La muffa è cancerogena? Molti siti internet affermano di sì quindi molte persone rischiano di essere confusi sulla risposta. Per fortuna la scienza ci regala una risposta chiara: NO, altrimenti qualsiasi formaggio erborinato o frutto leggermente avariato sarebbe un grave rischio per la salute. Esistono però alcune muffe che possono davvero essere pericolose: sono formate da colonie di funghi Aspergillus flavus o Aspergillus parasiticus, che si sviluppano soprattutto sui cereali (in particolare sul mais, ma non solo), sui legumi (soia, fagioli), sui semi oleaginosi come le arachidi, sulle spezie, le granaglie e la frutta secca.
Aspergilli
Gli aspergilli si sviluppano solo quando gli alimenti sono conservati a temperature tra i 25 e i 32°C e con tassi di umidità dell’ambiente oltre l’80%.
Esistono diversi tipi di aflatossine: l’Aspergillus flavus produce i tipi B1 e B2, l’Aspergillus parasiticus produce sia i tipi B sia i tipi G1 e G2. Esistono altri tipi di aflatossine (circa una ventina), ma queste quattro sono le più pericolose per la salute umana, insieme al tipo M1 che si ritrova nelle carni e nel latte di animali nutriti con mangimi contaminati. L’aflatossina B1 è genotossica (cioè danneggia il DNA e la produzione delle proteine nella cellula) e provoca il cancro del fegato. Alcuni studi hanno messo in relazione l’intossicazione da aflatossina con la mutazione del gene p53, un importante oncosoppressore che, se mutato, priva la cellula di una protezione importante contro il cancro.
Se assunta in grandi quantità, come avviene nel caso di una intossicazione acuta (per fortuna rara), l’aflatossina B1 può provocare anche emorragie del tratto gastrointestinale e dei reni. Epidemie di intossicazioni da aflatossine si sono verificate soprattutto in Africa, dove non esistono sistemi di controllo della coltivazione e dello stoccaggio dei cereali.
Nel 1993 l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) di Lione ha classificato l’aflatossina B1 nel gruppo 1 delle sostanze sicuramente cancerogene per l’uomo. Oltre alle intossicazioni acute, le aflatossine possono “avvelenare” lentamente se assunte in basse dosi e per lunghi periodi. Inoltre sono particolarmente pericolose per le persone che già soffrono di malattie croniche del fegato.
Le aflatossine resistono alle alte temperature: ecco perché anche i prodotti ottenuti da lavorazione industriali di materie prime contaminate possono essere tossici.
Come si può sapere se un cibo è contaminato?
Le aflatossine non si vedono e non hanno alcun sapore. Le muffe sui cibi non sono indicative della loro presenza. Solo un serio controllo della filiera di coltivazione e produzione consente ai consumatori di essere certi di non correre rischi.
L’Unione Europea ha introdotto diverse norme per ridurre al minimo la presenza di aflatossine negli alimenti. Esiste infatti un regolamento (il 1881 del 2006) che stabilisce le concentrazioni massime accettabili (in genere non più di semplici tracce, perché non esiste un limite al di sotto del quali la tossicità non si manifesta). Un’altra direttiva, datata 2002, stabilisce il livello massimo di aflatossina B1 consentita nei mangimi, dal momento che, come abbiamo detto, queste sostanze si accumulano nel latte e nelle carni degli animali da allevamento.
Tutti gli allevatori e coltivatori, così come le industrie alimentari, vengono sottoposti a regolari controlli a campione.
Come si può prevenire la contaminazione da aflatossine?
I controlli non dipendono dai singoli ma dai sistemi messi a punto dalle autorità per la sicurezza alimentare. Si tratta di sorvegliare i prodotti più a rischio, dal campo fino alla tavola. Per quel che riguarda il mais, per esempio, vi sono regole circa i tempi della raccolta, da effettuare quando l’umidità ambientale non supera i livelli di guardia, così come raccomandazioni per l’essiccazione, in modo che l’involucro dei chicchi non si rompa aprendo la strada alla contaminazione fungina. In fase di conservazione casalinga, è bene evitare di consumare prodotti a base di cereali (pane, torte) quando vi sono tracce di muffa, così come è opportuno rispettare le date di scadenza e le modalità di conservazione di frutta secca, noci e spezie.
FONTE
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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Tutti noi, almeno una volta nella vita ne abbiamo sofferto, è molto fastidiosa ma per fortuna nella maggioranza dei casi innocua, sto parlando della diarrea. La diarrea consiste nella emissione di abbondante materiale fecale (quantità oltre i 300 – 400 grammi) di consistenza molto liquida o semiliquida in modo frequente durante la giornata (più di tre evacuazioni al giorno).
L’autunno/inverno è il periodo in cui si è a maggior rischio di obesità, almeno stando a quanto rivela uno studio della Cornell University di Ithaca, pubblicato sul New England Journal of Medicine. In particolare il periodo più critico sarebbe quello che parte dal 10 ottobre ed arriva fino all’anno nuovo. Il professor Brian Wansink, co-autore dello studio, ha analizzato il peso di circa 3000 persone (1.781 statunitensi, 760 tedeschi e 383 giapponesi). Tutti i partecipanti avevano facevano uso di uno specifico dispositivo chiamato “smart scales” in grado di monitorare il peso di ogni soggetto nell’arco di un anno. Ecco che, nei mesi più freddi (specie dopo le festività natalizie) i partecipanti erano aumentati di peso. In particolare, di almeno lo 0,4% gli americani, lo 0,6% i tedeschi e lo 0,3% i giapponesi.
Ho diciassette anni e ancora oggi non riesco a capire come sia iniziato tutto. Questa è la mia testimonianza su come sono diventata anoressica, nella speranza possa servire a qualcuno.
Quante calorie hanno il pane bianco e quello integrale? Quale dei due è meno calorico?
Il cetriolo è un vegetale che appartiene alla famiglia delle cucurbiutacee, ed è uno dei vegetali più ricchi di acqua in assoluto: contiene infatti il 96% di acqua, inoltre possiede solo 12 calorie per 100 grammi. Può essere mangiato crudo o cotto, intero o frullato, la dieta mediterranea lo prevede di solito crudo, con o senza buccia. Famosi e molto usati nel nord Europa sono i cetrioli sottaceto. Alcuni lo preferiscono con un po’ di sale, io lo adoro crudo senza aggiungergli nulla.
Ecco la versione light di una delle ricette più famose e amate della tradizione culinaria italiana, per mangiare più leggero, ma senza perdere il gusto!
Il melograno (Punica granatum) è una pianta appartenente alla famiglia delle Punicaceae, originario dell’Asia sud-occidentale ed ormai diffuso in tutto il mondo. Il frutto del melograno si chiama granata o melagrana. Con il termine melograno spesso si indicano sia l’albero che il frutto, ma più correttamente in italiano il frutto viene chiamato melagrana, tuttavia da ora in poi nell’articolo chiamerò il frutto con “melograno”. Il nome melograno deriva dal latino malum (“mela”) e granatum (“con semi”). La forma del melograno ricorda in effetti quella di una mela, ma ecco all’interno la sorpresa dei suoi numerosi chicchi dal gusto leggermente acidulo.