Differenza tra glicemia ed emoglobina glicata

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Medicina Chirurgia Estetica Roma Cavitazione Pressoterapia  Massaggio Linfodrenante Dietologo Cellulite Dieta Sessuologia Sex PSA Pene Dr Laser Filler Rughe Botulino Ialuronico Glicemia DIABETE IN AUMENTOLa glicemia indica il valore della concentrazione di glucosio nel sangue al momento del prelievo di sangue, l’emoglobina glicata indica invece, essendo  proporzionale alla concentrazione di glucosio registrata nel sangue in un certo arco di tempo, quelli che possono essere stati i livelli medi di glicemia negli ultimi 3 mesi. In un certo senso la glicemia “fa una foto della situazione, mentre l’emoglobina glicata “fa un video” degli ultimi mesi.

Per approfondire, leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Differenza tra pacemaker e defibrillatore ICD

MEDICINA ONLINE CUORE HEART INFARTO MIOCARDIO NECROSI ATRIO VENTRICOLO AORTA VALVOLA POMPA SANGUE ANGINA PECTORIS STABILE INSTABILE ECG SFORZO CIRCOLAZIONELa prima cosa che bisogna conoscere è la sigla con la quale vengono designati i dispositivi: il pacemaker viene chiamato PM, il defibrillatore ICD un l’acronimo inglese (Implantable cardioverter-defibrillator – defibrillatore cardiaco impiantabile). Entrambi possono essere mocamerali (con un solo elettrocatetere); bicamerali (con due elettrocateteri); biventricolari (con tre elettrocateteri), e in questo caso servono per cercare di resincronizzare l’attività elettrica del cuore (CRTCardiac resynchronization therapy ).

Qual’è la differenza tra un pacemaker e un defibrillatore?

Il pacemaker è uno strumento elettronico capace di monitorare il battito del nostro cuore e di erogare un impulso elettrico se rileva una frequenza bassa o molto bassa. In pratica serve per risolvere quei blocchi cardiaci che causano una bradicardia patologica (ritmo cardiaco molto lento, causa di vertigini o svenimenti).

Il defibrillatore ICD, oltre ad essere un pacemaker a tutti gli effetti, e quindi con la capacità di regolare i ritmi lenti del cuore, può riconoscere una aritmia cardiaca a ritmi elevati ed iniziare una terapia elettrica per risolverla prima che diventi pericolosa per il paziente.
La modalità ATP (Anti Tachi Pacing) spesso riesce a risolvere la tachicardia ventricolare senza che il paziente lo avverta. Nei casi di aritmia ventricolare più pericolosi, il defibrillatore eroga uno shock (una scarica elettrica) che azzera l’attività del cuore e consente il ripristino del ritmo naturale. In questo caso il paziente avverte un colpo, una scossa più o meno forte al centro del petto o una sensazione simile.

Semplificando: il pacemaker ripristina un ritmo cardiaco normale quando esso è troppo lento, il defibrillatore lo ripristina quando è troppo lento e quando è molto alterato (come nel caso di tachicardia ventricolare, cioè arresto cardiaco potenzialmente mortale).

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Differenza tra infarto ed ischemia

MEDICINA ONLINE CUORE HEART INFARTO MIOCARDIO NECROSI ATRIO VENTRICOLO AORTA VALVOLA POMPA SANGUE ANGINA PECTORIS STABILE INSTABILE ECG SFORZO CIRCOLAZIONECon “ischemia” si intende una diminuzione – parziale o totale – dell’apporto di sangue a una regione di un organo o a un tessuto causata da un problema cardio-circolatorio di varia natura. Conseguentemente a questo fenomeno, le cellule non ricevono l’ossigeno nella quantità necessaria, provocando diversi danni la cui entità dipende, ad esempio, dall’area del corpo colpita e dalla durata dell’ischemia. Gli organi più sensibili in tal senso sono ad esempio il cuore e l’encefalo: nel primo caso si può assistere a un’ischemia del miocardio, il tessuto muscolare del cuore, nel secondo caso si può verificare un ictus ischemico. Maggiore è il tempo durante il quale il tessuto è colpito da tale fenomeno, minore sarà la possibilità di recupero: per questo è fondamentale riuscire a riconoscere tempestivamente i sintomi di un’ischemia per poter intervenire il prima possibile. A livello cellulare, l’effetto che si manifesta è il rallentamento o l’interruzione della catena respiratoria, con il conseguente accumulo di sostanze quali l’acido lattico (per attivazione della glicolisi anaerobia) fino ad arrivare al disequilibrio della distribuzione ionica e necrosi cellulare. Tra le cause più frequenti di ischemia si ricordano l’aterosclerosi, l’embolia e la vasocostrizione prolungata.

L’infarto è un danno permanente a un tessuto causato da un’ischemia prolungata: si assiste alla necrosi (cioè la morte) dell’area colpita, che quindi non potrà più recuperare le proprie funzioni: se l’individuo colpito da infarto riesce a sopravvivere, infatti, il tessuto necrotico verrà sostituito naturalmente da tessuto cicatriziale connettivo. L’infarto più comune è quello a carico del miocardio, provocato dall’occlusione di un’arteria coronaria e dalla conseguente ipossia che colpisce la regione irrorata dal vaso ostruito. I fattori di rischio alla base di questo episodio sono ad esempio l’ipertensione e le dislipidemie (ossia la presenza di valori elevati in modo particolare di colesterolo totale, LDL e trigliceridi nel sangue). L’esame clinico più frequente per tenere sotto controllo l’attività cardiaca e valutare l’estensione dell’infarto è l’ECG (Elettro Cardio Gramma). L’infarto del miocardio può manifestarsi in maniera silente, senza quindi causare particolari sintomi macroscopici, oppure in maniera estremamente devastante in tempi brevissimi, causando la morte cardiaca improvvisa. Esistono poi altri tipi di infarto, come per esempio quello cerebrale (o ictus ischemico), i cui sintomi più comuni sono una pesante debolezza, l’emiparesi, la difficoltà nel parlare e la confusione.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Chetosi: cos’è, da cosa è causata, sintomi e terapia in adulti e bambini

MEDICINA ONLINE LABORATORIO BLOOD TEST EXAM ESAME DEL SANGUE FECI URINE GLICEMIA ANALISI GLOBULI ROSSI BIANCHI PIATRINE VALORI ERITROCITI ANEMIA TUMORE CANCRO LEUCEMIA FERRO FALCIFORME MLa chetosi o acetonemia (termine più conosciuto nella manifestazione infantile) è il sintomo di un alterato metabolismo degli acidi grassi. La chetosi fisiologica o alimentare si manifesta durante il digiuno prolungato (dopo 2-3 giorni) e durante una privazione di carboidrati alimentari a lungo termine. La chetosi patologica o diabetica si manifesta prevalentemente nei pazienti diabetici.

Eziologia

La causa della chetosi è da ricercare in pazienti con un alterato metabolismo del glucosio che porta ad una prolungata ipoglicemia, compensata da un’eccessiva gluconeogenesi che sfrutta gli intermedi del ciclo di Krebs, bloccandone l’attività. Questi eventi si manifestano:

  • durante il digiuno prolungato;
  • durante un regime dietetico con privazione di carboidrati;
  • nelle infezioni
  • nell’abuso di alcol
  • nello stress emozionale
  • nella pancreatite
  • nelle emorragie gastrointestinali
  • nella infusione e.v. di destrosio
  • in gravidanza.

Patogenesi e quadro patologico

La chetogenesi, principale causa dei segni della chetosi, è dovuta alla formazione dei corpi chetonici, composti derivati dagli acetil-CoA, i quali non possono proseguire il ciclo di Krebs per la mancanza dei suoi intermedi, quali l’ossalacetato. La formazione di corpi chetonici, sintetizzati per reazione di almeno 3 acetil-CoA, comporta il risparmio del Coenzima A, necessario all’attivazione degli stessi acidi grassi. I corpi chetonici, così formati, viaggiano nel sangue. Uno di questi, l’acetone, molto volatile, si libera a livello degli alveoli e conferisce all’alito del paziente affetto da chetosi il caratteristico odore.

Patogenesi nel paziente diabetico

La bassa concentrazione ematica di insulina, insieme con la presenza di ormoni controregolatori (glucagone), provoca:

  • un’aumentata gluconeogenesi epatica;
  • un’aumentata proteolisi;
  • una minore utilizzazione periferica di glucosio.

Questi eventi portano alla iperglicemia, dunque alla glicosuria, con conseguente diuresi osmotica, perdita di elettroliti e ipovolemia.

  • un’aumentata lipolisi, con aumento dei NEFA ematici e dei corpi chetonici.

La presenza di corpi chetonici comporta una forte diminuzione della riserva alcalica, che, unita all’insufficienza renale dovuta all’ipovolemia, porta all’acidosi. La triade “chetosi, iperglicemia, acidosi” viene chiamata nel diabetico Chetoacidosi diabetica o DKA.

Leggi anche:

Patogenesi nel bambino

La chetosi nel bambino è detta acetone e, se non è dipendente dal diabete, è una manifestazione benigna che si accompagna a malattie febbrili, shock emotivi oppure al digiuno, tutte condizioni che si manifestano frequentemente nel bambino, il cui equilibrio metabolico è più delicato che nell’adulto. Si può inoltre considerare concausa dell’acetonemia una alimentazione errata, che preveda l’uso eccessivo di grassi e fritti.

Anatomia Patologica

La connessione tra la chetoacidosi diabetica e lo stesso diabete, comporta l’identità del quadro anatomo-patologico. A causa della natura prettamente biochimica e transitoria della chetosi nel bambino, non vi sono manifestazioni anatomo-patologiche considerevoli.

Sintomi e terapia

Occorre distinguere i segni e sintomi nel paziente diabetico/critico e nel bambino. La distinzione si ha anche nel trattamento.

Paziente con Chetoacidosi Diabetica

Nota: la chetoacidosi è l’abbassamento del pH nel sangue a seguito dell’aumento di concentrazione di acido acetoacetico, acetone, e acido beta-idrossibutirrico, prodotti dalla biosintesi epatica di glucosio a partire da acidi grassi.

  • Sintomi: stanchezza, malessere generale, poliuria, sete, polidipsia, crampi, aritmie cardiache, sonnolenza, perdita di peso, bradipnea.
  • Segni: disidratazione, ipotensione, anomalie ECG, disfunzioni cerebrali, perdita della massa muscolare, Respiro di Kussmaul.

Terapia

  1. Reidratazione
  2. Somministrazione di insulina
  3. Somministrazione di potassio
  4. Infusione di glucosio

Bambino con chetosi infantile

Il quadro clinico è caratterizzato da rifiuto del cibo e vomito, che in casi estremi può portare alla disidratazione e provocare senso di malessere generale, come dolori addominali o cefalee, accompagnato da lingua asciutta e patinosa, respiro profondo e frequente. La crisi è di solito rapida e questi sintomi durano dalle 24 alle 48 ore.

Terapia: Il bambino deve essere reidratato con continuità, ma senza eccessi. L’utilizzo dei succhi di frutta è consigliato, poiché ricchi di acqua e zuccheri, utili per eliminare i corpi chetonici. Per prevenire una nuova comparsa di chetosi occorre nutrire il bambino con alimenti ricchi di fibre e carboidrati complessi, la cui digestione comporta un rilascio graduale e duraturo di glucosio nell’intestino (pasta, cereali, pane).

Esame Obiettivo ed Esami di Laboratorio

La diagnosi di DKA è immediata, dato il forte odore di aceto dell’alito. Tuttavia un esame dell’urine (anche su stick rapido) è in grado di accertare la presenza della malattia e di valutare la concentrazione dei corpi chetonici e del glucosio. È necessario eseguire l’ECG per valutare la funzionalità cardiaca, spesso compromessa, e analisi approfondite quali azotemia e creatininemia per valutare la funzionalità renale. La chetosi nel bambino, manifesta grazie all’odore di frutta dell’alito, è solitamente accompagnata da febbre; benché questi segni sono sufficienti per un esame obiettivo, strisce reattive ai corpi chetonici nell’urine possono essere utilizzate per la diagnosi certa.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Qual è il volume totale del sangue (volemia) nel corpo umano?

MEDICINA ONLINE GLICEMIA INSULINA SANGUE DIFFERENZA CONCENTRAZIONE ORMONE PIASTRINE GLOBULI ROSSI BIANCHI GLUCAGONE TESTOSTERONE ESTROGENI PROGESTERONE CUORELa volemia (volume totale del sangue, quindi sia del plasma sia degli elementi figurati) normale degli esseri umani corrisponde a 77 ml/Kg di peso corporeo (può essere lievemente inferiore in anziani ed obesi) e si può calcolare partendo dall’ematocrito e dal volume del plasma.

Leggi anche:

Lo Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Indici corpuscolari MCV, MCH, MCHC, RDW: cosa sono ed a che servono

MEDICINA ONLINE BLOOD TEST EXAM ESAME DEL SANGUE ANALISI CLINICHE GLOBULI ROSSI BIANCHI PIATRINE VALORI ERITROCITI LEUCOCITI ANEMIA TUMORE CANCRO LEUCEMIA FERRO FALCIFORME MEDITERRANEA EMOGLOBINA TALASSEMIA INDICI CORPUSCOL.jpgGli indici corpuscolari sono rappresentati dal volume cellulare medio (mean cell volume, MCV), dal contenuto cellulare medio di emoglobina (mean cell hemoglobin, MCH) e dalla concentrazione cellulare media di emoglobina (mean cell hemoglobin concentration, MCHC). Essi sono largamente utilizzati nella classificazione delle anemie, mentre la concentrazione dell’emoglobina e l’ematocrito sono indici comunemente utilizzati per esprimere la loro gravità. Questi due parametri sono infatti vincolati da un rapporto costante: una unità di emoglobina, in grammi per decilitro, è equivalente a tre unità di ematocrito, in punti percentuali. Questo rapporto può modificarsi quando, per esempio, compaiono in circolo eritrociti di dimensioni o forme anormale, oppure quando la produzione di emoglobina diminuisce.

MCV (volume corpuscolare medio)

L’MCV è il volume corpuscolare medio dei globuli rossi.

Valori nella norma: 76.0 – 96.0 fl.

L’MCV basso può essere dovuto a:

  • anemia da carenza di ferro;
  • talassemia;
  • emoglobinopatie;
  • morbo di Cooley;
  • tumori maligni.

L’MCV alto può essere dovuto a:

  • enteriti;
  • anemia megaloblastica;
  • sferocitosi;
  • metastasi;
  • alcolismo.

Leggi anche:

MCH (contenuto corpuscolare medio emoglobina)

Questo valore è calcolato automaticamente dai conta cellule elettronici, ma può essere ricavato conoscendo il numero di globuli rossi e la concentrazione dell’emoglobina. L’MCH è espresso in picogrammi e può essere calcolato dividendo la quantità di emoglobina (per litro di sangue) per il numero di eritrociti (per litro). I valori normali sono compresi tra 26 e 32 picogrammi (pg = 10-12 grammi; pg = μμg = micromicrogrammo)

MCHC (concentrazione cellulare media di emoglobina)

Anche questo parametro viene calcolato dal contatore elettronico di cellule una volta che sia stata misurata l’emoglobina e calcolato l’ematocrito. La MCHC si può calcolare manualmente dividendo il valore di emoglobina/dl  per l’ematocrito. I valori di riferimento sono 32-36%. Il volume (MCV) ed il contenuto emoglobinico (MCH) delle singole cellule sono parametri importanti ai fini della valutazione delle anemie e delle altre patologie ematologiche. Rispetto al volume, la cellula può essere definita:

  • normocitaquando l’MCV è normale;
  • microcitaquando l’MCV è più basso del normale;
  • macrocitaquando l’MCV è più alto del normale.

Il grado di emoglobinizzazione delle cellule può essere apprezzato misurando l’MCH; di conseguenza, le cellule saranno definite normocromiche od ipocromiche a seconda che l’MCH sia, rispettivamente, nei limiti della norma o più basso del normale. Alcune malattie sono associate alla presenza di eritrociti anomali di dimensioni variabili, da molto piccoli a molto grandi. Questa variabilità non è evidenziabile quando si calcola la media dei valori, e ne può risultare un MCV falsamente normale. Sarà allora un altro esame, chiamato esame morfologico dello striscio di sangue periferico, che rivelerà questa alterazione, che comunque può essere quantificata dal contacellule elettronico come:

RDW (ampiezza della curva di distribuzione degli eritrociti)

Il valore normale è compreso tra 11,6% e 14,6%; valori più alti indicano presenza di un’ampia variabilità delle dimensioni delle cellule. Esso è tanto più alto quanto maggiore è il distacco dalla norma. Per quanto riguarda il contenuto di emoglobina degli eritrociti, bisogna ricordare che la concentrazione emoglobinica presenta notevoli variazioni a seconda dell’età del soggetto. Alla nascita, per esempio, i valori sono più elevati che in qualsiasi altro periodo della vita e diminuiscono bruscamente nel periodo immediatamente successivo. Un valore di 10-11 g/dl è normale per un neonato di 3 mesi.

 

 

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Differenza tra miocardio comune (di lavoro) e specifico (di conduzione)

MEDICINA ONLINE CUORE SANGUE CIRCOLAZIONE ATRIO VENTRICOLO SINISTRA DESTRA DIFFERENZA HEART HUMAN VALVOLE CARDIACHE AORTA VASI VENE ARTERIEIl miocardio è lo strato più spesso della parete cardiaca ed è composto dal cosiddetto “miocardio di lavoro o comune o proprio”, cioè la parte pulsante che contraendosi spinge il cuore, e dal “miocardio di conduzione o specifico”, ovvero la parte che trasmette l’impulso di contrazione lungo il cuore e permette ad atri e ventricoli di contrarsi in modo fisiologicamente asincrono.

Miocardio di lavoro o comune o proprio

Il miocardio di lavoro è costituito da cellule di misura intermedia tra quelle che compongono nel corpo umano il muscolo striato e quelle proprie dei muscoli lisci; ognuna di queste cellule è avvolta in una fitta rete di capillari che le garantisce un corretto (ed abbondante) apporto di ossigeno. I miocardiociti (cioè le cellule muscolari che compongono il miocardio) sono connessi tra loro da due tipi di giunzioni che permettono da una parte un forte legame e dall’altra un buon livello di comunicazione tra le cellule; si dice così che le cellule del miocardio agiscano come un “sincizio funzionale” (un sincizio è la fusione di più cellule, mentre con il termine funzionale si va a sottolineare che in questo caso le cellule non sono fuse tra loro ma “funzionalmente” si comportano come se lo fossero). A livello delle auricole cardiache, i miocardiociti presentano, oltre all’attività contrattile, anche un’attività di tipo endocrino, cioè secretivo: quando il cuore viene stirato da un eccessivo volume di sangue, le cellule delle auricole lo percepiscono e secernono una sostanza chiamata peptide natriuretico atriale (ANP), che favorisce l’espulsione di sodio ed acqua nelle urine e ha lo scopo di ripristinare la corretta volemia, cioè il corretto volume di sangue circolante nell’organismo.

Miocardio di conduzione o specifico

Il miocardio di conduzione (o miocardio specifico) è costituito da una serie di cellule capaci di creare e condurre l’impulso: le cellule P che compongono i nodi, le cellule di transizione (poste alla periferia dei nodi) e le cellule di Purkinje, cioè le cellule diramate e filamentose che rappresentano la parte terminale del sistema di conduzione cardiaco. Il sistema di conduzione comprende:

  • nodo seno-atriale;
  • nodo atrioventricolare;
  • diramazione intraventricolari del nodo atrioventricolare.

Oltre alla conduzione e alla distribuzione dello stimolo contrattile il sistema di conduzione del cuore è responsabile dell’insorgenza dello stimolo contrattile: l’automatismo cardiaco.

Leggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram, su YouTube, su LinkedIn, su Tumblr e su Pinterest, grazie!

Talassemia: cos’è, sintomi, cure, differenti tipi ed alimentazione

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medicina Chirurgia Estetica Benessere Dietologia Sessuologia Ecografie Anemia da carenza di ferro cause, sintomi e cureNella talassemia l’organismo si trova a sintetizzare una forma anomala di emoglobina. Quest’ultima è una proteina contenuta nei globuli rossi e che svolge un ruolo importante per il trasporto dell’ossigeno. Nei soggetti affetti dalla malattia i globuli rossi vanno incontro ad un processo di distruzione, provocando l’anemia. Ecco perché la patologia è chiamata anche anemia mediterranea. Fra i sintomi si notano anche l’affaticamento, un deficit della crescita, un senso di irritabilità e l’ittero. Non ci sono cure, in termini di farmaci in grado di cambiare il decorso della malattia. Si deve fare ricorso alle trasfusioni di sangue o al trapianto del midollo osseo.

I sintomi
Fra i sintomi della talassemia più caratteristici c’è di certo l’anemia. Inoltre i soggetti vanno incontro facilmente ad un senso di affaticamento, ad un’alterazione dell’umore, che si manifesta sotto forma di irritabilità. Le altre manifestazioni sintomatologiche sono costituite da deficit della crescita, ittero e urine scure.
Nei casi più gravi si possono avere delle vere e proprie deformità ossee, che interessano soprattutto la faccia e il cranio. Inoltre si può soffrire di una certa fragilità ossea, aumentando il rischio di andare incontro alle fratture.
E’ possibile che nei pazienti si verifichi un accumulo di ferro, anche a causa delle trasfusioni a cui si deve fare ricorso. Inoltre si può manifestare un fenomeno di splenomegalia, un aumento del volume della milza.

Leggi anche:

Le tipologie
Esistono differenti tipologie di talassemia. Nella forma alfa sono implicati diversi geni, fino ad un totale di 4. La gravità della patologia è strettamente collegata al numero dei geni coinvolti: più essi sono, più gravi sono le conseguenze.
Se è coinvolto un solo gene, non si hanno sintomi, ma si è portatore sano: la malattia può essere trasmessa ai figli. Nella forma minor vengono coinvolti due geni, con una sintomatologia lieve. Drammatico è l’esito nel caso dell’implicazione di 4 geni (forma alfa major): il neonato in genere muore prima di nascere o subito dopo il parto.
Si parla di talassemia beta, quando sono coinvolte le catene beta del cromosoma 11. Si deve operare, anche in questo caso, una distinzione tra una forma minor (coinvolgimento di un gene) e di una major (coinvolgimento di due geni). Nella prima ci sono solo sintomi lievi, nella seconda il quadro è più severo e si manifesta circa all’età di due anni.

Le cure
Nonostante tutti i progressi della scienza medica, non esistono delle cure per la talassemia, in quanto essa è una malattia ereditaria. Non è disponibile un farmaco per mutare le condizioni implicate nella produzione della forma anomala di emoglobina. L’unica possibilità che può essere presa in considerazione consiste nel trapianto del midollo osseo. In ogni caso questo è consigliato solo nei casi più gravi, quando l’organismo è soggetto a disfunzioni dalle mille complicanze.
In alternativa ci si deve sottoporre regolarmente a delle trasfusioni di sangue. Tutto ciò comunque può far aumentare il livello di ferro e quindi è opportuno servirsi di una terapia specifica con farmaci adeguati.

L’alimentazione
L’alimentazione in caso di talassemia deve essere sana. In particolare si dovrebbe prestare attenzione a non consumare cibi troppo ricchi di ferro, come, ad esempio, la carne rossa. Teniamo presente che, in linea generale, la dose di ferro raccomandata al giorno è pari a 18 mg. Ecco perché si deve leggere bene l’etichetta dei vari cibi.
Una regola consigliabile è quella di bere durante i pasti, perché esso è in grado di diminuire l’assorbimento intestinale del ferro. I cibi da evitare sono: fegato, carne di maiale e bovina, fagioli, cereali, ostriche e burro di arachidi.
Da ridurre anche il consumo dei seguenti ortaggi: verdure a foglia verde, spinaci, prugne, anguria, broccoli, piselli, fave.

Leggi anche:

Lo Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!