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Colpo di calore: cosa fare e cosa non fare per soccorrere la vittima
Il colpo di calore, anche chiamato “ipertermia”, è una condizione patologica dell’organismo che si verifica in seguito all’esposizione prolungata a temperatura ambientale elevata ed alta umidità, Continua a leggere
Arresto cardiaco: conseguenze, cause, coma, terapia, cosa fare
Con “arresto cardiaco” (anche chiamato “arresto cardiocircolatorio”) si intende un gravissimo ed improvviso deficit delle funzionalità del cuore, che cessa improvvisamente di battere in modo efficace e di conseguenza interrompe la sua azione di pompaggio del sangue in tutto il corpo, mettendo a rischio la vita stessa del paziente. L’arresto cardiaco si può verificare in caso di traumi, ad esempio un forte trauma toracico in un incidente stradale, o in caso di svariate patologie.
Quando si verifica un arresto cardiaco?
Un arresto cardiaco si verifica in caso di importanti alterazioni del ritmo cardiaco:
- asistolia;
- fibrillazione ventricolare;
- tachicardia ventricolare senza polso;
- attività elettrica senza polso o pulseless electrical activity (PEA).
Quali sono le cause di un arresto cardiaco?
Le cause di arresto cardiaco possono essere:
- cardiache (le più frequenti, spesso determinate da cardiopatia ischemica causata da ostruzione delle arterie coronarie)
- non cardiache.
Le cause non cardiache sono meno frequenti rispetto alle cardiache. Le non cardiache possono essere di due tipi:
- non cardiache meccaniche (tamponamento cardiaco, embolia polmonare, pneumotorace iperteso…);
- non cardiache anossiche (struzione delle vie aeree, eventi neurologici…).
A cosa porta un arresto cardiaco?
I tessuti corporei e cerebrali, durante un arresto cardiaco, non sono più perfusi da sangue ed ossigeno: questo comporta una veloce perdita di coscienza e delle capacità respiratorie. Un arresto cardiaco è così grave che, se non si interviene immediatamente con la rianimazione cardiopolmonare e con un defibrillatore, nel giro di pochissimi minuti provoca dei danni permanenti al cervello e la morte della persona colpita.
Sintomi e sintomi premonitori di un arresto cardiaco
L’insorgenza dell’arresto cardiaco è spesso istantanea, senza segni clinici o sintomi premonitori. In alcuni casi il paziente può avvertire una sintomatologia riferibile alla condizione clinica che è causa dell’arresto: palpitazioni, vertigini, dispnea, dolore toracico. L’obiettività in corso di arresto cardiaco è caratterizzata dall’assenza del polso centrale (carotideo), dalla perdita di coscienza, e da una serie di segni clinici che compaiono dopo un lasso di tempo variabile:
- midriasi,
- pallore,
- cianosi cutanea,
- respiro agonico,
- incontinenza sfinterica,
- rilassamento della muscolatura scheletrica.
L’evoluzione dell’arresto cardiaco verso il coma e la morte biologica irreversibile dipende in maniera critica dal tempo che intercorre tra l’evento primario e la messa in atto delle manovre assistenziali. Il cervello è molto sensibile all’anossia derivante dall’arresto di circolo: in pochi secondi si ha perdita di coscienza, mentre dopo circa 4 minuti si hanno danni irreversibili. Il cuore è meno sensibile, ma anche l’attività cardiaca va deteriorandosi nel giro di qualche minuto; la tachicardia ventricolare senza polso (TV-senza polso) e la fibrillazione ventricolare (FV), che sono in genere i ritmi di esordio dell’arresto cardiaco da ischemia miocardica, decadono in qualche minuto a FV a basso voltaggio, e infine ad asistolia: se la rianimazione cardiopolmonare non portasse alla ripresa dell’attività elettrica cardiaca, in pochi minuti si giungerebbe alla morte biologica.
Terapia: cosa fare in caso di arresto cardiaco?
Il successo delle manovre mediche applicate a un paziente in arresto cardiaco è correlato in maniera significativa al tipo di ritmo inizialmente rilevato dal defibrillatore (il cosiddetto ritmo di presentazione). I ritmi di presentazione si possono schematicamente classificare in due categorie:
- ritmi defibrillabili (tachicardia ventricolare-senza polso e fibrillazione ventricolare);
- ritmi non defibrillabili (asistolia e pulseless electrical activity, o PEA).
Se il soccorritore si trova di fronte ad un ritmo TV-senza polso/FV, ha discrete probabilità che le manovre di rianimazione abbiano successo; se rileva un’asistolia, le probabilità di successo si abbassano. Oltre al massaggio cardiaco si sono recentemente sviluppate delle tecniche rianimatorie con sistemi meccanici (speciali corpetti da apporre sul torace del paziente), che permettono un prolungamento della rianimazione sino all’arrivo in pronto soccorso.
La defibrillazione permette la cardioversione, cioè un ritorno ad un ritmo cardiaco sinusale (normale) e può essere effettuata con un defibrillatore esterno (se il soggetto non possiede un defibrillatore interno ICD) o – in casi limitati – con pugno precordiale.
La defibrillazione, se attuabile, deve avvenire nel minor tempo possibile dall’arresto cardiaco; si ritiene che per ogni minuto trascorso le probabilità di successo decadano del 7-10%. Inoltre, alcuni fattori possono intervenire riducendo le probabilità di successo, ad esempio l’ipotermia, l’ipossia, l’acidosi e l’elevata impedenza toracica.
I tempi di intervento sono importanti
Il tempo massimo per intervenire in modo efficace su un arresto cardiaco è al massimo 10 minuti; ogni minuto perso equivale a una riduzione della sopravvivenza del 7-10%. Il tempo per cardiovertire un arresto cardiaco e “resuscitare” il paziente, prima che i danni al cervello siano irreversibili, è correlato all’efficacia della rianimazione cardiopolmonare.
IMPORTANTE: In caso vi ritroviate di fronte ad un probabile arresto cardiaco e non avete né nozioni di rianimazione, né defibrillatori esterni semiautomatici/automatici, non perdete neanche un secondo e chiedete IMMADIATAMENTE soccorso medico. Un minuto in più od in meno fanno letteralmente la differenza tra la vita e la morte del paziente.
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Lo Staff di Medicina OnLine
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Diarrea in gravidanza: cosa mangiare, cosa fare e rimedi
Per comprendere meglio l’argomento, leggi prima: Perché viene la diarrea in gravidanza? Fa male al bambino? Cure e rimedi
La prima cosa che dovete fare in caso di diarrea in gravidanza è tenere sotto controllo gli episodi e condividerne le valutazioni con il proprio medico. Può esser comunque d’aiuto procedere verso una dieta in bianco, che aiuta a ridurre e regolarizzare le deposizioni. Tra i principali alimenti raccomandabili in caso di diarrea in gravidanza, il pane, le patate, le mele e le banane. Da evitare i cibi ricchi di grassi come la carne, i fritti, i legumi, i latticini in genere e i cibi molto ricchi di fibre, come vedremo in maniera più approfondita nel prossimo paragrafo. Per quanto concerne le bibite via libera ad acqua, succo di mela e succo d’uva. Evitare invece il caffè, che potrebbe irritare ulteriormente l’apparato digerente. Non appena sono visibili i primi miglioramenti, cercate di proseguire con questa buona dieta in bianco per evitare ricadute, tenendo conto che nei primi giorni derivanti alla scomparsa della diarrea sono normali alcuni giorni di stitichezza.
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Cura e prevenzione della diarrea in gravidanza in 8 passi:
1) Segui una dieta a base di banane, riso, mele e toast. Questi alimenti sono efficaci per bloccare la diarrea rendendo più solide le tue feci.
- È preferibile che il riso sia integrale, così come il pane per i toast.
- Le fibre contenute in questi alimenti assorbono acqua, rendendo le feci più solide e voluminose.
- Sia le banane che il riso sono ottime fonti di fibre.
- Le mele contengono pectina, che aiuta ad aumentare il volume delle feci e a bloccare la diarrea.
- Utilizza uno di questi cibi a ogni pasto per prevenire la diarrea.
- Saranno necessarie da 4 a 6 porzioni al giorno.
2) Mangia formaggi non fermentato, tipo il Cheddar, la Toma piemontese o l’Asiago, per introdurre enzimi in grado di solidificare le feci. Il formaggio può aiutare a solidificare le feci grazie alla presenza del caglio, una miscela di enzimi che regolano la digestione.
- Sarà sufficiente ¼ di porzione per pasto.
- Evita formaggini, formaggi spalmabili e fermentati.
- Non assumere formaggio se sei intollerante al lattosio, altrimenti potresti aggravare i sintomi.
3) Evita cibi ricchi di grassi e zuccheri.
- Evita bevande che contengono un alto contenuto di zuccheri, come quelle gassate.
- Evita altre fonti naturali di zucchero, come la frutta e i succhi.
- Una dieta ricca di zuccheri stimola la secrezione acida, causando irritazione gastrointestinale.
- I cibi ad alto contenuto di grassi non sono facilmente digeribili perché non sono idrosolubili, quindi saranno difficilmente assorbiti e digeriti.
- Questi alimenti possono causare disturbi gastrici e aggravare la diarrea.
- Esempi di alimenti che dovresti evitare sono: succhi di frutta, bevande gassate, burro, frutta secca, caramelle, gelato, carne rossa e cibi confezionati.
4) Evita alimenti che possano irritare il tratto digestivo.
- Questi alimenti comprendono: cibi piccanti, alimenti a base di caffeina e prodotti caseari.
- Esempi di alimenti che dovresti evitare sono: peperoncini piccanti, spezie, caffè, tè, bevande gassate, latte, burro e yogurt.
5) Aumenta l’assunzione di liquidi per rimanere idratato. Dal momento che la diarrea priva il tuo organismo di molta acqua, devi reidratarti.
- Bevi un litro d’acqua ogni ora per una o due ore, fino a che i sintomi non passano.
- Questo ti aiuterà a prevenire la disidratazione.
6) Mangia dei cracker. Essendo ricchi di sodio, sono utili per ripristinare gli elettroliti persi durante la diarrea.
- Mangiare cracker ogni 2 o 3 ore potrebbe aiutarti.
- Mangiare una piccola quantità di cibo può anche aiutarti a sentirti più forte fornendo al tuo organismo energia e calorie.
7) Chiedi al tuo medico se puoi bere degli sport drink, per ripristinare gli elettroliti persi.
- Queste bevande non servono per curare la diarrea, tuttavia possono aiutarti a prevenire e bloccare la disidratazione.
- Gli sport drink contengono potassio, sodio, cloruro e glucosio, importanti nutrienti da ripristinare quando hai la diarrea.
- Bevi 500 ml al giorno di sport drink.
- Leggi attentamente l’etichetta di queste bevande e consulta il tuo medico prima di assumerle.
8) Rivolgiti a un medico se hai tre o più scariche di diarrea al giorno. Durante la gravidanza, la disidratazione può essere pericolosa.
- Se hai avuto tre o più scariche di diarrea, significa che la situazione non sta migliorando.
- Devi immediatamente contattare il tuo medico che ti dirà come comportarti e quali farmaci assumere.
- Cerca di bere molto per evitare la disidratazione.
- La disidratazione può nuocere anche al bambino.
- Inoltre, se hai uno di questi sintomi, rivolgiti immediatamente a un medico:
- Diarrea grave (più di dieci scariche al giorno);
- Feci scure o presenza di sangue nelle feci;
- Febbre sopra i 37,5°C;
- Estrema secchezza alla bocca e agli occhi;
- Vertigini;
- Assenza di urinazione per più di 12 ore;
- Letargia e stordimento;
- Svenimenti.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Eutirox in sovradosaggio: cosa fare, è pericoloso, quando chiamare il medico?
La levotiroxina sodica è il principio attivo presente nel celebre farmaco Eutirox. La levotiroxina sodica è un ormone perfettamente uguale a quello prodotto dalla ghiandola tiroidea (T4), ma è ottenuto in laboratorio per via sintetica. La T4 contenuta in Eutirox viene convertita nel nostro organismo nell’ormone triiodiotironina (T3), che regola numerose funzioni del metabolismo umano. Eutirox si usa per trattare stati di ipotiroidismo come: gozzo, ipofunzione tiroidea, flogosi della tiroide, terapia sostitutiva dopo tiroidectomia (rimozione chirurgica della tiroide).
Dosaggio di Eutirox
Eutirox è presente sul mercato in compresse da diverse dosi, per adattarsi alle diverse situazioni cliniche:
- 25 mcg
- 50 mcg
- 75 mcg
- 88 mcg
- 100 mcg
- 112 mcg
- 125 mcg
- 137 mcg
- 150 mcg
- 175 mcg
- 200 mcg.
La posologia efficace del farmaco deve essere stabilita dall’endocrinologo e può variare in baso ad un miglioramento od un peggioramento dell’ipotiroidismo. Nel caso in cui si siano assunte dosi elevate del farmaco si possono riscontrare alcuni effetti collaterali. Eutirox, preso in quantitativo eccessivo, provoca infatti una concentrazione dell’ormone tiroideo troppo elevata, dannosa per la salute. In particolare si possono riscontrare fenomeni collegati ad una brusca accelerazione del metabolismo.
Sintomi e segni di sovradosaggio di Eutirox
In caso di sovradosaggio (avvenuto per aver assunto per errore troppo farmaco o per una errava valutazione terapeutica) possono manifestarsi sintomi cardiaci (ad es. dolore anginoso, aritmie cardiache, palpitazioni) e crampi della muscolatura scheletrica. In generale i sintomi più diffusi da sovradosaggio di Eutirox sono:
- nervosismo,
- iperattività,
- alterazioni della frequenza cardiaca, specie tachicardia,
- insonnia,
- alterazioni del ciclo mestruale,
- aumento del numero di defecazioni giornaliere,
- diarrea,
- eccitabilità,
- ansia,
- astenia (stanchezza generale) anche in assenza di grandi sforzi,
- crampi muscolari,
- cefalea,
- senso di malessere generale,
- vampate di calore,
- dolore al petto,
- sudorazione,
- debolezza muscolare,
- aumento della fame,
- calo ponderale.
In questi casi è consigliabile, su indicazione medica, la riduzione della posologia quotidiana o la sospensione del trattamento per alcuni giorni. Se i sintomi di sovradosaggio persistono, è consigliato consultare immediatamente il proprio medico; è importante recarsi subito dal medico anche se i sintomi sono particolarmente intensi, ad esempio in caso di severa e persistente tachicardia e/o di dolore toracico, soprattutto in caso di paziente cardiopatico.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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Crisi respiratoria acuta e rischio di morte: cosa fare?
La sintomatologia dell’insufficienza respiratoria acuta (IRA) è causata da una riduzione dell’ossigeno nel sangue: difficoltà di pensiero, instabilità dei movimenti, aumento della frequenza cardiaca e della pressione, colorito bluastro delle labbra (cianosi). Con il peggioramento del quadro clinico il battito cardiaco rallenta, si hanno shock e depressione dei centri di controllo del respiro. In altri casi si manifestano sintomi dovuti all’eccesso di anidride carbonica e cioè ansia, confusione, sonnolenza, fino ad arrivare al coma e alla morte. L’insufficienza respiratoria acuta può essere originata da vari meccanismi:
- processi che alterano il rapporto tra la ventilazione polmonare e la sua perfusione con il sangue venoso destinato all’ossigenazione (per esempio, enfisema polmonare, asma bronchiale di grado avanzato, broncopneumopatia cronica ostruttiva = BPCO);
- processi che ostacolano la diffusione dei gas respiratori (per esempio silicosi);
- processi che causano il salto della ventilazione polmonare da parte del sangue venoso (per esempio cardiopatie congenite cianogene, bronchiectasie, atelettasie, versamenti pleurici, polmoniti lobari);
- processi che riducono il ricambio dell’aria a livello alveolare per difetto di ventilazione (per esempio ostruzione delle alte vie respiratorie da parte di corpi estranei o da edema della glottide, malattie del sistema nervoso e/o muscolare che deprimono la funzione respiratoria, come in caso di intossicazione farmacologica, distrofia muscolare, miastenia grave).
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Cosa fare in caso di insufficienza respiratoria acuta?
La prima cosa è non farsi prendersi dal panico ed evitare sforzi. Purtroppo non c’è una terapia che vada bene per tutte le forme di IRA: l’ossigenoterapia è importante ma la cura vera e propria dipende dalla causa che ha scatenato la crisi. Ad esempio per l’asma si possono usare corticosteroidi per via inalatoria, i β2-agonisti a breve e a lunga durata d’azione (broncodilatatori), gli antagonisti dei recettori dei leucotrieni, la terapia con anticorpi monoclonali anti IgE ed i corticosteroidi orali a basso dosaggio. In caso di crisi quindi è importante mantenere la calma e contattare immediatamente il proprio medico o recarsi al pronto soccorso più vicino.
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Distacco di corpo vitreo: precauzioni, cosa fare, integratori utili e tempi di guarigione
L’umor vitreo è una sostanza gelatinosa dentro la camera vitrea del nostro occhio, che può staccarsi parzialmente o completamente dalla retina alla quale aderisce, il risultato è uno spostamento verso la parte centrale del bulbo oculare. Il distacco del vitreo è comune nelle persone sopra i 65 anni e può far parte del normale processo di invecchiamento dell’essere umano.
COSA È IL VITREO?
Il vitreo è contenuto nella camera vitrea, il corpo vitreo o umor vitreo è una sostanza gelatinosa che fa da supporto al cristallino nella parte anteriore del nostro bulbo oculare, e nella parte posteriore è il supporto della retina. Il vitreo costituisce circa l’80% del volume oculare. Esso è composto principalmente da:
- acqua (99%),
- acido ialuronico,
- fibre di collagene.
Queste fibre hanno il compito di far aderire bene il corpo vitreo e la retina, sono infatti delle fibre di giunzione, nel copro vitreo non passa alcun vaso sanguigno.
CAUSE DEL DISTACCO DEL VITREO
Come prima citato la prima causa del distacco del Vitreo è da addebitare all’invecchiamento, la perdita in età avanzata dell’importante acido ialuronico tende a rendere più acquoso l’umor vitreo e quindi a perdere la sua consistenza gelatinosa che porta il Vitreo a ritirarsi al centro dell’occhio staccandosi dalla retina. In questo caso gli specialisti non considerano il distacco del vitreo una malattia ma un evento di invecchiamento naturale, non esistono prove di una maggiore predisposizione di alcuni soggetti rispetto ad altri. Gli altri fattori che causano questo distacco invece sono dovuti a difetti congeniti alla vista, processi infiammatori, interventi chirurgici o traumi, i più comuni sono:
- Miopia molto forte
- Uveite
- Trattamento laser intraoculare
- Microchirurgia intraoculare
- Traumi oculari di vario tipo.
SINTOMI
Nella maggior parte dei casi il distacco del vitreo è asintomatico e quindi non determina disturbi visivi apprezzabili, è infatti difficile rendersi conto di questo stato. Quando invece il distacco è sintomatico si hanno i seguenti fastidi alla vista:
- visione sfocata: il soggetto non riesce a mettere a fuoco gli oggetti in qualunque condizione di luce;
- fotopsia: visione di cerchi, lampi o linee di luce improvvisa;
- visione dei “corpi mobili” detti anche miodesopsie: dai pazienti vengono descritti come corpi mobili di varia forma, come puntini o fili di ragnatela, alcuni invece li percepiscono come delle piccole mosche. Queste anomalie della vista hanno una grandissima variabilità, alcuni le vedono piccolissime, altri grandi e di numero variabile, da poche a moltissime. Lo stesso paziente può vedere aumentare o diminuire di numero questi corpi mobili senza una ragione apparente.
Le sintomatologie descritte possono essere anche tutte presenti in un solo soggetto, non esistono regole. Il distacco del vitreo può essere a tutti e due gli occhi e quindi bilaterale, o ad un solo occhio e quindi essere monolaterale, la condizione bilaterale è tipica dell’invecchiamento.
Cosa fare se si sospetta di avere la patologia?
Se una persona vede dei lampi di luce sul campo visivo bisogna recarsi con urgenza (lo stesso giorno) in pronto soccorso. Il medico deve valutare con cura la retina centrale e periferica ed escludere eventuali lesioni retiniche o rotture che possono evolvere nel distacco della retina. In questi casi, l’oculista può consigliare un intervento urgente per evitare che il distacco peggiori.
Se il paziente rimanda l’operazione, ci sono più difficoltà di recupero.
Il 10% dei pazienti che presentano il distacco del vitreo hanno la rottura della retina (la metà di questi hanno più lesioni).
COMPLICAZIONI
Il distacco del vitreo in una percentuale del 10% dei casi può portare a lesioni della retina. Può in alcuni casi determinare una lesione come il “foro maculare”, questa condizione porta alla formazione di una apertura sulla macula che interrompe la continuità retinica. Questa rottura della retina può portarne il distacco, questo avviene secondo degli studi nel 40% dei casi.
DIAGNOSI
Il distacco del vitreo viene diagnosticato tramite l’esame del fondo oculare da parte dell’Oftalmologo. Viene utilizzata un particolare strumento detto “lampada a fessura” che permette di visionare accuratamente retina ed umor vitreo, è infatti una sorta di microscopio che emana una forte luce del tutto innocua. Prima del controllo viene applicato nell’occhio un collirio a base di atropina che provoca la dilatazione involontaria della pupilla per un ottimale esame dell’occhio, i suoi effetti si hanno in circa 30 minuti e possono persistere fino ad oltre sei ore, non è consigliabile guidare in questo frangente di tempo.
TERAPIA DEL DISTACCO DI VITREO
Nella maggior parte dei casi la migliore terapia è attendere la spontanea scomparsa dei sintomi, che di solito avviene entro i sei mesi dal distacco del vitreo. Si raccomanda una dieta bilanciata, ricca di vitamine, sali minerali ed acqua. I pazienti possono giovarsi anche di alcuni integratori alimentari, come questi:
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Il distacco del corpo vitreo posteriore è pericoloso?
La maggior parte delle persone che sviluppano un distacco del vitreo posteriore non è in pericolo di ulteriori complicazioni all’occhio.
Il solo sintomo residuo può essere la persistenza di alcune mosche volanti nel campo visivo. Il 7-15% di coloro che hanno un distacco vitreo posteriore con corpi mobili, fulmini, lampi di luce (detti anche fosfeni) o calo della vista, può avere anche la rottura della retina. La rottura della retina può portare ad un distacco della retina.
Purtroppo, i sintomi di un distacco del vitreo senza una rottura retinica sono gli stessi di quelli con una lesione. La presenza di una lesione è riconosciuta solo da un oculista durante una visita con dilatazione della pupilla. I corpi volanti possono essere fastidiosi, ma sono innocui. Di solito persistono ma sono meno evidenti con il tempo perché affondano all’interno dell’occhio a causa della gravità e quindi si spostano dalla retina. I flash di solito regrediscono tra 4 e 12 settimane, ma in alcuni pazienti questo periodo può essere più lungo.
Precauzioni in caso di distacco del corpo vitreo
La maggior parte delle persone con un distacco del vitreo non deve stare a riposo. Non ci sono prove che se il paziente interrompe alcune attività impedisce al distacco del vitreo di causare una rottura della retina. Non esiste una prova che le seguenti attività possano causare problemi con il distacco del vitreo:
- sollevamento di carichi molto pesanti o attività fisica intensa;
- praticare sport di contatto come il rugby, arti marziali o boxe;
- sport estremi, come il bungee jumping;
- posizioni difficili assunte durante le attività come lo yoga o il pilates.
È possibile che alcune di queste attività rendono più evidenti i corpi mobili. Questo fenomeno è dovuto al movimento durante le attività fisiche, ma non ad un alterazione anatomica all’interno dell’occhio, quindi si consiglia di attendere che i corpi mobili e i flash tornino come prima. È possibile continuare con le attività quotidiane come:
- camminare;
- fare esercizi di ginnastica dolce;
- nuotare in maniera non agonistica;
- leggere;
- guardare la TV;
- utilizzare smartphone, tablet e computer.
Attualmente non ci sono prove scientifiche del fatto che volare con un aereo possa danneggiare il corpo vitreo o peggiorare la situazione.
Quali sono i tempi di guarigione? Prognosi del paziente con distacco del corpo vitreo
La maggior parte dei pazienti recupera completamente e risolve i sintomi. Il distacco non si ripara, ma i sintomi associati tendono a diminuire progressivamente e generalmente non ci sono complicazioni. La maggior parte dei pazienti si abitua gradualmente alle miodesopsie e le notano solo se guardano uno sfondo molto luminoso e tentano di concentrarsi. Per risolvere il disturbo serve un tempo estremamente variabile in base alle condizioni del paziente, generalmente servono alcuni mesi od anche più tempo.
I lampi o fotopsie si risolvono gradualmente quando il vitreo si scioglie completamente e smette di tirare sulla retina. Raramente i lampi sono così fastidiosi da considerare l’intervento chirurgico (vitrectomia).
Per approfondire:
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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Puntura di vespa e shock anafilattico: cosa fare e cosa NON fare?
In caso di shock anafilattico da puntura di vespa, o anche solo di dubbio di shock anafilattico:
Cosa fare se si sospetta uno shock anafilattico:
- Allertare immediatamente i soccorsi sanitari senza perdere tempo, magari cercando informazioni su internet!
- Sebbene la terapia vera e propria sia di esclusiva competenza medica, è bene che il soccorritore conosca a grandi linee gli interventi da porre in essere. Il farmaco salvavita in corso di shock anafilattico è rappresentato dall’adrenalina (o epinefrina) somministrata per via endovenosa, preferibilmente in infusione lenta e continua. Ad essa si associano soluzioni infusionali di tipo elettrolitico o colloidale per compensare la vasodilatazione periferica, l’ipotensione e la fuoriuscita di fluidi intravascolari nei tessuti. Ulteriori farmaci possono rendersi necessari in relazione allo stato di compromissione funzionale degli organi interessati.
- Se nei casi più lievi è generalmente sufficiente la somministrazione combinata di adrenalina ed antistaminici (che al pari dei corticosteroidi ostacolano l’attività dei mediatori vasoattivi coinvolti nello shock), in quelli più gravi è necessario assicurare il mantenimento della pervietà delle vie aeree, ricorrendo all’ossigenoterapia o ad interventi chirurgici in caso di necessità.
- Di fronte al sospetto di shock anafilattico, in attesa dei soccorsi sanitari il malcapitato dev’essere posto nella posizione antishock → supino con le gambe sollevate di circa 30 cm (ad esempio con l’ausilio di una sedia). Se possibile, il paziente andrà posizionato in modo che il capo si trovi inferiormente a ginocchia e bacino. Questa posizione, detta di Trendelenburg, risulta particolarmente utile perché favorisce il ritorno venoso agli organi vitali (cuore e cervello) per semplice effetto della gravità.
- In attesa dei soccorsi sanitari, la persona colpita da shock anafilattico dev’essere rassicurata e per quanto possibile confortata sulle sue condizioni e sull’arrivo dell’ambulanza.
Cosa NON fare se si sospetta uno shock anafilattico:
- Se lo shock anafilattico è causato dalla puntura di un’ape, il pungiglione non dev’essere estratto con le pinzette o con le dita, dal momento che la compressione dello stesso aumenterebbe il rilascio del veleno; piuttosto, si consiglia di raschiarlo via con un’unghia o con carta di credito. Ad ogni modo, recenti studi hanno dimostrato che ciò che conta realmente è la rapidità di intervento; più tempo passa tra la puntura e l’estrazione del veleno, maggiore è il rilascio dello stesso; secondo questi studi, non sarebbe quindi tanto importante la tecnica di estrazione, quanto piuttosto la rapidità d’intervento.
- La posizione antishock non dev’essere adottata qualora si sospettino traumi a livello della testa, del collo, della schiena o delle gambe.
- Se il malcapitato lamenta difficoltà respiratorie non porre rialzi o cuscini sotto la testa, né tanto meno somministrare pillole, liquidi o alimenti; queste operazioni, infatti, rischiano seriamente di aggravare l’ostacolo al passaggio di aria nelle vie aeree che tipicamente accompagna gli episodi di shock anafilattico.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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