Glutammato e sindrome del ristorante cinese: effetti sulla salute

MEDICINA ONLINE COTECHINO ZAMPONE DIETA CIBO FORMAGGIO FRUTTA VERDURA USO CARNE PESCE VINO CALORIE DIMAGRIRE CUCINA CUCINARE RICETTA LIGHTIl glutammato monosodico o, più semplicmente “gluttamato”, è il sale di sodio dell’acido glutammico, uno dei 23 amminoacidi naturali che costituiscono le proteine.

Il glutammato si trova in moltissimi cibi della nostra cucina naturalmente saporiti, in particolare è presente in cibi come la carne, il formaggio ed altri alimenti ricchi di proteine, inoltre trova uso nell’industria alimentare come additivo: è l’ingrediente principale dei dadi da brodo e dei preparati granulari per brodo.

Fin dagli anni sessanta è stata descritta in letteratura una sindrome (nota come “sindrome del ristorante cinese“), provocata dall’assunzione di glutammato monosodico e caratterizzata da cefalea, vasodilatazione cutanea, talvolta orticaria ed esacerbazioni in soggetti asmatici (sebbene, riguardo a quest’ultimo punto, uno studio condotto successivamente smentisca l’associazione con il glutammato); tuttavia i dati più recenti, fra cui un grande studio multicentrico condotto nel 2000, smentiscono la correlazione tra il glutammato e le manifestazioni descritte e descrivono il tutto come un mito da sfatare.

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Perché le feci hanno un odore cattivo e sgradevole?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO BAGNO TAZZA TOILETTE WC SANITARI CACCA FECI URINA PIPI GABINETTO BIDET CISTITE EMORROIDI STIPSI COSTIPAZIONE STITICHEZZA (3)Le feci hanno un odore tipico, generalmente considerato assai sgradevole. Tale odore caratteristico è dovuto principalmente a tre fattori:

  • alla eventuale presenza di cibo non digerito;
  • alla trasformazione/decomposizione da parte dei batteri intestinali del cibo nell’intestino crasso;
  • alla trasformazione di alcuni composti in tioli, solfuro di idrogeno e indolo.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Meccanismi e controllo della secrezione acida dello stomaco

MEDICINA ONLINE ESOFAGO STOMACO DUODENO INTESTINO TENUE DIGIUNO ILEO SCOPIA APPARATO DIGERENTE CIBO DIGESTIONE TUMORE CANCRO POLIPO ULCERA DIVERTICOLO CRASSO FECI SANGUE OCCULTO MILZA VARICI CIRROSI EPATICA FEGATO VOMITOMeccanismi di secrezione acida

L’anidride carbonica derivata dal metabolismo cellulare forma acido carbonico legandosi con l’acqua in una reazione catalizzata dall’anidrasi carbonicaintracellulare (H2O + CO2 <> H2CO3 ) l’acido carbonico si dissocia poi spontaneamente formando bicarbonato e un protone (H2CO3 <> HCO3- + H+ ). Una H+/K+ ATPasi presente sulla membrana apicale trasferisce protoni nel lume scambiandoli per ioni potassio. Sulla membrana basolaterale è presente un antiporto Cl-/HCO3- che trasferisce molecole di bicarbonato fuori dalla cellula scambiandole per ioni cloro che entrano contro il loro gradiente elettrochimico, l’aumento di concentrazione del cloro intracitoplasmatico ne permette l’uscita nel lume attraverso canali anionici passivi posti sulla membrana apicale o anche attraverso un simporto con il potassio. Il risultato netto è quindi secrezione di HCl. A causa del bicarbonato che esce dalla membrana basolaterale il sangue venoso che ritorna dallo stomaco è più alcalino del sangue arterioso.

Controllo della secrezione acida

  • Acetilcolina: I neuroni colinergici parasimpatici rilasciano acetilcolina che legandosi a recettori M3 delle cellule parietali stimola direttamente un aumento di secrezione acida. Anche le cellule enterocromaffino-simili sono attivate dall’aceticolina che stimola quindi la liberazione di istamina. Inoltre l’attivazione di meccanocettori presenti nella parete gastrica dovuta alla distensione dello stomaco provoca una liberazione di acetilcolina dovuta ad una stimolazione di fibre parasimpatiche, questa stimolazione può arrivare a causare fino al 60% della secrezione gastrica (fase gastrica). Fino al 35% della secrezione gastrica può essere dovuta ad acetilcolina liberata in seguito a stimolazioni visive, olfattive, gustative e persino cognitive che provocano una stimolazione della corteccia cerebrale o dell’amigdala e l’ipotalamo che mandano segnali allo stomaco attraverso fibre efferenti i cui corpi cellulari si trovano nel nucleo dorsale del vago (fase cefalica e orale).
  • Gastrina: È un ormone rilasciato nel circolo sanguigno dalle cellule G dello stomaco che agisce quindi per via endocrina. Ha un effetto diretto sulle cellule parietali attraverso il recettore CCK2 e stimola le cellule enterocromaffino-simili a produrre istamina. Le cellule G possono essere stimolate dal GRP liberato da neuroni intrinseci della parete e da chemocettori della parete sensibili a fattori locali come la presenza di oligopeptidi.
  • Istamina: L’istamina prodotta dalle cellule enterocromaffino-simili agisce per via paracrina stimolando le cellule parietali attraverso recettori H2. L’istamina è il più importante fattore che stimola la secrezione acida.
  • Somatostatina: In risposta a pH basso le cellule D rilasciano somatostatina che ha un’azione inibitoria sulla secrezione di gastrina e quindi sulla secrezione acida.
    Diversi ormoni intestinali contribuiscono a inibire la secrezione gastrica: la secretina prodotta dalle cellule S della mucosa del duodeno che inibisce il rilascio di gastrina, la colecistochinina e il GIP.

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Differenza tra diverticolite e diverticolosi

MEDICINA ONLINE DIVERTICOLI DIVERTICOLITE DIVERTICOLOSI COLON COLITE SINTOMI DIFFERENZE INTESTINO DIGERENTE.jpgI diverticoli del colon sono delle estroflessioni delle pareti intestinali, di forma ed istologia variabile. Tutti i settori del canale alimentare possono dare origine a diverticoli ma il colon è quello in cui la loro presenza è più comune.
I diverticoli possono essere di natura congenita (presenti sin dalla nascita) o acquisita. Nel primo caso l’estroflessione comprende anche la parete muscolare, nel secondo interessa soltanto la tonaca mucosa e la sierosa.

La presenza di diverticoli può dare origine a diverticolite o a diverticolosi.

Il termine “diverticolosi” indica la presenza di diverticoli senza interessamento flogistico (senza infiammazione); essa è quasi sempre asintomatica, cioè il paziente può non avvertire alcun sintomo della loro presenza.

Il termine “diverticolite” indica invece la presenza di diverticoli infiammati; essa è responsabile dei sintomi e delle complicanze della malattia diverticolare (espressione sintomatica della diverticolosi).

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Legatura/sclerosi delle varici esofagee: perché si esegue, quali sono i rischi?

MEDICINA ONLINE SURGERY SURGEON RECOVERY TAGLIO ANESTESIA GENERALE REGIONALE LOCALE EPIDURALE SPINALE SNC BISTURI PUNTI SUTURA COSCIENTE PROFONDA MINIMA ANSIOLISI ANESTHETIC AWARENESS WALLPAPER PICS PHOTO HD HI RES PICTURESL’emorragia delle vene dell’esofago (varici) è una delle complicanze più gravi che può verificarsi in un paziente affetto da una malattia cronica del fegato, come la cirrosi epatica. Può avvenire perché proprio a causa della malattia che interessa il fegato, parte del sangue proveniente dall’intestino non riesce a passare attraverso il fegato (dove viene filtrato), ma viene deviato lungo le vene dello stomaco e dell’esofago.
L’afflusso di maggiori quantità di sangue attraverso queste vene ne provoca una dilatazione (varice) simile a quanto avviene nelle vene delle gambe. Le vene dell’esofago, divenute gonfie e tortuose, sono soggette a rottura con comparsa di emorragia, che può fuoriuscire dalla bocca (ematemesi) o essere eliminata attraverso l’intestino, con riscontro di feci nerastre (melena), a tal proposito leggi: Feci nere e melena: cause e cure in adulti e neonati

COME SI CURANO?

Le varici dell’esofago possono essere viste con una sonda, il gastroscopio, di diametro di poco superiore al centimetro, con una telecamera in punta o delle lenti (fibre ottiche) e dotato di luce propria, che viene introdotto delicatamente dalla bocca. Attraverso il canale che esiste all’interno del gastroscopio è possibile fare passare un ago sottile, che consente di iniettare un liquido nelle varici che sanguinano o nelle loro immediate vicinanze, provocando l’arresto dell’emorragia. L’emorragia può essere arrestata anche strozzando alla base la varice con un piccolo anello elastico (legatura). L’iniezione di questo liquido o il posizionamento di un anello elastico provocano una trombosi della varice che conduce poi alla sua occlusione e scomparsa. Per ottenere una completa scomparsa di tutte le varici sono necessari più esami endoscopici (generalmente da 3 a 5), che vengono effettuati settimanalmente o ogni 2 settimane. La completa scomparsa di tutte le varici è importante per prevenire ulteriori emorragie.
I pazienti vengono in seguito sottoposti a controlli periodici (6 mesi o un anno) durante i quali vengono trattate eventuali varici riformate.

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PERCHÉ SI TRATTANO?

L’emorragia delle varici dell’esofago richiede un intervento immediato per i rischi che ne possono derivare. Dopo un episodio di sanguinamento, è inoltre necessario chiudere tutte le varici per prevenire altre emorragie.
La terapia endoscopica è attualmente quella che consente, in un’elevata percentuale di casi, un rapido arresto dell’emorragia da varici e la loro successiva occlusione (già durante l’esame che deve accertare la sede dell’emorragia), senza dover ricorrere ad anestesia generale.
Per tale motivo quella endoscopica è preferita alla terapia chirurgica e a quella radiologica, che sono oggi riservate ai casi in cui la terapia endoscopica fallisce.

COME SI ESEGUE L’ESAME?

Prima dell’esame può essere qualche volta necessario posizionare un sondino che, attraverso il naso, viene fatto procedere fino allo stomaco, per rimuovere il sangue e i residui alimentari presenti nello stomaco.
L’esame non produce dolore ma solo modesto fastidio all’introduzione dello strumento; per tale motivo può essere somministrato un farmaco sedativo e un liquido o una compressa per l’anestesia in gola. Durante l’esame il paziente viene costantemente monitorato (saturazione, battito cardiaco ecc.). Ai fini dell’esame è importante che il paziente si mantenga rilassato, respirando lentamente e profondamente, per prevenire l’eventuale sensazione di vomito e tollerare meglio la procedura. Dopo l’esame è necessario rimanere sotto controllo per qualche ora, in alcuni casi rimanere ricoverati per 24 ore. Ovviamente, se l’esame è stato effettuato per un’emorragia, il ricovero potrà protrarsi per più giorni.
L’alimentazione dovrà essere liquida per le prime 24 ore e semiliquida per uno o più giorni.

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QUALI SONO LE COMPLICANZE?

Dopo la sclerosi o la legatura delle varici esofagee possono insorgere febbre e/o modesti dolori al torace e alla parte superiore dell’addome che si risolvono spontaneamente e che devono destare apprensione solo quando persistono.
L’eventuale comparsa di difficoltà alla deglutizione è legata all’infiammazione della mucosa dell’esofago, conseguente all’iniezione del liquido che occlude le varici. Inoltre, sia l’iniezione di liquido nelle varici sia la legatura provocano delle ulcere della mucosa dell’esofago. La caduta dopo qualche giorno delle piccole croste che le ricoprono (escare) può essere causa di un nuovo sanguinamento che generalmente si arresta spontaneamente.
La difficoltà alla deglutizione tende a scomparire dopo alcuni giorni e solo la sua persistenza per tempi lunghi può indicare la presenza di un restringimento dell’esofago conseguente al trattamento. A questa complicanza si può facilmente porre rimedio per via endoscopica.
Complicanze più gravi, come la perforazione, sono molto più rare.

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Gli integratori termogenici che ti aiutano a perdere peso e dimagrire

MEDICINA ONLINE FOOD SUPPLEMENT INTEGRATORE ALIMENTARE RUGHE PELLE VITAMINE MINERALI MULTI TERMOGENICO GRASSO DIMAGRIRE ALFA LIPOICO FARMACO ASPIRINA TACHIPIRINA PER OS ASSUNZIONE BOCCA GIRL DONNA RAGAZZA BIONDA WALLPAPER.jpgIn commercio esistono diversi tipi di integratori naturali, sotto forma di capsule, pastiglie, concentrati, olii, considerati rimedi naturali coadiuvanti nelle diete per perdere peso. Questi integratori naturali agiscono su più fronti: possono bruciare il grasso attraverso l’accelerazione del metabolismo, bloccare l’assorbimento di zucchero, oppure evitare il depositarsi dei grassi nel corpo e infine stimolare la diuresi.

Come agiscono gli integratori per dimagrire

Le piante che bloccano lo zucchero, ovvero gli integratori glucobloccanti, sono la cannella, il nopal, la gymnea, per esempio. Gli integratori invece mangia grassi, come il fico d’india o il chitosano, catturano a sé i lipidi e il colesterolo, impedendone parzialmente l’assimilazione, che vengono eliminati attraverso le feci.

Gli integratori che stimolano il metabolismo sono solitamente a base di caffeina, tè verde, guaranà, yerba matè, arancio amaro. Sulla tiroide, ghiandola endocrina che regola il metabolismo basale, agiscono invece integratori come il fucus o quelli a base di alghe, come la spirulina. In entrambi i casi si ha un leggero aumento della temperatura corporea che aiuta la combustione dei grassi anche durante le ore di riposo.

Gli integratori con funzione diuretica agiscono prevalentemente sulla ritenzione idrica, sui gas intestinali e sulle funzionalità del fegato. Le piante ad azione diuretica più note sono la betulla, la pilosella, il carciofo, l’orthosiphon, il tarassaco, il cardo mariano, tra le altre.

Gli integratori per dimagrire diuretici, non hanno un effetto diretto sulla perdita di peso, ma possono essere integrati con alimenti o integratori per aumentarne l’efficacia. Altri integratori importanti sono quelli ad effetto carminativo, in grado cioè di assorbire i gas a livello intestinale contribuendo a diminuire il gonfiore addominale: si tratta di piante come il finocchio e il cumino.

Bisogna sempre stare attenti e seguire le avvertenze sul consumo degli integratori: un abuso può causare danni gravi, come perdita di minerali importanti, con quanto ne consegue, allergie, ipertiroidismo.

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Gli integratori per dimagrire, eccone alcuni

Il tarassaco

Gli integratori per dimagrire a base di tarassaco, oltre a contenere tarasserolo, steroli, vitamine A,B,C e D, contengono la preziosa inulina, utile come antifame e per favorire il riequilibrio della flora batterica intestinale, potenziandone l’attività e migliorare il metabolismo. Il tarassaco è noto per le proprietà diuretiche e disintossicanti del fegato, dei reni e dell’intestino, si trova facilmente in compresseche favoriscono il drenaggio linfatico e possono attenuare l’ effetto “pelle a buccia d’arancia” tipico della cellulite, associato con fucus, betulla, carciofo, gramigna e bardana, tutte piante fortemente depurative.

I tè

Tè verde, tè nero, tè oolong. Queste sono piante eccezionali per coadiuvare le funzioni del metabolismo. Si trovano sotto forma di infusi o capsule con prodotto in polvere ed estratti. L’alta percentuale di polifenoli e di catechine contenuti in particolare nel tè verde ne fanno una bevanda preziosa e buona amica delle diete dimagranti.

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Il fucus

Dal punto di vista dietetico il fucus è efficace perché contiene l’acido alginico che, una volta nello stomaco, forma un gel vischioso, che si gonfia e non viene assimilato dall’organismo, ma sviluppa un senso di sazietà che fa da spezza-fame. Le capsule di fucus, vanno prese solitamente a mezzogiorno e alla sera, prima dei pasti principali.

L’ananas e la papaya

Anzitutto l’ananas e la papaya sono frutti che contengono enzimi vigetali che facilitano la digestione delle proteine. In fitoterapia si utilizza il gambo del frutto, ricco di bromelina, un enzima che distrugge le fibre proteiche della cellulite, liberando i grassi indesiderati. L’integratore per dimagrire a base di ananas può essere associato all’ortosiphon, che aiuta nella depurazione.

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L’ortosiphon

L’ortosiphon, pianta originaria del sud-est asiatico, è uno tra i più versatili degli integratori per dimagrire. Si trova spesso combinato con altre piante ed erbe per preparare tisane diuretiche. Solitamente, gli integratori per dimagrire a base di ortosifon sono ottimi se combinati a quelli con tè e gambo di ananas. Ricco di flavonoidi, l’ortosifon elimina infatti i grassi liberati dal tè e dall’ ananas. Assunto mattina e sera per almeno un mese all’anno diventa un ottimo alleato della dieta.

La spirulina

L’elevatissimo contenuto proteico della spirulina, circa 70 grammi per ogni 100 grammi di alimento, la rendono un ottimo integratore nelle diete vegetarianeLa spirulina, grazie alle sue proprietà nutrienti, pare sia efficace anche per controllare l’appetito aumentando il senso di sazietà. Si prende in capsule contenenti l’alga essiccata.

Il fagiolo bianco

La faseolamina è una glicoproteina ricavata dal fagiolo bianco, che, rallentando la digestione e l’assorbimento dell’amido, promuove la riduzione del peso corporeo.

La cassia nomame

Si tratta di una pianta che può ridurre fino al 30% l’assorbimento dei grassi, limitando così l’apporto calorico e diminuendo il livello di trigliceridi e di colesterolo nel sangue. La cassia è anche un ottimo antigonfiore, agisce contro la ritenzione idrica e contro la cellulite.

La caffeina, il guaranà, la yerba maté arancio amaro o citrus aurantium.

Integratori per dimagrire a base di questi prodotti stimolano la termogenesi, quindi favoriscono lo scioglimento dei grassi. In particolare, il guaranà potenzia il flusso dell’adrenalina e accelera il metabolismo, favorendo la trasformazione del tessuto adiposo in tessuto muscolare.

La gomma di guar e la gomma karaya

Esistono anche integratori per dimagrire a base di gomma naturale, in particolare gomma karaya e gomma di guar. Si tratta della secrezione gommosa di una pianta, la sterculia, che cresce in India, in Pakistan e in alcune parti dell’Africa. La contemporanea assunzione di acqua e gomma karaya, infatti, non solo accelera il transito intestinale, ma aumenta anche la sazietà.

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La curcuma

Oltre ad essere una spezia molto versatile, la curcuma può essere assunta anche in pillole o in capsule da 250-500mg. È una pianta erbacea dal caratteristico colore giallo, originaria dell’Asia meridionale. Nota nella medicina Ayurvedica, la curcuma ha un’azione dimagrante e tonificante dei tessuti, nonché antiossidante e antinfiammatoria. Indicata per contrastare l’artrite reumatoide, la curcuma aiuta anche ad eliminare i gonfiori causati dai lieviti. Leggi anche: Curcuma: calorie, proprietà, benefici, controindicazioni e conservazione

Il pino coreano

L’olio di pino coreano è in grado di ridurre il senso di fame e diminuire l’apporto calorico con la dieta. Integratori dimagranti a base di pino coreano contengono acido pinolenico, un acido grasso polinsaturo molto efficace per questo scopo.

I semi di girasole e i semi di cartamo

I semi di girasole sono integratori utili per dimagrire, che agiscono sia sulla massa grassa che su quella magra, così come i semi di cartamo.

La piperina

La piperina è l’alcaloide del pepe nero, contenuto in concentrazioni variabili e le conferisce il gusto piccante. La piperina è dotata di proprietà fitoterapiche interessanti, oggi sfruttate prevalentemente negli integratori dimagranti termogenici.

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Il frutto della garcinia di Cambogia

La buccia di questo frutto asiatico svolge una preziosa azione sui tessuti adiposi. L’idrossicitrato presente nella buccia della garcinia può ridurre il colesterolo e i trigliceridi fino a quasi il 30%, limitando l’accumulo dei grassi e favorendo la demolizione degli zuccheri e trasformandoli in energia.

Noce di cola

La Noce di cola era già nota alle tribù dell’Africa e dell’Indonesia. Svolge un’azione stimolante sui lipidi, eliminando il desiderio di assunzione di cibo, in particolar modo di zuccheri. La noce di cola è consigliata anche in caso di lunghi periodi di stress poiché consente di sfruttare al meglio le energie disponibili.

Il Nopal

Integratori dimagranti a base di nopal, un cactus messicano utilizzato già ai tampi dei Maya, si basano sul principio del legare grassi e zuccheri insieme, portandoseli via, facilitandone l’eliminazione e limitandone l’assorbimento. Grazie alle proprietà ipoglicemizzanti viene impiegato con ottimi risultati anche nel trattamento del diabete mellito.

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Differenza tra caffè lungo, corto e ristretto: qual è il più forte?

MEDICINA ONLINE CAFFE CAFFEINA THE TE TEINA ECCITANTE ASTINENZA GINSENG LUNGO CORTO ORZO MACCHIATO CALDO FREDDO TAZZA GRANDE VETRO DIFFERENZE COFFE ESPRESSO AMERICANO WALLPAPER PIC PICTURE HI RES PHOTOSolo gli esperti di caffè sono capaci di riconoscere la vera qualità di un buon caffè. Il vero caffè italiano si distingue in caffè ristretto, caffè corto e caffè lungo.

CAFFÈ RISTRETTO

Il caffè ristretto è un espresso concentrato. Si ottiene lasciando fluire poco liquido nella tazzina, solo le prime frazioni, si ottiene così 15-20 millilitri di bevanda.  La caffeina contenuta nel caffè ristretto è molto ridotta rispetto agli altri tipi di caffè.

CAFFÈ CORTO

Il caffè corto, è un caffè espresso normale, dolce e  aromatico. La bevanda ha la stessa concentrazione di caffeina di un caffè lungo, ma è meno liquido. Si ottiene una bevanda di 50-65 millilitri.

CAFFÈ LUNGO

Il caffè Lungo si ottiene lasciando fluire molta acqua nella tazzina, fino ad ottenere una bevanda di circa 130-170 millilitri. Si ha cosi un caffè con minore concentrazione di aromi e alta concentrazione di caffeina.

Qual è il più forte?

Il caffè più forte è quello lungo.

La migliore selezione di tè, tisane e caffè

Qui di seguito trovate una lista con la migliore selezione di tè, infusi e caffè provenienti da tutto il mondo, di altissima qualità e scelti dal nostro Staff di esperti ed appassionati. Noi NON sponsorizziamo né siamo legati ad alcuna azienda produttrice: per ogni tipologia di prodotto, il nostro Staff seleziona solo il prodotto migliore, a prescindere dalla marca.

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Diabete di tipo 2: cause, fattori di rischio, sintomi e cure

MEDICINA ONLINE DIABETE MELLITO TIPO 1 2 PREDIABETE PRE-DIABETE SANGUE VALORI GLICEMIA EMOGLOBINA GLICATA ZUCCHERI DIETA CARBOIDRATI PASTA PANE INSULINA RESISTENTE DIPENDENTE CIBO MANGIARE VERDURA FRUTTAIl diabete mellito di tipo 2 è di gran lunga la forma di diabete più frequente (interessa il 90% dei casi) ed è tipico dell’età matura. È caratterizzato da un duplice difetto: non viene prodotta una quantità sufficiente di insulina per soddisfare le necessità dell’organismo (deficit di secrezione di insulina), oppure l’insulina prodotta non agisce in maniera soddisfacente (insulino-resistenza). Il risultato, in entrambi i casi,  è il conseguente incremento dei livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia).
Questo tipo di diabete è detto non insulino-dipendente perché l’iniezione di insulina esterna, a differenza del diabete di tipo 1, non è di vitale importanza.

Cause

Le cause alla base dell’insorgenza della malattia vanno generalmente ricercate in fattori ereditari ed ambientali. Attraverso studi approfonditi si è evidenziato che esiste un fattore di trasmissione ereditario, non ancora ben chiarito, che espone alcune popolazioni o addirittura alcune famiglie a tale patologia. All’ereditarietà si affiancano aspetti caratteristici della persona quali l’obesità: le cellule hanno bisogno di zucchero per vivere, tanto maggiore è il numero di cellule da alimentare tanto maggiore sarà il fabbisogno di insulina. Nelle persone obese, quindi, l’insulina viene prodotta ma non in quantità sufficiente. La vita sedentaria, lo stress e alcune malattie ricadono nell’elenco dei fattori ambientali scatenanti. Esse impongono al pancreas un lavoro aggiuntivo poiché aumentano il fabbisogno di glucosio e quindi di insulina. Qualora il pancreas fosse indebolito da una predisposizione ereditaria al diabete, queste cause accelerano l’insorgenza del disturbo. Anche l’età gioca il suo ruolo: l’invecchiamento dell’organismo si riflette sulla funzionalità di tutti gli organi, non ultimo il pancreas che, invecchiando, non è più in grado di rispondere prontamente alla richiesta di insulina ricevuta.

Fattori di rischio

Non bisogna sottovalutare alcuni fattori di rischio che rendono alcune persone più predisposte di altre a sviluppare il diabete di tipo 2.
I principali fattori di rischio sono:

  • obesità (BMI maggiore o uguale a 30 kg/m2 per il DM2);
  • inattività fisica;
  • familiari diabetici;
  • ipertensione arteriosa (pressione massima maggiore o uguale a 140 mmHg e\o pressione minima maggiore o uguale a 90mmHg);
  • colesterolo HDL (minore o uguale a 35 mg/dl) ed elevata concentrazione di LDL;
  • trigliceridi (maggiori o uguali a 250 mg/dl).

La persona affetta da diabete di tipo 2 è quindi generalmente una persona della seconda o terza età, con un peso superiore a quello ideale, spesso con parenti di primo grado diabetici. I sintomi non sono generalmente evidenti come nel diabete di tipo 1, vengono facilmente ignorati e la scoperta del diabete può avvenire in modo del tutto casuale, ad esempio durante un check-up.

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Sintomi

Alcuni dei sintomi tipi del diabete di tipo 2 sono:

  • sensazione di stanchezza cronica;
  • frequente bisogno di urinare anche nelle ore notturne;
  • sete inusuale;
  • perdita di peso improvvisa e immotivata;
  • visione offuscata e lenta guarigione delle ferite.

Diagnosi

La diagnosi di questa forma di diabete, pertanto, può essere anche molto tardiva (mesi o anni) e, per questo motivo, è facile riscontrare al momento della diagnosi la presenza di complicanze in stato avanzato.

Trattamento

La gestione del diabete di tipo 2 si concentra su interventi sullo stile di vita (dieta ed attività fisica), sulla riduzione degli altri fattori di rischio cardiovascolare e sul mantenimento di livelli di glicemia nell’intervallo di normalità.[16] L’auto-monitoraggio della glicemia è raccomandato a tutte le persone a cui viene diagnosticato il diabete di tipo 2. Tuttavia il beneficio dell’autocontrollo rispetto a quelli che non lo fanno è discutibile. La gestione di altri fattori di rischio cardiovascolare, tra cui: ipertensione, colesterolo alto e microalbuminuria, migliora l’aspettativa di vita di una persona.

Trattamento farmacologico
Vi sono diverse classi di farmaci disponibili come anti-diabetici. La metformina è generalmente raccomandata come trattamento di prima linea, in quanto vi sono alcune prove che sia in grado di diminuire la mortalità. Un secondo farmaco ad assunzione orale, appartenente ad altre classi, può essere utilizzato se la metformina non è sufficiente. Le altre classi di farmaci comprendono: sulfaniluree, inibitori dell’alfa-glucosidasi, tiazolidinedioni, peptide glucagone-simile e inibitori della dipeptidil-peptidasi IV. La metformina non deve essere mai somministrata nei pazienti con gravi problemi renali o epatici. Le iniezioni di insulina possono essere aggiunte ai farmaci per via orale o utilizzate unicamente. La maggior parte dei diabetici necessità di insulina. Quando viene somministrata, si preferisce una formulazione a lunga durata di azione, assunta alla sera prima di dormire. Quando l’insulina serale è insufficiente, la somministrazione due volte al giorno può permettere di ottenere un controllo migliore della glicemia. In alcuni studi è emerso che in uomini ipogonadici l’assunzione di testosterone diminuisce l’insulinoresistenza e migliora sensibilmente il quadro glicemico. Tale risposta è tuttora sotto studio; si valuta la possibilità di utilizzare l’ormone nel diabete mellito di tipo 2, qualora vi fossero conferme sui grandi numeri. Tra le nuove terapie vi è il canagliflozin, che è il primo inibitore del SGLT2; insieme al dapagliflozin.

Trattamento chirurgico
La chirurgia per la perdita di peso (chirurgia bariatrica) in coloro che sono obesi, sembra essere una misura efficace nel trattamento del diabete.[54] Dopo l’intervento chirurgico, molti sono in grado di mantenere normali livelli di zucchero nel sangue con l’assunzione di pochi farmaci o addirittura senza e la mortalità a lungo termine risulta diminuita. Vi è tuttavia un certo rischio di mortalità a breve termine, inferiore all’1%, a causa delle complicanze relative all’intervento chirurgico. I valori soglia dell’indice di massa corporea per cui la chirurgia è opportuna, non sono ancora chiare.[

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