Differenza tra grassi animali e vegetali

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Specialista in Medicina Estetica ASSUMI VITAMINA D SINTOMI CARENZA CIBI  Roma Cavitazione Pressoterapia Linfodrenante Dietologo Cellulite Calorie Pancia Sessuologia Sesso Pene Laser Filler Rughe Botulino 1Tutti i grassi sono costituiti da molecole organiche non solubili in acqua, con un alto potere energetico, pari a circa 9 kcal per grammo. I grassi hanno diversa origine:

  • grassi vegetali, ottenuti dalla spremitura di frutti o semi vari;
  • grassi di origine animale, come il burro, la panna e lo strutto.

Gli acidi grassi vegetali si differenziano dai grassi animali per un semplice motivo: sono insaturi, mentre i grassi animali sono saturi. Questo significa che gli acidi grassi vegetali presentano dei doppi legami all’interno della molecola ed a temperatura ambiente sono liquidi; le molecole dei grassi animali presentano solo legami semplici nelle molecole e a temperatura ambiente sono solidi.
Il motivo per cui le catene dei grassi animali sono più lunghe si ricongiunge sempre a questo motivo; infatti la presenza del doppio legame nei grassi insaturi crea delle ramificazioni che “accorciano” la catena. I grassi animali sono solidi perché la presenza di legami semplici permette l’impacchettamento delle molecole e la formazione di una struttura più compatta; al contrario i grassi vegetali avendo queste ramificazioni dovute ai doppi legami non possono creare queste strutture compatte.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo

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Differenza tra indice glicemico e insulinico

MEDICINA ONLINE MANGIARE TIPI DI ZUCCHERO INTEGRALE CANNA FRUTTA MAGRA DIABETE CALORIE GLICEMIA RICETTA INGRASSARE DIMAGRIRE INSULINA GLICATA COCA COLA ARANCIATA THE BERE ALCOL DIETA CIBLa risposta dell’ormone insulina non sempre segue la risposta della glicemia dopo l’assunzione di un alimento o di un pasto. L’indice insulinico nasce per esprimere l’effetto di un dato alimento sui livelli ematici di insulina (insulinemia).
Conoscere le ripercussioni che i cibi hanno sull’insulinemia è fondamentale nella gestione dei pazienti che soffrono di diabete, obesità, sindrome metabolica e nella prevenzione di tali patologie. Dopo tante informazioni sull’indice glicemico e il carico glicemico (IG e CG) nei prossimi anni occorrerà abituarsi a fare i conti anche con l’indice insulinico (II) soprattutto in caso di diabete di tipo 2, obesità e sindrome metabolica. Questo parametro, da un lato è complementare all’indice glicemico, dall’altro ne rappresenta l’evoluzione, considerato che permette di completare il quadro di ciò che accade dopo l’ingestione di un alimento e di un pasto.

Cos’è l’indice insulinico?
L’indice insulinico è il parametro per determinare quanto aumentano i livelli di insulina nel sangue in seguito all’assunzione di un dato alimento.

  • Gli alimenti ad alto indice insulinico fanno aumentare notevolmente la concentrazione di insulina nel sangue.
  • Gli alimenti a basso indice insulinico non influenzano in maniera significativa la secrezione di questo ormone da parte del pancreas.

L’indice viene misurato valutando gli alimenti a parità di contenuto calorico (porzione isocalorica), pari a 239 kcal. Dato che un alimento è costituito da diverse componenti nutrizionali, l’indice insulinico vuole proprio indicare come la sinergia di tali nutrienti può influenzare il rilascio di insulina.

Perché usare l’indice insulinico?
Avere un indice fisiologico basato sull’effettiva risposta insulinica a una porzione isocalorica di cibo è più preciso che determinare tale risposta in maniera indiretta in funzione della curva glicemica. Inoltre con l’indice insulinico è possibile paragonare gli effetti di pasti misti dal simile valore calorico sull’insulinemia determinando il diverso contributo dei macronutrienti che costituiscono il pasto e non solo sulla base del conteggio dei carboidrati.

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Indice insulinico e indice glicemico: quale correlazione?
Si può sempre dire che un alimento ad alto indice glicemico sia anche un alimento dotato di indice insulinico elevato?
I primi studi sulla correlazione tra livelli glicemici e insulinici postprandiali hanno evidenziato come esista, per la maggior parte degli alimenti, una forte correlazione tra i due indici. Un alimento ad alto indice glicemico scatena un rilascio di insulina maggiore. Però sono emersi casi dove l’andamento non è sempre di questo tipo. Ci sono alimenti che innalzano l’insulinemia in maniera sproporzionatamente maggiore rispetto a quanto si attende dall’indice glicemico e dalla quantità di carboidrati assunti. Questo effetto è dovuto alla diversa combinazione di nutrienti all’interno dell’alimento e non solo alla quantità dei carboidrati presenti. Si ritiene infatti che l’impatto dei macronutrienti sulla secrezione di insulina sia dovuta per il 90%-100% daicarboidrati (glucidi), intorno al 50% dalle proteine (protidi) e per il 10% dai grassi (lipidi). Detto in altri termini ciò vuol dire che le proteine e i grassi, quando presenti nell’alimento e/o nel pasto, causano un aumento della secrezione dell’insulina maggiore a quanto atteso dall’innalzamento della glicemia postprandiale. I meccanismi biochimici non sono ancora stati chiariti anche se si inizia a comprendere quali siano gli effetti di alcuni nutrienti. Tali effetti si osservano in risposta a singoli alimenti ma anche in risposta ad un intero pasto, introducendo così il concetto di carico insulinico (CI) analogo al carico glicemico.

Insulina e proteine
Le proteine sono costituite da combinazioni diverse di 20 aminoacidi, alcuni di questi arginina, lisina, leucina e valina sembrerebbero avere la capacità di aumentare la secrezione di insulina. Anche se le proteine possono stimolare la produzione di insulina il loro potere insulinogenico all’interno di un pasto dipenderà dal mix di aminoacidi e dalla presenza o meno di carboidrati.
Che le proteine siano in grado di determinare una risposta insulinica non deve spaventare. La natura non fa nulla per caso, tale risposta è necessaria per alcuni importanti processi fisiologici. Ma c’è una domanda alla quale occorre dare una risposta alla luce di questi studi e per evitare il protrarsi di un’abitudine alimentare scorretta e pericolosa per la salute per tanti anni. Qual è l’associazione peggiore tra alimenti contenenti carboidrati e alimenti contenenti proteine? In altre parole quali sono gli alimenti ricchi di proteine con un elevato indice insulinico? Stando agli studi condotti fino ad oggi gli alimenti proteici che determinano una notevole risposta insulinica sono latte, yogurt e latticini, contenenti le proteine della frazione del siero del latte. Questi alimenti possono incrementare notevolmente la risposta insulinica (dalle 3 alle 6 volte rispetto all’atteso). Quando sono associati in un pasto con alimenti ricchi di carboidrati e con elevato indice glicemico possono generare una risposta iperinsulinica sproporzionata.
Alcuni studi hanno evidenziato che in soggetti affetti da diabete mellito di tipo 2 diverse fonti proteiche associate con una stessa quantità di carboidrati possono aumentare l’insulinemia fino anche al 360%.
In soggetti sani, un alto consumo di latte a breve periodo determina un aumento dei livelli di insulina e di insulino-resistenza al contrario della carne.
Alla luce di questi studi un’alimentazione che superi le porzioni indicate dalle linee guida alimentari è sconsigliata ed è da moderare il consumo abitudinario di pasti in cui si abbia una loro associazione con alimenti ricchi di carboidrati (latte e biscotti a colazione, una pizza, un piatto di caprese accompagnato da pane bianco, lasagne al forno).

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Insulina e grassi
L’assunzione di trigliceridi, acidi grassi liberi e chetoni da soli hanno un effetto trascurabile sul rilascio di insulina ma se i lipidi sono presenti insieme ad una quota di carboidrati allora si osserva una riduzione dei valori glicemici e un aumento dei valori di insulina rispetto all’assunzione della stessa quota di carboidrati da sola. Il potenziamento della risposta insulinica osservata in questi studi è coerente con l’instaurarsi di insulino-resistenza in soggetti sottoposti a diete ricche di grassi e povere di carboidrati evidenziata in altri studi. In questo caso la sproporzione maggiore tra insulina rilasciata e risposta attesa in funzione del carico glicemico si ha con le merendine, i prodotti di pasticceria e i dolciumi ricchi di grassi.

Insulina e alimenti industriali
I cibi industriali stimolano in maniera spropositata la secrezione di insulina rispetto al loro indice glicemico a causa del loro mix nutrizionale fatto spesso di zuccheri semplici, grassi saturi e/o idrogenati ed eventuale presenza di latte. Tra tutti spiccano i biscotti, i gelati, i prodotti di pasticceria, i croissant, le barrette dolci, le merendine, le torte confezionate, le creme spalmabili.
Una citazione a parte meritano i prodotti a base di cioccolato (cacao in polvere). Prendendo in considerazione uno stesso prodotto industriale e variando solo l’aroma (es. vaniglia-cacao), sebbene l’indice glicemico fosse uguale, è stato riscontrato un indice insulinico sempre maggiore nel prodotto al cacao con una media di +28%.

Insulina e pasto misto
Il pasto misto contenente anche carboidrati risulta scatenare una risposta iperinsulinemica, fino anche a 7 volte maggiore rispetto all’ingestione di soli carboidrati.
Questo non vuole dire che occorre organizzare i pasti in monopiatti ma sicuramente occorre ripensare alle associazioni che si fanno in tavola e non solo alla quantità e qualità dei carboidrati assunti. Un pasto completo e bilanciato resta senza dubbio il più indicato ma deve essere basato su un consumo elevato di verdure/ortaggi capaci di saziare, di abbassare la quantità di calorie assunte e migliorare la risposta insulinica, una piccola porzione di glucidi e una piccola porzione di proteine; il tutto commisurato al proprio stile di vita.

Insulina e prima colazione
La classica prima colazione al bar con cappuccino e brioche o latte macchiato e brioche ha un effettoiperinsulinizzante e ipoglicemizzante scatenato dall’azione sinergica di farina raffinata, zucchero semplice,grassi idrogenati e latte. Effetti analoghi si riscontrano in una colazione dolce a base di latte zuccherato e biscotti e/o pane, burro e marmellata con latte zuccherato.

Conclusioni
Dato che la richiesta di insulina esercitata dai cibi è importante per la salute a lungo termine per descrivere tali effetti l’indice glicemico è attualmente il parametro da prendere maggiormente in considerazione in virtù dei tanti studi dedicati, della sua diffusione nella “cultura popolare”, per la presenza di tabelle dettagliate da poter utilizzare e per aver constatato che la maggior parte dei cibi hanno una proporzione diretta tra indice glicemico e indice insulinico.
Fino a quando gli studi sull’indice insulinico non saranno completi esso può essere usato per integrare le informazioni basate sull’indice glicemico, soprattutto per alcuni alimenti e per il modo con cui essi devono essere associati.

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Differenze tra acido alfa lipoico ed acido linoleico coniugato

MEDICINA ONLINE INTEGRATORE ALIMENTARE DIETA DIETARY SUPPLEMENT COMPLEMENT ALIMENTAIRE SUPLEMENTO DIETETICO NahrungsergänzungsmittelL’acido alfa lipoico (ALA) è un antiossidante che ha il potere di aiutare a pulire il fegato e aiutare a prevenire eventuali potenziali malattie connesse ad esso. La ricerca è ancora in corso, ma ci sono diversi studi che hanno fatto riferimento all’acido alfa lipoico come efficace per: diabete, intorpidimento delle gambe e delle braccia, perdita di memoria, sindrome da stanchezza cronica (CFS), l’HIV / AIDS, cancro, malattie del fegato, malattie di cuore e dei vasi sanguigni, la malattia di Lyme, disturbi correlati agli occhi, quali: danni alla retina, cataratta, glaucoma, e una malattia chiamata morbo di Wilson. L’acido alfa lipoico sembra aiutare a prevenire alcuni tipi di danno cellulare nel corpo, e ripristina anche i livelli di vitamina E e Vitamina C. Vi è anche un’evidenza scientifica, che l’acido alfa lipoico possa migliorare la funzione e la conduzione di neuroni nei diabetici. Essendo un potente antiossidante, l’acido alfa lipoico aiuta anche a liberare il corpo dalla maggior parte dei radicali liberi; i radicali liberi sono ritenuti responsabili del danneggiamento delle cellule e di accelerare la progressione del cancro, malattie cardiovascolari e altri disturbi legati all’età. Nella pesistica è utile assumere l’acido alfa lipoico perché aiuta ad assorbire e ripartire l’eccesso di carboidrati di un pasto e sintetizzarli direttamente nei muscoli – alcuni definiscono questo processo semplicemente come blocco dei carboidrati, lo utilizzano durante il loro ciclo di perdita di peso. Lievito, fegato, rene, spinaci, broccoli e patate sono tutte buone fonti di acido alfa lipoico, ma se si vuole potenziare questi livelli, occorre assumere l’acido alfa lipoico sotto forma di capsule.

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Acido linoleico coniugato (CLA). Se non volete assumere la carne rossa per il suo contenuto di grassi saturi o per altri motivi, potete trovare questo potente acido grasso anche nell’olio di girasole / olio di cartamo, carni bovine e prodotti lattiero-caseari, che è stato collegato alla gestione del peso corporeo a lungo termine e al miglioramento della salute. Questo potente nutriente antiossidante è chiamato acido linoleico coniugato o CLA. Come antiossidante, il CLA può potenzialmente avere proprietà anticancro. Recenti studi hanno dimostrato che le donne che ottengono buone dosi di CLA attraverso le loro diete, hanno un minor rischio di cancro del colon-retto e possono anche avere un minor rischio di cancro al seno. Il CLA sembra avere effetti positivi sull’abbassare il colesterolo cattivo LDL, il trattamento della pelle secca e la sclerosi multipla. Anche se non c’è una dose standard per il CLA, solitamente i dosaggi variano da 1 grammo a 3,4 grammi al giorno, che sono dosaggi molto più elevati rispetto alla quantità di CLA trovati in una tipica dieta. In termini di benessere, la ricerca sugli esseri umani ha dimostrato che il CLA è stato utile nel ridurre il grasso corporeo, con miglioramento ancora maggiore in coloro che combinano esercizio fisico con assunzione alimentare regolare di CLA. La ricerca sugli animali è stata ancora più promettente, con significativi miglioramenti osservati in entrambi per ridurre il grasso corporeo e aumentare la massa corporea magra. Precedenti studi hanno dimostrato che il CLA riduce il grasso corporeo, preservando il tessuto muscolare, inoltre può anche aumentare il tasso metabolico. Un recente studio pubblicato, ha scoperto che le persone che hanno preso 3,2 grammi di CLA al giorno hanno avuto un calo di circa 900 gr di grasso corporeo a settimana, con un moderato esercizio fisico.

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Quale dei due integratori preferire?
Collettivamente, noi sappiamo che entrambi questi acidi, l’acido alfa lipoico e l’acido linoleico coniugato, sono potenti antiossidanti che senza dubbio hanno un enorme impatto benefico sulla salute non solo per i trattamenti contro il cancro, ma anche molti altri aspetti sulla forma fisica che verranno scoperti in futuro. Combinato con un programma alimentare salutare ed un moderato esercizio fisico, il consumo di uno o entrambi questi integratori regolarmente, può dare una possibilità di riuscita al vostro intento di perdere peso. Per quanto riguarda quale dei due è meglio, non c’è purtroppo una risposta netta: sperimentate voi stessi quale avvertite funzionare meglio nel caso vogliate sceglierne uno solo.

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Differenza tra maculopatia secca ed umida

MEDICINA ONLINE RETINA DISTACCO FOVEA MACULA UMOR PUPILLA IRIDE ANATOMIA CONI BASTONCELLI VISTA CHIASMA CERVELLO NERVO OTTICO CELLULELa maculopatia, o degenerazione maculare, è un termine che racchiude diverse patologie degenerative che danneggiano progressivamente la macula, cioè la zona più ricca di fotorecettori che si trova al centro della retina e che permette di distinguere i dettagli più fini delle immagini. Le parti più esterne della retina ci permettono invece di vedere tutto ciò che si trova intorno al punto che stiamo fissando. Per questo motivo, anche nei casi più gravi, la degenerazione maculare non provoca cecità totale perché la visione periferica e laterale viene conservata. Chi è affetto da patologia maculare accusa una perdita di visione al centro del campo visivo (scotoma positivo), da non confondere con la visione di una macchia nera nella zona centrale del campo visivo (scotoma negativo), come denunciato da pazienti colpiti da neurite ottica. Altro sintomo comune nelle maculopatie è la distorsione delle immagini (metamorfopsie). Ad esempio, le righe di congiunzione delle piastrelle non si vedono più diritte. Sintomi di minore frequenza sono le errate percezioni della dimensione degli oggetti osservati.

La maculopatia può essere principalmente di due tipi:

Degenerazione maculare di tipo “SECCO” o “ATROFICO”
E’ causata dall’assottigliamento e dalla progressiva atrofizzazione della retina centrale. E’ purtroppo la forma più comune e causa normalmente una moderata riduzione visiva. I trattamenti chirurgici e parachirurgici non sono efficaci per questa forma di degenerazione.

Degenerazione maculare di tipo “UMIDO” o “ESSUDATIVO” o “NEOVASCOLARE”
E’ la forma meno comune ma più grave, in quanto causa un importante calo visivo. E’ generata dalla formazione di neovasi sanguigni (capillari) sotto e dentro la retina che causano emorragie, favoriscono l’accumulo di liquido (edema) e danneggiano progressivamente il tessuto retinico. Questa forma può venire bloccata da un trattamento laser fotocoagulativo locale – se trattata precocemente – oppure da farmaci antiangiogenetici (Eylea, Taioftal, Lucentis, Macugen) iniettati all’interno del bulbo, o tramite la terapia fotodinamica (PDT).

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Differenza tra strabismo ed occhio pigro (ambliopia)

MEDICINA ONLINE MUSCOLI NERVI OCULARI OCCHI RETTO LATERALE MEDIALE SUPERIORE INFERIORE OBLIQUO SUPERIORE INFERIORE OCCHIO VISTACon “strabismo” (in inglese “strabismus”) si intende un disturbo oculistico con deviazione degli assi visivi causata da un malfunzionamento dei muscoli oculari estrinseci che può non dare conseguenze evidenti ma che spesso porta alla perdita di un importante indizio di profondità e a diplopia (visione doppia). Infatti la differenza tra le due immagini dei due occhi permette al sistema nervoso di valutare la distanza degli oggetti, purché queste due immagini siano simili abbastanza da venire associate. Quando questa capacità di rilevare profondità è presente si dice che c’è stereopsi. Per approfondire: Strabismo convergente, divergente, paralitico: sintomi, cause, cure

Con “occhio pigro” (anche detto “ambliopia”) si intende una malattia degli occhi e dell’apparato visivo che interessa quasi sempre un solo occhio, estremamente frequente e che colpisce soggetti in età pediatrica.
L’effetto principale è un comune deficit dell’acutezza visiva, non riconoscibile dai genitori senza una visita medica oculistica, e si considera ambliope un occhio che abbia almeno una differenza di 3/10 rispetto all’altro, oppure un visus inferiore ai 3/10. Ne è affetto circa il 2% di tutta la popolazione e il 4-5% dei bambini; essa è considerata una delle prime cause di deficit visivo e cecità nei giovani sotto i 20 anni. Una diagnosi ed una terapia precoce (non oltre i 5-6 anni e possibilmente prima dei 4) possono, nella maggioranza dei casi, curare la patologia e prevenirne i disturbi permanenti in età adulta. In generale, l’ambliopia non peggiora in età adulta perché, semplificando, lo sviluppo alterato della vista che porta a deficit visivo si è ormai instaurato ed è progredito durante tutta l’infanzia. Perciò è da escludersi l’ipotesi di una ulteriore perdita di decimi in età adulta, mentre è vero che l’ambliopia si stabilizza in modo permanente al termine della cosiddetta “età plastica” (intorno agli 8-10 anni), in cui il bambino sviluppa tutte le sue funzioni organiche.  In età adulta, il cervello è ormai abituato a ricevere la visione da entrambi gli occhi e non può più ignorare l’immagine proveniente dall’occhio deviato, per cui lo strabismo provoca diplopia (visione doppia) e non più ambliopia. Per approfondire: Ambliopia (occhio pigro) in bambini e adulti: cause, sintomi test, cure

Ricapitolando: lo strabismo comporta deviazione degli assi visivi, mentre l’occhio pigro comporta deficit visivo in un occhio che abbia almeno una differenza di 3/10 rispetto all’altro, oppure un visus inferiore ai 3/10.

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Differenza tra fimosi serrata e non serrata

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma DIFFERENZA FIMOSI SERRATA NON SERRATA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgPrima di iniziare la lettura, per meglio comprendere l’argomento, ti consiglio di leggere questo articolo: Fimosi serrata, non serrata, congenita ed acquisita: cause, conseguenze e cure

La fimosi, sia congenita sia acquisita, può essere serrata o non serrata:

  1.  Fimosi serrata: la fimosi è detta “serrata” quando il restringimento è tale da impedire lo scoprimento del glande non solo a pene eretto, ma anche a pene flaccido ed in casi limite può anche portare difficoltà nell’urinare. In questi casi è la circoncisione chirurgica il rimedio più utilizzato.
  2. Fimosi non serrata: la fimosi è detta “non serrata” quando non si riesce a scoprire il glande a pene eretto ma si riesce a scoprire a pene flaccido e difficilmente determina problemi nell’urinare. Non dà particolari problemi, io raccomando solo di usare il profilattico durante la penetrazione perché forzare lo scoprimento del glande può provocare un effetto grave chiamato parafimosi, in cui non si riesce più a ricoprire il glande e ciò comporta uno strangolamento dello stesso. In tale situazione è necessario un intervento d’urgenza.

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Differenza tra stipsi, stitichezza e costipazione

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma DIFFERENZA STIPSI STITICHEZZA COSTIPAZIO Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgTempo fa un paziente mi ha fatto questa domanda:

Che differenza c’è tra stipsi, stitichezza e costipazione?

Nessuna richiesta è banale quando si tratta della nostra salute. La risposta a questa domanda è estremamente semplice: non esiste alcuna differenza tra stipsi, stitichezza e costipazione, sono tre sinonimi che indicano lo stesso identico disturbo consistente nella difficoltà nell’atto della defecazione, cioè l’insieme degli atti fisiologici, volontari ed involontari, che determinano l’espulsione delle feci, raccolte nell’intestino crasso, attraverso l’ano, necessario per svuotare in tutto od in parte l’intestino.

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Differenze tra atrofia muscolare progressiva e sclerosi laterale amiotrofica

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma DIFFERENZE TRA SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA SCLEROSI MULTIPLA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata.jpg

Stephen Hawking, uno dei più grandi scienziati dei nostri tempi, soffre di una malattia del motoneurone ancora non diagnosticata con certezza: atrofia muscolare progressiva o sclerosi laterale amiotrofica

L’atrofia muscolare progressiva viene spesso confusa con la sclerosi laterale amiotrofica. Hanno alcune caratteristiche in comune e sono entrambe patologie neurodegetative a carico del motoneurone, tuttavia alcune differenze sono presenti. Pur essendo stata considerata inizialmente, probabilmente in modo erroneo, soltanto una variante clinica o una sintomatologia della SLA, l’atrofia muscolare progressiva se ne differenzia, oltre che per alcuni aspetti sintomatologici, per una sopravvivenza superiore ai dieci anni, considerata invece il limite massimo della SLA (anche se ci sono casi rari di sopravvivenze fino a 20 anni). Con adeguato supporto medico e infermieristico, il malato di atrofia muscolare progressiva può vivere invece anche più di 30-40 anni dalla diagnosi.

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In contrasto con la SLA, l’atrofia muscolare progressiva si distingue per l’assenza di:

  • Riflessi vivaci
  • Spasticità
  • Segno di Babinski
  • Labilità emotiva
  • Progressione rapida
  • Lesione del neurone motorio superiore (colpisce solo il neurone motorio inferiore)

Infine la sclerosi laterale amiotrofica è molto più diffusa nella popolazione (è la più comune forma di malattia del motoneurone), mentre l’atrofia muscolare progressiva è molto più rara.

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