8 errori che fanno crescere i tuoi muscoli MENO di quanto potrebbero

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma 5 ERRORI CRESCERE MUSCOLI POCO Riabilitazione Nutrizionista Medicina Estetica Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Linfodrenaggio Pene Vagina Ano Tre.jpgNelle molte palestre che ho frequentato nella mia vita, da quando avevo tredici anni in poi, ho visto tantissime volte la stessa scena: molti ragazzi “secchi” (come vengono simpaticamente battezzati dagli appassionati più “grossi”) si iscrivono in palestra a maggio ed iniziano ad allenarsi come dei matti pensando di diventare Jay Cutler, Phil Heath o Arnold Schwarzenegger in tempo per rimorchiare in spiaggia le ragazze d’estate. Arrivati a luglio si guardano allo specchio e nella loro mente si materializzano quasi sempre queste domande:

Perché i miei muscoli non crescono? Perché i miei muscoli crescono così poco? Perché i miei muscoli crescono meno velocemente degli altri frequentatori della palestra?

La prima cosa che mi sento di dire ai poveri “secchi” è che a parità di allenamento+dieta+riposo (cioè i tre cardini su cui si fonda la crescita muscolare, corrispondenti a stimolo, materiale e costruzione) due persone diverse possono avere risultati diversi in base alla genetica. C’è poco da dire a riguardo: alcuni sono alti un metro e novanta, altri un metro e settanta; alcuni hanno fisici più facilmente “scolpibili” come gli afroamericani, altri meno. L’ambiente varia anche moltissimo un fisico, ma i geni son quelli. Ovviamente la genetica non deve rappresentare un alibi, anche perché quasi tutti noi abbiamo dei geni che ci permettono di avere un fisico almeno più che rispettabile. Non facciamo come gli obesi che dicono di avere le ossa grosse mentre mangiano la terza ciambella alla Nutella di fila e tu a cena hai i fiocchi di latte ed un cucchiaino di glutamina. Ed allora perché i tuoi muscoli non crescono? Perché, come pensi a volte, “gli altri prendono tutti gli ‘asteroidi’ ed io no”? O perché fai uno di questi otto errori?

1) Fai riposare troppo poco i muscoli. I muscoli in realtà non crescono quando lavorano: crescono quando sono a riposo. E’ preferibile non allenare lo stesso gruppo muscolare ogni giorno: meglio alternare seguendo uno schema che avrai compilato con l’aiuto di un istruttore qualificato, in mono o multifrequenza. A tal proposito leggi anche: Sempre stanco dopo la palestra? E’ la Sindrome da sovrallenamento. Ecco gli errori ed i rimedi. Ovviamente se è un errore far riposare troppo poco i muscoli, è un errore anche farli riposare troppo!

2) Dormi troppo poco: assicurati di dormire almeno 7-8 ore di buon sonno a notte, però attenzione a non assumere la melatonina, se vuoi scoprire perché, clicca su questo link. Per “imparare” a dormire bene, segui questi consigli: Vi insegno le 12 regole d’oro per battere l’insonnia ed avere un sonno perfetto

3) Ti alleni per un periodo troppo lungo. Dopo circa un’ora di allenamento intenso con i pesi, nel tuo corpo aumentano i livelli di cortisolo che è nemico della crescita muscolare. D’accordo che in palestra bisogna superare i propri limiti, però serve anche ascoltare il proprio corpo. Se siete esausti da un quarto d’ora, insistere non è solo inutile: è controproducente.

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4) Consumi troppo alcol e fumi. Birra, vino, e cocktail sono un altro grande colpevole della poca crescita muscolare. Una birra occasionale va bene, ma MAI esagerare! Stesso discorso vale per il fumo e per qualsiasi droga. Elimina alcolici e sigarette e vedrai che i tuoi muscoli (e la tua salute, e le tue erezioni!) ti ringrazieranno. A tal proposito leggi anche: I 10 motivi per smettere di fumare se vai in palestra

5) Fai troppa corsa e troppi pochi pesi. Se vuoi aumentare la massa muscolare, non “perdere” tutto l’allenamento facendo cardio e lasciando ai pesi una parte esigua di tempo. I muscoli crescono davvero se li sforzi coi pesi, non col lavoro aerobico!

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6) Ti alimenti/integri male. Per far crescere i muscoli è importante una dieta che comprenda le giuste quantità di grassi, carboidrati, vitamine, sali minerali ed ovviamente proteine, il tutto assunto in quantità e ad intervalli ben precisi. Alcuni “secchi” eliminano i carboidrati e fanno addirittura il digiuno per “dimagrire ed essere più definiti”! Errore molto grave, ecco perché rimangono secchi! Poi svengono e mi costringono ad interrompere la mia routine perché sono l’unico medico presente in palestra! Importantissimo seguire un programma dietetico deciso assieme al vostro al vostro medico, basato sul vostro corpo, le vostre analisi del sangue e le vostre eventuali patologie e che comprenda anche una adeguata integrazione con opportuni integratori nelle giuste quantità.

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7) Ti alleni male o sei seguito da un istruttore mediocre. Fare bene un esercizio non è una opinione. C’è un modo giusto ed efficiente ed uno sbagliato per fare un certo esercizio coi pesi. Un movimento sbagliato, fatto con un peso sbagliato e per un numero di ripetizioni sbagliato, magari senza fare lo giusto stretching, può farti stancare molto senza ottenere un gran beneficio. Può anzi determinare cronicamente un danno a muscoli, tendini ed articolazioni. Perfino sbagliare i tempi di recupero tra le serie potrebbe ridurre la vostra performance. A volte però l’errore che hai fatto è a monte: hai scelto un istruttore mediocre. Prima di iniziare a seguire i consigli del primo personal trainer che capita, chiedigli quali sono le sue competenze e soprattutto con quali titoli le ha raggiunte. Ormai fare due video motivazionali su You Tube sembra aver dato a chiunque il titolo di super-esperto. Ricorda: le sue istruzioni influiranno sulla tua schiena, sulle tue articolazioni, sulla tua salute, quindi stai alla larga dagli “esperti” che si sono “laureati all’università della vita”. Attenzione anche a farsi “prescrivere” una dieta da un istruttore di palestra, cosa ILLEGALE. Ricordate che una “semplice” dieta iperproteica può determinare danni gravi alla vostra salute.

8) Ti masturbi troppo. Chiudo la lista con un consiglio che non ho MAI sentito dare da un istruttore di palestra: evitare la masturbazione compulsiva. Masturbarsi varie volte nell’arco della giornata può indirettamente influire negativamente sui livelli di testosterone, sull’allenamento e quindi sulla crescita muscolare. A tale proposito leggi anche: Dipendenza dal porno online: ecco perché è così facile cadere nel vortice della masturbazione compulsiva che porta all’impotenza. Le confessioni di un mio paziente masturbatore cronico ed anche: Come varia il testosterone in caso di astinenza dall’eiaculazione

Ovviamente questo rapido articolo – quasi banale per i veri esperti delle palestre – non vuole essere esaustivo dal punto di vista scientifico: deve soltanto dare qualche spunto ai meno esperti, spunto che dovrà necessariamente essere affrontato a fondo DAL VIVO (e non a distanza come va tanto di moda oggi tra i “laureati all’università della vita” a cui facevo riferimento prima) con l’aiuto di un professionista della salute e del fitness. Le cause che possono impedire uno sviluppo muscolare possono essere molto varie e l’elenco si estende ben oltre agli otto punti prima elencati, arrivando ad annoverare perfino alcune patologie, quindi non fate le cose a caso, visto che non è in gioco solo la vostra bellezza, ma soprattutto la vostra salute: è necessario un aiuto autorevole.

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Cari “secchi”…

Ci sono altre due cose che mi sento di dire con tutto il miocardio ai miei cari amici “secchi” che occupano tutti i macchinari della mia palestra guardando l’ultimo video di Emma Marrone sul loro smartphone ultimo modello. Non esiste una motivazione giusta o sbagliata per iscrivervi in palestra. Qualsiasi motivazione che vi porta ad avere una salute migliore è ottima. Ma se vi iscrivete solo per “rimorchiare le ragazze”, non andrete molto lontano, specie appena vi accorgerete – e succederà fidatevi – che i risultati arrivano con fatica e solo dopo molto tempo. Per carità, ognuno di noi va in palestra anche per essere più belli ed avere più chance con l’altro sesso e non nascondo che quando vedo i miei compagni di liceo esser diventati dei dirigibili mentre io sono ancora in forma, non ci goda discretamente. Ma la migliore motivazione che vi deve portare ad amare la ghisa, è quella di migliorare voi stessi. E’ quella di sfidare voi stessi. E’ quella di darvi regole ed obiettivi. E’ quella di battere le vostre paure e superare i vostri limiti. Perché quando vi allenate, vi fate la doccia e poi andate a dormire, siete solo voi a rendere conto a voi stessi della vostra vita. Non è retorica: lavorate su quello che siete dentro, prima di lavorare sui muscoli. Alle medie ero il più timido ed insicuro della classe, ora – da medico – ho la sicurezza in me stesso per avere la salute delle persone nelle mani, e questo grazie anche alla palestra, che mi ha letteralmente forgiato. Con queste motivazioni andrete lontano, e rimorchierete ragazze anche col vostro cervello, non solo coi muscoli. La palestra, se fatta bene, non è uno sport: è uno stile di vita.
L’ultima cosa che mi sento di dire ai “secchi” è che, pur facendo tutto bene, per diventare davvero “grossi” non bastano due mesi di allenamento e tre foto photoshoppate postate su Facebook: servono anni di pazienza, coraggio, passione, determinazione, autocontrollo, disciplina. Se non siete disposti a questo, è meglio se andate a far Zumba in allegria. In palestra serve tempo. La vita non è il “training montage” di Rocky che si allena sulle nevi per combattere contro Ivan Drago ed in 5 minuti scala la montagna e diventa Superman. Serve sudore e fatica. Serve devozione. Tutto il resto sono chiacchere da bar. Però vi prego, togliete Emma Marrone dal vostro cellulare e mettete Back in Black  degli AC/DC: fidatevi, i vostri muscoli cresceranno sicuramente un po’ di più!

PS Non se la prendano i “secchi” all’ascolto. Anzi, io li adoro perché quando li guardo fare esercizi improbabili davanti alle ragazze e sforzarsi coi pesi da 4 kg, divento nostalgico e mi ricordano me tanti anni fa. Ricordate: tutti siamo nati “secchi”!

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Hai sempre voglia di viaggiare? Forse soffri della sindrome di Wanderlust

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO AEREO AEROPORTO VIAGGIO VIAGGIARE BAGAGLISiete appena tornati da due settimane a New York e già state programmando un viaggio a Pechino? Avete appena pagato un biglietto per l’Indonesia e già vi state informando sui voli per il Messico? Vi sentite soffocare a stare sempre nello stesso posto ed avete una voglia irrefrenabile di viaggiare? Forse soffrite della sindrome di Wanderlust! Sembrerebbe la “malattia” più bella del mondo, ma non è esattamente così. Scopriamo di che si tratta.

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Il “gene del viaggio”

La parola tedesca “Wanderlust” (Wandern significa scalare e Lust vuole dire desiderio) può essere tradotta come “desiderio di vagabondare”. La sindrome di Wanderlust è appunto la condizione di chi non riesce a stare troppo fermo in un posto e ha una voglia fortissima di viaggiare. Ovviamente detta così, sembrerebbe che quasi tutti noi ne siamo affetti, dal momento che viaggiare è una cosa considerata piacevole da moltissimi individui, anche perché spesso l’idea di viaggio è associata al concetto di vacanza tanto caro a chi passa le giornate lavorando sodo. Chi soffre della sindrome di Wanderlust, tuttavia, ha qualcosa in più rispetto agli altri, ha il “gene di wanderlust“. Un recente studio, pubblicato sulla rivista Evolution and Human Behaviour, ha individuato una sorta di “gene del viaggio”, ribattezzato appunto gene di wanderlust. Si tratta del recettore dopamina D4, che sarebbe il diretto responsabile della passione e dell’amore per tutto ciò che è esotico e sconosciuto. Pare che questo recettore non sia presente in tutti gli essere umani, ma è nel DNA del 20% della popolazione mondiale.

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La “sindrome del migrante”

Vari studi recenti sembrano poi curiosamente dimostrare come la maggior parte delle persone affette da questa sindrome, sia geograficamente collocabili in aree del mondo in cui storicamente i viaggi sono sempre stati necessari, come per esempio l’Africa. Come dire che il “gene del viaggio” appartenga soprattutto a popolazioni che durante la storia si sono spostate molto in varie arie geografiche per cercare zone più fertili e ricche di materie prime.

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Persone aperte alla novità ma forse insoddisfatte e compulsive

Secondo un altro studio finanziato dal National Geographic, l’identikit del wanderluster è ben caratterizzato: si tratta solitamente di una persona con le seguenti caratteristiche ricorrenti:

  • aperta mentalmente;
  • propensa ad affrontare rischi;
  • propensa a provare cibi nuovi;
  • elevata voglia di avere relazioni sociali nuove;
  • propensa a ricercare avventure sessuali con vari partner, anche sconosciuti.

Tuttavia, secondo l’esperienza professionale mia e del nostro Staff, spesso il wanderluster è tale anche per una sorta di una perenne insoddisfazione personale, come se cercasse in posti diversi quello che non riesce a trovare nel suo posto abituale (amicizie, partner, stimoli dall’esterno…). Chi ha un fortissimo desiderio a viaggiare, spesso soffre un disagio anche nel rapportarsi alle persone che abitualmente lo circondano, mentre il viaggio gli permette di scappare da quelle maschere che è costretto ad indossare ogni giorno per sentirsi a proprio agio con gli altri. Inoltre spesso la sindrome di Wanderlust può essere una manifestazione di una personalità ossessiva compulsiva dal momento che il soggetto può avvertire un bisogno compulsivo di cercare nuove mete di trasferta, di organizzare il viaggio e di viaggiare, bisogno che – se non appagato – può dargli anche estremo disagio e frustrazione. Per approfondire, leggi anche questo articolo sul disturbo ossessivo-compulsivo.

Viaggio nel pericolo

Il wanderluster tipo è una donna tra i 20 ed i 40 anni e può arrivare ad essere ossessionato dal controllare costantemente i prezzi dei voli ed eventuali offerte di viaggio. Nei casi più gravi può arrivare a spendere nei viaggi più soldi di quelle che sono le sue reali possibilità (assumendo dei connotati collegabili ai soggetti maniaco depressivi).
Altro dato interessante che sembra collocare questa sindrome in una dipendenza comportamentale, è che il wanderluster più “fissato” prova un forte fastidio se non può partire (ha una sorta di sintomi di astinenza) ed ha bisogno di “aumentare la dose” con il passare del tempo, cioè ha bisogno di visitare posti sempre più esotici per essere appagato dal viaggio: questo lo porta a visitare posti sempre meno usuali e, quindi, mediamente più pericolosi, mettendo a rischio la propria vita in viaggi sempre più singolari. Se vi ritrovate in questa descrizione, potrebbe essere utile un approccio psichiatrico e psicoterapico del problema.

Se sei appassionato di viaggi e vuoi qualche consiglio sul tuo prossimo itinerario, vi consiglio questo splendido libro curato dal National Geographic: https://amzn.to/3C8kLDv

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Insensibilità congenita al dolore: la strana malattia che non ti fa sentire nessun dolore

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO NEONATO BAMBINO BIMBO FELICE ALLEGRO FELICITA ALLEGRIAImmaginate di soffrire il mal di denti ma di non provare alcun dolore. Oppure di ricevere un pugno sul naso e continuare senza problemi a fare quel che stavate facendo.
Quante volte, durante una malattia o dopo una caduta, ci siamo detti “quanto sarebbe bella una vita senza dolore”. Dopo aver letto questo articolo non la penserete allo stesso modo!

L’importanza del dolore

A parità di stimolo la percezione dell’intensità del dolore varia da persona a persona. La soglia del dolore è soggettiva, tuttavia il nostro comportamento di fronte ad un forte dolore è quasi sempre lo stesso: molte volte quando qualcosa “ci fa male” noi ricorriamo subito ai farmaci per alleviare il dolore, come ad esempio gli antinfiammatori. Tuttavia spesso ci dimentichiamo che il dolore è un sentimento necessario, un allarme che il nostro corpo ci invia per avvertirci che qualcosa nel nostro corpo funziona male o ha dei danni. Il dolore è il modo che ha il nostro corpo per spingerci a prendere delle contromisure al danno per evitarci ulteriori danni e curarci adeguatamente e tempestivamente.

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Il caso di Isaac Brown

Qualche tempo fa dal Regno Unito, era diventato famoso il piccolo Isaac Brown, 5 anni, affetto da insensibilità congenita al dolore. Il bambino, a causa di questa patologia, di fatto non è consapevole dei pericoli che affronta anche nei più semplici atti quotidiani. Può succedere ad esempio che il piccolo, pur avendo una frattura al piede, continui a giocare a calcio non curandosi del trauma: mentre un bambino sano smetterebbe di giocare e verrebbe curato adeguatamente, Isaac continuerebbe a giocare provocando danni molto più elevati! La frattura al piede è un caso “ottimistico”, pensate ad esempio ad un trauma che provochi una emorragia interna: il piccolo continuerebbe tranquillamente a giocare, per poi morire dissanguato pochi minuti dopo.
Per risolvere il problema la famiglia Brown educa il figlioletto a riconoscere i potenziali rischi per la propria incolumità, dato che il bambino non saprebbe riconoscere i rischi cui si sottopone, ancor più rispetto a qualsiasi bambino della stessa età.

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Cos’è l’insensibilità congenita al dolore?

I problemi che scaturiscono dalla totale mancanza del dolore, si manifestano nella insensibilità congenita al dolore (anche detta CIPA che è l’acronimo di Congenital Insensitivity to Pain with Anhidrosis che in italiano significa “insensibilità congenita al dolore con anidrosi“). La CIPA è una malattia molto rara – forse causata da una mutazione genetica a carico del gene SCN9A – caratterizzata fondamentalmente da assenza tattile e anidrosi (assenza della sudorazione) e quindi impossibilità di avvertire il dolore, il calore e il freddo. La mancata sudorazione porta poi a frequenti episodi di ipertermia, pericolosa specie per i bambini. Dietro l’insensibilità congenita al dolore vi sarebbe la disfunzione del sistema nervoso periferico: le terminazioni nervose non sarebbero in grado di rispondere adeguatamente alle stimolazioni, specie quelle nocive recepite come dolore.

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Epidemiologia

La CIPA è una patologia rarissima, che colpisce circa 1000 persone nel mondo. Attualmente vi sono 84 casi viventi documentati negli Stati Uniti e circa 300 in Giappone. Solo un caso è documentato in Nuova Zelanda, mentre due casi sono stati individuati in Marocco. Sessanta casi sono stati riportati a livello mondiale nel 1983, quando la CIPA è stata classificata come malattia.

Prognosi

La maggior parte dei bambini affetti da questo disturbo non vive oltre i 3 anni di età e raramente superano i 25 anni. La ragione di questa aspettativa di vita così ridotta è spesso legata all’incapacità del malato di sudare, e ciò porta a ipertermia, alla quale specie i bambini sono particolarmente sensibili.

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Quali sono le cause dell’insensibilità congenita al dolore?

Come detto qualche riga prima, dietro questa patologia ci sarebbe una mutazione a carico del gene SCN9A. Il gene SCN9A codificherebbe per la costruzione di una parte della proteina detta subunità Nav 1.7. La proteina in questione è un canale per il passaggio dello ione Sodio (Na+), importante regolatore della propagazione dei segnali nervosi lungo le fibre nervose dirette al sistema nervoso centrale dalla periferia e viceversa. Detto in parole semplici la mutazione del gene in questione interferirebbe sulla struttura di una proteina presente nella membrana delle cellule nervose periferiche, che rappresentano le porte di accesso per le informazioni al cervello. L’impossibilità di tale accesso rende impossibile provare l’impulso doloroso. Nuovi studi sembrano confermare l’interessamento del gene che codifica il recettore tirosin chinasico neurotrofico (gene NTRK1). Tale recettore è specifico per il nerve growth factor (NGF o fattore di crescita nervosa) che induce la formazione di assoni e dendriti e promuove la sopravvivenza dei neuroni embrionali sensoriali e simpatici. La mutazione dell’NTRK1 non consente di legare NGF correttamente e può causare difetti nello sviluppo. La ricerca in tale direzione è agli inizi e solo l’informazione e la dedizione riescono a garantire una vita quasi “normale” alle persone affette da insensibilità congenita al dolore.

Come si cura l’insensibilità congenita al dolore?

Ad oggi non esiste una cura risolutiva per una patologia che rende le persone insensibili al dolore fisico e, di fatto, a rischio di non sapere riconoscere le fonti di pericolo. Oggi, nonostante la medicina non trovi ancora cure efficaci per la malattia rara, un aiuto giunge dai mondi della comunicazione e dei social network, dalla buona informazione. La famiglia di Isaac, ad esempio, ha trovato aiuto in vari forum sul web dove si incontrano pazienti e familiari di pazienti che vivono il dramma dell’insensibilità congenita al dolore: in questi gruppi possono trovare uno spazio per confronti e suggerimenti.

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Sindrome di Cornelia de Lange: avere l’aspetto di un bambino per tutta la vita

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Chirurgia Estetica Roma Cavitazione Pressoterapia  Massaggio Linfodrenante Dietologo Certificato Cellulite Calorie Peso Dieta Sessuologia PSA Pene Laser Filler Rughe Botulino SINDROME DI CORNELIA DE LANGELa sindrome di Cornelia de Lange (CDLS) è una sindrome malformativa riconosciuta per la prima volta nel 1933 da una pediatra che diede ad essa il nome, la cui incidenza è stimata pari ad 1 nuovo caso ogni 10-20.000 nati (circa 50 nuovi nati all’anno in Italia). Una sindrome malformativa è una malattia congenita (cioè presente sin dalla nascita) caratterizzata dalla possibile presenza contemporanea di malformazioni maggiori (alterazione della struttura di cuore, reni, palato, sistema nervoso centrale, arti, genitali esterni ecc.), di problemi di crescita in peso e altezza (in eccesso o in difetto), di anomalo sviluppo psicomotorio e intellettivo e di tratti somatici spesso molto particolari.

Segni e sintomi in generali

Le caratteristiche principali di un soggetto affetto sono costituite da basso peso alla nascita (inferiore a due chili e mezzo), scarsa crescita postnatale in peso e altezza, ridotte dimensioni della testa (microcefalia), eccessiva peluria sul corpo (avambraccio e regione lombare in particolare), mani e piedi piccoli o gravi alterazioni malformative a carico delle mani stesse. I pazienti si assomigliano molto tra di loro: le ciglia sono lunghe, il naso è piccolo con narici all’insù, le labbra sono sottili con angoli rivolti in basso. Le sopracciglia sono sottili, arcuate e unite frequentemente sulla linea mediana e danno l’impressione di essere state disegnate con la matita. L’acquisizione delle comuni tappe di sviluppo di ogni bambino (stare seduto, gattonare, camminare, dire le prime parole) è ritardata, così come ritardato in modo variabile è lo sviluppo intellettivo. Per quanto riguarda infine l’area della comunicazione verbale (linguaggio), si tratta della sfera più compromessa ed è ormai chiaro che le capacità di comprensione dei soggetti affetti superano notevolmente le loro possibilità di espressione verbale.

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Crescita e alimentazione

Altezza, peso e circonferenza cranica durante l’infanzia di solito sono al di sotto del terzo percentile. Individui con la forma lieve della sindrome hanno un ritardo di crescita meno severo.  Lo scatto di crescita puberale si ha in tempi normali (una media di 15 anni per i maschi e di 13 anni per le femmine), ma l’ampiezza dello scatto di crescita e inferiore a quella della popolazione generale.  L’altezza media, da adulti, e di 155.78 cm per i maschi e di 131.13 per le femmine.  Fin dalla nascita, la capacita di nutrirsi e scarsa, e non di rado i bambini affetti necessitano di alimentazione per via nasogastrica. In qualche e necessaria l’inserzione un tubo per gastrostomia.  E comune il reflusso gastroesofageo, che contribuisce alle difficolta di alimentazione e alla scarsa crescita.  La prognosi per una crescita normale e buona se il sottostante reflusso gastroesofageo e diagnosticato e trattato precocemente.

Sviluppo e comportamento

Numerosi studi e case report hanno documentato il QI dei soggetti affetti, e i risultati variavano da 30 a 60 per gli individui con la forma classica, fino a 102 in quelli con la forma lieve.  Barney et al. Nel 1999, condussero uno studio dettagliato sul comportamento di 49 individui con i fenotipi classico e lieve.  L’età dei pazienti dello studio variava della prima infanzia all’età adulta. Essi evidenziarono una grande varietà di sintomi, che includevano l’iperattività (40%), l’autolesionismo (44%), aggressioni quotidiane (49%) e disturbi del sonno (55%). I disturbi del comportamento correlavano strettamente con la presenza di una sindrome simil-autistica e con il grado di ritardo mentale. Questi autori descrissero come questi disturbi del comportamento continuassero anche in età adulta.  Kline e colleghi misero a punto una valutazione dello sviluppo in 122 individui con sindrome di Cornelia de Lange, usando una varietà di metodi, e furono in grado di costruire tavole con le tappe di sviluppo, prendendo in considerazione la motricità grossolana, la motricità fine, le abilita sociali e lo sviluppo del linguaggio.  Vi sono molte descrizioni, in letteratura, di assenza di linguaggio negli individui con la sindrome di Cornelia de Lange. All’altro estremo dello spettro, vi e la descrizione di una ragazza con la forma lieve della sindrome che a 14 anni era in grado di parlare con frasi articolate.  In uno studio sugli indicatori prognostici per lo sviluppo del linguaggio, i fattori che predicevano una prognosi scarsa erano: un peso alla nascita al di sotto 2.270 kg, deficit uditivo da moderato a grave, malformazioni a carico degli arti superiori, scarse interazioni sociali e un grave ritardo motorio.  Molti lavori hanno descritto un pianto simile ad un ringhio sommesso come caratteristico della sindrome in infanzia.  Non e stato possibile valutare gli effetti della sordità combinata sensitiva e conduttiva, che si osserva nella sindrome, sul deficit di linguaggio, perché nessuno degli studi sulla sindrome ha incluso una valutazione dell’udito. Poiché adesso gli individui affetti dalla sindrome di Cornelia de Lange sono trattati con dispositivi di ausilio all’udito e con l’inserzione di tube di ventilazione, sembra che lo sviluppo del linguaggio andrà via via migliorando negli anni avvenire.  Praticamente tutti i bambini con la sindrome alla fine impareranno a camminare. Quelli con il fenotipo lieve staranno seduti intorno all’anno e cammineranno intorno ai due anni, mentre la maggior parte dei pazienti con fenotipo classico staranno seduti prima dei due anni e cammineranno prima dei tre anni. Una minoranza dei bambini con la forma classica pronuncerà qualche parola, mentre la maggioranza di quelli con la forma lieve sarà in grado di parlare a frasi.  I disturbi del comportamento sono comuni nella sindrome di Cornelia de Lange e sono più frequenti nei pazienti con grave ritardo mentale. E importante il ruolo delle cause mediche, come il reflusso gastroesofageo, quando si ha un peggioramento del comportamento: drammatici miglioramenti del comportamento non sono rari dopo terapia antireflusso.  La prognosi, per quanto riguarda la gestione dei problemi di comportamento, e buona se viene individuato e trattato un problema clinico sottostante o se il problema di base era una difficolta di comunicazione che viene risolta con l’aiuto del linguaggio dei segni. In assenza di problemi di questo tipo, il comportamento rimane comunque un aspetto di difficile gestione da parte dei familiari e dei terapeuti.

Orecchie e udito

Un certo grado di deficit dell’udito e presente nel 90% degli individui con la sindrome di Cornelia de Lange. Ora si e visto che e di origine neurosensoriale e che di solito e bilaterale. Otiti medie e malattie croniche dell’orecchio medio (‘glue ear’) che si sovrappongono sono comuni e possono essere difficili da diagnosticare perché il canale uditivo esterno, in questa sindrome, tende ad essere molto stretto.  Gli ausili auricolari vengono meglio tollerati quando sono impiantati precocemente.

Anomalie degli arti

Le anomalie degli arti che si possono vedere nella sindrome di Cornelia de Lange variano dalla presenza di mani piccole con dita corte a riduzioni bilaterali con assenza di mani e avambracci. Anomalie minori della mani includono impianto prossimale dei pollici, solco palmare singolo e clinodattilia del quinto dito. Più di rado, si possono vedere fusione di due dita o polidattilia e vi e una descrizione di un dito con due unghie.  A livello dell’arto superiore, omero, ulna e radio sono di lunghezza ridotta, e occasionalmente il radio o l’ulna sono aplastici. E comune la brevità dei metacarpi, in particolare del primo. Sono comuni contratture in flessione dei gomiti, secondarie alla deformazione della metafisi prossimale del radio, che solitamente e sublussato.

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Problemi gastrointestinali

Il reflusso gastroesofageo rappresenta il più comune problema gastrointestinale, nella sindrome di Cornelia de Lange, e colpisce sia la forma classica sia quella lieve. Se non trattato, il reflusso può condurre a morbilità e mortalità significative. E comune che si sviluppi esofago di Barrett e stenosi esofagea, e si può sviluppare anche adenocarcinoma dell’esofago.  La condizione si può presentare in individui con deficit di crescita, ridotta velocita di accrescimento, anemia, polmoniti ricorrenti, apnea o disturbi del comportamento. Poiché l’associazione tra reflusso e sindrome di Cornelia de Lange e emersa solo in tempi relativamente recenti, spesso al momento della diagnosi il danno esofageo e già grave.  Malformazioni del tratto gastrointestinale che si presentino subito dopo la nascita includono stenosi pilorica in circa l’1% dei pazienti effetti o, molto raramente, un pancreas anulare che si manifesta con ostruzione duodenale.

Problemi cardiovascolari

Nel 20-25% dei pazienti con la forma classica della sindrome di Cornelia de Lange sono presenti difetti cardiaci congeniti, che sono invece rari nella forma lieve.  L’anomalia più comune e la stenosi della valvola polmonare, sia isolata, sia in combinazione con un difetto del setto interventricolare. Una grande varietà di altri difetti e stata descritta in questa sindrome, compresa la tetralogia di Fallot, la coartazione aortica, il difetto del setto interatriale, il cuore sinistro ipoplasico, il ventricolo unico e il difetto del canale atrioventricolare. Nel 2% dei pazienti con la forma lieve si può osservare una modesta stenosi del ramo polmonare, che raramente richiede trattamento.  I difetti cardiaci più gravi spesso si vedono nei pazienti con ernia diaframmatica e grave accorciamento degli arti. I bambini con difetti cardiaci più complessi di solito stentano a crescere e muoiono prima o durante l’intervento di chirurgia correttiva. Quelli con difetti più semplice, invece, hanno una buona prognosi.

Anomalie craniofacciali

Gli individui con la sindrome di Cornelia de Lange di frequente hanno il palato arcuato e alto. L’incidenza della palatoschisi varia tra il 18 e il 59% a seconda delle descrizioni. Al contrario di tante altre anomalie, la palatoschisi si può osservare anche nei pazienti con la forma lieve della sindrome.  La palatoschisi non e mai associata a labioschisi. La prognosi di solito e buona, anche se i bambini con la forma lieve della sindrome di Cornelia de Lange e palatoschisi hanno meno probabilità di imparare a parlare rispetto a quelli senza.

Problemi oculistici

La ptosi della palpebra superiore e un reperto frequente specialmente nella forma classica, in cui può variare da un semplice problema estetico ad una interruzione dell’asse visivo.  Anche la miopia e molto comune, ed e stata descritta nel 60% dei pazienti con la forma classica della sindrome di Cornelia de Lange. Sono molto comuni anche sintomi suggestivi di ostruzione del canale nasolacrimale, come gli occhi bagnati e le congiuntiviti ricorrenti. Questi sintomi, comunque, si risolvono quasi sempre spontaneamente col tempo, e sono rari dopo i sei anni.

Problemi al tratto genitourinario

La più frequente anomalia del tratto renale, in questa sindrome, e il rene a ferro di cavallo. Nei maschi, reperto estremamente comune e il criptorchidismo, che puo presentarsi in associazione con ipospadia e scroto ipoplasico.  Nelle femmine, l’anomalia piu comune e l’utero bicorne.

Problemi neurologici

Sono state descritte molte anomalie del sistema nervoso centrale, ma nella maggior parte dei casi si tratta di pubblicazioni di singoli casi.  Le convulsioni sono infrequenti, e si controllano bene con i farmaci.

CAUSE DELLA SINDROME DI CORNELIA DE LANGE

La sindrome di Cornelia de Lange è una malattia genetica, causata cioè da un’alterazione molto piccola nel patrimonio genetico della persona affetta. Nel maggio del 2004 è stato dimostrato che un’anomalia di una singola informazione genetica (gene NIPBL) è responsabile di tutte le manifestazioni cliniche nel 50% circa dei soggetti con questa condizione. La ricerca è ora impegnata a capire quale sia il difetto genetico di base nella restante parte delle persone con CDLS. L’alterazione genetica che causa la sindrome insorge solitamente in modo casuale nel patrimonio genetico del soggetto affetto; questo fa sì, quindi, che il rischio di ripetizione della malattia in altri figli dopo la nascita di un figlio affetto sia, di regola, molto basso. Esistono però rarissimi casi (una decina circa al mondo) in cui si è verificata una ripetizione della malattia; è per altro importante che ogni coppia che ha avuto un bambino affetto esegua un’appropriata consulenza genetica.

DIAGNOSI DELLA SINDROME DI CORNELIA DE LANGE

La diagnosi di CDLS è ancora prevalentemente basata sul riconoscimento delle caratteristiche cliniche da parte di un medico esperto (pediatra, genetista, ecc). Essa può essere fatta già alla nascita o nei mesi o negli anni successivi. Le recenti scoperte fanno sì che entro breve sarà possibile confermare la diagnosi clinica con l’esecuzione di un esame di laboratorio specifico (test genetico). Recentemente si è dimostrato anche che esistono pazienti con un quadro clinico meno marcato (forme mild = lievi) per i quali la diagnosi frequentemente è fatta più tardi e la prognosi è migliore.

Diagnosi prenatale e prevenzione

Poiché non vi sono test diagnostici per la sindrome, le gravidanze successive alla nascita di un bambino affetto vanno seguite con ecografie accurate, cercando anomalie strutturali come un igroma cistico, difetti a carico degli arti nel senso di una riduzione, un’ernia diaframmatica, anomalie cardiache o il caratteristico profilo della faccia. Il profilo del volto presenta una grave micrognatia con filtro lungo e sporgente, e naso piccolo. Il ritardo di crescita intrauterino, presente alla nascita nella maggior parte dei casi, raramente si vede prima del terzo trimestre.  Nel 1983, Westergaard e colleghi descrissero la completa assenza della proteina-A plasmatica associata alla gravidanza (PAPP-A) in una serie di campioni di siero di donne gravide che che successivamente ebbero un bambino con la sindrome di Cornelia de Lange. In uno studio recente questo autore trovo che la PAPP-A era presente nei 19 campioni di siero materni analizzati, al secondo trimestre di gravidanza, ma che i suoi livelli erano significativamente ridotti.  Sebbene non sia un test diagnostico, la PAPP-A può dimostrarsi un prezioso marcatore aggiuntivo per le gravidanze a rischio di ricorrenza o per quelle in cui siano state riscontrate delle anomalie compatibili con la sindrome di Cornelia de Lange.

Sospetti e conferme

La diagnosi prenatale della sindrome di Cornelia de Lange può essere sospettata dopo il precoce riscontro di un ritardo di crescita simmetrico, che diventa particolarmente evidente dopo la 25 settimana di gravidanza. La diagnosi può essere ulteriormente confermata quando si ricerchino segni ecografici aggiuntivi, come la facies tipica, difetti agli arti superiori, che di solito sono unilaterali, e varie anomalie viscerali tra cui l’ernia diaframmatica, la stenosi pilorica, il reflusso ureterale e lesioni cardiache di vario tipo (difetti del setto interatriale e interventricolare, stenosi dell’arteria polmonare o aortica, tetralogia di Fallot, finestra aorto-polmonare, canale atrioventricolare e ventricolo unico).
Il cariotipo fetale rappresenta il primo passo nella diagnosi differenziale in epoca prenatale, per escludere la trisomia 18 e la tetrasomia 12p, ed e essenziale, vista la somiglianza della sindrome di Cornelia de Lange con la duplicazione 3q. Nella maggior parte dei casi, la sindrome di Cornelia de Lange mostra un grave ritardo di crescita, oligodattilia, pollici in posizione prossimale e un filtro sporgente, mentre la duplicazione 3q e più spesso associata a craniosinostosi, palatoschisi e anomalie del tratto urinario.

PROBLEMI DEI PAZIENTI CON SINDROME DI CORNELIA DE LANGE

I problemi principali per i pazienti affetti da sindrome di Cornelia de Lange riguardano la scarsa crescita (esistono in proposito curve di crescita specifiche) e il ritardo psicomotorio e intellettivo. A questo proposito è importante che vengano intrapresi programmi di stimolazione precoci soprattutto per quanto riguarda l’area della comunicazione. Tra i problemi pediatrici più frequentemente associati vi sono il reflusso gastroesofageo e le sue complicanze (70-80% dei casi), le convulsioni (20% circa dei casi), difficoltà d’udito, otiti e sinusiti frequenti, blefariti e miopia. Possono poi insorgere problemi comportamentali (irritabilità, iperattività ecc.), a volte legati al mancato riconoscimento e trattamento di problemi medici in grado di causare dolore. La sopravvivenza di una persona affetta, che non presenti malformazioni maggiori gravi, non è particolarmente ridotta: oggi, infatti, sono ampiamente noti soggetti che hanno raggiunto l’età adulta.

TERAPIA NEI PAZIENTI CON SINDROME DI CORNELIA DE LANGE

Crescita e alimentazione

Se il bambino non è in grado di succhiare dal biberon, un introito calorico adeguato dovrebbe essere garantito per mezzo di nutrizione per via nasogastrica.  Nei casi con grave reflusso gastroesofageo e difficolta di alimentazione, può essere necessario il posizionamento di un tubo per gastrostomia nel momento della funduplicatio.

Sviluppo e comportamento

Nei pazienti con la forma lieve della sindrome dovrebbe essere intrapresa terapia del linguaggio. Come aiuto alla comunicazione, dovrebbero essere introdotti il linguaggio dei segni o altre tecniche.  Le patologie dell’orecchio medio dovrebbero essere trattate con antibiotici e, se necessario, con cannule di ventilazione. Ogni problema medico sottostante che deteriori il comportamento dovrebbe essere trattato.  I problemi comportamentali di lunga data sono difficili da modificare, ma si possono migliorare con la modificazione comportamentale, guidata da uno psicologo del comportamento o da un pediatra dello sviluppo.

Anomalie degli arti

Non vi sono pubblicazioni che documentino che un approccio chirurgico alle anomalie degli arti possa dare dei benefici; anche i pazienti con grave ritardo mentale spesso hanno un controllo della motricità fine straordinariamente buono.

Problemi gastrointestinali

Nella pratica, sono molto pochi i pazienti che rispondono ad un trattamento conservativo del reflusso gastroesofageo, e la maggior parte necessita di un approccio chirurgico.  Il trattamento iniziale del reflusso dovrebbe consistere nel suggerimento di assumere pasti piccoli e solidi e di rimanere in posizione eretta il più possibile. Va tentata la terapia con antiacidi, anti-H2 e inibitori della pompa protonica. Di solito si rende necessaria la funduplicatio, talvolta con inserzione di un tubo da gastrostomia.

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Noi italiani siamo i più ricchi d’Europa

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO MONDO MAPPAMONDO CARTINA EUROPA ITALIAQualcuno potrebbe dire che non è esattamente così, che magari i tedeschi o i francesi siano più ricchi di noi italiani, ed invece siamo noi i più ricchi. Ma di cosa? Di diversità genetica! Qualcuno sarà rimasto deluso ma sono sicuro che i più curiosi continueranno la lettura dell’articolo!

Cos’è la diversità genetica?

La diversità genetica (anche detta variabilità genetica) è una caratteristica degli ecosistemi dovuta alle mutazioni e ai processi di ricombinazione genetica e descrive l’esistenza di molte versioni diverse di uno stesso organismo.  Tale caratteristica è molto positiva in quanto è ritenuta vantaggiosa per la sopravvivenza di una popolazione. In pratica maggiore è la diversità genetica di una popolazione e maggiore sarà la variabilità tra le varie “istruzioni geniche” degli individui di quella popolazione, quindi più alte saranno le chance di sopravvivenza. In fatto di diversità genica noi italiani siamo appunto il popolo più ricco di diversità genetica in tutta Europa, molto più di quanto lo siano tra loro popolazioni che vivono agli angoli opposti del continente. Dal Nord al Sud dello Stivale, ma in realtà anche solo della Sardegna, le nostre differenze genetiche sono dalle sette alle trenta volte maggiori rispetto a quelle registrate tra i portoghesi e gli ungheresi. A dirlo è la ricerca “Sull’isolamento genetico geografico e linguistico: uno studio collaborativo sulle popolazioni italiane” realizzata dai ricercatori dell’Università Sapienza di Roma e condotta dall’antropologo dott. Giovanni Destro Bisol in collaborazione con gli atenei di Bologna, Cagliari e Pisa. La ricerca, iniziata nel 2007, ha preso in considerazione cinquantasette popolazioni presenti nel territorio italiano, dai Grecanici del Salento alla comunità germanofona di Sappada nel Veneto settentrionale.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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I ricordi dei tuoi nonni sono scritti nel tuo DNA

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO LABORATORIO MICROSCOPIO DNA GENETICALa notizia, apparentemente poco eclatante per i non addetti ai lavori, se confermata, rappresenterebbe una svolta epocale nella ricerca scientifica, ed è questo che adoro della scienza: non fai in tempo ad essere “sicuro” che una cosa in Natura si svolga in un certo modo, che arriva una nuova scoperta a mettere tutto in discussione, anche se la precedente tesi era stata formulata e confermata da premi Nobel e geni della medicina. La scienza non accetta dogmi, tutte le “verità” possono essere sfidate ed a tutti è data una onesta chance di vincere! Ma a quale notizia mi riferisco? I nostri comportamenti presenti (comprese le reazioni di paura e di gioia) potrebbero essere influenzati da eventi accaduti in passato, che hanno riguardato i nostri antenati e che sono stati trasmessi a noi mediante una forma di “memoria genetica”. In pratica i ricordi trasmettono dai genitori ai figli “imprimendosi nel Dna” e influenzando lo sviluppo cerebrale ed i comportamenti delle generazioni successive. Sono i risultati eccezionali suggeriti da uno studio su cavie pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience da un gruppo di scienziati della Emory School of Medicine di Atlanta.

Le emozioni dei padri ricadono sui figli (e sui nipoti)

La scoperta potrebbe spiegare ad esempio perché un evento traumatico che ha coinvolto un antenato continui a influenzare la famiglia molte generazioni dopo. Inoltre lo studio fornisce un’evidenza del fenomeno della cosiddetta «eredità epigenetica transgenerazionale», una condizione in cui l’ambiente esterno influenza la genetica di un individuo e quindi questo cambiamento diventa ereditabile. Lo studio è stato condotto su alcuni topi da laboratorio: essi hanno cominciato ad avere paura di un odore particolare, quello della ciliegia, grazie a condizionamenti ripetuti. Quando lo sentivano, erano spaventati; quando sono nati i figli di questi topi, ecco la cosa straordinaria: anche loro, senza mai essere stati esposti in precedenza, hanno mostrato di essere spaventati dall’odore di ciliegia. La cosa si fa ancora più incredibile quando si scopre che lo stesso fenomeno si può ritrovare anche nei nipoti. Lo studio sembra suggerire che, nei caratteri ereditari, possano essere presenti anche elementi legati al comportamento acquisito: un dato decisamente sorprendente.

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I chili in più si ereditano: scoperto il gene “interruttore” del grasso

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO OBESITA GRASSO SOVRAPPESO DIETA DIMAGRIRE METRO ADDOME PANCIA GRASSOI chili di troppo si possono ereditare dai genitori:  a sostenerlo è una ricerca – pubblicata online su ‘The American Journal of Human Genetics’ – condotta tra Israele e Stati Uniti, che ha identificato il gene che regola il peso corporeo nell’uomo e nei topi. La medicina ha già da tempo evidenziato l’importanza dei fattori genetici nell’obesità, dimostrando che l’ereditarietà gioca un ruolo nel 40-90% dei casi. Lo studio fa pendere la bilancia ancor di più verso l’ereditarietà, mostrando che la perdita di un particolare gene negli esseri umani e nei topi provoca obesità patologica.

John Martignetti della Scuola di Medicina del Mount Sinai di New York City, ha affermato: “Partendo dalla scoperta del gene in una sola famiglia con obesità patologica, questi studi hanno portato all’identificazione di un gene che sembra fondamentale per regolamentare lo stato nutrizionale. Questo gene è presente non solo negli esseri umani e nei topi, ma anche in un animale unicellulare. In pratica, la natura ritiene questo gene così importante che ne ha conservato la struttura per più di 700 milioni di anni”.

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Avere più di cento anni e sfoggiare una pelle ultra liscia: scoperti i geni della giovinezza

DOTT. EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO MEDICINA ONLINE LABORATORIO RICERCA OSPEDALE SCIENZA SCIENZIATO MICROSCOPIO VETRINO FARMACI CHIMICA TEST ESPERIMENTO ANALISI CLINICHE BIOLOGIA MICROBIOLOGIA VIRUS LABORATORYSono stati identificati per la prima volta i geni “della giovinezza” che garantiscono una pelle sempre liscia, anche dopo i 100 anni di età. Sono 3 variazioni genetiche congenite, identificate con le sigle Kcnd2, Diaph1 e Edem1 e sono state trovate in un’area del DNA umano di un gruppo di ultracentenari con una pelle eccezionalmente giovane. La scoperta è dei ricercatori del dipartimento di dermatologia della Stanford university school of medicine e dell’Albert Einstein College of medicine di New York. Lo studio è pubblicato su Journal of investigative dermatology.

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