Usi un assorbente interno? Sei a rischio di shock tossico

MEDICINA ONLINE FARMACO FARMACIA PHARMACIST PHOTO PIC IMAGE PHOTO PICTURE HI RES COMPRESSE INIEZIONE SUPPOSTA PER OS SANGUE INTRAMUSCOLO CUORE PRESSIONE DIABETE CURA TERAPIA FARMACOLOGICSecondo una recente ricerca l’uso di tamponi mestruali intravaginali può essere responsabile di Continua a leggere

Cataplessia: causa, significato, nel sonno, cura ed etimologia

MEDICINA ONLINE MEDICO PAZIENTE CONSULTO DIAGNOSI MEDICO DI BASE FAMIGLIA ANAMNESI OPZIONI TERAPIE STUDIO OSPEDALE AMBULATORIO CONSIGLIO PARERE IDEA RICHIESTA ESAME LABORATORIO ISTOLOGICO TUMORE CANCROLa cataplessia è un disturbo generalmente temporaneo che causa una perdita del tono muscolare solitamente provocata da forti emozioni come pianto, riso, gioia ecc. e dal loro ricordo oppure avviene casualmente nel corso della giornata. Può colpire persone completamente sane e che non avevano mai avuto alcun attacco nella propria vita. La Continua a leggere

Le 6 fasi del decorso clinico di una ustione

MEDICINA ONLINE MEDICO ESAME OBIETTIVO ANAMNESI PATOLOGICA FISIOLOGICA FAMIGLIARE VISITA MEDICA GENERALE AUSCULTAZIONE ISPEZIONE PERCUSSIONE PALPAZIONE DIFFERENZA FONENDOSCOPIO STETOSCOPIO TORACE ADDOME SUONI SEMEIOTICAL’ustione è una lesione dei tessuti tegumentari (pelle ed annessi cutanei) provocata dall’azione di calore, sostanze chimiche, corrente elettrica o radiazioni. Possono essere di varia entità secondo l’intensità della temperatura, la durata del contatto e lo stato fisico della sostanza ustionante (solida, liquida o gassosa); in relazione alla gravità vengono distinte in gruppi (1°, 2°, 3° e 4° grado).

Il decorso clinico di una ustione può essere diviso in 6 fasi:

  1. fase dello shock nervoso per il terribile dolore;
  2. fase ipodinamica o fase dello shock ipovolemico (prime 48 ore);
  3. fase catabolica (prima della chiusura dell’ustione);
  4. fase della tossicosi da assorbimento degli essudati;
  5. fase della sepsi per infezione delle piaghe;
  6. fase della distrofia sincrasica o della convalescenza.

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1) Fase dello shock nervoso

Dura poche ore, è caratterizzato da: eccitazione psichica, dolore vivissimo, seteintensa, sudorazione, polipnea (frequenza respiro superiore alla norma), insonnia(talvolta delirio e convulsioni), diuresi scarsa o assente, atonia gastrointestinale, sbalzi di pressione.

2) Fase dello shock ipovolemico

E’ caratterizzato da: polso piccolo e frequente, pressione bassa(specie la sistolica), cianosi periferica, sudore freddo, temperatura bassa (36-35 °C) respiro superficiale e frequente, iperecitabilità nervosa alternata a periodi di depressione con sonnolenza, apatia, adinamia; necessità continua di mingere con emissione di poche gocce o anuria, alvo chiuso a feci e gas, crisi emodinamica che dura da poche ore a 3-4 giorni. Il paziente può morire per scompenso cardiocircolatorio Le modificazioni emodinamiche comprendono:

  1. tachicardia;
  2. ipotensione;
  3. riduzione della gittata cardiaca;
  4. vasocostrizione.

La gittata cardiaca può scendere al 30-50% dei valori normali a causa dell’ipovolemia e del Myocardial Depressant Factor. Spesso la gittata cardiaca tende ai livelli normali solo dopo parecchi giorni, anche se la terapia infusionale è corretta.

Le modificazioni della funzionalità renale sono dovute a:

  1. ipovolemia;
  2. vasocostrizione;
  3. apertura degli shunt artero-venosi che escludono il rene;
  4. imperatività surrenalica.

Le cellule juxtaglomerulari del rene riversano renina in circolo in risposta ad: una deprivazione di sodio, ad una ridotta pressione sanguigna (ipovolemia) e ad uno stimolo nervoso simpatico (determinato dall’ipovolemia). La renina provoca, tramite l’angiotensina, il rilascio di ormoni dalla corticale del surrene (cortisolo, mineralcorticoidi es. aldosterone, glucorticoidi, ecc.)che agiscono sul riassorbimento renale. In seguito a questi si verifica:

  1. oliguria(più o meno grave);
  2. riduzione della filtrazione glomerulare;
  3. ritenzione di sodio (aldosterone);
  4. aumentata secrezione di potassio (aldosterone).

Se la terapia è adeguata queste manifestazioni possono non comparire, in case contrario si può avere insufficienza renale simile allo schok emorragico. Dopo 2-3 settimane si può avere schok settico da gram-negativi che aggrava ancora la funzionalità renale , con possibile comparsa di una insufficienza renale acuta irreversibile spesso letale. Diverse teorie spiegano l’oliguria, che potrebbe essere dovuta a:

  • un riflesso nervoso che provoca spasmo delle arteriole afferenti;
  • l’immissione in circolo di sostanze tossiche liberate dalla zona ustionata che agirebbero o a livello glomerulare o producendo lo spasmo delle arteriole afferenti che blocca la filtrazione;
  • un tentativo renale di compensare le alterazioni idrometaboliche attraverso un maggiore riassorbimento tubulare di sodio e acqua riducendo la eliminazione urinaria Nella prima fase è stata evidenziata anche una attivazione del sistema renina-angiotensina che provoca ritenzione sodica.

3) Fase catabolica

La terza fase è caratterizzata da:

  • diminuita reattività generale dell’organismo;
  • bilancio dell’azoto negativo;
  • decadimento delle capacita difensive.

Se in questa fase sopraggiunge lo shock settico si instaura una insufficienza renale che porta alla morte. Il dato più attendibile per monitorizzare la funzionalità renale è la osmolarita plasmatica ed urinaria. Se questa continua ad aumentare (iperosmolarità progressiva) la prognosi diviene infausta. I sintomi della iperosmolarità progressiva sono: sete intensa, alterazioni della coscienza, disturbi dell’orientamento, allucinazioni, coma, convulsioni, morte. Il bilancio d’azoto negativo e il deficit energetico sono in parte legati al mancato aumento dell’evaporative water. La durata e l’intensità della fase catabolica sono in rapporto a:

  • estensione e grado dell’ustione;
  • gravità di eventuali processi infettivi;
  • regime nutrizionale;
  • durata della fase aperta delle ferite.

Durante questa fase il fabbisogno energetico di calorie è superiore a 4000cal/die. Nonostante l’instaurazione delle terapie opportune la positivizzazione del bilancio d’azoto viene raggiunta solo nella fase della convalescenza.

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4) Fase della tossicosi (shock autotossico)

Compare dopo 3-4 giorni. Il riassorbimento del trasudato e degli essudati dalle aree ustionate mette in circolo sostanze tossiche. Esse determinano, dopo un periodo di apparente benessere (caratterizzato da normalizzazione di polso, pressione e temperatura), nuovi sintomi quali: febbre elevata(39-40 °C), cefalea, nausea e ulcere emorragiche. Questa fase può durare dai 15 ai 20 giorni.

5) Fase della sepsi

E’ dovuta ad infezione delle aree ustionate facilitata dalla immunosopressione. La temperatura riprende a salire con febbre continua e remittente preceduta o accompagnata da brividi, cefalea, nausea. Il polso è frequente e la pressione si abbassa. Si ha virulenza dei germi saprofiti cutanei che nel periodo della sepsi inquinano la superficie del tessuto di granulazione (sono gram-negativi: Pseudomonas, Serratia, Klebisiella, Candida, ecc.)

6) Fase della distrofia sincrasica o fase della convalescienza

Si ha il graduale recupero del tono circolatorio, scompare la febbre, la diuresi e l’alvo ritornano alla normalità. L’ustionato è ancora pallido (anemia), magro (perdita di proteine) con ipotrofia muscolare. Se le aree di necrosi sono giunte in profondità, si potranno mantenere per settimane o mesi delle aree non riepitelizzate con tessuto di granulazione esuberante.

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Shock da ustione: cos’è, quando si verifica, sintomi e cure

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Medicina Chirurgia Estetica Benessere Dietologia Sessuologia Ecografie Tabagismo Smettere di fumare Combustione umana spontanea il mistero del neonato indiano che prende fuoLo shock da ustione è uno shock ipovolemico non emorragico (shock da diminuito volume di sangue circolante NON determinato da emorragia) che si verifica quando il paziente è sottoposto ad ustione di ampie zone del corpo.

Quando si verifica?

Non tutte le ustioni determinano shock da ustione. Per verificarsi le ustioni devono essere molto estese, sia in superficie che in profondità: essa avviene quando un’ustione di terzo grado si estende a circa 1/8 della superficie del corpo, oppure un’ustione di primo o di secondo grado raggiunge i 2/3 della superficie.

Perché si verifica?

Lo shock da ustione è legato a un’alterazione del tono e della permeabilità dei capillari prodotta da tossine che si formano nei tessuti ustionati per la scomposizione e il riassorbimento delle sostanze proteiche necrotiche. Inizialmente il sistema linfatico drena il liquido in eccesso ma ben presto la sua capacità di assorbimento si satura e compare l’edema. La permeabilità alterata dei capillari determina il passaggio di plasma dai vasi all’interstizio e ciò provoca edema, disidratazione e ipoprotidemia, che determinano diminuzione del volume di sangue circolante ed all’aumento della sua viscosità. La quantità di liquido persa dipende dall’estensione dell’ustione. I liquidi vengono persi anche direttamente con le flittene e con le secrezioni della superficie ustionata. L’alterata permeabilità capillare inoltre è più marcata nella zona dell’ustione però in realtà il fenomeno appare generalizzato cioè i liquidi vengono persi anche in zone molto distanti da quella ustionata. Il liquido che attraverso i vasi si raccoglie nell’interstizio può rappresentare una quota notevole del liquido extracellulare.

La perdita dei fluidi è massima nelle prime 24 ore dopo il trauma termico, successivamente la permeabilità capillare torna normale dopo 48 ore e inizia il riassorbimento dell’edema. In realtà non tutto il liquido del terzo compartimento (edema) può essere riassorbita. Infatti circa la metà rimane legato alle proteine interstiziali e questa quota può aumentare in relazione alle alterazioni dell’equilibrio acido-base. Il liquido dell’edema è formato da acqua, sali e proteine. I sali sono gli stessi del liquido plasmatico e interstiziale (NaCl).

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Segni e sintomi dello shock da ustione

Nello shock da ustione compaiono generalmente gravi disturbi dello stato generale, con alcuni sintomi e segni caratteristici, quali:

  • vomito;
  • convulsioni;
  • sopore;
  • perdita di coscienza;
  • ipotensione (abbassamento della pressione arteriosa);
  • ipotermia;
  • sintomi di insufficienza circolatoria;
  • emorragie nella mucosa del naso e dei bronchi;
  • abbassamento della pressione venosa centrale;
  • innalzamento ematocrito;
  • diminuzione diuresi;
  • albuminuria;
  • ematuria.

Alterazioni dell’equilibrio proteico

Nella prima settimana dopo l’ustione la perdita proteica è di 25-50 gr/die di cui 12-30 gr persi con l’ipercatabolismo che sopraggiunge dopo le prime 5-10 ore (durante le quali c’è una attività catabolica nulla ), 10-20 gr persi con l’essudato e nel liquido dell’edema. E’ stato dimostrato che la plasmaferesi cioè la perdita di proteine dal plasma non accompagnata da perdite di sali minerali e di acqua non causa shock. Inoltre parte delle proteine plasmatiche tornano in circolo tramite il drenaggio linfatico. Al contrario la perdita repentina di sodio può provocare shock e collasso cardiocircolatorio.

Alterazioni dell’equilibrio ematologico

Il numero dei globuli rossi si riduce proporzionalmente alla estensione e al grado dell’ustione per 4 motivi:

  • emolisi diretta da calore;
  • formazione di trombi vasali nell’area ustionata che intrappolano e distruggono i globuli rossi;
  • distruzione da parte del sistema reticolo-endoteliale di emazie in parte alterate;
  • fenomeno dell’agglutinazione intravascolare, anche chiamata “sludging”, che corrisponde ad un’agglutinazione di cellule del sangue che avviene all’interno del torrente circolatorio: esse formano una massa semisolida all’interno dei vasi sanguigni che può arrivare ad impedire la circolazione.

Il fenomeno dello sludging è aggravato della emoconcentrazione dovuta alla perdita dei liquidi. La carenza di eritrociti riduce il flusso ematico nel microcircolo peggiorando il deficit perfusionale e ossigenativo. Tale stato è mantenuto poi dal deficit eritropoietico (dovuto ad una ridotta utilizzazione del ferro ad alterazioni del metabolismo delle porfirine e alla diminuzione della eritropoietina in seguito al danno renale ) e dalla perdita nel tessuto di granulazione. La perdita totale durante l’intero corso della malattia può arrivare all’85% dei valori normali. Nonostante questo le trasfusioni sono sconsigliate nelle prime 72 ore. Infatti visto che la deplezione plasmatica è maggiore di quella eritrocitaria la trasfusione di sangue intero aumenterebbe solo la viscosità ematica e quindi lo sludging.

Alterazioni dell’equilibrio acido-base

Il pH normale del sangue arterioso e mantenuto a 7,4 dai sistemi tampone. Tra i più importanti tamponi ricordiamo :

  • fosfati e proteine (emoglobina) nel compartimento intracellulare;
  • sistema bicarbonato – acido carbonico nel compartimento extra cellulare.

Nell’ustionato c’è un aumento di acidi organici e inorganici per 3 motivi:

  • aumento del metabolismo anaerobio per ipossia tissutale (aumento di piruvato e lattato);
  • aumento del catabolismo proteico e necrosi tissutale (aumento di urati e solfati);
  • aumento del catabolismo degli acidi grassi per soddisfare il fabbisogno energetico (aumento dei corpi chetonici). Questi acidi ,dopo essere stati neutralizzati dai sistemi tampone ,vengono eliminati aumentando l ‘ attività respiratoria e l ‘ emuntorio renale. Spesso pero i polmoni sono danneggiati e la diuresi e ridotta a causa dell’ipoperfusione renale (vedi oltre).

Alterazioni dell’equilibrio del potassio

Si ha aumento della potassiemia perché:

  • le cellule danneggiate rilasciano il potassio contenuto;
  • l’acidosi viene tamponata in parte scambiando l’H+ extracellulare con il K+ intracellulare;
  • il K+ è scarsamente eliminato dal rene.

Alterazioni dell’equilibrio del calcio

Si ha iniziale ipocalcemia dovuta a:

  • perdita di calcio nel territorio ustionato;
  • acidosi metabolica;
  • ipereattività adrenocorticale (aumentata secrezione di ACTH che stimola la corticale del surrene a produrre cortisolo ecc.);
  • trattamento corticosteroideo.

Il cortisolo riduce l’assorbimento intestinale di calcio sia riducendo la formazione di vitamina D che esercitando una azione antagonista ad essa, aumentando la secrezione urinaria di calcio. Tardivamente si ha ipercalcemia dovuta a:

  • ipocalcemia iniziale;
  • immobilità forzata.

Tali fattori condizionano il riassorbimento di calcio dalle ossa.

Alterazioni dell’equilibrio del magnesio

Talvolta i valori di magnesio stanno nella norma, altre volte invece si osserva una ipomagnesiemia associata ad alterazioni psichiche, deliri e allucinazioni. Le cause sono:

  • la perdita diretta dall’area ustionata;
  • l’iperaldosteronismo secondario (la produzione di aldosterone viene stimolata dal rene tramite la secrezione di renina, sistema renina-angiotensina-aldosterone, ogni qual volta si verifica ipovolemia).

Nel giro di pochi giorni potrebbe verificarsi una infezione da gram-negativi (che trovano del tessuto ustionato un terreno favorevole per il loro sviluppo) che possono condurre ad uno shock endotossico. Lo shock può determinare morte del paziente, se non trattato, anche senza che siano rilevabili lesioni gravi di organi vitali o complicazioni da infezioni delle piaghe. Fra le complicazioni più temibili delle ustioni è la setticemia, che può intervenire fra il 4° e il 10° giorno ed aggrava notevolmente la prognosi.

Terapia dello shock ustione

Per una corretta terapia è necessaria per prima cosa una corretta valutazione della gravità del quadro clinico e delle alterazioni dei principali parametri emato-clinici. Sono da prendere in considerazione vari parametri, tra cui:

  • età e stato di salute generale del paziente;
  • PVC (pressione venosa centrale);
  • diuresi oraria;
  • peso corporeo;
  • Ht (ematocrito) ed altri parametri ematici;
  • pressione arteriosa sistolica e diastolica;
  • volemia (volume ematico);
  • massa globulare;
  • ionogramma;
  • osmolarità plasmatica ed urinaria;
  • equilibrio acido-base.

Lo shock da ustione è uno shock ipovolemico non emorragico caratterizzato da una bassa PVC ed elevato Ht (ematocrito), il primo provvedimento terapeutico è quindi volto a ristabilire una adeguata perfusione tissutale adeguando il volume ematico alla mutata capacita del letto vascolare. E’ necessaria una terapia infusionale corretta qualitativamente e quantitativamente e che sia adattata via via in base ai seguenti esami di laboratorio: Ht, elettroliti(Na+, K+, Cl-, Mg–, Ca++), pH, pO2, pCO2, HCO3-, PVC, diuresi, osmolarita. Essi vanno verificati 6 volte al giorno.

  • Se in corso della terapia infusionale l’Ht rimane sopra il 45% allora la velocità di somministrazione è bassa, se scende sotto il 35% allora è troppo elevata. In genere l’Ht deve essere più basso del normale soprattutto se il rene funziona bene e può quindi eliminare da solo l’H2O in eccesso. La PVC ci informa della pressione nell’atrio destro; se essa è inferire a 9 cmH2O le terapia infusionale è insufficiente se invece è superiore a 12 cmH2O significa o che la terapia è eccessiva o che c’è un deficit del cuore sinistro. Il volume di liquidi da infondere varia secondo l’autore.
  • Diuresi oraria: è un indice sufficientemente attendibile della perfusione renale (si esegue con un catetere in vescica ) Valori di urine compresi tra 0,5 e 1 mg/Kg di peso corporeo/ora indicano una buona perfusione renale.
  • Osmolarita plasmatica ed urinaria: sono indicativi per valutare la funzionalità renale e la concentrazione ionica dei liquidi infusi. Se inferiori a 290-300 allora i liquidi somministrati sono ipotonici se superiori c’è pericolo di coma iperosmolare.

Farmaci e presidi

I farmaci e presidi usati sono generalmente:

  1. cortisonici;
  2. eparina (ostacola le coagulazione intravasale disseminata o CID);
  3. inibitori di enzimi proteolitici (trasylol);
  4. dopamina (aumenta la portata renale);
  5. terapia antibiotica mirata (antibiogramma ripetuti);
  6. nutrizione parenterale (in corso di ustioni delle vie respiratorie;
  7. profilassi antitetanica.

Terapia del dolore

Anche una piccola ustione (di 1° o 2° grado) può essere molto dolorosa in quanto lascia intatte le terminazioni nervose mentre una ustione grave (3° grado) le distrugge e quindi risulta meno dolorosa. La dose di sedativo deve essere ben valutata perché ha l’obiettivo di essere:

  • abbastanza elevata per garantire il minor dolore al paziente;
  • la minima necessaria per evitare depressioni dell’attività cardio-polmonare e del sensorio.

La via di somministrazione deve essere endovenosa perché le modificazioni fisiopatologiche a carico della circolazione cutanea e del tessuto muscolare ne alterano la dinamica di assorbimento. I farmaci più affidabili sono: morfina e pyseptone. Nei bambini che mal sopportano il dolore viene dato il Pedimix (mistura pediatrica)

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Paura dei luoghi chiusi e claustrofobia: cos’è e come si cura

MEDICINA ONLINE CERVELLO TELENCEFALO MEMORIA EMOZIONI CARATTERE ORMONI EPILESSIA STRESS RABBIA PAURA FOBIA SONNAMBULO ATTACCHI PANICO ANSIA VERTIGINE LIPOTIMIA IPOCONDRIA PSICOLOGIA PSICOSOMATICA PSICHIATRIA CLAUSTROFOBIA.jpgLa claustrofobia (dal latino claustrum, “luogo chiuso” e dal greco φόβος, phobos, “fobia”) è la paura di luoghi chiusi e ristretti come camerini, ascensori, sotterranei, metropolitane, strumenti per eseguire risonanze magnetiche e di tutti i luoghi angusti in cui il soggetto si ritiene accerchiato e privo di libertà spaziale attorno a sé. Oltre alle classiche manovre di fuga di fronte alla situazione fobica (letteralmente il soggetto si allontana con rapidità dal luogo ristretto, il claustrofobico cerca di fronte alle altre persone delle giustificazioni apparentemente logiche che spieghino il motivo di una scelta che altri possono considerare poco usuale: ad esempio il claustrofobico evita l’ascensore e preferisce salire le scale (anche se deve fare molti piani!) dicendo agli altri che così può fare un po’ di moto.

La claustrofobia è una delle fobie specifiche: le persone che ne soffrono manifestano una sensazione di malessere generale che risveglia paure archetipe (solitudine, vuoto, impotenza) e si può manifestare con attacchi di panico, senso di oppressione, difficoltà di respirazione, iperventilazione, sudorazione e nausea.

Claustrofobia e agorafobia

Nella claustrofobia il soggetto ha paura dei posti chiusi mentre nell’agorafobia – semplificando – ha invece paura degli spazi aperti. La claustrofobia è generalmente considerata in “antitesi” all’agorafobia, con la quale condivide i sintomi generali anche se motivati da diverse basi di partenza (l’agorafobico infatti teme di non essere soccorso in caso di panico e cerca la presenza di altri), con differenze anche di personalità di individui: il claustrofobico è infatti di norma autonomo, anche se imposta il suo stile di vita cercando di evitare le situazioni di accerchiamento e chiusura. Tuttavia, in molti casi, la presenza di legami relazionali troppo opprimenti potrebbe essere un’altra causa scatenante della claustrofobia e il soggetto potrebbe cercare una sua maggiore libertà evitando così la relazione con l’altro.

Trattamento

La terapia prevede:

  • la terapia espositiva;
  • la psicoterapia;
  • l’uso di psicofarmaci.

Se non vi sono altri disturbi psicologici, il trattamento della claustrofobia è di norma un percorso che si basa su un approccio cognitivo-comportamentista con terapia espositiva, associato o meno ai farmaci.

Terapia espositiva

La terapia espositiva “costringe” il paziente ad affrontare la situazione (o le situazioni) che gli genera l’attacco di fobia: il soggetto è invitato a parlare e/o scrivere ripetutamente del peggior evento traumatico che ha affrontato (o dei peggiori eventi), rivivendo nel dettaglio tutte le emozioni associate alla situazione. Attraverso questo processo molti pazienti subiscono un “abituarsi” alla risposta emotiva scatenata dalla memoria traumatica, che di conseguenza, col tempo, porta a una remissione dei sintomi della fobia quando la situazione si ripresenta nella realtà. La terapia espositiva – praticata per un periodo di tempo adeguato – secondo la nostra esperienza aiuta circa 9 pazienti su 10. Per approfondire, leggi questo articolo: Terapia espositiva: essere esposti alla propria fobia per superarla

Psicoterapia

La psicoterapia che ha mostrato fornire buoni risultati con la claustrofobia, è quella cognitivo comportamentale. La terapia cognitivo-comportamentale standard per il trattamento della claustrofobia, oltre agli interventi comportamentali basati sull’esposizione situazionale, prevede una psicoeducazione iniziale e interventi cognitivi. All’interno della psicoterapia cognitivo-comportamentale, le tecniche di esposizione si sono dimostrate utili nel ridurre i comportamenti che alimentano l’ansia claustrofobica (vedi paragrafo precedente). Recentemente sono state implementate strategie volte a incrementare la capacità dei soggetti di stare in contatto con l’attivazione ansiosa senza temerne le conseguenze catastrofiche. Favorendo l’accettazione e diminuendo il bisogno di controllo dei sintomi d’ansia.

Farmaci

Vengono usati farmaci ansiolitici e antidepressivi. Tra gli ansiolitici, le benzodiazepine (come il Valium) possono essere utili poiché generano un sollievo sintomatologico ansiolitico istantaneo, tuttavia tra gli effetti collaterali (se usate per lunghi periodi) ritroviamo il rischio di dipendenza da farmaco. Tra gli antidepressivi, particolarmente utili sono gli SSRI (Inibitori Selettivi del Reuptake della Serotonina). I farmaci generalmente funzionano bene per controllare la fobia, tuttavia, i sintomi della claustrofobia tendono a ripresentarsi alla loro sospensione.

Se credi di avere un problema di claustrofobia, prenota la tua visita e, grazie ad una serie di colloqui riservati, riuscirai a risolvere definitivamente il tuo problema.

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Puntura di vespa: dopo quanto tempo si verifica lo shock anafilattico?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO VESPA INSETTILa comparsa dei sintomi tipici dello shock anafilattico dopo puntura di vespa, segue l’esposizione all’allergene di un tempo variabile da pochi secondi ad oltre un’ora. L’intervallo è mediamente inferiore ai 10 minuti.

La comparsa dei sintomi tipici (dispnea, collasso, convulsioni) può essere preceduta da alcuni sintomi “premonitori”:

  • tachicardia;
  • ipotensione arteriosa (pressione bassa);
  • pallore intenso;
  • orticaria generalizzata (prurito che inizia di solito a mani e piedi);
  • sudorazione profusa con cute fredda;
  • vertigini;
  • senso generalizzato di grave malessere;
  • senso di morte imminente;
  • ansietà;
  • angoscia;
  • raucedine;
  • abbassamento della voce;
  • disfonia;
  • tosse stizzosa.

L’ampia variazione dei tempi di insorgenza dipende da diversi fattori:

  • struttura dell’antigene;
  • via di introduzione dell’antigene (orale, inalatoria, endovenosa…);
  • variabilità individuale;
  • età e stato di salute del soggetto.

Nelle forme ad esordio rapido, lo shock anafilattico compare in maniera brusca, anche senza nessuno dei sintomi anticipatori prima elencati.

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Differenza tra reazione allergica, anafilassi e shock anafilattico

MEDICINA ONLINE APE BEE WASP VESPA MOSCA ZANZARA MOSQUITO INSETTO PUNTURA SHOCK ANAFILATTICO ADRENALINA MORTE MORIRE DIE VITA LIFE DOLORE PELLE CUTE ADRENALINA FIORE POLLINEOgni reazione allergica è un evento potenzialmente pericoloso, quindi da non sottovalutare. Non tutte le reazioni allergiche però hanno lo stesso significato e comportano gli stessi rischi. Nel parlare comune, spesso i termini reazione allergica e shock anafilattico vengono scambiati, causando confusione e fraintendimenti sia per i pazienti che per gli operatori sanitari. Ci possono poi essere altri termini, come anafilassi, che contribuiscono a complicare ulteriormente il quadro. Questi termini indicano manifestazioni ben differenti e con risvolti ben differenti per il paziente:

Con reazione allergica (o allergia) si intende qualsiasi reazione dovuta all’attivazione del sistema immunitario nei confronti di un allergene (alimento, polline, polvere, veleno di insetto, farmaco o altra sostanza), solitamente questa reazione si esplica attraverso un meccanismo in cui partecipano le immunoglobuine E (IgE) e che ha tempi molto rapidi (secondi o minuti). Si può manifestare, dal punto di vista clinico, in vari modi: rinite, congiuntivite, asma, orticaria o dermatite, prurito al cavo orale (sindrome orale allergica), sintomi gastro-intestinali (nausea, vomito, coliche addominali, diarrea), fino allo shock anafilattico (vedi oltre).

Con il termine anafilassi (o reazione anafilattica) si intende una reazione allergica grave, con un quadro clinico complesso nel quale solitamente si ha coinvolgimento dell’apparato respiratorio e/o cardio-circolatorio. Il termine anafilassi deriva dal greco ana- (sopra) e ϕύλαξις (difesa) ad indicare un eccesso delle reazioni di difesa del sistema immunitario.

Con li termine shock anafilattico si intende una reazione anafilattica che ha comportato un grave coinvolgimento del sistema cardio-circolatorio, con brusca riduzione della pressione arteriosa (shock), ed le conseguenti manifestazioni. Lo shock anafilattico è un quadro clinico molto grave che necessita di un intervento di emergenza rapido ed appropriato. Il farmaco di prima scelta, in queste situazioni, è l’adrenalina.

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Puntura di vespa e shock anafilattico: cosa fare e cosa NON fare?

MEDICINA ONLINE ITALIAN AMBULANCE DOCTOR NURSE AMBULANZA STRADA EMERGENZA INFERMIERE MEDICO PORTANTINO ITALIA PRONTO SOCCORSO OSPEDALE BARELLA CORSA MORTE MALATTIA DOLORE INCIDENTE ICTUS INFARTO WALLPAPER PIC HI RES.jpgIn caso di shock anafilattico da puntura di vespa, o anche solo di dubbio di shock anafilattico:

Cosa fare se si sospetta uno shock anafilattico:

  • Allertare immediatamente i soccorsi sanitari senza perdere tempo, magari cercando informazioni su internet!
  • Sebbene la terapia vera e propria sia di esclusiva competenza medica, è bene che il soccorritore conosca a grandi linee gli interventi da porre in essere. Il farmaco salvavita in corso di shock anafilattico è rappresentato dall’adrenalina (o epinefrina) somministrata per via endovenosa, preferibilmente in infusione lenta e continua. Ad essa si associano soluzioni infusionali di tipo elettrolitico o colloidale per compensare la vasodilatazione periferica, l’ipotensione e la fuoriuscita di fluidi intravascolari nei tessuti. Ulteriori farmaci possono rendersi necessari in relazione allo stato di compromissione funzionale degli organi interessati.
  • Se nei casi più lievi è generalmente sufficiente la somministrazione combinata di adrenalina ed antistaminici (che al pari dei corticosteroidi ostacolano l’attività dei mediatori vasoattivi coinvolti nello shock), in quelli più gravi è necessario assicurare il mantenimento della pervietà delle vie aeree, ricorrendo all’ossigenoterapia o ad interventi chirurgici in caso di necessità.
  • Di fronte al sospetto di shock anafilattico, in attesa dei soccorsi sanitari il malcapitato dev’essere posto nella posizione antishock → supino con le gambe sollevate di circa 30 cm (ad esempio con l’ausilio di una sedia). Se possibile, il paziente andrà posizionato in modo che il capo si trovi inferiormente a ginocchia e bacino. Questa posizione, detta di Trendelenburg, risulta particolarmente utile perché favorisce il ritorno venoso agli organi vitali (cuore e cervello) per semplice effetto della gravità.
  • In attesa dei soccorsi sanitari, la persona colpita da shock anafilattico dev’essere rassicurata e per quanto possibile confortata sulle sue condizioni e sull’arrivo dell’ambulanza.

Cosa NON fare se si sospetta uno shock anafilattico:

  • Se lo shock anafilattico è causato dalla puntura di un’ape, il pungiglione non dev’essere estratto con le pinzette o con le dita, dal momento che la compressione dello stesso aumenterebbe il rilascio del veleno; piuttosto, si consiglia di raschiarlo via con un’unghia o con carta di credito. Ad ogni modo, recenti studi hanno dimostrato che ciò che conta realmente è la rapidità di intervento; più tempo passa tra la puntura e l’estrazione del veleno, maggiore è il rilascio dello stesso; secondo questi studi, non sarebbe quindi tanto importante la tecnica di estrazione, quanto piuttosto la rapidità d’intervento.
  • La posizione antishock non dev’essere adottata qualora si sospettino traumi a livello della testa, del collo, della schiena o delle gambe.
  • Se il malcapitato lamenta difficoltà respiratorie non porre rialzi o cuscini sotto la testa, né tanto meno somministrare pillole, liquidi o alimenti; queste operazioni, infatti, rischiano seriamente di aggravare l’ostacolo al passaggio di aria nelle vie aeree che tipicamente accompagna gli episodi di shock anafilattico.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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