Ho voglia di dolce ma sono a dieta: come far passare la fame?

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Dietologo Roma Medicina Chirurgia Estetica Plastica Cavitazione Linfodrenante Cellulite Dieta Amore Felicità Sessuologia Sesso Pene Vagina Ecografie Senologia NOIA RABBIA DELUSIONI AMOROSE MANGIARE DI PIUEccola li. Hai appena finito di pranzare, o cenare, e lei arriva. La fame? No, non lei, peggio: è la voglia di dolce! Come fare per placarla in modo indolore per la bilancia? Ecco alcuni pratici consigli.

Se la tentazione si chiama cioccolato
Come soddisfare il palato senza rischiare di mettere su chili per colpa della vostra principale passione, il cioccolato? Vi suggeriamo due trucchi.

  1.  Tagliate a piccoli pezzi qualunque tipo di frutta (fragole, banane, ananas o melone) e intingeteli in una tazza in cui avrete sciolto del cioccolato fondente in modo che siano ricoperti da una sottile pellicola di cioccolato. Come risultato, otterrete il gusto del cioccolato e il valore nutrizionale della frutta, senza aggiungere troppe calorie alla vostra dieta.
  2. Concedetevi un quadratino o due di cioccolato fondente morbido (evitate quello al latte, con nocciole o bianco) e otterrete due risultati: appagherete il gusto e farete anche scorta di antiossidanti.

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Quattro modi per trasformare la frutta in dessert
Se la frutta evoca solo immagini di cibo salutare, ma non sfizioso, vi proponiamo qualche ricetta che potrebbe farvi ricredere:

  1. Tagliate un frutto in piccoli pezzi e mescolateli con una tazzina di yogurt magro.
  2. Versate un po’ di miele su qualche pallina di melone.
  3. Mescolate insieme banana e fragole, riempite i cubetti del ghiaccio con questo mix e poneteli nel freezer. Quando sono surgelati, estraeteli e consumateli come se fossero un gelato.
  4. Arrostite o saltate in padella mezza banana e cospargetela di noccioline sminuzzate.
  5. Scegliete tre qualità diverse di frutti di bosco. Mettetene a cuocere la metà con un po’ di acqua per evitare che brucino. Fate freddare e aggiungete l’altra metà. Ora, riempite mezza tazza con il composto che avrete preparato e aggiungeteci un cucchiaio di gelato alla vaniglia.

Se la voglia si chiama “gelato”?
Anziché comprare la vaschetta “formato famiglia” da 1 kg e mangiare gelato a volontà, comprate una confezione con vari gelati incartati singolarmente. Preferite inoltre gelati al gusto frutta, piuttosto che quelli al gusto crema. A tale proposito leggi: Quante calorie ha il gelato? Come mangiarlo senza ingrassare

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La frutta fa ingrassare o dimagrire?

MEDICINA ONLINE DIABETE FRUTTA MANGIARE EVITARE GUIDA GLICEMIA CARBOIDRATI INDICE GLICEMICO CARICO GLICEMICO VALORIRiuscire a trattenersi dal mangiare cibi poco sani e seguire una dieta equilibrata e varia è l’ambizione di tutti, soprattutto in vista dell’estate. Resistere a un dolcetto o a un piattone molto condito, però, non è affatto semplice, per questo in molti cercano di ingannare la fame e la gola ripiegando sulla frutta.

Sebbene la frutta sia molto più sana di un bignè alla panna, bisogna fare attenzione alle porzioni che si consumano perché, ahimè, anche la frutta fa ingrassare. Tuttavia il sapore zuccherino può aiutare a rimpiangere meno le privazioni dettate dalla dieta e farci sentire più appagate concedendosi un alimento che apporta anche molti benefici.

Ma perché la frutta fa ingrassare? È giusto mangiare molti frutti quando si cerca di dimagrire? Ci sono dei frutti che aiutano a perdere peso?

Che cosa contiene la frutta?

Prima di analizzare le proprietà della frutta è bene classificare la moltitudine di frutti esistenti in diverse categorie:

  • frutta acidulo-zuccherina (mele, pere, pesche, susine, uva, albicocche, ciliegie, fragole, lamponi);
  • frutta acidula (come gli agrumi, i quali contengono circa il 15% di zuccheri e forniscono un apporto calorico molto basso);
  • frutta zuccherina (al contrario degli agrumi contiene più del 15% di zuccheri e quindi l’apporto calorico è più elevato);
  • frutta farinosa (come le castagne);
  • frutta oleosa meglio conosciuta come frutta secca (arachidi, anacardi, pistacchi, nocciole, mandorle).

A parte quest’ultima categoria, la frutta è un alimento poco calorico, ricco di antiossidanti e vitamine cioè di sostanze in grado di apportare enormi benefici per il nostro organismo.

Innanzitutto, è composta da una percentuale di acqua che varia dall’80 a più del 90% e da una massiccia presenza di vitamina C, specie nella frutta fresca. Inoltre, questo alimento conferisce un apporto di sali minerali come ferro, potassio, magnesio e calcio, garantisce un’ottima fonte di fibra alimentare apportando allo stesso tempo un ridotto contenuto calorico, nonostante la presenza di saccarosio e fruttosio. Grazie ai sali minerali e alle vitamine la frutta (ma anche la verdura) svolgono sull’organismo azioni rimineralizzanti e vitaminizzanti. Inoltre, l’abbondanza di acqua permette una buona idratazione, stimola la diuresi e la disintossicazione. Altre proprietà di questo prezioso cibo sono l’azione alcalinizzante verso i cibi ad alto contenuto proteico, quella lassativa in virtù della fibra presente e quella digestiva determinata dagli acidi.

Attenzione non tutta la frutta ha un’azione lassativa quella ad alto contenuto di tannini (cioè quelle sostanza in grado di conferire il tipo sapore astringente ad alcuni frutti) può causare stitichezza: l’effetto praticamente opposto. Esempi di frutti di questo tipo sono le nespole e mele cotogne.

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La frutta fa ingrassare?

Dopo aver elencato i principali benefici apportati dall’assunzione della frutta nell’ambito di una dieta sana ed equilibrata, passiamo a rispondere alla tipica domanda che ci si può porre pensando agli effetti della frutta sul nostro peso corporeo: la frutta fa ingrassare? La risposta non è così semplice, ma soprattutto non può risolversi in una semplice affermazione o negazione. Proviamo ad argomentare meglio. L’apporto calorico della frutta è piuttosto basso se paragonato ad altri alimenti che sovente si consumano come merenda o come spuntino di metà mattinata: circa 20-40 kcal per ogni 100 grammi. Discorso differente per la frutta secca che possiede un contenuto calorico decisamente maggiore: mediamente 500 kcal per ogni 100 grammi.

Tralasciando il contenuto calorico che, seppur importante, non può rappresentare l’unico parametro per stabilire se la frutta fa ingrassare o dimagrire. Questo alimento fa bene alla salute e andrebbero consumate dalle 2 alle 5 porzioni al giorno perché è ricco di sostanze in grado di mantenerci in buona salute, favorisce il controllo del peso e riduce lo stress ossidativo per la presenza di grosse quantità di antiossidanti. Attenzione però, questo non vuol dire che mangiare molta frutta (o troppa frutta) vi aiuterà a dimagrire, anzi, essendo molto zuccherina, se introdotta consumata in grandi quantità rischia di essere una delle cause dell’accumulo dei chili di troppo e dunque fa ingrassare.

Come sempre, se avete la necessità di dimagrire, vi invitiamo a chiedere l’aiuto ad un nutrizionista esperto ed evitare diete fai te con il rischio concreto di danneggiare il vostro stato di salute. Detto ciò va anche ribadito che la frutta è un ottimo spezza fame che contribuisce a dare un senso di sazietà maggiore rispetto al consumo di altri alimenti fintamente dietetici (barrette e similari). Inserire molti vegetali nel menù quotidiano è una sana abitudine da mantenere per tutta la vita, indipendentemente dalla dieta. Certo è che, se si sta seguendo un regime alimentare ipocalorico, bisogna preferire la frutta poco calorica e limitarsi nelle porzioni: 200 g è una porzione normale per la frutta poco zucccherina.

Molti commettono l’errore di evitare questi cibi perché spaventati dalla presenza di fruttosio e saccarosio: ribadiamo l’importanza di assumere almeno due porzioni di frutta al giorno, preferendo quella meno energetica se cercate di perdere peso. Non ci stanchiamo di ripetere che questi alimenti sono ricchi di vitamine, antiossidanti, sali minerali, acqua e fibre, che stimolano la diuresi, il transito intestinale ma anche il rinnovo cellulare.

Si tratta di un cibo estremamente importante, soprattutto per la salute dell’organismo, quindi non va eliminato solo perché si è a dieta. Quindi, la risposta al quesito iniziale, se la frutta fa ingrassare o meno, è “si” se si esagera con le porzioni e con la qualità della frutta (frutta secca rispetto a quella fresca), “no” se si adotta moderazione. Continuiamo insieme la nostra analisi per scoprire quando è preferibile mangiare la frutta per non ingrassare e le nostre conclusioni sull’argomento.

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Quando è preferibile mangiare la frutta?

Sebbene, come detto, non ci siano particolari controindicazioni, la frutta si può mangiare tranquillamente come spuntino a metà mattinata o nel pomeriggio in attesa della cena.

Alcuni preferiscono evitarla dopo i pasti, in quanto una delle caratteristiche di questo alimento è che causa fermentazione e quindi gonfiore addominale. Tuttavia non ci sono particolari avvertenze nel concludere la cena oppure il pranzo con un frutto.

Per quanto riguarda le proprietà “dimagranti” o “ingrassanti” della protagonista del nostro articolo, in questo paragrafo facciamo una distinzione tra i frutti meno calorici e quelli che invece contengono più calorie. Abbiamo già detto che la frutta oleosa, conosciuta come frutta secca, è densamente calorica e quindi va mangiata con moderazione seppur molto benefica per l’organismo.

Tuttavia non va eliminata dalla dieta: infatti, le nocciole, le noci, i pistacchi, i pinoli contribuiscono a controllare i valori del colesterolo LDL (quello “cattivo”), permettono di tenere sotto controllo il senso di sazietà e possono essere ottimi per apportare le giuste dosi di omega-3.

Per quanto riguarda la frutta da consumare in una dieta dimagrante è preferibile mangiare quella meno calorica tra cui:

  • l’anguria;
  • il melone;
  • le fragole;
  • le ciliegie;
  • i lamponi;
  • le albicocche;
  • l’ananas;
  • gli agrumi;
  • i kiwi.

Nella scelta della frutta da consumare, è preferibile dare priorità a quella di stagione perché sicuramente più sana in quanto maturata sotto i raggi del sole della stagione in cui è nata e non in un ambiente artificiale come può essere una serra o una camera di crescita. I frutti più zuccherini da mangiare moderatamente sono le banane, i cachi e l’uva, mentre quelli più calorici sono la frutta secca, l’avocado e il cocco che vanno consumati con moderazione se l’obiettivo è quello di perdere peso.

Conclusione: la frutta fa ingrassare o dimagrire?

Di certo stiamo parlando di un alimento naturale e sano, preferibile a molti snack ricchi di olio di palma e prodotti industriali che ci concediamo durante le nostre pause. È indubbiamente un alimento zuccherino e in quanto tale contiene calorie, ma anche fibra e vitamine, oltre ad acqua, sali minerali e preziosi antiossidanti. Frutta e verdura sono fondamentali per la dieta dell’uomo e quindi non vanno assolutamente eliminati dalla tavola. Praticare attività fisica, bere molta acqua e mangiare almeno due frutti al giorno possono aiutare a tenere il peso sotto controllo. Per problemi più seri o per diete specifiche per un determinato problema è importante farsi sempre seguire da un esperto.

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Differenza tra creatina e carnitina: quale delle due preferire?

MEDICINA ONLINE INTEGRATORE ALIMENTARE DIETA DIETARY SUPPLEMENT COMPLEMENT ALIMENTAIRE SUPLEMENTO DIETETICO NahrungsergänzungsmittelA cosa servono la L-carnitina e la creatina e che differenza c’è tra le due sostanze? Quando è meglio preferire l’una e quando l’altra?

La L-carnitina è un aminoacido non essenziale (a volte condizionatamente essenziale) che svolge un ruolo cruciale nel trasferimento degli acidi grassi ai mitocondri, favorendo la produzione di energia. La L-carnitina favorisce un migliore assorbimento delle sostanze nutrienti dal cibo, permette di potenziare la muscolatura e riduce la massa grassa quando il consumo energetico è aumentato a causa di un’attività sportiva. La peculiarità principale dell’integratore di carnitina è dunque quella di riuscire a favorire la trasformazione del grasso depositato nell’organismo in energia da spendere nel corso della prestazione sportiva. Riuscire a migliorare questo processo di trasformazione ha una duplice valenza: da un lato garantisce all’atleta una quantità di energia importante, dall’altro inoltre può stimolare il dimagrimento. Ovviamente, sia chiaro, l’integratore di carnitina non può intendersi come una sorta di brucia grassi, ma come detto è una sostanza che può agire in maniera mirata favorendo la trasformazione del tessuto adiposo in energia. Nel caso in cui si desideri smaltire dei chili di troppo, l’integratore di carnitina può rivelarsi prezioso se assunto in concomitanza di un allenamento aerobico costante e sufficientemente arduo. Gli studi hanno dimostrato che la combinazione di L-carnitina e carboidrati ha effetti ergogenici e può migliorare ed aumentare i risultati dell’esercizio dell’11%. Quindi, sarebbe ideale assumere l’integratore L-carnitina, con una ragionevole quantità di carboidrati ad azione rapida (destrosio o maltodestrine).

La creatina è invece un aminoacido già presente nel corpo umano e si trova naturalmente nelle carni, in latte, uova, pesce, ecc. Il suo consumo aumenta la potenza muscolare e ci regala più forza durante l’allenamento di potenza, minimizzando anche l’accumulo di acido lattico.

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Carnitina o creatina?
La carnitina è una sostanza spesso confusa con la creatina, tuttavia vi sono notevoli differenze tra questi due tipi di integratori. Mentre la creatina determina un aumento della forza ed è l’ideale per chi pratica sport che richiedono potenza, come ad esempio il body building, la carnitina è invece più indicata per il dimagrimento in quei soggetti che svolgono discipline di tipo aerobico le quali richiedono un grande sforzo a livello di resistenza, come ad esempio il ciclismo o la corsa, dal momento che favorisce l’uso del grasso depositato nell’organismo. Ovviamente nulla vieta che le due sostanze possano essere assunte insieme. Per quanto riguarda il dosaggio medio, generalmente si raccomanda l’assunzione di 2-4 g di L-carnitina al giorno e di 3 – 5 g di creatina al giorno, assunti insieme 30/20 minuti prima dell’inizio dell’allenamento.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Farmaci al posto di corsa e palestra, arriva lo sport in pillole contro il diabete

MEDICINA ONLINE PALESTRA PESI MUSCOLI PROTEINE AMINOACIDI INTEGRATORI  CORSA DIMAGRIRE DUODENO PANCREAS DIGESTIONE GLICEMIA BAMBINO GRASSO DIABETE ANALISI INSULINA ZUCCHERO CARBOIDRATI CIBO MANGIARE DIETA.jpgLo sport, si sa, fa bene e agisce come un ‘farmaco’ che protegge dalle malattie metaboliche come il diabete. Ora la ricerca italiana scopre perché, aprendo a nuove terapie in grado di riprodurre l’effetto-scudo dell’esercizio fisico. Sport in pillole. Il lavoro, ‘made in Milano’, è pubblicato sul ‘Journal of Diabetes Research‘ e svela il ruolo dell’irisina, una molecola scoperta di recente e prodotta dal muscolo scheletrico durante l’attività sportiva. Secondo gli scienziati, questa sostanza può spiegare l’azione positiva di una vita attiva su metabolismo.

Il lavoro è condotto da Stefano Benedini, afferente al Dipartimento di Scienze biomediche per la salute dell’università degli Studi meneghina, in collaborazione con gli Irccs Policlinico San Donato, ospedale San Raffaele e Istituto ortopedico Galeazzi.

I ricercatori hanno seguito 70 persone sane, uomini e donne tra i 18 e i 75 anni, non sovrappeso e senza significative patologie metaboliche (dislipidemie, intolleranza glucidica e diabete, sindrome metabolica): 10 volontari sani sedentari, 20 volontari sani che svolgono attività fisica amatoriale (2-3 volte a settimana), 20 volontari che eseguono attività fisica semi-agonistica (4-5 volte a settimana) e 20 volontari che fanno attività fisica agonistica a livello nazionale o internazionale (5-7 volte a settimana).

La possibilità di studiare per la prima volta le virtù dell’irisina su atleti di élite, spiegano gli scienziati, ha permesso di misurare questa miochina in persone ‘ipersportive’. Rilevando che un suo aumento si accompagna a un grado di benessere dell’organismo nel complesso, riducendo la probabilità di malattie metaboliche quali diabete mellito, obesità e sindrome metabolica. Uno stato di benessere che risulta strettamente correlato alla quantità di attività fisica svolta dai volontari dei diversi gruppi esaminati.

L’incidenza di obesità e diabete – ricordano dalla Statale di Milano – è in continuo aumento in Italia e in tutto il mondo, a causa di una dieta scorretta e per mancanza di attività fisica adeguata.

Alla luce del continuo incremento di queste malattie metaboliche, per gli autori dello studio “la possibilità di capire gli effetti positivi mediati dall’irisina sul metabolismo potrebbe aprire la strada alla formulazione di farmaci in grado di ‘mimare’ l’azione della molecola, producendo gli stessi effetti positivi dell’attività fisica“.

Il lavoro ha coinvolto, oltre al Dipartimento di Scienze biomediche per la salute e la Scuola di Scienze motorie dell’ateneo di via Festa del Perdono, anche 2 Unità operative del Policlinico San Donato: l’Area di Endocrinologia e Malattie metaboliche e l’Unità complessa a direzione universitaria Smel-1 Patologia clinica.

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Camminare fa davvero dimagrire?

MEDICINA ONLINE WALKING INTO NATURE CAMMINARE PASSEGGIARE NATURA BOSCO SAND POLVERE MONTAGNA ALBERI OMBRA SOLE SPIAGGIA COMPAGNIA AMICI STILE DI VITA DIMAGRIRE CORSA RUNNER HI WELLPAPERDimagrire camminandoper quanto tempo e funziona davvero? Se avete realmente intenzione di perdere chili, il primo passo importante da fare è alzarsi dal letto e mettersi in movimento: invece di guardare la propria serie televisiva preferita o di schiacciare un pisolino di pomeriggio, conviene fare una bella passeggiata all’aria aperta, che non fa bene semplicemente al girovita, ma anche alla salute in generale, anche a quella mentale. Camminare aiuta a ridurre lo stress e a donarvi così più energie per affrontare nella maniera più giusta le difficoltà del quotidiano. Questo significa che camminare fa bene a chi vuole dimagrire e a tutti coloro che desiderano trovare un po’ di serenità, staccando la spina da lavoro e problemi.
Non inventate mille scuse per non uscire di casa e fare qualche passo, ma imparate a ritagliarvi sempre almeno mezz’ora al giorno per fare una passeggiata. Dimagrire camminando si può! Se invece, per motivi che solo voi conoscete, non potete proprio mettere la testa fuori casa, vi consiglio di compare la cyclette o il tapis roulant che, se usati con costanza e abbinati a uno stile alimentare per dimagrire velocemente, vi daranno dei grossi risultati.

Non è impossibile dimagrire camminando sul tapis roulant, dunque, ma non svolge lo stesso effetto rilassante di quando si cammina all’aperto (fate attenzione quando il sole è troppo caldo): stare rinchiusi nelle quattro mura non vi permetterà realmente di prendere del tempo per la cura di voi stessi. Se non avete un tapis roulant o avete seguito questo mio consiglio – quello di uscire di casa e camminare per dimagrire -, allora non dovete mai rinunciare a scarpe comode, a una borraccia con acqua fresca (mai fredda), a dei polsini per il sudore e a un cappellino se il sole batte forte sulla testa.

Ma per quanto tempo bisogna camminare per dimagrire? Il tempo ideale, per chi vuole perdere veramente peso e rendere più toniche e belle le gambe, è di 60 minuti: si può davvero dimagrire camminando un’ora al giorno. L’importante è essere costanti e non mangiare troppo per recuperare le energie perse. Molti si affidano ad app gratis per dimagrire camminando, ma con i consigli che troverete qui di seguito, capirete che perdere peso in poco tempo non è impossibile.

Dimagrire camminando 1 ora al giorno

Se il vostro intento è quello di tenere sotto controllo il peso, allora bastano 30 minuti circa di camminata, ma se invece volete dimagrire camminando dovete passeggiare e correre (alternando le due attività) per un’ora al giorno. Non bisogna strafare: non serve a niente. Dimagrire camminando 1 ora al giorno è possibile e, appena più in basso, scoprirete cosa fare per perdere chili con una semplice passeggiata unita a una corsetta benefica:

  1. Prima di tutto, bisogna camminare lentamente, a passo normale, per 5 minuti, in modo tale da mettere in funzione i muscoli delle gambe;
  2. Accelerate e andate a passo spedito per 15 minuti;
  3. Dopo venti minuti di attività, correrete piano, molto piano: ricordate che non dovete allenarvi per conquistare l’oro olimpico!;
  4. Terminati i 10 minuti di corsa leggera, camminate molto lentamente per 5 minuti;
  5. Fate un pausa di 5 minuti camminando sempre molto lentamente: approfittate di questa occasione per bere;
  6. Altri dieci minuti di camminata veloce;
  7. Cinque minuti di corsetta;
  8. Infine camminate lentamente e recuperate;
  9. Dedicate dieci minuti del vostro tempo allo stretching;
  10. Fate una doccia con acqua fresca per recuperare più in fretta le energie e tonificare gambe e braccia.

Solitamente, chi segue questi consigli per dimagrire camminando un’ora al giorno, brucia intorno alle 400 calorie, massimo 700. Si può seguire questo programma di allenamento anche cinque volte a settimana, lasciando come giorni di riposo il mercoledì e il sabato o la domenica.

Dimagrire camminado sul tapis roulant

Si può anche dimagrire camminando col tapis roulant, ovviamente: potete alternare, proprio come la camminata all’aperto, la passeggiata con la corsetta e scegliere di inclinare il nastro per rendere ancora più duro l’esercizio oppure aumentare il livello di velocità. Vi conviene non eccedere con la corsa sul tapis roulant per dimagrire, soprattutto se è la prima volta che lo utilizzate: bastano 10 minuti al giorno di camminata lenta, massimo 20 se lo avete usato per più volte. Per dimagrire davvero, dovete associare la camminata ad altri esercizi che coinvolgano altre parti del corpo. Sono presenti in Italia anche delle palestre che offrono dei particolari esercizi sul tapis roulant per dimagrire realizzati da personal trainer esperti.

Come avrete avuto modo di constatare, non è difficile dimagrire camminandofunziona davvero e, se affiancate questa attività a tutti i consigli che trovate nella sezione per perdere peso, scoprirete che è molto più semplice di quanto pensiate avere un bel fisico e soprattutto rimanere in salute. Pazienza e costanza sono le parole d’ordine per chi intende veramente migliorarsi!

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Celiachia e dieta senza glutine: fanno ingrassare o dimagrire?

MEDICINA ONLINE RISO RISOTTO CIBO DIABETICO INDICE GLICEMICO PASTA CARBOIDRATI GLICEMIA DIETA GRASSO PRANZOÈ un falso mito quello che seguire una dieta senza glutine faccia perdere peso, anzi a volte fa addirittura ingrassare, poiché i prodotti sostitutivi sono ricchi di calorie. Attenzione dunque agli alimenti gluten free, consumati dai celiaci, dagli allergici al frumento e da chi soffre di ipersensibilità  ma non solo: c’è anche da chi lo fa per moda. Che la dieta povera di glutine non faccia dimagrire lo spiega Alessio Fasano, direttore del centro ricerche sulla celiachia dell’Università  di Maryland, negli Stati Uniti.

Spiega l’esperto, tra l’altro uno degli autori del recente studio che ha individuato la gluten sensivity, disturbo che colpisce sei volte di più della celiachia: “occorre stare attenti a dichiarazioni come quelle recentemente sentite da personaggi dello spettacolo come la popolare conduttrice americana Oprah Winfrey, che ha seguito una dieta senza glutine per un periodo di tempo. Alimentarsi con prodotti sostitutivi, soprattutto snack e dolci, spesso significa assumere molte calorie in più.”

Al di là  dei celiachi, e di coloro che soffrono di un’ipersensibilità  al glutine, c’è chi segue un regime alimentare privo di glutine per moda, perché convinto che con questo tipo di alimentazione si possa perdere peso. Niente di più sbagliato, anzi è possibile che l’ago della bilancia si sposti in avanti, visto l’alto contenuto di calorie presente nei prodotti sostitutivi.

Se da una parte i celiaci, che sono affetti da un’intolleranza permanente al glutine, hanno la necessità  di seguire un’alimentazione particolare per evitare la reazione infiammatoria scatenata dal glutine, chi non presenta questo genere di intolleranza non ha motivo di seguire una simile dieta.

Viene dunque smentita una credenza popolare del tutto errata, ma del resto si sa che seguire una dieta senza il parere di un esperto può tradursi spesso in cattiva salute. Bisogna dunque prestare molta attenzione al regime alimentare che si decide di seguire quando si inizia una dieta, come sempre la migliore scelta è quella di consultare un dietologo o quella di orientarsi a un’alimentazione sana, senza privarsi di determinati alimenti, ma mangiare spesso frutta e verdura e diminuire dolci, bevande gassate e carboidrati, riducendo le porzioni e mangiando tre volte al giorno per combattere la fame.

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Panettone e dieta: calorie, carboidrati e valori nutrizionali

MEDICINA ONLINE NATALE DOLCI NATALIZI PANDORO PANETTONE TORRONE NOCCIOLE CIOCCOLATO BIANCO SFOGLIATA LIEVITAZIONE OFFELLA INGREDIENTI ZUCCHERO VENEZIANA A VELO CALORIE RICETTE DIFFERENZE DIETA CIBO DOLCE COLOMBA PASQUAIl panettone panettone con canditi e uvetta ha circa da 330 a 360 calorie ogni 100 grammi di prodotto; per quanto riguarda i carboidrati si aggirano intorno ai 55 grammi, mentre i grassi saturi sono 6 grammi e gli acidi grassi monoinsaturi 3 grammi. Le proteine del panettone sono 6.4 grammi ed il contenuto di acqua si aggira intorno ai 26.9 grammi.

Altri valori (per 100 grammi di panettone):

  • Amido 30.30 g
  • Calcio 149.00 mg
  • Fosforo 130.00 mg
  • Ferro 3.00 mg
  • Alcol etilico  0.00 g
  • Saccarosio 22.90 g

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Differenza grassi saturi, monoinsaturi e polinsaturi

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Specialista in Medicina Estetica Roma DIECI ALIMENTI CONTENGONO PIU OMEGA 3 Radiofrequenza Rughe Cavitazione Peeling Pressoterapia Linfodrenante Dietologo Cellulite Dieta Sessuologia Sesso Filler BotulinoI grassi si dividono in saturi, monoinsaturi e polinsaturi, quali sono le differenze?

Differenze dal punto di vista chimico

Gli acidi grassi si dividono principalmente in saturi ed insaturi (questi ultimi sono i più salutari). Questi nutrienti sono formati da una lunga catena carboniosa, che inizia con un gruppo carbossilico (-COOH), termina con un gruppo metilico (CH3) e presenta nella parte centrale una serie di atomi di carbonio, ciascuno dei quali è accoppiato a due atomi di idrogeno. Se questa concatenazione rispecchia quanto descritto in ogni suo punto si parla di acidi grassi saturi, se invece lungo la catena una o più coppie di atomi di carbonio legano a sé un solo atomo di idrogeno per unità, l’acido grasso si definisce insaturo (presenta uno o più doppi legami C=C). Quando tale deficit si registra soltanto in un punto della catena l’acido grasso viene detto monoinsaturo, al contrario, quando vengono a mancare due o più paia di idrogeni si definisce polinsaturo.
Per ognuna di queste tre famiglie esistono diversi tipi di acidi grassi, che differiscono per numero di atomi di carbonio e disposizione degli eventuali doppi legami.

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I grassi saturi
I grassi animali, a eccezione di quelli di pesce, sono tutti prevalentemente saturi ma vi sono anche alcuni grassi saturi vegetali, come ad esempio l’olio di cocco.
Un sondaggio recente condotto dal Medical Research Council ha dimostrato che gli uomini che mangiavano burro correvano la metà del rischio di sviluppare malattie cardiocircolatorie rispetto a quelli che mangiavano margarina.
Risultati analoghi sono stati ottenuti in numerosi altri studi. Mi limito qui a citare il più recente e importante, una meta-analisi condotta presso l’Università di Cambridge, in cui sono stati analizzati 76 studi che hanno coinvolto mezzo milione di persone, arrivando alla conclusione che coloro che assumono elevate quantità di grassi saturi non soffrono di problemi cardiaci in misura superiore a coloro che evitano questi grassi. Non molti decenni fa si raccomandava di sostituire il burro con la margarina, composta da oli vegetali idrogenati, e cioè trattati con una speciale procedura diretta a renderli solidi e più a lungo conservabili senza pericolo di diventare rancidi. Si è poi ammesso che questi consigli erano sbagliati, poiché i grassi idrogenati erano dei prodotti del tutto “innaturali”, simili alla plastica, e hanno provocato molti danni alla salute. Anche oggi molte persone quando leggono sulle etichette la dizione “grassi vegetali” si sentono tranquillizzate: occorre invece perlomeno controllare che vi sia la dizione “grassi non idrogenati”. Vediamo quindi ora quali funzioni, della massima importanza, svolgono i grassi saturi nel nostro corpo:

  •  costituiscono almeno il 50% delle membrane cellulari (e infatti, guarda caso, nei grassi del latte materno sono presenti per il 48 % circa);
  • svolgono un ruolo vitale nella salute delle nostre ossa. Affinché il calcio possa essere bene integrato nelle ossa, il 50% circa dei grassi alimentari dovrebbe essere saturo;
  • sono necessari per il corretto utilizzo degli acidi grassi polinsaturi-essenziali. Gli acidi grassi omega 3 sono meglio conservati nei tessuti quando la dieta è ricca di grassi saturi;
  • l’acido palmitico è il grasso (saturo) che si trova intorno al muscolo cardiaco e lo protegge.

A conforto dei vegetariani: come accennato, non tutti i grassi saturi sono animali. Ve ne sono anche di origine vegetale, che fino a poco tempo fa erano anch’essi sconsigliati, come quello da noce di cocco, di cui stanno emergendo sempre di più le proprietà benefiche (per il buon funzionamento della tiroide e, grazie all’acido laurico in esso contenuto, per le sue proprietà antibatteriche e antivirali). I grassi animali, il colesterolo e anche i grassi vegetali saturi, a lungo demonizzati, iniziano ora a essere in parte rivalutati, ma la rivalutazione procede troppo lentamente, e nelle linee guida “ufficiali”, nei consigli dietetici popolari e nell’opinione pubblica sono ancora visti come dannosi e da evitare.

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I grassi monoinsaturi
Quanto ai grassi monoinsaturi (che peraltro contengono anch’essi una parte di grassi saturi) è quasi inutile soffermarsi sull’argomento poiché sono ben note e provate le proprietà benefiche dell’olio d’oliva, al quale sono attribuiti molti degli effetti positivi della dieta mediterranea: l’acido oleico dal quale è in gran parte formato è anch’esso contenuto in notevoli quantità nel latte materno. Altri oli con buone quantità di acido oleico sono quelli di mandorle, noci pecan, anacardi, arachidi e avocado.

I grassi polinsaturi
Quanto ai grassi polinsaturi: i due acidi grassi polinsaturi che si trovano con maggiore frequenza nei nostri alimenti sono l’acido linoleico (omega 6) e l’acido linolenico (omega 3). Il nostro corpo non può produrre questi acidi grassi, pertanto detti “essenziali”, e quindi il nostro fabbisogno deve essere ricoperto tramite l’assunzione di alimenti che li contengono.
Si tratta di oli altamente reattivi, che irrancidiscono facilmente; non dovrebbero pertanto essere esposti alla luce e all’aria e soprattutto non dovrebbero essere riscaldati: infatti i grassi saturi e monoinsaturi (come quelli di cocco e d’oliva) che resistono meglio al calore, provengono da climi caldi. I grassi polinsaturi vegetali omega 6 sono estratti dalla soia, dal mais, dal cartamo, dal girasole, dalla colza e dal altri semi, mentre gli omega 3 si trovano soprattutto nel pesce.
Ovviamente anche i grassi polinsaturi essenziali (crudi e freschi) sono importanti e ne abbiamo assolutamente bisogno (costituiscono dall’8% al 12% del totale dei lipidi contenuti nel latte materno) ma le consuete raccomandazioni alimentari che li hanno additati e continuano ad additarli come gli unici grassi sani, hanno portato a un loro consumo eccessivo. Meglio sarebbe, pur con gli adattamenti del caso, attenersi anche qui alle proporzioni che si trovano nel latte materno, e assumerli in proporzioni non superiori a una media del 10% del totale dei grassi assunti quotidianamente.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo

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