Barba e baffi: una moda che alla lunga può avere effetti negativi

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma BARBA BAFFI MODA CHE HA EFFETTI NEGATIVI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PenePorto la barba da sempre, fin dal primo anno di università, e non l’ho mai tolta, a parte una volta solamente per ricordarmi che faccia avessi sotto. La stessa cosa non si può dire di molti miei amici che, negli ultimi anni, hanno cominciato a farsi crescere barbe, baffi e pizzetti, praticamente solo per moda. Questo trend però, vista la sua estrema diffusione, alla lunga potrebbe avere effetti negativi. Secondo alcuni ricercatori australiani dell’University of South Wales autori di uno studio pubblicato sul “Royal Society Journal Biology Letters“, infatti, più barbe ci sono in giro, meno questa caratteristica diventa attraente. Quindi, a trarne giovamento, sarebbero i maschi rasati e presto potrebbe invertirsi il trend, in una sorta di circolo vizioso, dal momento che poi – essendo tutti rasati – tornerebbero di moda le barbe!

Potete trovare la ricerca seguendo questo link

E’ bello ciò che è raro
I ricercatori australiani hanno condotto una serie di esperimenti, invitando 1.435 donne e 213 uomini a dare un voto a immagini maschili con quattro diversi livelli di barba. Il risultato: sia le facce irsute che quelle lisce diventano più attraenti quando sono più rare. Un modello che rispecchia un fenomeno evolutivo, che avvantaggia regolarmente i tratti più rari e insoliti. Si tratta, in pratica, dello stesso meccanismo che porta i popoli mediterranei ad apprezzare chiome e capelli chiari, e viceversa: in natura più una cosa è rara e più diventa ambita.”Le barbe in questi anni sono tornate a moltiplicarsi, così abbiamo cercato di capire quale fosse il fenomeno a guidare questa tendenza”, ha spiegato alla Bbc Rob Brooks, uno dei ricercatori dello studio. “Quando sempre più uomini diventano barbuti, il fascino della barba diminuisce”. Insomma, a leggere lo studio, presto le barbe cominceranno a sparire. Anche perché, generalmente, le barbe fioriscono in tempo di crisi: l’ultimo trend, stando ai ricercatori, sarebbe iniziato proprio nel 2008, un po’ come era accaduto negli anni Venti del Novecento.
Il principio è simile a quello che succede nei geni, ha spiegato Brooks. “Quando un tratto o un gene è raro sperimenta un vantaggio, ma quando è troppo comune diventa svantaggioso, secondo quella che chiamiamo la dipendenza negativa della frequenza, una forma di pressione selettiva sui geni. In modo analogo, quando le persone iniziano a seguire una moda, questa inizia a diminuire in popolarità e fascino”.

Il succo di tutto questo è: non seguite le mode, siate originali!

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Cos’è un tumore? Perché viene il cancro? Quali sono le cause?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO OSPEDALE ANAMNESI ESAME OBIETTIVO SEMEIOTICA FONENDOSCOPIO ESAME (3)Le parole “cancro” e “tumore” sono conosciute da ognuno di noi come patologie spesso molto insidiose, tuttavia non tutti sanno esattamente cosa siano: cerchiamo di capirlo oggi, in generale e senza entrare nello specifico di un singolo tipo di tumore.

Cos’è un tumore?

Un tumore (dal latino tumor, “rigonfiamento”), anche chiamato neoplasia (dal greco νέος nèos, “nuovo”, e πλάσις plásis, “formazione”), è una massa di tessuto anormale che cresce in eccesso ed in modo scoordinato rispetto ai tessuti normali, e che persiste in questo stato dopo la cessazione degli stimoli che hanno indotto il processo.
Semplificando: il tumore è un insieme di cellule che si moltiplicano senza fermarsi, al contrario dei tessuti sani che invece sono composti da cellule che hanno una proliferazione controllata e limitata.

Leggi anche: Che differenza c’è tra tumore benigno o maligno, neoplasia, cancro?

Quali sono i medici che si occupano di tumori?

La branca della medicina che si occupa di studiare i tumori sotto l’aspetto eziopatogenetico, diagnostico e terapeutico è chiamata oncologia, tuttavia, potendosi i tumori formare in qualsiasi tessuto, qualsiasi medico può occuparsene. Ad esempio un tumore della pelle sarà probabilmente diagnosticato da un dermatologo, un tumore delle ossa da un ortopedico, un tumore del sangue da un ematologo, un tumore al seno da un senologo o da un chirurgo generale, un tumore del cervello da un neurologo o da un neurochirurgo, un tumore al rene da un urologo, un tumore ai polmoni da uno pneumologo o da un chirurgo toracico, un tumore al colon da un gastroenterologo o da un chirurgo generale. Tutti questi specialisti si servono anche dell’aiuto di professionisti che lavorano nella medicina di laboratorio, nella diagnostica per immagini (ad esempio radiologi) e di patologi, figure necessarie per la diagnosi di certezza di un tumore. La cura di un tumore si serve spesso di un equipe di medici che coinvolge oncologi e chirurghi.

Da cosa origina un tumore?

Può sembrare incredibile, eppure qualsiasi tumore, anche il più pericoloso, origina da una sola cellula iniziale mutata. Nei tessuti normali le cellule si riproducono dividendosi, per far crescere l’organismo o rimpiazzare le cellule morte: tale processo è finemente controllato da messaggi chimici inviati da una cellula all’altra e dai geni che si trovano nel loro DNA. Nei tumori, tale processo di controllo è alterato e la cellula iniziale, mutata per varie cause, continua a riprodursi senza freni e vengono meno anche i processi con cui le cellule danneggiate vanno incontro all’apoptosi, cioè alla morte programmata.

Leggi anche: Come nasce un cancro? Cosa sono i cancerogeni e come avviene la cancerogenesi?

In cosa consiste il danno della cellula iniziale?

La singola cellula iniziale che dà il via al tumore, ha una o più mutazioni geniche che fanno saltare i meccanismi di controllo della replicazione cellulare. La cellula mutata ha vari sistemi di riparazione genica, tuttavia, quando tali sistemi non sono sufficienti e più errori si accumulano, la cellula può iniziare a replicarsi senza controllo e dare avvio al tumore. Alcune di queste mutazioni geniche sono ereditarie (nell’uomo la trasmissione di un tumore da un individuo ad un altro è un evento rarissimo, ma non impossibile), mentre altre – più frequenti – sono provocate da fattori esterni, come sostanze chimiche o radiazioni, che vengono dette “cangerogene”, in quanto sono capaci di generare un cancro.

Quali sono i cancerogeni più diffusi?

Il fumo di sigaretta contiene più di 50 sostanze riconosciute come cancerogene, tra cui nitrosammine e di idrocarburi policiclici aromatici, ed infatti il fumo è responsabile di circa un terzo di tutte le morti per cancro nei paesi sviluppati e circa uno su cinque in tutto il mondo. Decenni di ricerche hanno dimostrato il legame tra il fumo e le neoplasie del polmone, della laringe, della testa, del collo, dello stomaco, della vescica, dei reni, dell’esofago e del pancreas. Per approfondire, leggi: Quali sostanze nocive e cancerogene contiene il fumo di una sigaretta?

L’esposizione prolungata all’amianto è una delle principali cause di mesotelioma, un tipo di tumore maligno del polmone. Altre sostanze catalogabili in questa categoria sono la wollastonite, l’attapulgite, la lana di vetro e la lana di roccia. Si ritiene che queste possano avere un effetto simile all’amianto e tipicamente l’essere umano è esposto ad esse per cause professionali. Materiali particellari non fibrosi che causano il cancro sono: la polvere di cobalto, il nichel metallico e la silice cristallina (quarzo, cristobalite e tridimite). Di solito, gli agenti fisici cancerogeni devono penetrare all’interno del corpo (ad esempio tramite inalazione di piccole parti) e richiedono anni di esposizione prima di sviluppare un tumore. Anche le bevande alcoliche aumentano il rischio di contrarre molti tipi di cancro, fra cui quello al seno, all’esofago, al colon, al pancreas, al cervello e alla gola. Anche l’inquinamento ambientale è cancerogeno.
Fino al 10% delle neoplasie maligne sono legate all’esposizione alle radiazioni ionizzanti (quelle a cui si sottopone il corpo durante una radiografia o una TAC). Le radiazioni ionizzanti possono provocare il cancro in molte parti del corpo ed a qualsiasi età. Ovviamente l’esposizione necessaria a sviluppare un cancro deve – nella maggioranza dei casi – essere prolungata: non basta ad esempio sottoporsi ad una singola radiografia per sviluppare un tumore.
L’esposizione prolungata ai raggi ultravioletti provenienti dal sole può portare allo sviluppo di melanoma e tumori maligni della pelle. Prove evidenti stabiliscono che le radiazioni ultraviolette siano la causa della maggior parte dei tumori della pelle non-melanomi, che sono le forme più comuni di cancro in tutto il mondo. Altre radiazioni non ionizzanti, come le frequenze radio utilizzate dagli smartphone, la trasmissione di energia elettrica, e altre fonti simili sono ritenute come possibili agenti cancerogeni dalla Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Alcuni ormoni sono correlati allo sviluppo di neoplasie, promuovendo la proliferazione cellulare. I tumori la cui nascita è maggiormente influenzata dagli ormoni sono quelli legati al sesso come il cancro della mammella, dell’endometrio, della prostata, dell’ovaio e del testicolo, oltre ai tumori della tiroide e delle ossa.
Anche traumi fisici, specie se ripetuti, possono dare origine ad un tumore, anche se molto più raramente rispetto a sostanze chimiche e radiazioni. Una causa accettata dalla comunità scientifica è l’applicazione a lungo termine di oggetti caldi sul corpo. Ripetute bruciature sulla stessa parte del corpo, come quelle prodotte dagli scaldamani a carbone, possono condurre allo sviluppo di neoplasie della pelle, specialmente se sono presenti anche cancerogeni chimici. L’assunzione di bevande calde può creare delle scottature che favoriscono neoplasie esofagee.

Leggi anche: È vero che i campi elettromagnetici causano tumore e cancro?

Il ruolo dei geni

Alla base della patogenesi del tumore c’è la mutazione di determinati geni:

  • i proto-oncogeni,
  • i geni oncosoppressori,
  • i geni coinvolti nella riparazione del DNA.

Questi ultimi sono quelli che garantiscono la stabilità genetica perché se altri geni sono mutati per azione per esempio di agenti cancerogeni, questi riparano il DNA prima che vada incontro alla replicazione, prima cioè che queste mutazioni diventino stabili. Il cancro può colpire persone di ogni età, ma le persone anziane sono colpite con maggiore frequenza, perché i danni genetici tendono ad accumularsi con il tempo. Le mutazioni necessarie che una data cellula deve accumulare per dare origine a un cancro sono le seguenti, e sono comuni a tutti i tipi di cancro:

  • acquisizione dell’autonomia moltiplicativa per sopravvenuta incapacità a sottostare ai meccanismi regolatori della proliferazione cellulare;
  • assenza di inibizione dipendente dalla densità (le cellule normali si moltiplicano fino a una definita densità cellulare, raggiunta la quale diventano quiescenti);
  • ridotta capacità di adesione con altre cellule o componenti tissutali;
  • assenza di matrice extracellulare (spesso digerita da proteasi) che favorisce l’invasione di tessuti normali adiacenti;
  • angiogenesi: formazione di nuovi vasi sanguigni per fornire ossigeno e fattori nutritivi alle cellule tumorali;
  • riduzione o perdita della capacità differenziativa;
  • acquisizione della capacità di replicazione illimitata per effetto dell’espressione della telomerasi o con sistemi alternativi chiamati “ALT” (Alternative Lengthening of Telomeres);
  • riduzione o perdita della possibilità di andare incontro a morte cellulare programmata (apoptosi).
  • perdita della cosiddetta inibizione da contatto.

Oltre a queste possono verificarsi (e di solito si verificano) anche altre mutazioni, dipendenti dal particolare tipo di cellula originaria e dalla esatta sequenza dei danni genetici.

Leggi anche: Cosa sono le metastasi? Tutti i tumori danno metastasi?

Angiogenesi

Come qualsiasi altro tessuto, per svilupparsi il tumore ha bisogno di ossigeno e sostanze nutritive: per questo produce sostanze capaci di stimolare l’angiogenesi, cioè la formazione di nuovi vasi sanguigni, che vadano a irrorare il nuovo tessuto in crescita.

I fattori di rischio per il tumore

Molto raramente un tumore ha una unica causa. Molto più spesso un tumore è causato da vari fattori di rischio che agiscono in modo sinergico. Alcuni fattori di rischio non modificabili, sono:

  • età avanzata (alcuni tipi di tumore);
  • giovane età (alcuni tipi di tumore);
  • sesso (ad esempio il tumore al seno è molto più diffuso nel sesso femminile che in quello maschile);
  • familiarità (parenti con tumori);

Alcuni fattori di rischio modificabili, sono:

  • vita sedentaria;
  • sovrappeso e obesità;
  • alimenti ricchi di grassi e calorie;
  • fumo di sigaretta;
  • inquinamento atmosferico;
  • agenti infettivi (virus e batteri);
  • esposizione a sostanze chimiche;
  • esposizione prolungata al sole;
  • esposizione ripetuta a radiografie e tac.

Leggi anche: Come prevenire i tumori ed il cancro? I 10 cambiamenti consigliati

Stadiazione

L’estensione della maggior parte dei tumori maligni nell’organismo (espressa dalla “stadiazione”) viene classificata, in genere, attraverso la Classificazione TNM, proposta e mantenuta aggiornata dalla Union for International Cancer Control. Per approfondire, leggi: Stadiazione e classificazione TNM: cancro curabile o terminale?

Tumore benigno o maligno

In base al comportamento biologico i tumori si classificano in:

  • tumori benigni: sono costituiti da cellule che mantengono in parte le loro caratteristiche morfologiche e funzionali, pur esibendo autonomia moltiplicativa. Essi sono caratterizzati da un tipo di sviluppo detto espansivo, perché comprime i tessuti vicini senza distruggerli: i tumori benigni che originano dall’epitelio ghiandolare (adenomi) sono spesso avviluppati da una capsula di tessuto connettivo fibroso che li delimita nettamente dai tessuti confinanti, coi quali assumono un rapporto di contiguità. Sono meno gravi dei tumori maligni.
  • tumori maligni o cancro: sono costituiti da cellule che appaiono morfologicamente e funzionalmente diverse dalle corrispondenti normali. L’atipia morfologica, che è tanto maggiore quanto più indifferenziato è il tumore, si manifesta con mancanza di uniformità nella forma e nelle dimensioni delle cellule (polimorfismo) e degli organi cellulari, in particolare del nucleo, che è frequentemente ipercromico ed in fase mitotica. I tessuti vicini al tumore maligno vengono invariabilmente infiltrati e distrutti dalle cellule tumorali che si sostituiscono a quelle normali, fenomeno questo caratteristico della malignità e noto col termine “invasività neoplastica”. L’invasività si verifica anche a distanza, poiché un tumore maligno – al contrario del benigno – può dare origine a metastasi. Sono più gravi dei tumori benigni. In caso di tumore maligno, è importante intervenire al più presto con la terapia adeguata allo stato di diffusione della malattia, ad esempio con chirurgia, chemioterapia o radioterapia. In caso di tumore benigno, invece, la tempestività è molto meno importante ed anzi spesso il medico, anziché decidere per la sua asportazione, opta per una osservazione attenta e periodica e solo se il tumore benigno dovesse mutare caratteristiche (ad esempio: lipoma che aumenta in dimensioni) allora sceglierà di asportarlo chirurgicamente.
  • borderline: in alcuni casi i tumori presentano un comportamento intermedio fra la malignità e la benignità (tumori “borderline”) o risultano inclassificabili (tumori a comportamento biologico incerto). In questi casi, generalmente la frequenza delle metastasi è molto bassa e il decorso è lento. Un esempio è il tumore stromale gastrointestinale.

La pericolosità di un tumore non dipende solo dalla sua natura, ma da molte altre caratteristiche come grandezza, tessuto di origine ed invasione o meno dei linfonodi.

Leggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram, su YouTube, su LinkedIn, su Tumblr e su Pinterest, grazie!

La sindrome che fa crescere il pene alle bambine di 12 anni

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma PENE BAMBINE 12 ANNI GUEVEDOCES Riabilitazione Nutrizionista Medicina Estetica Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Linfodrenaggio Pene Vagina Ano 1.jpgIn un villaggio della Repubblica Dominicana chiamato Salinas, accade da anni qualcosa di veramente strano. Tante bambine all’età 12 anni si trasformano letteralmente in ragazzi.
Durante la pubertà, infatti, sviluppano organi sessuali maschili, diventando a tutti gli effetti maschi. Questi bambini sono chiamati semplicemente “guevedoces” – che si traduce letteralmente “pene a 12 anni”.
Un cambio di sesso che ha catturato l’interesse della comunità scientifica: è stato così scoperto che a causare la trasformazione sarebbe una rara sindrome genetica che si verifica a causa di un enzima mancante che impedisce la produzione di una specifica forma di ormone sessuale maschile – diidro-testosterone – nel grembo materno.
Sebbene nel mondo sia rara, la sindrome (chiamata Sindrome Guevedoces) è molto comune nel villaggio di Salinas (probabilmente a causa dell’isolamento degli abitanti del villaggio). Per questo motivo ora la Repubblica Dominicana classifica le persone come maschio, femmina o pseudohermaphrodite.

La storia di Johnny

Così è stata seguita da vicino la storia di Johnny, abitante del piccolo villaggio di Salinas, nel sud-ovest della Repubblica Dominicana dove la malattia colpisce un bambino su 90 e non è più considerata “strana”. Oggi 24enne, il ragazzo era conosciuto fino all’età di 12 anni come Felicita. “Quando sono nato i miei genitori e i medici pensavano che fossi una bimba, mi vestivano con le gonnelline e mi regalavano giocattoli da femminuccia, ma in realtà io non mi sentivo a mio agio”, ha raccontato il guevedoce alla BBC. Crescendo, però, qualcosa è cambiato nel corpo di Johnny: si è sviluppato il pene. Per Johnny, che non si è mai sentito una bambina, è accaduto all’età di sette anni.
“Quando ho cambiato ero felice della mia vita”, ha detto. Egli ha sostenuto che non aveva mai sentito come una bambina ed era molto più felice dopo che fu completamente un ragazzo. “Quando sono cambiato ero felice della mia vita”, ha detto. Una bambina di nome Carla, di 9 anni, sta attraversando la stessa trasformazione. Nonostante sia cresciuta come una ragazza, sua madre ha notato che a partire dall’età di cinque era più incline verso i giochi mascolini.

La patologia

Tutti i bambini nel grembo materno, sia maschio o femmina, hanno ghiandole interne, denominate gonadi e una piccola sporgenza tra le gambe chiamata tubercolo.
A circa otto settimane, i bambini di sesso maschile che portano il cromosoma Y iniziano a produrre diidro-testosterone in grandi quantità, che trasforma il tubercolo in un pene. Per le femmine, il tubercolo diventa un clitoride. Ma in alcuni neonati maschi manca l’enzima 5-α-reduttasi che innesca l’aumento dell’ormone. Questa mancanza li fa apparire come femmine alla nascita, senza testicoli e con quella che sembra essere una vagina.
Questo fino alla pubertà, quando si produce un enorme aumento di testosterone, e si sviluppano gli organi riproduttivi maschili. In pratica, quello che sarebbe dovuto accadere nel grembo materno avviene intorno ai 12 anni: la voce diventa più grave e cresce un pene.

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram, su Mastodon, su YouTube, su LinkedIn, su Tumblr e su Pinterest, grazie!

Aceruloplasminemia: sintomi, diagnosi e terapia

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO LABORATORIO MICROSCOPIO (2)L’aceruloplasminemia è una rarissima patologia neurodegenerativa genetica contraddistinta da accumulo di ferro nel cervello causato dalla completa assenza dell’attività della ceruloplasmina ferrossidasi dovuta a mutazioni omozigoti del gene della ceruloplasmina. E’ caratterizzata da anemia associata a degenerazione della retina, diabete mellito e vari sintomi neurologici.

Epidemiologia

Colpisce una persona su un milione, esordisce in età adulta. Essendo una malattia estremamente rara, in letteratura scientifica sono stati descritti meno di 60 casi.

Cause

La aceruloplasminemia è una malattia genetica causata da mutazioni nel gene della ceruloplasmina, una proteina coinvolta nel metabolismo del ferro. Viene ereditata dai genitori e si trasmette con modalità autosomica recessiva.

Trasmissione autosomica recessiva

Una malattia è detta a trasmissione autosomica recessiva quando l’allele alterato deve essere presente in coppia (omozigosi), cioè sono necessarie due copie dell’allele difettoso per far sì che la malattia si esprima, a prescindere dal sesso. Non basta un solo genitore portatore sano o malato, bensì entrambi i genitori devono essere portatori sani o malati. Il fenotipo quindi si esprime quando nel genotipo dell’individuo sono presenti entrambi gli alleli responsabili, fatto che spiega l’alta probabilità di sviluppare malattie genetiche in caso di incesto. Quindi:

  • un individuo che possegga entrambi gli alleli alterati: è portatore ed è malato;
  • un individuo che possegga solo un allele alterato: è portatore ma è sano;
  • un individuo che non possegga nessun allele alterato: NON è portatore ed è sano.

Essere portatore sano vuol dire quindi NON avere la patologia ma possedere nel proprio genotipo un allele mutato, che può essere trasmesso alle generazioni successive.

Dalla combinazione delle possibili condizioni di genitori sani, malati e portatori sani, deriva la distribuzione probabilità che la malattia sia trasmessa ai figli:

  • genitori malato-malato: la probabilità che il figlio/a nasca malato è del 100%;
  • genitori sano-malato: la probabilità che il figlio/a nasca portatore sano è del 100%;
  • genitori malato-portatore sano: la probabilità che il figlio/a nasca malato è del 50% e del 50% che nasca portatore sano;
  • genitori sano-portatore sano: la probabilità che il figlio/a nasca sano è del 50% e del 50% che nasca portatore sano;
  • genitori portatore-portatore: la probabilità che il figlio/a nasca portatore sano è del 50% mentre è del 25% che nasca sano o malato.

Se nessuno dei genitori ha un allele mutato, non c’è ovviamente alcuna trasmissione autosomica recessiva ed i figli saranno tutti sani e NON portatori dell’allele mutato.

Nell’immagine che segue, è raffigurata la tipica situazione in cui entrambi i genitori sono sani ma portatori dell’allele mutato:

  • un figlio su quattro avrà entrambi gli alleli alterati e sarà malato ed ovviamente portatore;
  • due figli su quattro avranno un allele normale ed uno alterato e saranno sani ma anche portatori;
  • un figlio su quattro avrà entrambi gli alleli normali e sarà sano e NON portatore.

MEDICINA ONLINE GENETICA TRASMISSIONE AUTOSOMICA DOMINANTE RECESSIVA GENI CROMOSOMI ALLELE MALATO PADRE FIGLI PERCENTUALI TRASMESSO MALATTIA GENICA MADRE GENITORE XX XY.jpg

Le altre quattro situazioni possibili sono raffigurate nelle seguenti immagini:

Sintomi e segni

Come già in parte prima accennato, l’aceruloplasminemia si manifesta nell’adulto con degenerazione retinica, diabete mellito e anemia. L’anemia nella aceruloplasminemia è refrattaria al trattamento con il ferro. Altri sintomi sono di tipo neurologico:

  1. atassia cioè mancanza di coordinazione muscolare che rende difficoltoso eseguire i movimenti volontari (mancanza di coordinazione fra tronco e braccia, tronco e capo, incoordinazione dei movimenti dell’occhio, incontinenza, difficoltà di deglutizione);
  2. movimenti involontari (blefarospasmo, contrazioni del viso, distonia della faccia e del collo, tremori e corea);
  3. parkinsonismo (tremore tremore a riposo che diminuisce con i movimenti volontari e scompare durante il sonno);
  4. depressione;
  5. deficit cognitivo.

Diagnosi

La diagnosi di laboratorio si basa su:

  1. assenza della ceruloplasmina sierica;
  2. bassa concentrazione sierica di rame e di ferro;
  3. alta concentrazione sierica di ferritina.

La diagnosi è suggerita inoltre dal riscontro alla risonanza magnetica cerebrale di una caratteristica anomala bassa intensità di segnale, che riflette l’accumulo di ferro nel cervello (striato, talamo, nucleo dentato) e nel fegato, nelle immagini T1, T2 pesate. L’analisi genetica può confermare la diagnosi. La diagnosi differenziale si pone con le altre forme di NBIA a esordio tardivo, lentamente progressive, compresa la neurodegenerazione atipica associata al difetto di pantotenato-chinasi (PKAN), la neuroferritinopatia, l’emocromatosi ereditaria, la malattia di Wilson, la malattia di Huntington, l’atrofia dentato-rubro-pallido-luisiana (DRPLA), la malattia di Parkinson giovanile, le atassie spinocerebellari ereditarie (si vedano questi termini) e gli effetti o la tossicità da farmaci.

Diagnosi prenatale

La diagnosi prenatale per le gravidanze ad aumentato rischio può essere disponibile presso laboratori specializzati, nei casi in cui la mutazione responsabile della malattia sia stata preventivamente identificata in un soggetto affetto della famiglia.

Trattamento

Il trattamento si basa sulla somministrazione orale o endovenosa di chelanti del ferro (deferiprone o deferasirox), che producono un miglioramento del diabete e dei sintomi neurologici. La combinazione di desferoxamina e plasma umano fresco congelato (FFP) contribuisce a ridurre il contenuto epatico di ferro. Gli antiossidanti, come la vitamina E, e la somministrazione orale di zinco possono prevenire il danno tissutale.

Prognosi

La prognosi è legata all’insufficienza cardiaca da accumulo di ferro nell’organo. Sono noti 5 pazienti con aceruloplasminemia deceduti per insufficienza cardiaca, probabilmente secondaria all’accumulo intracardiaco di ferro in un arco di 60 anni. In assenza di insufficienza cardiaca e con un adeguato trattamento del diabete, la prognosi è buona.

Leggi anche:

Lo Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Il gusto è scritto nel tuo DNA: il futuro è nelle diete genetiche personalizzate

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO LABORATORIO MICROSCOPIOScoperti i geni che ci fanno scegliere i cibi: si aprono così le porte alle diete “genetiche” personalizzate e alla nascita di cibi “dietetici ma buoni”. Una serie di scoperte italiane dimostra infatti che la predilezione per i cibi, dall’amore per la pancetta all’odio per i broccoli, si nasconde nel Dna. Lo si deve a stato un gruppo di ricerca dell’Università di Trieste e Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (Irccs) Burlo Garofolo coordinato da Paolo Gasparini, che ha presentato i risultati raggiunti in occasione della conferenza della European Society of Human Genetics (Eshg).

Continua la lettura su https://www.repubblica.it/salute/alimentazione/2014/06/02/news/scoperti_i_geni_del_gusto_in_arrivo_diete_genetiche_comandano_la_predilezione_dei_cibi-87897149/

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Modificare i geni errati per eliminare la malattia: il futuro è nella chirurgia genomica

DOTT. EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO MEDICINA ONLINE LABORATORIO RICERCA OSPEDALE SCIENZA SCIENZIATO MICROSCOPIO VETRINO FARMACI CHIMICA TEST ESPERIMENTO ANALISI CLINICHE BIOLOGIA MICROBIOLOGIA VIRUS LABORATORYIl futuro della ricerca medica è in larga parte legato alle conoscenze sul genoma umano, che via via si accumulano. La sfida in atto riguarda però la possibilità di incidere direttamente sul Dna modificando i geni all’interno di una singola cellula.
È il caso ad esempio dell’anemia falciforme, una grave malattia debilitante e spesso dall’esito infausto provocata dall’alterazione di una sola dei tre miliardi di paia di basi del Dna del paziente. I ricercatori sanno bene dove si trova l’errore genetico da correggere, ma per il momento non riescono a risolverlo.
Ora, tuttavia, i medici hanno a disposizione nuovi e più promettenti strumenti di ingegneria genomica per intervenire. Ci riferiamo in particolare a CRISPR, una tecnologia all’avanguardia che consente di realizzare interventi di microchirurgia sui geni, modificando una sequenza di Dna in un punto preciso del cromosoma.

Continua la lettura su https://www.italiasalute.it/12808/La-chirurgia-genomica.html

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Noi italiani siamo i più ricchi d’Europa

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO MONDO MAPPAMONDO CARTINA EUROPA ITALIAQualcuno potrebbe dire che non è esattamente così, che magari i tedeschi o i francesi siano più ricchi di noi italiani, ed invece siamo noi i più ricchi. Ma di cosa? Di diversità genetica! Qualcuno sarà rimasto deluso ma sono sicuro che i più curiosi continueranno la lettura dell’articolo!

Cos’è la diversità genetica?

La diversità genetica (anche detta variabilità genetica) è una caratteristica degli ecosistemi dovuta alle mutazioni e ai processi di ricombinazione genetica e descrive l’esistenza di molte versioni diverse di uno stesso organismo.  Tale caratteristica è molto positiva in quanto è ritenuta vantaggiosa per la sopravvivenza di una popolazione. In pratica maggiore è la diversità genetica di una popolazione e maggiore sarà la variabilità tra le varie “istruzioni geniche” degli individui di quella popolazione, quindi più alte saranno le chance di sopravvivenza. In fatto di diversità genica noi italiani siamo appunto il popolo più ricco di diversità genetica in tutta Europa, molto più di quanto lo siano tra loro popolazioni che vivono agli angoli opposti del continente. Dal Nord al Sud dello Stivale, ma in realtà anche solo della Sardegna, le nostre differenze genetiche sono dalle sette alle trenta volte maggiori rispetto a quelle registrate tra i portoghesi e gli ungheresi. A dirlo è la ricerca “Sull’isolamento genetico geografico e linguistico: uno studio collaborativo sulle popolazioni italiane” realizzata dai ricercatori dell’Università Sapienza di Roma e condotta dall’antropologo dott. Giovanni Destro Bisol in collaborazione con gli atenei di Bologna, Cagliari e Pisa. La ricerca, iniziata nel 2007, ha preso in considerazione cinquantasette popolazioni presenti nel territorio italiano, dai Grecanici del Salento alla comunità germanofona di Sappada nel Veneto settentrionale.

Leggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram, su YouTube, su LinkedIn, su Tumblr e su Pinterest, grazie!

La terapia genica blocca il cancro

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO LABORATORIO MICROSCOPIO DNA GENETICAUno studio potrebbe aumentare le nostre possibilità di combattere il cancro: autori dello studio sono i ricercatori dell’Irccs San Raffaele di Milano, diretto da Giulia Escobar, dottoranda di ricerca, e coordinato da Luigi Naldini, direttore dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia genica, e dalla ricercatrice Roberta Mazzieri (ora trasferitasi all’Università australiana del Queensland). Nel loro lavoro gli scienziati hanno sperimentato una tecnica di terapia genica in grado di bloccare lo sviluppo del tumore. I ricercatori hanno dapprima preso cellule staminali ematopoietiche umane e le hanno geneticamente modificate affinché producessero un gene “terapeutico”, l’interferone alpha, che ha attività antitumorale; poi hanno trapiantato queste cellule staminali in topi con tumore mammario.

Giulia Escobar ha affermato: «Nell’esperimento l’interferone non solo ha bloccato la crescita del tumore primario alla mammella e delle metastasi al polmone, ma ha anche trasformato i macrofagi da agenti tumorali ad antitumorali. In altre parole, ha cambiato il microambiente che circonda il tumore creando un ambiente immunostimolante, dove il sistema immunitario viene aiutato a riconoscere la neoplasia e a contrastarla. Un aspetto importante della nostra strategia è che si tratta di una forma di immunoterapia in linea di principio utilizzabile contro vari tipi di tumori, proprio perché stimola il sistema immunitario a reagire contro la neoplasia. L’immunoterapia dei tumori è un promettente filone di ricerca che ha già dato risultati in altre sperimentazioni. Entro 3-5 anni potremmo partire con i nostri primi test sui pazienti».

Leggi anche:

Lo Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!