Starnuti natalizi? Forse sei allergico all’albero di Natale

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO DOLCI DI NATALE BISCOTTI TORTA CALORIE GRASSI ZUCCHERO NATALIZI (6)Occhi che lacrimano, raffreddore, starnuti, difficoltà a respirare bene. Se vi capita di avere questi sintomi nelle prossime due settimane potrebbe non essere colpa di un’influenza che state covando, ma dell’albero di Natale che avete in casa. A suggerirlo una ricerca della Upstate Medical University, negli Usa, pubblicata sulla rivista Annals of Allergy, Asthma and Immunology.

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Il tuo profumo può causarti allergia anche se garantito innocuo

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO PROFUMO OLIO BELLEZZA DEODORANTE COSMETICONonostante le leggi europee garantiscano che i cosmetici profumati non contengono allergeni, se non in quantità infinitesimali, inferiori a 100 ppm (parti per milione) per quelli che si risciacquano e inferiori a 10 ppm per gli altri, le allergie potrebbero comunque svilupparsi perché alcune parti delle fragranze sono sensibili all’aria. Alcune sostanze dei profumi, esposte all’aria, si trasformerebbero quindi in allergeni, una volta aperte le boccette e spruzzate sul corpo. Lo sostiene Johanna Rudback del dipartimento di chimica e biologia molecolare dell’università di Gothenburg, che ha messo a punto un nuovo metodo per scovare i composti responsabili di tali fastidi e di saggiarne la reattività. La scoperta è stata recentemente pubblicata sul Journal of separation science. Il metodo si basa su una particolare ed innovativa tecnica di spettrofotometria di massa. “Per la prima volta – sottolinea la ricercatrice – si può identificare quali composti delle fragranze, in particolare gli oli essenziali, diventano potenziali allergeni anche in piccolissima quantità, appena aperte le bottigliette di profumo e a contatto con l’aria”.

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L’incredibile allergia di Ashleigh Morris

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Medicina Chirurgia Estetica Cavitazione Dieta Peso Dietologo Nutrizionista Roma Cellulite Fumare Laser Rughe Pelle Pulsato Macchie Lifting Ashleigh Morris Allergia AcquaAshleigh Morris non può nuotare, né farsi un bagno caldo, né tantomeno una doccia rilassante dopo un intero giorno di stress: è allergica… all’acqua. Da 5 anni infatti la pelle di Ashleigh, 19enne di Melbourne, Australia, non può (e non deve) venire in contatto con l’acqua a qualsiasi temperatura essa sia, pena i tipici sintomi da allergia quali rossore, gonfiore, prurito e dolore. Perfino il suo stesso sudore la fa stare male. La sua malattia viene chiamata Aquagenic urticaria, patologia rarissima e senza cure.

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Quali sono le differenze tra allergia alimentare ed intolleranza alimentare?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO PANE INTEGRALE FARINA GRANO CEREALI FIBRE ALIMENTARI DIETA CIBO CARBOIDRATI PANINOMoltissimi – quasi tutti a dir la verità – miei pazienti fanno estrema confusione tra allergia alimentare ed intolleranza alimentare, anche perché alcuni sintomi sono effettivamente comuni ad entrambe queste condizioni. Cerchiamo quindi di spiegare la differenza in maniera semplice, magari troppo semplicistica per gli addetti ai lavori, ma estremamente chiara per la maggior parte delle persone che poi è l’obbiettivo che mi sono prefissato con questo sito!

L’allergia alimentare è una forma specifica di intolleranza a componenti alimentari che attiva il sistema immunitario, in che modo? Una proteina (detta allergene) contenuta nell’alimento a rischio, innesca una catena di reazioni del sistema immunitario tra cui la produzione di anticorpi. Tale allergene nella maggior parte delle persone è del tutto innocuo e non determina sintomi mentre nella persona ad esso allergica determina i fastidiosi sintomi. Gli anticorpi, stimolati dall’allergene, scatenano il rilascio di potenti sostanze organiche, come l’istamina, che provocano vari sintomi: naso che cola, tosse, affanno, l’orticaria (prurito e ponfi come punture di zanzara), talora con gonfiore delle palpebre, delle labbra o della lingua, l’asma, il raffreddore allergico, la diarrea e in casi gravi importanti e improvvisi cali della pressione arteriosa. Le allergie agli alimenti o ai componenti alimentari sono spesso ereditarie e vengono in genere diagnosticate nei primi anni di vita.

Nell’intolleranza alimentare l’attore principale non è il sistema immunitario, ma il metabolismo. Un tipico esempio è l’intolleranza al lattosio: le persone che ne sono affette hanno una carenza di lattasi, l’enzima digestivo che scompone lo zucchero del latte. L’intolleranza può provocare sintomi simili all’allergia (tra cui nausea, diarrea e crampi allo stomaco), ma la reazione non coinvolge nello stesso modo il sistema immunitario. L’intolleranza alimentare si manifesta quando il corpo non riesce a digerire correttamente un alimento o un componente alimentare.

La dose è importante

Mentre i soggetti allergici devono in genere eliminare del tutto il cibo incriminato (perché basta l’introduzione dell’allergene a far sviluppare i sintomi, a prescindere dalla quantità dell’alimento ingurgitato), le persone che hanno un’intolleranza possono invece quasi sempre sopportare piccole quantità dell’alimento o del componente in questione senza sviluppare sintomi. Per questo motivo si dice che l’intolleranza è dose dipendente mentre l’allergia non lo è. Fanno eccezione gli individui sensibili al glutine e al solfito.

Differenti terapie

In caso di allergia una volta identificati gli alimenti, l’unico modo per prevenire la reazione allergica nei soggetti sensibili è eliminare tali alimenti dalla dieta o dall’ambiente. In caso di intolleranza alimentare, invece, il solo fatto di ridurre le porzioni può essere sufficiente ad evitare i sintomi. Di solito è il paziente stesso che, grazie alla propria esperienza, capisce da se quale sia la “dose soglia” che non deve superare per non incorrere nei sintomi.  Tuttavia spesso questo non è sufficiente, pertanto si provvede all’esclusione dell’alimento intollerato e delle sue forme nascoste (es. siero di latte nel prosciutto cotto) per un certo periodo di tempo (2-3 mesi) avendo comunque cura di seguire un’alimentazione bilanciata. In questo modo si consente all’organismo di “disintossicarsi” dai cibi intollerati concedendogli un periodo di “riposo” oltre il quale è possibile poi reintrodurre gradualmente gli alimenti senza che si manifestino disturbi. In realtà il metodo che prediligo per trattare le intolleranze non è la dieta di eliminazione, che è comunque una possibilità da tenere in considerazione, bensì l’applicazione di uno schema di rotazione dei cibi appositamente studiato sul paziente.

Leggere le etichette

In qualsiasi caso il concetto importante che cerco di far entrare nella testa del paziente è che è sempre necessario leggere attentamente le etichette dei prodotti che si mangiano, anche quelli insospettabili e all’apparenza innocui, per valutare l’eventuale presenza di sostanze a cui si è allergici o intolleranti. Tante volte il paziente viene da me con i classici sintomi, mi dice che non ha assunto l’alimento incriminato e poi andiamo invece a scoprire che parte di tale alimento era presente, magari in quantità minima, nel contorno che ha mangiato a pranzo! Che poi leggere le etichette dei cibi è una buona abitudine che anche chi non ha problemi di allergia o intolleranza dovrebbe osservare: la vera dieta comincia dalle etichette dei cibi, impara a decifrarle per mangiare bene.

Test per le allergie

1) Test cutanei (prick test): sulla base dell’anamnesi dietetica, gli alimenti sospettati di provocare reazioni allergiche sono inseriti nella serie utilizzata per i test cutanei.
I test consistono nell’inserimento sottocutaneo di estratti di un determinato alimento, mediante iniezione o sfregamento, per verificare l’eventuale comparsa di una reazione di prurito o di gonfiore.

2) Diete ad esclusione: il principio della dieta ad esclusione si basa sull’eliminazione di un alimento o di una combinazione di alimenti sospetti per un periodo di circa 2 settimane prima di effettuare una prova di verifica. Se in questo periodo i sintomi scompaiono, i cibi sospetti vengono reintrodotti nella dieta, uno per volta, in quantità ridotte e aumentate gradualmente fino a raggiungere la dose normale. Una volta verificati tutti i cibi sospetti, è possibile evitare quelli che causano problemi.

3) Test RAST (radioallergoassorbimento): in questo tipo di test si mescolano in una provetta piccoli campioni di sangue del paziente con estratti di alimenti. In una vera allergia, il sangue produce anticorpi per combattere la proteina estranea che può così essere rilevata. Il test può essere usato soltanto come indicatore di un’allergia ma non determina l’entità della sensibilità all’alimento nocivo.

4) Test in doppio cieco con controllo di placebo (DBPCF): in questo test allergologico, l’allergene sospetto (per es. latte, pesce, soia) viene inserito in una capsula o nascosto in un alimento somministrato al paziente sotto stretto controllo medico. Questi test permettono agli allergologi di individuare i più comuni alimenti e componenti alimentari che provocano effetti negativi.

Test per le intolleranze

1) Test sul sangue: vengono effettuati su un campione di sangue. I tipi di test utilizzati sono il Citotest e la metodica Elisa.
Il primo si effettua ponendo il plasma sanguigno a contatto con estratti di Alimenti (cereali, verdure, frutta, ecc.) e, dopo un certo tempo di incubazione, venga valutato al microscopio da un tecnico se i Neutrofili (una categoria di Globuli Bianchi) hanno subito delle modificazioni in seguito al contatto con gli Alimenti esaminati. Il limite del test, oltre all’esperienza del tecnico, risiede nella parzialità della risposta. Infatti, per quanto appartenenti all’organismo preso in esame, le cellule Neutrofile non sono l’organismo e non sono più al suo interno, inoltre necessita di tempi lunghi se si vogliono valutare molti alimenti.
I test basati sulla metodica Elisa sono di tipo immunoenzimatico, cioè valutano la presenza di anticorpi IgG che si producono contro gli antigeni alimentari: più è elevata la quantità di anticorpi più è probabile l’intolleranza nei confronti dell’alimento

2) Test Kinesiologico: si avvale della misurazione della tensione muscolare prendendo in esame la muscolatura della mano (O Ring) oppure delle braccia e/o delle gambe. Quando assumiamo, ma anche solo quando teniamo in mano, un Alimento od una sostanza che ci disturba, la nostra forza muscolare diminuisce, talvolta in modo così importante che le persone provano un senso di spossatezza dopo averne assunto. Lo svantaggio di questo test sta nel possibile affaticamento del soggetto da testare se si vogliono valutare un numero elevato di alimenti che può portare a falsi positivi

3) Test DRIA: utilizza lo stesso principio del al metodo Kinesiologico ma le rilevazioni sono fatte tramite un sistema computerizzato. Questi 2 test sono validi perché prendono in considerazione tutto l’organismo. Il loro limite risiede nella manualità dell’operatore per quanto riguarda il Test Kinesiologico, e nell’estrema lunghezza del test DRIA (devono essere messe in bocca fialette con diversi Alimenti e sostanze chimiche per un totale di circa due ore di test).

4) TEAV (Elettro Agopuntura di Voll) e VEGA TEST: con appositi apparecchi può essere misurata, lungo i meridiani classici dell’agopuntura cinese od altri canali studiati successivamente, una microcorrente elettrica che attraversa la persona, ed all’uscita permette di derivare informazione su incidenti trovati lungo il percorso oppure sull’impatto che producono piccole quantità di Alimenti interposti tra la persona e l’apparecchio. Non possono essere effettuati dai portatori di Pace Maker.

5) Test sul Capello: si basa sul principio della Biorisonanza che deriva dalla fisica quantistica. Questa scienza afferma che tutto ciò che esiste nell’universo è sì materia, ma anche energia. Gli oggetti, gli animali, l’uomo e tutti gli esseri viventi sono costituiti da cellule, molecole, atomi e come tali sono un insieme di materia ma anche di energia. Tutti gli atomi hanno la capacità di emettere particolari frequenze, tipiche dell’atomo stesso; allo stesso modo anche le molecole (che sono insiemi di atomi), le cellule (che sono formate da molecole) e di conseguenza gli esseri viventi (costituiti da cellule) emettono frequenze tipiche che dipendono dall’insieme di elementi di cui sono costituiti. Quindi ogni essere emette frequenze uniche e tipiche di quell’organismo. Il capello, essendo una parte dell’organismo, emette anch’esso la frequenza specifica dell’individuo a cui appartiene. Ponendo il capello a contatto con le frequenze tipiche di alimenti, farmaci, minerali ecc. è possibile valutare se queste due frequenze sono tra loro compatibili oppure no.

Per approfondire, leggi:

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Acari ed allergia: cosa sono, dove si trovano, come si combattono

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO SBADIGLIO NOIA DORMIRE LETTO SONNO1) Cos’è l’acaro?
Con quattro paia di zampe e un corpo peloso, gli acari sono lunghi da 0,2 a 0,4 mm. Appartenenti alla stessa famiglia dei ragni e degli scorpioni, l’ordine degli Acarina (volgarmente noti come acari) è suddiviso in 5 famiglie, 18 generi e circa 50.000 specie. In caso di allergia agli acari, la causa che scatena l’allergia (allergene) non è l’acaro in sé, ma le sue feci o le secrezioni, oltre che le carcasse post-mortem. A tale proposito, una decina di acari sono particolare causa di allergia: quelli del genere Dermatophagoides (pteronyssinus e farinae) e la Blomia tropicalis.

2) Dove si trovano gli acari?
Soprattutto infestano la biancheria da letto, i peluche, i divani, i tappeti e le moquette. Tutte le case ne ospitano, persino quelle più pulite.

3) Quali misure preventive è possibile mettere in atto?
Per limitare i rischi di allergia, la disinfestazione è fondamentale, anche se è davvero efficace solo se effettuata in modo precoce, completo e prolungato. Tuttavia, alcune semplici misure permettono di alleviare in modo significativo i sintomi. È opportuno aerare al massimo le stanze, mantenere una temperatura ambiente piuttosto fresca e scegliere come arredo interno superfici lisce facilmente lavabili. Inoltre, si possono anche rivestire i materassi con apposite fodere antiacari e cambiare la biancheria del letto ogni settimana, così come passare frequentemente l’aspirapolvere e, all’occorrenza, munirla di apposito filtro. Per la stessa ragione, si consiglia di mantenere un’umidità relativa dell’aria che non superi il 50% e una temperatura ambiente compresa tra 19 e 21°C (da 16° a 18°C nelle camere da letto). Molto utile è anche l’uso di un apposito spray antiacaro, come questo: https://amzn.to/2RtEsvl

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4) Che posto occupa l’allergia agli acari tra le allergie respiratorie?
Per semplificare, si distinguono le allergie stagionali (causate essenzialmente dai pollini) dalle allergie aperiodiche (o perannuali), che possono sopraggiungere in qualsiasi momento dell’anno. L’allergia agli acari è una di quelle. Si tratta della forma di allergia più diffusa in Italia. Colpisce gran parte dei pazienti che presentano segni di rinite allergica o di asma.

5) L’allergia agli acari è più significativa nel bambino o nell’adulto?
È stato riscontrato un aumento della frequenza di allergia agli acari con il passare degli anni. Più si cresce, più si diventa sensibili agli acari. I bambini, dal canto loro, sviluppano presto questa sensibilizzazione, che si manifesta completamente come allergia solo in età adulta. Pare che questa allergia sia decisiva durante l’infanzia per evolversi poi in asma, in particolare a causa dell’interazione con le infezioni virali, spesso a ripetizione a quell’età.

6) Come distinguere questa allergia da un normale raffreddore?
L’inverno è un periodo dell’anno che può dare adito a confusione. Infatti, i raffreddori producono sintomi piuttosto simili a quelli della rinite allergica. Ciò che permette di distinguere una rinite allergica da un classico raffreddore è quando i sintomi persistono in modo anomalo (ad esempio un raffreddore che dura diverse settimane) o quando i sintomi diventano più evidenti in situazioni particolari (spostamenti in campagna o permanenza in ambienti non opportunamente aerati, caratterizzati da una concentrazione abbondante di polvere e acari…). Una buona diagnosi è certamente fondamentale, ma per prima cosa ciò che conta è curare. Infatti, è curando la rinite allergica che è possibile migliorare i sintomi di un raffreddore virale. D’altronde, uno studio ha dimostrato che i soggetti sensibili agli acari sono maggiormente esposti al rischio di infezioni virali. Succede come se l’allergia agli acari rendesse forte o distruggesse la mucosa respiratoria, preparando il terreno alle infezioni che verrebbero ad aggravare il quadro. È una sorta di circolo vizioso, poiché la rinite e la minaccia virale sono molto spesso associate.

7) Come passare dal sospetto a un’effettiva diagnosi di allergia agli acari?
Il test di riferimento è un test cutaneo noto come “prick test” (prove allergiche). Si provoca un contatto pungendo leggermente la pelle del paziente con uno specillo, attraverso una goccia di allergene purificato. In caso di reazione cutanea significa che si è in presenza di una sensibilizzazione. E, in caso di sensibilizzazione e di sintomi, significa che esiste allergia. Un esame del sangue, il Test delle IgE specifiche, prevede un dosaggio di anticorpi diretti verso l’allergene. Sarà possibile ricercare eventuali allergie incrociate, in particolare ai gamberetti o alle lumache, che possono essere talvolta estremamente pericolose nei pazienti molto allergici agli acari.

Per approfondire, leggi: Test per Allergie e Intolleranze Alimentari

8) Di fronte a queste allergie, gli antistaminici e i corticoidi locali sono efficaci?
Quando sono i pazienti stessi a sospettare l’esistenza di una causa allergica dei loro sintomi, il ricorso a questi farmaci è, infatti, frequente e spesso necessario. Sono consigliati sia dal medico curante, sia da familiari e amici. Quindi, esiste spesso anche la possibilità di un’automedicazione che, in un discreto numero di casi, si rivela insufficiente.

9) Per quali pazienti si consiglia una desensibilizzazione?
Per quei pazienti la cui rinite allergica impedisce una buona qualità di vita e la diagnosi è stata ben formulata, è possibile considerare un’immunoterapia allergenica. In un altro caso, quello dei pazienti affetti da una forma molto grave di asma, occorre in primo luogo regolarla e tenerla sotto controllo prima di considerare una desensibilizzazione per migliorarla.

10) Come avviene la desensibilizzazione?
Il principio dell’immunoterapia allergenica o desensibilizzazione è di apportare, in modo frequente e regolare, l’allergene all’organismo. Questo consente di riconoscerlo e di abituarsi poco alla volta senza sviluppare sintomi allergici. In passato, si faceva uso di un certo quantitativo di allergeni per indurre una tolleranza. Oggi, questo fenomeno immunologico si ottiene somministrando tutti i giorni delle gocce sotto la lingua, a digiuno. Nel caso di allergia agli acari, questo trattamento viene assunto tutto l’anno e la sua durata varia da tre a cinque anni. L’efficacia di questa cura varia in base alla gravità dell’allergia, anche se sarà sempre possibile apprezzare una diminuzione più o meno significativa dei sintomi. Infatti, questo trattamento comporta sempre un aumento del numero di giorni senza sintomi e una diminuzione del consumo di farmaci di emergenza. Nella migliore delle ipotesi, si riesce a farli scomparire del tutto.

Consigli antiacari

  • Aver cura della biancheria da letto (materassi, reti) e degli accessori a corredo (lenzuola, guanciali, piumoni e copripiumoni…);
  • Far prendere aria ai letti la mattina;
  • Passare regolarmente l’aspirapolvere (tutte le settimane), utilizzando sistematicamente del materiale specifico (filtro HEPA);
  • Lavare regolarmente la biancheria da letto (ogni 2 settimane) a temperature superiori a 60°C (in assenza di fodere antiacari);
  • Lavare la fodera antiacari a 60°C due volte all’anno;
  • Cambiare le lenzuola una volta alla settimana;
  • Preferire una rete con doghe in legno;
  • Evitare i piumoni in piuma naturale (nicchie in cui si annidano gli acari, difficili da pulire);
  • Pulire i pavimenti e gli oggetti a rischio;
  • Preferire il parquet e il linoleum alla moquette;
  • Lavare tende e cuscini a 60°C;
  • Prediligere i peluche lavabili in lavatrice a 60°C;
  • Rivestire guanciali, materassi e piumoni con fodere antiacari;
  • Gestire la temperatura all’interno della casa, cambiare aria, ecc.
  • Far prendere aria ai letti la mattina e aerare le camere da letto almeno un quarto d’ora al giorno, soprattutto in presenza di tempo freddo e secco;
  • Controllare l’umidità relativa (utilizzare un deumidificatore) al di sotto del 50%;
  • Mantenere una temperatura ambiente ragionevole (al massimo tra 18 e 20° C, in particolare nelle camere da letto).

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Superare le intolleranze alimentari con la dieta di eliminazione? Meglio lo schema di rotazione dei cibi

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO MANGIARE PANINO DIETA CUCINARE DIMAGRIREChi è pratico di visite dal dietologo ci sarà probabilmente passato: fatti i test adeguati, si scopre di essere intolleranti ad uno o più cibi. Una volta scoperta tale intolleranza può capitare che molti colleghi della vecchia guardia diano al paziente la “dieta di eliminazione“, cioè una dieta che escluda l’alimento, o gli alimenti, a cui il paziente è intollerante. La reazione del soggetto è di solito un misto di felicità e di tristezza: al sollievo per aver individuato la vera causa o concausa di un malessere si sovrapponga il timore di non riuscire a “reggere” l’eliminazione di tali alimenti dalla quotidianità. Questa preoccupazione è del tutto fuori luogo. Una dieta di eliminazione non solo è un sacrificio inutile, che fa vivere da malati, minando il rapporto con il cibo, il piacere di nutrirsi e anche la socialità. E’ una strategia che può rivelarsi persino controproducente, quando non addirittura dannosa. Anche la dietologia si evolve e le ricerche più moderne vanno in direzione completamente nuova rispetto al passato, svelandoci una nuova verità: anziché seguire una dieta di eliminazione, si deve optare, da subito, per l’assunzione ragionata e personalizzata degli alimenti e sul recupero della tolleranza immunologica.  Non è escludendo i cibi verso cui ci si scopre ipersensibili che si vincono le intolleranze alimentari e si contrastano efficacemente i problemi – dal mal di testa alla pancia gonfia, dalle cistiti ricorrenti alle manifestazioni di tipo dermatologico, dal sovrappeso alle infezioni respiratorie frequenti – che spesso sono collegati a ciò che mangiamo

Continua la lettura su https://www.lucaavoledo.it/2013/01/intolleranze-alimentari-la-dieta-di.html

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Morire per una puntura di vespa: capire cos’è uno shock anafilattico può salvarti la vita

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO VESPA INSETTISuccede molto spesso purtroppo, specialmente durante i mesi caldi dell’anno: da Nord a Sud, sono numerosi in Italia i casi in cui basta la puntura di una vespa o di un calabrone per provocare in chi è stato punto uno shock anafilattico, cioè una reazione allergica di intensità tale da poter causare la morte.
L’ultimo episodio in provincia di Torino, a Coazze, dove un uomo di 53 anni è morto all’ospedale San Luigi di Orbassano dove era ricoverato dopo essere stato punto da una vespa. L’uomo si stava recando al lavoro in bicicletta quando l’insetto lo ha punto. Ricoverato in ospedale, è morto due giorni dopo.
Nonostante l’intervento dei medici, lo shock anafilattico provocatogli da quella puntura gli è stato fatale.

In cosa consiste lo shock anafilattico?

L’anafilassi è definita come «una grave reazione allergica a rapida comparsa e che può causare la morte». Nelle forme più gravi di anafilassi, si parla di «shock anafilattico». L’anafilassi è causata da una particolare forma di ipersensibilità, comunemente detta “allergia”, verso una sostanza antigenica (detta allergene). Le cause più comuni comprendono punture di insetti, alimenti e farmaci. In genere si presenta con una serie di manifestazioni cliniche tra cui prurito, angioedema (gonfiore) della faccia e della gola, rapido calo della pressione arteriosa sistemica. A livello fisiopatologico, l’anafilassi è una reazione di ipersensibilità del I tipo, dovuta al rilascio di mediatori da parte di alcuni tipi di globuli bianchi attivati da meccanismi immunitari e no. Viene diagnosticata sulla base dei sintomi e dei segni che si presentano. L’esposizione alla sostanza può avvenire per inalazione, ingestione, contatto o inoculazione dell’allergene. La reazione di anafilassi propriamente detta avviene nei confronti di un antigene con cui il soggetto è già entrato in contatto precedentemente. Attualmente, l’anafilassi provoca ogni anno 500-1 000 decessi (2,4 casi per milione di persone) negli Stati Uniti, 20 nel Regno Unito (0,33 per milione) e 15 in Australia (0,64 per milione). I tassi di mortalità sono diminuiti tra il 1970 e il 2000. In Australia la morte indotta dall’anafilassi dovuta a sostanze alimentari si verifica soprattutto nelle donne, mentre i decessi causati da punture di insetti si verificano soprattutto nei maschi. Comunemente i casi a prognosi infausta sono però provocati da assunzione di farmaci. Aneddoticamente è anche un metodo di suicidio, per esempio con penicillina o pesce. Il meccanismo e la sintomatologia dello shock anafilattico sono causati dalle immunoglobuline E (IgE) e da altre anafilatossine che inducono la liberazione di grandi quantità di istamina e di altre sostanze.

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Cause

L’anafilassi può verificarsi come risposta a quasi tutte le sostanze estranee che entrano in contatto con l’organismo. Tra le cause più comuni vi sono le punture di insetti (come le api), l’assunzione di alcuni alimenti o di farmaci. Gli alimenti sono la causa di anafilassi più comune per bambini e adulti, mentre le punture di insetti e i farmaci risultano esserlo per la popolazione anziana. Cause meno frequenti includono anche fattori fisici, agenti biologici come sperma, lattice, variazioni ormonali, additivi alimentari come il glutammato monosodico, coloranti alimentari e farmaci topici. Fattori fisici, come l’attività fisica (nella cosiddetta “anafilassi indotta dall’esercizio”) o variazioni di temperatura (sia verso il caldo sia verso il freddo) possono inoltre agire come innesco attraverso i loro effetti diretti sui mastociti. Gli eventi scatenati dall’attività fisica sono però frequentemente associati all’ingestione di alcuni alimenti. Anestesia, somministrazione di farmaci miorilassanti o antibiotici e utilizzo di presidi in lattice sembrano essere le cause più comuni di reazione anafilattica. Nel 32%-50% dei casi, la causa scatenante rimane sconosciuta e la condizione viene denominata «anafilassi idiopatica».

Leggi anche: Cos’è l’adrenalina ed a cosa serve?

Fattori di rischio

Persone affette da malattie atopiche come l’asma, l’eczema o la rinite allergica sono ad alto rischio di reazioni anafilattiche da alimenti, dal lattice, dai farmaci e dalle punture d’insetto. In uno studio svolto su un campione di bambini, il 60% aveva una storia di precedenti malattie atopiche e tra i decessi di ogni età, oltre il 90% presentava una storia di asma. Pazienti con mastocitosi o con uno status socio-economico più elevato sono maggiormente a rischio. Maggiore è il tempo trascorso dall’ultima esposizione all’allergene, minore è il rischio.

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Tempo di insorgenza dei sintomi

La comparsa dei sintomi tipici dello shock anafilattico è estremamente variabile, a tal proposito leggi: Puntura di vespa: dopo quanto tempo si verifica lo shock anafilattico?

Sintomi e segni

L’anafilassi si presenta tipicamente con molti sintomi diversi che emergono in pochi minuti o nelle ore successive al contatto, con un esordio medio da 5 a 30 minuti se l’esposizione è per via endovenosa e 2 ore per i prodotti alimentari. Le aree più comunemente colpite sono: pelle (80-90%), vie respiratorie (70%), apparato gastrointestinale (30-45%), cuore e vasi (10-45%), sistema nervoso centrale (10-15%). Possono essere coinvolti anche più apparati contemporaneamente.

Pelle
Tra i segni e i sintomi tipici si annoverano: orticaria generalizzata, prurito, rossore o gonfiore delle labbra. I pazienti che sperimentano gonfiore o angioedema descrivono una sensazione di bruciore della pelle, o di prurito. Il gonfiore della lingua o della gola si verifica in un massimo di circa il 20% dei casi. Altre possibili manifestazioni sono la rinorrea e il gonfiore della congiuntiva. Se l’edema coinvolge le alte o basse vie respiratorie, la pelle può anche assumere colore bluastro (cianosi) a causa della mancanza di ossigeno (ipossiemia).

Apparato respiratorio
Nell’anafilassi possono presentarsi alcuni segni e sintomi respiratori, tra cui la mancanza di fiato, attacchi d’asma, la presenza all’auscultazione di sibili o stridore. I sibili sono di solito dovuti a spasmi della muscolatura bronchiale mentre lo stridore è legato a ostruzione delle vie aeree superiori dovuto a un importante stato infiammatorio o, nei casi più gravi, ad angioedema. Possono inoltre verificarsi raucedine e dolore in seguito a deglutizione o a colpi di tosse.

Cuore e apparato circolatorio
Nei pazienti colpiti può verificarsi uno spasmo coronarico con conseguenti possibili infarto del miocardio, aritmie o arresto cardiaco. I pazienti che hanno precedenti di malattia coronarica hanno un maggior rischio che l’episodio anafilattico possa colpire il cuore. Lo spasmo coronarico è legato alla presenza di istamina rilasciata dalle cellule nel cuore. L’instaurarsi di una tachicardia è frequente per via dell’abbassamento della pressione del sangue (ipotensione); un riflesso di Bezold-Jarisch è stato descritto nel 10% dei casi: questo comporta un rallentamento del battito cardiaco (bradicardia) con bassa pressione sanguigna. Il calo della pressione arteriosa o shock (sia distributivo sia cardiogeno) può provocare la sensazione di stordimento o portare alla perdita di coscienza. Raramente l’abbassamento della pressione arteriosa può essere l’unico segno di anafilassi.

Altri effetti
Le manifestazioni gastrointestinali possono includere crampi addominali, diarrea e vomito. Sono inoltre possibili confusione, perdita di controllo della vescica o dolore pelvico simile a crampi. La dilatazione dei vasi sanguigni del cervello può provocare mal di testa. Alcuni soggetti colpiti da anafilassi hanno inoltre descritto una sensazione di ansia variabile fino al senso di “morte imminente” probabilmente dovuti alle difficoltà respiratorie.

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Prognosi

La prognosi è tanto più grave quanto più breve è il tempo che passa tra l’esposizione all’allergene e la comparsa dello shock anafilattico. Se non si interviene rapidamente, il paziente può morire.

Terapie

L’anafilassi è un’emergenza medica che può richiedere misure rianimatorie, quali la gestione delle vie aeree, la somministrazione di ossigeno e di grandi volumi di fluidi per via endovenosa e uno stretto monitoraggio delle condizioni del paziente. La somministrazione di adrenalina, con l’aggiunta di antistaminici e steroidi come adiuvanti, è il trattamento di scelta in caso di condizioni critiche. Un periodo di osservazione in ospedale, che può variare dalle 2 alle 24 ore, è raccomandato per le persone che hanno superato la crisi, per la possibilità che i sintomi si ripresentino anche senza esposizione all’allergene (anafilassi bifasica).

Cosa fare e cosa NON fare se si sospetta uno shock anafilattico?

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Nove cose che non sai sul tuo sistema immunitario

MEDICINA ONLINE SISTEMA IMMUNITARIO IMMUNITA INNATA ASPECIFICA SPECIFICA ADATTATIVA PRIMARIA SECONDARIA SANGUE ANALISI LABORATORIO ANTICORPO AUTO ANTIGENE EPITOPO CARRIER APTENE LINFOCIAllergie e antibiotici, batteri amici e nemici, vaccini che hanno cambiato la storia… tutto ciò che avreste voluto sapere sul sistema immunitario e sulle nostre difese!

1. L’aumento delle allergie è in qualche modo legato all’igiene e all’uso degli antibiotici.

Igiene ed antibiotici ci hanno permesso di sconfiggere malattie devastanti come la tubercolosi, ma in un certo senso questo successo si ritorce contro di noi: l’utilizzo eccessivo di antibiotici genera batteri resistenti ad essi. Inoltre, riducendo drasticamente il nostro contatto con i microbi facciamo mancare un freno alle risposte immunitarie che, nate per opporre resistenza ai patogeni in un contesto di vita senza medicine e senza igiene, in condizioni del tutto diverse rispondono per lo più a nemici innocui come i pollini.

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