RDW alto, basso, valori normali ed interpretazione

MEDICINA ONLINE BLOOD TEST EXAM ESAME DEL SANGUE ANALISI GLOBULI ROSSI BIANCHI PIATRINE VALORI ERITROCITI ANEMIA TUMORE CANCRO LEUCEMIA FERRO FALCIFORME MEDITERRANEA EMOGLOBINAL’RDW (Red Cell Distribution Width), in italiano ampiezza di distribuzione eritrocitaria, è un indice corpuscolato del sangue comunemente fornito da qualsiasi emocromo, in grado di stimare la variabilità di volume dei globuli rossi. Permette quindi una stima dell’anisocitosi, ossia della presenza nel sangue di globuli rossi di diversa dimensione (gli eritrociti immaturi sono più grandi) e viene spesso usata, per esempio, per la diagnosi differenziale di alcuni tipi di anemia.

Un valore percentuale elevato indica grande variabilità nelle dimensioni (cellule molto grandi e molto piccole), mentre un valore basso indica scarsa variabilità (la maggior parte dei globuli rossi con uguale dimensione).

Valori Normali

  • Uomini
    • Minore di 2 anni: non stabilito
    • 2 anni: 12.0 – 14.5%
    • 3 – 5 anni: 12.0 – 14.0%
    • 6 – 11 anni: 12.0 – 14.0%
    • 12 – 15 anni: 11.6 – 13.8%
    • Adulti: 11.8 – 15.6%
  • Donne
    • Minore di 2 anni: non stabilito
    • 2 anni: 12.0 – 14.5%
    • 3 – 5 anni: 12.0 – 14.0%
    • 6 – 11 anni: 11.6 – 13.4%
    • 12 – 15 anni: 11.2 – 13.5%
    • Adulti: 11.9 – 15.5%

(Attenzione, gli intervalli di riferimento possono differire da un laboratorio all’altro, fare quindi riferimento a quelli presenti sul referto in caso di esami del sangue ed urina.)

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Interpretazione

L’esame è utile nelle seguenti condizioni:

  • Un valore alto è un indizio precoce a favore per la diagnosi di carenza nutrizionale di ferro, folati o vitamina B12, in quanto il valore cambia prima di altri parametri.
  • Aiuta a distinguere tra semplice anemia da carenza di ferro (RDW alta, normale o bassa MCV) o talassemia eterozigote (RDW normale, basso MCV), anche se sono comunque necessari ulteriori esami di conferma.
  • Può anche aiutare a distinguere tra anemia megaloblastica per carenza da folati o da vitamina B12 (RDW elevato) e altre cause di macrocitosi (spesso con RDW normale).

Più nel dettaglio:

  • RDW normale, MCV basso:
    • Anemia da malattia cronica
    • Talassemia eterozigote
    • Emoglobina E beta talassemia
  • RDW alto, MCV basso
    • Carenza di ferro
    • β-talassemia
  • RDW normale RDW, MCV alta
    • Anemia aplastica
    • Malattia epatica cronica
    • Chemioterapia, antivirali, alcool
  • RDW alto, MCV alto
    • Carenza da folati o da vitamina B12
    • Anemia emolitica autoimmune
    • Chemioterapia (farmaci citotossici)
    • Malattia epatica cronica
    • Sindrome mielodisplastica
  • RDW e MCV normali
    • Anemia da malattia cronica
    • Perdita di sangue acuta o emolisi
    • Anemia da malattia renale
  • RDW alto, MCV normale
    • Carenza di ferro, vitamina B12 o folati
    • Anemia falciforme
    • Malattia epatica cronica
    • Sindrome mielodisplastica

Valori Bassi

Valori Alti

  • Abuso di Alcool
  • Anemia emolitica
  • Anemia falciforme
  • Anemia perniciosa
  • Carenza di acido folico
  • Carenza di ferro

(Attenzione, elenco non esaustivo. Si sottolinea inoltre che spesso piccole variazioni dagli intervalli di riferimento possono non avere significato clinico.)

Fattori che influenzano l’esame

L’età del paziente può influire sul valore.

Quando viene richiesto l’esame

L’esame fa parte dell’emocromo ed è usato insieme ad altri indici relativi ai globuli rossi, soprattutto il volume corpuscolare medio (MCV), per aiutare nella determinazione delle cause di anemia.

Preparazione richiesta

Non è necessaria alcuna preparazione.

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Differenza tra bypass ed angioplastica con stent: vantaggi e svantaggi

MEDICINA ONLINE CUORE HEART INFARTO MIOCARDIO NECROSI ATRIO VENTRICOLO AORTA VALVOLA POMPA SANGUE ANGINA PECTORIS STABILE INSTABILE ECG SFORZO CIRCOLAZIONEL’angioplastica è una metodica utilizzata in ambito medico per dilatare un restringimento del lume (stenosi) di un vaso sanguigno, causato nella maggior parte dei casi dalla presenza di una placca ateromasica che – se posizionata nei vasi coronarici, può determinare infarto del miocardio. La dilatazione del vaso viene effettuata per mezzo di uno speciale catetere a palloncino che viene introdotto mediante la puntura percutanea di un’arteria, portato fino al vaso stenotico e successivamente gonfiato in corrispondenza del restringimento, in modo da ripristinare il normale diametro del vaso e permettere un incremento del flusso sanguigno. Nella maggior parte dei casi la procedura si completa con l’applicazione di una reticella metallica, ricoperta o meno da farmaco, detta stent, che rende più efficace la dilatazione vasale. La procedura di angioplastica si esegue in anestesia locale: il paziente è quindi sveglio e cosciente. L’intervento dura mediamente intorno ai 45 minuti – 1 ora, a seconda della complessità della lesione da trattare.

Un “by-pass” (o più semplicemente “bypass”) è un ramo della circolazione sanguigna, creato dal chirurgo, utilizzato per evitare e passare oltre (bypassare) una ostruzione posta a livello di un vaso, che non permette il normale fluire del sangue. Più in particolare, il bypass aorto-coronarico (CABG o cabbage, da Coronary Artery Bypass Graft surgery) è l’intervento cardiochirurgico che – tramite l’uso di vasi prelevati dal paziente stesso come la vena safena o l’arteria mammaria – permette di superare un condotto coronarico ostruito parzialmente o totalmente e quindi di evitare episodi ischemici come l’infarto miocardico acuto.

Bypass o angioplastica con stent: qual è preferibile?
Entrambe le tecniche hanno quindi lo scopo di “superare” l’ostruzione e permettere al sangue di arrivare al miocardio: quale preferire? Non esiste una tecnica necessariamente migliore dell’altra, ogni caso deve essere analizzato in modo specifico e spesso non è semplice individuare quale trattamento, chirurgico o non chirurgico, sia più adatto ad un determinato paziente. Le procedure di angioplastica, nate oltre 20 anni fa, sono oramai diventate una delle principali alternative non chirurgiche agli interventi di bypass nel trattamento di patologie cardiache. E dai primi casi su pazienti con ostruzione di un singolo vaso si è passati ad intervenire in casi di patologie multivasali, con una varietà di possibili opzioni (angioplastica, stent, aterectomia, ecc.).

Quanto più la patologia è avanzata e riguarda un numero maggiore di arterie, tanto più il ricorso alla chirurgia di by-pass potrebbe essere la scelta migliore.

Viceversa, se la patologia non è in uno stadio avanzato e le occlusioni sono limitate, potrebbe essere raccomandato il ricorso ad una soluzione non chirurgica.

E’ sempre comunque il medico a decidere il trattamento migliore per ogni singolo paziente.

La tabella che segue riassume i principali benefici e gli svantaggi delle differenti opzioni:

Vantaggi Svantaggi
Angioplastica con applicazione di stent
  • Intervento minore
  • Tempi di degenza più brevi
  • Bassi rischi di complicanze post-operatorie
  • Il flusso può non essere completamente ristabilito
  • Potenziale necessità di intervento successivo (angioplastica o by-pass)
  • Più frequente ripresa d’angina
Chirurgia
By-pass
  • Il flusso è ristabilito in modo più completo
  • Meno frequente ripresa d’angina
  • Minor necessità di ricorso ad intervento successivo (angioplastica o by-pass)
  • Intervento più complesso
  • Rispetto all’angioplastica, possibili superiori rischi di complicanze post-operatorie
  • Tempi di degenza più lunghi

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Dolore toracico: infarto o altre cause? Quando chiamare il medico

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Estetico Medicina Estetica Roma RICONOSCERE INFARTO DEL MIOCARDIO Vita Cuore HD Radiofrequenza Rughe Cavitazione Cellulite Pulsata Peeling Pressoterapia Linfodrenante Mappatura Nei Dietologo DermatologiaIl dolore toracico è un fastidio od un dolore che colpisce la parte anteriore alta dell’organismo, tra il collo e l’addome inferiore. Molti di coloro che soffrono di male al torace temono un infarto, tuttavia il dolore toracico può avere molte altre cause diverse: alcune di esse non sono pericolose, mentre altre possono essere gravi o addirittura letali. Il dolore può irradiarsi nel torace dal collo, dall’addome e dalla schiena e la causa può essere legata a uno qualsiasi degli organi della zona toracica:

  • cuore,
  • polmoni,
  • esofago,
  • muscoli,
  • costole,
  • tendini,
  • nervi,
  • pelle della zona.

Si tratta di un sintomo piuttosto comune, che tuttavia non deve essere mai essere sottovalutato per non rischiare ritardi nel caso di emergenze mediche; in particolare si consiglia di chiamare immediatamente il 118 nel caso in cui il dolore:

  • si presenti come una forte pressione o sensazione di costrizione,
  • duri più di 15 minuti,
  • si irradi verso braccia, schiena o mascella,
  • sia accompagnato da mancanza di fiato, nausea, sudorazione o tosse con sangue.

Particolare cautela va posta nei soggetti affetti da malattie coronariche o che presentano fattori di rischio cardiovascolari come

  • fumo,
  • obesità,
  • pressione alta,
  • diabete,
  • colesterolo alto.

Cause cardiache

L’infarto è sicuramente la causa più temuta tra quelle in grado di spiegare un dolore al petto; i sintomi in questo caso possono essere in parte variabili da un soggetto all’altro, alcuni addirittura non manifestano alcun sintomo, alcuni solo un po’ di fastidio al braccio, mentre altri possono sviluppare:

  • dolore o disagio in altre zone del parte superiore del corpo, tra cui braccia, spalla sinistra, schiena, collo, mandibola, stomaco,
  • difficoltà di respirazione o fiato corto,
  • sudorazione (eventualmente “sudore freddo”),
  • senso di pienezza, indigestione, o sensazione di soffocamento (descritto a volte come “bruciore di stomaco”),
  • nausea o vomito,
  • stordimento, vertigini, debolezza estrema o ansia,
  • battiti cardiaci accelerati o irregolari.

Un disturbo simile è l’angina, che è il nome di un sintomo e non di una malattia; si tratta di un dolore toracico causato da un’insufficiente afflusso di sangue e ossigeno al cuore. Si presenta in genere come un senso di pressione o costrizione, un dolore acuto caratterizzato da senso di pesantezza, formicolio o indolenzimento al torace, che talvolta si può irradiare verso spalle, braccia, gomiti, polsi, schiena, collo, gola e mandibola. È in genere legata a un disturbo alle coronarie, le arterie che portano il sangue ossigenato che serve al cuore per espletare le sue funzioni, che per qualche ragione si restringono diminuendo l’afflusso. La differenza principale rispetto all’infarto è che il dolore al petto causato dall’angina tende ad essere innescato da attività fisica o da uno stress emotivo e migliora con il riposo entro pochi minuti. I sintomi di un attacco cardiaco, al contrario, tendono a durare più di 15 minuti, si verificano anche a riposo e possono includere sudorazione fredda e vomito. Se c’è già stata una diagnosi in passato di angina l’assunzione dello specifico farmaco è in genere sufficiente ad alleviare i sintomi, eventualmente una seconda dose può essere presa dopo cinque minuti se la prima dose non sia risultata efficace. In caso di persistenza dei sintomi si raccomanda di chiamare il 118.

Tra gli altri disturbi cardiaci legati a un dolore al petto ricordiamo:

  • La dissecazione aortica è una lacerazione della parete dell’aorta, la grande arteria che trasporta il sangue dal cuore al resto dell’organismo: questo disturbo provoca un dolore improvviso e molto intenso nella zona del torace e nella parte alta della schiena. Si tratta di una malattia vascolare particolarmente grave, caratterizzata da un’elevata mortalità in assenza di trattamento chirurgico immediato.
  • La pericardite è un’infiammazione (rigonfiamento) della membrana che circonda il cuore: causa un forte dolore al centro del torace.

Come si fa a distinguere un infarto?

Può essere difficile o addirittura impossibile capire quali siano le cause del dolore al torace in base alla sola visita. I sintomi dell’infarto variano considerevolmente da paziente a paziente, e rendono molto difficile o impossibile capire se il disturbo è causato da un infarto o da qualche altro disturbo. Chi ha avuto un infarto in passato può non rendersi conto che è in corso un altro infarto, perché i sintomi potrebbero essere completamente diversi. Non tutti gli attacchi di cuore iniziano con un improvviso e schiacciante dolore al petto come si vede nei film, molti pazienti addirittura non manifestano alcuna forma di dolore (capita spesso in soggetti anziani, di sesso femminile o diabetici).

  • Gli attacchi cardiaci possono iniziare lentamente, causando solo un lieve fastidio o disagio. In altri casi il dolore è più intenso e improvviso. I sintomi possono anche andare e venire per diverse ore.
  • Le donne manifestano più spesso respiro corto, nausea e vomito, stanchezza (a volte dura per giorni) e dolore a schiena, spalle e mascella.

I sintomi premonitori a cui prestare attenzione sono:

  • Dolore o fastidio al petto. La maggior parte degli infarti causa fastidio nel centro o sul lato sinistroo. Il disagio di solito dura più di pochi minuti, oppure va e viene. Si può avvertire e descrivere come pressione, spremitura, pesantezza o vero e proprio dolore. In alcuni casi sembra il classico bruciore di stomaco o senso di indigestione. La sensazione può essere lieve o grave.
  • Il dolore inizia nella parte superiore del corpo. Si può accusare dolore o fastidio in una o entrambe le braccia, schiena, spalle, collo, mandibola o nella parte superiore dello stomaco (sopra l’ombelico).
  • Fiato corto. In alcuni casi questo è l’unico sintomo, che può verificarsi prima o insieme al dolore/fastidio al petto. Si può verificare sia in condizione di riposo che di attività fisica.

Negli uomini il più comune sintomo attacco cardiaco è il dolore o fastidio toracico, mentre nelle donne è più frequente la manifestazione di alcuni o tutti i sintomi visti in precedenza. Altri segni e sintomi comuni sono:

  • sudore freddo,
  • sensazione di inspiegabile stanchezza, a volte per giorni (soprattutto nelle donne),
  • nausea (sensazione di malessere allo stomaco) e vomito,
  • vertigine improvvisa,

Più segni/sintomi sono presenti, più è probabile un attacco di cuore.

Cause digestive

Sono numerose le patologie legate all’apparato digerente in grado di causare dolore al petto, che spesso viene scambiato per un infarto. Tra le più comuni ricordiamo per esempio:

  • spasmi o restringimento dell’esofago (il tubicino che fa passare gli alimenti dalla bocca allo stomaco),
  • calcoli biliari, che causano un dolore che si aggrava dopo i pasti (soprattutto se ricco di grassi),
  • reflusso gastroesofageo (GERD),
  • ulcera gastrica o gastrite (il bruciore si presenta a stomaco vuoto e tende a migliorare a stomaco pieno).

Concentriamoci in particolare sul reflusso e sul bruciore di stomaco, due disturbi tanto comuni quanto molto spesso scambiati per infarto, tanto che in alcuni casi anche i medici sono costretti a fare ricorso a esami del sangue per escludere con certezza un interessamento cardiaco. Imparare le differenze tra il bruciore di stomaco e i disturbi più gravi può essere questione di vita o di morte, cerchiamo quindi di capire come distinguerli.

Che cos’è il bruciore di stomaco?

Il bruciore di stomaco non è una malattia, ma un sintomo. Tra le caratteristiche del bruciore di stomaco ricordiamo:

  • si presenta soprattutto dopo i pasti oppure quando si sta sdraiati o chinati,
  • la durata è molto variabile,
  • la sensazione di bruciore di stomaco può iniziare nella parte alta dell’addome e irradiarsi verso il collo in caso di reflusso gastroesofageo,
  • gli acidi gastrici che refluiscono nell’esofago possono lasciarvi un gusto acido in bocca, soprattutto se siete sdraiati.

L’esofago è il tubo che collega lo stomaco alla bocca e, normalmente, il passaggio del cibo avviene solo verso il basso; quando la valvola che impedisce la risalita del cibo verso l’alto non funziona correttamente, il contenuto dello stomaco (cibo e acidi gastrici) può risalire verso la bocca e irritare il tubo digerente, causando la comparsa di dolore al petto.

Cause polmonari

Tra i problemi polmonari in grado di provocare il dolore toracico ricordiamo:

  • L’embolia polmonare è il blocco di un’arteria polmonare, il vaso sanguigno che trasporta il sangue dal cuore ai polmoni; l’ostruzione è in genere causata da un coagulo di sangue trasportato da altre parti del corpo e si tratta di una condizione potenzialmente fatale; oltre al dolore (che peggiora con la respirazione), possono comparire
    • mancanza di fiato, improvvisa o che compare gradualmente,
    • tosse, spesso secca, talvolta con presenza di sangue,
    • sensazione di svenimento e/o di vertigini.
  • Lo pneumotorace, ossia un improvviso collasso del polmone causato dalla fuoriuscita dell’aria nello spazio pleurico, è caratterizzato da un dolore improvviso e in grado di durare diverse ore.
  • La pleurite (infiammazione della membrana che circonda il polmone) può provocare un dolore toracico acuto, che in molti casi si aggrava quando si fa un respiro profondo o si tossisce,
  • La polmonite causa un forte dolore toracico che in molti casi si aggrava quando si fa un respiro profondo o si tossisce; è spesso accompagnato da:
    • tosse, spesso produttiva con catarro giallo-verde e/o con sangue,
    • febbre,
    • brividi,
    • mancanza di fiato.

Cause muscolari

Alcune forme di dolore toracico sono legato a infiammazioni muscoloscheletriche, ricordiamo per esempio:

  • la costocondrite, ossia l’infiammazione della cartilagine tra le costole e lo sterno,
  • dolori muscolari più o meno gravi, causati da eventi traumatici (stiramenti, traumi, …) o da patologie sottostanti (ad esempio la fibromialgia),
  • costola rotta/incrinata, in seguito a traumi, cadute,
  • dolori intercostali.

Altre cause

Ricordiamo infine altre possibili cause:

  • attacchi di panico, che spesso si manifestano con un’improvvisa accelerazione del respiro,
  • fuoco di Sant’Antonio, che provoca un dolore acuto e bruciante nella fascia che va dal torace alla schiena e può causare un’eruzione cutanea.

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Quando chiamare il medico

È necessario farsi portare immediatamente al pronto soccorso in caso di un dolore al torace diverso dal solito, soprattutto nel caso di

  • precedenti di infarto,
  • cardiopatia,
  • diabete,
  • sovrappeso,
  • colesterolo alto.

È necessario chiamare l’ambulanza il prima possibile, perché la diagnosi immediata e una terapia tempestiva potrebbero fare la differenza tra la vita e la morte.

Chiamate il 118 o farsi portare al Pronto Soccorso anche se:

  • all’improvviso avvertite una stretta al petto, un dolore schiacciante o una sensazione di forte pressione al torace.
  • Il dolore si irradia (si diffonde) verso la mascella, il braccio sinistro o tra le scapole.
  • Avete la nausea o le vertigini, iniziate a sudare, avete il cuore che batte forte o avete problemi a respirare.
  • Già sapete di soffrire di angina e il dolore toracico si intensifica, anche dopo attività fisiche leggere, oppure dura più a lungo del solito.
  • I sintomi dell’angina si verificano quando siete a riposo.
  • Avvertite un dolore acuto e improvviso al torace, accompagnato da difficoltà respiratorie, soprattutto dopo un lungo viaggio, dopo un periodo di inattività forzata (ad esempio dopo un intervento chirurgico), in particolar modo se una gamba è gonfia o più gonfia dell’altra. In questo caso potrebbe trattarsi di un embolo.

Se soffrite di bruciore di stomaco e questo

  • sembra peggiore o diverso dal solito,
  • si verifica durante l’attività fisica
  • o è accompagnato da problemi respiratori, sudorazione, capogiro, nausea o dolore che si irradia verso la spalla e il braccio,

andate IMMEDIATAMENTE al pronto soccorso. Questi sintomi potrebbero indicare un infarto.

Diagnosi

Se pensate di essere in una situazione di emergenza, andate immediatamente al pronto soccorso. Il medico vi visiterà e controllerà i parametri vitali (temperatura, battito cardiaco, frequenza respiratoria, pressione). La visita si concentrerà sul torace, sui polmoni e sul cuore. Il medico vi rivolgerà domande di questo genere:

  • Ha male tra le scapole? Ha male sotto lo sterno? Il dolore si sposta? È da un solo lato?
  • Come descriverebbe il dolore (Dolore grave, strappo, dolore acuto, pugnalata, bruciore, compressione, stretta, pressione, dolore schiacciante, dolore persistente, dolore sordo, dolore forte)?
  • Il dolore si è presentato all’improvviso? Compare tutti i giorni alla stessa ora?
  • Il dolore peggiora con il passare del tempo? Quanto dura?
  • Il dolore si irradia verso la spalla, il braccio, il collo, la mascella o la schiena?
  • Il dolore peggiora quando fa un respiro profondo, tossisce, mangia o si china?
  • Il dolore peggiora dopo l’esercizio fisico? Tende a migliorare dopo il riposo? Sparisce completamente o si attenua soltanto?
  • Il dolore migliora dopo aver assunto la nitroglicerina? Migliora dopo aver bevuto del latte, assunto gli antiacidi o aver ruttato?
  • Soffre anche di altri sintomi?

Gli esami da effettuare dipendono dalla causa presunta del dolore. In molti casi, per prima cosa, saranno eseguiti uno o più degli esami seguenti:

  • esame della troponina, per escludere l’infarto,
  • elettrocardiogramma,
  • ecocardiografia,
  • TAC toracica,
  • radiografia toracica.

Cura e terapia

In caso di dolore toracico, indipendentemente dalla causa, è consigliabile rivolgersi al medico prima di ricorrere a qualsiasi rimedio pratico.

Se avete uno strappo muscolare causato da un trauma, dal sovraccarico o dalla tosse, il torace è dolorante al tatto in caso di pressione sulla zona di origine del dolore (per esempio con un dito o con la mano). La cura degli strappi muscolari è molto semplice, e prevede il riposo, l’assunzione di paracetamolo o ibuprofene, la borsa dell’acqua calda o del ghiaccio. Se sapete di avere l’asma o l’angina, seguite le istruzioni del vostro medico e assumete i farmaci con regolarità, per evitare che i disturbi si riacutizzino.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Vena porta e sistema portale: anatomia e funzioni della circolazione epatica

MEDICINA ONLINE VENA PORTA SISTEMA PORTALE CIRCOLAZIONE EPATICA FEGATO INTESTINO

Cos’è un sistema portale?

In anatomia con “sistema portale” o “circolazione portale” o ancora “sistema della vena porta“, si intende una struttura anatomica costituita da una o più vene nate dalla confluenza di capillari, che nel loro decorso si diramano nuovamente in un sistema di altri vasi capillari. Uno dei più importanti sistemi portali, è quello del fegato, tanto che, quando si fa riferimento al “sistema portale”, in genere ci si riferisce proprio al sistema portale epatico. E’ però importante sottolineare che nel corpo umano esistano altri sistemi portali, come ad esempio il sistema portale ipotalamo-ipofisario, o quello surrenale.

Anatomia del sistema portale epatico

Le vene che raccolgono il sangue refluo dalla porzione sottodiaframmatica del tubo digerente, dalla vagina, dall’ileo, e dal pancreas (vena mesenterica superiore, vena splenica e vena mesenterica inferiore) confluiscono in un tronco venoso comune, chiamato vena porta epatica. Suoi affluenti diretti sono la vena gastrica sinistra, la vena gastrica destra, le vene cistiche e la vena ombelicale (in età prenatale). La vena porta penetra nell’ilo del fegato e attraversa quest’ultimo, dividendosi in un letto capillare necessario per distribuire il sangue a tutti gli epatociti. Da qui, i secondi capillari si riuniscono nelle vene sovraepatiche e si gettano nella vena cava inferiore, diretta all’atrio destro del cuore.
Il sistema portale è connesso al circolo sistemico attraverso il cosiddetto circolo collaterale della vena porta, costituito da varie anastomosi che lo collegano indirettamente alla vena cava inferiore. Questo circolo collaterale garantisce l’afflusso all’atrio destro del sangue refluo dagli organi suddetti, qualora si manifesti un rallentamento o un impedimento del circolo epatico, ad esempio come avviene nella cirrosi epatica (ipertensione portale).

Leggi anche: Cos’è la pressione venosa centrale e perché si misura?

Origine, decorso, e termine della vena porta

La vena porta origina a livello di L1 ed L2, dietro l’istmo del pancreas, dalla confluenza della vena mesenterica superiore, e del tronco mesenterico-lienale, costituito dalla vena mesenterica inferiore e dalla vena splenica (o vena lienale), o per unione diretta delle tre vene. Si dirige obliquamente in alto e a destra, posteriormente alla porzione superiore del duodeno, al dotto coledoco e all’arteria gastroduodenale. Raggiunto l’ilo epatico si divide nei suoi rami terminali (ramo destro e ramo sinistro) dove attraverso una rete mirabile venosa di capillari si anastomizza con vasi più piccoli diretti alla vena cava inferiore: ciò è importante a causa degli impedimenti di scorrimento che si possono verificare nella vena porta per problematiche di cirrosi che impedirebbero al flusso di scorrere e talora l’evenienza si verifichi la maggior parte del sangue viene convogliato verso le anastomosi porta-cava. Dopo aver drenato i lobi epatici, terminerà confluendo nella vena cava inferiore. È importante ricordare che a livello intraepatico la rete mirabile venosa creata dai capillari portali si anastomizza con capillari originati da vene porta accessorie.

A che serve il sistema portale epatico?

Il sistema portale epatico è la via che permette al fegato di elaborare gli elementi assorbiti dall’intestino. La vena porta ha infatti il compito di convogliare al fegato il sangue proveniente dalla digestione intestinale e dalla milza, per permettere l’analisi e l’elaborazione del sangue ricco degli elementi ottenuti con la digestione. In parole estremamente semplici, tutto ciò che mangi – dopo esser stato digerito – passa dall’apparato digerente al sistema portale epatico che – tramite il sangue – lo porta al fegato dove sarà “analizzato” prima di essere messo in circolo.

Per approfondire:

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Differenza tra glucosio e glicemia

MEDICINA ONLINE SISTEMA IMMUNITARIO IMMUNITA INNATA ASPECIFICA SPECIFICA ADATTATIVA PRIMARIA SECONDARIA DIFFERENZA LABORATORIO ANTICORPO AUTO ANTIGENE EPITOPO CARRIER APTENE LINFOCITI BChe differenza c’è tra glucosio e glicemia? Nonostante la loro radice ‘gluco-‘ (dolce) sia la medesima, i due sostantivi indicano due cose completamente differenti ma comunque correlate tra di loro. Andremo ad analizzare entrambi nello specifico per carpire, e capire, ogni singola informazione ad essi legata.

Quale differenza c’è tra glucosio e glicemia, l’andremo a delucidare partendo dall’etimo dei due termini. Il termine glucosio è un derivato di ‘gluco-‘ addizionato col suffisso ‘-osio’, esso è chiamato anche glicosio o glucoso, e risale all’anno 1869. Il vocabolo glicemia è un composto derivante da ‘glico-‘ e il suffisso ‘-emia’ che risale al 1918.

Il glucosio è lo zucchero più diffuso in natura sia allo stato libero (come nella frutta), sia combinato nei polisaccaridi (come nell’amido) e nei glicosidi. Chimicamente è un aldosio a sei atomi di carbonio con formula CH2OH(CHOH)4CHO; è una molecola chirale di vitale importanza come fonte di energia per il metabolismo cellulare.

Il glucosio, chiamato anche destrosio, quando non è metabolizzato si accumula nel fegato sotto forma di glicogeno, un polisaccaride con molecola a struttura ramificata formata da una serie numerosa di unità di glucosio. È largamente usato nell’industria alimentare, farmaceutica ma anche in terapia e in tintoria. Come possiamo notare, il glucosio ha molteplici usi.

La glicemia, invece, indica il contenuto in glucosio nel sangue e la sua concentrazione è espressa in mg/dl o mmol/l. La regolarità del suo valore è correlata all’assunzione dei pasti, ragion per cui, una sua anormalità viene valutata attraverso l’utilizzo di tre metodiche che prelevano il sangue venoso.

È controllata quasi direttamente dai seguenti tessuti: fegato, pancreas, sistema nervoso, ipofisi, tiroide e reni, ciascuno dei quali svolge una propria funzione per cercare di mantenere un determinato equilibrio glicolico, all’interno dell’organismo ospite. La glicemia deve corrispondere a 5 grammi, superata tale soglia, il corpo va in overdose di zuccheri.

Questa è la reale differenza che c’è tra glucosio e glicemia. Il primo rappresenta la principale fonte di energia per tutti gli organismi viventi. Il secondo indica la concentrazione di glucosio nel sangue e se si presenta alta, con valori uguali o superiori a 126 mg/dl, sono da considerarsi probabili sintomi di diabete, quella patologia causata da un aumento di glucosio nel sangue e legata a una scarsa produzione di insulina da parte del pancreas.

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Differenza tra sepsi e setticemia

MEDICINA ONLINE SISTEMA IMMUNITARIO IMMUNITA INNATA ASPECIFICA SPECIFICA ADATTATIVA PRIMARIA SECONDARIA DIFFERENZA LABORATORIO ANTICORPO AUTO ANTIGENE EPITOPO CARRIER APTENE LINFOCITI BIl termine sepsi indica una malattia sistemica causata dalla risposta dell’organismo all’invasione di tessuti, fluidi o cavità corporee normalmente sterili da parte di microrganismi patogeni o potenzialmente patogeni. Le complesse interazioni tra il microrganismo infettante, il sistema immunitario dell’ospite, le risposte infiammatorie e la coagulazione influenzano l’esito nella sepsi.

Il termine setticemia è a volte utilizzato impropriamente come sinonimo di sepsi, ma in realtà indica un caso specifico di sepsi accompagnata da batteriemia (sepsi batteriemica) invece che da altri tipi di infezioni.

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Coagulazione intravascolare disseminata: cause e trattamenti

MEDICINA ONLINE BLOOD TEST EXAM ESAME DEL SANGUE ANALISI GLOBULI ROSSI BIANCHI PIATRINE VALORI ERITROCITI ANEMIA TUMORE CANCRO LEUCEMIA FERRO FALCIFORME MEDITERRANEA EMOGLOBINALa coagulazione intravascolare disseminata (CID) o coagulazione vascolare disseminata è una gravissima sindrome clinica caratterizzata dalla presenza disseminata di numerosi trombi.

I trombi rappresentano il prodotto finale della coagulazione del sangue al quale contribuiscono i cosiddetti fattori della coagulazione. Nel caso della CID l’eccessiva formazione di trombi finisce col consumare questi fattori determinando una coagulopatia da consumo caratterizzata da una scarsa tendenza del sangue a coagulare e quindi da fenomeni emorragici. Peraltro la fibrinolisi, iperattiva per sciogliere i numerosi trombi, può andare incontro ad esaurimento funzionale con aggravamento della malattia che finisce con l’essere caratterizzata da episodi emorragici coesistenti con fenomeni trombotici.

La CID interviene per attivazione del fattore tissutale della coagulazione determinata da alcune situazioni cliniche:

  • quadri particolari di shock
  • determinate complicanze ostetriche
  • infezioni, soprattutto da Gram negativi
  • neoplasie come quelle del pancreas e della prostata
  • leucemia promielocitica acuta
  • morso di quei serpenti e ragni i cui veleni trasformano direttamente il fibrinogeno in fibrina
  • infezioni da Coltivirus (della famiglia dei Reoviridae)
  • interventi chirurgici particolari
  • ustioni e traumi

Essa è caratterizzata da un quadro di laboratorio in cui sono evidenti:

  • diminuzione delle piastrine o trombocitopenia;
  • un tempo di protrombina (PT) e un tempo di tromboplastina parziale (PTT) (tempo di formazione del coagulo fibrinico per via estrinseca ed intrinseca) notevolmente allungati;
  • il fibrinogeno notevolmente ridotto così come alcuni fattori della coagulazione quali il V e l’VIII.

La CID si manifesta nella fase conclamata con una seria predisposizione alle emorragie, di gravità variabile dalle petecchie ed ecchimosi diffuse a emorragie franche a livello renale, gastrico o delle superfici cruentate come nel caso di decorso post-operatorio.

Trattamento

È complesso e rivolto contemporaneamente:

  • ad eliminare la causa scatenante la CID, controllando le fonti chirurgiche di sanguinamento o i problemi ostetrici (rimozione dell’aborto ritenuto, zaffaggio della cavità uterina, ecc.), combattendo la causa infettiva con antibiotici a largo spettro;
  • a correggere la perdita di sangue mediante infusione di sangue fresco, succedanei del sangue, plasma (plasma Exchange) (anche centinaia di sacche in pochi giorni);
  • a correggere la coagulopatia rimpiazzando i fattori della coagulazione consumati;
  • ad eliminare la situazione trombotica non risolta dalla fibrinolisi spontanea e che sta sviluppando complicanze (a livello renale o vascolare periferico) mediante somministrazione di eparina.

I risultati dipendono dalla tempestività con la quale vengono riconosciuti i segni della malattia e dalla capacità di individuarne le specifiche alterazioni così da permettere una terapia mirata ed efficace.

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Ematocrito (HCT): basso, alto, in gravidanza, valori normali e interpretazione

MEDICINA ONLINE PRELIEVO VALORI ANEMIA DONAZIONE SANGUE ANALISI BLOOD LABORATORI VES FORMULA LEUCOCITARIA PLASMA FERESI SIERO FIBRINA FIBRINOGENO COAGULAZIONE GLOBULI ROSSI BIANCHI PIASTRINE WALLPAPER HI RES PIC PICTURE PHOL’ematocrito (Ht o HCT) indica la percentuale del volume sanguigno occupata dalla parte corpuscolata del sangue, rappresentata specialmente dai globuli rossi dal momento che globuli bianchi e piastrine occupano un volume decisamente minore. Da un punto di vista pratico l’esame prevede un normale prelievo di sangue, generalmente dal braccio; l’analista porrà il campione in una provetta per poi sottoporla a centrifugazione, un processo in grado di separare la parte corpuscolata (ossia le cellule, più pesanti), dalla parte liquida (plasma).

È un indice molto importante nella valutazione di un eventuale stato anemico, poiché in tal caso il valore dell’ematocrito risulta diminuito. Al contrario, tale valore aumenta in tutte quelle situazioni nelle quali si ha esuberante produzione di globuli rossi e di emoconcentrazione, con conseguente riduzione della frazione plasmatica del sangue (policitemia). In questo caso aumenta notevolmente la viscosità del sangue e secondo la legge di Hagen-Poiseuille la velocità del sangue viene notevolmente diminuita.

Esistono condizioni fisiologiche, come la gravidanza, in cui si instaura una cosiddetta “anemia fisiologica”. Con questo termine si intende specificare che l’ematocrito, a causa dell’aumento della componente plasmatica del sangue, risulta “diluito”, e si situa quindi a valori leggermente più bassi di quelli normalmente presenti nel sangue della donna al di fuori della gravidanza.

In alcuni sport, come il ciclismo, il regolamento impone un limite massimo al valore dell’ematocrito degli atleti per tutelare la loro salute e per prevenire la pratica del doping. L’atleta il cui valore supera il limite viene escluso dalla competizione a scopo cautelativo per limitare il rischio di ictus e altri problemi di salute. Vengono inoltre effettuati accertamenti antidoping: si ricerca infatti la presenza di eritropoietina sintetica (eritropoietina ricombinante umana, rEPO o rHuEPO) nelle urine, un analogo sintetico di un ormone fisiologicamente prodotto dall’organismo umano che spesso viene utilizzato come farmaco in diverse patologie e come sostanza dopante, il quale aumenta il valore dell’ematocrito.

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Valori normali

Tendenzialmente i valori normali sono più alti negli uomini rispetto alle donne.

  • Uomini
    • Bambini
    • Nascita-7 giorni: 42.0-60.0%
    • 8-14 giorni: 39.0-60.0%
    • 15 giorni-1 month: 31.0-55.0%
    • 2-5 mesi: 28.0-42.0%
    • 6 mesi-1 year: 33.0-40.0%
    • 2 anni: 33.0-42.0%
    • 3-5 anni: 33.0-43.0%
    • 6-11 anni: 35.8-42.4%
    • 12-15 anni: 37.3-47.3%
  • Adulti: 38.8-50.0%
  • Donne
  • Bambini
    • Nascita-7 giorni: 42.0-60.0%
    • 8-14 giorni: 39.0-60.0%
    • 15 giorni-1 month: 31.0-55.0%
    • 2-5 mesi: 28.0-42.0%
    • 6 mesi-1 year: 33.0-40.0%
    • 2 anni: 33.0-42.0%
    • 3-5 anni: 35.0-44.0%
    • 6-11 anni: 35.7-43.0%
    • 12-15 anni: 36.3-43.4%
  • Adulti: 34.9-44.5%

Da notare che i valori di riferimento possono variare da un laboratorio all’altro, quindi si raccomanda di fare sempre riferimento a quelli forniti sul proprio referto.

Valori alti

Da un punto di vista molto generale un ematocrito alto indica la presenza di un’elevata quantità di globuli rossi rispetto al volume totale del sangue, ma l’interpretazione viene in genere fatta associata ad altri parametri del sangue.

Si tratta di una situazione che se portata all’estremo può diventare pericolosa, in quanto un sangue troppo denso trova maggiori difficoltà a venire pompato dal cuore anche nelle periferie dell’organismo e nei capillare più piccoli; il cuore verrà quindi messo sotto sforzo (peggiorando eventuali patologie cardiache pre-esistenti) ed esponendo il soggetto a rischi di salute importanti (emorragie cerebrali, trombofilia, …).

Valori bassi

Un ematocrito basso associato a un valore insufficiente del numero di globuli rossi e un valore di emoglobina sotto la norma indica in genere uno stato di anemia, le cui cause possono essere:

  • perdita di sangue (mestruazioni abbondanti, emorragie a livello del tratto digestivo, traumi, tumori, …),
  • insufficiente produzione di globuli rossi (anemia aplastica, dieta povera di ferro, carenze ormonali, gravidanza, …),
  • aumentato tasso di distruzione dei globuli rossi (anemia falciforme, talassemia, …).

Un valore alto dell’ematocrito associato a valori alti di emoglobina e globuli rossi indica policitemia, le cui cause principali possono essere:

  • disidratazione (la causa in assoluto più comune; diminuendo la frazione liquida del sangue la percentuale di volume occupata dai globuli rossi aumenta di conseguenza),
  • malattie polmonari (quando l’ossigeno non viene assorbito in quantità adeguate l’organismo prova a compensare aumentando la quantità di globuli rossi disponibili),
  • malattie cardiache congenite,
  • tumore renale che aumenta la produzione dell’ormone che stimola la sintesi dei globuli rossi.

Fattori

In gravidanza tendenzialmente si assiste a un aumento della quantità di liquidi nel sangue e a una diminuzione dei valori del ferro, quindi è comune osservare un ematocrito leggermente diminuito rispetto ai valori normali.

I soggetti fumatori mostrano spesso un aumentato ematocrito, strategia che l’organismo sceglie per compensare la minor quantità di ossigeno che riesce a venire assorbita.

Vivere ad altitudini elevate, per lo stesso motivo, è causa di valori alti.

Quando viene richiesto

Essendo parte dell’emocrono, l’ematocrito viene richiesto spesso come esame di routine, ma può essere preso in considerazione soprattutto in caso di sospetto di:

  • anemia,
  • leucemia,
  • disidratazione,
  • carenze alimentari.

L’utilizzo principale che si fa di questo esame è la diagnosi e la valutazione delle anemie, che prevedono la valutazione del parametro insieme al risultato dell’emoglobina; tra i sintomi più comuni dell’anemia ricordiamo:

  • mancanza di fiato,
  • stanchezza e debolezza,
  • senso di svenimento,
  • vertigini,
  • mal di testa,
  • mani e piedi freddi,
  • pallore,
  • dolore al petto.

In caso di anemia l’organismo perde la capacità di distribuire efficacemente l’ossigeno in tutto il corpo (per questo compaiono fatica e stanchezza).

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