Pressione arteriosa: valori normali e patologici

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma PRESSIONE ARTERIOSA VALORI NORMALI PATOLOGICI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano.JPGLa pressione arteriosa corrisponde a quanto “viene spinto” il sangue all’interno delle arterie ed è riassunta da due misure, la pressione sistolica (anche detta “pressione massima” o semplicemente “massima”) e quella diastolica (anche detta “pressione minima” o “minima”), che dipendono dal fatto che il muscolo cardiaco periodicamente prima si contrae (fase di sistole) e poi si rilassa (fase di diastole), quindi durante la contrazione cardiaca la pressione sarà più elevata (massima) e quando il cuore si rilassa sarà più bassa (minima). La pressione si misura in mmHg (millimetri di mercurio).

La pressione sanguigna normale a riposo è compresa tra i 100 e i 130 mmHg di sistolica e tra i 60 e gli 85 mmHg di diastolica.

La diagnosi di ipertensione arteriosa viene considerata quando vi è una pressione frequentemente pari o superiore ai 140 mmHg di pressione sistolica e 90 mmHg di pressione diastolica.

L’ipertensione arteriosa è un pericoloso fattore di rischio cardiovascolare e dovrebbe essere sempre evitata. 

Valori di pressione arteriosa Sistolica/diastolica
PRESSIONE ECCESSIVAMENTE BASSA (GRAVE IPOTENSIONE ARTERIOSA) < 50/33 mmHg
PRESSIONE TROPPO BASSA < 60/40 mmHg
PRESSIONE BASSA < 90/60 mmHg
PRESSIONE ARTERIOSA OTTIMALE <115/75 mmHg
PRESSIONE ARTERIOSA ACCETTABILE < 130/85
PRE-IPERTENSIONE 130-139 / 85-89 mmHg
IPERTENSIONE DI STADIO 1 140-159 / 90-99 mmHg
IPERTENSIONE DI STADIO 2 >160 / >100 mmHg
IPERTENSIONE DI STADIO 3                                                         >180/110 mmHg

Range di normalità dei valori pressori nelle varie fasce di età

I valori indicativi della pressione arteriosa variano di poco con l’aumento dell’età del soggetto.

  • Per i soggetti con età compresa tra i 15 e i 19 anni l’intervallo ideale è compreso tra i 105/73 e i 120/81 mmHg.
  • La fascia delle persone tra 20 e 24 anni dovrebbe indicativamente avere dei valori compresi tra 108/75 e 132/83 mmHg.
  • I riferimenti per chi ha tra i 25 e i 29 anni sono 110/77 mmHg come minimo e 133/84 mmHg come massimo.
  • Superiamo la soglia dei 30 anni e consideriamo coloro che arrivano fino a 34 anni. Qui l’intervallo corretto entro cui rientrare è tra 111/78 e 134/85 mmHg.
  • Per chi ha un’età compresa tra i 35 e i 39 anni i livelli di pressione dovrebbero essere tra i 112/79 e i 135/86 mmHg.
  • Arriviamo ai soggetti che vanno dai 40 ai 44 anni. Per non avere problemi di salute i loro valori dovrebbero essere compresi tra i 113/80 e i 136/87 mmHg.
  • Per coloro che hanno tra i 45 e i 49 anni l’intervallo ideale è tra 115/80 e 139 /88 mmHg.
  • Superiamo i 50 anni e arriviamo fino ai 54 anni. Per chi si trova in questa fascia la pressione arteriosa non dovrebbe scendere al di sotto di 116/81 mmHg e non superare i 142/89.
  • Per chi ha un’età compresa tra i 55 e i 59 i livelli sono 118/82 e 144/90 mmHg.
  • La fascia di chi ha tra i 60 e i 64 anni ha valori di riferimento che vanno da un minimo di 120/83 ad un massimo di 147/91 mmHg.

Dai 30 anni in poi è sempre bene monitorare periodicamente la pressione arteriosa e aggiornare il proprio medico curante su improvvisi aumenti: ciò è particolarmente valido per quelle persone che hanno famigliarità con l’ipertensione arteriosa, cioè hanno in famiglia dei casi di ipertensione (ad esempio genitori con pressione alta).

Strumenti necessari per misurare la pressione

Per misurare la pressione arteriosa, sono necessari uno sfigmomanometro ed uno stetoscopio.

Sfigmomanometri manuali

La scelta dello strumento adatto a volte può risultare difficile, vista l’enorme quantità di strumenti attualmente sul mercato: a tale scopo il nostro Staff sanitario ha selezionato per voi i migliori sfigmomanometri manuali professionali, elencati in ordine di prezzo decrescente:

A tali strumenti dovrete aggiungere anche uno stetoscopio, i nostri preferiti sono:

Se invece preferite comprare in un’unica soluzione sia sfigmomanometro che stetoscopio, ecco i migliori prodotti selezionati per voi dallo Staff sanitario:

Sono strumenti ben costruiti, venduti in tutto il mondo e, pur avendo un prezzo contenuto, sono estremamente precisi e professionali, inoltre includono nella confezione anche uno stetoscopio il che vi eviterà di doverlo comprare a parte.

Sfigmomanometri automatici digitali

Se non sapete come utilizzare uno sfigmomanometro manuale potete leggere la nostra guida, oppure acquistare uno strumento digitale che misura in modo automatico la pressione: è necessario solo indossare l’apposito bracciale e dare avvio alla procedura senza neanche avere lo stetoscopio, che è invece necessario con gli strumenti manuali.

Sono apparecchi ottimamente costruiti, facili da usare ed estremamente precisi e professionali: con essi misurare la vostra pressione arteriosa sarà facile come premere un tasto!

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Sistole e diastole nel ciclo cardiaco: fasi durata e spiegazione

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma CICLO CARDIACO CUORE FASI DURATA SPIEGO Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgCos’è il ciclo cardiaco? Da quali fasi è composto? A che serve? Vediamolo insieme.
Per tutta la nostra vita il cuore sano, per svolgere la sua funzione di pompa del sangue, alterna in modo altamente preciso due fasi:

  • Fase di diastole: è la fase dove avviene il rilasciamento del miocardio (il muscolo cardiaco);
  • Fase di sistole: è la fase dove avviene la contrazione del miocardio (il muscolo cardiaco).

Durante la diastole, le cavità cardiache – cioè gli atri (cavità superiori) ed i ventricoli (cavità inferiori) – si allargano e si riempiono di sangue.
Durante la sistole, invece, le stesse cavità si contraggono e si svuotano di sangue.
L’alternanza tra diastole e sistole prende il nome appunto di ciclo cardiaco.

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La sistole può dividersi in due momenti: la sistole atriale, che corrisponde alla contrazione dei soli atri e serve a travasare il sangue nei ventricoli, e la sistole ventricolare, che corrisponde alla contrazione dei soli ventricoli e serve a pompare il sangue nei vasi sanguigni.

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Come la sistole, anche la diastole consta di due momenti: la diastole atriale, che è la riespansione degli atri prima di una nuova sistole atriale, e la diastole ventricolare, che è la riespansione dei ventricoli prima di una nuova sistole ventricolare. Pertanto sistole e diastole si accavallano nel tempo, iniziando quando una ha già avuto parziale svolgimento.

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Che differenza c’è tra sistole e diastole?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma DIFFERENZA TRA SISTOLE E DIASTOLE CUORE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgLa parola “sistole” indica la contrazione di un organo. Nel ciclo cardiaco si alternano sistole e diastole. La parola sistole, pur usata quasi sempre in ambito cardiaco tanto che è diventata sinonimo di contrazione del miocardio, è usata anche in riferimento ad altri organi: per esempio la “sistole caliciale” identifica la fase di contrazione dei calici renali per spremere le piramidi e aiutare il deflusso di urina.

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La sistole nel ciclo cardiaco

  • Nella sistole atriale si ha la contrazione del miocardio (il muscolo cardiaco) degli atri (le camere superiori del cuore) ed il sangue in essi contenuti – grazie a tale contrazione – passa nei ventricoli, in seguito agli impulsi generati dal nodo senoatriale. Nell’elettrocardiogramma, la sistole atriale inizia poco dopo la rilevazione dell’onda P.
  • Nella sistole ventricolare, la contrazione dei ventricoli (le camere inferiori del cuore) genera una pressione che fa fluire il sangue verso i polmoni e verso l’aorta (complesso QRS dell’elettrocardiogramma). Il volume di sangue che rimane nel ventricolo dopo la contrazione è detto Volume Telesistolico. L’incisura dicrotica corrisponde a un piccolo aumento della pressione aortica che si ha subito dopo il termine della sistole cardiaca, in corrispondenza della chiusura della valvola semilunare aortica.

La parola “diastole” indica invece il rilassamento del muscolo cardiaco, che avviene subito dopo la contrazione (sistole).

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La diastole nel ciclo cardiaco

  • Nella diastole atriale, gli atri si rilasciano e la pressione al loro interno decresce.
  • Nella diastole ventricolare, la pressione nei ventricoli decresce dai valori del picco raggiunti durante la sistole e nel momento in cui la pressione del ventricolo sinistro va al di sotto della pressione dell’atrio sinistro, la valvola mitrale si apre e il sangue fluisce dall’atrio accumulandosi nel ventricolo (volume telediastolico).

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Differenza tra controindicazione assoluta e relativa con esempi

MEDICINA ONLINE FARMACO FARMACIA PHARMACIST PHOTO PIC IMAGE PHOTO PICTURE HI RES COMPRESSE INIEZIONE SUPPOSTA PER OS SANGUE INTRAMUSCOLO CUORE PRESSIONE DIABETE CURA TERAPIA FARMACOLOGICA EFFETTI COLLATERALI CONTROLe “controindicazioni” (in inglese “contraindication“) sono tutte quelle circostanze che sconsigliano l’impiego di un farmaco, di una terapia o di un procedimento diagnostico, in quanto aumentano il rischio nell’utilizzo di quel farmaco. Le controindicazioni possono essere assolute o relative.

Controindicazione assoluta
La controindicazione si intende “assoluta” quando mancano del tutto circostanze ragionevoli per intraprendere una determinata azione (assumere farmaci, svolgere terapie o essere sottoposto a procedimenti diagnostici) che dovrebbe portare migliorie alle condizioni del soggetto, dal momento che i rischi che si corrono nel compiere l’azione, superano i benefici. Vi è un confine fra le controindicazioni e la libertà del medico di farle eseguire al paziente: quando le controindicazioni sono così elevate da non giustificare il trattamento, il medico infrange la deontologia medica nel metterlo in atto. Ad esempio:

  • se un bimbo mostra febbre e si somministra Acido acetilsalicilico, ciò comporta sindrome di Reye, una malattia che aumenta i sintomi influenzali, fino a condizioni correlate di elevata gravità come perdita di memoria e coma, causata soprattutto da tale somministrazione.
  • se un soggetto è portatore di pacemaker, alcune terapie riabilitative (magnetoterapia) e la risonanza magnetica sono controindicate in modo assoluto.

Controindicazione relativa
La controindicazione si dice “relativa” quando una persona ha un elevato rischio di complicanze nell’utilizzare un dato trattamento o utilizza altre terapie in concomitanza che alleviano tali complicanze, oppure quando i rischi provenienti dal non effettuare quel trattamento si dimostrano molto superiori alle possibili controindicazioni. Ad esempio una donna incinta dovrebbe evitare l’assunzione di alcuni farmaci e l’esposizione ai raggi X, ma esistono condizioni di una certa gravità in cui si procede lo stesso ad una data terapia o procedimento diagnostico, dal momento che i rischi del non mettere in atto tali pratiche, superano di gran lunga il metterle in atto.

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Forsizia: cos’è e quali proprietà curative possiede?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma FORSIZIA COSE PROPRIETA CURATIVE CONTAGION Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Pene.jpgSe avete visto ed apprezzato il film del 2011 Contagion di Steven Soderbergh, decisamente profetico se pensiamo ai numerosi parallelismi rispetto alla pandemia da Covid, sapete che il Continua a leggere

Cataplessia: significato, cause e cura

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma CATAPLESSIA SIGNIFICATO CAUSE CURA DORMI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgLa cataplessia è un disturbo neurologico raro, ma comune nei soggetti affetti da narcolessia (si verifica in circa il 70% dei casi). Può manifestarsi con una serie di cambiamenti fisici, parziali o generalizzati: dalla difficoltà nell’articolare le parole (disartria), alla debolezza delle ginocchia, fino alla completa atonia. Durante un attacco cataplettico, il soggetto perde il controllo volontario dei muscoli e può cadere a terra, ma rimane sempre cosciente e vigile. Gli episodi possono durare pochi minuti e sono spesso innescati da uno stimolo emotivo come il riso, la paura, la rabbia, la sorpresa o l’eccitazione. Il trattamento prevede l’uso di farmaci anticataplettici (sodio oxibato o antidepressivi).

Quanto dura un attacco cataplettico?
Nella maggior parte dei casi, gli attacchi sono transitori e cessano improvvisamente, dopo pochi secondi o qualche minuto. Un episodio cataplettico è considerato “tipico”, quando è di breve durata (

Quante volte si può verificare un attacco cataplettico?
La cataplessia può verificarsi occasionalmente, con uno o due episodi in un anno, o più volte al giorno.

Leggi anche: Differenze tra fase REM e NON REM del sonno

Cause della cataplessia
L’esatta causa della cataplessia è sconosciuta, ma la condizione è fortemente associata a stimoli emotivi. Le emozioni che possono innescare un evento cataplettico includono: risate, paura, rabbia, frustrazione, irritazione, nervosismo, imbarazzo e tristezza. Appena la stimolazione viene ridotta, la persona riprende il normale controllo muscolare. Le emozioni possono essere anche di modesta entità, mentre altre volte un attacco subentra in modo spontaneo, in assenza di una causa apparente.
La perdita di tono muscolare, che si verifica nella cataplessia, assomiglia all’interruzione dell’attività muscolare che si verifica naturalmente durante il sonno REM: l’improvvisa debolezza dei muscoli del corpo potrebbe essere causata da un’inibizione massiccia dei motoneuroni nel midollo spinale, provocata da una disfunzione del ciclo sonno-veglia. Utilizzando un modello animale, gli scienziati hanno appreso che questo stesso gruppo di neuroni risulta inattivo durante gli attacchi cataplettici.

Leggi anche: Differenze tra attacco cataplettico ed attacco epilettico

Ruolo dell’ipocretina nella cataplessia
La cataplessia è associata a livelli significativamente ridotti di ipocretina, un neuropeptide prodotto nell’ipotalamo, di primaria importanza nella regolazione del sonno, così come degli stati di eccitazione. Secondo alcuni ricercatori, alla base di questa deplezione esisterebbe un meccanismo autoimmune. La cataplessia può anche manifestarsi come effetto collaterale della sindrome da sospensione degli SSRI (gli “inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina” appartengono alla classe farmaceutica degli antidepressivi non triciclici).

Leggi anche: Paralisi del sonno e allucinazioni ipnagogiche: cause, pericoli, rimedi

Narcolessia e cataplessia
La cataplessia si riscontra spesso in associazione con la narcolessia, un disturbo neurologico cronico caratterizzato da un’eccessiva sonnolenza diurna (ipersonnia) e da crisi di sonno improvvise. Quando i pazienti manifestano entrambe le condizioni si parla di sindrome di Gélineau.
Gli attacchi di cataplessia rendono la diagnosi di narcolessia più certa, soprattutto quando si presentano segni come eccessiva sonnolenza diurna (EDS), allucinazioni e altre manifestazioni indesiderate che accompagnano il sonno REM. Tuttavia, è importante ricordare che non tutti i pazienti narcolettici manifestano episodi di cataplessia.

Condizioni associate alla cataplessia
La cataplessia può essere associata ad altre condizioni patologiche. In particolare, è considerata secondaria quando è provocata da specifiche lesioni cerebrali, localizzate prevalentemente nell’ipotalamo laterale (responsabili di una deplezione dell’ipocretina). Le lesioni del tronco cerebrale possono determinare, invece, casi isolati di cataplessia; queste comprendono: tumori encefalici (ad esempio: astrocitoma, glioblastoma, glioma e subependimoma) e malformazioni artero-venose. Altre condizioni in cui la cataplessia può essere riscontrata includono: eventi ischemici, sclerosi multipla, traumi cranici, sindromi paraneoplastiche e infezioni, come l’encefalite. La cataplessia può verificarsi anche in modo transitorio o permanente per lesioni dell’ipotalamo causate da interventi chirurgici, soprattutto nel caso di resezioni tumorali particolarmente complesse.

Sintomi della cataplessia
La cataplessia è estremamente imprevedibile, sia per quanto riguarda la gravità, che la frequenza. La perdita di tono muscolare varia da un indebolimento appena percettibile dei muscoli facciali, al cedimento degli arti superiori o inferiori, fino alla completa atonia muscolare. Queste manifestazioni improvvise possono provocare il collasso posturale e la caduta del paziente. Durante gli attacchi di cataplessia, sia lievi che gravi, la persona rimane pienamente cosciente, quindi è consapevole di tutto ciò che accade attorno (da qui l’ipotesi della disfunzione del sonno-veglia: si verifica l’atonia della muscolatura come durante la fase REM, ma il soggetto è vigile). La cataplessia si manifesta più frequentemente in periodi di stress emotivo e in caso di carenza di sonno. La cataplessia è un disturbo facilmente trascurato e spesso non diagnosticato, che può influenzare le attività più elementari della vita quotidiana.

Leggi anche: Narcolessia: cause, sintomi, cure e terapia farmacologica

Trattamento della cataplessia
La cataplessia si riscontra raramente durante una visita ambulatoriale e la diagnosi può essere formulata da uno specialista che abbia familiarità con la condizione. La misurazione dei livelli di ipocretina nel liquido cerebrospinale può confermare la diagnosi.
La cataplessia è trattata farmacologicamente. Il primo prodotto approvato dalla FDA per il trattamento della cataplessia, in relazione con la narcolessia è lo Xyrem ® (sodio oxibato). I sintomi possono essere repressi con l’aiuto di antidepressivi triciclici e inibitori della ricaptazione della serotonina. Nonostante la sua relazione con la narcolessia, nella maggioranza dei casi, la cataplessia deve essere trattata in modo separato.

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Cataplessia

Cos’è la Cataplessia?

La cataplessia è un’improvvisa e transitoria perdita del tono muscolare, provocata da una forte emozione o da una crisi di riso. Il soggetto colpito collassa improvvisamente a terra senza perdere conoscenza.

CataplessiaLa cataplessia è un disturbo neurologico raro, ma comune nei soggetti affetti da narcolessia (si verifica in circa il 70% dei casi). Può manifestarsi con una serie di cambiamenti fisici, parziali o generalizzati: dalla difficoltà nell’articolare le parole (disartria), alla debolezza delle ginocchia, fino alla completa atonia. Durante un attacco cataplettico, il soggetto perde il controllo volontario dei muscoli e può cadere a terra, ma rimane sempre cosciente e vigile. Gli episodi possono durare pochi minuti e sono spesso innescati da uno stimolo emotivo come il riso, la paura, la rabbia, la sorpresa o l’eccitazione. Il trattamento prevede l’uso di farmaci anticataplettici (sodio oxibato o antidepressivi).

Cause

L’esatta causa della cataplessia è sconosciuta, ma la condizione è fortemente associata a stimoli emotivi. Le emozioni che possono innescare un evento cataplettico includono: risate, paura, rabbia, frustrazione, irritazione, nervosismo, imbarazzo e tristezza. Appena la stimolazione viene ridotta, la persona riprende il normale controllo muscolare. Le emozioni possono essere anche di modesta entità, mentre altre volte un attacco subentra in modo spontaneo, in assenza di una causa apparente.
La perdita di tono muscolare, che si verifica nella cataplessia, assomiglia all’interruzione dell’attività muscolare che si verifica naturalmente durante il sonno REM: l’improvvisa debolezza dei muscoli del corpo potrebbe essere causata da un’inibizione massiccia dei motoneuroni nel midollo spinale, provocata da una disfunzione del ciclo sonno-veglia. Utilizzando un modello animale, gli scienziati hanno appreso che questo stesso gruppo di neuroni risulta inattivo durante gli attacchi cataplettici.

Ruolo dell’ipocretina

La cataplessia è associata a livelli significativamente ridotti di ipocretina, un neuropeptide prodotto nell’ipotalamo, di primaria importanza nella regolazione del sonno, così come degli stati di eccitazione. Secondo alcuni ricercatori, alla base di questa deplezione esisterebbe un meccanismo autoimmune

Altre considerazioni

La cataplessia può anche manifestarsi come effetto collaterale della sindrome da sospensione degli SSRI (gli “inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina” appartengono alla classe farmaceutica degli antidepressivi non triciclici).

Narcolessia e Cataplessia

La cataplessia si riscontra spesso in associazione con la narcolessia, un disturbo neurologico cronico caratterizzato da un’eccessiva sonnolenza diurna(ipersonnia) e da crisi di sonno improvvise. Quando i pazienti manifestano entrambe le condizioni si parla di sindrome di Gélineau.

Gli attacchi di cataplessia rendono la diagnosi di narcolessia più certa, soprattutto quando si presentano segni come eccessiva sonnolenza diurna (EDS), allucinazioni e altre manifestazioni indesiderate che accompagnano il sonno REM. Tuttavia, è importante ricordare che non tutti i pazienti narcolettici manifestano episodi di cataplessia.

Condizioni associate

La cataplessia può essere associata ad altre condizioni patologiche. In particolare, è considerata secondaria quando è provocata da specifiche lesioni cerebrali, localizzate prevalentemente nell’ipotalamo laterale (responsabili di una deplezione dell’ipocretina). Le lesioni del tronco cerebrale possono determinare, invece, casi isolati di cataplessia; queste comprendono: tumoriencefalici (ad esempio: astrocitoma, glioblastoma, glioma e subependimoma) e malformazioni artero-venose. Altre condizioni in cui la cataplessia può essere riscontrata includono: eventi ischemici, sclerosi multipla, traumi cranici, sindromi paraneoplastiche e infezioni, come l’encefalite. La cataplessia può verificarsi anche in modo transitorio o permanente per lesioni dell’ipotalamo causate da interventi chirurgici, soprattutto nel caso di resezioni tumorali particolarmente complesse.

Sintomi

La cataplessia è estremamente imprevedibile, sia per quanto riguarda la gravità, che la frequenza. La perdita di tono muscolare varia da un indebolimento appena percettibile dei muscoli facciali, al cedimento degli arti superiori o inferiori, fino alla completa atonia muscolare. Queste manifestazioni improvvise possono provocare il collasso posturale e la caduta del paziente. Durante gli attacchi di cataplessia, sia lievi che gravi, la persona rimane pienamente cosciente, quindi è consapevole di tutto ciò che accade attorno (da qui l’ipotesi della disfunzione del sonno-veglia: si verifica l’atonia della muscolatura come durante la fase REM, ma il soggetto è vigile). La cataplessia si manifesta più frequentemente in periodi di stress emotivo e in caso di carenza di sonno.

La cataplessia è un disturbo facilmente trascurato e spesso non diagnosticato, che può influenzare le attività più elementari della vita quotidiana.

Raffreddore: rimedi naturali e farmacologici

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma RAFFREDDORE RIMEDI NATURALI E FARMACI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgIl raffreddore è una rinofaringite acuta infettiva virale causata solitamente (ma non esclusivamente) da Rhinovirus (virus a RNA appartenenti alla famiglia Picornaviridae). Questo virus causa una infezione delle prime vie respiratorie – in particolare del naso e della gola – che è fastidiosa ma di solito non grave. I sintomi del raffreddore comprendono:

  • starnuti,
  • produzione abbondante di muco,
  • congestione nasale,
  • catarro,
  • mal di gola,
  • tosse,
  • mal di testa,
  • sensazione di stanchezza.

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Si tratta della malattia umana più comune: infetta gli adulti in media 2-4 volte l’anno, e i ragazzi in età scolare fino a 12 volte l’anno; in talune popolazioni non è raro incontrare tassi di infezione superiori a 3 all’anno per persona. Il raffreddore comune è distinto dall’influenza, che è un’infezione virale più seria del tratto respiratorio, caratterizzata dall’insorgenza di ulteriori sintomi quali un rapido innalzamento della temperatura, brividi di freddo, dolori muscolari. Per quanto il raffreddore comune in sé non sia generalmente rischioso per la vita del paziente, le sue complicazioni, quali per esempio la polmonite, possono esserlo.

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Raffreddore: rimedi casalinghi

  • Salvia: sapevate che la salvia oltre ad essere un potente antibatterico è efficace anche contro il raffreddore? Basta mettere in infusione 3 foglie di salvia in una tazza di latte bollente dolcificato con il miele. Dopo 10 minuti togliere le foglie e degustare lentamente. Sembra che sia un vero e proprio toccasana.
  • Sambuco: da bere ogni giorno fino a guarigione completa. Come? Mettendo in infusione le bacche di sambuco in una tazza di acqua calda, lasciare riposare 10 minuti, filtrare e bere. Semplice, rapido e casalingo, la tisana al sambuco è un rimedio della nonna per il raffreddore tra i più antichi. Se vi fosse anche un po’ di febbre, un ottimo rimedio è la tisana fatta con parti uguali di foglie di tiglio e sambuco, da bere calda.
  • Brodo di pollo: tra i rimedi veloci per il raffreddore c’è certamente il brodo di pollo. Usato da generazioni e generazioni, il brodo di pollo aiuta ad allontanare il raffreddore grazie al brodo caldo che agisce come antiinfiammatorio.
  • Bagno caldo: vecchio come il cucco, il bagno caldo è un rimedio che fa bene per tante patologie. Nel caso del raffreddore è un coaudivante della congestione. Aggiungendo poi all’acqua calda alcune gocce di essenza di menta, il naso ne gioverà.
  • Aglio e limone: dal gusto deciso e di sicuro successo è la tisana a base di aglio e limone in cui è possibile aggiungere un po’ di miele per rendere il sapore più gradevole. Come si prepara questo rimedio della nonna per il raffreddore? Semplicemente mescolando il succo di 1 limone con uno spicchio di aglio tritato in una tazza di acqua calda. Lasciare in infusione per qualche minuto e bere ancora caldo. Si consiglia di assumere questo trattamento almeno 2 o 3 volte al giorno per tutta la durata dei sintomi.
  • Zenzero e limone: limone antisettico naturale è protagonista di molte ricette contro il raffreddore. In questo caso si accompagna con lo zenzero e acqua calda per preparare un infuso capace di decongestionare le mucose in modo molto rapido.
  • Inalazioni: le inalazioni sono rimedi tipici per chi è congestionato. Farli è molto semplice: è sufficiente prendere una ciotola di acqua bollente, mettere in infusione alcune gocce di olio essenziale di menta o di tea tree oil, coricarsi sulla bacinella, coprirsi con un asciugamano e respirare profondamente. I vapori aiuteranno il muco a sciogliersi regalando un respiro fluido. Da fare al bisogno o prima di coricarsi. Molto valide anche le inalazioni con acqua calda e sale rosa.

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Raffreddore: rimedi farmacologici

I trattamenti che aiutano ad alleviare i sintomi includono l’assunzione di semplici analgesici e antipiretici come l’ibuprofene ed il paracetamolo (Tachipirina). È stato provato che i medicinali contro la tosse non sono più efficaci degli analgesici semplici e non sono raccomandati per l’uso nei bambini a causa della scarsa efficacia e per i loro potenziali effetti collaterali. Negli adulti, la rinorrea può essere ridotta grazie all’assunzione di antistaminici di prima generazione, tuttavia, il loro uso è associato a effetti indesiderati quali la sonnolenza. Gli antistaminici di seconda generazione, invece, non sembrano essere efficaci. I decongestionanti come la pseudoefedrina risultano essere utili, mentre gli spray nasali a base di ipratropio possono ridurre la rinorrea ma sono poco attivi sulla congestione nasale e controindicati per lunghi periodi.
Gli antibiotici non hanno alcun effetto contro le infezioni virali e quindi non hanno alcuna efficacia contro i virus che causano il raffreddore comune, tuttavia essi sono ancora frequentemente prescritti, specie nel tentativo di escludere eventuali complicazioni che potrebbero essere sensibili agli antibiotici. Non vi sono farmaci antivirali efficaci per il trattamento causale del raffreddore comune, anche se alcune ricerche preliminari hanno dimostrato benefici per alcune molecole.

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Consigli pratici:

  • non usare fazzoletti di stoffa, ma privilegiare quelli di carta e usarne sempre uno nuovo ogni volta che ci si soffia il naso;
  • il naso va soffiato molto spesso: meno tempo rimane il muco nelle narici e più rapidamente se ne andrà l’infezione;
  • è importante che la casa sia continuamente aerata, anche se la stagione è fredda, per non consentire ai batteri di proliferare con più facilità;
  • bere molta acqua aiuta a fluidificare il muco e quindi ne favorisce l’espulsione.

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Tumore del colon retto: terapia personalizzata col test RAS

Work of scientists in the chemical laboratory.

La personalizzazione del trattamento per ciascun paziente con tumore del colon-retto con metastasi ha l’obiettivo di ottenere il massimo vantaggio, in termini di efficacia, dalla somministrazione dei farmaci a bersaglio. A tale scopo il medico che ha in cura il malato può richiedere un esame di laboratorio chiamato esame (test) del RAS. Questo esame definisce particolari caratteristiche genetiche delle cellule tumorali. Quando nelle cellule si verifica una variazione dei geni, si parla di mutazione. I geni indicati con l’acronimo RAS, includono il KRAS e il NRAS. I geni RAS funzionano come “interruttori” che attivano i meccanismi di crescita e replicazione delle cellule tumorali e possono essere nello stato normale (definito in inglese wild-type: “tipo selvaggio”) o mutato (alterato) . Il test RAS identifica i pazienti con tumore del colon-retto metastatico nei quali una particolare terapia biologica, con anticorpi monoclonali anti-EGFR, è più efficace in base alla presenza di geni RAS normali o mutati.

La terapia personalizzata: i biomarcatori RAS

La risposta dei singoli pazienti ai trattamenti antitumorali è variabile. Non tutti i pazienti hanno lo stesso beneficio dallo stesso farmaco. Questo avviene sia per la chemioterapia, che per le terapie biologiche a bersaglio molecolare. Tuttavia, la ricerca scientifica sta progressivamente evidenziando particolari caratteristiche, proprie del paziente o del tumore, che permettono di prevedere chi ha più probabilità di giovarsi di un determinato trattamento. Tali caratteristiche corrispondono a variabili di laboratorio definite “biomarcatori”. Grazie alle informazioni fornite dai biomarcatori, i medici sono in grado di personalizzare la terapia e di aumentare le probabilità  di successo, nei soggetti sensibili al trattamento. Per i pazienti con tumore del colon-retto metastatico i biomarcatori sono le mutazioni dei geni RAS (KRAS e NRAS).

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Il test RAS

Il test dei RAS solitamente non richiede procedure invasive aggiuntive, in quanto viene eseguito sui campioni di tessuto (biopsie) raccolti nel corso della valutazione della malattia. L’esame dei RAS, consistente in un’analisi di tipo genetico, viene eseguito su una piccola quantità di materiale bioptico prelevato dal tumore primario o dalle metastasi. Il risultato dell’esame dei RAS, normalmente disponibile in circa una decina di giorni, valuta i geni KRAS e NRAS, indicando se tali geni sono presenti allo stato normale (o wild-type) o mutato. Lo stato normale dei geni KRAS e NRAS indica che il paziente ha maggiori probabilità di rispondere a una terapia a base di anticorpi monoclonali anti-EGFR, mentre nei casi con geni KRAS e NRAS mutati la somministrazione del farmaco non è indicata perché non efficace.

I geni e le proteine RAS

KRAS e NRAS sono i nomi, sia dei geni RAS, che delle proteine che essi codificano. Le proteine RAS giocano un ruolo importante nel processo di crescita e moltiplicazione cellulare, infatti, agiscono come “interruttori” che servono ad “accendere”, a seguito della interazione fra EGF e recettore, la moltiplicazione cellulare. Nelle cellule normali e in quelle del tumore del colon-retto metastatico senza mutazioni dei geni RAS, tali interruttori si accendono e poi si spengono immediatamente, in un’alternanza che attiva o disattiva, appunto, la replicazione cellulare. Se uno dei geni RAS non è mutato, gli anticorpi che bloccano il recettore dell’EGF (anti-EGFR) si sono dimostrati un valido strumento terapeutico per contrastare il tumore del colon-retto metastatico. Se invece il gene RAS è mutato, cioè è modificato nella sua composizione, anche la proteina da esso prodotta sarà diversa, e si comporterà come un interruttore perennemente “acceso”, indipendentemente dagli stimoli esercitati dal fattore di crescita EGF. Le mutazioni dei geni RAS sono presenti circa nel 45% dei tumori del colon-retto metastatici.
I biomarcatori sono estremamente importanti nel trattamento dei tumori, in quanto aiutano i medici a scegliere i trattamenti che presumibilmente saranno più efficaci per ciascun paziente. In particolare l’esame di geni RAS si esegue nei laboratori di anatomia patologica e biologia molecolare dei principali ospedali italiani.

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