Herpes genitale: saperlo riconoscere, come si trasmette e come si cura

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO OSPEDALE ANAMNESI ESAME FONENDOSCOPIOL’herpes genitale è una malattia sessualmente trasmissibile provocata da un virus, l’herpes simplex virus. Le crisi di recidive possono essere all’origine di dolori e di disagio che alterano la qualità della vita.

Saper riconoscere l’herpes genitale

I sintomi dell’herpes sono presenti solo nel 10% dei casi. Sono molto dolorosi nella zona d’infezione (sesso, natiche, cosce) e possono essere accompagnati da febbre, mal di testa e dolori al ventre. Nella donna: all’inizio si manifesta con pruriti, bruciori, pizzicori. Si possono avvertire dolori anche urinando. Nella zona della vulva compare del rossore a cui fanno seguito piccoli gruppi di vescichette (o piccole pustole). Queste vesciche piene di virus, poi, si rompono provocando piaghe vive, a volte molto dolorose. La cicatrizzazione avviene solo dopo 2 o 3 settimane e la crosta formatasi cade. I sintomi possono essere accompagnati da perdite vaginali. In alcune donne, l’herpes può localizzarsi all’interno della vagina e persino sul collo dell’utero, il che rende molto difficile la diagnosi, dato che i segni non sono visibili a occhio nudo. Nell’uomo: i sintomi sono spesso meno dolorosi e la guarigione è più rapida (una decina di giorni). Le zone colpite sono in genere quelle del pene e del prepuzio (piega di pelle che ricopre il glande). L’herpes può situarsi anche sulla piccola zona che si trova tra i due. Quando le lesioni colpiscono i testicoli è particolarmente fastidioso e la cicatrizzazione è lunga.

La diagnosi

Solo il medico può stabilire una diagnosi sicura. L’herpes infatti può essere confuso con altre malattie relative agli organi sessuali (micosi, infezione urinaria, altre MST…), in quanto i sintomi sono simili. Per sapere se si è portatori del virus, esistono due metodi: tramite prelievo con tampone (una sorta di cotton fioc) strisciato sulle lesioni e poi messo in coltura, e/o tramite un prelievo di sangue. È importante consultare il medico sin dalla comparsa dei primi sintomi o in presenza di una lesione dolorosa, un’irritazione o un semplice fastidio nelle parti intime, perché un ritardo nella consultazione può rendere la diagnosi più difficile.

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Le modalità di trasmissione

Il primo contatto dell’organismo con il virus dell’herpes si verifica durante un rapporto sessuale, con o senza penetrazione, con una persona con lesioni erpetiche sul sesso, sulle natiche o sulle cosce, oppure con una persona semplicemente portatrice del virus che però non presenta sintomi. In caso di herpes labiale, un rapporto in cui bocca e organi sessuali entrano in contatto può causare la trasmissione del virus presente sulle labbra alle parti intime del partner. Succede dall’1 al 30% dei casi di herpes genitale. Può verificarsi anche il contrario.

Una malattia recidiva

Una volta contratto il virus, esso resto nell’organismo per tutta la vita, nascosto in un ganglio nervoso nella parte bassa della schiena. È lì che elegge il suo domicilio a vita. Si ripresenta più o meno regolarmente, riprende lo stesso tragitto nervoso dell’andata e ricompare laddove è stato contratto: sono le recrudescenze dell’herpes, dette anche “recidive” o “crisi” la cui frequenza e intensità variano da una persona a un’altra.

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Complicazioni della malattia erpetica

Le complicazioni della malattia erpetica a volte possono essere gravi, soprattutto se vengono contagiati gli occhi, oppure in gravidanza, se il feto subisce il contagio al momento del parto, con serie conseguenze per il neonato.

Cure per l’herpes genitale

L’herpes genitale non è una malattia di cui vergognarsi. È falsamente rassicurante dirsi che si conosce bene il proprio partner e che non si rischia niente: il tuo partner può benissimo trasmetterti il virus senza neanche sospettare di esserne portatore. Se, nonostante tutto, il senso di colpa diventa troppo grande, o se le recidive sono troppo fastidiose, è consigliabile parlarne con il proprio medico di fiducia. La visita è confidenziale. Un ritardo nella consultazione può rendere la diagnosi più difficile. È molto importante dunque consultare il medico sin dalla comparsa dei primi sintomi. Esistono trattamenti efficaci per limitare il dolore, la frequenza delle crisi e per ridurre il rischio di contagio. Prima vengono messi in atto, più sono efficaci. Pertanto è necessario recarsi subito dal proprio medico, anche nel caso in cui vi sia solo il dubbio di un eventuale contagio. Nel nostro Paese l’herpes genitale non è incluso tra le malattie infettive sottoposte a denuncia obbligatoria, quindi non esistono dati nazionali certi sull’incidenza di questa malattia. Gli unici dati disponibili provengono dal Sistema di Sorveglianza delle Malattie Sessualmente Trasmesse (MST).

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
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L’acidità della vagina protegge la donna dalle infezioni

MEDICINA ONLINE MEDICINA ESTETICA BELLEZZA DONNA BELLA MAGRA PELLE NUDA SEXY CORPOIl mantenimento di un pH vaginale fisiologico acido rappresenta un importante fattore protettivo contro le infezioni batteriche dei genitali interni. Nell’infanzia e nella vecchiaia, quando i livelli degli estrogeni sono bassi, il pH vaginale si attesta intorno alla neutralità (6-7). Nell’adolescenza e nell’età adulta, invece, l’ambiente diventa acido (intorno a 4,5), proteggendo la vagina dalle infezioni e favorendo la crescita dei lattobacilli di Doderlein, batteri simbionti che fermentano il glicogeno cellulare in acido lattico. Grazie a tale acidità, ad un meccanismo competitivo per i nutrienti e alle sostanze antibatteriche prodotte durante il loro metabolismo, i lattobacilli di Doderlein proteggono la donna dalle infezioni vaginali e vulvovaginali, impedendo la proliferazione di una vasta gamma di patogeni.

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Problemi di infertilità? E’ utile effettuare il Post-coital test

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO GRAVIDANZA PANCIA MATERNITA MAMMA GINECOLOGIA CONCEPIMENTO PARTO PANCIONE FIGLIO MADREIl post-coital test, o test di Hühner, è un esame di laboratorio che, in caso di sospetta infertilità, consente di studiare le proprietà del muco cervicale nel periodo periovulatorio, e permette di apprezzare la mobilità degli spermatozoi del partner all’interno del muco stesso. Si tratta di un esame non doloroso, che fa parte della routine iniziale di bilancio di un’infertilità e permette di individuare eventuali cause di quest’ultima.

Muco cervicale, cos’è?

Il muco cervicale è il fluido secreto dal collo dell’utero in vagina. Normalmente nella maggior parte del ciclo mestruale femminile non lascia passare gli spermatozoi all’interno della cavità uterina . Prima dell’ovulazione, invece, favorisce il loro passaggio.

Se le secrezioni ormonali della donna sono normali e la cervice funziona bene, il muco si modifica nei giorni che precedono l’ovulazione per permettere agli spermatozoi di superarlo. Se il collo dell’utero presenta dei problemi (ad es. cervicite) o se le secrezioni ormonali non sono adeguate, il muco sarà scarso, viscoso e resterà impermeabile agli spermatozoi per cui difficilmente l’incontro con l’ovulo potrà aver luogo. Queste anomalie possono essere causa di infertilità, ecco perché è essenziale verificare la qualità del muco cervicale e la mobilità degli spermatozoi presenti in esso.

In quale periodo si effettua il test?

Perché il test sia interpretabile, è necessario rispettare scrupolosamente tutte le sue condizioni di realizzazione: il test deve essere effettuato nel periodo pre-ovulatorio( cioè uno o due giorni prima della data prevista dell’ovulazione). Per sapere in quale preciso momento effettuare il test, si può ricorrere a vari metodi. Compilare una curva della temperatura basale corporea, fare il monitoraggio follicolare oppure procedere ai dosaggi ormonali o sottoporsi a un test urinario di rilevazione dell’ovulazione. Spesso si associano più sistemi. Comunque anche la donna in genere si accorge della presenza del muco cervicale e la indica al ginecologo che farà le opportune verifiche tra cui proprio quella di valutare con la visita qualità e quantità del muco cervicale (“score cervicale”). In ogni caso, si prenda nota della data delle ultime mestruazioni, contando a partire dal primo giorno della perdita ematica.

Astinenza per l’uomo

Per l’uomo sono necessari 4 o 5 giorni di astinenza sessuale perché la qualità dello sperma sia ottimale.

Il rapporto

Il rapporto sessuale deve aver luogo nelle 6-12 ore precedenti la raccolta del muco, che avviene nei pressi del laboratorio dove si valuterà il numero e la motilità degli spermatozoi all’interno del muco cervicale raccolto. Il rapporto deve essere seguito da un periodo di riposo in cui la donna resta sdraiata per 20-30 minuti, ed è necessario non lavarsi i genitali prima della raccolta del muco.

Come si effettua l’esame?

La raccolta del muco è indolore e priva di rischi e non necessità di ricovero o di anestesia. La donna è in posizione ginecologica, e dopo l’inserimento dello speculum si aspira il muco specie quello endocervicale proveniente cioè dal canale cervicale. Il muco prelevato viene immediatamente consegnato al biologo, che lo esaminerà al microscopio per verificarne l’abbondanza e la viscosità, la trasparenza, la modalità di cristallizzazione nonchè il pH. Si cercheranno inoltre eventuali segni di infezione (presenza di germi e di leucociti, i globuli bianchi).Naturalmente si conterà il numero di spermatozoi presenti e in particolare quelli mobili annotando il tipo di motilità .

Il risultato

Test positivo: tutto è normale perché il muco è abbondante, ha una viscosità nella norma, è filante , trasparente e la cristallizzazione risulta normale ( al microscopio si vede la tipica immagine delle foglie di felce). Il pH è compreso tra 6.5 e 8,5, non sono presenti germi o leucociti e ci sono almeno 5 spermatozoi normalmente mobili ( dritti e veloci) per campo visivo

Test negativo: muco di qualità inadeguata. Muco poco abbondante, con pH acido, opaco, cristallizza male. Gli spermatozoi vivi mobili sono pochi . In questo caso si verificherà se il test è stato realizzato davvero nella fase pre.ovulatoria, e se non è così, si ripeterà il test due o tre giorni dopo o al ciclo successivo. Se la qualità del muco non migliora dopo due post-coital test consecutivi, verrà probabilmente prescritta la stimolazione ormonale per tentare di migliorarne la qualità. In presenza di un’infezione batterica si impone il trattamento antibiotico o antisettico locale o generale prima di sottoporsi a un altro test. Una ragione della negatività del test può risiedere nel fatto che quel ciclo non era ovulatorio e la stimolazione ormonale dell’ovaio può riportare tutto alla norma

Test negativo con muco di buona qualità: tutte le caratteristiche fisiche e chimiche del muco sono nella norma e non sono presenti segni di infezione, gli spermatozoi vivi e mobili sono assenti o poco numerosi oppure la mobilità degli spermatozoi presenti è anomala ( fermi con un movimento oscillante). In questo caso bisognerà assicurarsi che il rapporto sessuale si sia svolto in condizioni normali e si verificherà che lo spermiogramma sia normale. In caso di spermiogramma normale, il muco o l’interazione muco/spermatozoi è verosimilmente la causa della negatività del test. A questo punto si procederà a un test di penetrazione incrociata per scoprire se l’anomalia proviene dallo sperma o dal muco. Si potrebbe valutare ad esempio il comportamento degli spermatozoi con il muco bovino. Quest’ultimo test potrebbe far sospettare l’esistenza di una immunizzazione antispermatozoi nel muco o nello sperma stesso, cioè la presenza di anticorpi antispermatozoi. La presenza di anticorpi tuttavia è un’eventualità rara.

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Designer vagina surgery: è boom di richieste per la chirurgia estetica della vagina

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO OSPEDALE GINECOLOGIA GRAVIDANZA MATERNITA ECOGRAFIAÈ il The Guardian, il diffuso giornale di Londra, che qualche tempo fa ha lanciato la provocazione, quanto mai attuale, e lo ha fatto associando la parola vagina a designer volendo in questo modo sottolineare una vera e propria moda che sta prendendo piede soprattutto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna: quella degli interventi di chirurgia estetica alla vagina. Non solo quindi, seno e labbra, liposuzione o lifting per le donne, oppure, per gli uomini, la riduzione del “seno” e i muscoli addominali artificiali. Anche la sfera intima viene interessata da questo genere di interventi.

Continua la lettura su https://spicy.robadadonne.it/chirurgia-estetica-vagina-da-designer-la-nuova-moda/

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Donne nate senza vagina: è la sindrome di Rokitansky-Kuster-Hauser

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO DONNA TRISTE STANCA STRESS SONNO TRISTEZZA DEPRESSIONELa  sindrome di Rokitansky-Kuster-Hauser (anche chiamta agenesia mülleriana o aplasia utero vaginale o semplicemente sindrome di Rokitansky; in inglese müllerian agenesis o müllerian aplasia o vaginal agenesis o Mayer-Rokitansky-Küster-Hauser syndrome o MRKH syndrome), è una condizione congenita (cioè presente già alla nascita) che è caratterizzata dall’assenza dell’utero e – in parte o totalmente – della vagina, mentre le ovaie sono presenti e anche i genitali esterni sono normali. E’ causata da un alterato sviluppo dei dotti di Müller, cui consegue l’agenesia dell’utero e variabili malformazioni della porzione prossimale della vagina. A ciò consegue amenorrea primaria, infertilità e l’impossibilità dei rapporti sessuali.

Cenni storici

Questa sindrome prende il nome dal suo più famoso scopritore il barone Karl Von Rokitansky (Cecoslovacchia, 1804-1878), medico e professore all’università di Vienna. Esistono evidenze di malformazioni vaginali sin dai tempi antichi. Già Ippocrate nel libro “Natura della donna” descrive la presenza di un’ostruzione membranosa del canale vaginale. Nel 1829 Mayer e nel 1838 Rokitansky descrivono una sindrome che include l’agenesia dell’utero e della vagina, mentre successivamente sarà Kuster ad osservare una correlazione con difetti urologici. Per questo motivo questa condizione viene anche chiamata sindrome di Mayer-Rokitansky-Kuster-Hauser.

Diffusione

Si stima che la prevalenza della sindrome sia di 1-5 neonate su 10.000.

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Cause

Normalmente durante l’embriogenesi umana, insieme ai vari apparati e sistemi, avviene lo sviluppo del apparato riproduttivo; nei pazienti affetti da questa malattia lo sviluppo inizia ma non riesce a concludersi. La  sindrome di Rokitansky è causata da un alterato sviluppo dei dotti di Müller, cui consegue l’agenesia dell’utero e malformazioni della porzione prossimale della vagina. La causa a monte che determina tale alterato sviluppo è attualmente ancora non del tutto compreso. Sono stati studiati numerosi geni al fine di identificare una causa genetica. Le forme tipiche e atipiche del disturbo sono presumibilmente causate da mutazioni in diversi geni. Il gene WNT4 (braccio  corto del cromosoma 1) è stato implicato nella versione atipica di questo disturbo. Una mutazione genetica causa la sostituzione di un residuo di leucina in prolina nella posizione dell’amminoacido 12. Questo evento riduce i livelli intranucleari di β catenina, inoltre rimuove l’inibizione degli enzimi steroidogenici come la 3β-idrossisteriod deidrogenasi e la 17α-idrossilasi. I pazienti hanno quindi un eccesso di androgeni. Inoltre, senza WNT4, il dotto mulleriano è deformato o assente. Gli organi riproduttivi femminili, come la cervice, le tube di Falloppio e gran parte della vagina, sono quindi colpiti. È stata segnalata un’associazione con la sindrome da microdelezione 17q12, una mutazione per delezione nel braccio lungo del cromosoma 17. Il gene LHX1 può essere la causa di un certo numero di casi.

Sintomi e segni

Dal punto di vista clinico la sindrome di Rokitansky si manifesta con l’assenza di utero e vagina, con ovaie e genitali esterni nella norma e normale cariotipo femminile. In alcuni casi possono essere associate anomalie a carico di altri organi e apparati come reni e vie urinarie, cuore e scheletro (vedi il prossimo paragrafo). La maggior parte delle pazienti con la sindrome di Rokitansky se ne accorge durante la pubertà, dato che, nonostante le modificazioni normali legate alla pubertà (sviluppo dei caratteri sessuali secondari con pubarca, cioè formazione di peli pubici, e telarca, sviluppo delle mammelle), si ha amenorrea (cioè le mestruazioni sono assenti): è opportuno ricordare che attualmente tale sindrome rappresenta la seconda causa di amenorrea primaria dopo la sindrome di Turner. Le ovaie – normalmente presenti – infatti inducono la caratterizzazione femminile tipica della pubertà, ma le mestruazioni non compaiono in virtù dell’assenza dell’utero. La conseguenza più importante – e più drammatica per la donna – di questa malattia è l’impossibilità totale di avere una gravidanza data la mancanza dell’utero. Inoltre, finchè non si interviene chirurgicamente a creare un’apertura ed uno spazio vaginale, per la donna sarà impossibile la normale penetrazione vaginale durante i rapporti.Esternamente i genitali appaiono normali.

Tipologie

Esistono due tipologie di sindrome di Rokitansky:

  • sindrome di Rokitansky di primo tipo (MRKH di tipo I): si riscontra l’assenza solo di utero e vagina;
  • sindrome di Rokitansky di secondo tipo (MRKH di tipo II o MURCS -Müllerian aplasia, Renal aplasia and Cervico-thoracic Somite dysplasia):  si riscontra l’assenza di utero e vagina ma sono anche associate malformazioni di altri organi, tra cui reni, cuore e scheletro. In particolare il 40% delle donne malate presenta anomalie renali (il 15% nasce con un solo rene), il 10% presenta difficoltà uditive e il 10-12% anomalie scheletriche.

Il secondo tipo è generalmente considerato quello più grave e potenzialmente caratterizzato da sintomi e segni in quantità maggiore rispetto al primo tipo.

Un’altro tipo di classificazione, prevede tre gruppi:

  • Tipica agenesia mulleriana – Aplasia/ipoplasia uterovaginale isolata (prevalenza 64%);
  • Agenesia mulleriana atipica – Aplasia/ipoplasia uterovaginale con malformazione renale o aplasia/ipoplasia uterovaginale con disfunzione ovarica (prevalenza 24%);
  • Sindrome MURCS – Aplasia/ipoplasia uterovaginale con malformazione renale, malformazione scheletrica e malformazione cardiaca (prevalenza 12%).

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Diagnosi

La diagnosi di sindrome di Rokitansky è essenzialmente clinica. Tuttavia la normale visita medica va integrata con esami genetici per il controllo del cariotipo, un’ecografia pelvica e una risonanza magnetica per il controllo dell’anatomia interna. Importante anche una ecografia renale, visto che, come dicevo all’inizio dell’articolo, spesso tale patologia è associata e anomalie a carico di altri organi ed il rene è statisticamente quello più colpito.

Trattamento

Per quanto riguarda il trattamento è possibile ricostituire la vagina mediante intervento chirurgico di vaginoplastica: la costruzione di una neovagina è necessario per permettere alla paziente di avere una normale vita sessuale. Questo ovviamente non risolve il problema dell’assenza dell’utero (per cui permangono per tutta la vita l’infertilità e l’amenorrea), anche se in futuro si prevede che sarà possibile ricorrere al trapianto di utero. Già adesso presso la Clinica Ginecologica dell’ospedale Umberto I di Roma si stanno sperimentando nuove terapie a base di cellule staminali autogene, cioè prelevate dalla stessa paziente. Il trattamento con utero artificiale è ancora in fase di studio. Ritornando all’impossibilità di avere figli, una ulteriore brutta notizia è che l’assenza dell’utero rende impossibile anche il ricorso a tecniche di fecondazione in vitro. Rimane la possibilità della maternità surrogata (vietata in Italia) oppure ovviamente dell’adozione. I trattamenti effettuati sono finalizzati a migliorare il rapporto sessuale ed a migliorare la qualità della vita della paziente, soprattutto dal punto di vista psicologico. Per migliorare il rapporto sessuale sono utilizzati sia dilatatori vaginali, sia la chirurgia, che presenta numerosi approcci, tra i quali:

  1. il metodo McIndoe: prevede l’utilizzo di cute del paziente al fine di confezionare una vagina artificiale; dopo l’intervento l’uso di dilatatori vaginali può rendersi necessario in caso di stenosi.
  2. il metodo Vecchietti: consiste nell’inserimento, a livello del fondo cieco della vagina, di una dispositivo di forma ovalare che viene successivamente messo in trazione dall’interno dell’addome tramite un intervento laparoscopico; l’intervento dura in tutto 45 minuti. In tal modo la vagina può crescere in dimensione di 1 cm al giorno, creando una vagina normale in circa una settimana o più.

Il trapianto uterino è stato eseguito in un certo numero di persone con agenesia mulleriana, ma l’intervento è ancora in fase sperimentale. Poiché le ovaie sono presenti, le persone con questa condizione possono avere figli genetici attraverso la fecondazione in vitro con trasferimento dell’embrione a un portatore gestazionale. Nell’ottobre 2014, è stato riferito che un mese prima una donna svedese di 36 anni era diventata la prima donna con un utero trapiantato a dare alla luce un bambino sano. È nata senza utero, ma aveva ovaie funzionanti. Lei e il padre sono passati alla fecondazione in vitro per produrre 11 embrioni, che sono stati poi congelati. I medici dell’Università di Göteborg hanno quindi eseguito il trapianto di utero, essendo il donatore un amico di famiglia di 61 anni. Uno degli embrioni congelati è stato impiantato un anno dopo il trapianto e il bambino è nato prematuro a 31 settimane dopo che la madre aveva sviluppato la preeclampsia. La ricerca promettente include l’uso di strutture coltivate in laboratorio, che sono meno soggette alle complicazioni del tessuto non vaginale, e possono essere coltivate utilizzando le cellule della donna stessa come fonte di coltura. Il recente sviluppo di vagine ingegnerizzate utilizzando le cellule del paziente stesso ha portato a vagine perfettamente funzionanti capaci di mestruazioni e orgasmo in un certo numero di pazienti.

Supporto psicologico

Scoprire di essere affette dalla sindrome di Rokitansky è ovviamente uno shock molto forte per la donna, che avrà la certezza di non poter mai rimanere incinta oltre alla percezione di essere “meno donna” del normale. La diagnosi avviene spesso in giovane età, durante le prime fasi post-puberali e ciò rende ancora più traumatica la notizia: in questo senso è assai importante avere un supporto psicologico e psichiatrico, che aiuti la paziente ad accettare la malattia. Alcune pazienti potrebbero avere un forte contraccolpo psicologico e ricadere nella depressione, nell’isolamento sociale e perfino in idee suicidarie: in questi casi farmaci antidepressivi e psicoterapia possono essere di grande aiuto.

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L’ecografia transvaginale esplora gli organi genitali interni femminili

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L’ecografia trans-vaginale o “ecografia transvaginale“, a volte abbreviata con ECO-TV o ETV o TVS (acronimo dall’inglese “Trans-Vaginal Sonography”) o TVU (da “Trans-Vaginal Ultrasonography) è una tecnica diagnostica per immagini, che indaga morfologia e stato di salute degli organi genitali interni femminili, usando una sonda ad ultrasuoni ad elevata frequenza che viene introdotta nella vagina.

Chi la effettua?

L’ecografia transvaginale viene effettuata dal medico ginecologo o da altro personale medico competente.

Quando si usa?

L’ecografia trans-vaginale viene effettuata in tre casi principali:

  • sospetto di patologie riguardanti l’apparato genitale femminile;
  • visualizzazione precoce della camera gestazionale nelle pazienti con sospetta gravidanza;
  • valutazione ostetrica della lunghezza cervicale e valutazione dell’eventuale funneling.

Quali patologie indaga?

L’elevata frequenza della sonda permette un alto potere risolutivo che consente l’osservazione e la misurazione di diverse patologie e condizioni, tra cui:

  • gravidanza extrauterina;
  • adenomiosi ed endometriosi;
  • malformazioni;
  • masse ovariche ed altre condizioni patologiche degli annessi (ad esempio cisti, PCOS…);
  • ascessi o processi infettivi localizzati;
  • iperplasia endometriale;
  • leiomiomatosi uterina;
  • neoplasie cervico-endometriali (cancro);
  • infertilità o sterilità;
  • polipi endometriali o cervicali.

Vantaggi

L’ecografia trans-vaginale, grazie all’uso di una sonda ad alta frequenza, permette di indagare in modo dettagliato utero, ovaie ed annessi, oltre che di controllare la gravidanza nel primo trimestre o nel quadro di tecniche di riproduzione assistita.
Rispetto all’ecografia pelvica trans-addominale (nella quale la sonda ecografica viene appoggiata sull’addome inferiore) permette una migliore visualizzazione di utero, endometrio, cervice uterina, tube di Falloppio, ovaie e dello spazio parauterino, comprensivo delle logge parieto-coliche e del cavo del Douglas. Tale maggior precisione e dettaglio è dato dalla vicinanza della sonda ecografica alle strutture da esaminare e dalla mancanza dello “scherma” rappresentato dagli organi e dai tessuti che inevitabilmente incontrano gli ultrasuoni nella via trans-addominale (in particolare vescica e tessuto adiposo, soprattutto se la donna è fortemente obesa).
Rispetto alle indagini eseguite con radiografia o con TC, l’ecografia trans-vaginale NON usa radiazioni ionizzanti, quindi può essere eseguita più volte in sicurezza ed anche nelle donne incinte, senza pericoli per il feto.

Svantaggi

Rispetto all’ecografia pelvica trans-addominale, l’ecografia trans-vaginale è certamente più invasiva, più fastidiosa e più rischiosa. In genere ha anche un costo maggiore rispetto all’ecografia pelvica trans-addominale. Non può essere eseguita nelle donne vergini (con imene intatto e non particolarmente elastico).
E’ una tecnica operatore-dipendente: la sua capacità di individuare eventuali patologie è fortemente legata all’esperienza del medico che la esegue.

Preparazione all’esame

La paziente viene invitata ad urinare prima dell’esame e, una volta a vescica vuota, viene fatta spogliare dalla vita in giù e distendere in un lettino per esami in posizione ginecologica. Talvolta, però, si richiede di avere la vescica piena (bere e non urinare nell’ora precedente all’esame) per effettuare anche l’ecografia pelvica esterna.

Procedura

L’ecografia transvaginale viene considerata una metodica moderatamente invasiva; mentre nell’ecografia tradizionale trans-addominale la sonda viene posizionata sulla parte bassa dell’addome, in quella trans-addominale la sonda viene introdotta all’interno della vagina. Tale sonda ha una elevata frequenza, è lunga e stretta, viene rivestita con materiale monouso (simile ad un profilattico) ed è di piccole dimensioni (poco più di 1 cm di diametro). La sonda viene inserita più facilmente in vagina grazie al gel per ultrasonografia, consentendo un ingresso agevole ed indolore.

Quanto dura?

L’esame si completa generalmente in 10 – 15 minuti, tranne quei casi in cui si rilevano anomalie che possono richiedere altro tempo per essere analizzate.

Cosa fare al termine dell’esame?

Al termine dell’indagine si può tornare alle normali attività giornaliere e lavorative. Non occorre farsi accompagnare da altre persone, visto che al termine dell’esame si è auto-sufficienti. Dopo l’esame si può tranquillamente guidare e gestire strumenti e mezzi pericolosi, visto che l’esame non induce sonnolenza.

L’esame è doloroso?

L’esame non è doloroso, tuttavia viene considerato fastidioso da molte pazienti. Si può avvertire fastidio e pressione soprattutto durante le fasi di penetrazione della sonda.

L’esame è rischioso?

L’esame, usando ultrasuoni, non è rischioso per la salute della donna, né per quella dell’eventuale feto. In rarissimi casi la sonda potrebbe determinare delle lesioni all’interno della vagina.

Controindicazioni

L’esame non presenta particolari controindicazioni. Non può essere eseguita nelle donne vergini (con imene intatto e poco elastico) che vogliano conservare l’integrità dell’imene.

L’ecografia trans-vaginale si può effettuare su una donna vergine?

Nelle donne vergini, con imene intatto, l’esame non può essere eseguito, salvo quei casi in cui l’imene intatto è comunque sufficientemente elastico da consentire l’esecuzione del test. E’ il medico a decidere se eseguire o non eseguire l’esame.

L’ecografia trans-vaginale si può eseguire con le mestruazioni?

L’indagine può essere eseguita in qualunque fase del ciclo mestruale e – se necessario ed urgente – anche in presenza di mestruazioni, tuttavia, preferibilmente non dovrebbe essere eseguita durante le mestruazioni.

Alternative

Se per qualche motivo non è possibile eseguire una ecografia trans-vaginale, si può eseguire al suo posto:

  • una ecografia trans-addominale (con sonda poggiata sulla parte inferiore dell’addome);
  • una ecografia  ecografia trans-rettale (con sonda inserita nell’ano).

Costo

Il prezzo di una ecografia trans-vaginale eseguita privatamente, oscilla in genere tra 80 e 250 euro.

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Balanite, lichen planus, verruche, candida, gonorrea: le infezioni del pene

MEDICINA ONLINE SPERMA LIQUIDO SEMINALE PENIS VARICOCELE HYDROCELE IDROCELE AMORE DONNA PENE EREZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE VAGINA SESSULITA SESSO COPPIA LOVE COUPLE FRINEDS LOVLe infezioni del pene e del glande sono diversi processi infettivi di origine batterica, virale, parassitaria o fungina che coinvolgono i genitali maschili ma che possono diffondersi anche ad altre aree del corpo e trasmettersi sessualmente al partner. Tra le infezioni più diffuse ricordiamo la balanite, le verruche genitali, la candidosi, il lichen planus e la gonorrea.

Balanite

La balanite (dal greco antico: βάλανος, bálanos, «ghianda», itis, «infiammazione») è un’irritazione e un’infiammazione, con comparsa di rossore, della testa del glande spesso estesa anche al prepuzio. In quest’ultimo caso viene meglio definita balanopostite. Le cause della balanite sono frequentemente correlate a batteri (Streptococcus pyogenes, Staphylococcus aureus, Neisseria gonorrhoeae) ma a volte è sostenuta da miceti come la candida albicans. Può essere una balanite traumatica di tipo irritativo, da farmaci, allergica da contatto. Irritazione, prurito intimo, desquamazioni sono segnali di una origine batterica. I sintomi sono irritazione del glande, prurito, arrossamento, disturbi della minzione, edema, ingrossamento delle ghiandole linfatiche inguinali, lesioni ulcerative, secrezioni biancastre e/o maleodoranti dal pene, dolore durante i rapporti. In alcuni casi c’è sanguinamento. Le terapie includono antibiotici (se l’infezione è batterica) e gli antimicotici (se l’infezione è fungina). Anche il o la partner sessuale, sebbene sia asintomatica, dovrebbe sottoporsi al trattamento farmacologico specifico.

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Lichen planus

Il lichen planus (LP), o lichen ruber planus (LRP), è una dermatosi infiammatoria ad andamento cronico-recidivante ed eziologia sconosciuta che colpisce cute, mucose e unghie, si configura nella categoria delle malattie autoimmuni. Le cause non sono ancora del tutto note. Numerosi farmaci tra cui antibiotici, anticonvulsivanti, antidepressivi, antimalarici, antipertensivi, diuretici, FANS, metalli e farmaci biologici sono stati associati allo sviluppo di reazioni lichenoidi. L’amalgama dentale, contenente mercurio, è un possibile fattore di rischio benché non sia stata provata una chiara associazione con la patologia. Altri fattori di rischio sono esposizione a p-fenilendiammina, dimetilfumarato, noce di Betel, radioterapia, depressione e disturbi d’ansia. Anche le intolleranze alimentari, come quella al lattosio, non vanno trascurate. In alcuni studi (ma non in altri) si è riscontrata un’associazione tra infezione da HCV e lichen planus; il possibile ruolo di questo virus rimane perciò incerto. È stato inoltre associato ad infezioni da herpesvirus tra cui HHV-3, HHV-6, HHV-7 e in rari casi ad infezioni da HBV e in seguito a somministrazione di vaccino antiepatite B. I sintomi sono: lesioni papulose o placche pruriginose, erosive e recidivanti sulla pelle, prurito locale con balanite e postite, dolore durante i rapporti. La terapia dipende dall’elemento a monte che l’ha determinato. Il lichen reticolare non richiede alcun trattamento in quanto è asintomatico. In rari casi si può osservare una superinfezione da Candida albicans che causa bruciore e rende necessario un trattamento antimicotico. Nel lichen erosivo vengono impiegati soprattutto i corticosteroidi. In prima istanza si usano i corticosteroidi topici come il desametasone in soluzione viscosa, il flucinonide in gel o il betametasone in tavolette da sciogliere in bocca. Nel lichen atrofico dei genitali (come nella forma più grave sclero-atrofica) vengono impiegati due nuove molecole: il tacrolimus e il pimecrolimus, con ottimi risultati soprattutto se si considerano i pesanti effetti collaterali dei cortisonici (atrofia dell’epitelio e graduale perdita dell’elasticità delle mucose e della cute) che restano un’arma valida nelle forme più gravi.

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Verruche genitali

Il condiloma acuminato (anche chiamato verruca genitale, verruca venerea, verruca anale e verruca anogenitale) è una malattia altamente contagiosa a trasmissione sessuale. La causa risiede in alcuni sottotipi di Papillomavirus umano (HPV). Tra i sintomi ricordiamo: dolore, irritazione, prurito, dispareunia, dolore durante la minzione. Può degenerare in cancro. Terapia: è consigliato trattare i condilomi con farmaci antivirali ed immunomodulatori. Possono essere usati anche elettrocoagulazione, laser terapia o escissione chirurgica.

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Candidosi

Rare nell’uomo, al contrario della candidosi femminile, molto più diffusa e sintomatica. Cause: la causa è un fungo, la Candida albicans. Sintomi: bruciore circoscritto, dolore durante i rapporti, dolore durante la minzione, eritema localizzato, prurito, irritazione genitale. La terapia si serve di applicazione topica di antimicotici specifici (ad esempio Clotrimazolo o Miconazolo), eventualmente associando antifungini ad azione sistemica (ad esempio Polienici o Echinocandine).

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Gonorrea

La gonorrea (dal greco “gonos”: seme; e “reo” : scorro;) o blenorragia (dal greco “blenos”: muco; e “ragoo”: erompo;) è una malattia a trasmissione sessuale. La causa risiede nel batterio Neisseria gonorrhoeae. È popolarmente nominata “scolo”. I termini si riferiscono al principale sintomo, ossia le perdite uretrali. I sintomi includono: irritazione a livello del glande, perdite biancastre-giallognole e maleodoranti dal pene, dolore durante la minzione, bruciore e prurito. Nei casi più complessi, l’infezionee degenera in prostatite, epididimite e sterilità. La terapia include antibiotici (macrolidi, chinoloni e cefalosporine).

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Punto G femminile: trovarlo e stimolarlo e le posizioni sessuali che più lo eccitano

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO PUNTO G DOVE SI TROVA VAGINA CLITORIDE VESCICA UTERO APPARATO SESSUALE FEMMINILE DONNA SESSO SESSUALITA MASTURBAZIONE DITA RAPPORTO GRAFENBERGVa detto subito che il punto G, contrariamente a quanto avrete certamente sentito dire, non è un “pulsante magico” che basta toccare per far avere un orgasmo ad una donna, ma piuttosto un’area piacevole da stimolare per alcune donne, quindi cominciamo col non mitizzarlo.
Sebbene quasi tutte, ma non tutte, le donne lo abbiano (anche se tale cosa è messa in discussione da alcune ricerche), non tutte le donne sono sensibili e/o provano piacere in quel punto. Molte donne dicono che essere stimolate in quella zona procura loro degli orgasmi più intensi rispetto alla penetrazione del pene. Quando viene fatta pressione nel punto G alcune donne hanno lo stimolo di urinare – a causa della pressione sulla vescica – tuttavia questa sensazione, se si continua a stimolare la parete, diminuisce gradatamente provocando – in poco tempo – un piacere intenso che porta molto spesso a orgasmi multipli. Cerchiamo oggi di capire qualcosa di più su questa misteriosa zona femminile.

Perché il punto G si chiama così?

Non ci sono motivi particolarmente tecnici: il punto G si chiama così semplicemente dall’iniziale del suo scopritore, che si chiamava Grafenberg.

Cos’è il punto G?

Si tratta di un piccolo fascio di terminazioni nervose che, se correttamente stimolato, produce un grado di soddisfazione inaspettato. Neanche a farlo apposta, il punto G in effetti è la parte meno agevole da rintracciare nell’anatomia femminile. Comunque, la sua stimolazione meccanica si ha in tutte le posizioni in cui la donna sta sopra. Il punto G allora si gonfia e assume la forma di una piccola massa che sporge, come un bottoncino.

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Ha qualcosa a che fare con la “eiaculazione” femminile?

Se la stimolazione del punto G si protrae a lungo, l’utero comincia a contrarsi fino a produrre un orgasmo molto particolare, che talora si accompagna alla produzione di un liquido chiaro. Le analisi di laboratorio hanno rivelato che questo fluido è simile alla composizione del liquido prodotto dalla prostata, che ha il compito di proteggere gli spermatozoi. Proprio per questa ragione i ricercatori hanno ipotizzato che il punto G sia un abbozzo di prostata.

A che serve il punto G?

Il punto G resta uno degli aspetti più misteriosi dell’anatomia femminile. Si è pensato anche che possa avere un ruolo nella maternità: l’orgasmo profondo prodotto dalla stimolazione del punto G è infatti spesso accompagnato da una sensazione di spinta verso l’esterno. Poiché il punto può essere stimolato anche dalla discesa del feto durante il parto, sembra possibile che il punto G abbia una funzione di aiuto alla nascita. Per strano che possa sembrare, ci sono donne, che malgrado i dolori del travaglio, raggiungono un orgasmo proprio durante l’espulsione del bambino.

Dove si trova e come si può stimolare il punto G?

Per la maggior parte delle donne il punto G è collocato nella parete anteriore della vagina ad una profondità di circa 4-5 cm proprio dietro la localizzazione esterna del clitoride. Il motivo per cui dico “la maggior parte delle donne” è che per alcune può essere differente. Il punto G è grande più o meno quanto una piccola monetina e quando stimolato propriamente si dilata un po’ e cambia leggermente struttura. Alla maggior parte delle donne sono necessari lunghi preliminari e stimolazione sessuale prima che il punto G possa loro procurare piacere. In tal senso una corretta stimolazione del punto G passa da preliminari prolungati e da una lunga stimolazione manuale e/o orale dei genitali femminili. Se proprio non riuscite ad individuare questa zona, leggete anche: Non riesco a trovare il punto G: come fare?

Individuare il Punto G

Mentre la donna giace sul dorso, inserite uno o due dita nella vagina in modo da tenere il palmo della mano rivolto verso l’alto. Successivamente piegate leggermente le dita. Come detto in precedenza la parete sulla quale si trova il punto G è una superficie rugosa, proseguite tra la vescica e la pelvi, li si trova un’area molto sensibile. E’ molto probabile che non si riconosca al tatto (comunque è caratterizzata da una forma a cupoletta tondeggiante), fate in modo che sia lei (la diretta interessata) a guidarvi. E’ importante non eccedere nella ricerca perché è possibile che alla vostra partner la pressione esercitata dia fastidio, quindi cambiare stimolazione e rimandare alla prossima volta la ricerca del punto G.

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Il punto G è indicato in giallo

Stimolare il punto G con le dita

Individuato il punto, l’uomo dovrebbe inizialmente avere un tocco delicato, successivamente, quando il punto G si inturgidisce, può gradualmente aumentare la pressione per circa 5 minuti. Poi allentala di nuovo, anche se non del tutto, per far riposare un po’ il dito. Volendo, può inserirne un altro senza ritirare il primo (per esempio aggiungere l’indice al medio) e prepararsi a una pressione ancora più decisa. Il punto G non è delicato come il clitoride, richiede molta più pressione.

Movimenti con le dita per stimolare il punto G

  • stantuffo: avanti e indietro come un pistone;
  • fluttuazione: come lo stantuffo, con movimenti più dolci e più lenti;
  • vibrazione: movimenti ancora più dolci, ma più veloci, come quando tremi dal freddo;
  • invito: piegando il dito in su verso di te come nel gesto che significa “vieni qua”.

Le migliori posizioni sessuali per stimolare il punto G

Per i sessuologi la posizione che procura le sensazioni più piacevoli alle donne non è certamente quella cosiddetta del missionario. Infatti l’organo sessuale maschile in tal modo eccita la parete posteriore della vagina, ma non quella anteriore, dove si trova il punto G. Le migliori posizioni per stimolare il punto G sono quelle da dietro, la cosiddetta “pecorina” (con lui leggermente sopra di lei) e quella con l’uomo steso e lei sopra (lasciare che faccia lei); il pene deve entrare con una certa angolazione specifica per stimolare efficacemente il punto G.

Il punto G ed il clitoride, quali sono le differenze?

Alcuni autori descrivono il punto G come la parte interiore del clitoride. Tralasciando l’aspetto anatomico possiamo dire che i vissuti di queste due zone sensibili non riflettono affatto questa tesi.
Il clitoride ha una reazione lineare: il primo tocco è piacevolmente eccitante, e i successivi sono via via sempre più eccitanti fino a raggiungere l’orgasmo.
Il punto G è tutto il contrario, la sua reazione è ondeggiante, oscilla dal dolore al piacere, dal pianto al riso, dal non star più nella pelle fino alla pace più profonda; insomma, da un estremo all’altro. Attraverso la stimolazione di un unico punto la donna può sperimentare l’intero universo di sentimenti che il suo corpo le può offrire. Oltretutto, le sensazioni non rimangono limitate all’area pubica o al bacino, ma tendono a coinvolgere la totalità del corpo.

Ultime raccomandazioni. A lui/lei: non siate precipitosi! Masturbatela sempre con molta delicatezza e pazienza, a lei piace di più! A lei: non vi scoraggiate se il punto G a voi non fa effetto.

Vibratori e sex toys

Esistono una serie di vibratori, sex toys ed indumenti, che possono essere usati per ottenere più piacere e rendere più appagante il rapporto per entrambi i partner, noi vi consigliamo questi:

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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