Terapia soppressiva con Eutirox per ridurre un nodulo tiroideo

MEDICINA ONLINE PESO TIROIDE IPOTIROIDISMO PARATIROIDI NODULI BILANCIA MASSA INDICE CORPOREA COCALORIE BASMATI BIANCO INGRASSARE DIETA COTTO CRUDO PIATTO CUCINA LIGHT MANGIARE DIMAGRIRE GRASSO DIABETE CARBOIDRATI GLICEMIASono una donna di 37 anni, a ottobre scorso ho scoperto di avere un nodulo alla tiroide. Ho fatto l’ecografia, visite endocrinologiche, le analisi sangue, e l’agoaspirato. Analisi tsh 2,85, ft3 3,70, ft4 13,0, tireoglobulina 0,30, calcitonina 0,98, AbTg neg, AbTPO neg. La diagnosi è nodulo benigno Tir 2. A gennaio scorso ho iniziato la terapia soppressiva con eutirox con il tentativo di fare ridurre o quantomeno bloccare la crescita del nodulo (circa 1,6 cm). I valori ormonali dopo circa cinque settimane di assunzione di Eutirox 75 al giorno erano: TSH 0,03; FT3 5,20; FT4 11,8. L’endocrinologo alla visita di controllo mi ha ridotto la terapia, eutirox 75 per sei giorni a settimana. La settimana scorsa ho rifatto le analisi (in ospedale), dopo due mesi dalla riduzione del dosaggio. TSH 0,38 (Rif. 0,35-4,94) FT3 2,56 (Rif. 1,71-3,71) FT4 1,09 (Rif. 0,71-1,48) AAT 1,0 (Rif. 0-34) TPO 0,0 (Rif. 0-12). Non ho ancora fatto vedere le analisi al mio endocrinologo, mi consiglia di continuare con questo dosaggio di tiroxina?

Come già risposto ad analoghi quesiti, ribadisco che l’ utilità della terapia tiroxinica nella patologia nodulare benigna della tiroide èIn questo ambito è controversa In altri termini il rapporto costo/beneficio della terapia con tiroxina va valutato caso per caso ed oggi questa terapia è molto meno usata che nel recente passato. Il razionale della terapia consiste nel ridurre i livelli di Tsh, ormone ipofisario che stimola la tiroide, e di conseguenza ridurre il volume del nodulo o almeno ridurre il rischio di progressione volumetrica del nodulo. Di recente è stato anche ipotizzato che in questo modo si riduca il rischio di oncogenesi tiroidea e cioè di trasformazione maligna del nodulo. Di converso però la terapia tiroxina induce uno stato di ipertiroidismo subclinico con aumento del rischio di osteoporosi e di aritmie, particolarmente nei soggetti anziani o a rischio per queste patologie. Inoltre non ha senso utilizzare la terapia se già nella valutazione basale il Tsh è ridotto o nella porzione bassa del range. In definitiva un trial con bassa dose di tiroxina con l’ obiettivo di una semisoppressione del Tsh (come nel suo caso, alla dose attuale che appare approriata) è proponibile in casi selezionati, per esempio: nei pazienti giovani, in chi è stato irradiato al collo in età giovanile, nelle aree di endemia gozzigena, nei casi con documentata tendenza all’incremento volumetrico del gozzo e/o dei noduli.

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Artrosi dell’anca: cause, sintomi, prevenzione e trattamento

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma DIFFERENZA TRA FEMORE ANCA ARTICOLAZIONE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PeneL’artrosi dell’anca è una condizione che porta a una degenerazione della cartilagine dell’articolazione coxo-femorale, il punto in cui femore si articola con l’acetabolo, la cavità dell’anca destinata ad accogliere la testa del femore. Questo processo degenerativo può avere diverse cause e comporta dolore e difficoltà nei movimenti con conseguenze invalidanti.

Che cos’è l’artrosi dell’anca?

Per artrosi dell’anca si intende l’infiammazione della cartilagine che ricopre l’articolazione dell’anca, questa infiammazione è spesso dovuta al deterioramento cartilagineo. La cartilagine permette lo scorrimento delle ossa l’una contro l’altra e funge da cuscinetto, evitando gli attriti.

Quali sono le cause dell’artrosi dell’anca?

Molteplici patologie possono condurre a tale situazione: la più comune e frequente è l’artrosi in senso lato, che comprende sia le forme di probabile origine meccanica (conseguenti ad alterazioni strutturali congenite), sia le forme degenerative (coxartrosi idiopatica), sia le forme acquisite (necrosi ischemiche, traumi, osteoporosi, ecc.). Altre frequenti cause sono le artriti infiammatorie (artrite reumatoide, psoriasica, ecc.).

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Quali sono i sintomi dell’artrosi dell’anca?

L’artrosi dell’anca si manifesta con dolore a livello dell’inguine che spesso raggiunge anche ginocchio e anca. Un’anca libera dal dolore, forte e mobile abbastanza da consentire una normale funzione e attività, è oggi un traguardo raggiungibile dal paziente. Il dolore cronico all’articolazione dell’anca può invalidare persone di ogni età, rendendo difficile e doloroso anche semplicemente camminare. Uno dei principali motivi del dolore deriva dalla perdita della normale congruenza delle superfici articolari, con abrasioni a carico del rivestimento cartilagineo, la cui funzione è proprio rendere levigate e scorrevoli tali superfici.

Prevenzione

Avere un peso nella norma, assumere posture corrette e non esercitare sovraccarico sull’articolazione sono strategie che riducono il rischio di artrosi dell’anca. Un’alimentazione ricca di vitamine, omega 3 e minerali e povera di alcol e di cibi di origine animale aiuta a mantenere in salute tutte le articolazioni.

Diagnosi

La diagnosi dell’artrosi dell’anca si effettua tramite:

  • Esame clinico
  • Esame radiografico

Trattamenti

Il trattamento dell’artrosi dell’anca, è l’impianto chirurgico di una protesi dell’anca.

I migliori prodotti per la cura delle ossa e dei dolori articolari

Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche per il benessere di ossa, legamenti, cartilagini e tendini e la cura dei dolori articolari. Noi NON sponsorizziamo né siamo legati ad alcuna azienda produttrice: per ogni tipologia di prodotto, il nostro Staff seleziona solo il prodotto migliore, a prescindere dalla marca. Ogni prodotto viene inoltre periodicamente aggiornato ed è caratterizzato dal miglior rapporto qualità prezzo e dalla maggior efficacia possibile, oltre ad essere stato selezionato e testato ripetutamente dal nostro Staff di esperti:

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Dibase (vitamina D): posologia, effetti collaterali [FOGLIETTO ILLUSTRATIVO]

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Roma Medicina Chirurgia Estetica Rughe Filler Cavitazione Peso Dimagrire Pancia Grasso Dietologo Cellulite Senologo Pene H Grasso Pancia Sex Sessuologo Auguri Buon Natale 2013 CURA FARMACI ANTICOLESTEROLODibase è un farmaco contenente Vitamina, usato nell’integrazione di tale vitamina.

Indicazioni: Prevenzione e trattamento della carenza di vitamina D.

Forma farmaceutica e contenuto

  • Gocce orali, soluzione: flacone in vetro ambrato, chiuso con una capsula a prova di bambino in polipropilene. La confezione contiene 1 flacone da 10 ml ed 1 contagocce.
  • Soluzione orale: contenitore in vetro ambrato, chiuso con una capsula in polipropilene. Confezioni da 1, da 2 o da 4 contenitori monodose da 2,5 ml.
  • Soluzione iniettabile : fiale in vetro ambrato. Confezioni da 6 fiale da 100.000 U.I./ml e da 2 fiale da 300.000 U.I./ml

Controindicazioni

  • Ipersensibilità al colecalciferolo o a uno qualsiasi degli eccipienti.
  • Ipercalcemia, ipercalciuria.
  • Calcolosi renale (nefrolitiasi, nefrocalcinosi).
  • Insufficienza renale.

Precauzioni

  • Nei pazienti anziani già in trattamento con glicosidi cardiaci o diuretici è importante monitorare la calcemia e la calciuria. In caso di ipercalcemia o di insufficenza renale, ridurre la dose o interrompere il trattamento.
  • Il prodotto deve essere prescritto con cautela a pazienti affetti da sarcoidosi, a causa del possibile incremento del metabolismo della vitamina D nella sua forma attiva. In questi pazienti occorre monitorare il livello del calcio nel siero e nelle urine.
  • Pazienti affetti da insufficienza renale presentano un alterato metabolismo della vitamina D; perciò, se devono essere trattati con colecalciferolo, è necessario monitorare gli effetti sull’omeostasi di calcio e fosfato.

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Interazioni
Informare il medico o il farmacista se si è recentemente assunto qualsiasi altro medicinale, anche quelli senza prescrizione medica.

  • L’uso concomitante di anticonvulsivanti o barbiturici può ridurre l’effetto della vitamina D3 per inattivazione metabolica. In caso di trattamento con diuretici tiazidici, che riducono l’eliminazione urinaria del calcio, è raccomandato il controllo delle concentrazioni sieriche di calcio.
  • L’uso concomitante di glucocorticosteroidi può ridurre l’effetto della vitamina D3.
  • In caso di trattamento con farmaci contenenti la digitale, la somministrazione orale di calcio combinato con la vitamina D aumenta il rischio di tossicità della digitale (aritmia). È pertanto richiesto lo stretto controllo del Medico e, se necessario, il monitoraggio elettrocardiografico e delle concentrazioni sieriche di calcio.
  • Un concomitante uso di antiacidi contenenti alluminio può iterferire con l’efficacia del farmaco, diminuendo l’assorbimento della vitamina D, mentre preparati contenenti magnesio possono esporre al rischio di ipermagnesiemia.
  • Studi sugli animali hanno suggerito un possibile potenziamento dell’azione del warfarin quando somministrato con calciferolo. Sebbene non vi siano simili evidenze con l’impiego di colecalciferolo è opportuno usare cautela quando i due farmaci vengono usati contemporaneamente.
  • La colestiramina, il colestipolo e l’orlistat riducono l’assorbimento della vitamina D, mentre l’alcoolismo cronico diminuisce le riserve di Vitamina D nel fegato

Avvertenze

  • Considerare la dose totale di vitamina D quando si assumono altri prodotti che contengono già vitamina D, cibi addizionati con vitamina D o in caso di utilizzo di latte arricchito con vitamina D.
  • L’assunzione prolungata di alti dosaggi di vitamina D deve essere effettuata sotto stretto controllo medico.

Chiedere consiglio al medico nei seguenti casi, in cui può essere necessario un aumento dei dosaggi rispetto a quelli standard:

  • soggetti in trattamento con anticonvulsivanti o barbiturici (vedere “Interazioni”);
  • soggetti in trattamento con terapie corticosteroidee (vedere “Interazioni”);
  • soggetti in trattamento con ipolipidemizzanti quali colestipolo, colestiramina e orlistat (vedere “Interazioni”);
  • soggetti in trattamento con antiacidi contenenti alluminio (vedere “Interazioni”);
    soggetti obesi;
  • patologie digestive (malassorbimento intestinale, mucoviscidosi o fibrosi cistica);
    insufficienza epatica.

Gravidanza e allattamento
Chiedere consiglio al medico o al farmacista prima di prendere qualsiasi medicinale. Nei primi 6 mesi di gravidanza la vitamina D deve essere assunta con cautela per il rischio di effetti teratogeni. Quando necessario, la vitamina D può essere prescritta durante l’allattamento. Tale supplementazione non sostituisce la somministrazione di vitamina D nel neonato.

Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari
Non sono disponibili dati sugli effetti del prodotto sulla capacità di guidare. Tuttavia, un effetto su tale capacità è improbabile.

Posologia
DIBASE può essere somministrato a cadenza giornaliera, settimanale, mensile o annuale. In caso di terapia per via orale, si raccomanda di assumere DIBASE durante i pasti. La terapia per via intramuscolare è indicata solo in caso di sindromi da malassorbimento.

Prevenzione della carenza di vitamina D:
La somministrazione preventiva di DIBASE è consigliata in tutte le condizioni caratterizzate da maggior rischio di carenza o da aumentato fabbisogno. È generalmente riconosciuto che la prevenzione della carenza di vitamina D deve essere effettuata in maniera sistematica nel neonato (in particolare nel prematuro), nel lattante, nella donna in gravidanza (ultimo trimestre) e nella donna che allatta alla fine dell’inverno e in primavera, nel soggetto anziano, eventualmente nel bambino e nell’adolescente se l’esposizione solare è insufficiente.

Trattamento della carenza di vitamina D:
A titolo indicativo si fornisce il seguente schema posologico, da adattare a giudizio del medico sulla base della natura e gravità dello stato carenziale.

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DIBASE 10.000 U.I./ml gocce orali, soluzione

Le posologie giornaliere sotto indicate possono essere assunte anche una volta alla settimana moltiplicando per sette la dose giornaliera indicata.

Neonati, Bambini e Adolescenti (< 18 anni)
Prevenzione: 2-4 gocce al giorno (pari a 500-1000 U.I. di vitamina D3).
Trattamento: 8-16 gocce al giorno (pari a 2.000-4.000 U.I. di vitamina D3) per 4-5 mesi.

Donne in gravidanza
3-4 gocce al giorno (pari a 750-1.000 U.I. di vitamina D3) nell’ultimo trimestre.

Adulti e Anziani
Prevenzione: 3-4 gocce al giorno (pari a 750-1.000 U.I. di vitamina D3). In soggetti ad alto rischio di carenza può essere necessario aumentare il dosaggio fino a 8 gocce al giorno (pari a 2.000 U.I. di vitamina D3).
Trattamento: 20-40 gocce al giorno (pari a 5.000-10.000 U.I. di vitamina D3) per 1-2 mesi.

Istruzioni per l’uso
La confezione contiene un flacone ed un contagocce. Il flacone è dotato di una capsula a prova di bambino. Il contagocce è dotato di una custodia. Per l’impiego seguire le istruzioni sotto riportate:

  • aprire il flacone rimuovendo la capsula nel modo seguente: premere e contemporaneamente svitare
  • svitare la custodia in plastica che avvolge la punta del contagocce
    inserire il contagocce nel flacone per prelevare il contenuto.
  • Dosare in un cucchiaino il numero di gocce prescritte dal medico e assumere;
    chiudere il flacone
  • Riavvitare la custodia sulla punta del contagocce;
    riporre il flacone ed il contagocce nella confezione.
    DIBASE 25.000 U.I./2,5 ml soluzione orale

Neonati, Bambini e Adolescenti (< 18 anni)
Prevenzione: 1 contenitore monodose (pari a 25.000 U.I. di vitamina D3) ogni 1-2 mesi .
Trattamento: 1 contenitore monodose (pari a 25.000 U.I. di vitamina D3) una volta a settimana per 16-24 settimane.

Donne in gravidanza
1 contenitore monodose (pari a 25.000 U.I. di vitamina D3) una volta al mese nell’ultimo trimestre.

Adulti e Anziani
Prevenzione: 1 contenitore monodose (pari a 25.000 U.I. di vitamina D3) una volta al mese. In soggetti ad alto rischio di carenza può essere necessario aumentare il dosaggio a 2 contenitori monodose (pari a 50.000 U.I. di vitamina D3) una volta al mese.
Trattamento: 2 contenitori monodose (pari a 50.000 U.I. di vitamina D3) una volta alla settimana per 8-12 settimane.

DIBASE 50.000 U.I./2,5 ml soluzione orale

Neonati, Bambini e Adolescenti (< 18 anni)
Prevenzione: 1 contenitore monodose (pari a 50.000 U.I. di vitamina D3) ogni 2-4 mesi
Trattamento: 1 contenitore monodose (pari a 50.000 U.I. di vitamina D3) una volta a settimana per 8-12 settimane.

Donne in gravidanza
2 contenitori monodose (pari a 100.000 U.I. di vitamina D3) all’inizio dell’ultimo trimestre.

Adulti e Anziani
Prevenzione: 1 contenitore monodose (pari a 50.000 U.I. di vitamina D3) ogni 2 mesi. In soggetti ad alto rischio di carenza può essere necessario aumentare il dosaggio a 1 contenitore monodose (pari a 50.000 U.I. di vitamina D3) una volta al mese.
Trattamento: 1 contenitore monodose (pari a 50.000 U.I. di vitamina D3) una volta alla settimana per 8-12 settimane

DIBASE 100.000 U.I./ml soluzione iniettabile

Neonati fino a 24 mesi
Prevenzione: Si consiglia di somministrare le dosi con DIBASE 10.000 U.I. /ml gocce orali, soluzione oppure con DIBASE 25.000 U.I./2,5 ml soluzione orale o con DIBASE 50.000 U.I. /2,5 ml soluzione orale.
Trattamento: 1 fiala (pari a 100.000 U.I. di vitamina D3) una volta al mese per 4-6 mesi.

Bambini e Adolescenti (2-18 anni)
Prevenzione: 1 fiala (pari a 100.000 U.I. di vitamina D3) ogni 4-8 mesi.
Trattamento: 1 fiala (pari a 100.000 U.I. di vitamina D3) una volta al mese per 4-6 mesi.

Donne in gravidanza
1 fiala (pari a 100.000 U.I. di vitamina D3) all’inizio dell’ultimo trimestre.

Adulti e Anziani
Prevenzione: 1 fiala (pari a 100.000 U.I. di vitamina D3) ogni 4 mesi. In soggetti ad alto rischio di carenza può essere necessario aumentare il dosaggio a 1 fiala (pari a 100.000 U.I. di vitamina D3) ogni 2 mesi.
Trattamento: 2 fiale (pari a 200.000 U.I. di vitamina D3) una volta al mese per 3 mesi.

Istruzioni per l’uso
Le dosi possono essere somministrate per via orale o intramuscolare. Le fiale sono dotate di anello di prerottura e devono essere aperte nel modo seguente: tenere con una mano la parte inferiore della fiala; porre l’altra mano sulla parte superiore posizionando il pollice al di sopra dell’anello bianco ed esercitare una pressione.

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DIBASE 300.000 U.I./ml soluzione iniettabile

Neonati fino a 24 mesi
Si consiglia di somministrare le dosi con DIBASE 10.000 U.I. /ml gocce orali, soluzione oppure con DIBASE 25.000 U.I./2,5 ml soluzione orale o con DIBASE 50.000 U.I. /2,5 ml soluzione orale.

Bambini e Adolescenti (2-18 anni)
Prevenzione: 1 fiala (pari a 300.000 U.I. di vitamina D3) una volta all’anno.
Trattamento: 1 fiala (pari a 300.000 U.I. di vitamina D3) da ripetere dopo 3 mesi.

Adulti e Anziani
Prevenzione: 1 fiala (pari a 300.000 U.I. di vitamina D3) una volta all’anno. In soggetti ad alto rischio di carenza può essere necessario aumentare il dosaggio a 1 fiala (pari a 300.000 U.I. di vitamina D3) ogni 6 mesi.
Trattamento: 1 fiala (pari a 300.000 U.I. di vitamina D3) da ripetere dopo 6 settimane.

Istruzioni per l’uso
Le dosi possono essere somministrate per via orale o intramuscolare. Le fiale sono dotate di anello di prerottura e devono essere aperte nel modo seguente: tenere con una mano la parte inferiore della fiala; porre l’altra mano sulla parte superiore posizionando il pollice al di sopra dell’anello bianco ed esercitare una pressione.

Sovradosaggio
Interrompere l’assunzione di DIBASE quando la calcemia supera i 10,6 mg /dl (2,65 mmol/l) o se la calciuria supera 300 mg/24 h negli adulti o 4-6 mg/kg/die nei bambini. Il sovradosaggio si manifesta come ipercalciuria e ipercalcemia, i cui sintomi sono i seguenti: nausea, vomito, sete, polidipsia, poliuria, costipazione e disidratazione. Sovradosaggi cronici possono portare a calcificazione vascolare e degli organi, come risultato dell’ipercalcemia Il sovradosaggio durante i primi 6 mesi di gravidanza può avere effetti tossici nel feto: esiste una correlazione tra eccesso di assunzione o estrema sensibilità materna alla vitamina D durante la gravidanza e ritardo dello sviluppo fisico e mentale del bambino, stenosi aortica sopravalvolare e retinopatia. L’ipercalcemia materna può anche portare alla soppressione della funzione paratiroidea nei neonati con conseguente ipocalcemia, tetania e convulsioni.

Trattamento in caso di sovradosaggio
Interrompere la somministrazione di DIBASE e procedere alla reidratazione. In caso di ingestione/assunzione accidentale di una dose eccessiva di DIBASE avvertire immediatamente il medico o rivolgersi al più vicino ospedale. Per qualsiasi dubbio sull’uso di DIBASE, rivolgersi al medico.

Effetti collaterali di Dibase
Come tutti i medicinali, DIBASE può causare effetti indesiderati sebbene non tutte le persone li manifestino. Se la posologia è conforme alle effettive esigenze individuali, DIBASE è ben tollerato, grazie anche alla capacità dell’organismo di accumulare il colecalciferolo nei tessuti adiposi e muscolari. Gli effetti indesiderati segnalati con l’uso della vitamina D sono i seguenti:

  • reazioni di ipersensibilità,
  • debolezza,
  • anoressia,
  • sete,
  • sonnolenza,
  • stato confusionale,
  • cefalea,
  • costipazione,
  • flatulenza,
  • dolore addominale,
  • nausea, vomito,
  • diarrea,
  • gusto metallico,
  • secchezza delle fauci,
  • rash,
  • prurito,
  • nefrocalcinosi,
  • poliuria,
  • polidipsia,
  • insufficienza
  • renale,
  • ipercalciuria,
  • ipercalcemia.

Scadenza e Conservazione
Vedere la data di scadenza riportata sulla confezione. Il periodo di validità si intende per il prodotto in confezionamento integro, correttamente conservato. La data di scadenza si riferisce all’ultimo giorno del mese. ATTENZIONE: Non usare DIBASE dopo la data di scadenza indicata sulla confezione.Conservare a temperatura non superiore ai 30°C. Non congelare. Conservare nella confezione originale per tenere il medicinale al riparo dalla luce.

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Micropene: i trattamenti per un pene troppo piccolo

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma COME FATTO PENE INTERNO UOMO SESSO Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PenePrima di iniziare la lettura, per meglio comprendere l’argomento, leggi anche: Micropene: quanto misura, complicazioni, c’è una cura?

La condizione di micropene può essere risolta facendo ricorso sia a una terapia ormonale (quindi farmacologica) sia a una terapia chirurgica.

TRATTAMENTO ORMONALE

Il trattamento ormonale consiste principalmente nella somministrazione di testosterone esogeno.
Per ottenere dei buoni risultati, tale cura dovrebbe iniziare durante la prima infanzia – quindi è fondamentale la diagnosi precoce – e interrompersi alla fanciullezza – per evitare spiacevole effetti collaterali come virilizzazione e maturazione ossea precoci.
Sui tempi e le modalità di somministrazione del testosterone esogeno, è bene sapere che:

  • L’assunzione dell’ormone non è mai continuativa. Infatti, massimo ogni 3 mesi è prevista un’interruzione temporanea della terapia.
  • Le vie di assunzione possibili sono quella intramuscolo e quella topica.

Se all’origine del micropene c’è una condizione di ipogonadismo (per esempio come nel caso di un portatore di sindrome di Klinefelter), la cura ormonale a base di testosterone esogeno deve riprendere durante l’adolescenza; molto spesso, in questi frangenti, le somministrazioni durano per tutta la vita.
Per quanto concerne la sua efficacia, il trattamento ormonale può avere particolare successo in alcuni pazienti e meno in altri, quindi varia da persona a persona. In ogni caso, raramente fa sì che il pene raggiunga una lunghezza considerata normale.

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Deficienza di 5-alfa reduttasi

In presenza di una deficienza di 5-alfa reduttasi (quindi quando c’è una mutazione genetica a carico del gene SRD5A2), i medici possono prescrivere una terapia a base di diidrotestosterone esogeno. I risultati ottenibili da un siffatto trattamento sono più che soddisfacenti.
A tal proposito, è importante sottolineare che il ricorso al diidrotestosterone avviene in tutti quei casi in cui c’è una risposta ridotta alla cura con testosterone esogeno.

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TRATTAMENTO CHIRURGICO

Il trattamento chirurgico del micropene consiste in un intervento particolare e molto delicato, chiamato falloplastica di allungamento.
Durante una falloplastica di allungamento, il chirurgo preleva da un avambraccio del paziente una porzione di tessuto cutaneo, che applica attorno al piccolo pene, creando una sorta di involucro cilindrico.
Quindi, su questo involucro cilindrico, opera nel seguente modo:

  • Lo fa raggiungere da una rete di vasi sanguigni e lo innerva. La costruzione di un sistema vascolare serve per la capacità d’erezione, mentre l’innervazione per la sensibilità durante i rapporti sessuali.
  • Vi inserisce una protesi gonfiabile (N.B: in genere, sono protesi ripiene di liquido), dotata di un canale interno per l’espulsione dell’urina e dello sperma. In altre parole, nella protesi c’è un’uretra sintetica.

Se c’è il consenso del paziente, il chirurgo può anche migliorare l’aspetto estetico dell’involucro cilindrico, ricostruendovi, al suo apice, il glande (glanduloplastica).
La falloplastica di allungamento è un’operazione alquanto invasiva, pertanto non è esente da rischi e complicazioni.

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TRATTAMENTI CHIRURGICI DEL PASSATO

In passato, soprattutto su influenza dello psicologo e sessuologo John William Money (1921-2006), si diffuse la teoria secondo cui i portatori del micropene fossero delle “donne mancate” e che, per questo, era necessario ricorrere a una terapia particolare, nota come riassegnazione del sesso.
Brevemente, la riassegnazione del sesso consisteva in: un intervento chirurgico per la modificazione dell’apparato genitale (in un maschio, si provvedeva alla sostituzione del pene con una vagina), cure ormonali e terapia psicologica finalizzata all’accettazione della nuova condizione sessuale.
A partire dal 1975, dopo l’emblematico caso di un certo Bruce Reimer, gli studi e le teorie sulla riassegnazione del sesso, portate avanti da Money, destarono sdegno e furono oggetto di aspre critiche in più parti del mondo. Fu così, quindi, che diversi medici e rappresentanti della carta stampata si incaricarono di screditare l’operato di Money, affermando come la riassegnazione del sesso fosse un trattamento del tutto illogico.
A questo punto, riteniamo opportuno precisare che i soggetti con micropene nascono con un corredo cromosomico XY, come gli uomini con un pene di dimensioni normali.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo

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Pelle screpolata: cause e rimedi naturali per viso e corpo

Dott Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Medicina Chirurgia Estetica Plastica Cavitazione Endocrinolog Dietologo Nutrizionista Roma Cellulite Sessuologia Ecografie DermatologiaPsicologia Clinica Mani screpolate curaLa pelle screpolata è una pelle che si presenta, ruvida, spenta e con piccole lesioni superficiali causate da un’eccessiva secchezza. La cute normale ha, infatti, un aspetto morbido ed elastico dovuto al contenuto di acqua che non evapora grazie alla presenza di oli che trattengono l’umidità negli strati più profondi. Quando, per cause varie, si altera il film lipidico, la pelle perde la sua elasticità, diventa secca e squamata e l’accumulo delle cellule morte provoca le screpolature soprattutto nelle zone in cui questa è più sensibile come la pelle del viso, quella delle zone vicine agli organi genitali ed anche quella delle giunture, gomiti e ginocchia.

Cause della pelle screpolata

Sulla screpolatura della pelle oltre a fattori esterni, quali esposizione al sole o al vento, bagni frequenti, detergenti aggressivi, caldo e freddo sia naturali che artificiali, agiscono altri fattori come la predisposizione genetica l’età, le abitudini alimentari, lo stile di vita e la cura che uno è abituato a prestare quotidianamente alla propria pelle. Esaminiamo nel dettaglio tali fattori:

  • Il clima: l’esposizione della pelle ad un clima troppo freddo o troppo caldo danneggia il film lipidico (strato protettivo costituito da acqua e sebo) favorendo l’evaporazione dell’acqua e quindi la secchezza della cute.
  • Cattive abitudini: lavaggi eccessivi, magari con saponi molto aggressivi sono anch’essi responsabili dell’ impoverimento del film protettivo che riveste la pelle e quindi causa si secchezza e screpolature.
  • Predisposizione genetica: secchezza e screpolatura sono ereditarie, spesso i membri della stessa famiglia presentano tali disturbi.
  • Età: con il passare degli anni, a pelle si assottiglia, assume un aspetto rugoso e perde gran parte del grasso sottocutaneo con conseguente riduzione dell’effetto isolante. Tutte queste variazioni aumentano la predisposizione alla secchezza ed alle screpolature.
  • Cattiva alimentazione: l’abuso di alcol, caffè, fumo, e una dieta povera di proteine, aminoacidi ed acidi grassi insaturi provocano un’alterazione della struttura cutanea ed anche secchezza e screpolature.
  • Farmaci: alcuni farmaci come i diuretici, provocano un’eccessiva disidratazione della pelle che sarà molto più soggetta a screpolarsi.

Alcune patologie hanno tra i sintomi principali un’eccessiva secchezza della pelle che si presenterà desquamata e screpolata. Tra le più comuni abbiamo:

  • Dermatiti: malattie infiammatorie degli strati superficiali della pelle che interessano alcune parti del corpo. la dermatite è una reazione all’eccessiva secchezza della pelle che presenterà fessurazioni e desquamazioni.
  • Psoriasi: è caratterizzata da placche rilevate coperte di squame su cuoio capelluto, gomiti, ginocchia.
  • Pitiriasi rosea: una patologia che presenta la comparsa di piccole chiazze squamose sul tronco.
  • Anoressia nervosa: disturbo del comportamento alimentare che presenta tra i suoi sintomi disidratazione e quindi pelle secca e screpolata.
  • Intolleranze alimentari: reazioni dell’organismo a determinati cibi che possono, tra l’altro, provocare eruzioni cutanee con pelle desquamata e screpolata.
  • Ipotiroidismo: patologia dovuta ad un insufficiente produzione d ormoni tiroidei che provoca un’alterazione del film lipidico della pelle con secchezza e screpolature.
  • Sindrome di Sjögren: patologia autoimmune che provoca secchezza delle mucose e della pelle.

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Prevenzione e cura per la pelle screpolata

Per mantenere la pelle elastica ed in salute è necessario avere delle piccole attenzioni quotidiane, ovvero prendersi cura della pelle in modo costante e regolare, la prevenzione, infatti, costituisce senza ombra di dubbio il rimedio più efficace per prevenire le screpolature della pelle sia del viso che del corpo.

Crema idrante e detersione della pelle

Soprattutto chi ha una pelle secca dovrebbe cercare di rispettare un punto basilare, ovvero applicare almeno due volte al giorno una buona crema idrante e nutriente sul viso e nelle zone in cui la pelle è più  sensibile. L’utilizzo di creme idratanti a base di con vasellina, olio minerale o glicerina può essere considerato come il più elementare dei rimedi per la pelle secca poichè trattengono i liquidi cutanei e quindi prevengono la formazione di screpolature. Ad esse vanno aggiunte anche creme emollienti a base di oli vegetali ricchi di grassi polinsaturi quali l’olio di jojoba, l’olio di mandorle il burro di karitè o anche il comune olio di oliva che hanno proprietà emollienti ed aiutano a stimolare il rinnovamento cutaneo. Le creme idratanti vanno applicate su viso e corpo al mattino dopo il lavaggio, mentre le creme nutrienti vanno preferibilmente applicate di sera in modo che possano essere assorbite. Prima di applicare la crema bisogna naturalmente, detergere la pelle e pulirla a fondo utilizzando prodotti adeguati. I detergenti devono, infatti, essere delicati, con pH neutro per rispettare i valori fisiologici e non irritare la pelle. Per una corretta pulizia del viso è necessario utilizzare ogni sera struccanti e tonici per eliminare ogni residuo di trucco. Per avere una pelle liscia ed elastica è inoltre necessario, almeno una volta a settimana,utilizzare prodotti esfolianti che eliminano le cellule morte il cui accumulo è responsabile delle screpolature.

Alimentazione appropriata

Seguire una dieta sana ed equilibrata ricca sia di macronutrienti, ovvero proteine, carboidrati e grassi, che di micronutrienti, vitamine e sali minerali, è un presupposto fondamentale alla salute della pelle. Ma quali cibi preferire in caso di pelle screpolata?

  • Per mantenere una pelle idratata dall’interno è anzitutto necessario bere molti liquidi: almeno due litri nell’arco della giornata. Oltre all’acqua è consigliabile bere tisane a base di te verde o di tarassaco ricchi di vitamine e sali minerali che oltre ad idratare purificano la pelle.
  • Assumere cibi ricchi di vitamina A, quali pesce, fegato, e vegetali a colorazione giallo-arancio (carote, zucca, albicocche) ricchi di carotenoidi molecole che trattengono l’acqua nell’epidermide prevenendo disidratazione, secchezza e screpolature.
  • Assumere cibi contenenti vitamina B2 quali cerali integrali, verdura a foglie larghe per prevenire la screpolatura delle labbra.
  • Non possono mancare alimenti ricchi di vitamina E quali mandorle, oli vegetali, cereali integrali per proteggere la pelle dai danni dei raggi solari.
  • I sali minerali, quali sodio e potassio, regolano l’equilibrio idrico della pelle, per cui è importante assumere molta frutta e verdure fresche.
  • Oli di arachidi, noci, soia, e pesce aiutano infine a limitare l’evaporazione dell’acqua cutanea grazie al loro contenuto di acidi grassi essenziali omega 3 ed omega 6

Rimedi casalinghi per la pelle screpolata del viso e del corpo

Ad ogni modo per attenuare la visibilità ed i fastidi legati alla pelle screpolata è possibile utilizzare dei rimedi casalinghi fai da te, in alternativa a creme e maschere adatte ad idratare a fondo la pelle favorendone il ricompattamento, acquistabili in farmacia, in profumeria e nei supermercati. Maschere e oli vari, sia acquistati che fai da te, possono essere anche usati a scopo preventivo l’ideale sarebbe, infatti, utilizzarli almeno una volta ogni due settimane anche quando le screpolature non sono particolarmente evidenti.

Per la pelle del viso: mescolare un vasetto di yogurt bianco naturale a due cucchiaini di miele fino ad ottenere un impasto omogeneo da applicare sul viso e lasciare agire per circa 15 -20 minuti. La maschera deve essere eliminata con un batuffolo di cotone bagnato con po’ d’acqua tiepida.

Per le labbra: per contrastare le labbra secche e screpolate mescolare un cucchiaino di alginato di sodio (sale estratto dalle alghe) con un bicchiere di acqua finchè non sarà sciolto completamente. Fare raffreddare e picchiettare sulle labbra più volte al giorno.

Per il naso: mescolare ½ cucchiaino di glicerina vegetale con ½ cucchiaino di acqua. Applicare il composto sul naso con un movimento rotatorio.

Per il corpo: bollire 3 cucchiaini di amido di mais disciolto in un bicchiere d’acqua per circa 3 minuti. Aggiungere 1 cucchiaino di polvere di lisina (aminoacido), 1 cucchiaino di polvere di vitamina C, 1 capsula di vitamina E e mescolare finchè gli ingredienti non saranno sciolti. Fare raffreddare ed applicare dopo aver fatto la doccia.

Il parere del dermatologo

Quando la screpolatura della pelle permane per un periodo di tempo più o meno lungo e non sembra attenuarsi neanche riducendo i fattori che possono ritenersi scatenanti, ricorrere al parere di un dermatologo per farsi indicare la terapia migliore per la pelle screpolata.

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Cure palliative: cosa sono ed a che servono?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma MORBO ALZHEIMER PSICOSOCIALE COGNITIVO Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PeneUna terapia si definisce “palliativa” (in inglese “palliative care“) quando non va direttamente a curare la causa della patologia, bensì si occupa di alleviare i sintomi che essa procura al paziente, dando la possibilità a quest’ultimo di godere della migliore qualità di vita possibile, specie in caso di malattia terminale, cioè una malattia che non può essere curata e che condurrà il paziente a morte in un tempo variabile.

Le terapie palliative si distinguono quindi fortemente dalle terapie eziologiche:

  • terapia eziologica: cura le cause dirette della malattia ed è in grado di far guarire il paziente;
  • terapia palliativa: cura i sintomi causati dalla malattia, assicura una migliore qualità di vita al paziente ma non è in grado di guarirlo.

Il paziente sotto cura palliativa riceve farmaci e si sottopone a terapie per controllare il dolore (terapia del dolore) e altri sintomi come la costipazione, la nausea e i problemi respiratori. Il paziente terminale – e la sua famiglia – riceve inoltre supporto psicologico e spirituale, in modo da non dover affrontare da solo un momento tanto difficile.

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Chi si occupa delle cure palliative?
Le cure sono fornite grazie al contributo decisivo di medici, infermieri, psicologi, fisiatri; e associazioni di volontari specializzate che forniscono assistenza umana ed altamente professionale h24, festivi inclusi, insieme a materiale sanitario quali “aste” per flebo e materassini con lettino anti-decubito, utili in questo tipo di pazienti che sono nella maggioranza di casi allettati.

Obiettivo delle cure palliative
Obiettivo principale delle cure palliative è dare senso e dignità alla vita del malato fino alla fine, alleviando prima di tutto il suo dolore, e aiutandolo con i supporti non di ambito strettamente medico. Questo tipo di medicina non è solo una semplice cura medica, ma può favorire un percorso di riconciliazione e pacificazione rispetto alla vita del malato e delle persone che gli stanno attorno.

Le cure palliative:

  • danno dignità al malato;
  • affermano il valore della vita, considerando la morte come un evento naturale;
  • non prolungano né abbreviano l’esistenza del malato;
  • provvedono al sollievo dal dolore e dagli altri sintomi;
  • considerano anche gli aspetti psicologici e spirituali;
  • offrono un sistema di supporto per aiutare il paziente a vivere il più attivamente possibile sino al decesso;
  • aiutano la famiglia dell’ammalato a convivere con la malattia e poi con il lutto.

“Tu sei importante perché sei tu e sei importante fino alla fine”

Frase della dottoressa Cicely Saunders, la prima a concepire gli Hospice come luogo e metodo di trattamento dei malati e delle malattie terminali.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Differenza tra tumore e tessuto normale con esempi di tumori benigni e maligni

MEDICINA ONLINE CELLULA CELL ORGANELLI MITOCONDRIO RECETTORI BIOLOGIA FARMACOLOGIA TIPI CLASSIFICAZIONE TESSTUO ORMONI LIGANDOTessuto normale

Nei tessuti sani sono presenti cellule, come quella che vedete raffigurata nel disegno in alto, che si replicano in modo organizzato, secondo un preciso schema di stimoli che portano alla mitosi, cioè il processo grazie al quale da una singola cellula si formano due cellule figlie. Tali stimoli sono attentamente regolati dall’organismo, in modo da evitare che i tessuti possano letteralmente espandersi all’infinito. Le cellule possono certamente aumentare di numero (iperplasia) o in dimensione (ipertrofia), ma sempre in un modo “deciso” dall’organismo e seguendo precise regole che ne evitino una proliferazione incontrollata. Per approfondire, leggi anche:

Tumore

In caso di “tumore” (dal latino tumor, “rigonfiamento”) siamo invece di fronte ad una cellula danneggiata nelle sue “istruzioni genetiche” che inizia a replicarsi in modo incontrollato e che persiste in questo stato di anche dopo la cessazione degli stimoli che hanno indotto inizialmente la replicazione. La cellula danneggiata dà origine ad una enorme quantità di cellule figlie che a loro volta si replicheranno in modo incontrollato. Il risultato sarà una massa di tessuto anormale che cresce in modo scoordinato ed indeterminato che prende il nome di “tumore” (o di “neoplasia“, i due termini sono sinonimi). Il tumore può essere “benigno” e permanere nel sito dove ha originato, sotto forma di tumore primario, oppure può essere “maligno” ed avere quindi la capacità di colonizzare altri organi e tessuti (metastasi). Il tumore maligno è denominato anche “cancro“.

Leggi anche: Cosa sono le metastasi? Tutti i tumori danno metastasi?

Esempi di tumori benigni

Esempi di tumori benigni sono (tra parentesi il tessuto da cui originano):

  • angioma o emangioma (vasi sanguigni);
  • fibroma (tessuto connettivo);
  • papilloma (epitelio di rivestimento);
  • adenoma (epitelio ghiandolare);
  • lipoma (tessuto adiposo);
  • condroma (cartilagine);
  • leiomioma (tessuto muscolare liscio);
  • rabdomioma (muscolo striato);
  • meningioma (meningi);
  • neurocitoma (neuroni);
  • glioma (glia, cellule non neuronali del sistema nervoso).

Esempi di tumori maligni (cancro)

Esempi di tumori maligni sono (tra parentesi il tessuto da cui originano):

  • angiosarcoma (vasi sanguigni);
  • fibrosarcoma (tessuto connettivo);
  • carcinoma (epitelio di rivestimento);
  • adenocarcinoma (epitelio ghiandolare);
  • liposarcoma (tessuto adiposo);
  • condrosarcoma (cartilagine);
  • leiomiosarcoma (tessuto muscolare liscio);
  • rabdomiosarcoma (muscolo striato);
  • meningioma maligno (meningi);
  • neuroblastoma (neuroni);
  • melanoma (melanociti presenti nella pelle);
  • glioblastoma (glia, cellule non neuronali del sistema nervoso);
  • Linfoma Mieloma (linea ematopoietica linfoide);
  • Leucemia mieloide (linea ematopoietica mieloide);
  • seminoma (cellule germinali del testicolo).

Organi frequentemente colpiti da tumori maligni, sono la mammella, i polmoni, il pancreas, il colon e la prostata.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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