Gli integratori termogenici che ti aiutano a perdere peso e dimagrire

MEDICINA ONLINE FOOD SUPPLEMENT INTEGRATORE ALIMENTARE RUGHE PELLE VITAMINE MINERALI MULTI TERMOGENICO GRASSO DIMAGRIRE ALFA LIPOICO FARMACO ASPIRINA TACHIPIRINA PER OS ASSUNZIONE BOCCA GIRL DONNA RAGAZZA BIONDA WALLPAPER.jpgIn commercio esistono diversi tipi di integratori naturali, sotto forma di capsule, pastiglie, concentrati, olii, considerati rimedi naturali coadiuvanti nelle diete per perdere peso. Questi integratori naturali agiscono su più fronti: possono bruciare il grasso attraverso l’accelerazione del metabolismo, bloccare l’assorbimento di zucchero, oppure evitare il depositarsi dei grassi nel corpo e infine stimolare la diuresi.

Come agiscono gli integratori per dimagrire

Le piante che bloccano lo zucchero, ovvero gli integratori glucobloccanti, sono la cannella, il nopal, la gymnea, per esempio. Gli integratori invece mangia grassi, come il fico d’india o il chitosano, catturano a sé i lipidi e il colesterolo, impedendone parzialmente l’assimilazione, che vengono eliminati attraverso le feci.

Gli integratori che stimolano il metabolismo sono solitamente a base di caffeina, tè verde, guaranà, yerba matè, arancio amaro. Sulla tiroide, ghiandola endocrina che regola il metabolismo basale, agiscono invece integratori come il fucus o quelli a base di alghe, come la spirulina. In entrambi i casi si ha un leggero aumento della temperatura corporea che aiuta la combustione dei grassi anche durante le ore di riposo.

Gli integratori con funzione diuretica agiscono prevalentemente sulla ritenzione idrica, sui gas intestinali e sulle funzionalità del fegato. Le piante ad azione diuretica più note sono la betulla, la pilosella, il carciofo, l’orthosiphon, il tarassaco, il cardo mariano, tra le altre.

Gli integratori per dimagrire diuretici, non hanno un effetto diretto sulla perdita di peso, ma possono essere integrati con alimenti o integratori per aumentarne l’efficacia. Altri integratori importanti sono quelli ad effetto carminativo, in grado cioè di assorbire i gas a livello intestinale contribuendo a diminuire il gonfiore addominale: si tratta di piante come il finocchio e il cumino.

Bisogna sempre stare attenti e seguire le avvertenze sul consumo degli integratori: un abuso può causare danni gravi, come perdita di minerali importanti, con quanto ne consegue, allergie, ipertiroidismo.

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Gli integratori per dimagrire, eccone alcuni

Il tarassaco

Gli integratori per dimagrire a base di tarassaco, oltre a contenere tarasserolo, steroli, vitamine A,B,C e D, contengono la preziosa inulina, utile come antifame e per favorire il riequilibrio della flora batterica intestinale, potenziandone l’attività e migliorare il metabolismo. Il tarassaco è noto per le proprietà diuretiche e disintossicanti del fegato, dei reni e dell’intestino, si trova facilmente in compresseche favoriscono il drenaggio linfatico e possono attenuare l’ effetto “pelle a buccia d’arancia” tipico della cellulite, associato con fucus, betulla, carciofo, gramigna e bardana, tutte piante fortemente depurative.

I tè

Tè verde, tè nero, tè oolong. Queste sono piante eccezionali per coadiuvare le funzioni del metabolismo. Si trovano sotto forma di infusi o capsule con prodotto in polvere ed estratti. L’alta percentuale di polifenoli e di catechine contenuti in particolare nel tè verde ne fanno una bevanda preziosa e buona amica delle diete dimagranti.

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Il fucus

Dal punto di vista dietetico il fucus è efficace perché contiene l’acido alginico che, una volta nello stomaco, forma un gel vischioso, che si gonfia e non viene assimilato dall’organismo, ma sviluppa un senso di sazietà che fa da spezza-fame. Le capsule di fucus, vanno prese solitamente a mezzogiorno e alla sera, prima dei pasti principali.

L’ananas e la papaya

Anzitutto l’ananas e la papaya sono frutti che contengono enzimi vigetali che facilitano la digestione delle proteine. In fitoterapia si utilizza il gambo del frutto, ricco di bromelina, un enzima che distrugge le fibre proteiche della cellulite, liberando i grassi indesiderati. L’integratore per dimagrire a base di ananas può essere associato all’ortosiphon, che aiuta nella depurazione.

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L’ortosiphon

L’ortosiphon, pianta originaria del sud-est asiatico, è uno tra i più versatili degli integratori per dimagrire. Si trova spesso combinato con altre piante ed erbe per preparare tisane diuretiche. Solitamente, gli integratori per dimagrire a base di ortosifon sono ottimi se combinati a quelli con tè e gambo di ananas. Ricco di flavonoidi, l’ortosifon elimina infatti i grassi liberati dal tè e dall’ ananas. Assunto mattina e sera per almeno un mese all’anno diventa un ottimo alleato della dieta.

La spirulina

L’elevatissimo contenuto proteico della spirulina, circa 70 grammi per ogni 100 grammi di alimento, la rendono un ottimo integratore nelle diete vegetarianeLa spirulina, grazie alle sue proprietà nutrienti, pare sia efficace anche per controllare l’appetito aumentando il senso di sazietà. Si prende in capsule contenenti l’alga essiccata.

Il fagiolo bianco

La faseolamina è una glicoproteina ricavata dal fagiolo bianco, che, rallentando la digestione e l’assorbimento dell’amido, promuove la riduzione del peso corporeo.

La cassia nomame

Si tratta di una pianta che può ridurre fino al 30% l’assorbimento dei grassi, limitando così l’apporto calorico e diminuendo il livello di trigliceridi e di colesterolo nel sangue. La cassia è anche un ottimo antigonfiore, agisce contro la ritenzione idrica e contro la cellulite.

La caffeina, il guaranà, la yerba maté arancio amaro o citrus aurantium.

Integratori per dimagrire a base di questi prodotti stimolano la termogenesi, quindi favoriscono lo scioglimento dei grassi. In particolare, il guaranà potenzia il flusso dell’adrenalina e accelera il metabolismo, favorendo la trasformazione del tessuto adiposo in tessuto muscolare.

La gomma di guar e la gomma karaya

Esistono anche integratori per dimagrire a base di gomma naturale, in particolare gomma karaya e gomma di guar. Si tratta della secrezione gommosa di una pianta, la sterculia, che cresce in India, in Pakistan e in alcune parti dell’Africa. La contemporanea assunzione di acqua e gomma karaya, infatti, non solo accelera il transito intestinale, ma aumenta anche la sazietà.

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La curcuma

Oltre ad essere una spezia molto versatile, la curcuma può essere assunta anche in pillole o in capsule da 250-500mg. È una pianta erbacea dal caratteristico colore giallo, originaria dell’Asia meridionale. Nota nella medicina Ayurvedica, la curcuma ha un’azione dimagrante e tonificante dei tessuti, nonché antiossidante e antinfiammatoria. Indicata per contrastare l’artrite reumatoide, la curcuma aiuta anche ad eliminare i gonfiori causati dai lieviti. Leggi anche: Curcuma: calorie, proprietà, benefici, controindicazioni e conservazione

Il pino coreano

L’olio di pino coreano è in grado di ridurre il senso di fame e diminuire l’apporto calorico con la dieta. Integratori dimagranti a base di pino coreano contengono acido pinolenico, un acido grasso polinsaturo molto efficace per questo scopo.

I semi di girasole e i semi di cartamo

I semi di girasole sono integratori utili per dimagrire, che agiscono sia sulla massa grassa che su quella magra, così come i semi di cartamo.

La piperina

La piperina è l’alcaloide del pepe nero, contenuto in concentrazioni variabili e le conferisce il gusto piccante. La piperina è dotata di proprietà fitoterapiche interessanti, oggi sfruttate prevalentemente negli integratori dimagranti termogenici.

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Il frutto della garcinia di Cambogia

La buccia di questo frutto asiatico svolge una preziosa azione sui tessuti adiposi. L’idrossicitrato presente nella buccia della garcinia può ridurre il colesterolo e i trigliceridi fino a quasi il 30%, limitando l’accumulo dei grassi e favorendo la demolizione degli zuccheri e trasformandoli in energia.

Noce di cola

La Noce di cola era già nota alle tribù dell’Africa e dell’Indonesia. Svolge un’azione stimolante sui lipidi, eliminando il desiderio di assunzione di cibo, in particolar modo di zuccheri. La noce di cola è consigliata anche in caso di lunghi periodi di stress poiché consente di sfruttare al meglio le energie disponibili.

Il Nopal

Integratori dimagranti a base di nopal, un cactus messicano utilizzato già ai tampi dei Maya, si basano sul principio del legare grassi e zuccheri insieme, portandoseli via, facilitandone l’eliminazione e limitandone l’assorbimento. Grazie alle proprietà ipoglicemizzanti viene impiegato con ottimi risultati anche nel trattamento del diabete mellito.

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Per quali motivi si ingrassa dopo aver smesso di fumare? (seconda parte)

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma ITALIANI FUMARE E CIG ITA Riabilitazione Nutrizionista Medicina Estetica Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Linfodrenaggio Pene Vagina Glutei TestaQuella che state per leggere è la seconda parte di questo articolo (che vi consiglio di leggere prima): Per quali motivi si ingrassa dopo aver smesso di fumare?

7) SI SENTONO MEGLIO GLI ODORI
Gli odori che entrano nella cavità nasale attraverso le narici, raggiungono l’epitelio olfattivo, un sottile strato di cellule collocato in un’area ristretta della cavità nasale e vengono interpretati dai recettori olfattivi. Essi vengono danneggiati dal fumo di sigaretta quindi quando si cessa di inalare il fumo le cellule tornano ad essere pienamente efficienti quindi gli odori si sentono meglio: chi riesce a resistere al buon odore di un buon cibo?

8) LA NICOTINA AUMENTA LA SECREZIONE DEGLI ACIDI GASTRICI
La nicotina esplica anche un curioso effetto a livello gastrico in sinergia con altri componenti del fumo di tabacco. A pochi minuti dall’assunzione di fumo di tabacco si verifica un incremento del 15% della secrezione di HCl (acido cloridrico) da parte della mucosa gastrica. Questa potrebbe essere la ragione per cui il desiderio di sigaretta aumenta dopo i pasti, specie se abbondanti. Quindi la nicotina favorisce la digestione a livello gastrico e ciò si traduce in una migliore gestione del peso corporeo.

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9) LA NICOTINA VELOCIZZA IL TRANSITO INTESTINALE
La nicotina nel tabacco tende ad alterare la motilità intestinale nei fumatori di sigarette. In determinate dosi può anche avere un effetto lassativo e ciò può avere effetti benefici sul peso corporeo. Venendo a mancare tale effetto lassativo, può comparire stipsi che influisce negativamente sul nostro peso. Si parla di effetto “lassativo” ma ricordate: l’abuso cronico di sigarette, però, può fare aumentare le contrazioni spastiche dell’intestino e aggravare nel tempo la situazione di stitichezza.

Esiste una correlazione tra il numero di sigarette fumate ed i chili presi
Sembra che i chili presi in più siano proporzionali al numero di sigarette fumate: secondo uno studio americano eseguito su ex fumatrici, quelle forti (25 o più sigarette al giorno) crescevano di peso almeno del doppio delle fumatrici “leggere”. La mia esperienza personale ha confermato in pieno questo dato. Nell’ultimo periodo della mia dipendenza da nicotina, fumavo circa 25 sigarette al giorno e, come già prima accennato, sono ingrassato circa 10 kg. In ogni caso, dalle ricerche è stato rilevato che la gran parte dell’ingrassamento è dovuto principalmente all’aumento di cibo ingerito: nelle donne una media giornaliera di circa 230 calorie in più.
Giorno dopo giorno, si arriva così a un aumento medio calcolato di tre-cinque chili in pochi mesi, anche se molto dipende dalla variabilità individuale e dallo stile di vita in generale. Normalmente gli effetti complessivi sul peso si fanno vedere dopo il primo anno, massimo due, da quando si è smesso di fumare. Nella mia esperienza io ho raggiunto il “picco” di peso intorno al sesto mese dopo aver smesso di fumare, per poi tornale al peso precedente (che avevo nel momento in cui ho smesso) dopo poco più di un anno.

I migliori prodotti per il fumatore che vuole smettere di fumare
Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche, pensati per il fumatore che vuole smettere di fumare o che ha smesso da poco e vuole perdere peso. Noi NON sponsorizziamo né siamo legati ad alcuna azienda produttrice: per ogni tipologia di prodotto, il nostro Staff seleziona solo il prodotto migliore, a prescindere dalla marca. Ogni prodotto viene inoltre periodicamente aggiornato ed è caratterizzato dal miglior rapporto qualità prezzo e dalla maggior efficacia possibile, oltre ad essere stato selezionato e testato ripetutamente dal nostro Staff di esperti:

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Paratiroidi: anatomia e funzioni in sintesi

MEDICINA ONLINE DIFFERENZA TIROIDE PARATIROIDI GHIANDOLA ENDOCRINA ORMONI T3 T4 CALCITONINA PARATORMONE PTH CALCIO METABOLISMOLe ghiandole paratiroidi (in inglese “parathyroid glands“) sono un gruppo di ghiandole endocrine poste nel collo in prossimità della tiroide, immerse nel parenchima di quest’ultima. Ve ne sono solitamente quattro per individuo, due superiori (o interne), situate dietro alla tiroide, e due inferiori (o esterne), tuttavia in alcuni soggetti si possono trovare anche altre ghiandole paratiroidee (paratiròidi ectopiche) in altre regioni del collo, o nel mediastino. Il nome “paratiroidi” deriva dal fatto che tale ghiandole sono situate presso la tiroide (il prefisso “para” significa infatti “presso” in greco).
Le paratiroidi sono di forma ovale e hanno dimensioni molto piccole: forma e dimensioni ricordano quelle di una lenticchia; hanno una struttura tipica delle ghiandole endocrine: nidi o cordoni di cellule solide, anche se, a dispetto del nome, non condividono nulla con la tiroide, la quale ha una struttura follicolare. Le cellule delle paratiroidi sono sempre ben delimitate da una lamina connettivale molto vascolarizzata. Le paratiroidi embriologicamente derivano dall’apparato faringeo e in particolare le paratiroidi superiori derivano dalla IV tasca e quelle inferiori dalla III.

Funzioni delle paratiroidi
La funzione delle paratiroidi è di secernere invece l’ormone paratiroideo, o paratormone (PTH), importante regolatore del livello del calcio nel sangue, interferendo in molti processi biochimici del nostro organismo. Il paratormone, assieme alla calcitonina prodotta dalle cellule parafollicolari della tiroide ed alla vitamina D, concorre al conseguimento dell’omeostasi del calcio nel sangue. Infatti, in caso di alterazioni nei valori di calcemia, la calcitonina indurrà il deposito di calcio nelle ossa aumentandone il riassorbimento renale, mentre il paratormone attiverà la vitamina D a livello renale per favorire l’assorbimento intestinale di calcio, mobiliterà il minerale dalle riserve del tessuto osseo favorendo la produzione di osteoclasti ed aumenterà l’eliminazione urinaria dei fosfati. In condizioni normali la calcemia è mantenuta entro un ristretto range di valori, che va da 8,5 – 10,5 mg per decilitro di sangue. Sia un suo abbassamento (ipocalcemia), che un suo eccessivo rialzo (ipercalcemia) causano gravi alterazioni funzionali alla muscolatura striata e liscia.

  • Effetti dell’ipocalcemia: tetania, ipereccitabilità cardiaca, spasmi bronchiali, vescicali, intestinali e vascolari.
  • Effetti dell’ipercalcemia: riduzione dell’eccitabilità muscolare e nervosa, nausea, vomito, stipsi.

La concentrazione del calcio nel sangue è controllata, oltre che dal paratormone secreto dalle paratiroidi, anche dal calcitriolo (che aumenta l’assorbimento del calcio a livello intestinale) e dalla calcitonina (che, in contrasto all’azione del paratormone, diminuisce la calcemia).

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Fumare marijuana fa ingrassare o dimagrire?

MEDICINA ONLINE FUMO FUMARE SIGARETTE SMETTERE MARIJUANA DROGA DHT DIPENDENZA MALE TUMORE CANCRO POLMONI TOSSICODIPENDENZA NICOTINA CANCEROGENO GRASSO METABOLISMO DIMAGRIRE INGRASSARE.jpgLa marijuana fa ingrassare? Porsi la domanda è quasi scontato visto che il consumo di cannabis produce un caratteristico aumento dell’appetito, ma trovare una risposta in realtà è piuttosto difficile. Se ne sono accorti ad esempio i ricercatori della University of Montreal, che in uno studio pubblicato sulla rivista Pharmacology Biochemistry and Behavior hanno scoperto come la cannabis possa determinare sia l’aumento che la perdita di peso, in funzione di una serie di specifiche caratteristiche del consumatore.

È noto, e spesso riportato da chi ne fa uso, che la cannabis causa un temporaneo aumento dell’appetito”, spiega Didier Jutras-Aswad, ricercatore della University of Montreal che ha coordinato lo studio. “Sulla possibilità che questo causi un aumento di peso a lungo termine però esistono dati estremamente limitati”.

Per chiarire la questione, i ricercatori canadesi hanno utilizzato le informazioni raccolte dal progetto Nicotine Dependence in Teens, un ampio studio che ha raccolto i dati di 1.

294 ragazzi, che a partire dai 12-13 anni di età hanno risposto annualmente a un questionario sulle proprie abitudini, come la dieta, il consumo di cannabis o sigarette, e sulle proprie condizioni di salute fisica e mentale, riportando tra le altre cose anche eventuali aumento o perdita di peso.

Analizzando i dati raccolti dallo studio, i ricercatori hanno potuto calcolare l’effetto del consumo di cannabis sull’aumento di peso dei ragazzi, scoprendo che si tratta di una relazione complicata, in cui entrano in gioco diversi fattori come il sesso e l’eventuale consumo di tabacco. In generale, i dati raccolti dimostrerebbero che la marijuana tende a determinare un aumento di peso nei consumatori di entrambi i sessi, ma nei maschi l’effetto risulta opposto (tendono a dimagrire) in caso consumino anche tabacco (tra le ragazze invece non c’è collegamento tra aumento di peso e sigarette).

Le differenze di genere emerse dallo studio rimangono attualmente senza spiegazione, ma gli autori hanno formulato diverse ipotesi al riguardo. “Il Thc e la nicotina non influenzano allo stesso modo i circuiti neurobiologici che controllano fame nel cervello dei due sessi”, chiarisce Jutras-Aswad. “Sappiamo inoltre che questi percorsi neurali sono modificati da fattori ormonali e possono subire fluttuazioni, in particolare durante il ciclo mestruale. Esistono infine possibili differenze psicologiche tra uomini e donne riguardo al rapporto con l’aumento di peso e la dieta, che potrebbero teoricamente spiegare perché gli uomini sembrino particolarmente sensibili alle interazioni tra utilizzo di cannabis, sigarette e aumento di peso”.

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Eutirox fa ingrassare o dimagrire?

MEDICINA ONLINE PESO BILANCIA MASSA BIOIMPEDENZIOMETRIA INDICE CORPOREA COCALORIE BASMATI BIANCO INGRASSARE DIETA COTTO CRUDO PIATTO CUCINA LIGHT MANGIARE DIMAGRIRE GRASSO DIABETE CARBOIIl farmaco Eutirox contiene l’ormone tiroideo levotiroxina sodica (T4), uguale a quello prodotto dalla ghiandola tiroidea anche se ottenuto in laboratorio per via sintetica e si presenta in compresse. I dosaggi disponibili sono:

  • 25 mcg;
  • 50 mcg;
  • 75 mcg;
  • 88 mcg;
  • 100 mcg;
  • 112 mcg;
  • 125 mcg;
  • 137 mcg
  • 150 mcg;
  • 175 mcg;
  • 200 mcg.

La T4 contenuta in Eutirox viene convertita nel nostro organismo nell’ormone triiodiotironina (T3), che regola numerose funzioni del metabolismo umano.
Eutirox si usa per trattare stati di ipotiroidismo nei quali il metabolismo, essendo diminuito, tende a far aumentare il peso del paziente.

Una volta che si è raggiunti un dosaggio terapeutico adeguato, il paziente diventa “eutiroideo”, cioè il suo metabolismo torna ad essere normale, cosa che lo può aiutare a ritrovare il suo peso forma, ma ovviamente ciò non vuol dire che tutti i kg di massa grassa eventualmente accumulati durante l’ipotiroidismo, all’improvviso debbano scomparire. Il farmaco in sé, al dosaggio adeguato, non fa né ingrassare, né dimagrire: se raggiunto l’eutiroidismo il paziente non perde i kg di grasso precedentemente accumulati e se non segue una dieta ed un programma di attività fisica adeguati, tenderà a rimanere in sovrappeso o ad aumentare di peso; se invece dovesse seguire una dieta ipocalorica associata ad attività fisica, tenderà a dimagrire.

Per questo motivo, una volta iniziata una terapia con Eutirox, si dovrebbe contemporaneamente procedere con una dieta ed un programma di attività fisica adeguati.

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Smettere di fumare fa ingrassare o dimagrire?

MEDICINA ONLINE SMETTERE DI FUMARE CHAMPIX VARENICLINA FUMO SIGARETTA TOP TABACCO NICOTINA TABAGISMO DIPENDENZA TOSSICODIPENDENZA DANNI FARMACO AIUTO PACCHETTO SIGARETTE SAPORE CANCRO POLMONI ICTUS INFARTOMolti studi condotti sull’argomento hanno dimostrato che un adulto fumatore medio (10-12 sigarette al giorno) nel momento in cui smette di fumare ha una riduzione del metabolismo di circa 200 calorie quotidiane. Smettere di fumare un pacchetto di sigarette al giorno sembra che lo diminuisca di quasi 400 calorie! Ciò si spiega facilmente: la nicotina è un alcaloide facilmente assorbito dall’organismo che, oltre ad indurre dipendenza, esercita un potente effetto di accelerazione del metabolismo. Chi fuma brucia un po’ di calorie in più, rispetto ad un NON fumatore di uguale costituzione, dieta ed esercizio fisico. Chi smette di fumare quindi ingrassa perché il suo metabolismo all’improvviso si riduce.

Secondo recenti evidenze, l’incremento di peso indotto dall’astinenza da nicotina risulterebbe sostenuto:

  • Da un incremento dell’appetito, quindi da un surplus calorico giornaliero stimato intorno alle 227Kcal;
  • Da una riduzione del metabolismo basale, ulteriormente amplificato da una riduzione dell’attività fisica;
  • Da variazioni qualitative della dieta, orientate ad un maggior consumo di grassi ed alimenti ad alta densità energetica;
  • Dall’aumentato rischio dell’insorgenza di episodi di crisi bulimiche e di disturbi della condotta alimentare come il Binge Eating Disorder;
  • Dall’utilizzo del cibo come meccanismo di compenso e gratificazione.

Tutte le suddette evidenze, ottenute attraverso modelli sperimentali ed attente valutazioni clinico-epidemiologiche, costituirebbero quindi la base di partenza per la messa a punto di protocolli psico-terapeutici e nutrizionali orientati al controllo dell’incremento ponderale nelle immediati fasi di disassuefazione da fumo di sigaretta. Per approfondire vi consiglio di leggere: Per quali motivi si ingrassa dopo aver smesso di fumare?

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I grassi si bruciano dopo 20 minuti di attività: vero o falso?

MEDICINA ONLINE PALESTRA PESI MUSCOLI PROTEINE AMINOACIDI INTEGRATORI CORSA DIMAGRIRE DUODENO PANCREAS DIGESTIONE GLICEMIA BAMBINO GRASSO DIABETE ANALISI INSULINA ZUCCHERO CARBOIDRATI CIBO MANGIARE DIETAA contendersi il posto tra i migliori falsi miti in ambito di alimentazione, fitness e salute ce ne sono tanti: ma tra quello presentato in questo articolo, la frequenza dei pasti e la distribuzione dei nutrienti, è difficile stabilire il vincitore. La storiella del “I grassi si bruciano dopo 20 minuti di attività” è paragonabile a quella del “I grassi bruciano al fuoco dei carboidrati”: entrambe sono conclusioni ‘non-senso’, ottenute erroneamente dalla Fisiologia e dalla Biochimica, rispettivamente.

Dov’è la falla di questa ‘teoria’ così largamente diffusa e radicata? Per capirlo, bisogna introdurre giusto qualche concetto di Fisiologia dell’Esercizio. Per quanto complesso possa essere questo ambito, l’esercizio fisico può sostanzialmente essere diviso in aerobico ed anaerobico. Molto semplicemente, nel primo tipo l’organismo si affida ai sistemi energetici aerobici, nel secondo a quelli anaerobici: questo vuol dire che l’ATP (vera molecola energetica utilizzata dall’organismo) è prodotta, nel primo caso, in presenza di ossigeno, nel secondo in sua assenza. I sistemi energetici utilizzati dall’organismo sono descritti di seguito.

Sistema dell’ATP-CP

Il sistema dell’ATP-CP o dei fosfati energetici è utilizzato per attività fino a 20 secondi di durata, in cui l’organismo utilizza quasi esclusivamente le riserve di ATP e di creatina fosfato (CP). La resintesi di ATP avviene a partire dall’ADP (che è un ATP a cui manca un gruppo fosfato), a cui la creatina fosfato dona un fosfato per opera dell’enzima creatina fosfato chinasi (CPK) con produzione di creatinina (che viene eliminata con le urine). La CPK è utilizzata come markerdell’infarto miocardico, ed il motivo è relativo proprio al meccanismo appena descritto: con ridotto afflusso di sangue al cuore, le cellule cardiache lavorano in carenza di ossigeno affidandosi al sistema ATP-CP e incrementando i livelli di CPK.

Il sistema dei fosfati è utilizzato per contrazioni di intensità massimale e molto brevi (ad esempio nel sollevamento pesi e negli sprint), non richiede la presenza di ossigeno e non porta a produzione di acido lattico: per questo motivo le attività fisiche che usano prevalentemente questo sistema possono essere definite anaerobiche alattacide.

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Glicolisi anaerobica

Per attività di durata compresa tra i 20 ed i 60 secondi, l’organismo utilizza i carboidrati di deposito (glicogeno) per ricavare ATP. Le attività di questo tipo, non protratte generalmente oltre i 60 secondi, sono di intensità tale da richiedere al muscolo di affidarsi alle sue sole scorte energetiche, dunque la glicolisi anaerobica avviene in assenza di ossigeno.

Durante questo processo il piruvato proveniente dalla glicolisi, in assenza di ossigeno, non può entrare nel ciclo di Krebs, e viene convertito in lattato (o acido lattico). L’acido lattico determina un abbassamento del pH nei tessuti e la conseguente sensazione di bruciore che accompagna degli sprint superiori ai 20 secondi di durata o delle serie “lunghe” con i pesi (nel range 6-20 ripetizioni).

Glicolisi aerobica

Per attività sostenibili oltre il minuto, l’intensità non è così alta da provocare contrazioni muscolari in grado di inibire il flusso ematico al muscolo, dunque la resintesi di ATP avviene in presenza di ossigeno: per attività inferiori ai 20 minuti di durata, si parla di glicolisi aerobica. Nella glicolisi aerobica il glucosio (proveniente dal glicogeno muscolare ed epatico) viene completamente ossidato ed il piruvato può entrare nel ciclo di Krebs e produrre ulteriore ATP.

Lipolisi aerobica

Per attività di durata superiore ai 20 minuti, l’organismo si affida alla lipolisi aerobica, cioè alle riserve di lipidi da cui ricava gli acidi grassi per produrre ATP.

Bene, finora tutto chiaro e, finora, tutto sembra poter dare credito alla falsa storiella che qui sto descrivendo (o attaccando?). Faccio notare che il glicogeno viene utilizzato per attività inferiori ai 20 minuti e (attenzione qui) con questo voglio intendere “per attività non protraibili oltre i 20 minuti”. L’intensità, infatti, è ancora abbastanza elevata perché il corpo utilizzi glucosio e non acidi grassi per la produzione energetica, per motivi di convenienza in termini di tempo. Gli acidi grassi infatti sono usati prevalentemente dal muscolo a riposo o impegnato in attività ripetibili per oltre 20 minuti: in tal caso l’intensità è bassa al punto da permettere all’organismo di avere il tempo di utilizzare i grassi come combustibile (dal momento che questi devono dapprima essere mobilizzati, poi trasportati ed infine ossidati). Stresso inoltre sul concetto che la distinzione non è così netta: non accade che, passata una certa percentuale di intensità, si passi dall’utilizzo prevalente di acidi grassi a quello prevalente di glucosio. Le percentuali relative di utilizzo dei substrati energetici sono distribuite su un continuum.

Giusto per togliere ogni dubbio, durante una corsa a bassa intensità (protraibile oltre i 20 minuti), l’organismo consuma preferenzialmente acidi grassi: quasi il 100% per attività inferiori al 65% della frequenza cardiaca massima. L’idea che si brucino i grassi solo passati 20 minuti dall’inizio dell’attività è, quindi, assolutamente priva di logica: come se in quel preciso istante, mantenendo invariata l’intensità, l’organismo guardasse l’orologio e cambiasse il sistema energetico utilizzato.

Il falso mito è stato quasi sconfitto, dico “quasi” perché rimane la questione di quale attività sia più efficace nell’incrementare la lipolisi. “A occhio”, sembrerebbe una attività a ritmo blando (sotto il 65% della frequenza cardiaca massima), in cui l’organismo utilizza quasi per il 100% acidi grassi. Il punto che non viene quasi mai considerato è che, minore è l’intensità, minore è il consumo calorico: per quanto sia elevata la percentuale di calorie proveniente dai grassi, la quantità assoluta è bassa perché basso è il consumo totale. Se la persona A esegue degli sprint per un totale di 20 minuti, consumando in tutto 600 kcal di cui il 50% dagli acidi grassi (c’è da considerare, inoltre, altri fattori di cui parlerò a breve), avrà consumato più grassi della persona B che corre per 45 minuti bruciando 250 kcal prevalentemente derivanti da lipidi.

Inoltre, un’attività ad alta intensità genera un aumento di alcuni ormoni altamente lipolitici (catecolamine, GH, testosterone) che permane per molte ore dopo l’attività, oltre che causare un incremento nella sintesi proteica muscolare, fattore fondamentale in una dieta ipocalorica in cui si voglia migliorare la composizione corporea. Al contrario, l’attività a bassa intensità non causa apprezzabili effetti circa il mantenimento del tessuto muscolare, anzi ne promuove la perdita per via di alcuni processi di adattamento.

L’attività prettamente lipolitica aerobica, dunque, è da sconsigliare come attività principale in un programma di dimagrimento: fare “cardio” 3-4 volte a settimana per 40-60 minuti aumenta il dispendio calorico giornaliero medio di non più di 250-300 kcal, con effetti deleteri riguardo il mantenimento della massa magra. Degli sprint, o l’allenamento con i pesi, determinano un aumento del dispendio calorico grosso modo simile e garantiscono un ottimo partizionamento calorico, che indica da dove il corpo ‘attinge’ preferenzialmente le calorie, se dal grasso o dal muscolo.

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Dopammina: biosintesi, rilascio nello spazio sinaptico e degradazione

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma 10 DOPAMMINA BIOSINTESI RILASCIO DEGRADA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgmedicina-online-dott-emilio-alessio-loiacono-medico-chirurgo-roma-10-dopammina-biosintesi-rilascio-degrada-riabilitazione-nutrizionista-infrarossi-accompagno-commissioni-cavitazione-radiofrequenza-ecoLa dopammina è biosintetizzata soprattutto nel tessuto nervoso e nel midollare del surrene. La biosintesi di questo importante neurotrasmettitore è divisa in varie fasi. In primo luogo avviene l’idrossilazione dell’amminoacido L-tirosina (un amminoacido normalmente presente nella dieta) in L-DOPA attraverso l’enzima tirosina 3-monoossigenasi, rappresentato dall’aggiunta di un secondo ossidrile all’anello benzenico della tirosina. In seguito avviene la decarbossilazione della L-DOPA da aromatici L-ammino acido decarbossilasi (spesso definito come dopa decarbossilasi), rimuovendo il gruppo carbossilico (-COOH) dalla catena laterale della DOPA. In alcuni neuroni, la dopammina viene trasformata in noradrenalina da parte della dopammina β-idrossilasi. Nei neuroni, la dopammina è confezionata dopo la sintesi, in vescicole sinaptiche che vengono poi rilasciate nelle sinapsi in risposta a un potenziale d’azione presinaptico.

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Immagazzinamento nelle vescicole sinaptiche e rilascio nello spazio sinaptico di dopammina

La dopammina sintetizzata nel citoplasma viene catturata e concentrata all’interno delle vescicole sinaptiche. L’immagazzinamento dentro le vescicole ha lo scopo di proteggere la molecola dalla degradazione a opera della monoamminossidasi, ed è indispensabile per il processo di liberazione del neurotrasmettitore nello spazio sinaptico da parte dell’impulso nervoso. All’arrivo di questo, le vescicole per effetto dell’onda di depolarizzazione, fondono la loro membrana con quella del neurone e si aprono, liberando il loro contenuto nello spazio sinaptico. In generale, gli antagonisti dopamminergici inibiscono, mentre gli agonisti aumentano, il rilascio di dopammina dalla terminazione nervosa.

Degradazione

L’azione della dopammina rilasciata nello spazio sinaptico viene rapidamente ricaptata da parte della terminazione nervosa da cui è stata liberata; una volta ricatturata, la dopammina viene degradata attraverso due principali diversi meccanismi:

  • La dopammina(DA) viene deamminata dalla MAO e diventa 3,4-diidrossifenilacetaldeide (DHPA), è quindi convertita a opera di un’aldeide deidrogenasi in acido 3,4-diidrossifenilacetico (DOPAC). Successivamente viene trasformata in acido omovanillico (HVA) al di fuori del neurone mediante una doppia conversione enzimatica tramite la catecol-O-metiltrasferasi (COMT) prima e la MAO poi.
  • La dopammina viene metilata in posizione 3 dell’anello benzenico dalla COMT e trasformata in 3-metossitirammina, (3MT). Questa viene poi deamminata dalla monoamminossidasi e forma la 3-metossi-4-idrossifenilacetaldeide (3MHPA), la quale viene trasformata dall’aldeide deidrogenasi in HVA.

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