Black Monday 19 ottobre 1987: il lunedì nero dell’economia mondiale

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Indice Dow Jones dal luglio 1987 al gennaio 1988

Forse siete qui perché avete appena visto il film di Martin Scorsese “The Wolf of Wall Street”, dove se ne parla nelle prime scene del film: mi riferisco al “lunedì nero“, il più grave crollo economico della storia dell’economia mondiale, un tipico cigno nero, cioè un evento inaspettato che cambia il mondo.

Tutto iniziò lunedì 19 ottobre 1987. Quella storica mattina molti operatori raccontarono di essere andati a lavorare con una strana sensazione di disagio, perché il venerdì precedente l’indice dei titoli industriali, il Dow Jones, era sceso di 108.35 punti.
Il primo mercato ad aprire dopo il weekend era stata la Borsa australiana di Melbourne. I prezzi furono messi sotto pressione fin dall’inizio, registrando grandi perdite. Anche a Tokio la Borsa aveva aperto più bassa, chiudendo tuttavia con una perdita limitata del 2,5%. Ma a Hong Kong non ci fu moderazione. In una febbrile attività di compravendita l’indice azionario perse l’11%, raggiunto il quale la Borsa sospese gli scambi per eccesso di ribasso per tutta la settimana. Lo scenario fu lo stesso a Singapore.

In vista di questi eventi le borse europee aprirono sotto la minaccia di una tempesta. A Londra e a Zurigo gli indici scesero dell’11% a Francoforte e a Parigi, Stoccolma e Copenhagen del 6% con pesanti vendite su tutti i comparti e in un’atmosfera da differenti livelli di panico collettivo. Prima della chiusura delle borse europee, le principali società finanziarie americane avevano iniziato le consuete riunioni della mattina per fare il punto sui mercati. Una era la Merrill Lynch, il cui analista capo, Robert J. Farrell, annunciò che era estremamente pessimista. “Una caduta di 200 punti” non sarebbe stata impossibile. Anche il presidente della Kidder, Peabody &Co., Max C. Chapman Jr. aveva visto le sue preoccupazioni aumentare nel weekend e quel lunedì mattina avvertì i suoi collaboratori che avrebbero dovuto affrontare una giornata difficile. E quando gli operatori arrivarono in ufficio in una terza società di intermediazione, la Donaldson, Lufkin & Jenrette, furono sorpresi nello scoprire che il consiglio d’amministrazione aveva assunto delle guardie armate per proteggersi dai clienti infuriati. La ramanzina del presidente, che si concludeva con queste parole: “Cerchiamo di ragionare a mente fredda e forse riusciremo a sopravvivere a questa situazione”, non risollevò certo il morale. Poi suonò il gong e iniziarono gli scambi.

Quando i primi prezzi iniziarono a scorrere sugli schermi dei computer l’indice industriale era a 2180 punti, 67 punti in meno rispetto al livello del venerdì precedente. Cinquanta milioni di azioni furono scambiate già nei primi 30 minuti dopo l’apertura. Poi i prezzi iniziarono a scendere lentamente e inesorabilmente, mentre gli scambi raggiunsero un livello mai registrato prima. Ogni minuto tre milioni di azioni cambiavano mani. Dopo un’ora, 140 milioni di azioni erano state scambiate e l’indice era sceso ulteriormente a 2145. Poi iniziò il vero collasso. Un operatore urlò “Stiamo affondando”, le linee telefoniche diventarono incandescenti e i computer non riuscivano più a tenere il passo, erano sempre più indietro rispetto agli scambi, riportando alla fine i prezzi delle azioni con mezz’ora di ritardo. La causa principale era stato il computer trading, allora molto diffuso. Un esercito di computer, programmati per tenere allineati i prezzi delle azioni con quelli dei future, iniziò a immettere sul mercato un flusso infinito di stop-order, dato che in quel momento i prezzi dei future erano inferiori del 20% a quello delle azioni sottostanti. Il mercato scese inesorabilmente, minuto dopo minuto, e nessuno aveva la minima idea di quanto sarebbe successo ancora. Alla Shearson Lehman gli operatori misero sulle loro scrivanie un cartello su cui c’era scritto: “Alle scialuppe di salvataggio!”

Quando finalmente arrivarono le 4 e suonò il gong di chiusura, si sentì l’urlo disperato di un operatore: “Questa è la fine del mondo!” Poi venne la quiete. Nel corso di sette ore l’indice azionario americano era sceso del 23% raggiungendo 1739 punti, con un volume record di 604 milioni di azioni.
Ma le borse non dormono a lungo. Un paio di ore dopo che la Borsa della West Coast aveva chiuso, aprì la Borsa di Tokio, in un evidente stato di shock. Nella prima mezz’ora di scambi 247 dei 250 principali titoli furono sospesi e gli altri vennero scambiati a prezzi che colavano a picco, chiudendo con una caduta del 15%.

Il martedì il mostro si scatenò anche in Europa. A Londra l’indice crollò del 12% e a Parigi il mercato aprì con un tonfo del 10%, raggiunto il quale i sistemi informatici della Borsa crollarono e gli scambi furono in parte sospesi. A Piazza Affari ci fu una caduta dei prezzi del 10% dall’inizio degli scambi. Poi diversi titoli guida furono sospesi. In Spagna cercarono di gestire la situazione con i titoli principali, ma alla fine sospesero tutti i titoli guida. L’Europa era capitolata e l’unica speranza era che gli Usa rompessero il circolo vizioso.

Quando New York aprì alle 15.30 (orario europeo), non sembrava che questo potesse accadere. Fin dall’apertura i prezzi fluttuarono selvaggiamente, e presto fu presa la decisione di sospendere gli scambi di quasi 90 titoli. Ma non appena il presidente della Borsa dichiarò la completa disfatta e una chiusura di tutta la Borsa, iniziò un rally frenetico e l’indice chiuse a 1841,01, il 6% in più del livello del giorno precedente.
Il mercoledì mattina era tutto finito. In tutto il mondo gli operatori iniziarono a lavorare in un mercato positivo, in cui tutto era come prima. Così improvvisamente come il mostro era apparso, scomparve di nuovo. Dopo i due giorni più strani della Borsa iniziò una fase di grandi guadagni e si diffuse una strana sensazione attraverso i mercati, in cui tutti facevano la stessa domanda: “Che cosa è successo?”.

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La disoccupazione modifica il tuo carattere, ecco come

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO TRISTE TRISTEZZA DEPRESSIONE (1)In Italia il tasso di disoccupazione a novembre dell’anno scorso raggiungeva quota 13,4%, in aumento di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente. Si trattava del massimo storico, il valore più alto sia dall’inizio delle serie mensili, gennaio 2004, sia delle trimestrali, ovvero dal 1977 (37 anni fa). La disoccupazione è un grave problema di qualsiasi società al mondo, che si ritrova a produrre meno ricchezza e benessere. Ma i problemi legati alla mancanza cronica di lavoro sono anche altri.

Disoccupazione e cervello

Essere disoccupati per lunghi periodi modifica il nostro carattere, riducendo lentamente una serie di qualità – dalla disponibilità alla precisione, dalla meticolosità alla franchezza – che sono requisiti essenziali per trovare un nuovo impiego. E, come in un circolo vizioso, più passa il tempo senza lavorare, più diventa difficile dimostrarsi all’altezza di un colloquio. Lo rivela uno studio dell’università di Stirling in Gran Bretagna pubblicato su “Journal of Applied Psychology”. Il campione preso in esame conta 6,769 tedeschi (3,763 uomini e 3,063 uomini), di cui 210 senza lavoro. Le caratteristiche prese in considerazione sono cinque: meticolosità, nervosismo, disponibilità, estroversione, franchezza.

Donne e uomini reagiscono diversamente alla disoccupazione

Le caratteristiche positive della personalità aumentano nelle fasi successive alla perdita di un precedente lavoro, come se ci fosse una sorta di ottimismo che ci porta a pensare di poter trovare subito un nuovo lavoro, tuttavia questi lati positivi diminuiscono tra sei mesi ed un anno di distanza dall’inizio della disoccupazione. Gli uomini diventano “meno brillanti” dopo circa due anni di inattività, mentre alle donne “bastano” dodici mesi per perdersi d’animo e tendere al negativo. Precisione e puntualità iniziano, invece, a latitare tra gli uomini di pari passo a giornate vuote e inconcludenti, in modo abbastanza lineare. La ricerca quindi conferma un concetto relativamente ovvio: la mancanza di lavoro produce un deterioramento del singolo individuo e, quindi, dell’intera società, oltre ad essere direttamente ed indirettamente causa di patologie gravi come l’insonnia cronica e la depressione.

Disoccupazione crea danni più gravi di quanto si immaginasse

Dallo studio appare chiaro il legame tra disoccupazione e psiche delle persone, legame che si manifesta in danni molto più gravi di quanto si pensasse precedentemente. “Dai risultati emerge che la disoccupazione ha delle implicazioni psicologiche più ampie di quanto si potesse pensare in precedenza”, commenta Christopher J. Boyce, responsabile dello studio, “La politica svolge un ruolo chiave nella prevenzione dei cambiamenti di personalità nella società, con tassi di disoccupazione più bassi e offrendo maggiore sostegno per i disoccupati”.
Vi lascio con l’augurio che questo brutto periodo di crisi passi per tutti, per il bene della singola persona e dell’intera Italia.

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Italiani: gli rubano il futuro e non dicono una parola…

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO CALCIO SPORT STADIOItaliani: gli rubano il futuro e non dicono una parola; gli rubano una partita di calcio e succede la fine del mondo

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Come vivere spendendo due euro al giorno

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO PENTOLA PADELLA CUCINA DIETA CIBO MANGIARE PATATEStando al rapporto Coop 2014 “Consumi e Distribuzione”, uscito all’inizio di settembre di quest’anno, gli italiani spendono in media per cibo e bevande il quattro percento in più rispetto agli altri paesi europei, ovvero il 18 percento delle spese totali. Dall’inizio della crisi sono comparsi articoli che illustrano strategie per massimizzare il risparmio. Tempo fa lessi anche di un libro, realizzato dalla Società Italiana di Gerontologia e Geriatria, pensato appositamente per spiegare ai pensionati come fosse possibile mangiare in modo soddisfacente con soli due euro al giorno. La storia dei due euro, però, non era esattamente veritiera: la stima che il libro proponeva andava da un minimo di 1,60 a un massimo di cinque euro al giorno, quindi una spesa che oscillava fra i 50 e i 150 euro mensili. Ho deciso allora di sottopormi personalmente, e in modo immersivo, a un esperimento sociale: provare a vivere per cinque giorni con due euro al giorno da destinare al cibo.

Continua la lettura su https://www.vice.com/it/article/pp78ay/italia-mangiare-con-2-euro-al-giorno-598

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Vuoi guadagnare 150 euro al mese senza fare nulla per il resto della tua vita? Ecco come fare

In periodi di crisi come quello che stiamo vivendo, il titolo che avete letto qui sopra credo faccia parecchio effetto. Ora che ho attirato la vostra attenzione mi accingo a spiegarvi il sistema che vi permetterà di guadagnare circa 150 euro al mese (ma anche di più!), senza pagare neanche un centesimo di tasse e senza fare evasione fiscale. In tutto sono circa 1800 euro all’anno, davvero una bella cifra, soprattutto se pensate che potrete guadagnarla per tutto il resto della vostra vita, senza fare assolutamente nulla! Questo guadagno non comporta alcun investimento iniziale, alcun rischio ed in più determina sul medio/lungo periodo la certezza di una serie di fantastici “guadagni accessori” di cui vi parlerò dopo. I 150 euro al mese sono assicurati: prima di proporlo a voi l’ho effettuato io stesso con grande successo! Anche alcuni miei amici, seguendo questo mio piccolo trucco, stanno guadagnando una marea di soldi e prevedono di guadagnare, fino alla loro vecchiaia, circa 80 mila euro, senza fare assolutamente nulla.

Purtroppo però non tutti possono usufruire di questo meraviglioso trucco, mi dispiace. E’ riservato soltanto ad una certa categoria di persone. Ed è solo a loro a cui, da ora in poi, parlerò: i fumatori.

Tutti i non fumatori possono tranquillamente tornare a lavorare per guadagnare qualche soldo.

Dedicato ai fumatori che passano la giornata a dire “non ho i soldi per arrivare a fine mese”

Ogni giorno della vostra vita per compravi un pacchetto di sigarette  spendete circa 5 euro al giorno, che magari vi sembrano anche pochi o comunque ragionevoli. Ma la vita è fatta di calcoli e quindi rispolveriamo la tabellina del 5 e scopriamo che per le “bionde” voi tirate fuori dal portafoglio circa 35 euro a settimana, cioè ben 150 euro ogni mese (cioè circa 300 mila lire, se siete abbastanza grandi da ricordarvi il vecchio conio). Da qui in poi le cose si fanno serie: ogni anno spendete quasi 2000 euro in sigarette. Moltiplicate 2000 euro per tutti gli anni che vi rimangono da vivere (l’aspettativa di vita in Italia è 82 anni, anche se per essere precisi voi fumatori vivete mediamente 11 anni in meno) ed avrete la cifra che guadagnereste smettendo di fumare in questo preciso momento. Sono sicuro che la cifra che vi è uscita dal calcolo è impressionante. Se ad esempio avete 32 anni, significa che, da oggi in poi, nel resto della vostra vita brucerete circa 100 MILA EURO in sigarette (per i nostalgici: circa 200 MILIONI DI LIRE).

“Da quanto tempo fumi?”
“Da trent’anni”, risponde il fumatore.
“Trent’ anni! Ma lo sai quanti soldi hai buttato? Se tu non avessi fumato ora potresti comprati una Ferrari!”.
“Scusa, ma tu fumi?”
“No”
“Allora, dov’è la tua Ferrari?

Guadagnare o risparmiare sono cose diverse

Barzellette a parte, qualcuno potrebbe obiettare che non sono soldi “guadagnati“, ma “risparmiati” e ciò non è la stessa cosa. Ma ne siete davvero sicuri? Immaginate di mettere faticosamente da parte 60 mila euro per la vostra vecchiaia, poi tra 30 anni arriva un ladro e vi ruba tutti i soldi: sono sicuro che vorreste acchiappare quel ladro e prenderlo a bastonate. Ebbene la sigaretta che state fumando in questo momento è esattamente quel ladro, e sta rubando i vostri soldi letteralmente sotto il vostro naso. Lentamente ma inesorabilmente.  Volete prendere il ladro a bastonate? Basta smettere di fumare! Altra scena. Immaginatevi tra 20 anni con 40 mila euro IN PIU’ in tasca. Vi sembra poco? Cosa vi potreste comprare con quella cifra? Materializzateli nel vostro conto in banca: 40 MILA EURO. Li potrete avere se oggi smettete di fumare, altrimenti non li avrete. Siete ancora davvero sicuri che “guadagnare” e “risparmiare” siano cose davvero così diverse? In economia non spendere equivale a guadagnare quando il ricavato dallo spendere (cioè il fantomatico “vantaggio del fumare”) non solo non esiste, ma anzi è controproducente.

La sigaretta in famiglia

Oltre voi, vostro marito/moglie/partner fuma? E vostro figlio? I famosi 40 mila euro gratis in più tra 20 anni potrebbero essere molti di più! Ma ci rendiamo tutti conto che in una famiglia in cui si fuma in 4 si spendono circa 80 MILA EURO ogni 10 anni solo in sigarette? Quella stessa famiglia che magari si lamenta del fatto che “non si riesce ad arrivare a fine mese”. E non si dica che fumare è una spesa necessaria perché è impossibile smettere: io ho fumato per 15 anni, fumavo più di un pacchetto al giorno, ho smesso e sono ancora vivo, più felice che mai. Ricorda:

Il fumo NON E’ MAI INDISPENSABILE, anzi, per vivere bene E’ INDISPENSABILE NON FUMARE!

I guadagni “accessori”

I guadagni “accessori” di cui parlavo all’inizio sono i migliori. Smettendo di fumare in questo momento non solo guadagnerete decine di migliaia di euro che altrimenti spendereste in infiniti pacchetti di sigarette, ma in più risparmierete anche migliaia di euro in farmaci, visite dallo pneumologo e – purtroppo – dall’oncologo ed infine dal chirurgo. E’ inutile che “tocchiate ferro o… altro“, non voglio certo portarvi sfortuna: il fatto è che inalare per anni sostanze radioattive e cancerogene (come il polonio 210 contenuto nella sigaretta che state fumando) statisticamente condurrà alcuni di voi nella nostra sala operatoria ed altri – ancora meno fortunati – a riposare per sempre 11 anni prima rispetto ai non fumatori. Non è un’opinione: è statistica, una materia che ci insegnano già al primo anno della facoltà di Medicina: chi fuma vive realmente 11 anni in meno rispetto ai non fumatori. Potete nascondere la verità a voi stessi, potete “fare corna“, potete trovare una scusa assurda sul tipo “tanto di qualcosa si dovrà pur morire“, potete pregare il dio della vostra religione, oppure potete affrontare il problema da persona intelligente e responsabile, smettere ORA e guadagnare una migliore qualità della vita e soprattutto la cosa più importante:

11 anni di vita in più da vivere coi vostri cari

Condividete questo articolo sulla bacheca di qualche vostro amico fumatore che volete che smetta di fumare, condividetelo con qualcuno a cui volete veramente bene.

NOTA BENE: ricordo che il sottoscritto ha fumato per 15 anni di vita, per poi smettere l’anno scorso e vivere benissimo da ex fumatore.

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Il cibo sano è troppo caro: solo i ricchi possono permetterselo

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO SUPERMERCATO MARKET CIBO SPESA CIBO CARRELLO COMPRARE ETICHETTA ALIMENTI DIETAUna dieta sana deve essere economicamente accessibile a tutti i gruppi di cittadini? La domanda è al centro del dibattito sia negli Stati Uniti sia in altri Paesi industrializzati. In Italia, il Barilla Center for Food and Nutrition (BCFN) è stato tra i primi a evidenziare criticamente il problema attraverso la pubblicazione della Doppia Piramide 2012. Se da un lato si afferma che per vivere in salute è indispensabile consumare almeno cinque porzioni di frutta e verdura al giorno, preferire cereali integrali, carni magre e limitare il consumo di alimenti ad alto contenuto energetico (che oltre ad avere un’elevata quantità di grassi saturi spesso presentano una qualità nutrizionale molto bassa), non è scontato che tutti possano fare queste scelte.

Continua la lettura su https://www.sivempveneto.it/troppo-caro-il-cibo-sano-negli-usa-solo-i-ricchi-possono-davvero-permetterselo-lo-sostiene-uno-studio/

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Gli italiani non vogliono più fare figli

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO NEONATO PIANGE TRISTE NERVOSO DEPRESSIONE POST PARTO PARTUM GENITORI PANNOLINI BIBERON LATTEStanno insieme, in coppia, ma non fanno figli. Perché sono tanti, oggi, i motivi per rimanere in due senza diventare tre: i figli è difficile educarli e non sai come ti crescono; il lavoro impegna troppo; i tempi sono pessimi e il futuro incerto. Così loro stanno insieme magari da una vita, ma di bambini non parlano: un silenzio con tante sfumature.

Continua la lettura su https://espresso.repubblica.it/attualita/2013/11/11/news/figli-no-grazie-1.140811/

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Per un malato di cancro vivere un anno in più costa 96 mila dollari

Dott Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Medicina Chirurgia Estetica Plastica Cavitazione Dieta Peso Dietologo Nutrizionista Roma Cellulite Sessuologia Ecografie DermatologiaMalato Cancro Vivere Costa 96mila dollariVi siete mai chiesti quanto vale un anno della vostra vita? Vi siete mai chiesti quanto sareste disposti a pagare per poterne vivere uno in più? Probabilmente no, ma c’è una persona che in questo preciso momento sta pensando proprio a questo. Kimm Fletcher è forse una delle poche donne al mondo che può quantificare il valore di un anno della sua vita: novantaseimila dollari. È il costo di un anno di trattamenti farmacologici contro il glioblastoma multiforme, una neoplasia del cervello che l’ha colpita nel 2010.

La storia di Kimm la racconta l’Huffington Post canadese: alla donna, una quarantunenne dell’Ontario madre di due figli piccoli, è stato diagnosticato un cancro al cervello nel 2010. Dopo un lungo ciclo di cure e un intervento, la malattia era andata in remissione. Qualche mese fa, però, tutto è precipitato di nuovo: il cancro è tornato e questa volta ha già raggiunto uno stadio troppo avanzato perché Kimm possa sperare di farcela. I medici le hanno dato due mesi di vita.

«Dire ai miei figli che sto morendo è stata la cosa peggiore che abbia mai dovuto fare in vita mia».

L’inevitabile, però, può essere rimandato di qualche mese: un farmaco, l’Avastin, potrebbe regalare a Kimm e alla sua famiglia ancora un anno da trascorrere insieme. Ma il prezzo di questo trattamento è altissimo: 48.000 dollari per sei mesi. In Ontario l’Avastin viene fornito gratuitamente ai pazienti che soffrono di determinati tipi di cancro, tra cui non compare il glioblastoma, diversamente da quanto accade nelle nelle province di Saskatchewan, Manitoba e British Columbia. Questo significa che se Kimm vuole accedere al trattamento e sperare di riuscire a trascorrere un anno di più con i suoi bimbi di sette e nove anni, deve sobbarcarsi per intero la spesa della sua cura.

Kimm non si è persa d’animo e ha avviato una sottoscrizione aperta a chiunque voglia fare una donazione e finora ha già raccolto oltre 70.000 dollari. Ha anche incontrato il ministro della Salute dell’Ontario, Deb Matthews, per chiedere di allargare l’accesso alle cure con l’Avastin anche ai pazienti che soffrono di altri tipi di cancro.

«Non mi arrendo: tutti muoiono prima o poi ma io non ho intenzione di farlo così presto».

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