Come riconoscere l’uovo più fresco e nutriente

MEDICINA ONLINE UOVO TUORLO ALBUME PROTEINE QUANTE UOVA MANGIARE SETTIMANA FRESCHE GALLEGGIA AFFONDA MIGLIORE SODO DIGESTIONE COMPRARE COME SCEGLIERE UOVA MIGLIORI SCADUTE.pngCome scegliere l’uovo di gallina migliore al supermercato? Ecco una rapida guida che può aiutarvi nella difficile scelta di uno degli alimenti più consumati al mondo.

Scegliere l’uovo più nutriente

Le galline vengono allevate in svariati modi e ciò può influire sulla qualità dell’uovo:

  • allevamento in gabbia: tanti capi per mq; gli animali passano la loro vita produttiva stipati all’interno di gabbie che vengono distribuite nei capannoni con più piani. Luce e ventilazione sono artificiali. Solitamente e’ una pratica usata solo per la produzione di uova.
  • allevamento a terra: tanti capi per mq; gli animali passano la loro vita all’interno di capannoni chiusi. Solitamente si usa sia per la produzione di uova che per la carne.
  • allevamento a terra intensivo: è un allevamento a terra con uso di luci artificiali (sempre accese per invogliare il pollo a mangiare continuamente), alimentazione spinta (molto carica), ventilazione forzata, regolata con dei ventilatori.
  • allevamento all’aperto: pochi capi per mq. Gli animali vivono in capannoni che dispongono di un pascolo esterno e possono razzolare a piacimento.
  • allevamento biologico: pochi capi per mq. Gli animali vivono in capannoni che dispongono di un pascolo esterno e possono razzolare a piacimento, come nell’allevamento all’aperto, ma in più sono nutriti solo con alimenti certificati come biologici. E’ considerata il tipo di allevamento più salutare, sia per l’animale che per il consumatore, ma è anche il tipo più costoso per il produttore.

Gli allevamenti a terra di tipo biologico sono generalmente garanzia di maggior qualità e genuinità delle uova, anche se ciò non significa che gli altri tipi di allevamento generino uova di cattiva qualità.

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Come riconoscere se un uovo fresco o no?

Ecco tre metodi per scoprire quando sono fresche le uova:

  • La speratura: metodo assai semplice usato anche da alcune industrie, si guarda l’uovo controluce o sotto una torcia elettrica che illumina l’uovo, misurando la camera d’aria (posta infondo all’uovo). Più è grande e visibile, più l’uovo è “vecchio”.
  • Osservazione del tuorlo. Si apre l’uovo sopra un piatto e si osserva il tuorlo: nell’uovo l’albume è vischioso e perfettamente bianco ed il tuorlo è turgido in un certo senso compatto e lucido, man mano che invecchia l’uovo si altera prendendo cattivo odore e diventando schiacciato ed acquoso. Inoltre col tempo le proteine del tuorlo tendono all’idrolasi, quindi l’albume si fluidifica e c’è uno spostamento del tuorlo verso il guscio.
  • Determinazione del peso specifico: il “trucco” più semplice e più usato da sempre. Metti l’uovo in una scodella con dell’acqua salata. Se galleggia è vecchio, se affonda è più fresco, perché all’interno non c’è aria sufficiente da farlo galleggiare.

Le uova fresche galleggiano o vanno a fondo?

Come appena ricordato, in acqua salata l’uovo fresco va a fondo, mentre se rimane a galla è “vecchio”. Più l’uovo si avvicina all’orlo dell’acqua e più e vecchio, perché maggiore è la quantità di acqua che contiene e minore è il suo peso specifico. Se l’uovo rimane a galla, meglio gettarlo via. Se l’uovo rimane “a metà”, può essere consumato, ma in giornata e non oltre.

Cosa determina l’invecchiamento dell’uovo?

I tre fattori che fanno “invecchiare” un uovo sono:

  • temperatura: il caldo ne accelera l’invecchiamento, mentre il freddo ne rallenta l’alterazione, ma a scapito della qualità;
  • umidità: se un uovo è esposto all’umidità i pori del guscio potrebbero assorbire microrganismi e far peggiorare la qualità dell’uovo;
  • igiene: una scarsa qualità dell’igiene dell’ambiente di conservazione, determina peggioramento della qualità dell’uovo.

Conservazione dell’uovo

Dove conservare le uova acquistate al supermercato? La soluzione migliore è riporle in un posto riparato dalla luce e dall’umidità, ad una temperatura NON superiore a 25 °C. Meglio ancora se sono riposte in frigorifero, con temperature tra 2 e 4 °C.

Uova fresche: quanto durano?

Le uova Extra Fresche restano fresche per nove giorni dalla deposizione e sette giorni dalla data di imballaggio. In generale comunque la scadenza delle uova è di solito di 28 giorni dopo la deposizione per le uova a temperatura ambiente, poco di più se conservate in frigorifero.

Si può mangiare un uovo dopo la data di scadenza?

Se per caso si dovesse superare di un paio di giorni la data di scadenza, le uova possono ancora essere consumate se conservate in frigorifero. Se le uova sono conservate fuori dal frigo, generalmente è meglio evitare di consumarle oltre la data di scadenza. In ogni caso, se l’uovo è scaduto, è bene aprirlo ed osservare se ci sono variazioni di odore, colore o consistenza, prima di consumarlo.

Mangiare uova andate a male o scadute: conseguenze

Il consumo oltre la scadenza può aumentare il rischio di infezione da salmonella, specie se l’uovo è di minore qualità ed è stato conservato a temperatura ambiente e/o sopra i 25 °C e/o esposto a fonti di luce dirette. Il consumo oltre la data di scadenza è meno rischioso, come prima ricordato, se avviene entro un paio di giorni massimo dalla data di scadenza, ma solo se l’uovo è stato conservato in frigorifero tra 2 e 4 °C.

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Differenza tra retto ed ano: anatomia, funzioni e patologie in sintesi

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L’intestino è l’ultima parte dell’apparato digerente ed è un tubo di diametro variabile con pareti flessibili, ripiegato più volte su se stesso e lungo circa 7 – 8 metri in tutto. L’intestino è distinto in due parti principali:

  • intestino tenue (o piccolo intestino): è la prima parte dell’intestino dopo lo stomaco, è lungo circa 5 – 5,5 metri ed è composto da duodeno, digiuno ed ileo;
  • intestino crasso (o grande intestino).

L’intestino crasso è lungo mediamente 170 cm (1,7 metri), ha un diametro di circa 7 cm. Ha il compito di riassorbire l’acqua e compattare le feci, mantenendo la materia fecale nel retto fino a quando può essere scaricata attraverso l’ano durante la defecazione. Anatomicamente il crasso viene suddiviso in tre tratti che vengono rispettivamente chiamati:

  • cieco;
  • colon: ulteriormente diviso in quattro porzioni: ascendente, trasverso, discendente, sigmoideo (o sigma o ileopelvico).
  • retto.

Retto

Il retto è il tratto di intestino crasso situato tra il sigma (che lo precede) e l’ano (che lo segue). Le sue arterie principali sono l’arteria emorroidaria superiore (primi due terzi del retto) e l’arteria emorroidaria media (ultimo terzo del retto). Le vene principali del retto sono la vena emorroidaria superiore e la vena emorroidaria media. I suoi linfatici sono i linfonodi mesenterici inferiori. Il suo compito è quello di conservare la materia fecale in attesa di sospingerla, tramite i movimenti di massa intestinali, verso lo sfintere anale durante la defecazione. Le patologie più diffuse del retto, di competenza del chirurgo proctologo, sono: neoplasie del retto, infiammazioni rettali, prolasso del retto, stenosi, lesioni traumatiche, emorroidi, presenza di corpi estranei, fecalomi e malformazioni congenite nella costituzione del segmento intestinale. Il canale anale, o retto perineale, è la parte anatomica che comprende la zona finale dell’intestino crasso, delimitata da l’ampolla rettale e l’ano. La lunghezza canale anale e di circa 6 cm.

Per approfondire: Retto: anatomia, funzioni e patologia in sintesi

Ano

L’ano o apertura anale è lo sbocco verso l’esterno dell’apparato digerente, opposto alla bocca, attraverso il quale vengono espulse le feci durante la defecazione. La sua funzione è di controllare le feci e di espellerle al momento opportuno. La continenza è assicurata dall’apparato sfinteriale, costituito dal muscolo sfintere anale interno e dal muscolo sfintere anale esterno. Il primo è formato da fibre muscolari lisce, il secondo, più sviluppato nelle donne, da fibre muscolari striate disposte in tre strati: strato sottocutaneo, strato superficiale e strato profondo; tale muscolo, posto sotto il controllo motorio volontario, è innervato dalla branca perineale del IV nervo sacrale e dai nervi emorroidari inferiori. Altri muscoli interessati sono il muscolo elevatore dell’ano, che si suddivide in pubo-coccigeo, pubo-rettale e ileo-coccigeo e il muscolo corrugatore della cute dell’ano. Il drenaggio venoso è assicurato dalle vene emorroidarie inferiori, tributarie, mediante le vene pudende interne, del sistema cavale. Il drenaggio linfatico avviene secondo tre principali direttrici: verso l’alto attraverso i linfatici lungo l’arteria emorroidaria superiore che si origina dall’arteria mesenterica inferiore; lateralmente attraverso i linfatici che decorrono a ridosso delle arterie ipogastriche; in basso, verso i linfonodi inguinali superficiali, attraverso i linfatici della cute del perineo. Le patologie più diffuse dell’ano, di competenza del chirurgo proctologo, sono: proctorragia (emissione del sangue dall’ano), mucorrea (emissione di muco), ragade anale, patologie tumorali, emorroidi, prurito anale, infezioni, stipsi, presenza di fecaloma, diarrea ed incontinenza fecale.

Per approfondire: Ano: anatomia, funzioni e patologia in sintesi

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Differenza tra intestino crasso e colon

MEDICINA ONLINE INTESTINO CRASSO ILEO CIECO APPENDICE ASCENDENTE TRASVERSO DISCENDENTE SIGMA RETTO ANO COLONSCOPIA RETTOSCOPIA SIGMOIDOSCOPIA TUMORE ANOSCOPIA PANCOLONSCOPIA RETTOSIGMOIDOSCOPIAL’intestino è l’ultima parte dell’apparato digerente ed è un tubo di diametro variabile con pareti flessibili, ripiegato più volte su se stesso e lungo circa 7 – 8 metri in tutto. L’intestino è distinto in due parti principali:

  • intestino tenue (o piccolo intestino): è la prima parte dell’intestino dopo lo stomaco, è lungo circa 5 – 5,5 metri ed è composto da duodeno, digiuno ed ileo;
  • intestino crasso (o grande intestino).

L’intestino crasso è lungo mediamente 170 cm (1,7 metri), ha un diametro di circa 7 cm. Ha il compito di riassorbire l’acqua e compattare le feci, mantenendo la materia fecale nel retto fino a quando può essere scaricata attraverso l’ano durante la defecazione. Anatomicamente il crasso viene suddiviso in tre tratti che vengono rispettivamente chiamati:

  • cieco;
  • colon;
  • retto.

Il colon è ulteriormente diviso in quattro porzioni (ben distinguibili nelll’immagine in alto):

  • colon ascendente;
  • colon trasverso;
  • colon discendente;
  • colon sigmoideo (o sigma o ileopelvico) a cui fa seguito il retto e l’ano.

Da quanto detto dovrebbe apparire chiara la differenza tra intestino crasso e colon: il colon è la porzione dell’intestino crasso che esclude cieco, retto ed ano.

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Mochi: la torta di riso giapponese che può ucciderti a mangiarla

MEDICINA ONLINE MOCHI ICE TEA RICE RISO KILLER DEATH JAPAN GIAPPONE TORTA DI RISO RICETTA DOLCE CAPODANNO FESTA MORTE GIAPPONESE DIETA CIBO MANGIARE CUCINA.jpgCome spesso succede in questo periodo dell’anno in Giappone, alcune persone sono morte e diverse altre sono ricoverate in condizioni critiche dopo aver mangiato le tradizionali torte di riso “mochi” nel corso delle celebrazioni per l’anno nuovo, come riportato dalla BBC. Per fare un mochi, il riso viene prima cotto a vapore e poi pestato e schiacciato, successivamente la massa appiccicosa viene lavorata nella forma finale tipica del mochi e cotta o bollita.

Ma in che modo questi tortini uccidono?

I panini sono gommosi ed eccezionalmente appiccicosi, tanto da richiedere una lunga masticazione prima di essere ingoiati; chi non può masticare bene – come i bambini, o gli anziani – può trovarli difficili da mangiare. E il problema è proprio questo: se non viene masticato ma semplicemente ingoiato, il mochi si blocca in gola e può portare rapidamente al soffocamento. Secondo i media giapponesi, il 90% delle persone finite in ospedale per colpa di questo piatto è composto da persone di oltre 65 anni ed il problema si ripropone puntualmente ogni capodanno: non deve quindi stupire che a dicembre, nei giorni che precedono il 31, si moltiplicano i messaggi delle autorità, che invitano specialmente i più giovani e gli anziani a mangiare solo mochi tagliati a pezzetti molto piccoli o a masticarli con attenzione.

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Alcol: quanto berne e quali danni può provocare alla tua salute

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Secondo le principali Agenzie Internazionali di salute pubblica, l’alcol è una sostanza tossica e cancerogena, tanto che la IARC (International Agency for Research on Cancer) lo classifica nel gruppo 1 (sicuramente cancerogeno per l’uomo).
Il suo consumo prolungato e cronico è associato quindi ad aumentato rischio di cancro e non è possibile stabilire una quantità assolutamente sicura. Ciò a sottolineare che quando si tratta di bevande alcoliche, non può esistere un rischio pari a zero e qualsiasi modalità di consumo comporterà un rischio, tanto più elevato quanto maggiore sarà la quantità di alcol consumata. Per questo motivo le nuove indicazioni italiane definiscono a basso rischio un consumo di:

  • 2 unità alcoliche per l’uomo adulto
  • 1 unità alcolica per donne adulte e anziani di entrambi i sessi.

La legge 8 novembre 2012 n.189 vieta la vendita e la somministrazione ai minori di 18 anni.

Inoltre, occorre considerare la modalità di assunzione delle bevande alcoliche che contribuiscono, oltre alle quantità assunte, ad innalzare i rischi per la salute e i rischi sociali, ad esempio:

  • il bere lontano dai pasti o il bere quantità di alcol eccessive in una singola occasione
  • il consumo in occasioni o contesti che possono esporre a particolari rischi, quali la guida o il lavoro
  • la capacità di smaltire l’alcol rispetto al genere e all’età della persona.

L’unità alcolica (12 grammi di alcol etilico) corrisponde alla quantità di alcol contenuta in:

  • un bicchiere piccolo (125 ml) di vino di media gradazione
  • una lattina (330 ml) di birra di media gradazione
  • un bicchierino (40 ml) di superalcolico.

Ogni unità alcolica consumata apporta mediamente 70 kcal, prive di qualsiasi contenuto nutritivo se non il potere calorico, di cui bisogna tenere conto, anche in vista del crescente aumento di eccedenza ponderale.

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L’alcol è la principale causa di molte malattie

Tra le prime patologie legate all’alcol, la sindrome o crisi di astinenza da alcol, una patologia reversibile con intensità e durata soggettive, direttamente proporzionali al periodo di assunzione (più o meno prolungato), al tipo e alla quantità di bevande assunte.  L’uso continuativo di alcol in quantità eccessive, produce, infatti, effetti simili a quelli di altre sostanze psicotrope anche illegali, quali induzione della dipendenza psichica e fisica, assuefazione, craving, compulsività e altri disturbi del comportamento, con danni particolarmente rilevanti anche a livello sociale. L’alcol può essere, tra l’altro, responsabile direttamente o indirettamente di gravi eventi, quali incidenti stradali, omicidi, suicidi, violenze ed infortuni vari. La crisi di astinenza è caratterizzata da tremori, nausea, vomito, cefalea, sudorazione, ansia, disturbi dell’umore, talvolta crisi epilettiche e può evolvere in certi casi fino al delirium tremens.

Danni agli organi

Per quanto riguarda le patologie organiche la nosologia di patologia alcol-correlata si è notevolmente ampliata negli ultimi anni, per cui, oltre alle patologie relative all’apparato gastroenterico (esofagite, gastrite, steatosi, epatite acuta e cronica, cirrosi epatica, pancreatiti e tumori) e del sistema nervoso centrale e periferico (atrofia cerebrale, polinevriti), altri sistemi risultano coinvolti, quali il cardiovascolare (infarto miocardico, tromboflebiti, vasculiti), l’endocrino-riproduttivo (infertilità, impotenza, diminuzione del desiderio sessuale, alterazioni ormonali), talora in modo irreversibile. L’alcol è anche causa concomitante di alcuni tumori maligni, parzialmente alcol-attribuibili, come il tumore dell’oro-faringe, dell’esofago, del colon-retto, della laringe, del fegato e della mammella. I dati relativi ai decessi totalmente alcol-attribuibili più recenti attualmente disponibili si riferiscono ai decessi avvenuti in Italia nel 2013, il dato complessivo è stato pari a 1.180, di cui 924 (78,3%) uomini e 256 donne (21,7%). Le due patologie che causano il numero maggiore di decessi, sia tra gli uomini che tra le donne, sono le epatopatie alcoliche e sindromi psicotiche indotte da alcol che nel complesso causano oltre il 90% dei decessi alcol-attribuibili.

Alcol in gravidanza

Da non dimenticare il consumo di alcol in gravidanza, una delle cause maggiori di ritardo mentale dei bambini nei Paesi occidentali. Attraversando la placenta, l’etanolo può compromettere la crescita e il peso del feto, provocando danni permanenti al sistema nervoso centrale, con sottosviluppo e malformazione delle cellule e della struttura del cervello e conseguenze a livello funzionale e cognitivo (scarsa memoria, deficit di attenzione e comportamenti impulsivi).

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Differenza tra obesità di primo, secondo e terzo grado

MEDICINA ONLINE SONO NORMOPESO SOVRAPPESO OBESO SOTTOPESO 1 2 3 GRADO ALTO BASSO IMC BMI INDICE DI MASSA CORPOREA IMPEDENZIOMETRIA BIOIMPEDENZIOMETRIA GRASSO PESO DIMAGRIRE TABELLA UOMO DONNA BAMBINO DIETACome abbiamo visto in questo articolo: Differenza tra obesità e sovrappeso (che vi consiglio di leggere prima di continuare la lettura di questo articolo) un indice di massa corporea pari o superiore a 25 indica generalmente che il soggetto ha un peso superiore al normale, anche se questa non è una regola: l’ultima parola deve infatti averla la bioimpedenziometria. Abbiamo inoltre visto che un indice di massa corporea compreso tra 25 e 29,9 indica soggetto in sovrappeso; mentre un indice di massa corporea pari o maggiore di 30 indica soggetto obeso (o “in sovrappeso di 2°grado), tuttavia non tutte le obesità sono uguali, bensì esistono vari livelli di gravità, determinati dal diverso indice di massa corporea:

  • un indice di massa corporea compreso tra 30 e 34,9 indica obesità di I grado (primo grado od “obesità di classe 1”);
  • un indice di massa corporea compreso tra 35 e 39,9 indica obesità di II grado (secondo grado od “obesità di classe 2”);
  • un indice di massa corporea superiore a 40 indica obesità di III grado (terzo grado od “obesità di classe 3” od “obesità patologica” od “obesità grave”).

All’aumentare del grado di obesità, aumentano i rischi per la salute: ricordiamo infatti che non solo l’obesità è una malattia, ma rappresenta anche un importante fattore di rischio per numerose patologie tra cui quelle cardiovascolari ed il diabete. In caso di obesità di almeno 2° grado, in alcuni pazienti è indicata la chirurgia bariatrica, per favorire la perdita di peso e diminuire tutti i rischi legati all’obesità. Alcuni autori parlano di “obesità di III grado” (terzo grado) quando l’indice di massa corporea è compreso tra 41 e 49 e di “obesità di IV grado” (quarto grado) o “super obesità” quando l’indice di massa corporea è superiore a 50.

L’obesità di terzo grado, anche detta “obesità grave” od “obesità patologica“, può essere ulteriormente divisa in obesità grave di primo, secondo e terzo grado:

  • obesità grave di I grado (primo grado): indice di massa corporeo compreso tra 46 e 50;
  • obesità grave di II grado (secondo grado): indice di massa corporeo compreso tra 51 e 55;
  • obesità grave di III grado (terzo grado): indice di massa corporeo superiore a 56.

Ricordiamo infine che l’obesità, in base alla distribuzione del grasso, può essere divisa in tre grosse tipologie:

  • obesità addominale detta anche viscerale o androide: è caratterizzata da una distribuzione del grasso corporeo prevalentemente a livello addominale, è la forma comunemente definita “a mela”; l’obesità centrale è associata a disordini metabolici (quali diabete e dislipidemia) e malattie cardiovascolari (quali ipertensione, aterosclerosi e cardiopatie);
  • obesità periferica detta anche sottocutanea o ginoide: quando il grasso si distribuisce prevalentemente a livello sottocutaneo in particolare nei glutei, nella regione posteriore del tronco, a livello delle anche e delle cosce, della zona sottombelicale dell’addome, è la forma comunemente definita “a pera”;
  • obesità di tipo misto: quando il grasso si distribuisce uniformemente in tutto il corpo.

A tal proposito, leggi anche: Distribuzione del grasso nell’uomo e nella donna: androide, ginoide e di tipo misto

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Differenza tra obesità e sovrappeso

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L’indice di massa corporea (IMC o anche BMI acronimo di Body Mass Index) è un dato biometrico espresso come rapporto tra peso e altezza di un soggetto ed è utilizzato come un indicatore dello stato di peso forma del paziente. E’ un dato che non tiene conto delle differenze tra individuo ed individuo come la lunghezza degli arti, la larghezza del bacino, la tonicità dei muscoli, la quantità di massa grassa/magra, quindi l’IMC è potenzialmente fuorviante e per superare i suoi limiti è stata introdotta la bioimpedenziometria, che fornisce invece dati più precisi sulla composizione del peso corporeo, individuando soprattutto la percentuale di massa grassa e di massa magra.

Per conoscere il tuo indice di massa corporea, leggi: Sono normopeso, sottopeso o sovrappeso? Come si calcola l’Indice di Massa Corporea (BMI)?

Pur essendo potenzialmente impreciso, specie nel caso di soggetti particolarmente bassi ma muscolosi, l’indice di massa corporeo è un dato che può essere applicato ad una grande fetta di popolazione. Un indice di massa corporeo compreso tra 19 e 25 è generalmente indice di soggetto normopeso, dati al di sopra o al di sotto di tali valori sono invece considerati rispettivamente come peso superiore o inferiore alla norma:

  • indice di massa corporea minore di 18,5: soggetto con peso inferiore al normale (sottopeso);
  • indice di massa corporea tra 18,5 e 24,9: soggetto con peso normale (normopeso);
  • indice di massa corporea pari o maggiore di 25: soggetto con peso superiore al normale.

Questi valori valgono per la popolazione occidentale, per gli asiatici invece è sovrappeso chi ha un IMC tra 23 e 29,9 e l’obesità per tutti i gruppi è un IMC di 30 o più.

Abbiamo quindi visto come un soggetto con indice di massa corporea superiore a 25 abbia un peso superiore al normale. A questo punto entra in gioco la distinzione tra sovrappeso di I grado, sovrappeso di II grado ed ed obesità:

  • se l’indice di massa corporea è compreso tra 25 e 26,9: il soggetto è in sovrappeso di I grado (primo grado);
  • se l’indice di massa corporea è compreso tra 27 e 29,9: il soggetto è in sovrappeso di II grado (secondo grado, anche detta “pre-obesità“);
  • se l’indice di massa corporea è pari o maggiore di 30: il soggetto è obeso.

Da quanto detto l’obesità è una condizione di maggiore gravità rispetto al sovrappeso di primo e di secondo grado. L’obesità può essere inoltre distinta in obesità di primo, secondo o terzo grado; a tal proposito leggi anche: Differenza tra obesità di primo, secondo e terzo grado

Ribadiamo ancora una volta che però l’IMC non considera estremi di massa muscolare, alcuni rari fattori genetici, i giovanissimi, e delle altre variazioni individuali. Perciò è possibile che un individuo con un IMC inferiore a 25 (apparentemente normopeso) abbia un eccesso di % di massa grassa nel corpo, mentre altri potrebbero avere un IMC significativamente più alto di 25 (apparentemente sovrappeso) senza rientrare dentro questa categoria, l’esempio tipico è quello di un culturista che ha peso elevato ma bassissima percentuale di massa grassa (di solito sotto l’8%): in questi casi una bioimpedenziometria è molto più attendibile del “semplice” IMC.

IMPORTANTE: Quanto detto viene applicato a soggetti adulti, invece i bambini ed i ragazzi in crescita sono da considerarsi in sovrappeso se, in riferimento ai percentili di crescita dell’IMC, si collocano tra l’85° ed il 95°, mentre sopra al 95° percentile siamo in condizione di obesità infantile.

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Differenza tra dieta mediterranea, vegetariana e vegana

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La dieta vegetariana viene seguita da coloro che seguono una alimentazione che non comprenda parti del corpo di un animale (carne e pesce), ma può includere prodotti di origine animale, come miele, latte e uova e loro derivati (come formaggi o prodotti che li contengono, es. le torte).

La dieta vegana è invece seguita da colore che che non mangiano nulla che abbia un’origine animale, quindi non mangiano carne e pesce ma neanche latte, prodotti caseari o uova.

La dieta mediterranea è un modello di alimentazione ispirato ai modelli alimentari diffusi in alcuni paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo, come la Spagna, la Grecia, il Marocco ed ovviamente l’Italia. La dieta mediterranea è riconosciuta dall’UNESCO e si basa su alimenti tradizionalmente consumati in questi paesi in una proporzione che privilegia cereali, frutta, verdura, semi, olio di oliva (grasso insaturo), rispetto ad un più raro uso di carni rosse e grassi animali (grassi saturi), mentre presenta un consumo moderato di pesce, carne bianca (pollame), legumi, uova, latticini, vino rosso, dolci.

Pur non esistendo attualmente studi sperimentali che mettano a confronto la dieta mediterranea con quella vegetariana e vegana, valutando l’effetto delle tre diete nello stesso gruppo di soggetti a tempi diversi, si può però ammettere che esistono tanti punti in comune tra i tre modelli di alimentazione, specie valutando i vantaggi per la salute. Sia la dieta mediterranea che la vegetariana/vegana sono infatti ricche in acidi grassi monoinsaturi (grassi “buoni”), fibre e antiossidanti, inoltre entrambe le diete assicurano anche un basso apporto di grassi totali e soprattutto di saturi. Difficile dire allo stato attuale della ricerca, quale sia la più salutare: ulteriori ricerche in futuro – forse – potranno chiarire tutti i dubbi. Quello che è certo oggi è che le tre diete hanno dei punti a favore molto importanti, elencati di seguito.

Dieta mediterranea: i punti a favore

La dieta mediterranea è, dal punto di vista nutrizionale, un regime alimentare salutare, adatto a chi desidera perdere peso in modo naturale e controllato o a chi sia normopeso e voglia mantenere il proprio peso forma. La dieta Mediterranea è amata e consigliata dai medici perché si propone sana e completa, quindi vediamo quali sono i suoi punti di forza:

  • è una dieta completa: la dieta Mediterranea apporta carboidrati complessi, vitamine e sali minerali, con la frutta e la verdura, nonché un’importante quantità di proteine leggere, attinte dalla carne bianca come il pollo e il tacchino;
  • i metodi di cottura sono salubri: dal vapore alla scelta di consumare alimenti vegetali crudi, la dieta Mediterranea punta su tutto all’integrità delle sostanze nutritive;
  • i grassi sono buoni: dall’olio extravergine di oliva fino ai grassi contenuti nel pesce, la dieta Mediterranea è ricca di omega 3 e di omega 6 che proteggono l’organismo e migliorano le funzioni vitali;
  • è gustosa e varia quindi può essere seguita facilmente da tutti.

Dieta vegetariana e vegana: i punti a favore

La dieta vegetariana e quella vegana vanta molte buone caratteristiche che possono essere sfruttate da chi sta cercando di perdere peso in modo naturale e da chi è normopeso e vuole rimanere in forma:

  • è leggera: grazie alla mancanza di alimenti fibrosi e di origine naturale, la dieta vegetariana è sicuramente leggera e facilita la digestione, quindi si propone ideale per chi desidera seguire una dieta ricca di fibre e votata alla depurazione;
  • è “divertente”: le verdure possono essere preparate in mille e più modi, quindi arricchite con cereali e altri ingredienti gustosi. Largo alla fantasia, perché la dieta vegetariana è buona e colorata, perfetta per chi desidera perdere i chili in eccesso rispettando la natura;
  • è cruelty free: la dieta vegetariana ama gli animali e li rispetta, quindi si propone come un regime dietetico perfetto per chi desidera rispettare l’ambiente;
  • è varia: sfatiamo il mito che la dieta vegetariana sia sinonimo di dieta monotona: specie negli ultimi tempi le ricette vegetariane si sono esponenzialmente moltiplicate sul web!

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