Trombo: cause, classificazione, trombosi venose, arteriose e sistemiche

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma TROMBO CAUSE CLASSIFICAZIONE VENOSE ARTERI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari A Pene.jpgIl trombo è una massa solida costituita da fibrina contenente piastrine, globuli rossi e bianchi, che si forma per coagulazione del sangue all’interno di un sistema cardiovascolare non interrotto: questa caratteristica lo distingue dal coagulo, che invece si forma all’esterno del sistema cardiovascolare quando esso presenti un’interruzione, oppure all’interno di un sistema cardiovascolare dopo la morte dell’individuo. I trombi possono formarsi in qualsiasi punto del sistema cardiovascolare e sono sempre ancorati alla parete del vaso.

La formazione di un trombo ha cause riconducibili essenzialmente a tre alterazioni predisponenti principali, descritte dalla cosiddetta triade di Virchow:

  • Lesione dell’endotelio (incluso qualsiasi tipo di disfunzione endoteliale). Questo è l’unico fattore della triade in grado di determinare completamente ed autonomamente una trombosi. Un danno alla superficie interna di un vaso provoca il rilascio, da parte delle cellule endoteliali, di varie sostanze, tra cui le endoteline (potenti vasocostrittori che agiscono nelle arteriole a livello della lesione) ed il fattore di von Willebrand (vWF), una proteina che permette l’adesione piastrinica mediando l’interazione tra le piastrine e la matrice extracellulare esposta, che è trombogenica. Per indurre la formazione di un trombo non è però necessario esclusivamente un danno fisico alle cellule endoteliali, sono sufficienti alterazioni delle loro attività pro- ed anti-trombotiche, come una maggiore produzione di fattori coagulanti o una diminuita produzione dei fattori anticoagulanti. L’ulcerazione di placche aterosclerotiche può esporre la matrice sottoendoteliale e causare inoltre stasi e turbolenza ematica.
  • Stasi venosa o turbolenza del flusso sanguigno. La turbolenza può essere causa di danno o disfunzione endoteliale, di flussi controcorrente, o di zone di stasi; la stasi sanguigna a sua volta rappresenta la causa più importante dei trombi. Stasi e turbolenza promuovono l’attivazione dell’endotelio in senso pro-coagulativo, portano le piastrine a contatto con l’endotelio, impediscono la rimozione e la diluizione dei fattori della coagulazione attivati nonché l’afflusso dei fattori che inibiscono la coagulazione.
  • Ipercoagulabilità (detta anche trombofilia). L’ipercoagulabilità è l’alterazione delle vie della coagulazione, ed è il fattore meno frequente nelle trombosi; può essere classificata in forme primarie (o genetiche), e forme secondarie (od acquisite).

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Caratteristiche e classificazione dei trombi

I trombi arteriosi o intracardiaci solitamente insorgono a causa di danni endoteliali; quelli venosi invece per stasi.

A seconda della sede e delle circostanze del loro sviluppo, i trombi assumono caratteristiche differenti; essi vengono classificati in base a tre caratteristiche: la loro composizione (elementi corpuscolati e fibrina), le loro dimensioni e la loro sede. La caratteristica che accomuna tutti i tipi di trombi è che la loro direzione di accrescimento è sempre rivolta verso il cuore: nel caso dei trombi venosi, la distribuzione dei fattori protrombotici avviene lentamente ed omogeneamente lungo tutto il corpo del trombo permettendo una crescita in direzione del cuore; nel caso dei trombi arteriosi, l’impetuosità del flusso permette l’azione dei fattori protrombotici solo alla cima del trombo, cioè nella parte che per prima viene a contatto col flusso.

In base alla composizione si distinguono tre tipi di trombi, dovuti ai diversi effetti possibili della velocità del flusso ematico e della rapidità della coagulazione:

      • Trombi bianchi: formati da piastrine, fibrina e pochi globuli rossi e pochi globuli bianchi; sono peculiari delle arterie, dove il flusso veloce non permette di catturare globuli rossi;
      • Trombi rossi o “da stasi”: formati da piastrine, fibrina e molti globuli rossi e molti globuli bianchi; sono peculiari delle vene, per la lentezza del flusso;
      • Trombi variegati: presentano zone chiare e zone rosse alternate (strie di Zahn), a causa di un lento processo di aggregazione piastrinica che ha intrappolato alcuni globuli rossi nei momenti di bassa velocità del flusso ematico (condizione che si verifica, ad esempio, dopo ogni contrazione a livello del cuore e del primo tratto dell’aorta).

In base alle dimensioni si distinguono in trombi:

      • ostruttivi: che occludono l’intero lume del vaso;
      • parietali: che non occludono tutto il vaso;
      • a cavaliere: situati sullo sprone di una biforcazione.

Infine i trombi si possono ancora suddividere per sede:

      • arteriosi: sono quelli che causano gli infarti; si formano in particolare nelle coronarie, nelle arterie cerebrali e in quelle degli arti inferiori;
      • venosi: sempre occlusivi, si formano in sede di dilatazione del vaso (varici) o di ulcere; si formano per il 90% negli arti inferiori ma possono interessare anche gli arti superiori, la prostata, le vene ovariche ed uterine;
      • intracardiaci: localizzati in particolare negli atri
      • aneurismatici: localizzati nel falso lume di aneurismi arteriosi.

Sono inoltre detti trombi murali quelli formatisi nelle cavità cardiache o nell’aorta.

Classificazione delle trombosi

Trombosi venose

      • Flebotrombosi
      • Trombosi venosa profonda
      • Tromboflebite
      • Sindrome della classe economica
      • Sindrome di Paget-von Schroetter

Trombosi arteriose

      • Trombosi ascendente dell’aorta addominale: si ha quando una placca aterosclerotica interessa cronicamente il carrefour aortico, oppure le arterie iliache comuni. Mentre circoli collaterali sostengono il flusso all’arto, evitando di dare una sintomatologia importante, a monte della stenosi aterosclerotica si ha flusso turbolento e stasi ematica che causano trombosi. Quest’ultima sale sia “capillarmente”, cioè arrampicandosi lungo le pareti dell’aorta, sia “orizzontalmente” con strati che si sovrappongono. Ciò comporta:
      1. Sindrome di Leriche, caratterizzata da assenza dei polsi su entrambi gli arti, claudicatio glutea ed impotenza nel maschio.
      2. Quando la trombosi arriva alla arteria mesenterica inferiore e la blocca, vengono compromessi i circoli collaterali che la stessa arteria mesenterica inferiore rifornisce.
      3. Salendo blocca anche le arterie lombari con conseguente ischemia midollare e paraplegia.
      4. Può arrivare alle arterie renali dando insufficienza renale acuta.

Trombosi sistemiche

  • Trombocitopenia indotta da eparina
  • Phlegmasia coerulea dolens
  • Sindrome da anticorpi antifosfolipidi

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Autoregolazione ed importanza del flusso sanguigno cerebrale

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma AUTOREGOLAZIONE FLUSSO SANGUIGNO CEREBRALE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari A Pene.jpgI meccanismi fisiologici alla base dell’autoregolazione vascolare del flusso arterioso cerebrale sono molteplici e finalizzati alla modulazione del tono arteriolareIl tono arteriolare aumenta (per aumentare la pressione) quando la pressione sistolica si abbassa e si riduce (per diminuire la pressione) quando la pressione sistolica si eleva. Il termine d’autoregolazione cerebrovascolare si riferisce alla proprietà dei vasi di resistenza cerebrali di dilatarsi quando la pressione arteriosa è ridotta e di costringersi quando è aumentata. Lo scopo di questo meccanismo è di mantenere costante il flusso durante le variazioni della pressione di perfusione cerebrale.

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Danni ai vasi 
Gli aggiustamenti vascolari responsabili dell’autoregolazione dipendono dall’integrità dell’endotelio. Il circolo cerebrale in condizioni di normale funzionamento non risente pertanto delle variazioni della forza con cui il cuore pompa sangue in circolo: poiché il flusso a livello di circolazione cerebrale deve essere costante: non c’è una pressione diastolica ed una sistolica e la pressione venosa è anch’essa costante. Tramite il meccanismo di autoregolazione il cervello “non vede” l’escursione della pressione sistolico-diastolica come accade negli altri tessuti del corpo, meno sensibili a variazioni di flusso/pressione. Con l’età questa autoregolazione viene mano a mano a diminuire a causa delle alterazioni degenerative della parete vasale (arteriosclerosi). Se infatti l’autoregolazione è resa difficoltosa dalla presenza di lesioni arteriose arteriosclerotiche c’è maggior rischio che il flusso ematico diminuisca a livelli “anossici” per il non adeguato innesco delle variazioni di tono arteriolare. Così accade, ad esempio, che la riduzione della gittata cardiaca quale si può avere nella insufficienza cardiaca o nell’infarto cardiaco, produce riduzione del flusso cerebrale solo se l’autoregolazione è inefficiente (per rigidità arteriosclerotica delle arteriole cerebrali).

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L’importanza dei barocettori
Importante anche ricordare che a livello del bulbo è situato un centro vasomotore la cui attività ha lo scopo di mantenere stabile la pressione arteriosa generale: a tale centro arrivano impulsi provenienti da recettori di pressione (barocettori) situati nel seno carotideo e nell’arco aortico, impulsi di tipo inibitorio nei confronti dell’aumento dei valori pressori. Se tali barocettori non funzionano, a causa della presenza di placche arteriosclerotiche sui grossi vasi del collo, manca tale azione inibitoria con il risultato di notevoli fluttuazioni pressorie, di per sé pericolose per il flusso cerebrale specie se è inefficiente l’autoregolazione.Va sottolineato che il cervello consuma 1/10 del sangue ossigenato di tutto il corpo pur pesando solo 1/40 del peso corporeo totale. Ciò dovuto al suo metabolismo rigorosamente aerobico che utilizza pertanto ossigeno. È sufficiente un arresto del flusso cerebrale di circa 10 secondi per produrre perdita di coscienza ed arresti di flusso che durino 4-8 minuti sono in grado di generare lesioni cerebrali gravi ed irreversibili.

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Edema infiammatorio e vasi sanguigni nell’infiammazione

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma EDEMA INFIAMMATORIO VASI INFIAMMAZIONE SAN Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari A Pene.jpgPer capire i concetti di seguito spiegati, è necessario un breve ripasso su alcuni meccanismi fisiologici.
Perché non si modifichi il volume del liquido extracellulare ci dev’essere un equilibrio tra entrata ed uscita di liquido nei capillari. I parametri che regolano questo processo sono le pressioni idrostatiche e colloido-osmotiche di sangue e liquido extracellulare. La pressione idrostatica nelle arteriole si aggira intorno ai 30 mmHg mentre nelle venule essa è di circa 8/10 mmHg. La pressione osmotica è invece determinata dalle proteine del plasma che si oppongono all’uscita di plasma. La differenza di pressione colloido-osmotica tra interno ed esterno è di circa 18/20 mmHg. Nella parte arteriolare la pressione idrostatica è maggiore di 18 mmHg e perciò l’acqua tende ad uscire. Il contrario avviene nella parte venulare. Al netto vi è una piccola parte di liquido che esce in eccesso ma esso è drenato dal sistema linfatico.

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Cosa si verifica in caso di infiammazione?
Nell’infiammazione acuta si verificano due eventi:

  • aumento di flusso con conseguente aumento della pressione idrostatica. Questo si verifica anche in caso di un arrossamento non infiammatorio ed in questo caso il sistema linfatico sarebbe perfettamente in grado di drenare il liquido extravasato;
  • la permeabilità alle proteine si modifica. Le giunzioni tra le cellule endoteliali si allentano lasciando passare proteine plasmatiche: così anche la differenza di pressione colloido-osmotica tra capillari ed interstizio si affievolisce. Si forma quindi l’essudato (l’edema infiammatorio).

L’edema non è un evento esclusivo del processo infiammatorio (esiste anche l’edema non infiammatorio, chiamato anche trasudato) ma quello infiammatorio si caratterizza per la ricchezza in proteine del liquido extravasato perché l’infiammazione varia la permeabilità dei capillari alle proteine plasmatiche.

Perché l’edema infiammatorio è importante?
L’edema ha una funzione importante nel processo della guarigione perché:

  • l’aumento di liquido nella zona extracellulare tende a diluire qualsiasi sostanza tossica ivi presente;
  • l’aumento di permeabilità alle proteine permette ad alcune di queste, come le Ig o le proteine del complemento, di raggiungere il sito di infiammazione;
  • l’aumento di flusso permette che nella zona arrivi una maggiore quantità di sostanze utili per rigenerare i tessuti danneggiati;
  • aumento di flusso attraverso i vasi linfatici fa sì che più facilmente gli antigeni provenienti dalle zone infiammate raggiungano i linfonodi.

Si può valutare il processo infiammatorio dal tipo di proteine che extravasano: tanto maggiore è l’insulto infiammatorio tanto più marcata sarà la contrazione delle cellule endoteliali e tanto più grandi sono le proteine che raggiungono il liquido interstiziale. Oltre alla contrazione può darsi che un ruolo nell’edema possa essere ricoperto dall’aumento della transcitosi. Se l’endotelio viene danneggiato tanto che anche eritrociti possono passare nel liquido interstiziale allora si parla di infiammazione emorragica.

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Aldosterone: sintesi, funzioni e rapporto con ACTH

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma ALDOSTERONE SINTESI FUNZIONI RAPPORTO ACTH Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari A Pene.jpgL’aldosterone è un ormone steroideo prodotto dalla zona glomerulare della corticale del surrene. È il capostipite degli ormoni mineralcorticoidi che, come i glucocorticoidi, vengono prodotti nella corteccia del surrene, ma attraverso due vie biosintetiche distinte. A differenza del glucocorticoide cortisolo, il controllo della sintesi non dipende principalmente dalla tropina ipofisiaria ACTH: infatti, liberazione di aldosterone nell’organismo dipende da diversi fattori, i più importanti dei quali sono l’aumento della concentrazione extracellulare di potassio che agisce direttamente sulla corteccia surrenale e l’attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone per l’aumento della pressione arteriosa.

L’aldosterone si forma nella zona glomerulare del surrene a partire dal corticosterone – corticosterone che va incontro ad un idrossilazione in posizione 18 per dare origine tramite la 18 idrossilasi, enzima mitocondriale, al 18 –  idrossicorticosterone; questo è un ormone che ha una breve emivita essendo poco stabile e viene quindi poi convertito in aldosterone tramite l’aldosterone sintetasi.

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Le zone della corteccia surrenale danno origine a diversi prodotti prima di tutto a causa delle diverse attività enzimatiche presenti; la 18 idrossilasi e l’aldosterone sintetasi sono enzimi molto presenti nella zona glomerulare e quasi assente nella fascicolata per cui il mineralcorticoide nella fascicolata non si forma ma si forma prevalentemente se non unicamente nella zona glomerulare. Inoltre è importante puntualizzare che: tutto parte dal colesterolo, progesterone e pregnenolone; nella zona glomerulare il pregnenolone e il progesterone  possono subire l’azione della 17 idrossilasi per formare il 17 idrossipregnenolone o il 17 idrossiprogesterone; questi due ormoni nella zona glomerulare non si possono formare perché la 17 idrossilasi è quasi assente per cui il progesterone e il pregnenolone nel momento in cui questa via è bloccata devono seguire questa via per arrivare alla formazione del corticosterone, quindi si forma il deossicorticosterone e il corticosterone.

Non ci sono vie 17 alfa idrossilasiche che possono trasformare il pregnenolone in progesterone perché questa attività enzimatica è assente a livello della zona glomerulare; quindi da un lato perché manca la 17 alfa idrossilasi, dall’altro perché è presente la 18 idrossilasi presente nell’aldosterone sintetasi  sono motivi per indicare che la prevalente se non esclusiva sintesi di aldosterone è a livello della zona glomerulare; anche se l’ACTH (ormone adrenocorticotropo o corticotropina, in inglese Adreno Cortico Tropic Hormone) stimola la biosintesi steroidea la biosintesi dell’androsterone è dipendente anche dal sistema renina – angiotensina.

In che modo l’ACTH facilità la sintesi di questi steroidi?

L’ormone adrenocorticotropo è un ormone proteico prodotto dalle cellule dell’ipofisi anteriore (adenoipofisi). Viene sintetizzato, previo distacco di amminoacidi, a partire dalla proteina proopiomelanocortina (POMC). Svolge anche funzione di neurotrasmettitore oppioide. L’ACTH ha come bersaglio la zona corticale della ghiandola surrenale e stimola la formazione di glucocorticoidi (tra cui il più importante è il cortisolo) che influenzano il metabolismo degli zuccheri e la formazione di androgeni che hanno una funzione muscolarizzatrice.

L’ACTH agisce su recettori di membrana accoppiati con le proteine G e questi recettori sono localizzati sulla corticale; le proteine g attivano l’adenilato ciclasi con produzione di cAMP che agisce sulla PKA che va a fosforilare un enzima che è il CEH che non è altro che la colesteril estere idrolasi che una volta fosforilato dalla PKA rende il colesterolo disponibile sottoforma libera perché il colesterolo all’interno delle cellule della corticale è presente sottoforma di estere del colesterolo che non può essere utilizzato. Una grande quantità di colesterolo è immagazzinata nelle LDL, quindi quando giungono alla membrana della corticale del surrene vengono invaginate e il colesterolo viene attaccato dalle colesterolo estere idrolasi quando è necessario attivare la steroideo genesi (ACTH) altrimenti rimangono immagazzinate nelle LDL come pool.

Gran parte degli ormoni vengono veicolati da proteine di trasporto ematico per cui avremo sempre una quota libera e una complessata; per quanto riguarda i glucocorticoidi il 75% è trasportato dalla transcortina che è una proteina specifica, un 15% dall’albumina e il 10 % è la quota libera. Per quanto riguarda l’aldosterone (mineralcorticoide) la quota libera è intorno al 30 – 40 %, anche questo viene complessato da proteina ma abbiamo una quota libera consistente. Questi ormoni in effetti vengono metabolizzati a livello epatico sottoforma di ormoni coniugati con l’acido glicuronico a formare il tetraidro cortisolo glucuronide (cortisolo) e (corticosterone) il tetraidro cortisone glicuronide che vengono poi escreti.

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Labbra blu: da cosa sono causate e come si curano in bimbi ed adulti

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Bimbo con Tetralogia di Fallot

Il colorito blu delle labbra si verifica quando la cute labiale assume una colorazione bluastra. In linea generale, questo segno è causato da una carenza di ossigeno nel sangue o a temperature estremamente basse. Quando la cute diventa bluastra, si parla di cianosi. Più comunemente, le labbra blu sono causate da una carenza di ossigeno nel sangue (ipossiemia): questo può accadere quando ci si trova ad altitudini elevate o in caso di soffocamento. Tale sintomo può anche essere dovuto a condizioni croniche sottostanti, come malattie polmonari o difetti cardiaci cronici. La mancanza di ossigeno nel sangue, indipendentemente dalla causa, porta alla colorazione bluastra della cute specie a carico di mani, piedi e labbra.
Le labbra blu sono un segno che in alcuni casi può indicare la presenza di una grave condizione medica, che necessita di essere valutata prontamente dal medico.

IMPORTANTE: Qualora le labbra blu siano accompagnate da altri segni e sintomi di grave entità, come difficoltà respiratoria, dolore toracico irradiato al braccio sinistro, letargia, vertigini, febbre alta o svenimento, si consiglia di chiamare immediatamente il Numero Unico per le Emergenze 112 o di recarsi presso il pronto soccorso più vicino.

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Sintomi e segni

Il colorito blu delle labbra è esso stesso un sintomo (più correttamente, in medicina, si parla di “segno”) ed è generalmente causato da freddo intenso o da carenza di ossigeno nel sangue. In caso di colore bluastro delle labbra da carenza di ossigeno, le labbra blu potrebbero essere accompagnate da altri sintomi e segni, tra cui:

  • frequenza respiratoria rapida (tachipnea);
  • dispnea (difficoltà a respirare normalmente);
  • ispessimento dei tessuti subungueali (posti sotto l’unghia);
  • cianosi (colorazione bluastra della cute);
  • letargia;
  • stanchezza/affaticamento;
  • perdita di coscienza.

In alcuni casi, le labbra blu possono essere un sintomo di una condizione estremamente grave per la quale è necessaria una valutazione medica immediata. Si consiglia di chiamare il 118 o di recarsi presso il pronto soccorso più vicino in presenza di uno qualsiasi dei seguenti sintomi:

  • febbre molto alta;
  • dolore toracico;
  • dolore toracico irradiato al braccio sinistro;
  • senso di oppressione al petto;
  • grave dispnea (grave difficoltà di respirazione);
  • grave letargia;
  • vertigini;
  • svenimento.

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Cause e fattori di rischio negli adulti

Come accennato precedentemente, la carenza di ossigeno nel sangue è di solito la causa più comune di insorgenza di labbra blu, tuttavia anche alcune condizioni metereologiche ed ambientali possono provocare tale segno, in particolare negli adulti. Possono causare labbra blu:

  • esposizione improvvisa a freddo estremo;
  • esposizione prolungata a freddo moderato;
  • altitudini elevate.

La diminuzione dei livelli di ossigeno nel sangue (ipossiemia) è sicuramente la causa di labbra blu più pericolosa. L’ipossiemia può essere dovuta a una serie di condizioni sottostanti, tra cui:

  • infezioni polmonari (ad esempio Covid-19);
  • asma bronchiale;
  • broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO, che include enfisema e bronchite cronica);
  • neoplasie polmonari;
  • polmonite;
  • insufficienza respiratoria;
  • ipertensione polmonare (ipertensione a carico delle arterie polmonari).

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Anche altre condizioni e malattie che coinvolgono altri sistemi corporei possono diminuire i livelli di ossigeno nel sangue e causare e/o favorire l’insorgenza di labbra blu, tra cui:

  • anemia;
  • difetti cardiaci congeniti;
  • insufficienza cardiaca congestizia (deterioramento della capacità del muscolo cardiaco di pompare sangue);
  • laringite difterica/croup (malattia virale);
  • epiglottite (infiammazione e gonfiore estremamente gravi a carico dell’epiglottide, lamina cartilaginea posta fra la lingua e la trachea);
  • infarto del miocardio (attacco di cuore);
  • metaemoglobinemia (emoglobina anomala che può essere causata da alcuni farmaci o tossine);
  • fenomeno di Raynaud (spasmi dei piccoli vasi sanguigni della dita di mani e piedi, che riducono la circolazione sanguigna; il fenomeno di Raynaud è secondario a molti disturbi autoimmuni come il lupus);
  • fumo;
  • uso di droghe;
  • uso di alcuni farmaci;
  • cattiva circolazione;
  • dieta squilibrata.

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Condizioni che causano o favoriscono la comparsa di labbra blu e che richiedono immediato intervento medico, sono:

  • soffocamento (ad esempio da corpo estraneo);
  • avvelenamento/intossicazione;
  • attacchi convulsivi prolungati;
  • embolia polmonare (ostruzione di una arteria polmonare dovuta ad un coagulo di sangue proveniente dalla circolazione venosa sistemica);
  • insufficienza cardiaca;
  • arresto cardiaco;
  • insufficienza respiratoria;
  • arresto respiratorio.

Leggi anche: Igiene orale: consigli e prodotti per pulire lingua, denti e bocca

Quali sono le cause labbra blu nei neonati e nei bambini?

Idealmente, le labbra di un bambino, di un neonato o di un lattante dovrebbero essere rosa. Oltre alle labbra, nessuna parte del corpo del bambino dovrebbe diventare blu o viola, poiché la cianosi potrebbe significare che il bimbo ha una quantità insufficiente di ossigeno nel sangue. La cianosi nei bimbi è causata spesso dall’esposizione a freddo intenso o da difetti cardiaci congeniti, ma altre cause possono includere convulsioni, shock settico e le malattie polmonari come l’asma o la polmonite. Detto questo è bene sapere che la cianosi non è sempre indice di patologia. In realtà, molti neonati e bambini piccoli normalmente sperimentano lievi macchie blu sulle mani e sui piedi. In termini medici si chiama come cianosi periferica: essa di solito si risolve nel corso del tempo e non deve destare preoccupazione. Le labbra blu nei bambini possono essere un’indicazione di una patologia o condizione pre-esistente, come ad esempio:

  • asma;
  • anemia;
  • bronchite;
  • malattia polmonare ostruttiva cronica;
  • metemoglobinemia;
  • epiglottite;
  • tetralogia di Fallot;
  • cardiopatia cianotica e altri disturbi cardiaci;
  • shock;
  • soffocamento;
  • esposizione ad ambienti freddi;
  • tosse prolungata;
  • trasposizione dei grossi vasi.

Se si nota che il bambino ha le labbra blu, specie se si associano dispnea (difficoltà a respirare), letargia o comunque un comportamento del bimbo diverso dall’usuale, andare rapidamente al pronto soccorso pediatrico del più vicino ospedale.

Per approfondire:

Potenziali complicanze

Come abbiamo visto, le labbra blu in alcuni casi possono indicare una condizione sottostante o una malattia di grave entità. Una celere valutazione medica può contribuire a identificare la causa del problema. Una volta diagnosticata la condizione o la malattia sottostanti, è essenziale che il paziente segua il piano di cura formulato dal medico. Questo ridurrà il rischio di insorgenza di potenziali complicazioni, tra cui:

  • insufficienza cardiaca e arresto cardiaco;
  • insufficienza respiratoria e arresto respiratorio;
  • ictus cerebrale;
  • coma e decesso.

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Diagnosi

Una volta che il paziente si rechi dal medico presentando delle labbra bluastre o violastre, saranno necessari vari step per poter capire la causa a monte che le determina, tra cui:

  • anamnesi (raccolta dei dati del paziente e di eventuali sintomi);
  • esame obiettivo (raccolta di eventuali altri segni: osservazione delle labbra, del torace, dell’addome, auscultazione del torace, eventuale palpazione, percussione…);
  • esami di laboratorio (esame del sangue venoso periferico, emogasanalisi, esame delle urine…);
  • altri esami (spirometria, radiografia del torace, tc del torace, ecografia addominale, elettrocardiogramma, ecocolordoppler, biopsia…).

Non tutti gli esami sono necessari per raggiungere una diagnosi.

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Terapie

Le labbra blu possono essere causate da varie condizioni e patologie, quindi non esiste una cura unica che risolva la situazione in tutti i casi. La terapia deve essere organizzata in base alla causa a monte che ha determinato la comparsa di labbra blu. Ad esempio se le labbra blu sono determinate da freddo intenso, in genere basterà riscaldare l’ambiente per far tornare normali le labbra. Valori al saturimetro di SpO² compresi tra 90 e 95% indicano una parziale assenza dell’ossigeno (lieve ipossia, potenzialmente indice di patologia), mentre valori al di sotto del 90% non sono fisiologici ed indicano una severa deficienza di ossigeno (grave ipossia) che necessita di ossigenoterapia e di assistenza ventilatoria urgente per il bambino e l’adulto. Se presente una anemia da carenza di ferro, potrebbe essere necessaria la somministrazione di preparati a base di ferro ber via orale. In caso di asma bronchiale possono essere usati usati corticosteroidi inalatori, come il beclometasone, il budesonide o il flunisolide. Se presente una tetralogia di Fallot, sarà necessario un intervento chirurgico.

I migliori prodotti per l’igiene orale

Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche per la cura ed il benessere della bocca e del viso, in grado di migliorare l’igiene orale, combattere l’alito cattivo, pulire la lingua dalla patina ed idratare le labbra:

Per approfondire:

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Poligono di Willis: anatomia e varianti anatomiche

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma POLIGONO DI WILLIS ANATOMIA VARIANTI ANA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgIl Poligono di Willis, anche chiamato Circolo di Willis (Circle of Willis in inglese) è importante sistema di anastomosi arteriose (cioè di comunicazioni tra vasi arteriosi) a pieno canale presente alla base della scatola cranica, così chiamato in onore al medico inglese Thomas Willis. Rappresenta la confluenza di tre arterie principali:

  • l’arteria basilare, che è formata dalla confluenza delle arterie vertebrali destra e sinistra (prime collaterali della succlavia);
  • le due arterie carotidi interne (destra e sinistra).

Il Poligono di Willis può essere ricondotto idealmente ad un ettagono (cioè un poligono che ha sette lati e sette angoli) avente come lati: anteriormente le 2 arterie cerebrali anteriori (destra e sinistra) che si uniscono attraverso l’arteria comunicante anteriore; posteriormente le 2 arterie cerebrali posteriori (destra e sinistra); tra arteria cerebrale anteriore e posteriore di ogni lato c’è l’arteria comunicante posteriore.

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Quindi andando in senso orario troviamo:

  • arteria cerebrale anteriore di sinistra;
  • arteria comunicante anteriore;
  • arteria cerebrale anteriore di destra;
  • arteria comunicante posteriore di destra;
  • arteria cerebrale posteriore di destra;
  • arteria cerebrale posteriore di sinistra;
  • arteria comunicante posteriore di sinistra.

Tutti questi rami, ad eccezione dell’arteria cerebrale posteriore, ramo dell’arteria basilare, derivano dall’arteria carotide interna. La terminologia poligono è tuttavia anatomicamente poco corretta, e dovrebbe essere abbandonata in favore del nome più appropriato, ovvero circolo. Difatti la grande variabilità anatomica dell’organismo umano raramente si traduce in forme poligonali (o riconducibili a poligoni) del circolo arterioso, che comunemente risulta addirittura incompleto per l’assenza dell’arteria comunicante anteriore. Questa vasta anastomosi garantisce un’equa distribuzione di sangue alle strutture encefaliche, che si realizza attraverso un continuo compenso pressorio tra le arterie carotidi e le arterie vertebrali.

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L’interconnessione tra vasi sanguigni (anastomosi) dovrebbe proteggere il cervello quando parte del suo rifornimento è bloccata. Il sistema anastomotico dovrebbe garantire un’appropriata irrorazione dei tessuti cerebrali, ma le anastomosi non sono sempre in grado di compensare l’ostruzione di una delle arterie del circolo, risultando in una ridotta capacità di prevenire efficacemente l’anossia di una o più parti del territorio di distribuzione vascolare. È infine da notare che questo sistema, per mezzo dell’arteria cerebrale anteriore, forma un arco anastomotico con l’arteria angolare del naso (ramo della carotide esterna), pur non creando un’anastomosi funzionale.

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Poligono di Willis: varianti anatomiche
Nei soggetti normali possono riscontrarsi varianti anatomiche, essenzialmente rappresentate da:

  • nascita delle due arterie cerebrali anteriori da una sola carotide;
  • arteria cerebrale posteriore dipendente dalla carotide invece che dalla basilare;
  • grande differenza di calibro delle due arterie vertebrali.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Rottura della milza: cosa si prova e qual è la terapia?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma ROTTURA DELLA MILZA PROVA TERAPIA SINTOMI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari An Pene.jpgIn un precedente articolo, ci eravamo chiesti dove si trova, com’è fatta ed a cosa serve la milza, oggi invece cercheremo di capire quello che succede quando si verifica la “rottura della milza”.

Un organo frequentemente sottoposti a traumi
La milza è un organo che si danneggia frequentemente in caso di traumi a livello toracico-addominale o per traumi in altri distretti che si o si ripercuotono indirettamente su di essa. Tra tutti, la milza è infatti l’organo interno più frequentemente leso nei traumi toraco-addominali, questo a causa:

  • della sua fragilità intrinseca;
  • della ricca vascolarizzazione;
  • della sua posizione;
  • della presenza di un lungo peduncolo vascolare (arteria e vena lienale);
  • della connessione ai vari legamenti che le trasmettono sollecitazioni provenienti da altri organi.

Quali sono le cause di rottura della milza?
Come abbiamo appena visto, la rottura della milza può essere causata da traumi violenti (come incidenti stradali, un pugno molto forte, un proiettile…). Tuttavia ci sono delle circostanze, non così rare, in cui la milza diviene particolarmente suscettibile alla rottura, anche a seguito di traumi modesti o insignificanti, come un colpo di tosse, uno starnuto, un conato di vomito, lo sforzo alla defecazione, od una palpazione troppo vigorosa dell’organo. In genere, il rischio di rotture spontanee o secondarie a traumi minimi è elevato in caso di splenomegalia (ingrossamento della milza), specie se severo. Ecco allora che la rottura della milza diviene più comune nel corso di alcune malattie, come la mononucleosi infettiva, la malaria, la schistosomiasi, la cirrosi, le anemie emolitiche (es. talassemia), il morbo di Gaucher, la sarcoidosi, la leucemia a cellule capellute, la leucemia cronica mielogenica, la leucemia cronica linfocitica ecc. Per questa ragione, in questi individui (per es. ai ragazzi affetti da mononucleosi infettiva) la pratica di sport di contatto o ad alto rischio di traumi è caldamente sconsigliata dai medici.

Leggi anche: La milza è un organo indispensabile? Se viene asportata cosa può succedere?

Cosa si prova in caso di rottura della milza?
In presenza di un trauma violento dell’addome il paziente lamenta un dolore intenso in questa regione (ipocondrio sinistro, quadrante supero-laterale sinistro dell’addome), che si irradia alla spalla omolaterale (sinistra) ed è aggravato dalla palpazione. Le pareti addominali appaiono ipercontratte e l’addome disteso per l’accumulo di sangue nella cavità addominale; inoltre, il sanguinamento interno porta gradualmente ad uno stato si shock emorragico, segnalato da sintomi come pallore, ansietà, tachicardia, stordimento e confusione. Non sempre, però, le manifestazioni cliniche della rottura splenica si instaurano così precocemente; l’emorragia, infatti, può non essere immediata ma verificarsi in un secondo tempo, con una latenza di qualche giorno dal trauma ed insorgenza tardiva dei disturbi, anche a distanza di 6-7 giorni dall’incidente. Naturalmente, la rottura della milza può essere isolata o associata a lesioni di altri organi, che complicano le manifestazioni cliniche e la prognosi; quando vi è associazione con lesioni di altri organi, la mortalità per rottura splenica è elevata (10-20%), mentre in caso di lesione isolata la mortalità si aggira al 4%.

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Come si fa diagnosi di rottura della milza?
I mezzi diagnostici essenziali sono la TAC e l’ecografia, che avvalorano il sospetto emerso dall’esame fisico del paziente; anche il lavaggio peritoneale ha un’importante utilità diagnostica (si introduce un piccolo catetere, un tubicino di plastica flessibile, nell’addome, per aspirare ed analizzare il liquido aspirato ricercando la presenza di sangue).

Emergenza medica o terapia conservativa
Le lesioni spleniche possono essere lievi o di grossa entità; a seconda della gravità della situazione le possibili terapie sono quella conservativa o quella chirurgica. A tal proposito leggi: Rottura della milza: terapia conservativa o chirurgica?

Per approfondire sulla terapia chirurgica che consiste nella rimozione della milza, leggi questo articolo: Splenectomia parziale e totale: perché si esegue e quali sono i rischi

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo

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Cefalea coitale ed orgasmica: il mal di testa durante il sesso e l’orgasmo

MEDICINA ONLINE SPERMA LIQUIDO SEMINALE PENIS VARICOCELE HYDROCELE IDROCELE AMORE DONNA PENE EREZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE VAGINA SESSULITA SESSO COPPIA LOVE COUPLE FRINEDS LOVMal di testa e dolori acuti alla testa colpiscono 1 persona su 100 durante o appena concluso il rapporto sessuale. Il disturbo prende il nome di cefalea coitale, colpisce maggiormente il sesso maschile ed è spesso associato ad un aumento del dolore a mano che ci si avvicina all’orgasmo (cefalea orgasmica). L’incidenza è molto maggiore dell’1% in chi fa uso di cocaina e altre droghe eccitanti. Al momento dell’orgasmo solitamente il dolore tende apparentemente a sparire “coperto” dal forte piacere sessuale per poi ripresentarsi alcuni secondi dopo il termine dell’orgasmo. Il British Journal of Medical Practitioners classifica tale patologia come una forma di cefalea sessuale benigna. Si tratta di un malessere che difficilmente viene confessato al proprio medico, anche perché sono temporanei, ma che non dovrebbero essere sottovalutati.

Tipo di dolore
La cefalea sessuale (coitale ed orgasmica) è descritta come un sintomo doloroso pulsante che colpisce la testa, con partenza dalla base del cranio, che passa dalla nuca fino alla parte anteriore del capo, alle tempie ed alla zona situata dietro gli occhi.

Cause della cefalea sessuale
Le cause scatenanti della cefalea sessuale non sono ancora state chiarite completamente, ma si ipotizza che il dolore possa essere scatenato da un aumento della pressione arteriosa che si verifica durante il rapporto sessuale e che tende ad aumentare, al pari della frequenza cardiaca, in prossimità dell’orgasmo.

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Da non sottovalutare
Questo disturbo non dovrebbe essere sottovalutato, in quanto il dolore ad esso legato può nascondere e mascherare – in rari casi – i sintomi di patologie più gravi, come tumore al cervello, aneurisma, ictus o malattie della colonna vertebrale.

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Cure e rimedi
Non esistono vere cure definitive per il problema. Dopo aver appurato che il dolore alla testa avvertito nel corso del rapporto sessuale non è altro che cefalea coitale, un modo per diminuirlo potrebbe essere quello di dedicarsi alle attività sessuale in una stanza ben areata e di ricordare di seguire una alimentazione priva di cibi quali formaggi e crostacei, alcol e cioccolato, in quanto potrebbero acuire i sintomi. Importante è astenersi dall’assunzione di bevande eccitanti, cocaina ed altre droghe. Anche importante è limitare al massimo i fattori di stress e dormire una quantità adeguata di ore. Altri rimedi – come l’assunzione di farmaci analgesici prima del rapporto, devono essere prescritti dal medico, specie se il soggetto soffre di malattie cardiovascolari o assume farmaci. E’ bene rivolgersi immediatamente al medico in caso si sospetti di soffrire di cefalea sessuale, specie se si ripete puntualmente ad ogni rapporto sessuale o durante la masturbazione, in modo da escludere problemi più gravi.

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