Esofago: anatomia e funzioni in sintesi

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma ESOFAGO ANATOMIA E FUNZIONI SINTESI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgL’esofago (esophagus o oesophagus in lingua inglese) è un tubo fibromuscolare attraverso il quale il cibo, dopo essere stato masticato, prosegue il suo cammino lungo l’apparato digerente, aiutato da contrazioni peristaltiche. Durante la deglutizione, l’epiglottide si inclina all’indietro per evitare che il cibo vada verso la laringe, la trachea ed i polmoni.

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Dove si trova l’esofago?
L’esofago parte dalla faringe, si estende dietro la trachea ed il cuore, passa attraverso il diaframma e sfocia nella regione superiore dello stomaco. Decorre rettilineo dall’alto verso il basso e leggermente da destra verso sinistra, dalla 6ª vertebra cervicale fino alla 11ª toracica, facendo seguito alla faringe e andando a terminare nello stomaco attraverso un orifizio chiamato cardias.

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Quanto è lungo l’esofago?
L’esofago è lungo circa 25–30 cm e con una larghezza di 2–3 cm negli individui adulti.

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Com’è fatta la parete dell’esofago
Le pareti dell’esofago sono formate da strati, o tonache, sovrapposte:

  • mucosa,
  • sottomucosa,
  • tonaca muscolare
  • tonaca avventizia.

La mucosa esofagea è uno strato spesso, di colore grigio-rosato o rossastro nella giunzione gastro-esofagea; a riposo presenta numerosi solchi e creste, tali da occluderne il lume. Si tratta però di modificazioni temporanee della mucosa esofagea che scompaiono quando questa è distesa, per esempio durante il passaggio del bolo alimentare. In sezione trasversale, il lume esofageo appare stellato in stato di deplezione. L’epitelio della mucosa esofagea è pavimentoso pluristratificato, non cheratinizzato.

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Una cavità virtuale
Il lume esofageo è una cavità virtuale, infatti a riposo presenta una forma stellata per la presenza di pliche longitudinali, ossia sollevamenti della tonaca mucosa e della sottostante sottomucosa. Il lume diventa reale al passaggio del bolo alimentare.

Le curvature dell’esofago
L’esofago presenta lungo il suo decorso tre curvature, di cui una sul piano sagittale e due su quello frontale. Fino alla 4ª vertebra toracica l’esofago segue la convessità anteriore del rachide, discendendo addossato a quest’ultimo e spostandosi lievemente a sinistra rispetto all’asse mediano. A questo punto si distacca dalla colonna, descrivendo una curvatura a convessità posteriore poi, incrociando l’arco aortico, viene deviato più descrivendo prima una leggera curva a concavità destra e immediatamente al di sotto di esso, una seconda più decisa curvatura a sinistra.

Restringimenti dell’esofago
Nella sua lunghezza l’esofago presenta quattro restringimenti:

  • Il primo è in corrispondenza della sua origine dalla faringe e presso la cartilagine cricoide (cricoideo)
  • il secondo nella porzione dove incrocia posteriormente l’arco aortico (aortico)
  • il terzo presso il bronco sinistro (bronchiale)
  • il quarto nella sua porzione interna al diaframma (diaframmatico).2

Negli intervalli tra ciascun restringimento sono presenti dei segmenti dilatati, che prendono il nome di “fuso cricoaortico”, “fuso broncodiaframmatico” ed “imbuto precardiale”.
L’esofago è divisibile topograficamente, lungo il suo percorso, in un tratto cervicale (4–5 cm), uno toracico (16 cm), uno diaframmatico (1–2 cm) ed uno addominale (3 cm).

Vasi e nervi dell’esofago

  • Arterie: la parte cervicale dell’esofago è vascolarizzata dai rami esofagei dell’arteria tiroidea inferiore sinistra e destra, che distaccatisi dal ramo principale decorrono anteriormente ed inferiormente all’esofago, nello spazio compreso tra questo e la trachea, dove si anastomizzano. La parte toracica è vascolarizzata dai rami bronchiali dell’aorta toracica, che si dipartono dall’aorta subito al di sotto dell’arco aortico, dirigendosi anteriormente alla trachea ed anteriormente all’esofago, e dai rami esofagei dell’aorta, che si dipartono obliquamente tendendo ad abbracciare l’organo. La parte diaframmatica e addominale è vascolarizzata da rami esofagei dell’arteria gastrica sinistra e frenica sinistra, che attraversano il diaframma e si portano anteriormente all’esofago.
  • Vene: il sangue è drenato nella tonaca sottomucosa dell’esofago e poi in plesso periesofageo tributario che dà origine alle vene esofagee, che confluiscono nella vena azygos, la quale decorre verticalmente a destra lungo l’esofago. Alcune vene esofagee drenano nella vena emiazygos, che segue la direzione dell’azygos ma è posta a sinistra, nell’emiazygos accessoria e nelle vene intercostali anteriori e posteriori (rami laterali dell’emiazygos e dell’azygos) che seguono l’andamento delle coste. Le vene della parte cervicale dell’esofago confluiscono nella vena tiroidea inferiore, ramo della vena cava superiore. Le vene esofagee addominali confluiscono nella vena gastrica sinistra a livello dell’apertura esofagea inferiore, poi drenano nella vena porta.
  • Linfatici: drenano ai linfonodi cervicali profondi, paratracheali, mediastinici posteriori e gastrici superiori.
  • Nervi: l’innervazione è costituita da plessi nervosi autonomi metasimpatici localizzati nello strato sottomucoso (plesso di Meissner) e in quello muscolare (plesso di Auerbach). L’innervazione parasimpatica è fornita dal nervo vago e dai nervi laringei ricorrenti. L’innervazione ortosimpatica è data dai gangli cervicali e toracici del ganglio celiaco.

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Quali sono le funzioni dell’esofago?
Le funzioni principali dell’esofago sono permettere il passaggio del cibo ed impedire che esso inverta direzione e refluisca dallo stomaco

1) Passaggio del cibo
Il cibo viene ingerito attraverso la bocca per poi passare, quando ingerito, prima nella faringe e poi nell’esofago. L’esofago è quindi uno dei primi componenti dell’apparato digerente e del tratto gastrointestinale. Dopo averlo attraversato, il cibo arriva dentro lo stomaco. Quando il cibo viene ingerito, l’epiglottide si muove all’indietro allo scopo di coprire la laringe, impedendo così che il cibo possa entrare nella trachea. Allo stesso tempo, lo sfintere esofageo superiore si rilassa, permettendogli di entrare. Le contrazioni peristaltiche del muscolo esofageo spingono il bolo alimentare verso il basso dell’esofago. Queste contrazioni ritmiche si verificano, sia come risposta riflessa al cibo che è in bocca, ma anche come risposta alla sensazione di cibo all’interno dell’esofago stesso. Insieme con la peristalsi, anche lo sfintere esofageo inferiore si rilassa.

2) Riduzione del reflusso gastrico
Lo stomaco produce succo gastrico, una miscela fortemente acida costituita da acido cloridrico (HCl) e sali di potassio e di sodio, che consente la digestione del cibo. La costrizione degli sfinteri esofagei superiore e inferiore aiutano a prevenire il reflusso del contenuto gastrico e dell’acido verso l’esofago, proteggendo la sua mucosa. Inoltre, l’angolo acuto di His e la crura inferiore del diaframma aiutano questa azione sfinterica.

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Bruciore di stomaco: cosa mangiare, come dormire e rimedi naturali

MEDICINA ONLINE DIETA FIBRA FRUTTA VERDURA GRASSI ZUCCHERI PROTEINE MACEDONIA FRAGOLE MANGIARE CIBO COLAZIONE MERENDA PRANZO DIMAGRIRE RICETTA PESO MASSA BILANCIA COLON INTESTINO DIGESTIONE STOMACO CALORIE PROPRIETA CARBOIl bruciore di stomaco è un fastidioso sintomo localizzato nella parte superiore dell’addome e legato a diversi disturbi gastrici, dalla gastrite all’ulcera gastrica, dall’ulcera duodenale al reflusso gastroesofageo. Spesso il bruciore di stomaco è presente in gravidanza. Ci sono comunque anche fattori emozionali che entrano in gioco: ansia e stress possono aumentare il fastidio. I rimedi principali consistono nell’utilizzo dei farmaci antiacidi o al tanto usato bicarbonato di sodio, tuttavia esistono numerosi altri metodi per alleviare il bruciore di stomaco, fermo restando che sono tutti palliativi e che se il disturbo non accenna a diminuire è necessario interpellare subito il medico che indagherà sulle cause organiche del bruciore.

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I rimedi naturali
Contro il bruciore di stomaco, meglio puntare tutto sui toccasana naturali capaci di assorbire i succhi gastrici in eccesso, responsabili dell’acidità. Allo scopo, si possono sfruttare le proprietà calmanti e antinfiammatorie dell’altea, da consumare sotto forma di infuso prima dei pasti principali, o l’azione antispasmodica e antinfiammatoria della liquirizia (estratto secco titolato assunto mattina e sera).
Ma la migliore alleata anti-acidità è sicuramente l’argilla verde, grazie alle sue proprietà assorbenti e cicatrizzanti da sfruttare al meglio immergendo due cucchiai da caffè di argilla in mezzo bicchiere d’acqua, da lasciare a riposo per una notte, filtrare con una garza, per poi bere, due volte al giorno, dopo i pasti principali. Digestiva e rilassante, calmante e lenitiva, anche in questo caso la camomilla è un valido rimedio naturale, così come la melissa, grazie alle sue proprietà sedative e spasmolitiche o la malva, dall’azione antinfiammatoria garantita: il consiglio è di consumare queste erbe come protagoniste di infusi e tisane, mattina e sera, come benefici alleati digestivi dopo i pasti principali.

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Come mangiare
E’ fondamentale optare per un regime alimentare equilibrato e regolare, fatto di tre pasti principali, cioè colazione, pranzo e cena, che non vanno mai saltati, e di due spuntini leggeri spezza fame da consumare a metà mattina e a metà pomeriggio. Importantissima la scelta degli alimenti da mangiare:

CIBI DA EVITARE O LIMITARE:

  • i cibi ricchi di grassi e conservanti;
  • i grassi animali;
  • le portate troppo abbondanti, specie a cena;
  • le fritture;
  • le salse ipercaloriche;
  • i piatti troppi unti.

CIBI CONSIGLIATI:

  • frutta;
  • verdura;
  • legumi;
  • cereali integrali;
  • pesce;
  • carne bianca;
  • olio extravergine di oliva come condimento per i piatti da utilizzare preferibilmente a crudo;
  • le cotture leggere e salutari, come quella al vapore.

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Bruciore di stomaco, i miei consigli:

  1. Dormi sul fianco sinistro. Da recenti ricerche del “The Journal of Clinical Gastroenterology” è emerso che dormire sul fianco sinistro mantiene la giunzione tra esofago e stomaco al di sopra del livello dell’acido gastrico, in particolare limita il reflusso gastrico, quindi se il tuo bruciore è provocato da esso il mio primo consiglio è di provare a dormire sul fianco sinistro.
  2. Usa due cuscini: il reflusso gastroesofageo sarà ostacolato dalla forza di gracità.
  3. Il materassino triangolare. Altrettanto valida ed efficace come soluzione è quella di adottare un materassino triangolare per rialzare il tuo materasso nella zona cervicale e quindi dormire con una leggera pendenza a favore dello stomaco per contrastare con la forza di gravità la “risalita di succhi gastrici”. Lo stesso effetto lo puoi ottenere con una rete a doghe reclinabile.
  4. Una camminata dopo cena aiuta digerire meglio. Cerca di non praticare attività fisica prima di andare a dormire, piuttosto fai una bella camminata di circa 20 minuti a passo sostenuto, in questo modo favorirai la tua digestione e diminuirai le probabilità di avere acidità di stomaco durante la notte.
  5. Mangia una gomma da masticare dopo cena. Masticare una gomma dopo cena sicuramente aiuterà a limitare l’acidità di stomaco, tuttavia non può rappresentare “la soluzione definitiva” al tuo problema di reflusso gastrico.

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Insufficienza della valvola mitralica lieve, moderata, severa: sintomi, diagnosi e terapia

schema del cuore con freccia gialla che indica il reflusso di sangue attraverso la valvola mitralica

Insufficienza mitralica: anziché rimaner confinato nel ventricolo sinistro, il sangue refluisce nell’atrio sinistro (freccia gialla)

L’insufficienza mitralica è una patologia caratterizzata da un difetto di chiusura della valvola mitrale (anche chiamata “valvola mitralica”) il quale fa sì che parte del sangue pompato dal ventricolo sinistro refluisca nell’atrio sinistro anziché rimanere nel ventricolo per poi andare in aorta, causando affaticamento e disturbi respiratori. Sinonimi di insufficienza mitralica, sono: insufficienza mitrale, incontinenza mitralica, incontinenza mitrale, incontinenza della valvola mitrale, incontinenza della valvola mitralica, insufficienza della valvola mitrale, insufficienza della valvola mitralica, rigurgico mitralico e insufficienza atrio-ventricolo sinistro.

Che cos’è l’insufficienza mitralica?

In condizioni normali la valvola mitrale è formata da due sottili lembi mobili ancorati mediante corde tendinee a due muscoli (i muscoli papillari) che, contraendosi insieme al ventricolo sinistro dove sono collocati impediscono lo sbandieramento (prolasso) dei lembi mitralici nell’atrio sinistro: i margini dei lembi si separano quando la valvola si apre, permettendo al sangue di passare dall’atrio sinistro al ventricolo sinistro, e si riavvicinano quando la valvola si chiude, impedendo al sangue di tornare indietro. In un cuore sano la valvola mitrale separa ermeticamente l’atrio sinistro dal ventricolo sinistro. Quando, invece, questa valvola non si chiude adeguatamente si ha la cosiddetta insufficienza mitralica, una condizione in cui parte del sangue che dovrebbe essere spinto dal ventricolo sinistro nell’aorta ritorna invece all’interno dell’atrio. Indipendentemente dalla causa, questa situazione può determinare un affaticamento del cuore, con dilatazione del ventricolo sinistro. Le conseguenze possono essere lo scompenso cardiaco e anomalie del ritmo cardiaco, come la fibrillazione atriale, ma anche l’endocardite.

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Quali sono le cause dell’insufficienza mitralica?

Sono diverse le condizioni che portano ad insufficienza della valvola mitralica. In base alle cause, l’insufficienza mitralica può essere primitiva o secondaria:

  • insufficienza mitralica primitiva: sono presenti alterazioni anatomiche dell’apparato valvolare mitralico come alterazioni dei lembi valvolari causati per esempio da un’endocardite o dalla malattia reumatica, allungamento o rottura delle corde tendinee con conseguente prolasso dei lembi valvolari, calcificazioni dell’anello mitralico, rottura traumatica di un muscolo papillare.
  • insufficienza mitralica secondaria: la valvola è anatomicamente normale e il difetto di chiusura è causato da una grave compromissione della funzione contrattile del ventricolo sinistro (insufficienza cardiaca), che spesso è secondaria a una cardiopatia ischemica.

Quali sono i sintomi e segni dell’insufficienza mitralica?

I sintomi dell’insufficienza mitralica dipendono dalla gravità e dalla velocità di insorgenza e progressione; possono includere fiato corto (soprattutto durante l’attività fisica o da sdraiati), facile faticabilità, (soprattutto di notte o da sdraiati), palpitazioni, gonfiore a piedi e caviglie.

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Come prevenire l’insufficienza mitralica?

Per ridurre al minimo il rischio di insufficienza mitralica è importante trattare opportunamente le condizioni che potrebbero scatenarla, come le infezioni alla gola che possono portare alla malattia reumatica (una sindrome autoimmune che può essere scatenata da infezioni streptococciche).

Diagnosi dell’insufficienza mitralica

In presenza di sintomi suggestivi di insufficienza mitralica il medico svolge un’accurato esame obiettivo in cui, in particolare, ausculta il cuore del paziente: ciò può svelare tipicamente la presenza di un soffio cardiaco. Il passo diagnostico successivo sarà eseguire diversi esami diagnostici, tra cui:

  • Misurazione della pressione arteriosa: con uno sfigmomanometro il medico misura la pressione arteriosa del paziente, che preferibilmente dovrebbe essere entro i valori di 130 (massima) e 90 (minima).
  • Elettrocardiogramma (ECG): registra l’attività elettrica del cuore. Può presentare molteplici alterazioni, in particolare segni di dilatazione atriale sinistra, segni di ipertrofia e sovraccarico (“iperlavoro”) del ventricolo sinistro, aritmie quali la fibrillazione atriale.
  • RX torace (radiografia del torace): possono essere presenti segni di dilatazione dell’atrio e del ventricolo sinistro e di congestione polmonare.
  • Ecocardiogramma transtoracico con colordoppler: l’ecografia del cuore è un test di immagine che visualizza le strutture del cuore e il funzionamento delle sue parti mobili. L’apparecchio invia un fascio di ultrasuoni al torace, attraverso una sonda appoggiata sulla sua superficie, e rielabora gli ultrasuoni riflessi che tornano alla stessa sonda dopo aver interagito in modo diverso con le varie componenti della struttura cardiaca (miocardio, valvole, cavità). L’ecografia del cuore, associata ad un indagine con colordoppler, è un esame fondamentale perché permette di valutare il meccanismo e l’entità dell’insufficienza mitralica nonchè le dimensioni dell’atrio e del ventricolo sinistro, la funzione contrattile di quest’ultimo e la presenza di ipertensione polmonare. Il colordoppler identifica chiaramente il sangue che, a causa dell’insufficienza valvolare, refluisce nell’atrio anziché rimanere confinato nell’atrio. Le immagini in tempo reale possono essere raccolte anche durante l’esecuzione di un test da sforzo (eco stress): l’esecuzione di un eco stress è indicata quando c’è discrepanza tra la gravità dei sintomi e l’entità dell’insufficienza mitralica a riposo.
  • Ecocardiogramma transesofageo: la sonda viene in questo caso introdotta dalla bocca e spinta in avanti finché giunge nell’esofago. Permette una visualizzazione migliore delle valvole e delle strutture paravalvolari. È indicato quando l’ecocardiogramma transtoracico non è conclusivo e, in particolare, quando si sospetta un’endocardite.
  • Test da sforzo: l’esame consiste nella registrazione di un elettrocardiogramma mentre il paziente compie un esercizio fisico, generalmente camminando su un tapis roulant o pedalando su una cyclette. Può essere fatto per confermare l’assenza di sintomi in presenza di insufficienza mitralica grave e per valutare la tolleranza allo sforzo.
  • Coronarografia: è l’esame che consente di visualizzare le coronarie attraverso l’iniezione di mezzo di contrasto radiopaco al loro interno. L’esame viene effettuato in un’apposita sala radiologica, nella quale sono rispettate tutte le misure di sterilità necessarie. L’iniezione del contrasto nelle coronarie presuppone il cateterismo selettivo di un’arteria e l’avanzamento di un catetere fino all’origine dei vasi esplorati. La coronarografia è indicata quando si sospetta che l’insufficienza mitralica sia secondaria a una cardiopatia ischemica.
  • RM cuore con mdc: produce immagini dettagliate della struttura del cuore e dei vasi sanguigni attraverso la registrazione di un segnale emesso dalle cellule sottoposte a un intenso campo magnetico. Permette di valutare la morfologia delle strutture del cuore, la funzione cardiaca ed eventuali alterazioni del movimento di parete (ipocinesie o acinesie). La somministrazione endovenosa di mezzo di contrasto permette inoltre di distinguere se eventuali alterazioni del movimento di parete sono dovute a fibrosi (=assenza di vitalità miocardica) o a ischemia. Quest’indagine trova quindi la sua applicazione elettiva nell’insufficienza mitralica secondaria a cardiopatia ischemica, come “guida” a eventuali interventi di rivascolarizzazione miocardica.

Per approfondire:

Trattamenti dell’insufficienza mitralica

La terapia dell’insufficienza mitralica dipende da vari fattori:

  • dall’età del paziente;
  • dalla gravità del vizio valvolare (insufficienza lieve, moderata o severa);
  • dai sintomi e segni che lo accompagnano;
  • dalla presenza o meno di segni di disfunzione ventricolare sinistra;
  • dall’associazione con altre patologie (ad esempio ipertensione arteriosa o pregresso infarto);
  • dal fatto che sia primitiva o secondaria.

Terapia dell’insufficienza mitralica primitiva

Se l’insufficienza mitralica è primitiva e di entità lieve o lieve/moderata e asintomatica, in genere non si interviene e ci si limita a periodici controlli clinici ed ecocardiografici. In alcuni casi l’attività sportiva potrebbe essere limitata dalla patologia.
In presenza di un’insufficienza mitralica cronica primitiva grave è indicato l’intervento chirurgico di riparazione (preferibilmente) o di sostituzione della valvola mitralica.

Terapia dell’insufficienza mitralica secondaria

La terapia dell’insufficienza mitralica cronica secondaria consiste nella terapia dell’insufficienza cardiaca che ne è la causa e può servirsi di vari tipi di farmaci e strumenti:

  • beta-bloccani;
  • ACE-inibitori/sartani;
  • anti-aldosteronici;
  • digossina;
  • diuretici in caso di accumulo di liquidi;
  • l’impianto di pacemaker (PM) biventricolari e/o defribrillatori automatici (ICD).

Per approfondire:

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Quanti caffè posso assumere ogni giorno? E se sono iperteso o prendo farmaci? In gravidanza e allattamento?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CAFFE CAFFEINA TAZZINA COLAZIONEIn Italia il caffè non è una semplice bevanda: è considerato uno dei migliori alleati per combattere stanchezza e sonno da studenti universitari, persone che si devono svegliare prestissimo la mattina o giovani medici che hanno spesso il turno di notte all’ospedale! Le qualità del caffè sono innegabili (vi consiglio di leggere: Dieci buoni motivi per bere il caffè) tuttavia è una bevanda che può creare dipendenza e portare alla sindrome di astinenza da caffeina. La domanda che mi fanno molti miei pazienti è quindi: quante tazzine di caffè posso bere al giorno? Ne ho già parlato in molti altri articoli sul caffè, tuttavia, visto che è una richiesta che mi viene fatta spessissimo, ho deciso di riparlarne oggi con particolare attenzione alle donne incinte e che allattano ed a chi soffre di ipertensione arteriosa o altre patologie.

Quanto caffè posso assumere se sono sano?

La quantità di caffeina che un adulto sano può assumere ogni giorno senza il rischio di effetti collaterali, è circa 5 mg/kg di peso corporeo, il che significa che una persona che pesa 60 kg può assumere circa 300 mg di caffeina al giorno mentre una persona che pesa 80 kg può assumere circa 400 mg di caffeina al giorno. Tenendo conto che ogni tazzina di caffè espresso contiene circa 120 mg di caffeina, io ai miei pazienti consiglio generalmente di bere non più di tre caffè al giorno (due se sono molto magri); superato questa quantità è da preferire il decaffeinato.

Non solo il caffè contiene caffeina!

Nel computo totale della caffeina giornaliera ricordo che essa non è presente solo nel caffè ma anche in altre bevande e cibi, anche insospettabili! Alcuni esempi:

  • una lattina di Coca Cola da 33 cl ne contiene circa 40 mg (cioè un terzo di quella contenuta in un caffè espresso);
  • una tazza di tè contiene circa 50 mg di caffeina;
  • un etto di cacao contiene circa 100 mg di caffeina.

Nel calcolare la caffeina totale assunta giornalmente, verificate che i cibi che assumete ne contengano, altrimenti rischiate di sottostimare il valore della quantità assunta.

Quanto caffè posso assumere in gravidanza?

La caffeina andrebbe limitata durante la gravidanza. Alcune ricerche hanno dimostrato che ci potrebbe essere un maggior rischio di aborto spontaneo o morte del feto a seguito dell’assunzione di alte quantità di caffeina (più di 300 mg/giorno), soprattutto se in combinazione con il fumo o con l’alcol, oppure a seguito dell’uso smodato di caffeina, più di 800 mg/die cioè circa 7 tazzine di caffè al giorno. Durante la gravidanza il mio personale consiglio è quello di limitarsi ad un tranquillo limite di 150 mg di caffeina al giorno, il che significa circa una tazzina e mezzo di caffè espresso al giorno in tutto.

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Quanto caffè posso assumere ogni giorno durante l’allattamento?

Durante l’allattamento, visto che la caffeina passa nel latte materno ed arriva quindi al neonato, il mio consiglio è di non superare una tazzina al giorno; contemporaneamente bevete moltissima acqua. L’ideale sarebbe però quello di interrompere del tutto l’assunzione di caffeina durante l’allattamento.

Quanto caffè può assumere un bambino?

Pur non essendo espressamente controindicato nei bambini, io consiglio di NON far assumere caffeina ai bambini, specie se già bevono bevande come la coca cola o mangiano grandi quantità di cioccolato, alimenti che contengono caffeina. La caffeina va evitata soprattutto nei bambini più nervosi, che hanno problemi di insonnia o di addormentamento ed iperattivi: può determinare difficoltà a concentrarsi a scuola e nello sport. Il mio consiglio è di iniziare una assunzione giornaliera di caffè non prima dei 14 anni e di non superare una/due tazzine di espresso al giorno (una se è molto magro), sempre se il giovane è sano: in caso contrario chiedete consiglio al vostro medico.

Quanto caffè posso assumere se soffro di patologie circolatorie, gastrite, ulcera, reflusso?

I soggetti che soffrono di patologie cardiocircolatorie come tachicardia, ipertensione, fibrillazione atriale, e quelli che soffrono di gastrite cronica, ulcera gastrica, reflusso gastroesofageo, esofago di Barrett e Sindrome di Zollinger-Ellison, dovrebbero limitare al massimo l’uso del caffè. Il mio consiglio è di mantenersi entro una/due tazzine di caffè al giorno e dalla terza in poi passare al decaffeinato.

Limitazioni ulteriori

Rispetto a quanto già detto fino ad ora, il consumo di caffè dovrebbe essere limitato ulteriormente se associato ad assunzione di:

  • nicotina delle sigarette;
  • alcol;
  • droghe;
  • the, coca cola, o altre bevande contenenti caffeina come gli energy drinks;
  • cioccolato ed altri alimenti contenenti caffeina;
  • integratori alimentari con ginseng, matè o guaranà e tutti gli integratori che aumentano la pressione arteriosa (ad esempio molti termogenici);
  • dieta con grandi quantità di sale;
  • dieta povera di acqua;
  • dieta povera di frutta e verdura di stagione.

Inoltre è importante consumare caffè con ESTREMA cautela se si assumono contemporaneamente:

  • farmaci o integratori per l’insonnia (sedativi, melatonina…);
  • farmaci broncodilatatori (metilxantine);
  • farmaci inibitori delle monoaminossidasi;
  • farmaci di interesse psichiatrico come clozapina e litio (chiedi al tuo medico di eventuali interazioni tra il tuo farmaco specifico e la caffeina);
  • farmaci anticoagulanti come il coumadin (il caffè aumenta il rischio di sanguinamento);
  • farmaci che possono determinare ipertensione arteriosa, tachicardia, aritmia e/o aumento della secrezione acida gastrica;
  • contraccettivi orali;
  • farmaci antiinfiammatori steroidei e non steroidei;
  • antibiotici come la ciprofloxaxcina.

IMPORTANTE: In caso di dubbio consultate SEMPRE il vostro medico!

La migliore selezione di tè, tisane e caffè

Qui di seguito trovate una lista con la migliore selezione di tè, infusi e caffè provenienti da tutto il mondo, di altissima qualità ma a prezzi abbordabili, scelti personalmente da un vero appassionato come me:

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I 10 motivi per cui non riesci a dimagrire anche se ci provi da anni

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO DISEGNO DI DONNA GRASSA SOVRAPPESO OBESA CHE PIANGE SULLA BILANCIA TRISTE IN BAGNO PERCHE NON RIESCO A DIMAGRIRE

Raggiungere il peso ideale non è solo una questione di bellezza: perdere un po’ di peso, ma soprattutto ridurre il girovita può migliorare di molto le condizioni di salute. Il grasso addominale, infatti, è strettamente legato all’insorgenza di malattie cardiache, diabete di tipo 2, insulino-resistenza e anche alcune forme di tumore. Eppure far “calare la pancia” può risultare un’impresa ardua, nonostante dieta e attività fisica. Il motivo? A contribuire a far allargare il girovita possono contribuire l’età, gli ormoni e alcuni fattori genetici. Ecco una lista di dieci tipici motivi per cui per qualcuno tornare ad avere un ventre piatto può diventare un’impresa impossibile, nonostante anni ed anni di tentativi.

1) L’invecchiamento

Col passare degli anni il corpo modifica il proprio metabolismo basale e con esso le calorie in grado di bruciare normalmente. Per le donne, poi, bisogna tenere conto dall’arrivo della menopausa, che fa diminuire la produzione di estrogeni e progesterone, e contemporaneamente fa diminuire il metabolismo e aumentare la pancia. In parole semplici: se quando avevate 20 anni diminuire la percentuale di grasso corporeo era relativamente facile, se ora avete 40 o 50 anni dimagrire è fisiologicamente più difficile, anche perché – anno dopo anno – allenarsi adeguatamente risulta progressivamente più difficile, soprattutto se si pensa che iscriversi in palestra a 60 anni, dopo una vita di sedentarietà, sia una sorta di bacchetta magica. Per approfondire: Menopausa: quali cambiamenti aspettarsi e come gestirli

2) Dimenticarsi di potenziare i muscoli

Va bene la corsa, va bene l’aerobica, va bene fare zumba, va bene fare step, ma se volete perdere peso in modo efficace in palestra dovete affiancare i pesi: aumentare i muscoli, oltre a farvi apparire più tonici, i muscoli in più aumentano il vostro metabolismo basale e quindi il fabbisogno calorico giornaliero, migliorando le possibilità di eliminare il grasso in eccesso. Per approfondire: Metabolismo basale: cos’è, definizione, calcolo, alto, basso, totale

3) Pensare di dimagrire in una settimana

Dimagrire in modo corretto e senza l’aiuto di liposuzione, richiede tempo: se pensi di poter far calare macroscopicamente la pancia con una semplice corsetta o una seduta di spin purtroppo si sbaglia. Se pensi di poter dimagrire in modo visibile facendo una settimana di dieta, sbagli ugualmente. Per perdere kg di grasso corporeo serve costanza: l’impegno di fare attività fisica e di osservare una dieta ipocalorica, deve essere mantenuto per tempi adeguati.

Leggi anche: Quanto peso perdiamo ogni volta che andiamo in bagno?

4) Dieta sbagliata

Chi non riesce a dimagrire da anni, probabilmente si alimenta in modo errato, con diete ipercaloriche e ricche di grassi e carboidrati. Consumare troppi carboidrati raffinati (come pane bianco, cracker e patatine), assumere troppi zuccheri sotto forma di dolci o bevande zuccherate, è distruttivo non solo sul nostro peso corporeo, ma anche sulla salute. Meglio prediligere frutta, verdura e cereali integrali, che sono ricchi di fibre – ottime contro la stitichezza – e di antiossidanti naturali. Meglio assumere la giusta quantità di proteine (almeno 1 grammo di proteine per ogni kg corpoereo al giorno), possibilmente ad alto valore biologico (uova, latte, carni bianche e pesce). Molte persone che non riescono a dimagrire, ignorano inoltre il fatto che i grassi non sono tutti uguali. Esistono grassi “buoni” e grassi “meno buoni”. Rientrano in quest’ultima categoria, ad esempio, quelli saturi come latticini e carne rossa, che andrebbero ridotti. Via libera invece ai grassi monoinsaturi (come olio d’oliva e quelli contenuti nell’avocado) o alcuni tipi di polinsaturi (come quelli di noci, semi di girasole o gli omega-3 del pesce, anche se più grasso come il salmone). In caso di dubbi, decisamente meglio consultare un medico dietologo.

Leggi anche: Valore biologico: significato, alimenti con proteine ad alto e basso valore biologico

5) Hai appena smesso di fumare

Hai smesso di fumare e sei ingrassato? Purtroppo non è una leggenda: fumare sigarette, aumenta il metabolismo. Quando si smette di fumare, il metabolismo cala, rendendo molto più difficile il rimanere dello stesso peso. Per approfondire: Ho smesso di fumare e sono ingrassato: perché succede e come rimettersi in forma?

6) Troppo stress

Ritmi di vita frenetici, impegni lavorativi e familiari, litigi, crisi amorose ed altre situazioni che generano ansia, possono rendere stremamente più difficile perdere i chili di troppo, perché per affrontare le situazioni di stress si tende a mangiare alimenti più calorici. I cibi calorici, ricchi di carboidrati e grassi (come biscotti, merendine, dolci…) fanno infatti aumentare i livelli del neurotrasmettitore dopamina, che è un vero e proprio antidepressivo endogeno, prodotto dal nostro stesso corpo. Quando siamo tristi e nervosi, se non affrontiamo a monte il problema, rischiamo di attaccarci al cibo per sentirci meglio e non avvertire i sintomi negativi. Ciò può portare, sul lungo periodo, ad una dipendenza comportamentale, la dipendenza da cibo, che rende molto più difficile dimagrire, a meno che non si risolvano i problemi a monte che determinano stress e depressione. Per approfondire: Dipendenze comportamentali: sintomi e caratteristiche

7) Poco sonno

Il 30% degli americani dorme meno di sei ore a notte: troppo poco secondo The National Institutes of Health, che suggeriscono per gli adulti almeno sette-otto ore a notte. Dormire poco è nemico della salute, del dimagrimento, della bellezza e della crescita muscolare. Nonostante molti pensino, sbagliando, che dormire poco faccia dimagrire, in realtà è vero il contrario. Dormire la giusta quantità di ore ed aumentare l’igiene del sonno, è uno dei fattori che può aiutarvi a dimagrire. Per approfondire: Dormire poco fa ingrassare o dimagrire?

8) A forma di mela

Se il tuo corpo ha una forma detta “a mela” (tecnicamente denominata “obesità androide”), per distinguerla da quella “a pera” (denominata “obesità ginoide”), e tendi ad accumulare chili intorno al girovita invece che su fianchi e cosce, significa che mediamente avrai una difficoltà maggiore a perdere grasso. L’obesità di tipo androide è un fenotipo tipicamente maschile, ma può interessare anche le donne, caratterizzato da una maggiore distribuzione di tessuto adiposo nella regione addominale, toracica, dorsale e cerviconucale. L’obesità androide si associa statisticamente un maggior rischio di patologie cardiovascolari e metaboliche: infarto del miocardio, ictus cerebrale, diabete, ipercolesterolemia, iperuricemia, ipertensione e ridotta tolleranza ai carboidrati. Per approfondire: Differenza tra obesità androide e ginoide ed i rispettivi rischi per la salute

9) Tiroide che funziona poco

Soffrire di ipotiroidismo, cioè una malattia della tiroide che porta ad un deficit della produzione di ormoni tiroidei, potrebbe determinare un calo nel metabolismo ed una maggior difficoltà a perdere peso. In questi casi un bravo endocrinologo vi somministrerà la giusta dose del farmaco Eutirox e non avrete più scuse per non dimagrire! Per approfondire: Ipotiroidismo: sintomi, diagnosi, cura farmacologica e consigli dietetici

10) La motivazione

Per poter ridurre il grasso addominale, oltre che curare qualsiasi malattia psichiatrica o endocrinologica o altra patologia che aumenti il rischio di soffrire di obesità o si opponga al dimagrimento, bisogna essenzialmente assumere meno calorie e bruciare più calorie. Questo significa combinare una dieta ipocalorica con allenamenti mirati ad elevata intensità che prevedano anche il potenziamento dei muscoli attraverso la pesistica. Tutto ciò potrebbe risultare difficile da seguire, se non si ha la giusta motivazione. La motivazione è quindi la prima cosa che vi serve se volete dimagrire. Senza motivazione, nessuno dei miei pazienti è riuscito a dimagrire in modo soddisfacente. Lavorare su questo aspetto, migliorerà le vostre possibilità di raggiungere il vostro peso forma.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Reflusso gastroesofageo: dieta, stress, alcolici, latte e notte

MEDICINA ONLINE DIETA FIBRA FRUTTA VERDURA GRASSI ZUCCHERI PROTEINE MACEDONIA FRAGOLE MANGIARE CIBO COLAZIONE MERENDA PRANZO DIMAGRIRE RICETTA PESO MASSA BILANCIA COLON INTESTINO DIGESTIONE STOMACO CALORIE PROPRIETA CARBOIl reflusso gastroesofageo è un disturbo molto diffuso caratterizzato da sintomi come il bruciore di stomaco, l’acidità ed il rigurgito. E’ causato, fondamentalmente, da una risalita involontaria del contenuto gastrico lungo l’esofago. Se tale risalita è particolarmente intensa e frequente si può parlare a tutti gli effetti di malattia da reflusso gastroesofageo.

Soprattutto nelle forme più lievi questa patologia viene spesso curata con un po’ di leggerezza dato che tra i pazienti è molto diffuso il ricorso all’automedicazione. Sia per chi decide di affrontarla con mezzi propri, sia per chi si rivolge ad un medico, la cura del reflusso gastroesofageo non può prescindere dall’adozione di una dieta e di uno stile di vita corretti.

Continua la lettura con: https://www.my-personaltrainer.it/dieta/dieta-reflussogastroesofageo.html

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Reflusso gastroesofageo: sintomi, diagnosi e cura

MEDICINA ONLINE NAUSEA MAL DI PANCIA REFLUSSO GE ESOFAGO STOMACO DUODENO INTESTINO TENUE DIGIUNO ILEO APPARATO DIGERENTE CIBO TUMORE CANCRO POLIPO ULCERA DIVERTICOLO CRASSO FECI VOMITO SLa malattia da reflusso gastroesofageo, sigla MRGE (in inglese GERD, Gastro-Esophageal Reflux Disease o GORD, Gastro-Oesophageal Reflux disease), è una malattia di interesse gastroenterologico, causata da complicanze patologiche del reflusso gastroesofageo: si parla di “malattia” (MRGE) quando il reflusso causa sintomi (pirosi, rigurgito) o quando, con la gastroscopia, si evidenziano lesioni infiammatorie a carico dell’esofago (esofagite), o ulcere, o trasformazione metaplastica della mucosa (esofago di Barrett). La malattia presenta tendenza alle recidive.

Diffusione

In Europa la malattia è frequente nel 20% della popolazione, mentre nei Paesi asiatici è più contenuta.

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Cause

La malattia da reflusso gastroesofageo è spesso causata dal reflusso nell’esofago del contenuto dello stomaco e dei gas prodotti a livello intestinale che generano un reflusso duodeno-gastroesofageo. L’acido cloridrico e la bile che vengono a contatto in questo modo con la mucosa dell’esofago ne provocano l’infiammazione (esofagite) con possibile insorgenza di sintomi caratteristici, come la pirosi. Anche se occasionali piccoli reflussi sono considerati fisiologici, in alcuni casi la frequenza e l’intensità dei reflussi può assumere valenza patologica. Col tempo l’infiammazione può evolvere in danni al tessuto dell’esofago, sotto forma di erosioni e piccole ulcere. Altre cause del reflusso sono una diminuzione del tono del cardias (lo sfintere esofageo inferiore – SEI/LES), cioè la valvola che separa l’esofago dallo stomaco, in seguito all’assunzione di sostanze diverse, come cibi grassi, nicotina, caffeina, agrumi, alcolici ed anche alcuni tipi di farmaci; in casi più rari è dovuta al prolungato ristagno del bolo nello stomaco (si può ipotizzare una stenosi o pseudo-occlusione ileare o del tenue), per via di discinesie (disturbi motori) che rallentano il normale svuotamento dello stesso; altre volte la causa è da ricercare nell’assunzione di pasti troppo abbondanti; infine sono predisponenti tutte quelle condizioni che determinano un aumento della pressione gastrica, come l’obesità e la gravidanza. Per quanto sia stata lungamente studiata una possibile associazione tra l’infezione da Helicobacter pylori e la MRGE, essa non è mai stata accertata da studi epidemiologici, né è stato individuato un possibile meccanismo patogenetico con il quale il batterio provocherebbe la malattia. In taluni casi, addirittura, si è notata un’incidenza negativa legata all’eradicazione dell’H. pylori e l’eradicazione stessa parrebbe risultare inefficace per la prevenzione delle recidive.

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Sintomi e segni

I sintomi associati al reflusso si distinguono in esofagei ed extraesofagei. Non sempre la presenza dei sintomi è associata ad evidenza di esofagite mediante esami endoscopici e pH-metria. Tuttavia è proprio grazie a quest’ultimo esame che si è potuto associare alla MRGE anche sintomi extraesofagei. Alcuni di questi sintomi sono comuni anche a infezioni intestinali o a parassitosi.

Sintomi esofagei

I sintomi esofagei si suddividono in tipici e atipici. Fra i primi, sono particolarmente frequenti la pirosi (sensazione di bruciore retrosternale, talora irradiata al collo oppure posteriormente, tra le scapole) e il rigurgito (risalita non forzata del contenuto gastrico fino al cavo orale). Tra i sintomi atipici, si ricordano la disfagia (sensazione di difficoltà nella deglutizione, spesso legata ad alterazioni motorie correlate al reflusso), l’odinofagia (dolore legato alla deglutizione) ed il dolore toracico simil-anginoso (dolore retrosternale irradiato al mento, alla mandibola, alle braccia e tra scapole), che può indurre erroneamente a sospettare un infarto del miocardio.

Sintomi extraesofagei

  • Bronco-polmonari: tosse stizzosa o cronica, difficoltà respiratoria o asma, polmonite ab ingestis, ipersecrezione catarrale (aumentata produzione di muco, visibile sul piano glottico), emoftoe, apnee notturne, bronchiectasia
  • Oro-faringei: faringite (con o senza mal di gola), scialorrea, disfonia, raucedine, sensazione di nodo in gola (bolo faringeo), alitosi, prolasso dei tessuti molli (velopendulo), patina bianca sulla tonsilla linguare e raclage (sensazione di dover raschiare continuamente la gola per una forte presenza di muco che in realtà si rivela essere scarso e di difficile estrazione), vellicchio faringeo, disfagia orofaringea, rinite e peggioramento di sinusite.
  • Laringei: laringite cronica, laringite posteriore, ulcere e granulomi delle corde vocali

Diagnosi

La diagnosi di reflusso gastroesofageo patologico si effettua con la ph-impedenziometria o ph-metria esofagea delle 24 ore che consente di differenziare i reflussi fisiologici da quelli patologici. In alcuni casi, anche reflussi “fisiologici” possono provocare sintomi (“esofago irritabile o ipersensibile”). Per una diagnosi più coerente e certificabile soprattutto in casi di reflusso atipico, alcuni centri mettono a disposizione la Ph-metria con impedenziometria multicanale intraluminale, che permette di valutare se il refluito giunge fino in gola, in che entità ed in quale forma (liquido, gassoso o biliare). Nel caso in cui si rilevino solo reflussi gastro-esofagei (solitamente si verificano entro i 120 minuti dal pasto), la manometria gastro-esofagea può definire la tonia del cardias. Altri modi di indagine comprendono i test provocativi, il test di Bernstein, esami di radiologia, scintigrafia, istologia, endoscopia e manometria. È utile inoltre ricercare la presenza dell’Helicobacter pylori a livello gastrico, per stabilire la condotta terapeutica più adeguata.

Quali sono le possibili complicanze e qual è il rischio di tumore all’esofago?

Nei pazienti con reflusso gastroesofageo cronico, vi è un aumento del rischio di sviluppare tumore dell’esofago; per approfondire leggi questo articolo: Esofago di Barrett, tumore e reflusso gastroesofageo

Cura e trattamento

La cura della malattia da reflusso si basa su correzione dello stile di vita, sulla terapia famacologica e/o sulla terapia chirurgica. Per approfondire leggi questo articolo: Reflusso gastroesofageo: terapia farmacologica e chirurgica

I migliori prodotti per la salute dell’apparato digerente

Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche per il benessere del vostro apparato digerente, in grado di combattere stipsi, fecalomi, meteorismo, gonfiore addominale, acidità di stomaco, reflusso, cattiva digestione ed alitosi:

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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