Esame del fondo oculare: a che serve, come si esegue, come ci si prepara?

MEDICINA ONLINE RETINA DISTACCO FOVEA MACULA UMOR PUPILLA IRIDE ANATOMIA CONI BASTONCELLI VISTA CHIASMA CERVELLO NERVO OTTICO CELLULEL’esame del fondo oculare è un esame diagnostico che viene utilizzato per visualizzare le strutture interne del bulbo oculare (soprattutto corpo vitreo, retina e testa del nervo ottico). Si effettua durante una visita oculistica dopo aver dilatato la pupilla mediante instillazione di speciali colliri (detti “colliri midriatici”, che inducono “midriasi”, cioè appunto la dilatazione della pupilla). Si esegue in ambiente scarsamente illuminato, seduti o distesi.

Oftalmoscopio diretto e indiretto

L’esame del fondo oculare è eseguito dall’oftalmologo cmediante uno strumento chiamato “oftalmoscopio”. Con l’oftalmoscopio diretto la fonte luminosa viene proiettata direttamente nell’occhio dell’esaminato e non si può apprezzare la periferia retinica, mentre con l’oftalmoscopio indiretto si utilizza una lente tra l’apparecchio e la persona, consentendo una visione più ampia della retina. In quest’ultimo caso si ottiene il tipico riflesso rosso. Inoltre, la lampada a fessura consente l’esame del segmento posteriore (corpo vitreo e fondo oculare) utilizzando lenti addizionali che permettono di visualizzare anche la retina.

Quando è indicata?

Una persona dovrebbe sottoporsi all’esame del fondo dell’occhio se:

  • ha eventuali fattori di rischio (ad esempio avere un famigliare con malattie della vista);
  • ha una età avanzata (soprattutto dopo i 40 anni);
  • ha sintomi e segni che potrebbero suggerire la presenza di malattia oculare;
  • ha patologie dell’organismo che possono alterare le strutture dell’occhio, come diabete ed ipertensione arteriosa;
  • ha una malattia oculare conclamata.

Ogni quanto tempo effettuare un esame del fondo oculare?

La periodicità con cui un individuo dovrebbe sottoporsi ad un esame del fondo dell’occhio, è molto variabile in base a fattori soggettivi. In assenza di problemi alla vista, di sintomi relativi alla vista e di fattori di rischio, un individuo sano che abbia meno di 40 anni, potrebbe anche non effettuare alcun esame del fondo oculare. Soggetti che non hanno alcun disturbo specifico ed hanno più di 40 anni, possono sottoporsi all’esame una volta ogni 3/ 4 anni. Per chi è affetto da miopia o da patologie oculari non gravi, l’esame può essere effettuato una volta ogni 1/2 anni.
Chi ha problemi retinici gravi e/o soffre di diabete, ipertensione arteriosa o altra patologia che può determinare danni alla retina o ad altra struttura oculare, dovrà sottoporsi a controlli ravvicinati, la cui cadenza esatta deve essere decisa dall’oculista. Comunque è importante sottoporsi a un esame del fondo oculare anche quando si vedono per la prima volta dei lampi luminosi (fosfeni) o miodesopsie (mosche volanti o ragnatele). Nel primo caso il corpo vitreo potrebbe esercitare una trazione sulla retina, con rischio di un suo distacco.

Cosa permette di osservare?

L’esame del fondo oculare permette di osservare lo stato del corpo vitreo (il gel che riempie il bulbo oculare) e le sue eventuali degenerazioni. Inoltre consente la visualizzazione dell’albero vascolare arterioso e venoso retinico, di cui si può valutare il decorso e la dimensione. Permette, soprattutto, di osservare la macula, la zona centrale della retina che consente la visione frontale. Infatti, eventuali degenerazioni e anomalie (distrofie) possono essere diagnosticate e monitorate con tale esame. Si può valutare la conformazione della testa del nervo ottico individuando eventuali patologie (anche generali o sistemiche).

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Per quali malattie viene usata?

In molte malattie che interessano la vista e nel diabete e nell’ipertensione arteriosa cronici. Il diabete o l’ipertensione sono patologie che colpiscono i vasi: ciò che accade nell’occhio avviene, ad esempio, anche nel rene e nel cuore. Il vantaggio è che, con il fondo dell’occhio, si riescono a visualizzare le vene e le arterie con sistemi non invasivi. Per quanto riguarda le patologie oculari il semplice esame del fondo dell’occhio ci permette di prevenire alcune patologie oculari, consentendo di seguire terapie che possono scongiurare patologie gravi e irreversibili.

Controindicazioni

Generalmente non ha controindicazioni. Tuttavia, bisogna stare attenti se si è affetti da glaucoma (per ostacolo alle vie di deflusso dell’umore acqueo) e se la camera anteriore dell’occhio (spazio compreso tra l’iride e la cornea) è poco profonda. In tali casi l’esame viene effettuato con la pupilla non dilatata, esplorando in tal modo esclusivamente il polo posteriore della retina. Inoltre possono presentarsi reazioni avverse ai colliri che si usano per la dilatazione: possono andare da una semplice reazione allergica a fenomeni sistemici più gravi. Tali effetti sono molto rari e, comunque, controllabili. I midriatici (gocce per dilatare le pupille) sono molti; nel caso in cui vi siano effetti collaterali è bene ricordare quale tipo di farmaco abbia creato problemi, comunicandolo tempestivamente all’oculista. Infine bisogna far passare un lasso di tempo sufficiente a riacquistare la visione che precedeva la dilatazione della pupilla: non ci si può mettere subito alla guida per motivi di sicurezza, dato che si vede annebbiato.

Retinografia

Il fondo oculare può essere “fotografato” grazie all’uso di un’apparecchiatura chiamata “retinografo”. La retinografia è appunto l’esame che permette di documentare lo stato del fondo oculare grazie a una foto a colori digitale.

Altri esami

Altri esami, a volte associati con l’esame del fondo oculare, sono:

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Parametri della spirometria: capacità, volumi, rapporti e flussi

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma PARAMETRI SPIROMETRIA VOLUMI RAPPORTI    Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgSono molti i parametri che possono essere misurati durante un esame spirometrico, i più frequenti sono:

  • la Capacità Vitale (VC);
  • la Capacità Vitale Forzata (FVC);
  • il Volume Espiratorio Forzato (FEV) all’intervallo di 0.5, 1 (FEV1), 2, e 3 secondi;
  • il Flusso Espiratorio Forzato al 25–75% (FEF 25–75);
  • la Massima Ventilazione Volontaria (MVV), anche conosciuta come Massima Capacità Respiratoria.

Altri test possono essere eseguiti in situazioni particolari. I risultati sono generalmente forniti sia come dati grezzi (litri, litri al secondo) ed in percentuale rispetto ai valori predetti o attesi per i pazienti che hanno caratteristiche simili (altezza, età, sesso e, talvolta, razza e peso). L’interpretazione dei risultati può variare a seconda del medico e della fonte dei valori previsti. In generale, i risultati prossimi al 100% del valore predetto sono assolutamente normali, e spesso risultati oltre l’80% del valore atteso sono considerati normali. Tuttavia i risultati devono essere sempre correlati dal medico con anamnesi ed esame obiettivo del paziente, oltre ad altri eventuali esami come un RX torace.

Leggi anche: Differenza tra inspirazione e espirazione: l’atto respiratorio

Grado di reversibilità della broncocostrizione
Spesso, in determinate circostanze, si deve somministrare un broncodilatatore per via inalatoria e si esegue un confronto tra la prova ed il relativo grafico pre e post stimolo broncodilatatorio, per verificare l’efficacia del broncodilatatore ed il cosiddetto grado di reversibilità della broncocostrizione.

Altre tecniche
La capacità funzionale residua (FRC) non può essere misurata mediante la spirometria, ma può comunque essere misurata con un pletismografo oppure con un test di diluizione (ad esempio, la prova di diluizione dell’elio).

Leggi anche: Apparato respiratorio: anatomia in sintesi, struttura e funzioni

Capacità vitale forzata (FVC)

La capacità vitale forzata (FVC) è il volume di aria che può essere espirato con uno sforzo massimale, dopo che il paziente ha eseguito una piena ispirazione, misurata in litri.[20] La FVC è una manovra fondamentale nei test di spirometria.

Volume espiratorio massimo in 1 secondo (VEMS o FEV1)

Il FEV1 è il volume di aria che può essere espirato con uno sforzo massimale in un secondo, dopo che il paziente ha eseguito una piena ispirazione. I valori medi di FEV1 in persone sane dipendono principalmente dal sesso e dall’età. Valori compresi tra 80% e 120% del valore medio sono considerati normali. I valori normali previsti per il FEV1 possono essere calcolato online, dipendono da età, sesso, altezza, massa corporea ed etnia, e presentano anche alcune variazioni in base allo studio di ricerca.

Rapporto FEV1/FVC (FEV1%)

Il FEV1/FVC (FEV1% o Indice di Tiffeneau) è il rapporto tra il FEV1 e la FVC. In adulti sani questo rapporto dovrebbe essere di circa il 75-80%. Nelle malattie ostruttive (asma bronchiale, BPCO, bronchite cronica, enfisema) il FEV1 è diminuito a causa della maggiore resistenza delle vie aeree al flusso espiratorio. Nelle medesime malattie anche la FVC può essere diminuita, a causa della chiusura prematura della vie aeree durante l’espirazione, ma non nella stessa proporzione del FEV1. Tipicamente in queste malattie sia la FEV1 che la FVC sono ridotti, ma il primo è più colpito, a causa della maggiore resistenza delle vie aeree.

Leggi anche: Differenza tra ventilazione polmonare e alveolare: spazio morto anatomico e fisiologico

Flusso espiratorio forzato (FEF)

Il flusso espiratorio forzato (FEF) è il flusso (o velocità) con cui l’aria esce dal polmone durante la parte centrale di una espirazione forzata. Può essere misurato ad intervalli discreti (definiti) della capacità vitale forzata (FVC). Gli intervalli usuali sono 25%, 50% e 75% (FEF25, FEF50 e FEF75), o il 25% e il 50% della FVC. Può anche essere misurato come media del flusso durante un intervallo, generalmente delimitato da quante specifiche frazioni rimangono della FVC, di solito 25-75% (FEF25-75%). La gamma delle medie nella popolazione sana dipendono principalmente dal sesso e dall’età. Valori compresi tra 50-60% e fino al 130% della media sono considerati normali. I valori normali previsti per il FEF può essere calcolato online e dipendono dall’età, dal sesso, da altezza, massa ed etnia nonché da alcune variabili da studio di ricerca a studio di ricerca. MMEF o MEF è sinonimo di massimo (a metà) flusso espiratorio ed è il picco di flusso espiratorio, ricavato dalla curva flusso-volume e misurato in litri al secondo. Dovrebbe essere teoricamente identico al picco di flusso espiratorio (PEF), che è, invece, generalmente valutato con l’ausilio di un misuratore di picco e misurato in litri al minuto. Ricerche recenti suggeriscono che il FEF25 -75 % o FEF25 -50 % possa essere un parametro più sensibile rispetto al FEV1 (VEMS) nell’evidenziare la malattia ostruttiva a carico delle piccole vie aeree.Comunque, in assenza di concomitanti variazioni di altri marcatori standard, il rilevare alcune discrepanze nel flusso espiratorio centrale (il FEF 25-75%) potrebbe non essere sufficientemente specifico per parlare di malattia ostruttiva e, pertanto, le attuali indicazioni sottolineano l’opportunità di continuare ad utilizzare altri parametri (FEV1, VC, e FEV1/VC) come indicatori di malattia ostruttiva.

Flusso inspiratorio forzato 25–75% o 25–50%

Il flusso inspiratorio forzato 25–75% o 25–50% (FIF 25–75% o 25–50%) è per molti aspetti simile al FEF 25–75% or 25–50%, tranne, ovviamente, per il fatto che la misura viene presa durante la fase inspiratoria.

Flusso di picco espiratorio (PEF)

Il flusso di picco espiratorio (PEF) è il flusso (o la velocità) massima che può essere raggiunta durante l’esecuzione di una espirazione forzata che viene iniziata dopo una inspirazione completa, misurata in litri al minuto oppure in litri al secondo.

Leggi anche: Spirometria diretta ed indiretta: come si esegue ed a cosa serve

Volume corrente (VC)

Il volume corrente (in inglese tidal volume – TV) corrisponde al totale di aria inalata ed esalata normalmente con l’attività respiratoria.

Capacità polmonare totale (CPT)

La capacità polmonare totale (in inglese total lung capacity – TLC) equivale alla quantità (volume) massima d’aria presente nei polmoni.

Capacità di diffusione (DLCO)

La capacità di diffusione (o DLCO) equivale all’assorbimento di monossido di carbonio (CO) a seguito di un singolo respiro che viene effettuato per un tempo standard (in genere 10 secondi). Poiché l’aria è costituita da una quantità estremamente ridotta (tracce) di CO, è stato assunto il tempo di 10 secondi come tempo standard per l’inalazione, la quale deve essere poi seguita da una rapida espirazione. Il gas esalato dal paziente viene poi testato per determinare in quale quantità il gas tracciante sia stato assorbito durante il singolo respiro di 10 secondi. Questa prova è in grado di evidenziare eventuali alterazioni della capacità di diffusione come, ad esempio, può avvenire in caso di fibrosi polmonare. Si deve ricordare che questo parametro non ha un valore assoluto ma che deve essere correlato a determinate condizioni cliniche del paziente. In caso di anemia, ad esempio, il valore ottenuto necessita di essere corretto. L’anemia infatti altera il parametro in quanto la rapida diffusione del monossido di carbonio (CO) dipende dalla concentrazione di emoglobina contenuta nei globuli rossi: in caso di bassa concentrazione di emoglobina (ovvero in caso di anemia) si avrà una alterata e falsa riduzione del valore di DLCO). Nel caso, invece, di emorragia polmonare, si verifica un eccesso di eritrociti nell’interstizio o negli alveoli: queste cellule, dato l’alto contenuto di emoglobina, sono ovviamente in grado di assorbire la CO e artificiosamente dare un valore aumentato della capacità DLCO). La pressione atmosferica e/o l’altitudine sul livello del mare possono influire sulla misura di DLCO che viene registrata: si rende quindi necessario un fattore di correzione che tenga conto di questi valori. Sono disponibili online dei calcolatori che correggono le misure sulla base dei livelli di emoglobina e di altitudine e/o pressione con i quali è stata rilevata la misura.

Massima ventilazione volontaria (MVV)

La massima ventilazione volontaria (MVV) è una misura della quantità massima di aria che può essere inspirata ed espirata nell’arco temporale di un minuto. Una simile massima ventilazione può determinare discomfort nel paziente esaminato. Al fine di rendere più agevole l’esame per il paziente, la prova viene fatta eseguire per una durata massima di 15 secondi. I valori ottenuti vengono quindi estrapolati ad un valore per una prova di durata di un minuto ed espressi in litri/minuto. I valori medi per soggetti di sesso maschile sono pari a 140-180 litri/minuto e si riducono a valori di 80-120 litri/minuto in soggetti di sesso femminile.

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Compliance polmonare statica (Cst)

Quando l’obiettivo è stimare la compliance polmonare statica, è necessario che alle canoniche misurazioni di volume effettuate attraverso lo spirometro si associno delle misurazioni simultanee della pressione transpolmonare effettuate grazie alla integrazione dello spirometro con dei trasduttori di pressione. Una volta costruita la curva con le relazioni tra le variazioni di volume e le relative variazioni di pressione transpolmonare, la Cst si ottiene valutando la pendenza della curva ad un dato volume, oppure, matematicamente, si ottiene dal differenziale ΔVolume/Δpressione. La compliance polmonare statica è probabilmente il parametro più sensibile per mettere in evidenza una meccanica polmonare anormale. È considerato nei limiti di norma se è compreso tra il 60% ed il 140% del valore medio della popolazione per una persona di simile età, sesso e composizione corporea.Nei soggetti in insufficienza respiratoria acuta ed in ventilazione meccanica, “la compliance statica del sistema respiratorio totale viene convenzionalmente ottenuta dividendo il volume corrente con la differenza tra il plateau di pressione, misurato all’apertura delle vie aeree (PaO) durante una occlusione a fine ispirazione e la pressione positiva di fine espirazione (PEEP) così come è stata impostata sul ventilatore”.

Capacità vitale lenta (SVC)

La capacità vitale lenta (SVC) è il volume massimo di aria che può essere espirata lentamente dopo aver eseguito una lenta inspirazione massimale.

Tempo espiratorio forzato (FET)

Il tempo di espirazione forzata (FET) misura la durata di una espirazione massimale, in secondi.

Pressione massima (Pmax e Pi)

Pmax è la pressione che tende ad avvicinarsi (asintotica) a quella massima che può essere sviluppata dai muscoli respiratori a qualsiasi volume polmonare. Pi è la pressione massima di inspirazione che può essere sviluppata a volumi polmonari specifici.[27] Questa misura richiede anche il contemporaneo utilizzo di trasduttori di pressione. È considerata normale se è compresa tra il 60% ed il 140% del valore medio della popolazione per qualsiasi persona della stessa età, sesso e composizione corporea. Un parametro derivato è il cosiddetto coefficiente di retrazione (CR), che è il rapporto tra Pmax/TLC.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo

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Esame e raccolta delle feci: come si fa nel modo corretto ed a che serve

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma ESAME RACCOLTA FECI COME SI FA CORRETTO  Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgL’esame delle feci è un esame che si esegue su un campione fecale raccolto dal paziente secondo le modalità prescritte dal medico. Tale esame comprende tre valutazioni principali:

  • macroscopiche: aspetto, colore, odore, consistenza, eventuale presenza di cibo non digerito;
  • chimiche: pH, acidi grassi, sangue ed altri contenuti;
  • microbiologiche: coprocoltura e ricerca di batteri, virus, funghi e parassiti.

Per far si che l’esame dia risultati corretti, è importante eseguire la raccolta del campione di feci nella maniera corretta, per evitare contaminazioni (vedi paragrafo apposito).

Quando viene prescritto?

L’esame delle feci viene prescritto dal medico qualora sospetti eventuali infezioni gastrointestinali, che possono manifestarsi con diarrea, vomito, febbre, mal di pancia. E’ un esame molto utile anche per valutare patologie del fegato e del pancreas.

Leggi anche: Sangue occulto nelle feci: come interpretare il risultato dell’esame

A cosa serve l’esame delle feci?

L’esame delle feci consente di fare valutazioni su vari organi dell’apparato digerente oltre che rilevare – nel campione di feci – la presenza di batteri responsabili di infezioni gastrointestinali. Sul campione fecale verranno effettuate varie valutazioni, tra cui la ricerca di sangue, cibo non digerito ed eventuali batteri. Quelli più comunemente ricercati sono:

  • Campylobacter;
  • Clostridium;
  • Escherichia coli;
  • Salmonelle;
  • Shigelle;
  • Stafilococco;
  • Vibrioni;
  • Yersinia.

Mediante un antibiogramma è poi possibile valutare la sensibilità e la resistenza dei batteri presenti nelle feci agli antibiotici. Nelle feci si possono ricercare anche virus e miceti, come la Candida (che è un fungo) o il Rotavirus (che è un virus) che può provocare gravi diarree soprattutto nei bambini. E’ utile anche per valutare l’eventuale presenza di sangue nelle feci, che può essere ben visibile ad occhio nudo oppure individuabile soltanto al microscopio o con delle analisi di laboratorio (in tal caso si parla di sangue occulto nelle feci).

Leggi anche: Coprocoltura feci per salmonella: perché e come si fa

Come ci si prepara all’esame?

Non sono necessarie particolari norme di preparazione, occorre solo dotarsi di un recipiente ben pulito e di un apposito contenitore sterile per la raccolta delle feci che potete acquistare in farmacia. Il contenitore e la sua spatolina devono rimanere chiusi nell’involucro fino al momento della raccolta del campione ed una volta aperti devono essere tenuti al riparo da eventuali fonti di contaminazione.

Esame delle feci e mestruazioni

Le donne non possono sottoporsi a questo esame nei giorni delle mestruazioni.

Leggi anche: Quanto peso perdiamo ogni volta che andiamo in bagno?

L’ esame delle feci è pericoloso o doloroso?

No, l’esame non è pericoloso né doloroso.

Come si raccolgono le feci nella maniera corretta?

Ecco come raccogliere le feci:

  1. Il paziente provvederà ad una accurata igiene anale con acqua tiepida (senza disinfettanti).
  2. L’evacuazione delle feci deve avvenire in maniera spontanea, senza l’assunzione di lassativi.
  3. Il paziente defecherà in un recipiente pulito tipo “vaso da notte“.
  4. Tramite l’apposita spatolina (una specie di “cucchiaino” fornito insieme al contenitore sterile; è spesso attaccato al tappo del contenitore) il paziente raccoglierà un campione di feci adeguato (secondo le indicazioni fornite dal laboratorio).
  5. Il campione raccolto deve essere posto nel contenitore sterile apposito.
  6. Il campione raccolto deve essere subito consegnato al laboratorio o refrigerato dopo il prelievo.

Leggi anche: Coprocoltura e antibiogramma: procedura e perché si eseguono

Come deve essere raccolto il campione?

Il campione deve essere:

  • privo di contaminazioni di urina o altri materiali;
  • privo di sangue mestruale;
  • privo di acqua del wc.

Quale contenitore sterile usare?

Per raccogliere e conservare correttamente il campione di feci, è necessario usare un contenitore sterile apposito, dotato di spatolina. Il prodotto di maggior qualità, che ci sentiamo di consigliare per raccogliere e conservare le feci, è il seguente: http://amzn.to/2C5kKig

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Coronarografia: cos’è, come si fa, preparazione all’esame e pericoli

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma CORONAROGRAFIA COSE COME FA PREPARAZIONE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgLa coronografia è un esame radiologico invasivo che consente di visualizzare immagini dei vasi arteriosi che avvolgono il cuore e che portano il sangue al muscolo cardiaco, chiamati appunto coronarie. E’ una tecnica procedura diagnostica che viene condotta attraverso l’introduzione di un mezzo di contrasto nel circolo sanguigno, utile a rendere visibili le coronarie al macchinario. La coronografia prevede l’introduzione di un catetere, un tubicino sottile e flessibile che viene fatto avanzare nei vasi sanguigni fino al punto in cui deve rilasciare il liquido di contrasto. Grazie all’avvento delle tecnologie digitali, oggi è possibile ottenere immagini della funzionalità circolatoria minimizzando l’uso del mezzo di contrasto.

A cosa serve la coronarografia?
La coronografia è un esame indicato per valutare la funzionalità cardiaca. Consente di stabilire se le coronarie sono libere (pervietà) oppure ostruite da coaguli, restringimenti (stenosi) o placche di colesterolo (ateromi).

Quando è indicata la coronarografia?
È indicata quando il paziente riferisce:

  • angina pectoris (dolore al torace) o dolore anginoso al braccio;
  • un difetto genetico dalla nascita (cardiopatia congenita);
  • difetti a carico di una valvola cardiaca;
  • insufficienza cardiaca;
  • traumi.

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L’angiografia permette di programmare un intervento chirurgico. Ad esempio può precedere o essere associata a un intervento di angioplastica, che prevede l’introduzione di uno stent per ripristinare il flusso in un vaso occluso. A tal proposito leggi anche: Differenza tra coronarografia ed angioplastica
É utile per valutare le possibili complicazioni di un intervento chirurgico.
È anche un metodo diagnostico per monitorare i risultati di un intervento (follow up) come nel caso di un bypass.

Come ci si prepara ad una coronarografia?
La coronarografia non necessita di alcuna preparazione specifica, si esegue a digiuno e viene effettuata in regime di ricovero.

Quali sono i candidati ideali?
Pazienti che non hanno allergie al mezzo di contrasto. Il mezzo di contrasto potrebbe infatti provocare dei fenomeni allergici, ma la percentuale di queste reazioni è molto bassa. In ogni caso i medici forniranno le indicazioni più opportune. Generalmente si pone particolare attenzione allo stato delle donne in età fertile.

La coronografia è dolorosa o pericolosa?
La coronografia è un esame invasivo, tuttavia l’utilizzo di tecnologie sempre più avanzate riduce di gran lunga i rischi. Il dolore legato all’iniezione dei liquidi di contrasto o del catetere è minimizzato dall’anestesia locale. Si avverte solitamente una sensazione di calore in seguito all’introduzione del liquido.

Come si svolge la coronografia?
La coronarografia viene eseguita mediante l’introduzione di un catetere, generalmente dall’arteria femorale oppure da quella radiale (polso) o dalla brachiale (gomito). Nel punto di entrata del catetere nell’arteria si effettua un’anestesia locale. Si predilige come sede di introduzione quella femorale perché è grande e il catetere può passare attraverso un sistema di dilatazione, senza bisogno di isolare l’arteria e quindi di tagliare la cute. Si risale poi fino al cuore e si posiziona il catetere all’imbocco della coronaria, si inietta nel catetere il mezzo di contrasto, così da opacizzare completamente il decorso dell’arteria stessa e permettere la visualizzazione delle eventuali ostruzioni. La visualizzazione della procedura viene seguita su uno schermo.
Una volta tolto il catetere bisogna operare una compressione sull’arteria femorale per fermare il sangue e permettere il formarsi di un coagulo che chiude il piccolo foro di ingresso utilizzando una benda elastica. Non sono necessari punti. Il paziente viene dimesso nel giro di 24 ore.

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Clearance della creatinina: alta o bassa, valori, calcolo e sintomi

MEDICINA ONLINE RENE RENI ANATOMIA FUNZIONI PATOLOGIE SINTESI SANGUE FILTROLa clearance della creatinina (o creatina clearance, o ClCr) misura la quantità di sangue depurato dalla creatinina a livello glomerulare, per unità di tempo. Si esprime in mL/min. Il presupposto è che la creatinina (un prodotto di degradazione della fosfocreatina, presente nel tessuto muscolare scheletrico) sia interamente escreta con le urine e che pertanto quantità di creatinina eliminata nelle urine nel corso di un minuto sia uguale alla quantità di creatinina passata attraverso i glomeruli renali nello stesso intervallo di tempo. La quantità di creatinina eliminata nelle urine nel corso di un minuto si ottiene moltiplicando la concentrazione della creatinina nelle urine delle 24 ore (espressa in mg/mL) per il flusso urinario temporizzato (espresso in mL/min), ottenendo così i mg/min. Dividendo questo prodotto per la creatinina sierica (espressa in mg/mL) si ottiene la quantità di sangue depurato dalla creatinina a livello glomerulare in un minuto (espresso in mL/min).

A che serve la clearance della creatinina?
Il calcolo della clearance della creatinina è indicato nella valutazione del filtrato glomerulare e della funzionalità renale.

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Come ci si prepara all’esame?
Il paziente deve raccogliere le urine delle 24 ore e si deve sottoporre ad un prelievo di sangue. È necessario evitare un intenso esercizio fisico nelle 8-12 ore che precedono il prelievo. Questa norma deve essere assolutamente osservata in caso di analisi delle urine per la determinazione della clearance della creatinina.

Valori di riferimento della clearance della creatinina:

Femmine: 70-120 mL/min
Maschi: 70-120 mL/min

Importante
Il paziente deve essere adeguatamente idratato prima e durante il test per garantire un flusso urinario di almeno 2 ml/min. Occorre correggere il risultato sulla base della superficie corporea del paziente. Evitare te e caffé durante il test. Prima del test occorre sospendere trattamenti con ACTH, cortisonici o tiroxina. Evitare esercizi fisici vigorosi durante il test. Occorre ricordare che, nelle insufficienze renali croniche, la creatinina è eliminata anche attraverso il tubulo renale ed il conseguente aumento della creatinina urinaria porta a sovrastimare il filtrato glomerulare per mezzo della clearance della creatinina. Per questo si preferisce stimare il filtrato glomerulare direttamente a partire dalla creatinina sierica (vedi alla voce Filtrato Glomerulare, stima).

Leggi anche: Azotemia alta e reni: cibi da evitare per abbassarla

Alterazioni del valore della clearance della creatinina (valore più basso), possono indicare insufficienza renale, che determina vari sintomi tra cui:

  • Gonfiore: diffuso poiché i reni non funzionano bene e il corpo tende ad accumulare acqua.
  • Anemia: causata dal deficit di eritropoietina, un ormone che stimola la produzione di globuli rossi che viene prodotto a livello renale.
  • Tossine: accumulo di tossine con comparsa di nausea, vomito, debolezza, prurito e astenia.
  • Urina: nelle prime fasi si assiste ad una maggiore produzione di urina (poliuria) che però in breve tempo diminuisce drasticamente (oliguria).

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Azotemia alta e reni: cibi da evitare per abbassarla

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma AZOTEMIA UREA ALTA I CIBI DA EVITARE  Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgL’azotemia è un parametro che indica la quantità di azoto non proteico nel sangue ed è di tutta evidenza che se si hanno valori di azotemia oltre i limiti consigliati, vi è qualcosa che non va. Solitamente si tratta di un problema  alimentare, ma potrebbe anche trattarsi di una ridotta funzione renale o del fatto che si beve molto meno di quanto si dovrebbe nell’arco della giornata. Ad ogni modo, per comprendere meglio il problema, è necessario innanzi tutto capire in che modo e perché l’azoto non proteico va a finire nel sangue.
Il principale prodotto delle proteine, che vengono trattate a livello epatico,  è l’urea e in essa è presente anche l’azoto, o meglio le scorie azotate, prodotte dal catabolismo epatico. L’urea, come è noto, viene eliminata dal sangue attraverso il filtraggio dello stesso da parte dei reni, ma in questa operazione, una parte delle scorie azotate non vengono eliminate del tutto e il conseguente loro accumulo nel sangue determina il livello di azotemia. Di norma questo accade in presenza di una ridotta funzionalità renale, ma potrebbe essere anche l’effetto di una dieta iperproteica, che produce quindi un alto numero di scorie azotate.
Altra causa di una azotemia oltre la norma potrebbe essere anche una ridotta assunzione di acqua durante la giornata e di norma basta bere un po’ di più per normalizzare il livello di azotemia.
In un soggetto sano  che adotta una dieta equilibrata l’azotemia è compresa tra i valori di 22-46 mg/dl. Alcuni laboratori utilizzano un diverso metodo di valutazione dell’azotemia e in quel caso i valori sono compresi nel range che va da 10,3 a 21,4 mg/dl.

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Livelli alti di azotemia non sono necessariamente indice di ridotta funzionalità renale, in quanto ci si potrebbe trovare alla presenza di una dieta alimentare particolarmente sbilanciata in favore degli alimenti ricchi di proteine, ed è quanto accade in tutte quelle diete iperproteiche che  stanno vivendo un periodo di grande popolarità. Questo è uno di motivi per cui è  necessario sempre valutare bene se è il caso di adottare certe diete sbilanciate che, in sostanza, nel lungo periodo non si sa che problemi potrebbero arrecare all’organismo.
Se invece l’azotemia alta è dovuta ad una semplice abitudine alimentare errata, quindi non sostenuta da una dieta  particolarmente rigida, basta evitare o ridurre alcuni alimenti, bere di più, e la situazione si normalizzerà.
Ma cosa bisogna evitare di mettere in tavola, o quanto meno ridurre, per evitare di incorrere in una situazione del genere.

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Innanzi  tutto bisogna distinguere le proteine in base alla loro qualità, e in questo ci vengono in aiuto tre parametri e, per la precisione il CUD, coefficiente di utilizzazione digestiva,  parametro che sarà alto in caso di proteine di origini animali e basso per quelle vegetaliPER, coefficiente di efficacia proteica, che indica l’accrescimento di peso corporeo per ogni grammo di proteina che viene assunto con l’alimentazione;  NPU, utilizzazione proteica netta,  che esprime la digeribilità delle proteine.
L’apporto consigliato di proteine nell’alimentazione è in stretta relazione all’età, per cui  nel neonato, che ovviamente deve crescere, il valore corretto è di 2 g/kg/die;  nei bambini di 5 e più anni il valore corretto è di 1.5 g/kg/die; negli adolescenti e negli adulti questo valore continua a ridursi e quindi è di 1-1.2 g/kg/die.

E’ ormai dimostrato che un eccessivo apporto di proteine animali, in particolare in associazione a grassi saturi, è uno dei fattori di rischio di cancro al colon, per cui, tornando alle diete di cui si parlava precedentemente, è una valutazioneda fare con molta attenzione.
Gli alimenti quindi da evitare o da assumere con moderazione, in caso di azotemia alta, sono prosciutto crudo, salame, bresaola, grana,  carne rossa, merluzzo o nasello, tonno fresco, petto di pollo, pinoli, soia secca. Quest’ultimo è l’alimento che in assoluto detiene il maggior contenuto di proteine.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo

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Azotemia (Urea) alta o bassa: valori, cause, sintomi e cosa fare

MEDICINA ONLINE RENE RENI ANATOMIA FUNZIONI PATOLOGIE SINTESI SANGUE FILTROLa misurazione dell’azotemia (urea) e della creatinina sono entrambi esami di laboratorio usati dal medico per poter valutare il corretto funzionamento dei reni. L’azotemia è un esame più datato rispetto alla creatinina, che è molto più preciso nel diagnosticare un malessere del rene perché non è influenzato da condizioni esterne come l’alimentazione.

Perché si eseguono queste analisi?

Si tratta di analisi che vengono eseguite per verificare il corretto funzio­namento dei reni. Nel sangue, infatti, sono presenti proteine fondamentali per il nostro organismo, ma anche prodotti di rifiuto che vengono trasporta­ti agli organi la cui funzione è di rimuoverli dal nostro organismo. Il rene eli­mina questi rifiuti attraverso le urine, svolgendo una funzione di “filtro” fon­damentale per l’organismo.

Fattori che influenzano l’azotemia

L’azotemia è un esame ancora molto usato, tuttavia – per una corretta interpretazione – serve valutarlo tenendo a mente che il suo valore risulta influenzato dal tipo di alimentazione: in caso, infatti, di una dieta ricca di proteine, l’azotemia potrebbe essere alta anche se il rene funziona perfetta­mente. Fra le cause non legate a insufficienza renale in cui, però, l’esame dell’azotemia potrebbe essere alterato ci sono frequentemente:

  • la gravidanza, per la maggior richiesta di proteine da parte dell’orga­nismo;
  • una alimentazione troppo ricca di proteine (per esempio, se si mangia troppa carne);
  • una attività sportiva o lavorativa che causa un notevole utilizzo di ener­gia (catabolismo muscolare), per cui l’organismo usa le proteine come scorta energetica.

E’ necessario tener presente che una azotemia elevata può presentarsi in numerosissime patologie e condizioni, tra cui:

  • Alimentazione iperproteica;
  • Cirrosi epatica;
  • Collagenopatie;
  • Diabete mellito;
  • Digiuno;
  • Disidratazione;
  • Sudorazione elevata;
  • Emolisi gravi;
  • Emorragie gastrointestinali;
  • Epilessia;
  • Farmaci cortisonici, tetraciclina e diuretici;
  • Glomerulonefrite;
  • Gotta;
  • Insufficienza cardiaca;
  • Ipercalcemia;
  • Ipercorticosurrenalismo;
  • Iperidratazione;
  • Ipertensione maligna;
  • Ipertiroidismo;
  • Ipopotassiemia;
  • Leptospirosi;
  • Leucosi;
  • Malattie infettive;
  • Mieloma multiplo;
  • Nefrangiosclerosi;
  • Neoplasia renale;
  • Necrosi corticale o tubulare;
  • Ostruzione uretrale o del collo della vescica;
  • Pielonefrite;
  • Psicosi confusionale;
  • Sindrome di Conn;
  • Shock;
  • TBC renale;
  • Traumi;
  • Tumore cerebrale;
  • Ustioni;
  • Vasculopatia cerebrale.

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La creatinina

E’ il test per eccellenza al fine di osservare se la funzione di “filtro”, tipica del rene, avviene efficacemente, perché non subisce altera­zioni in base a condizioni esterne. Nel caso in cui il risultato di azotemia e creatinina sia alterato e, quindi, si sospetti un malfunzionamento del rene, esiste un ulteriore esame di approfondimento chiamato “clearance della creatinina” utilizzato sia per diagnosticare definitivamente una insuffi­cienza renale, sia per monitorare il funzionamento del rene nelle persone che hanno una insufficienza renale già diagnosticata.

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La clearance della creatinina

La creatinina clearance (o “clearance della creatinina”, cioè la creatinina depurata) è un test combinato che misura il valore della creatinina sia nel sangue, sia nelle urine delle ventiquattro ore. Il risultato è un valore frutto di un calcolo che il laboratorio elabora in automatico mettendo in correlazione il risultato della creatinina nel sangue e quello della creatinina nelle urine.

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Come si eseguono le analisi?

Gli esami dell’azotemia e della creatinina si eseguono con un semplice prelievo di sangue venoso dal braccio. Per la clearance della creatinina, invece, oltre all’esecuzione del prelievo di sangue, deve essere portato un campione di urine raccolto nelle ventiquattro ore. Sia l’azotemia, sia la creatinina sono analisi che devo­no essere eseguite a digiuno. La raccolta delle urine delle ventiquattro ore per l’esame della clearance della creatinina avviene prima di tutto alla mattina, appe­na svegli, facendo attenzione perché il primo getto di urine non deve essere raccolto, per cui la raccolta parte dalla seconda emissione di urine della giornata. Da questo momento e nello stesso campione andranno raccolte tutte le urine successive, del giorno e della notte, fino a quelle della mattina del gior­no successivo appena svegli comprese. Durante il periodo della raccolta le urine devono essere conservate in frigorifero per evitare che i batteri, con il caldo, trovino un ambiente favorevole per riprodursi. I farmaci non influi­scono sull’esito di questi esami, ma è sempre consigliabile avvertire il medi­co se ci sono terapie in corso.

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Valori normali di azotemia, creatinina e clearance della creatinina

Azotemia: 22-46 mg/dl

Creatinina:

  • Donne < 12 anni 0,35-1,00 mg/dl Donne > dopo 12 anni 0,60-1,05 mg/dl
  • Maschi < 12 anni 0,35-1,00 mg/dl  Maschi > 12 anni 0,75-1,25 mg/dl

Clearance della creatinina: 70-120 ml/minuto

Come interpretare i valori

Azotemia troppo alta o troppo bassa:

  • se il risultato è più alto del normale, può essere il segnale di una even­tuale insufficienza renale, ma potrebbe anche essere dovuto ad una dieta troppo ricca di proteine, per questo è necessario che il valore sia confermato dall’esame della creatinina, che, invece, non viene influen­zato da condizioni esterne;
  • se il risultato è inferiore al normale, non c’è nulla di allarmante, proba­bilmente è legato ad una dieta troppo povera di proteine che deve esse­re meglio bilanciata.

Creatinina:

  • se il risultato è più alto del normale e la persona non è muscolosa (per­ché la cretinina è un valore legato alla massa muscolare), significa che il rene non sta funzionando in modo corretto. Il risultato deve essere approfondito con l’esame della clearance della creatinina;
  • se il risultato è più basso del normale, probabilmente si tratta di una persona con una scarsa massa muscolare, niente di preoccupante.

Clearance della creatinina:

  • se il risultato è più basso del normale, ci si orienta verso una insufficienza renale;
  • se il risultato è più alto del normale, probabilmente si tratta semplice­mente di una persona con scarsa massa muscolare.

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Sintomi e segni di azotemia elevata

La sintomatologia dell’azotemia alta è legata strettamente ad una patologia, un’insufficienza renale dalla quale necessariamente discende. I sintomi sono abbastanza precisi e sostanzialmente si concretizzano in astenia e debolezza, un dimagrimento abbastanza evidente, pallore e vomito frequente. Una tachicardia di una certa portata, ipertensione e tremori possono coabitare con la sintomatologia appena descritta ed aggravare il quadro clinico dei pazienti.

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Curare l’azotemia elevata

La prima cosa da fare è variare la propria alimentazione, inoltre occorre bere molto, la quantità minima deve attestarsi intorno a 1,5/2 litri di acqua al giorno. Le cattive abitudini, come il fumo, vanno eliminate subito e se assumiamo farmaci per altre patologie comunichiamoli immediatamente al medico: alcuni farmaci sono altamente tossici per i reni. E’ bene anche associare un controllo quotidiano della pressione arteriosa, come pure un periodico controllo di trigliceridi e colesterolo nel sangue.

Come variare l’alimentazione per abbassare l’azotemia?

A tal proposito vi consiglio di leggere questo mio articolo: Azotemia alta e reni: dieta e cibi da evitare per abbassarla

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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