Soffio al cuore: cause, sintomi e cure in neonati, bambini ed adulti

MEDICINA ONLINE GLICEMIA INSULINA SANGUE DIFFERENZA CONCENTRAZIONE ORMONE PIASTRINE GLOBULI ROSSI BIANCHI GLUCAGONE TESTOSTERONE ESTROGENI PROGESTERONE CUOREIl soffio al cuore è uno dei sintomi più comuni tra quelli rilevabili auscultando il muscolo cardiaco. Si manifesta come un rumore particolare dovuto al passaggio del sangue attraverso le valvole. Il flusso non è più laminare, ossia silenzioso, ma diventa turbolento e quindi percepibile. Il soffio al cuore, tranne nei casi in cui si manifesta in persone giovani e sani, è dovuto al passaggio alterato del sangue attraverso i vasi arteriosi, gli apparati valvolari del cuore o comunicazioni delle pareti settali del cuore che normalmente non sono presenti. I vizi congeniti comprendono anche difetti del setto interatriale o interventricolare che possono condizionare un flusso di sangue anormale tra le cavità. Nell’adulto frequentemente il difetto del setto interventricolare si presenta dopo un infarto o dopo un trauma toracico. Quando l’orifizio di una valvola si restringa si crea un ostacolo al normale flusso del sangue, mentre nel caso la valvola non sia in grado di contenere il sangue, si determina un reflusso attraverso la stessa (lo scopo della valvola è quello di consentire il flusso in una sola direzione). In queste circostanze il soffio percepibile è generato dal passaggio del sangue che attraversando una struttura cardiaca anomala, come la valvola o il difetto settale, modifica le caratteristiche del proprio flusso da laminare (silenzioso) a flusso turbolento (rumoroso) e quindi percepibile come soffio.

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Quando si può manifestare?

Se compare in giovane età, esso è più spesso di tipo “innocente”, dovuto cioè alla velocità dei flussi intracardiaci e vascolari tipici dell’apparato cardiovascolare giovanile che è iperdinamico: per esempio nella prima infanzia la frequenza cardiaca è molto più elevata che nel seguito della vita.
In alcuni casi la presenza di un “soffio cardiaco” con specifiche caratteristiche di intensità, di irradiazione sul torace e di durata è il segno inequivocabile di una malattia cardiaca congenita che deve essere definita con appropriate indagini e seguire uno specifico iter terapeutico e di follow up. Tuttavia grazie al miglioramento della qualità della vita durante la gravidanza, alla diagnosi precoce e alla riduzione della natalità, le malattie congenite del cuore si sono fortemente ridotte negli ultimi 30 anni. Con l’aumentare della vita media sono però aumentate numerose patologie e in particolare, quelle legate al cuore. Il “soffio” al cuore è in grande crescita nella popolazione anziana. Riguarda infatti il 20 per cento delle persone con più di 50 anni e addirittura, nel 4 per cento della popolazione sopra gli 80 anni, è indice di stenosi aortica, cioè di un’ostruzione severa della valvola aortica.

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Quali sono le cause del soffio al cuore ?

In passato era la malattia reumatica che determinava più frequentemente le alterazioni delle valvole cardiache. Oggi, grazie alle cure e alla migliore qualità di vita della popolazione, questa causa è divenuta marginale. Mentre sono emersi altri aspetti delle malattie valvolari che erano sottostimati o sconosciuti oppure che non erano così manifestamente presenti perché collegati all’invecchiamento crescente della popolazione.

Valvola mitrale

La disfunzione può interessare la valvola mitrale. In molti casi l’insufficienza è dovuta all’alterazione congenita del tessuto che si presenta lasso e fragile, e quindi svolge un lavoro inferiore alla norma. Questo tipo di alterazione ha un’espressione variabile da persona a persona. Pertanto vi sono giovani che manifestano questo problema in modo già clinicamente rilevante, e persone di età più avanzata nelle quali il disturbo è meno serio. Tuttavia, quando questa alterazione è presente, la valvola è più fragile e col tempo tende a presentare un mal funzionamento legato alle alterazioni strutturali che comprendono la rottura delle corde e/o dei lembi valvolari, ossia della struttura anatomica della valvola. Ciò determina la perdita della sua funzione e quindi la sua insufficienza. In questi casi si deve ricorrere all’intervento chirurgico, che oggi è quasi sempre di tipo riparativo, cioè si ricostruisce chirurgicamente la valvola mitrale.

Valvola aortica

La valvola aortica può presentare alterazioni congenite che possono determinare sia stenosi, sia insufficienza. Ciò significa che, invece delle normali cuspidi, la valvola può presentarne solo due, oppure tre, ma con malformazione, per cui la sua funzione risulta compromessa. In questi casi la necessità d’intervenire può dipendere dall’evoluzione nel tempo della disfunzione presente alla nascita. La valvola, infatti, va incontro a processi degenerativi collegati alla perdita progressiva della sua funzione, che può determinare la comparsa dell’insufficienza e della stenosi associata.
Questa patologia è più frequentemente associata ad altre malattie dell’arco aortico come la coartazione istmica, cioè l’ostruzione dell’aorta nel punto di giunzione tra l’arco e l’aorta discendente (stenosi istmica). In caso di insufficienza aortica severa si interviene chirurgicamente, mentre in caso di stenosi istmica dell’aorta si può procedere con la dilatazione del tratto ostruito per mezzo dell’angioplastica transluminale.

Da tenere sottocontrollo

In molti casi il soffio è un disturbo modesto che può essere tollerato tutta la vita, tuttavia è consigliabile un controllo cardiologico almeno una volta all’anno. E’ importante che il cardiologo di un’approriata valutazione ecoacrdiografica al momento della visita. E’ bene ricordare, inoltre, che le persone con lesioni alle valvole cardiache, in particolare di quella mitrale e aortica, sono maggiormente esposte a infezioni endocardiche, cioè alle infezioni che si localizzano sulle valvole. Perciò è fondamentale prescrivere a questi pazienti un’appropriata terapia antibiotica di profilassi, nel caso vadano incontro a eventi traumatici a carico dell’apparato genitale, urinario, e della cavità orale.

Prevenzione

In età avanzata il vizio che principalmente si presenta è la cosiddetta stenosi aortica dell’anziano.
Per prevenire questa patologia è molto importante tenere sotto controllo alcuni fattori di rischio cardiovascolare ed alcune malattie croniche:

  • pressione arteriosa sistolica elevata;
  • fumo;
  • dislipidemia;
  • livelli di calcemia (concentrazione di calcio troppo alta causa la calcificazione della valvola aortica);
  • insufficienza renale.

Tutti questi fattori, infatti, possono determinare una sclerosi delle cuspidi aortiche, cioè un irrigidimento dei foglietti valvolari dell’aorta. Ciò favorisce la deposizione di calcio a livello dei lembi valvolari ostacolandone l’apertura e innescando un perverso meccanismo di aggravamento dell’ostruzione.  In caso di seria stenosi della valvola si rende necessario la sostituzione della valvola aortica.

Quando il soffio non permette una vita normale?

Se il cardiologo, durante i controlli periodici, valuta che il vizio è di modesta entità, la persona può svolgere una vita normale. E’ importante però che si controllino i fattori di rischio, come i valori della pressione, il tasso di colesterolo e di calcio nel sangue e il fumo. Se in età più avanzata la stenosi valvolare si aggrava e compaiono alcuni sintomi come la sincope, l’angina e lo scompenso, di norma la soluzione è chirurgica perché la terapia medica non dà buoni risultati. Spesso la soluzione chirurgica è associata di necessità all’intervento di by pass delle coronarie.
La stenosi aortica dell’anziano è una patologia sempre più frequente sia negli uomini che nelle donne. Tuttavia, queste ultime manifestano problemi legati all’ipertrofia miocardica, perché con l’età il cuore femminile tende a diventare più facilmente ipertrofico di quanto avviene nell’uomo. Quando l’ipertrofia miocardica è molto marcata, anche se l’ostruzione valvolare non appare severa, può essere opportuno l’intervento di sostituzione valvolare per limitare i rischi chirurgici e quelli inerenti al progredire della malattia.

Se una donna soffre di “soffio al cuore” può avere un bambino?

Tutto dipende dalla diagnosi che la presenza del soffio sottintende. Di norma se il disturbo è lieve la donna può tranquillamente avere un figlio. E’importante però che venga seguita nel corso della gravidanza da un cardiologo. Nel caso il soffio sia, invece, l’espressione di una più grave disfunzione cardiaca, allora è bene che la paziente sia informata dei rischi che corrono sia lei che il nascituro. In particolare può verificarsi che il soffio cardiaco sia l’espressione di una disfunzione cardiaca definita come cardiomiopatia “peripartum” o ”post partum”. In questo caso la malattia si manifesta con un ingrandimento del cuore che determina un mal funzionamento della valvola mitrale. Se la donna ha presentato questo problema dopo una gravidanza è consigliabile che non ne affronti altre che sarebbero a grave rischio per lei e per il bambino.

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Fibrinogeno alto o basso in gravidanza: quando preoccuparsi?

MEDICINA ONLINE VAGINA DONNA BACIO SESSULITA GRAVIDANZA INCINTA SESSO COPPIA AMORE TRISTE GAY OMOSESSUAANSIA DA PRESTAZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE FRIGIDA PAURA FOBIA TRADIMENTOvalori normali di fibrinogeno dovrebbero aggirarsi tra i 200 e 400 mg/dl, anche se si tratta di valori che non tengono conto, ovviamente, dei cambiamenti che avvengono nel nostro corpo durante la nostra gestazione. Durante la gravidanza sono infatti ritenuti normali valori fino a 700 mg/dl, con il valore minimo che si sposta anch’esso verso l’alto e si attesta intorno ai 400 mg/dl. È dunque più che normale avere valori elevati di fibrinogeno durante la gravidanza e questo, almeno finché si rimane nella forbice sopra indicata, non deve essere assolutamente motivo di preoccupazione.

Prima di addentrarci nei motivi che possono far salire i valori di fibrinogeno oltre misura durante la gravidanza, parliamo di quelli che sono invece di carattere generale. Il fibrinogeno può infatti salire quando:

  • il nostro corpo deve cercare di recuperare la normalità dopo un’ustione;
  • abbiamo delle ferite importanti in via di guarigione;
  • stiamo utilizzando dei contraccettivi orali di prima generazione;
  • soffriamo di nefrosi, ovvero di patologie che interessano i reni;
  • presenza di uno o più linfomi.

Si tratta dunque di un valore che viene monitorato con estrema attenzione anche durante la gravidanza.

Fibrinogeno alto in gravidanza: cause

Secondo la letteratura medico/scientifica a riguardo, i livelli di fibrinogeno durante la gravidanza possono superare quelli ritenuti normali (che vi ricordiamo durante la gestazione sono tra 350–400 mg/dl e 700 mg/dl) per gli stessi motivi che abbiamo riportato sopra. Nel caso in cui le vostre analisi fossero anomale, sarà il vostro ginecologo a preoccuparsi di individuare le cause dell’aumento della presenza del fibrinogeno nel sangue, per poi indirizzarvi verso le giuste terapie. Una delle cause più comuni dell’aumento del fibrinogeno in gravidanza è senza dubbio l’incremento di peso. Infatti, esiste una correlazione positiva tra livello di fibrinogeno nel sangue e indice di massa corporea, il che vuol dire che più aumenta il peso corporeo, più i livelli di questa glicoproteina tenderanno ad aumentare. Un’altra ragione per la quale si può assistere all’aumento di questa proteina nel sangue è il fumo di sigaretta. Il motivo è dovuto all’instaurarsi di un processo infiammatorio persistente a livello dei bronchi e dei vasi polmonari che sono continuamente esposti alle sostanze inalate con il fumo.

Quando il livello fibrinogeno è basso

Quando i valori di fibrinogeno diventano troppo bassi e scendono sotto la soglia dei 250–300 mg/dl durante la gestazione, dobbiamo necessariamente rivolgerci al nostro ginecologo e al nostro medico curante. Quando i valori sono infatti troppo bassi si è in genere di fronte a problemi relativamente seri. Tra i motivi più comuni troviamo sicuramente problemi a livello epatico. Tutte le patologie che attaccano il fegato tendono a ridurre la produzione di fibrinogeno e dunque la sua presenza nel sangue. Altro problema tipico è la coagulazione intravascolare disseminata, che può far pensare alla presenza di numerosi trombi nel nostro sistema cardiovascolare. Vi sono anche deficit che sono invece di origine ereditaria e che predispongono al tempo stesso alla possibilità di emorragie anche gravi.

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Ci sono rischi con il fibrinogeno troppo alto in gravidanza?

Secondo una parte della letteratura scientifica sicuramente sì, e valori che sono troppo alti devono essere immediatamente riportati all’interno dei range di accettabilità. Con valori che superano i 700 mg/dl aumenta sensibilmente infatti il rischio di distacco placentare e, purtroppo, anche di aborto. Per questo motivo il fibrinogeno è un parametro che viene tenuto sotto controllo continuamente e continuativamente durante la gestazione attraverso delle analisi del sangue: è uno degli indici dello stato di salute del nostro corpo e della nostra gravidanza. I valori di fibrinogeno dovrebbero però essere messi in relazione anche all’età della gestante. Chi sta affrontando una gravidanza in età avanzata, tenderà ad avere livelli di fibrinogeno marginalmente più alti e, nel calcolare il range di normalità, il vostro ginecologo dovrebbe tenere conto anche di questo. Per valutare la concentrazione del fibrinogeno nel sangue basterà sottoporsi ad un semplice prelievo ematico da eseguire rigorosamente a digiuno. I valori, inoltre, non possono essere considerati come attendibili nel caso in cui si sia state soggette ad una trasfusione di sangue nelle 4 settimane che precedono il prelievo.

Si può abbassare il fibrinogeno in modo naturale?

Ci sono dei piccoli accorgimenti e delle piccole correzioni al nostro stile di vita che possono permetterci di mantenere più facilmente i livelli di fibrinogeno nella normalità.

  • Evitare di prendere troppo peso durante la gravidanza. Il periodo gestazionale non deve assolutamente tramutarsi in una scusa per mangiare tutto quello che ci viene in mente;
  • Praticare attività di tipo aerobico. Questo nel caso in cui i livelli di fibrinogeno siano troppo alti;
  • Aggiungere all’alimentazione cibi ricchi di acidi grassi omega-3 e omega-6 come pesce azzurro, salmone, frutta secca, semi oleosi.

Ad ogni modo le analisi del sangue durante la gravidanza sono controllate dal vostro ginecologo e dal vostro medico, che individueranno eventuali criticità nei livelli di fibrinogeno, sia che siano troppo alti sia che siano troppo bassi, e prenderanno le dovute contromisure.

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Le malattie ereditarie del sangue e la gravidanza

Esistono tre tipi principali di malattie legate alla produzione di fibrinogeno che possono comportare dei rischi per le donne in gravidanza.

  1. Afibrinogenemia: è una malattia ereditaria rarissima che comporta l’incapacità del corpo di produrre fibrinogeno. I sintomi sono improvvise emorragie, anche gravi, seguite da periodi senza disturbi.
  2. Ipofibrinogenemia: è un’altra malattia ereditaria molto rara che ha gli stessi sintomi della afibrinogenemia, che però si presentano in modo meno grave.
  3. Disfibrinogenemia: è la terza malattia ereditaria legata al fibrinogeno: mentre le due malattie precedenti si scoprono facendo l’esame quantitativo della proteina sangue, questa malattia va ricercata attraverso l’esame qualitativo, che va a valutare l’attività e la funzionalità del fibrinogeno. Con la disfibrinogenemia, infatti, il corpo è in grado di produrre le molecole di fibrinogeno, ma le produce imperfette e poco funzionanti: la coagulazione può avvenire in ritardo o in maniera incompleta, formando coaguli che non sono abbastanza forti per fermare le emorragie.

Queste tre patologie influenzano la gravidanza in vario modo:

  • possono portare ad un sanguinamento del cordone ombelicale, con rischi per la salute sia del feto sia della mamma in attesa;
  • possono causare emorragie anche gravissime prima, durante e dopo il parto;
  • causano emorragia delle mucose;
  • aumentano molto il rischio di perdere il bambino entro la settima settimana di gravidanza;
  • possono causare gravi emorragie anche al momento di effettuare l’anestesia epidurale e l’anestesia totale.

Chi soffre di queste malattie legate alla produzione del fibrinogeno va seguita dall’inizio della gravidanza fino a dopo il parto.

Altre patologie connesse a fibrinogeno e gravidanza

Coagulazione intravasale disseminata (CID): la CID è una patologia molto pericolosa che consiste in una veloce coagulazione del sangue all’interno dei vasi sanguigni di tutto il corpo, ma senza che vi sia necessariamente una ferita: questo causa ostruzioni dei vasi sanguigni in modo disseminato ed emorragie difficili da arginare. La CID può risultare mortale e si verifica a seguito di alcune condizioni:

  • morsi di serpenti e ragni velenosi che nel veleno contengono una tossina che fa coagulare il sangue;
  • ustioni;
  • malaria;
  • traumi molto gravi;
  • infezioni molto gravi e diffuse (sepsi);
  • alcuni tipi di tumore (ad esempio la leucemia);
  • complicazioni durante il parto, sia naturale che cesareo.

Quello che succede durante il parto è di per sé molto faticoso e traumatico nel corpo: in caso di parti complicati, si può verificare la CID. Un livello troppo basso di fibrinogeno presente nel sangue della donna, associato alle lesioni del parto naturale e del parto cesareo, possono dare origine a questa temibile complicazione. I sintomi comprendono agitazione improvvisa e aritmia, sanguinamenti delle vie urinarie o vere e proprie emorragie, pallore e labbra viola, comparsa di puntini rossi (petecchie) e di ematomi più o meno estesi sotto la pelle.

Eclampsia: si tratta di una serie di convulsioni che avvengono entro 48 ore dal parto e che non hanno origine cerebrale: prima della eclampsia, nella fase chiamata appunto pre-eclampsia, la donna soffre di ipertensione, nelle sue urine sono presenti proteine e il livello di fibrinogeno è molto basso (100 milligrammi per decilitro o meno).

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Albumina ed albuminemia alta o bassa: cause, valori e terapie

MEDICINA ONLINE BLOOD TEST EXAM ESAME DEL SANGUE ANALISI GLOBULI ROSSI BIANCHI PIATRINE VALORI ERITROCITI ANEMIA TUMORE CANCRO LEUCEMIA FERRO FALCIFORME MEDITERRANEA EMOGLOBINAL’albumina è una proteina del plasma, prodotta dalle cellule epatiche. È contenuta anche nel latte e nell’albume dell’uovo, da cui prende il nome. Ha un elevato peso molecolare e costituisce circa il 60% di tutte le proteine plasmatiche.

Valori normali di albumina

La concentrazione di albumina nel sangue (albuminemia) varia fra 3,5 e 5,0 g/dl e si misura con l’elettroforesi delle proteine.

Funzioni dell’albumina

L’albumina è essenziale per la regolazione e il mantenimento della pressione oncotica, ovvero la pressione che “tiene” il sangue all’interno dei vasi sanguigni. Oltre ad essere la proteina più presente nel sangue, l’albumina è il principale veicolo di altre proteine trasportate attraverso di esso: se viene escreta con le urine (dove in condizioni normali è praticamente zero), il calo di albumina nel plasma lo rende con meno proteine disciolte e meno colloidale, con una pressione oncotica che scende sotto il limite di 20 mmHg, travaso di fluidi ed elettroliti dai vasi ai tessuti con edema generalizzato (di solito a palpebre ed estremità nella fase iniziale, e vistoso nell’addome nei cali di pressione maggiori). Le funzioni dell’albumina, in sintesi, sono le seguenti:

  • mantenimento della pressione oncotica (soglia fisiologica di 20 mmHg);
  • trasporto degli ormoni della tiroide;
  • trasporto degli altri ormoni, in particolare quelli solubili nei grassi (liposolubili);
  • trasporto degli acidi grassi liberi;
  • trasporto della bilirubina non coniugata;
  • trasporto di molti farmaci;
  • legame competitivo con gli ioni calcio (Ca2+);
  • tamponamento del pH.

Alterazioni di albumina

Eventuali valori più bassi di albuminemia sono, nella maggior parte dei casi, da ricondursi a una ridotta produzione di albumina da parte del fegato. La capacità di sintetizzare proteine da parte dell’epatocita risulta compromessa nelle epatopatie gravi, come l’emocromatosi, le epatiti croniche, la cirrosi epatica. In questi casi, la concentrazione di albumina nel siero costituisce un indice importante, sia dal punto di vista diagnostico, che da quello prognostico.

Albumina nelle urine

La molecola dell’albumina è carica negativamente, come la membrana del glomerulo renale; la repulsione elettrostatica impedisce quindi, normalmente, il passaggio dell’albumina nell’urina. Nelle sindromi nefrosiche questa proprietà viene persa e si nota di conseguenza la comparsa di albumina nelle urine del malato. L’albumina, per questo, è considerata un importante marcatore di disfunzioni renali, che compaiono anche a distanza di anni.

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Ipoalbuminemia

Si parla di ipoalbuminemia generalmente quando i livelli di albumina nel sangue sono inferiori a 3,5 g/dl. Le cause di diminuita albumina nel sangue, sono varie:

1) ipoalbuminemia da sintesi ridotta di albumina, causata da:
  • cirrosi epatica (è la causa più comune);
  • sindromi da malassorbimento;
  • carenze nutrizionali;
  • malattie infiammatorie croniche con diminuzione della funzionalità epatica;
  • epatiti acute e croniche;
  • anomalie genetiche che portano alla sintesi di albumina difettosa (rare).
2) ipoalbuminemia da aumentata perdita di albumina, causata da:
  • sindrome nefrosica;
  • ustioni estese;
  • enteropatia proteino-disperdente.
 3) ipoalbuminemia da aumentato catabolismo di albumina, causato da neoplasie metastatizzate.

Iperalbuminemia

Si parla di iperalbuminemia generalmente quando i livelli di albumina nel sangue superano i 5,0 g/dl. Le cause dell’albumina alta nel sangue possono essere diverse. Si può avere un problema di disidratazione per varie ragioni, in seguito al vomito o alla diarrea prolungata, di ustioni che interessano una vasta area corporea o a causa del morbo di Addison, un’insufficienza cronica che è da attribuire alle ghiandole surrenali. Altre cause di albumina alta nel sangue possono essere la sarcoidosi (formazione di cellule del sistema immunitario in vari organi del corpo) o il morbo di Burger (infiammazione delle piccole e medie arterie). L’albumina alta nelle urine può essere determinata da una dieta troppo ricca di proteine o da un uso eccessivo di integratori. Altri fattori che influiscono possono essere il diabete, l’ipertensione, l’elevata concentrazione di acido urico nel sangue, il lupus eritematoso sistemico. Possono essere fattori di rischio anche l’età avanzata e il tabagismo. Un’altra causa è costituita dai problemi a livello renale.

Terapia delle alterazioni dell’ambuninemia

E’ impossibile indicare una terapia generale nell’ambito dei rimedi contro l’albumina alta o bassa. A volte la variazione può essere anche non patologico e legato semplicemente a condizioni transitorie dell’organismo, se si tratta invece di vere e proprie patologie, per rimediare occorre individuare e curare la malattia che costituisce la causa a monte del disturbo.

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Differenza tra pressione idrostatica, oncotica ed osmotica

MEDICINA ONLINE CAPILLARE SANGUE PRESSIONE IDROSTATICA ONCOTICA STARLING RENI RENE URINA APPARATO URINARIO AZOTEMIA ALBUMINA SINDROME NEFRITICA NEFROSICA PROTEINURIA POLLACHIURIA UREMIA LABORATORIO INSUFFICIENZA RENALE.jpgLa pressione idrostatica è la forza esercitata da un fluido in quiete sull’unità di superficie con cui è a contatto normalmente a essa. Il valore di questa pressione dipende esclusivamente dalla densità del fluido e dall’affondamento del punto considerato dal pelo libero o, in linea più generale, dal piano dei carichi idrostatici.

La pressione osmotica è una proprietà colligativa associata alle soluzioni. Quando due soluzioni con lo stesso solvente, ma a concentrazioni diverse di soluto, sono separate da una membrana semipermeabile (cioè che lascia passare le molecole di solvente ma non quelle di soluto), le molecole di solvente si spostano dalla soluzione con minore concentrazione di soluto (quindi maggiore concentrazione di solvente) alla soluzione con maggiore concentrazione di soluto (quindi minore concentrazione di solvente), in modo da uguagliare (o meglio, rendere vicine) le concentrazioni delle due soluzioni. La pressione che occorre applicare alla soluzione affinché il passaggio del solvente non avvenga è detta appunto “pressione osmotica”.

Con pressione oncotica si intende una pressione osmotica esercitata da soluzioni colloidali. In medicina e fisiologia il termine si riferisce alla pressione causata dalle proteine (come l’albumina prodotta dal fegato) presenti in soluzione nel plasma sanguigno. In condizioni normali il suo valore è 20 mmHg (28 mmHg a livello sanguigno – 8 mmHg opposta a livello tissutale) ed è in grado di determinare il movimento di liquido attraverso le membrane dei capillari, e in particolare nel glomerulo renale.

In generale, la differenza tra pressione oncotica e pressione idrostatica a livello dell’estremità arteriosa dei capillari favorisce il passaggio nello spazio extracellulare di acqua, elettroliti e alcune proteine del plasma. La minore pressione idrostatica che si ha a livello delle estremità venose dei capillari (data tra le altre cose dalla diminuzione della velocità del sangue) e la costante pressione oncotica inducono, invece, un riassorbimento nel circolo sanguigno di acqua, di elettroliti e dei prodotti del catabolismo dei tessuti.

Semplificando: mentre la pressione idrostatica spinge il sangue verso l’esterno del vaso sanguigno, la pressione oncotica tende a trattenerlo all’interno del vaso. Questo è il motivo per cui ad esempio un calo di albuminemia (cioè l’albumina contenuta nel sangue), come quello che si verifica in caso di cirrosi epatica, determina un calo della pressione oncotica del sangue e quindi una patologica fuoriuscita del sangue dal vaso sanguigno con formazione di trasudato (edema non infiammatorio) ed ascite.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Differenza tra infezione ed infiammazione: sono la stessa cosa?

MEDICINA ONLINE CELL CELLULA LABORATORIO MEMBRANA ORGANULI MORTE APOPTOSI BLOOD TEST INFIAMMAZIONE GRANULOMA SANGUE ANALISI GLOBULI ROSSI BIANCHI PIATRINE VALORI ERITROCITI ANEMIA TUMORE CANCRO LEUCEMIA FERROL’infiammazione, o flogosi, è un meccanismo di difesa non specifico innato, che costituisce una risposta protettiva, seguente all’azione dannosa di agenti fisici, chimici e biologici, il cui obiettivo finale è l’eliminazione della causa iniziale di danno cellulare o tissutale, nonché l’avvio del processo riparativo. Queste modificazioni si manifestano attraverso cinque sintomi che interessano la zona infiammata: ipertermia, arrossamento, dolore, gonfiore e compromissione funzionale del tessuto.

Queste manifestazioni insorgono a seguito all’azione acuta o cronica di agenti lesivi di varia natura, biologici, fisici, chimici o meccanici, come ad esempio necrosi tissutale, corpi estranei e fenomeni autoimmunitari. Una delle cause più frequenti di infiammazione è l’infezione.

Una infezione è una reazione patologica di un organismo alla penetrazione e alla moltiplicazione di microrganismi (virus, batteri, miceti,
protozoi, metazoi).

Quindi una infezione, ad esempio virale, determina nel nostro corpo dei meccanismi di difesa immunitaria che portano all’infiammazione ed ai suoi sintomi.

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Differenza tra emoglobina fetale ed adulta

MEDICINA ONLINE PARTO GRAVIDANZA NATURALE CESAREO DIFFERENZE CHIRURGIA FOTO WALLPAPER PICTURE UTERO CHIRURGO OPERAZIONE RISCHI VANTAGGI VANTAGGI ALLATTAMENTO MADRE FIGLIO NEONATO MORTAìNel corso della vita si assiste ad una riqualificazione delle varietà di emoglobina presenti nel flusso sanguigno questo cambiamento ha inizio a partire dallo stato embrionale per proseguire nell’età puerile fino all’età adulta. L’emoglobina fetale costituisce la prima componente presente sin dalla vita fetale ed adempie al compito di trasportare l’ossigeno ricavato dalla madre ai vari tessuti del feto, si trova traccia di questa forma di emoglobina già nel primo trimestre e più precisamente è attiva pienamente durante gli ultimi sette mesi di gravidanza.

L’emoglobina fetale rispetto all’emoglobina presente in massima concentrazione nell’adulto si caratterizza per delle differenze a livello funzionale, soprattutto evidenzia una maggiore capacità di legarsi all’ossigeno rispetto alla forma dell’adulto. 

Dopo la nascita i bambini con il passare dei mesi vanno incontro ad una graduale sostituzione dall’emoglobina con quella adulta, questo cambiamento si verifica più o meno verso la dodicesima settimana di vita postnatale e continua anche nei primi sei mesi di vita.

In età adulta nel sangue si trovano tre diversi tipi di emoglobina: la più alta concentrazione è data in particolare dalla forma HbA che è costituita da due coppie di catene, ossia di quella α e di quella ß; la seconda quota proteica è costituita da una bassa percentuale di HbA2, che invece è composta da due catene α e due catene δ; si trova poi in ultima lettura l’HbF, ovvero l’emoglobina fetale, costituita da due catene α e due catene γ, della quale negli adulti se ne trova solo una minima traccia visto che subito dopo la nascita tende spontaneamente e progressivamente a diminuire.

Se si riscontrano degli alti valori di emoglobina fetale nell’adulto rispetto ai livelli considerati normali allora il soggetto può essere affetto da una malattia di tipo genetico, in particolare si potrebbe trattare di condizioni patologiche come: la persistenza ereditaria di emoglobina fetale, alcune forme di talassemia (beta talassemia, delta-beta talassemia), anemia falciforme.

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Cardiomiopatia: cos’è, differenti tipologie, sintomi e diagnosi

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Ecografia Vascolare Articolare Medicina Estetica Mappatura Nei Posturale Dietologo Roma COME FUNZIONA IL CUORE ECG ONDE2 Radiofrequenza Rughe Cavitazione Cellulite Pressoterapia Linfodrenante DermatologiaCon “cardiomiopatia” è un termine che raggruppa qualsiasi condizione in cui il muscolo cardiaco è anatomicamente e fisiologicamente patologico. Uno studio realizzato da alcuni ricercatori presso il Dipartimento di Medicina cardiovascolare dell’Università Cattolica–Policlinico Gemelli di Roma ne ha svelato il meccanismo d’azione prendendo in considerazione quindici donne con un’età media di 68 anni, evidenziando come in circa il 20-25% delle pazienti era presente un ostacolo allo svuotamento del cuore, più precisamente della cavità sinistra (ventricolo sinistro).

Tipologie

Ci sono quattro tipi principali di cardiomiopatia: ipertrofica, ipocinetica dilatativa, restrittiva, e ventricolare destra aritmogena, ai quali si aggiunge la cardiopatia diabetica.

  • La cardiomiopatia dilatativa (detta anche miocardiopatia dilatativa e in passato miocardiopatia congestizia) è una condizione patologica del cuore che si manifesta con la dilatazione ventricolare e la compromissione della funzione sistolica. La cardiomiopatia dilatativa può essere secondaria a numerose condizioni, la più comune delle quali è la coronaropatia diffusa con conseguente danno ischemico del miocardio. In altri casi il danno miocardico può derivare da deficit alimentari (beriberi, kwashiorkor), malattie endocrine (diabete mellito, malattie della tiroide, feocromocitoma), agenti infettivi (batteri, rickettsie, virus, protozoi, elminti): un esempio è la miocardiopatia di Chagas.
  • La cardiomiopatia ipertrofica è una malattia del miocardio caratterizzata da un ispessimento delle pareti cardiache, senza alcuna causa evidente. È una malattia familiare trasmessa dai parenti di primo grado, determinata da mutazioni su geni che codificano per le proteine del sarcomero, l’unità contrattile del miocardio. È la malattia familiare cardiaca più frequente, con un prevalenza di circa 1:500 nella popolazione adulta generale.
  • La cardiomiopatia restrittiva è una patologia che interessa il muscolo cardiaco e si manifesta e caratterizza la disfunzione diastolica del miocardio. Tale alterazione comporta una aumento della rigidità della camera ventricolare colpita, che si esplica a sua volta in una riduzione del rilasciamento cardiaco e del riempimento diastolico. Le cardiomiopatie restrittive sono caratterizzate da ridotto riempimento ventricolare, riempimento restrittivo appunto, di uno o entrambi i ventricoli con funzione sistolica normale o lievemente depressa. Vengono princincipalmente distinte in primitive e secondarie, queste ultime sono causate principalmente da amiloidosi, sarcoidosi, emocromatosi e da radiazioni (in caso di trattamento radioterapico).
  • La cardiomiopatia ventricolare destra aritmogena è una malattia genetica del cuore, a patogenesi non-ischemica, che coinvolge principalmente il ventricolo destro. È caratterizzata da aree ipocinetiche a livello della parete libera del ventricolo destro o di entrambi i ventricoli, in cui il miocardio è sostituito da tessuto fibroso o fibro-adiposo.
  • La cardiopatia diabetica è una delle le complicanze più frequenti e più temibili del diabete. Le alterazioni del miocardio che hanno luogo in presenza della cardiomiopatia diabetica consistono in una dilatazione della cavità ventricolare sinistra e in un assottigliamento della parete di quest’ultima. Purtroppo questa cardiopatia è una patologia particolarmente subdola, in quanto è per lungo tempo asintomatica.

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Sintomi e segni

I sintomi sono quelli caratteristici dell’infarto e fino a poco tempo fa i medici la scambiavano proprio con un comune infarto del miocardio, invece si tratta di una patologia differente. Si tratta, infatti, di cardiomiopatia dastress o sindrome da crepacuore, come più comunemente viene chiamata, dal momento che si verifica in genere in condizioni in cui lo stress raggiunge livelli molto elevati, come nel caso di lutti o di vicinanza ad un capo oppressivo. Nella maggior parte dei pazienti si riscontrano difficoltà respiratorie, gonfiore a livello di piedi e gambe, carenza di energia e spossatezza, scompenso, aritmia e talvolta perdita di memoria.

Diagnosi e linee guida

La disfunzione riguarda essenzialmente la regione apicale del cuore, il quale, quando si verifica la sindrome, assume una caratteristica forma a palloncino. Il tutto sarebbe determinato da uno spasmo che interessa i vasi coronarici reversibile dopo la manifestazione della fase più acuta della sindrome. I medici sono concordi nel sostenere, infatti, che l’apporto di sangue al cuore pur essendo ridotto, non è determinante da fare in modo che le cellule possano arrivare alla morte (condizione che invece si verifica in presenza di un infarto). Tramite opportuni esami – come radiografie, elettrocardiogramma, TAC, risonanza magnetica e test sotto sforzo – il medico può verificare la presenza della cardiomiopatia e prescrivere una terapia adeguata. Le recenti linee guida internazionali sulla cardiomiopatia ipertrofica, invece, consigliano l’intervento chirurgico di miectomia come la terapia di prima scelta nei pazienti con cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva e sintomi che non rispondono alla terapia farmacologica.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Cause patologiche e non patologiche dell’ematospermia

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Specialista in Medicina Estetica QUANTO DURARE RAPPORTO SESSUALE EIACULAZIONE PRECOCE Roma Cavitazione Pressoterapia Grasso Linfodrenante Dietologo Cellulite Calorie Pancia Sessuologia Sesso Pene BotulinoPrima di iniziare la lettura, per meglio comprendere l’argomento trattato, ti consiglio di leggere questo articolo: Presenza di sangue nello sperma: cause e terapie dell’ematospermia

È doveroso distinguere due grandi classi di ematospermia (presenza di sangue nello sperma):
  1. sangue nello sperma da cause non patologiche;
  2. sangue nello sperma secondario a patologie.

Cause non patologiche dell’ematospermia
Il sangue nello sperma spesso non è collegato a condizioni patologiche, in particolare quando colpisce i giovani con una vita sessuale particolarmente attiva o, viceversa, in caso di astinenza sessuale prolungata. In simili frangenti, l’ematospermia potrebbe rappresentare la semplice spia di un lieve malfunzionamento dell’apparato genitale maschile. Si tratta di una condizione facilmente risolvibile autonomamente: nel caso il paziente, clinicamente in salute,  osservi più fenomeni di ematospermia, il medico solitamente prescrive una mirata cura farmacologica.
Pur essendo un fenomeno non patologico, il parere del medico è sempre vincolante, anche quando si tratta di un evento occasionale.

Cause patologiche dell’ematospermia
La presenza di sangue nello sperma come condizione patologica va ricondotta, soprattutto, ad uretriti (flogosi aspecifiche dell’uretra), prostatiti (infiammazioni della prostata) o, ancora, a vescicolo-deferentiti (infiammazioni a carico delle vescicole seminali). Meno frequentemente, l’ematospermia si verifica in concomitanza di infezioni specifiche (in particolare provocate da citomegalovirus, da platelminti del genere Schistosoma e da Clamidia o Trichomonas, trasmissibili sessualmente), cistiti emorragiche e malattie del sangue (coagulopatie). Sono stati osservati alcuni casi di sangue nello sperma in pazienti recentemente sottoposti a biopsia prostatica o a manovre invasive a carico dell’apparato urogenitale in genere.
In altri soggetti, l’ematospermia è causata da calcolosi nel rene, nella vescica e nell’uretere: in simili frangenti, oltre a presentare sangue nello sperma, il paziente lamenta spesso fortissimi dolori e coliche.
In rari casi, il sangue nello sperma è una spia di tumore alla prostata.
Sono stati osservati alcuni casi di ematospermia in pazienti affetti da ipertensione, amiloidosi ed epatopatie.
Per finire, alcune fonti riportano casi di sangue nello sperma come effetto collaterale della somministrazione di farmaci, come anticoagulanti/antiaggreganti piastrinici.

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