malattia. In letteratura i dati sono però controversi e piuttosto complessi da discernere, probabilmente perché ancora in corso d’opera.

La soia è sicura?

Indubbiamente l’assunzione di soia alimentare risulta abbastanza sicura e vantaggiosa per le donne che non hanno storia personale o familiare di cancro al seno, e per le quali l’assunzione di questo legume garantisce un valido contributo per la prevenzione di condizioni patologiche associate all’età, come le malattie cardiovascolari, l’osteoporosi, e il trattamento dei sintomi della menopausa. Importante è, in tal caso, cominciare ad assumere alimenti a base di soia fin da giovani, e non quando se ne presenta la necessità come in post-menopausa, ond’evitare di scombussolare ulteriormente un organismo che già presenta scompensi ormonali. Discorso diverso per le donne con pregressa diagnosi di carcinoma mammario personale o familiare, in cui l’assunzione di soia, anche in forma di alimento, ha dimostrato una correlazione diretta con l’aumento plasmatico di IGF-1, fattore di crescita associato all’incremento del rischio tumore.

Perché allora le popolazioni asiatiche mostrano un’incidenza minore di tumori ormono-dipendenti nonostante l’alto consumo di soia?

Si è scoperto che associare alimenti a base di questo legume (fino a 2 gr di soia per kg di peso corporeo al giorno ) con il consumo di alghe, altro alimento tipico della cucina orientale (con una media di 5 gr al giorno), riduce la concentrazione di IGF-1 del 40%.

Cosa dire invece degli integratori a base di Isoflavoni?

Gli Isoflavoni, fitoestrogeni della soia, quali la Ginesteina o la Daidzeina, sono in grado di agire sia come proliferativi (a dosi fisiologiche) che come anti-proliferativi (a dosi elevate) e sono capaci di stimolare l’attività di un enzima chiave per la conversione degli androgeni in estrogeni (l’aromatasi), incrementando così l’azione di questi ormoni femminili sui recettori responsabili della proliferazione cellulare. Alcuni farmaci utilizzati nella cura e prevenzione della recidiva del carcinoma mammario bloccano proprio tale enzima per ridurre la produzione locale di estrogeni e, di conseguenza, ridurre lo stimolo proliferativo a livello dei loro recettori ER. I fitoestrogeni non solo stimolano l’iperproduzione di estrogeni a questo livello, ma interferiscono anche con l’azione e l’efficacia di farmaci anti-aromatasi, essenziali per la riduzione del rischio di recidiva in pazienti con pregressa diagnosi di carcinoma (vedi Aromasin). Gli ultimi studi affermano che l’integrazione con gli estratti di soia non solo presentano dei rischi, come appena mostrato, ma secondo le ultime ricerche non producono nessun effetto sulla prevenzione tumorale, sopratutto per i soggetti ER +, ovvero mutati in senso proliferativo a livello del recettore per gli estrogeni.

Quindi soia sì o no in relazione al tumore al seno?

E’ preferibile evitare integratori a base di soia, a maggior ragione in donne con pregressa diagnosi di carcinoma mammario, per le quali tale precauzione deve essere osservata con maggior attenzione. In soggetti sani, invece il consiglio è raggiungere i livelli di assunzione di isoflavoni consigliati anche dalla Food and Drug Administration Americana , pari a circa 25 mg al giorno,anche se già 10 mg al giorno riducono il rischio di carcinoma al seno del 12%.

25 mg di isoflavoni, utili alla prevenzione del tumore al seno quindi , in donne sane, in cosa ed in quanta soia li troviamo?

Gli alimenti di soia tradizionali forniscono circa 30 mg di isoflavoni per porzione, per cui è possibile affermare che per soggetti sani un bicchiere di latte di soia, una porzione di tofu o uno yogurt di soia al giorno è la quota ideale per un alimentazione salubre con il miglior rapporto rischio/beneficio.

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Differenza tra Cointreau, Grand Marnier e Triple Sec

MEDICINA ONLINE BERE COCKTAIL ALCOLICO ALCOL INGRASSARE DIMAGRIRE VINO ROSSO BIANCO BOTTIGLIA LINEA CALORIE DRINKING WINE AMICI AMICIZIA GRUPPO TAVOLA MANGIARE RISTORANTE SERATA PUB BIRRTriple sec, in realtà un liquore francese inventato nel 19 ° secolo, è diventato un termine alquanto generico per qualsiasi liquore al gusto di arancia. In questa definizione, entrambi i marchi di Grand Marnier e Cointreau liquore di arancio sono tipi di triple sec, anche se il gusto e la composizione li distinguono l’uno dall’altro e tradizionale triple sec. Tutte e tre le origini di azioni in 19 ° secolo in Francia.

Triple Sec

Il 19 ° secolo il francese Jean-Baptiste Combier inventato triple sec quando ha immerso le pelli secchi di arance haitiani in alcole neutro poi distillato in pentole di rame. Triple sec, che significa “triple distillato” in inglese, di solito contiene circa il 23 per cento di alcol e ha un sapore d’arancia leggermente dolce. I liquori vanno dal chiaro al dorato; secs triple di qualità superiore in genere utilizzano cognac invecchiato o brandy come base, mentre la qualità inferiore triple sec può utilizzare alcol di grano a bassa prova.

Grand Marnier

Grand Marnier, un liquore a base di cognac al gusto con l’aromatico Citrus bigaradia arancione tropicale, è stato introdotto nel 1827. La ricetta rimane custodita al sicuro nelle mani della famiglia Marnier Lapostolle nel 2011. Gran Marnier matura in botti di rovere per un massimo di dieci anni prima imbottigliamento. L’alcole 40 per cento in volume è alto per un liquore; I fan in genere godono di Grand Marnier riscaldato in un bicchierino.

Cointreau

Cointreau, una marca di liquore all’arancia prodotta nel sobborgo francese di Saint-Barthelemy d’Anjou, fu costruito nel 1875. A aperitivo e cocktail popolare ingrediente, Cointreau è spesso consumato come digestivo dopo-cena. Sapore di Cointreau deriva da un mix di dolce e amaro scorze d’arancia intrisi di alcool puro derivato dalla barbabietola da zucchero. Cointreau spesso sostituisce triple sec in margaritas premium. Come Grand Marnier, Cointreau contiene anche circa il 40 per cento di alcol.

Differenze

Triple sec tipicamente viene miscelato con altri liquori in bevande miste. Cointreau e Grand Marnier sono tecnicamente tipi di triple sec, ma entrambi contengono più alcol rispetto ai tradizionali triple sec. Grand Marnier e Cointreau entrambi sapore meno dolce rispetto alla maggior parte secondi triple, e anche se stanno a triple sec in alcuni cocktail top-shelf, sono anche spesso consumati da soli.

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Il diabetico può mangiare i wurstel? Quante calorie e carboidrati hanno?

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I wurstel appartengono ad un gruppo di carni da evitare o da assumere solo occasionalmente. A tale gruppo appartengono anche:

  • carni grasse,
  • carne macinata,
  • hamburger confezionati,
  • coppa,
  • cotechino,
  • frattaglie,
  • mortadella,
  • pancetta,
  • pasticci di carne,
  • salsicce,
  • pollo con pelle,
  • paté,
  • salame.

Pur non rappresentando una fonte di proteine raccomandabile, possono essere certamente assunti dal diabetico, in dosi moderate e sotto controllo medico, ovviamente evitando di farcirlo con salse come la maionese.

Carni alternative da preferire sono: bresaola, cacciagione, coniglio, manzo magro, pollo, prosciutto crudo magro, speck, tacchino, vitello magro

Importante: in caso di dubbio, il paziente diabetico può – sotto controllo medico – monitorare la propria risposta glicemica all’assunzione di certi alimenti, annotando i valori su un taccuino e raffrontando le relative glicemie.

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Diabete mellito: cause e fattori di rischio del tipo 1 e 2

Diabetic is doing a glucose level finger blood test.Il diabete mellito abbreviato DM è una forma di diabete ovvero un gruppo di disturbi metabolici accomunati dal fatto di presentare una persistente instabilità del livello glicemico del sangue, passando da condizioni di iperglicemia, più frequente, a condizioni di ipoglicemia.

Cause

Il diabete mellito può essere causato da una serie di fattori. Alcuni possono essere derivati da difetti dell’azione insulinica, come l’insulinoresistenza di tipo A, il leprecaunismo, la Sindrome di Rabson-Mendenhall e le sindromi lipodistrofiche; alcune malattie del pancreas possono essere causa del diabete, come nel caso della pancreatite, della fibrosi cistica, nell’emocromatosi e nel tumore del pancreas. Fra i farmaci che possono causare forme diabetiche si ritrovano il Vacor utilizzato come veleno per i topi, pentamidina, acido nicotinico, glucocorticoidi, ormoni tiroidei, diazossido, β-agonisti, tiazidici, fenitoina, interferon a, inibitori delle proteasi, clozapina, β-bloccanti). Alcune infezioni possono comportare l’insorgere di diabete come la rosolia congenita, il citomegalovirus e il coxackievirus. Fra le numerose patologie genetiche responsabili dello sviluppo del diabete si trovano la sindrome di Down, sindrome di Turner, sindrome di Klinefelter, corea di Huntington, sindrome di Laurence-Moon-Biedl, porfiria. L’esistenza di una predisposizione genetica è suggerita dal fatto che, nel caso di gemelli, il diabete Tipo 2 è presente in entrambi in una elevatissima percentuale, molto superiore rispetto a quanto accade per il diabete di Tipo 1. Probabilmente intervengono difetti a carico di più geni (malattia poligenica) coinvolti nella produzione di insulina e nel metabolismo del glucosio; il tipo di deficit varierebbe da un paziente all’altro, dal momento che fino ad oggi non è stato possibile identificare anomalie genetiche comuni a tutti i pazienti di Tipo 2. Malattie come acromegalia, sindrome di Cushing, ipogonadismo, glucagonoma, feocromocitoma, ipertiroidismo, somatostatinoma, aldosteronoma possono essere altre cause.

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Fattori di rischio del diabete mellito

Tra i fattori di rischio si riscontrano principalmente:

  • Obesità (BMI maggiore o uguale a 25 kg/m² per il DM2)
  • Inattività fisica
  • Ipertensione (pressione arteriosa maggiore o uguale a 140/90mmHg)
  • Colesterolo HDL (minore o uguale a 35 mg/dl)
  • Trigliceridi (maggiori o uguali a 250 mg/dl)
  • Ipogonadismo: in uomini ipogonadici l’assunzione di testosterone diminuisce l’insulinoresistenza e migliora il quadro glicemico
  • Disturbi del sonno, che favoriscono l’insorgenza della forma 2.

Anche l’età favorisce la comparsa del diabete, poiché essa si accompagna ad una riduzione fisiologica del testosterone e IGF-I e quindi a un diminuita sensibilità dei tessuti periferici all’insulina.

Differenze Diabete mellito tipo 1 Diabete mellito tipo 2
Età iniziale minore di 30 anni, anche se può presentarsi anche successivamente. Sopra la terza dècade
Onset drammatico lenta insorgenza
Obesità Non si presenta alcun’associazione Costituisce fattore di rischio
Livelli plasmatici di insulina endogena Irrilevanti Varia a seconda dell’insulina (resistenza – difetto di secrezione), può essere elevata
Rapporto con antigeni HLA-D SI NO
Rilevazione di anticorpi anti-insulae SI NO
In terapia efficacia dei farmaci ipoglicemizzanti orali L’iperglicemia non diminuisce Inizialmente si hanno effetti sull’iperglicemia
Rapporto con gemelli elevato (50% dei casi) quasi totale (90% dei casi)

Diabete di tipo 1

La forma di tipo 1 ha un’eziologia che si costituisce con il passare del tempo:

  • Predisposizione genetica, fra i vari geni responsabili quello localizzato nella regione HLA del cromosoma 6
  • Stimolo immunologico

Questa fase, nota come luna di miele, dura per alcuni mesi, dopodiché i sintomi si presentano nuovamente e permangono stabilmente dando luogo, definitivamente, allo stato di diabete. La spiegazione di questo fenomeno è da ricercarsi nell’iperproduzione compensatoria di insulina da parte delle cellule β del pancreas.

Diabete di tipo 2

Il diabete di tipo 2 ha una eziologia multifattoriale, in quanto è causato dal concorso di più fattori, sia genetici che ambientali. Il riscontro di DM di tipo 2 è molto spesso casuale nel corso di esami di laboratorio a cui il paziente si sottopone per altri motivi, questo perché la patologia si instaura molto lentamente e occorre molto tempo prima che la sintomatologia possa divenire clinicamente manifesta; d’altro canto in molti pazienti sintomi di iperglicemia e glicosuria non compaiono mai. I fattori causali responsabili (eziologici) provocano la malattia attraverso il concorso di due meccanismi principali (patogenesi): l’alterazione della secrezione di insulina e la ridotta sensibilità dei tessuti bersaglio (muscolo, fegato e tessuto adiposo) alla sua azione (insulino-resistenza). Difetti della secrezione di insulina sono presenti non solo nei pazienti diabetici di Tipo 2, ma molto spesso anche nei gemelli sani e nei familiari di primo grado; in questi ultimi è stata rilevata frequentemente anche resistenza all’insulina. Si pensa pertanto che il diabete Tipo 2 sia preceduto da una fase prediabetica, in cui la resistenza dei tessuti periferici all’azione dell’insulina sia compensata da un aumento della secrezione pancreatica di insulina (iperinsulinemia). Soltanto quando si aggravano sia i difetti di secrezione insulinica sia l’insulino-resistenza (in seguito all’invecchiamento, alla obesità, all’inattività fisica o alla gravidanza), si renderebbe manifesta prima l’iperglicemia post-prandiale e poi l’iperglicemia a digiuno.

L’obesità viscerale (o centrale) riveste un ruolo di primo piano nello sviluppo della resistenza all’insulina. Il tessuto adiposo è, infatti, in grado di produrre una serie di sostanze (leptina, TFN-α, acidi grassi liberi, resistina, adiponectina), che concorrono allo sviluppo della insulino-resistenza. Inoltre nell’obesità, il tessuto adiposo è sede di uno stato di infiammazione cronica a bassa intensità, che rappresenta una fonte di mediatori chimici, che aggravano la resistenza all’insulina. Di conseguenza, i markers di infiammazione, come interleuchina 6 e proteina C-reattiva, sono spesso elevati in questo tipo di diabete.

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Il fieno greco fa ingrassare o dimagrire?

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Da quando il dottor Oz ha parlato del fieno greco (trigonella) per ridurre i morsi della fameabbassare i livelli di colesterolo nel sangue e abbassare la glicemia, si è riaffermato il mito del fieno greco come segreto per dimagrire. Se si danno le notizie così, capisco bene perché molta gente critica il dottor Oz!
In realtà, se pure è vero che il fieno greco abbassi i livelli di lipidi e glucidi nel sangue, una pianta nata come pastone per gli animali e data come ricostituente per le persone di costituzione gracile o per i malati non può certo far dimagrire. Eppure ci sono ancora gli scettici e i dubbiosi che puntualmente si chiedono se faccia dimagrire.

Certo, se pensiamo che questi semi (di aspetto simile a una granella di nocciole), che possiamo bere in decotto (normalmente vengono utilizzati nei curry, quindi li possiamo trovare in quei mercati in cui c’è il bancone di spezie orientali, o presso uno speziale, oltre che in qualche erboristeria), possono abbassare la glicemia per via dell’alto contenuto di fibre (quindi dovremmo mangiare proprio i semi!), significa che ci evitano di ingrassare per colpa dell’insulina. Il loro potere dimagrante finisce qua, ed è modesto se invece si pensa al suo potenziale ricostituente: il fieno greco infatti stimola l’appetito, perciò fa venire naturalmente molta fame; ha le stesse calorie di un legume; è ottimo per chi vuole mettere su massa muscolare per via del suo effetto anabolizzante, e nelle donne, avendo proprietà galattogene, stimola la produzione delle ghiandole mammarie e il loro volume, perciò molte persone sono convinte che sia un volumizzante naturale del seno. Sconsigliatissimo in gravidanza, il fieno greco è adatto a quelle persone che devono mettere su peso: fa mangiare di più, tende a far mettere su massa, cioè a irrobustire, viene consigliato al posto della pappa reale.

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Perché l’acqua di mare non si può bere?

MEDICINA ONLINE SOLE MARE COPPIA AMORE UOMO DONNA USTIONE SOLARE RADIAZIONE ABBRONZATURA PISCINA ACQUA NUOTO NUOTARE SPIAGGIA NUVOLEIn un normale regime alimentare assumiamo senza problemi il cloruro di sodio e, anzi, i suoi due componenti (Na e Cl) sono fondamentali per il corpo, eppure, Continua a leggere

Dormire poco fa ingrassare o dimagrire?

MEDICINA ONLINE SONNO DORMIRE RIPOSARE RIPOSINO PISOLINO RUSSARE CUSCINO LETTO NOTTE POMERIGGIOLa risposta è facile: dormire poco e/o male, fa ingrassare. Questo perché:

1) Lo sbilanciamento ormonale dato dallo squilibrio veglia/sonno provoca un aumento (pericoloso) dall’appetito e una diminuzione del senso di sazietà.

2) Perdere la parte finale del ciclo del sonno implica perdere la parte in cui si sogna in modo più approfondito, che è anche quella in cui si bruciano più calorie. Dormire poco, se non fa in ingrassare, di sicuro non fa dimagrire.

3) La carenza di sonno provoca un desiderio molto forte di cibi ad alto livello di carboidrati e grassi.

Quindi cosa bisogna fare per dormire “bene”? Nei seguenti articoli troverete alcuni utilissimi consigli:

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