Con “rinite” (anche chiamata “coriza” o comunemente “congestione nasale”) si indica l’infiammazione della mucosa nasale, provocata da varie cause, in base alle quali la rinite si divide in tre categorie: Continua a leggere
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Lattuga ed altre verdure: contengono lattosio o no?
Il lattosio è uno zucchero disaccaride, cioè uno zucchero formato da due zuccheri monosaccaridi: il galattosio ed il glucosio. Il lattosio è – come il nome suggerisce – estremamente presente nel latte e nei latticini: circa il 98% di tutti gli zuccheri presenti nel latte è infatti costituito proprio da Continua a leggere
Test per allergie e intolleranze alimentari
Nell’uso comune il termine “allergia alimentare” viene usato genericamente per indicare qualsiasi reazione sgradevole che sia legata all’assunzione di alimenti. In realtà questo è un errore grossolano e l’allergia alimentare vera e propria è ben diversa dall’intolleranza alimentare. Si può infatti parlare di allergia alimentare solo quando Continua a leggere
Pranzi e cene di Natale: aumentano i pericoli per gli allergici
Con l’arrivo delle festività aumentano i rischi per chi soffre di allergie alimentari: in tavola compaiono infatti cibi meno utilizzati di solito, ma che sono spesso alla base di allergia. Esempi classici per gli adulti sono la frutta secca ed esotica, i crostacei, i pesci, i dolci ed i molluschi. Per i bambini, gli alimenti che più frequentemente causano allergie sono invece il latte vaccino, le uova, la soia, il grano ed il pesce.
I dolci possono nascondere insidie
Danilo Villalta, allergologo e membro dell’Associazione allergologi immunologi Aaiito, conferma che “le allergie alimentari sono un problema per il 3% degli adulti e per l’8% dei bambini italiani, e anche se spesso chi ne soffre è attento e consapevole, è altrettanto vero che in molti prodotti, soprattutto nei dolci, si possono nascondere alimenti che possono provocare reazioni gravi“.
Attenzione anche all’albero!
Le allergie alimentari in età pediatrica rappresentano la causa più frequente di anafilassi, è di grande importanza per i genitori avere un piano d’azione, un precoce intervento consente di prevenire l’insorgenza, a volte estremamente rapida, di manifestazioni allergiche pericolose per la vita. I genitori inoltre devono fare attenzione ai primi assaggi dei piccoli: il rischio è quello di scoprire un’allergia davanti ad un piatto di pasta con le vongole o mangiando un torrone. Infine attenzione agli alberi di Natale, naturali o sintetici ed agli addobbi: episodi di tosse e di difficoltà respiratoria possono essere scatenati dalla resina o da muffe, da acari o materiali sintetici.
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Differenze tra allergia alimentare ed intolleranza alimentare
Moltissime persone fanno confusione tra allergia alimentare ed intolleranza alimentare, anche perché alcuni sintomi sono effettivamente comuni ad entrambe queste condizioni. Cerchiamo quindi di spiegare la differenza in maniera semplice, magari troppo semplicistica per gli addetti ai lavori, ma estremamente chiara per la maggior parte delle persone che poi è l’obbiettivo che mi sono prefissato con questo sito!
L’allergia alimentare è una forma specifica di intolleranza a componenti alimentari che attiva il sistema immunitario, in che modo? Una proteina (detta allergene) contenuta nell’alimento a rischio, innesca una catena di reazioni del sistema immunitario tra cui la produzione di anticorpi. Tale allergene nella maggior parte delle persone è del tutto innocuo e non determina sintomi mentre nella persona ad esso allergica determina i fastidiosi sintomi. Gli anticorpi, stimolati dall’allergene, scatenano il rilascio di potenti sostanze organiche, come l’istamina, che provocano vari sintomi: naso che cola, tosse, affanno, l’orticaria (prurito e ponfi come punture di zanzara), talora con gonfiore delle palpebre, delle labbra o della lingua, l’asma, il raffreddore allergico, la diarrea e in casi gravi importanti e improvvisi cali della pressione arteriosa. Le allergie agli alimenti o ai componenti alimentari sono spesso ereditarie e vengono in genere diagnosticate nei primi anni di vita.
Nell’intolleranza alimentare l’attore principale non è il sistema immunitario, ma il metabolismo. Un tipico esempio è l’intolleranza al lattosio: le persone che ne sono affette hanno una carenza di lattasi, l’enzima digestivo che scompone lo zucchero del latte. L’intolleranza può provocare sintomi simili all’allergia (tra cui nausea, diarrea e crampi allo stomaco), ma la reazione non coinvolge nello stesso modo il sistema immunitario. L’intolleranza alimentare si manifesta quando il corpo non riesce a digerire correttamente un alimento o un componente alimentare.
LA DOSE E’ IMPORTANTE
Mentre i soggetti allergici devono in genere eliminare del tutto il cibo incriminato (perché basta l’introduzione dell’allergene a far sviluppare i sintomi, a prescindere dalla quantità dell’alimento ingurgitato), le persone che hanno un’intolleranza possono invece quasi sempre sopportare piccole quantità dell’alimento o del componente in questione senza sviluppare sintomi. Per questo motivo si dice che l’intolleranza è dose dipendente mentre l’allergia non lo è. Fanno eccezione gli individui sensibili al glutine e al solfito.
DIFFERENTI TERAPIE
In caso di allergia una volta identificati gli alimenti, l’unico modo per prevenire la reazione allergica nei soggetti sensibili è eliminare tali alimenti dalla dieta o dall’ambiente. In caso di intolleranza alimentare, invece, il solo fatto di ridurre le porzioni può essere sufficiente ad evitare i sintomi. Di solito è il paziente stesso che, grazie alla propria esperienza, capisce da se quale sia la “dose soglia” che non deve superare per non incorrere nei sintomi. Tuttavia spesso questo non è sufficiente, pertanto si provvede all’esclusione dell’alimento intollerato e delle sue forme nascoste (es. siero di latte nel prosciutto cotto) per un certo periodo di tempo (2-3 mesi) avendo comunque cura di seguire un’alimentazione bilanciata. In questo modo si consente all’organismo di “disintossicarsi” dai cibi intollerati concedendogli un periodo di “riposo” oltre il quale è possibile poi reintrodurre gradualmente gli alimenti senza che si manifestino disturbi. In realtà il metodo che prediligo per trattare le intolleranze non è la dieta di eliminazione, che è comunque una possibilità da tenere in considerazione, bensì l’applicazione di uno schema di rotazione dei cibi appositamente studiato sul paziente.
LEGGERE LE ETICHETTE
In qualsiasi caso il concetto importante che cerco di far entrare nella testa del paziente è che è sempre necessario leggere attentamente le etichette dei prodotti che si mangiano, anche quelli insospettabili e all’apparenza innocui, per valutare l’eventuale presenza di sostanze a cui si è allergici o intolleranti. Tante volte il paziente viene da me con i classici sintomi, mi dice che non ha assunto l’alimento incriminato e poi andiamo invece a scoprire che parte di tale alimento era presente, magari in quantità minima, nel contorno che ha mangiato a pranzo!
Che poi leggere le etichette dei cibi è una buona abitudine che anche chi non ha problemi di allergia o intolleranza dovrebbe osservare: la vera dieta comincia dalle etichette dei cibi, impara a decifrarle per mangiare bene.
TEST PER RICONOSCERE LE ALLERGIE
1) Test cutanei (prick test): sulla base dell’anamnesi dietetica, gli alimenti sospettati di provocare reazioni allergiche sono inseriti nella serie utilizzata per i test cutanei.
I test consistono nell’inserimento sottocutaneo di estratti di un determinato alimento, mediante iniezione o sfregamento, per verificare l’eventuale comparsa di una reazione di prurito o di gonfiore.
2) Diete ad esclusione: il principio della dieta ad esclusione si basa sull’eliminazione di un alimento o di una combinazione di alimenti sospetti per un periodo di circa 2 settimane prima di effettuare una prova di verifica. Se in questo periodo i sintomi scompaiono, i cibi sospetti vengono reintrodotti nella dieta, uno per volta, in quantità ridotte e aumentate gradualmente fino a raggiungere la dose normale. Una volta verificati tutti i cibi sospetti, è possibile evitare quelli che causano problemi.
3) Test RAST (radioallergoassorbimento): in questo tipo di test si mescolano in una provetta piccoli campioni di sangue del paziente con estratti di alimenti. In una vera allergia, il sangue produce anticorpi per combattere la proteina estranea che può così essere rilevata. Il test può essere usato soltanto come indicatore di un’allergia ma non determina l’entità della sensibilità all’alimento nocivo.
4) Test in doppio cieco con controllo di placebo (DBPCF): in questo test allergologico, l’allergene sospetto (per es. latte, pesce, soia) viene inserito in una capsula o nascosto in un alimento somministrato al paziente sotto stretto controllo medico. Questi test permettono agli allergologi di individuare i più comuni alimenti e componenti alimentari che provocano effetti negativi.
TEST PER RICONOSCERE LE INTOLLERANZE
1) Test sul sangue: vengono effettuati su un campione di sangue. I tipi di test utilizzati sono il Citotest e la metodica Elisa.
Il primo si effettua ponendo il plasma sanguigno a contatto con estratti di Alimenti (cereali, verdure, frutta, ecc.) e, dopo un certo tempo di incubazione, venga valutato al microscopio da un tecnico se i Neutrofili (una categoria di Globuli Bianchi) hanno subito delle modificazioni in seguito al contatto con gli Alimenti esaminati. Il limite del test, oltre all’esperienza del tecnico, risiede nella parzialità della risposta. Infatti, per quanto appartenenti all’organismo preso in esame, le cellule Neutrofile non sono l’organismo e non sono più al suo interno, inoltre necessita di tempi lunghi se si vogliono valutare molti alimenti.
I test basati sulla metodica Elisa sono di tipo immunoenzimatico, cioè valutano la presenza di anticorpi IgG che si producono contro gli antigeni alimentari: più è elevata la quantità di anticorpi più è probabile l’intolleranza nei confronti dell’alimento
2) Test Kinesiologico: si avvale della misurazione della tensione muscolare prendendo in esame la muscolatura della mano (O Ring) oppure delle braccia e/o delle gambe. Quando assumiamo, ma anche solo quando teniamo in mano, un Alimento od una sostanza che ci disturba, la nostra forza muscolare diminuisce, talvolta in modo così importante che le persone provano un senso di spossatezza dopo averne assunto. Lo svantaggio di questo test sta nel possibile affaticamento del soggetto da testare se si vogliono valutare un numero elevato di alimenti che può portare a falsi positivi
3) Test DRIA: utilizza lo stesso principio del al metodo Kinesiologico ma le rilevazioni sono fatte tramite un sistema computerizzato. Questi 2 test sono validi perché prendono in considerazione tutto l’organismo. Il loro limite risiede nella manualità dell’operatore per quanto riguarda il Test Kinesiologico, e nell’estrema lunghezza del test DRIA (devono essere messe in bocca fialette con diversi Alimenti e sostanze chimiche per un totale di circa due ore di test).
4) TEAV (Elettro Agopuntura di Voll) e VEGA TEST: con appositi apparecchi può essere misurata, lungo i meridiani classici dell’agopuntura cinese od altri canali studiati successivamente, una microcorrente elettrica che attraversa la persona, ed all’uscita permette di derivare informazione su incidenti trovati lungo il percorso oppure sull’impatto che producono piccole quantità di Alimenti interposti tra la persona e l’apparecchio. Non possono essere effettuati dai portatori di Pace Maker.
5) Test sul Capello: si basa sul principio della Biorisonanza che deriva dalla fisica quantistica. Questa scienza afferma che tutto ciò che esiste nell’universo è sì materia, ma anche energia. Gli oggetti, gli animali, l’uomo e tutti gli esseri viventi sono costituiti da cellule, molecole, atomi e come tali sono un insieme di materia ma anche di energia. Tutti gli atomi hanno la capacità di emettere particolari frequenze, tipiche dell’atomo stesso; allo stesso modo anche le molecole (che sono insiemi di atomi), le cellule (che sono formate da molecole) e di conseguenza gli esseri viventi (costituiti da cellule) emettono frequenze tipiche che dipendono dall’insieme di elementi di cui sono costituiti. Quindi ogni essere emette frequenze uniche e tipiche di quell’organismo. Il capello, essendo una parte dell’organismo, emette anch’esso la frequenza specifica dell’individuo a cui appartiene. Ponendo il capello a contatto con le frequenze tipiche di alimenti, farmaci, minerali ecc. è possibile valutare se queste due frequenze sono tra loro compatibili oppure no.
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Congiuntivite ed allergia congiuntivale: cause, sintomi e cure
Si tratta di un’infiammazione della congiuntiva (membrana mucosa che riveste la parte bianca dell’occhio e la superficie interna delle palpebre), causata da sensibilità eccessiva a sostanze estranee. Esistono varie forme cliniche: congiuntivite allergica stagionale, congiuntivite primaverile, cheratocongiuntivite atopica, congiuntivite giganto-papillare e dermatocongiuntivite da contatto. Tutte le forme allergiche mostrano un certo grado di infiammazione e tendono a ripresentarsi in forma più o meno accentuata a seconda delle stagioni.
Diffusione
Secondo un recente studio le allergie oculari colpiscono la popolazione in misura compresa tra il 6% e il 30%. Può essere acuta o cronica e, nel 30-70% dei casi, è associata – tra le persone con congiuntivite allergica – alla rinite allergica.
Sintomi
Il prurito è il sintomo più comune e importante: può durare alcune ore o persistere anche molti giorni. Inoltre si osserva gonfiore palpebrale, lacrimazione, bruciore e arrossamento oculare. Spesso sono colpite persone che hanno già tipiche manifestazioni allergiche: rinite stagionale, febbre da fieno, asma bronchiale, orticaria, dermatite atopica e intolleranza a cibi o bevande.
Diagnosi
La diagnosi viene eseguita dall’oculista che esamina gli occhi con un microscopio con lampada a fessura per verificare eventuali segni di allergie agli occhi (come l’ingrossamento dei vasi sanguigni sulla superficie dell’occhio). I segni obiettivi più caratteristici sono l’aspetto lattescente della congiuntiva, la presenza di papille ipertrofiche nella congiuntiva tarsale, la secrezione filamentosa e viscosa.
Trattamento
Si può trattare con risultati variabili. Il carattere allergico rimane per tutta la vita. Però il trattamento consiste generalmente – laddove possibile – nella rimozione dell’allergene responsabile (o nell’evitarlo nella massima misura, ad esempio evitando la campagna se si è allergici ai pollini) e nell’uso topico di farmaci (colliri) corticosteroidi, decongestionanti e antistaminici, stabilizzatori dei mastociti , farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e, di supporto, lacrime artificiali. L’immunoterapia specifica prevede la somministrazione al soggetto allergico di dosi sempre crescenti di allergene con lo scopo di indurre tolleranza e, quindi, desensibilizzarlo nei confronti dell’allergene stesso. Si tenga però conto che la forma cronica è più difficilmente trattabile.
Consigli
Sicuramente per l’allergico è opportuno:
- sottoporsi a prove allergometriche per capire quali siano gli agenti responsabili dell’allergia ed agire di conseguenza, riducendo o evitando del tutto il contatto con l’allergene responsabile. Spesso, infatti, non si è in grado di distinguere da soli quale possa essere la reale causa della congiuntivite allergica. Chi è allergico può avere dei sospetti, ma unicamente i risultati dei test allergometrici possono dare una risposta precisa (tra l’altro esistono non solo i test cutanei, o prick-test, ma anche i test basati su un prelievo di sangue);
- evitare gli ambienti dove gli allergeni sono più presenti (ad esempio evitare di andare in campagna in primavera, non frequentare aree urbane ad alto tasso di smog né recarsi in luoghi molto polverosi);
- dopo il parere del medico ricorrere all’eventuale desensibilizzazione specifica, un ‘vaccino’ la cui somministrazione non va però iniziata in periodi di fase acuta e va cominciata il più precocemente possibile;
- ricorso a eventuali antistaminici per via orale e instillazione di colliri specifici (sempre antistaminici) e/o colliri corticosteroidi (derivati del cortisone), che possono contribuire a ridurre i sintomi delle congiuntiviti allergiche, come prurito intenso, arrossamento marcato e gonfiore. Tutti i farmaci devono essere prescritti dal medico.
Bambini
Oltre ai consigli validi per tutti gli allergici, bisogna evitare che il bambino si tocchi gli occhi con le mani sporche anche se avverte un forte prurito (si prevengono così infezioni o piccoli traumi alla cornea), proteggerlo dai raggi solari soprattutto durante la stagione estiva (con l’utilizzo di occhiali dotati di appositi filtri a norma di legge), onde ridurre i disturbi indotti dalla fotofobia (che, in caso di congiuntivite allergica in fase acuta, può essere anche molto marcata). Curare, inoltre, nei minimi particolari la sua alimentazione, in modo da garantire sempre un corretto apporto nutrizionale, evitando però i cibi a cui risulta eventualmente intollerante e che, a lungo andare, potrebbero portare a un sensibile peggioramento della sintomatologia allergica. Al bambino allergico, infine, va evitato rigorosamente il contatto col fumo di tabacco. Il fumo passivo in gravidanza, durante l’allattamento e negli ambienti chiusi favorisce infatti la comparsa dell’allergia nel bambino a rischio. Il fumo attivo negli adolescenti favorisce anche l’asma.
Accorgimenti in casa
Per contrastare la sensibilizzazione che provocano sostanze presenti negli ambienti interni (come acari della polvere, dermatofagoidi, peli di gatto, ecc.) bisogna prestare particolare attenzione agli ambienti domestici. Nello specifico la camera da letto deve essere ben arieggiata e sgombra da arredi difficilmente lavabili che favoriscono l’accumulo di polvere (tendaggi, tappeti, moquette), terreno favorevole alla riproduzione degli acari e al deposito di peli di eventuali animali domestici. In casa è, inoltre, utile mantenere chiuse le finestre della camera da letto nei periodi di massima presenza di pollini nell’aria (nelle giornate ventose e ordinariamente la mattina tra le 5 e le 10). Se è possibile è opportuno utilizzare condizionatori dotati di filtri antipolline (che vanno però regolarmente sostituiti).
Accorgimenti all’esterno
Per l’allergico ai pollini va consultato il calendario pollinico che indica i periodi dell’anno a rischio. In questi periodi si dovranno attuare preventivi provvedimenti comportamentali (uso di eventuali mascherine, occhiali scuri, ecc.) e farmacologici (colliri, antistaminici per bocca, spray nasali) che permettano al bambino di vivere all’aria aperta senza incorrere nei fastidiosi disturbi a occhi, naso e bronchi. Per limitare l’infiammazione, in caso di congiuntivite allergica può essere il caso di indossare occhiali da sole aderenti al viso e indossare una mascherina a copertura del naso quando si va in bicicletta o in motorino (meglio se ai carboni attivi). In auto è utile tenere chiusi i finestrini ed utilizzare eventuali condizionatori con filtro anti-polline. Ulteriori accorgimenti da adottare sono: evitare prati e zone in cui si sta tagliando l’erba; limitare le gite in campagna nel periodo dell’impollinazione; preferire, per le vacanze, rispetto alla collina o al lago, località marine e in alta montagna (oltre i 1550 metri).
Esposizione solare
Sì. Nelle persone atopiche e, tra queste, quelle affette da congiuntivite allergica, l’esposizione ai raggi solari viene ritenuta un fattore scatenante dell’accesso acuto della malattia. Alla congiuntivite spesso si associa una rinite irrefrenabile. Già in condizioni di una moderata esposizione solare questi individui soffrono di fotofobia e capiscono che, per evitare questo fastidioso sintomo, sono obbligati ad usare costantemente, di giorno e all’aperto, gli occhiali da sole.
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Si può essere allergici allo sperma?
Sono stati riscontrati diversi casi, anche se rari, di un’allergia al liquido seminale nota come ipersensibilità al seme umano. Più precisamente si tratta di un’allergia a una molecola contenuta nel liquido seminale, la spermidina o il PSA: questa reazione allergica si può verificare sia negli uomini che nelle donne. Per approfondire leggi questo articolo: L’allergia “al sesso”, quando il contatto con lo sperma scatena bruciore e gonfiore
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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Differenza tra reazione allergica, anafilassi e shock anafilattico
Ogni reazione allergica è un evento potenzialmente pericoloso, quindi da non sottovalutare. Non tutte le reazioni allergiche però hanno lo stesso significato e comportano gli stessi rischi. Nel parlare comune, spesso i termini reazione allergica e shock anafilattico vengono scambiati, causando confusione e fraintendimenti sia per i pazienti che per gli operatori sanitari. Ci possono poi essere altri termini, come anafilassi, che contribuiscono a complicare ulteriormente il quadro. Questi termini indicano manifestazioni ben differenti e con risvolti ben differenti per il paziente:
Con reazione allergica (o allergia) si intende qualsiasi reazione dovuta all’attivazione del sistema immunitario nei confronti di un allergene (alimento, polline, polvere, veleno di insetto, farmaco o altra sostanza), solitamente questa reazione si esplica attraverso un meccanismo in cui partecipano le immunoglobuine E (IgE) e che ha tempi molto rapidi (secondi o minuti). Si può manifestare, dal punto di vista clinico, in vari modi: rinite, congiuntivite, asma, orticaria o dermatite, prurito al cavo orale (sindrome orale allergica), sintomi gastro-intestinali (nausea, vomito, coliche addominali, diarrea), fino allo shock anafilattico (vedi oltre).
Con il termine anafilassi (o reazione anafilattica) si intende una reazione allergica grave, con un quadro clinico complesso nel quale solitamente si ha coinvolgimento dell’apparato respiratorio e/o cardio-circolatorio. Il termine anafilassi deriva dal greco ana- (sopra) e ϕύλαξις (difesa) ad indicare un eccesso delle reazioni di difesa del sistema immunitario.
Con li termine shock anafilattico si intende una reazione anafilattica che ha comportato un grave coinvolgimento del sistema cardio-circolatorio, con brusca riduzione della pressione arteriosa (shock), ed le conseguenti manifestazioni. Lo shock anafilattico è un quadro clinico molto grave che necessita di un intervento di emergenza rapido ed appropriato. Il farmaco di prima scelta, in queste situazioni, è l’adrenalina.
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