Smettere di fumare: sintomi, effetti collaterali, pancia gonfia

MEDICINA ONLINE NAUSEA MAL DI PANCIA REFLUSSO GE ESOFAGO STOMACO DUODENO INTESTINO TENUE DIGIUNO ILEO APPARATO DIGERENTE CIBO TUMORE CANCRO POLIPO ULCERA DIVERTICOLO CRASSO FECI VOMITO SANGUE OCCULTO MILZA VARICI CIRROSI FEGATOAvete da poco smesso di fumare e siete felici di cominciare a provare gli effetti positivi sul vostro corpo, tuttavia, specie nei primissimi tempi e soprattutto se avete fumato “forte” e per tanti anni, potreste provare una serie di effetti collaterali abbastanza tipici. Quelli più comuni sono i seguenti:

1) Aumento dell’appetito

Smettere di fumare determina un aumento dell’appetito per svariate cause: si sentono meglio odori e sapori, viene a mancare l’azione anoressizzante della nicotina, il nervosismo fa aumentare la fame… Per approfondire motivi e tempi, leggi questi articoli:

2) Aumento del peso

Fumare un pacchetto di sigarette al giorno determina un aumento del metabolismo basale di circa 400 calorie: venendo a mancare questo consumo di calorie, ed essendo ciò associato all’aumento dell’appetito, il risultato è che si ingrassa.

3) Sonnolenza

Sembrerebbe un controsenso: se fumare faceva arrivare meno ossigeno al vostro cervello, ora che avete smesso dovreste sentirvi pieni di energie, ed invece vi sentite stanchi. Purtroppo questo capita smesso a chi ha spento da poco tempo l’ultima sigaretta: ricordatevi che la nicotina ha comunque degli effetti stimolanti su pressione sanguigna e frequenza cardiaca ed il corpo, in anni di tabagismo, si è assuefatto a questo surplus metabolico, specie nei momenti più stressanti. Ora che questo “aiuto” è venuto meno, potremmo ritrovarci a soffrire di lieve sonnolenza.

4) Apatia

Per lo stesso motivo illustrato nel punto precedente, chi smette di fumare può nei primi tempi sentirsi apatico. Questo accade perché la nicotina determina il rilascia di grandi quantità di dopamina, un neurotrasmettitore che ci rende felici. Cessato questo surplus di dopamina, è facile che le piccole gioie della vita ci possano apparire meno piacevoli, dal momento che determinano un rilascio di dopamina estremamente più basso rispetto alla nicotina. E’ qualcosa che accade in modo simile anche a chi cessa all’improvviso di assumere farmaci antidepressivi o eroina, paragonabile alla “flatline” del masturbatore ossessivo compulsivo quando cessa l’attività masturbatoria.

5) Insonnia

Smettere di fumare può determinare problemi di insonnia, a tal proposito leggi: Smettere di fumare ha i suoi svantaggi, anche “a letto”

6) Nervosismo

Il tabagismo è una tossicodipendenza e come tutte le tossicodipendenze, quando cessa l’assunzione della sostanza (nicotina nel nostro caso), interviene il craving, cioè l’astinenza. L’astinenza purtroppo ci rende molto più nervosi rispetto al solito.

7) Stitichezza

La nicotina nel tabacco tende ad alterare la motilità intestinale nei fumatori di sigarette, aumentandola, fatto che può avere un effetto lassativo. Venendo all’improvviso a mancare tale aumento della velocità del transito intestinale delle feci, può comparire stipsi e costipazione, spesso associata a gonfiore di pancia e meteorismo.

8) Difficoltà digestive

La nicotina determina un incremento del 15% della secrezione di HCl (acido cloridrico) da parte della mucosa gastrica. Questa potrebbe essere la ragione per cui il desiderio di sigaretta aumenta dopo i pasti, specie se abbondanti. La nicotina quindi potrebbe favorire la digestione a livello gastrico e la sua improvvisa mancanza potrebbe viceversa determinare una minore efficienza dello stomaco.

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Dormire col proprio cane fa riposare meglio

MEDICINA ONLINE SLEEPING DOG CANE CANI DORMIRE INSONNIA STUDIO SICUREZZA CAMERA DA LETTO TAPPETO ANIMALI CAGNOLINO CUTE ANIMALS WALLPAPER.jpgUna ricerca del Centre for Sleep Medicine della Mayo Clinic’s Arizona campus, pubblicato sulla rivista Mayo Clinic Proceedings, regala buone notizie a tutti i possessori ed amanti dei cani: dormire con il proprio cane fa riposare meglio, perché offre conforto e senso di sicurezza. Bisogna fare una precisazione: il cane può stare nella stanza dove si dorme, ma non NEL letto, perché la qualità del riposo in questo caso è invece sacrificata.

Gli studiosi hanno preso in esame 40 persone che avevano un cane, sottoposte a una valutazione del sonno con il cane in camera da letto per cinque mesi. Sia i partecipanti allo studio che i loro cani hanno indossato per una settimana appositi device per tracciare con esattezza le loro attività. I risultati hanno rivelato che, indipendentemente dalla razza del cane, il riposo era migliore se lo si aveva accanto.

Spiega Lois Krahn, una delle autrici dello studio: “Oggi, molti proprietari di animali domestici sono lontani da loro per gran parte del giorno, e così vogliono massimizzare il tempo trascorso insieme quando sono a casa, averli in camera da letto durante la notte è un modo semplice per farlo. Godendo del comfort e sapendo che questo non avrà un impatto negativo sul sonno”.

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Insonnia e apnee notturne: rischio di incidenti stradali triplicato

MEDICINA ONLINE SONNO DORMIRE RIPOSARE RIPOSINO PISOLINO RUSSARE CUSCINO LETTO NOTTE POMERIGGIOL’insonnia e la Sindrome da apnea notturna, possono triplicare il rischio di incidenti stradali durante il giorno, ma non solo: chi riposa male presenta una maggiore prevalenza di malattie cardiovascolari, diabete, depressione e disturbi respiratori.

Lo rivela uno studio, pubblicato su Plos One, ideato e coordinato dal neurologo Sergio Garbarino del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Genova in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Salute dello stesso ateneo e del docente di Medicina del Lavoro Nicola Magnavita dell’Istituto di Salute Pubblica dell’Università Cattolica Sacro Cuore di Roma.

Lo studio fa parte del “Progetto CNH Iveco Industrial Check-Stop“, un’azione internazionale per la sicurezza stradale, sostenuta dall’Autorità Ue per la sicurezza stradale e dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT).

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Orologio biologico: come funziona e perché è importante

MEDICINA ONLINE STANCHEZZA COSA FARE ASTENIA SONNOLENZA LAVORO DORMIRE MALE REGOLE AIUTO CAUSE CURE MANCANZA DI FORZA DEPRESSIONE MUSCOLI SENZA FORZE MANCANZA DI ENERGIE SPORT MOVIMENTOLe scoperte sul suo funzionamento hanno fruttato quest’anno il premio Nobel per la Medicina a tre ricercatori americani: Jeffrey C. Hall, Michael Rosbash e Michael W. Young. Ma che cos’è davvero l’orologio biologico, come funziona e in che modo influisce sulla nostra vita e il nostro benessere? Risponde Roberto Manfredini, cronobiologo e professore di Medicina Interna all’Università di Ferrara, tra i massimi esperti dell’argomento in Italia.

Il ritmo arcaico che prevede il futuro

Racconta Manfredini che l’essere vivente più antico del mondo, un’ameba che ha 1,8 miliardi di anni, è costituita da un’unica cellula e ha tre ritmi circadiani: uno per la fotosensibilità, uno per la luminescenza e uno per la riproduzione cellulare. “Se una monocellula che ha quasi due miliardi di anni ha tre ritmi circadiani e questa capacità di essere ritmici è arrivata fino a noi, evidentemente comporta un vantaggio selettivo, e questo vantaggio è chiamato anticipazione. Se una funzione è ritmica, ha un massimo e un minimo prevedibili, si sa che si ripeteranno. Se ho questa conoscenza e so prima cosa avverrà in futuro, so per esempio quando aspettarmi il cibo e il mio organismo organizzerà tutto ciò che serve in funzione di quel momento. Solo così si spiega perché questo sistema di segnalazione è rimasto, ed è arrivato fino a noi”.

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Le origini della cronobiologia

“Mike Young e colleghi hanno fatto senz’altro un gran lavoro, ma il papà mondiale della cronobiologia è Franz Halberg”, austriaco, trasferitosi negli Stati Uniti per fuggire alle persecuzioni naziste, a Minneapolis cominciò a studiare i ritmi circadiani negli anni 50. “All’epoca era come parlare di oroscopo, la comunità scientifica non ti prendeva seriamente”, racconta Manfredini, che ancora negli anni ’80, ai suoi esordi, quando parlava di come le patologie hanno punte di frequenza legate al ritmo circadiano ricorda di essere stato deriso da platee di medici che a questo cosa del ritmo biologico proprio non credevano.

Che cos’è il ritmo circadiano?

“Ogni cellula ha una determinata serie di geni, che sintetizzano proteine le quali, quando raggiungono il massimo di produzione si autobloccano, si degradano e quando toccano il valore minimo sbloccano di nuovo il meccanismo facendo ricominciare il ciclo”. Questo è il meccanismo di base. Nella pratica abbiamo il sincronizzatore principale dell’organismo che è l’alternanza luce-buio. “La luce arriva alla retina, e oltre a consentirci di vedere, imbocca anche un’autostrada molto rudimentale, detta fascio retino ipotalamico diretto, che porta solo l’informazione sulla luminosità e fa scattare nell’ipotalamo un interruttore che dice ‘luce, blocco la melatonina, stai sveglio’ oppure ‘buio, aumento la melatonina, riposa’”.

Quindi l’orologio biologico principale, il master clock, si trova all’interno dell’ipotalamo, nel nucleo soprachiasmatico. “Si tratta di un pugno di neuroni, appena 20.000, capaci di fare da pace maker, cioè di dettare il ritmo alle cellule di tutto l’organismo. “Questo orologio biologico è indipendente dal tempo esterno, si tratta di un ritmo endogeno legato al movimento di rotazione terrestre di circa 24 ore. Il termine circadiano deriva proprio da questo: circa diem, all’incirca 24 ore, ma in realtà dura un po’ di più. La giornata per il nostro organismo sarebbe più lunga”, precisa Manfredini, “e questo spiega perché quando prendiamo un volo verso ovest, direzione nella quale allunghiamo la giornata, soffriamo meno di quando andiamo verso est, accorciandola. E lo stesso vale per ora solare e ora legale. I non vedenti totali, mancano della possibilità di sincronizzazione luce-buio e soffrono infatti spesso della cosiddetta ‘sindrome non 24’. Potendo contare solo sull’orologio endogeno, che ha un ciclo un po’ più lungo delle 24 ore, sono perennemente desincronizzati e in 10 giorni possono accumulare anche un giorno di distacco da tutte le altre persone”.

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Non c’è un solo orologio, ma tanti

Circa il 20% dei geni umani, cioè uno su 5, è circadiano-dipendente. Quando cala il buio assistiamo un calo di attività di tutti i geni che lavorano di giorno ed entra in azione la squadra di geni notturni”, semplifica il cronobiologo. A partire dai primi anni 2000 si è cominciato a identificare il meccanismo dell’orologio biologico prima in ogni apparato, poi in ogni cellula. In parte prendono ordini dal master clock, ma gli organi periferici hanno anche altri sincronizzatori. Per il tratto gastrointestinale, per esempio, un orologio importante è costituito dal cibo”. Luce e buio, attività e riposo, ritmo e tipo dei pasti, ogni orologio funzione in base a meccanismi propri. E ci sono fattori destabilizzanti per ciascuno. “L’alcol è un importante desincronizzatore dell’orologio biologico del fegato: in dosi massicce non solo intossica, ma modifica i geni orologio del fegato”.

Fuori sincrono

Ogni organo può perdere il proprio ritmo, il che lo rende più vulnerabile alle malattie. “Il cardiocito, la cellula del cuore, si nutre di acidi grassi e si attiva alle ore dei pasti. Se faccio un carico di lipidi la sera tardi, confondo il suo ritmo normale, l’enzima specifico non è pronto per lavorare i grassi in quel momento. A lungo andare questo può causare una desincronizzazione”.

C’è poi la possibilità di una perdita di ritmo generalizzata di tutto l’organismo. Questo può avvenire in maniera rapida o lenta. “La desincronizzazione rapida avviene con il jet lag”, spiega Manfredini. “Parti da Milano e vai a New York in aereo, otto ore di volo e sei di fuso. Arrivi che per te è sera ma lì è pomeriggio, tu hai fame e tra un po’ avrai sonno, non sei sincronizzato con l’orario di lì. Non tutti patiscono il jet lag allo stesso modo. Un terzo delle persone lo soffre pesantemente, un terzo in maniera media e un terzo non avverte nessun fastidio”. Sono tanti gli elementi che concorrono a far sentire di più o di meno il jet lag: dipende dalla lunghezza del volo, dal cronotipo, dall’età e dalla maggiore o minore abitudinarietà. Per chi ne soffre gli effetti sono disturbi del sonno, disorientamento, poco appetito, deconcentrazione.

Vi è poi una forma di desincronizzazione generale lenta, quella legata al lavoro su turni. “Si calcola che dal 20 al 30% della forza lavoro nei paesi industrializzati lavori di notte. Ci vogliono anni, ma alla lunga il turno desincronizza l’orologio biologico e molti studi hanno suggerito che possa per esempio provocare il cancro. Attenzione però”, mette in guardia il cronobiologo. “Molti dei lavori scientifici sull’argomento fatti sulle infermiere si basano su una coorte che parte molto indietro nel tempo, da un’epoca in cui i turni erano molto peggiori di quelli attuali, molto più nocivi. Uno schema classico di lavoro per le infermiere era: una settimana di mattina, una settimana di pomeriggio, una settimana di notte e una di riposo. Abituarsi a un ritmo e poi cambiarlo è in assoluto la cosa peggiore. La medicina del lavoro ha attinto a piene mani alla cronobiologia e i turni moderni sono molto diversi. Ora si alternano giornalmente pomeriggio, mattino, notte e riposo: più il turno è veloce, meno l’organismo soffre del cambiamento”.

La perdita di ritmo comunque può causare malattie. Tipicamentesindrome metabolica, diabete, ipertensione e anche neoplasie. L’aumento dell’illuminazione notturna della Terra contribuisce a sfasare i ritmi, per non parlare della luce blu, quella emessa da smartphone, tablet e pc, che ha un effetto di blocco della melatonina molto maggiore rispetto a tutta l’altra luce artificiale.

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Ognuno ha il suo ritmo

“Ognuno ha il suo cronotipo”, conferma Manfredini. “C’è chi funziona meglio al mattino, chi meglio alla sera, i famosi gufi e allodole. Prima si pensava che questo dipendesse da una variante veloce o lenta del gene Clock, in realtà oggi sappiamo che i geni coinvolti sono ameno 80”. Ma nel corso della vita si può anche cambiare cronotipo, in funzione dei sincronizzatori ambientali, dell’età, dell’attività lavorativa. Il meccanismo è dinamico e dipende da tante variabili: un chiaro esempio del mix di genetica e ambiente. Esistono su internet dei test, detti MEQ (Morningness-Eveningness Questionnaire), che sono questionari volti a stabilire che cronotipo siete. Cercateli su Google.

A che ora ci ammaliamo?

Ci sono momenti della giornata in cui alcuni organi sono più suscettibili ad avere problemi. “Tutte la variabili biologiche hanno un ritmo”, spiega Manfredini. “Se una serie di variabili sfavorevoli per l’organismo, che singolarmente non sono pericolose né mortali, accadono tutte nella stessa finestra temporale, possono comportare problemi seri. Parliamo del cuore. Al risveglio si verificano un picco della pressione arteriosa, c’è un tono coronarico maggiore quindi il flusso di sangue è ridotto, abbiamo il picco del cortisolo, l’ormone dello stress, una maggiore vasocostrizione, il picco di adrenalina e noradrenalina, la frequenza cardiaca più alta, le piastrine aderiscono maggiormente quindi è più facile che si formino trombi. Il risveglio è un evento stressante, e in chi è già a rischio (classico uomo sopra i 50, cicciottello con la pressione alta) è molto più probabile che nelle prime ore della giornata si verifichino infarto e ictus”.

C’è un momento d’oro per ogni cosa

Cominciamo dal sonno. “L’ora ideale per andare a letto è tra le 23 e le 24. È stata individuata con una serie di studi svolti negli anni ‘80-’90, verificando la qualità della performance dopo il sonno ma anche attraverso questionari soggettivi. Se si dorme da quell’ora per 7-8 ore, alla mattina ci si sente perfettamente riposati perché si sono rispettati i ritmi dell’organismo”. L’uomo è un animale diurno, di notte l’organismo va a scartamento ridotto. Non bisogna fare grandi mangiate la sera, per esempio, perché l’organismo si mette in stand-by e non consuma.

“La mattina è il momento migliore dal punto di vista delle performance psicofisiche, l’apprendimento, la memoria a breve termine, l’attenzione. Quindi l’orario scolastico in fondo è giusto. Dopo un calo nel primo pomeriggio, indipendente da quanto e cosa si mangia, ma che certo è più intenso se si è mangiato pesante, c’è di nuovo un altro momento buono intorno alle 15-16”. Il pomeriggio è il momento migliore per le prestazioni sportive: “la temperatura si alza, i muscoli danno prestazioni migliori”.

Cronoterapia: curarsi in base all’ora

Franz Halberg usava dire che non è solo la dose di un farmaco ma anche l’ora in cui lo assumi può far diventare una sostanza benefica o malefica. Ogni sostanza deve essere lavorata da enzimi, che dipendono da attività cellulari che hanno un massimo e un minimo. Ci sono, insomma, momenti migliori di altri anche per curarsi. “Ora noi sappiamo che alcune patologie hanno momenti di maggior rischio e vogliamo essere efficaci nel proteggerci dal quel rischio. C’è un picco di pressione alta la mattina, ma proprio la mattina è il momento in cui spesso si prende la pillola per la pressione, cioè ad almeno 23 ore di distanza da quando ne avremmo bisogno. Prima di tutto allora dobbiamo essere certi che la pastiglia copra efficacemente le 24 ore. In certi pazienti ipertesi, la cui pressione di notte non si abbassa, potrebbe aver senso dare almeno un farmaco alla sera”.
E poi ci sono i tumori. “Molti oncologi fanno la cronoterapia in diversi centri italiani: cercano di dare la chemio nel momento in cui la cellula tumorale si moltiplica per essere più efficaci sulle cellule malate e meno aggressivi con quelle sane. In Francia ci sono ospedali in cui sono stati modificati i turni di lavoro per fare la chemio ai pazienti di notte dato che in quel momento si uccidono più cellule maligne risparmiando le altre. I tassi di sopravivenza sono simili a quelli della somministrazione classica, ma gli effetti collaterali sono molti meno e la qualità di vita del paziente è perciò assai più alta”.

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Farmaci Inibitori Selettivi della Ricaptazione della Serotonina (SSRI): cosa sono ed a che servono

MEDICINA ONLINE FARMACO FARMACIA PHARMACIST PHOTO PIC IMAGE PHOTO PICTURE HI RES COMPRESSE INIEZIONE SUPPOSTA PER OS SANGUE INTRAMUSCOLO CUORE PRESSIONE DIABETE CURA TERAPIA FARMACOLOGICGli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (noti anche con la sigla abbreviata SSRI, dall’inglese selective serotonin reuptake inhibitors) sono una classe di psicofarmaci che rientrano nell’ambito degli antidepressivi. Si ritiene che siano in grado di modificare la concentrazione nel cervello di alcuni neurotrasmettitori responsabili della regolazione del tono dell’umore (in particolare aumentando quella della serotonina) bloccando il principale processo biologico di eliminazione di questa dal vallo sinaptico (reuptake). Vengono perciò utilizzati per un’ampia varietà di disturbi psicologici quali depressione maggiore, disturbi d’ansia (attacchi di panico, ansia generalizzata, disturbo ossessivo-compulsivo), disturbi dell’alimentazione (bulimia, binge-eating), disturbo post traumatico da stress: rappresentano attualmente gold standard della medicina psichiatrica, grazie anche alla minore incidenza di effetti collaterali (transitori ed in caso di overdose) rispetto a classi di farmaci più vecchi come i triciclici.

Il loro uso non si limita però all’ambito psicologico, sono infatti approvati per un’ampia varietà di patologie come ad esempio fibromialgia, prevenzione dell’emicrania, neuropatia diabetica, disturbi del sonno, eiaculazione precoce solo per citarne alcuni. Avendo un numero così elevato di indicazioni terapeutiche sono letteralmente utilizzati da milioni di persone: secondo lo studio IPSAD del CNR (Italian popoulation Survey on Alcohol and other drugs) il 5,5% della popolazione italiana (cioè quasi 2,5 milioni di persone) assume antidepressivi e il loro uso è in continua crescita.

Lista di SSRI

Le sei principali molecole appartenenti alla categoria dei farmaci SSRI sono:

  • fluoxetina (Prozac, Fluoxeren, Azur, Clexiclor, Cloriflox, Diesan, Flotina, Ipsumor, Xeredien);
  • sertralina (Zoloft, Tatig, Tralisen);
  • citalopram (Seropram, Elopram, Felipram, Frimaind, Feliximir, Frimaind, Kaidor, Marpram, Percitale, Return, Ricap, Sintopram, Verisan);
  • escitalopram (Cipralex, Entact);
  • fluvoxamina (Dumirox, Fevarin, Maveral);
  • paroxetina (Daparox, Dapagut, Dropaxin, Eutimil, Sereupin, Seroxat, Stiliden).

Possono essere prescritti sia dagli specialisti che dai medici di medicina generale e sono tutti totalmente rimborsati dal SSN, anche ciò ne spiega la loro elevata diffusione e la prolungata assunzione. Capita spesso che chi comincia un trattamento con antidepressivo lo porti avanti anche per anni nell’ottica di una terapia di mantenimento o di prevenzione delle ricadute: secondo delle ricerche, negli USA il 60% delle persone che inizia un trattamento antidepressivo lo continua per almeno 2 anni, il 14% per 10 anni.

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Smettere di fumare ha i suoi svantaggi, anche “a letto”

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO DORMIRE LETTO DIVANO PIGIAMA RIPOSO RELAX (3)Fumare sigarette è una tossicodipendenza e smettere di fumare è in tutto e per tutto una disintossicazione. Mettere da parte definitivamente le sigarette porta ad estremi vantaggi, tuttavia può portare anche alcuni effetti collaterali derivanti da quella che è una vera e propria sindrome da astinenza da nicotina. Uno di questi è l’insonnia, ovvero l’incapacità di dormire bene. Questo è un disturbo transitorio che di solito si risolve dopo i primi due mesi dall’abbandono delle sigarette. Ma se ciò non dovesse avvenire – nonostante l’aiuto magari di prodotti naturali quali melatonina o valeriana – è consigliabile l’utilizzo, almeno per qualche settimana, di blandi induttori del sonno, in compresse o gocce da assumere prima di coricarsi, prescrivibili anche dal medico di famiglia. Solo in casi particolari, rari ma non impossibili a vedersi, si deve ricorrere a terapie farmacologiche più forti, come le benzodiazepine (da evitare possibilmente nei soggetti anziani e con deficit di memoria), prescritte e poi monitorate riguardo ai tempi e ai dosaggi da medici specialisti che si possono trovare nei centri del sonno di molti ospedali.

Smetti di fumare: dormirai meglio

Certo, smettere di fumare non deve condurre ad altre dipendenze (in questo caso da farmaci), ma bisogna anche sapere che può rendersi necessaria una fase di adattamento alla nuova condizione di ex fumatore e che in questo periodo può servire l’ausilio di supporti farmacologici e psicologici. E, in ogni caso, ricordiamoci che nessun problema derivante dall’astinenza è dannoso per la salute più di quanto lo sia il fumare. In alcuni casi smettere di fumare è in grado di migliorare il ritmo del sonno della persona vittima della dipendenza. Non deve stupire: quando la persona smette di fumare non solo blocca l’effetto della nicotina sul proprio organismo, ma allo stesso tempo crea le basi per il miglioramento di tutti quei disturbi che si presentano quando si ha tale schiavitù, come ad esempio l’apnea del sonno. Migliorando le condizioni generali di salute dell’individuo vengono a mancare tutte quelle problematiche che ne segnavano un sonno disturbato e frammentato. E’ come se si risolvesse un circolo vizioso di problemi, ed a beneficiarne è proprio il ritmo del sonno, il quale diventa più regolare e gestibile dalla persona senza l’ausilio di strumenti naturali o chimici.

Alcuni miei articoli sul sonno:

Alcuni miei articoli sullo smettere di fumare:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Ora legale: quali sono gli effetti sul nostro corpo? Aumentano ictus e infarti, ma calano incidenti stradali

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Studio Roma Ecografia Mammella Tumore Seno Muscoli Spalla Ginocchio Traumatologia Sport Esperto Referto Articolare Medicina Estetica Radiofrequenza Cellulite Cavitazione ORA LEGALE EFFETTI CORPO SALUTERecentemente tutti noi siamo stati costretti a spostare le lancette dei nostri orologi in avanti di 60 minuti dalle ore 2 alle ore 3 mattutine, con Continua a leggere

Chi non riesce ad alzarsi presto la mattina è più intelligente e creativo

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO SBADIGLIO NOIA DORMIRE LETTO SONNOTempi duri per chi, come il sottoscritto, è abituato a svegliarsi presto la mattina. Alcuni ricercatori dell’Università di Madrid e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano sono recentemente riusciti a dimostrare che il ritmo sonno-veglia è strettamente connesso alla creatività, all’immaginazione e alla riflessione di un individuo. Vediamo in cosa consiste questa connessione.

Ragionamenti più logici e creativi

I ricercatori spagnoli hanno studiato i ritmi circadiani (ritmo biologico che dura circa 24 ore) e nell’uomo quello più marcato nella vita quotidiana è ovviamente il ritmo sonno-veglia. Nelle loro ricerche hanno classificato degli studenti in due categorie scoprendo che quelli che vanno a dormire tardi e si svegliano a mattinata inoltrata, compiono dei ragionamenti più logici e molto più strutturati rispetto agli altri. 
Il dipartimento di psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ha invece studiato il rapporto tra ritmo sonno-veglia e creatività. In questo caso, i ricercatori di psicologia hanno scoperto che le persone che restano sveglie tardi la notte e fanno tardi al mattino, sono dotate di una più grande immaginazione rispetto a chi va a letto presto e si sveglia nelle prime ore del mattino: i “notturni” sono dotati – secondo la ricerca – di una capacità migliore di risolvere problemi, trovando strade creative ed innovative.

Soluzioni originali

Marina Giampietro, professoressa a capo della ricerca dell’Università Cattolica ci spiega che: “Moltiplicare le situazioni che deviano dalle abitudini del soggetto, incoraggia lo sviluppo di un spirito non convenzionale, adatto a trovare soluzioni alternative e originali ai problemi che si presentano. Quindi stare in piedi la notte e dormire di giorno, è assolutamente normale e funzionale. Anzi, vivere in questo modo ‘inverso’ potrebbe migliorare certe nostre qualità intrinseche.

Da domani, tutti svegli a mezzogiorno? Io sicuramente no, visto che la mia sveglia suona alle 6!

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Medico Chirurgo
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