Differenza tra idrofobo ed idrofilo con esempi

Work of scientists in the chemical laboratory.In chimica con il termine idrofilo si intende un composto o un gruppo funzionale che, a causa della sua struttura, mostra affinità per l’acqua. Si tratta di composti o gruppi funzionali con una struttura polarizzata che possono essere sciolti in acqua ma che non possono essere sciolti nei solventi organici apolari e quindi nei solventi oleosi. Le sostanze idrofile sono anche sostanze lipofobe, in quanto una sostanza che può essere sciolta in acqua non può invece essere sciolta in un solvente oleoso.

Esempi di sostanze idrofile

Sono sostanze idrofile:

  • glucosio, C6H12O6;
  • sali minerali;
  • glicoli;
  • alcoli;
  • urea;
  • amminoacidi.

In chimica con il termine idrofobo si intende un composto o un gruppo funzionale che, a causa della sua struttura, non mostra alcuna affinità per l’acqua. Si tratta di composti o gruppi funzionali con una struttura poco o per nulla polarizzata che possono essere sciolti in un opportuno solvente organico ma che, come detto, non possono essere sciolti in acqua. Le sostanze idrofobe sono anche sostanze lipofile, in quanto una sostanza che non può essere sciolta in acqua può invece essere sciolta in un solvente oleoso.

Esempi di sostanze idrofobe

Sono sostanze idrofobe:

  • esano C6H14;
  • benzene C6H6;
  • tetracloruro di carbonio CCl4;
  • etere etilico C4H10O;
  • solfuro di carbonio CS2;
  • iodio I2;
  • lipidi.

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Differenza tra stella, pianeta e satellite con esempi

MEDICINA ONLINE STELLA PIANETA NANO GIOVIANO TERRESTRE SATELLITE NATURALE ARTIFICIALE METEROIDE METEORITE METEORA STELLA CADENTE SOLE LUNA TERRA FANTASCIENZA MARTE PIANETA SISTEMA SOLARE SOL SPACE WALLPAPER HD PIC PHOTO PICUna stella viene definita in astronomia come un corpo celeste dotato di luce propria, formato da materia allo stato di plasma, che genera energia nel proprio nucleo attraverso processi di fusione nucleare, che liberano l’energia che noi vediamo sotto forma di luce stellare. La stella più vicina a noi è il Sole, che si trova ad una distanza media dalla Terra di 150 milioni di Km ed è al centro del nostro Sistema Solare; la maggior parte delle altre stelle risultano visibili soltanto durante la notte. Gruppi densi di stelle formano gli ammassi stellari, che a loro volta, raggruppati insieme a stelle singole, polveri e gas, formano le galassie.

Un pianeta viene definito come un corpo celeste che, a differenza di una stella, non produce energia tramite fusione nucleare, non brilla di luce propria ma di luce riflessa proveniente dalla stella attorno a cui orbita (nel caso della Terra ovviamente è il sole). Il pianeta ha una massa sufficiente a conferirgli una forma sferoidale. Le stelle producono luce e calore autonomamente, i pianeti vengono invece illuminati e riscaldati dalla stella: senza il sole – ad esempio – la Terra sarebbe buia e fredda. Un pianeta ha inoltre una massa relativamente piccola ed una temperatura minore di una stella; le alte temperature delle stelle permettono infatti di attivare le reazioni di fusione nucleare che generano energia e quindi luce.

Un satellite naturale – o talvolta, più impropriamente, luna (in minuscolo) – un qualunque corpo celeste che orbiti attorno ad un corpo diverso da una stella, come ad esempio un pianeta, un pianeta nano o un asteroide. Un esempio è la nostra Luna (scritto maiuscolo) che rappresenta il satellite naturale del pianeta Terra (Pianeta).
Giove è un pianeta che possiede un elevato numero di satelliti naturali, 69, che lo rendono il pianeta con il più grande corteo di satelliti con orbite ragionevolmente sicure del sistema solare. I maggiori, i satelliti medicei, sono stati scoperti nel 1610 e furono i primi oggetti individuati in orbita ad un oggetto che non fosse la Terra o il Sole, essi sono: Io, Europa, Ganimede e Callisto; Ganimede, in particolare, è così luminoso che se non si trovasse vicino a Giove sarebbe visibile anche ad occhio nudo, di notte, nel cielo terrestre. Prendono anche il nome di “satelliti Galileiani” poiché la prima osservazione di questi satelliti fu effettuata da Galileo il 7 gennaio 1610.
Semplificando: i pianeti ruotano attorno alle stelle, i satelliti naturali ruotano attorno ai pianeti.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Differenza grassi saturi, monoinsaturi e polinsaturi

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Specialista in Medicina Estetica Roma DIECI ALIMENTI CONTENGONO PIU OMEGA 3 Radiofrequenza Rughe Cavitazione Peeling Pressoterapia Linfodrenante Dietologo Cellulite Dieta Sessuologia Sesso Filler BotulinoI grassi si dividono in saturi, monoinsaturi e polinsaturi, quali sono le differenze?

Differenze dal punto di vista chimico

Gli acidi grassi si dividono principalmente in saturi ed insaturi (questi ultimi sono i più salutari). Questi nutrienti sono formati da una lunga catena carboniosa, che inizia con un gruppo carbossilico (-COOH), termina con un gruppo metilico (CH3) e presenta nella parte centrale una serie di atomi di carbonio, ciascuno dei quali è accoppiato a due atomi di idrogeno. Se questa concatenazione rispecchia quanto descritto in ogni suo punto si parla di acidi grassi saturi, se invece lungo la catena una o più coppie di atomi di carbonio legano a sé un solo atomo di idrogeno per unità, l’acido grasso si definisce insaturo (presenta uno o più doppi legami C=C). Quando tale deficit si registra soltanto in un punto della catena l’acido grasso viene detto monoinsaturo, al contrario, quando vengono a mancare due o più paia di idrogeni si definisce polinsaturo.
Per ognuna di queste tre famiglie esistono diversi tipi di acidi grassi, che differiscono per numero di atomi di carbonio e disposizione degli eventuali doppi legami.

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I grassi saturi
I grassi animali, a eccezione di quelli di pesce, sono tutti prevalentemente saturi ma vi sono anche alcuni grassi saturi vegetali, come ad esempio l’olio di cocco.
Un sondaggio recente condotto dal Medical Research Council ha dimostrato che gli uomini che mangiavano burro correvano la metà del rischio di sviluppare malattie cardiocircolatorie rispetto a quelli che mangiavano margarina.
Risultati analoghi sono stati ottenuti in numerosi altri studi. Mi limito qui a citare il più recente e importante, una meta-analisi condotta presso l’Università di Cambridge, in cui sono stati analizzati 76 studi che hanno coinvolto mezzo milione di persone, arrivando alla conclusione che coloro che assumono elevate quantità di grassi saturi non soffrono di problemi cardiaci in misura superiore a coloro che evitano questi grassi. Non molti decenni fa si raccomandava di sostituire il burro con la margarina, composta da oli vegetali idrogenati, e cioè trattati con una speciale procedura diretta a renderli solidi e più a lungo conservabili senza pericolo di diventare rancidi. Si è poi ammesso che questi consigli erano sbagliati, poiché i grassi idrogenati erano dei prodotti del tutto “innaturali”, simili alla plastica, e hanno provocato molti danni alla salute. Anche oggi molte persone quando leggono sulle etichette la dizione “grassi vegetali” si sentono tranquillizzate: occorre invece perlomeno controllare che vi sia la dizione “grassi non idrogenati”. Vediamo quindi ora quali funzioni, della massima importanza, svolgono i grassi saturi nel nostro corpo:

  •  costituiscono almeno il 50% delle membrane cellulari (e infatti, guarda caso, nei grassi del latte materno sono presenti per il 48 % circa);
  • svolgono un ruolo vitale nella salute delle nostre ossa. Affinché il calcio possa essere bene integrato nelle ossa, il 50% circa dei grassi alimentari dovrebbe essere saturo;
  • sono necessari per il corretto utilizzo degli acidi grassi polinsaturi-essenziali. Gli acidi grassi omega 3 sono meglio conservati nei tessuti quando la dieta è ricca di grassi saturi;
  • l’acido palmitico è il grasso (saturo) che si trova intorno al muscolo cardiaco e lo protegge.

A conforto dei vegetariani: come accennato, non tutti i grassi saturi sono animali. Ve ne sono anche di origine vegetale, che fino a poco tempo fa erano anch’essi sconsigliati, come quello da noce di cocco, di cui stanno emergendo sempre di più le proprietà benefiche (per il buon funzionamento della tiroide e, grazie all’acido laurico in esso contenuto, per le sue proprietà antibatteriche e antivirali). I grassi animali, il colesterolo e anche i grassi vegetali saturi, a lungo demonizzati, iniziano ora a essere in parte rivalutati, ma la rivalutazione procede troppo lentamente, e nelle linee guida “ufficiali”, nei consigli dietetici popolari e nell’opinione pubblica sono ancora visti come dannosi e da evitare.

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I grassi monoinsaturi
Quanto ai grassi monoinsaturi (che peraltro contengono anch’essi una parte di grassi saturi) è quasi inutile soffermarsi sull’argomento poiché sono ben note e provate le proprietà benefiche dell’olio d’oliva, al quale sono attribuiti molti degli effetti positivi della dieta mediterranea: l’acido oleico dal quale è in gran parte formato è anch’esso contenuto in notevoli quantità nel latte materno. Altri oli con buone quantità di acido oleico sono quelli di mandorle, noci pecan, anacardi, arachidi e avocado.

I grassi polinsaturi
Quanto ai grassi polinsaturi: i due acidi grassi polinsaturi che si trovano con maggiore frequenza nei nostri alimenti sono l’acido linoleico (omega 6) e l’acido linolenico (omega 3). Il nostro corpo non può produrre questi acidi grassi, pertanto detti “essenziali”, e quindi il nostro fabbisogno deve essere ricoperto tramite l’assunzione di alimenti che li contengono.
Si tratta di oli altamente reattivi, che irrancidiscono facilmente; non dovrebbero pertanto essere esposti alla luce e all’aria e soprattutto non dovrebbero essere riscaldati: infatti i grassi saturi e monoinsaturi (come quelli di cocco e d’oliva) che resistono meglio al calore, provengono da climi caldi. I grassi polinsaturi vegetali omega 6 sono estratti dalla soia, dal mais, dal cartamo, dal girasole, dalla colza e dal altri semi, mentre gli omega 3 si trovano soprattutto nel pesce.
Ovviamente anche i grassi polinsaturi essenziali (crudi e freschi) sono importanti e ne abbiamo assolutamente bisogno (costituiscono dall’8% al 12% del totale dei lipidi contenuti nel latte materno) ma le consuete raccomandazioni alimentari che li hanno additati e continuano ad additarli come gli unici grassi sani, hanno portato a un loro consumo eccessivo. Meglio sarebbe, pur con gli adattamenti del caso, attenersi anche qui alle proporzioni che si trovano nel latte materno, e assumerli in proporzioni non superiori a una media del 10% del totale dei grassi assunti quotidianamente.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo

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Differenza tra gotta ed artrite reumatoide

MEDICINA ONLINE GOTTA ALLUCE VALGO ARTRITE ARTROSI ARTRITE REUMATOIDE DIFFERENZA MANO MANI DITA TARSO.jpgL’artrite reumatoide è una poliartrite infiammatoria cronica, anchilosante e progressiva a patogenesi autoimmunitaria e di eziologia sconosciuta, principalmente a carico delle articolazioni sinoviali. Può provocare deformazione e dolore che possono portare fino alla perdita della funzionalità articolare.

La gotta è una malattia del metabolismo caratterizzata da attacchi ricorrenti di artrite infiammatoria acuta con dolore, arrossamento e gonfiore delle articolazioni, causati dal deposito di cristalli di acido urico in presenza di iperuricemia. L’articolazione più frequentemente colpita è, in circa il 50% dei casi, la metatarso-falangea dell’alluce, da cui il nome di podagra. L’acido urico può inoltre depositarsi nei tendini e nei tessuti circostanti, generando i cosiddetti tofi, anche a livello renale, inducendo la comparsa di nefropatia gottosa.

Sintomi

L’artrite reumatoide può presentare anche segni e sintomi in organi diversi. Si differenzia dall’osteoartrosi perché interessa inizialmente la membrana sinoviale e non la cartilagine, colpisce con meno frequenza e in età più giovane rispetto all’osteoartrosi; sono più colpite le donne (rapporto 3:1). Interessa l’1-2% della popolazione e il numero dei casi aumenta con l’età, infatti è colpito il 5% delle donne oltre i 55 anni. L’esordio si osserva prevalentemente al termine della adolescenza o tra 4º e 5º decennio di vita; un secondo picco si osserva tra i 60 e 70 anni. Una variante precoce dell’AR è costituita dall’artrite reumatoide dell’infanzia.

La gotta si può presentare in vari modi, anche se il più frequente è l’attacco ricorrente di artrite infiammatoria acuta (con gonfiore, arrossamento e irritazione all’articolare). Più spesso viene colpita la base dell’alluce, rappresentando questa la metà dei casi, altre articolazioni, come il tallone, il ginocchio, il polso e le dita, possono essere colpite. Il dolore articolare inizia solitamente durante la notte e dura da 2 a 4 ore. La spiegazione dell’insorgenza notturna è data dal fatto che la temperatura corporea è più bassa. I primi segni in genere si manifestano in individui maschi fra i 30 e i 60 anni. Nelle donne questa affezione compare di solito più tardi, dopo la menopausa. La comparsa di un accesso di gotta in un paziente più giovane impone la ricerca di un difetto enzimatico. Altri sintomi possono verificarsi raramente insieme con il dolore articolare, tra questi la stanchezza e la febbre elevata. Livelli elevati per lungo tempo di acido urico (iperuricemia) possono provocare altre condizioni, compresi i tofi: depositi duri e dolorosi di cristalli di acido urico. Ampi tofi possono portare ad artrite cronica dovuta a erosione ossea. L’entità della formazione dei tofi dipende dalla durata e dal grado dell’iperuricemia, che è a sua volta effetto della gravità dell’interessamento renale. I tofi possono essere morbidi o duri, solidi o fluttuanti, lisci o ruvidi e in genere si localizzano nelle parti cartilaginee delle articolazioni colpite dalla gotta, o anche in corrispondenza dell’elice del padiglione auricolare. Se i tofi sono superficiali, tendono ad aprirsi liberando un liquido lattiginoso nel quale con l’esame microscopico si possono rilevare i cristalli di urato. Talvolta la perforazione della pelle porta a un’infezione secondaria, che richiede cure attente in quanto i tofi guariscono lentamente.[50] Prima dell’introduzione di trattamenti farmacologici efficaci, i tofi si presentavano nel 60% dei pazienti, percentuale ora ridotta a meno del 25%.

Cause

La causa di insorgenza dell’artrite reumatoide non è completamente nota. Vi è una risposta infiammatoria della sinovia con rigonfiamento delle cellule sinoviali, eccesso di liquido sinoviale e sviluppo di tessuto fibroso nella sinovia. Colpisce anche l’osso sottostante e la cartilagine, con assottigliamento e distruzione. La condizione può anche manifestarsi con infiammazioni diffuse nei polmoni, nel pericardio, nella pleura, nella sclera dell’occhio e con lesioni nodulari diffuse nel tessuto sottocutaneo. La diagnosi viene principalmente fatta sulla base dei sintomi e con la radiografia. L’analisi del liquido sinoviale può contribuire alla diagnosi differenziale.

La causa della gotta è l’iperuricemia: la condizione può verificarsi per una serie di motivi, tra cui dieta, predisposizione genetica o la ipoescrezione renale di urato, il sale dell’acido urico.[20] L’ipoescrezione è la causa primaria di iperuricemia, verificandosi in circa il 90% dei casi, mentre la sovrapproduzione è causa nel restante 10%.[5] Circa il 10% delle persone con iperuricemia sviluppano, a un certo punto della vita, la gotta.[27] Il rischio, tuttavia, varia a seconda del grado di iperuricemia. Quando i livelli sono compresi tra 415 e 530 micromol/l (7 e 8,9 mg/dL), il rischio è dello 0,5% all’anno, mentre in quelli con un livello superiore a 535 mmol/l (9 mg/dL), il rischio è di 4,5% all’anno.

Diagnosi

È importante una diagnosi precoce – relativamente all’artrite reumatoide – perché proprio nei primi mesi di malattia si osserva l’insorgenza di danni sostanziali e irreversibili. Inoltre nei primi due anni di malattia successivi alla diagnosi, i danni risultano particolarmente severi. La compromissione delle articolazioni comporta una limitazione della mobilità che può sfociare in invalidità e successiva morte prematura. La diagnosi precoce inoltre permette un efficace e precoce trattamento farmacologico. E’ necessaria la presenza di almeno 4 di questi criteri per poter formulare una diagnosi di probabilità di artrite reumatoide:

  1. rigidità mattutina della durata di almeno 1 ora,
  2. artrite a livello di 3 o più articolazioni,
  3. artrite delle articolazioni della mano,
  4. artrite simmetrica,
  5. noduli reumatoidi cutanei,
  6. positività al test Fattore Reumatoide (FR),
  7. alterazioni radiologiche.

I test più utili per la diagnosi di artrite reumatoide sono: anticorpi anti citrullina (CCP), Fattore reumatoide, Ves, PCR. La ricerca degli anticorpi anticitrullina ha una elevatissima specificità diagnostica.

La diagnosi di gotta può essere confermata dalla rilevazione di caratteristici cristalli aghiformi nel liquido sinoviale. Il trattamento con farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), colchicina o steroidi, è in grado di migliorare i sintomi. Una volta che l’attacco acuto è risolto, i livelli di acido urico vengono generalmente tenuti bassi adottando delle modifiche dello stile di vita e nei pazienti che accusano attacchi frequenti, con l’assunzione di allopurinolo o probenecid, in grado di fornire una profilassi a lungo termine.

Trattamento

Il trattamento dell’artrite reumatoide comprende sia la prescrizione di farmaci sia altre misure al fine di controllare l’infiammazione articolare e prevenire il danno articolare e la conseguente disabilità. Il trattamento non farmacologico consiste nella terapia fisica, nella terapia occupazionale e cambiamenti nell’alimentazione. Farmaci antidolorifici e antinfiammatori, tra cui gli steroidi, sopprimono i sintomi ma non fermano la progressione della condizione. Farmaci antireumatici modificanti la malattia (DMARD) possono rallentare o arrestare la progressione della malattia. Il ricorso a tecniche di medicina alternativa non è supportato da alcuna prova scientifica.

Relativamente alla gotta invece, l’obiettivo iniziale del trattamento è quello di risolvere i sintomi dell’attacco acuto. Il ripetersi di tali attacchi può essere prevenuto con l’utilizzo di farmaci che riducono i livelli sierici di acido urico. L’applicazione di ghiaccio, per la durata di 20-30 minuti più volte al giorno, può far diminuire il dolore. Le opzioni per il trattamento acuto comprendono la somministrazione di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), la colchicina e gli steroidi, mentre i farmaci utilizzati a scopo preventivo sono l’allopurinolo, il febuxostat e il probenecid. Il solo abbassamento dei livelli di acido urico è sufficiente a curare la malattia, mentre il trattamento delle comorbidità risulta altrettanto importante.

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Differenza tra clitoride e punto G

MEDICINA ONLINE VULVA LABBRA GRANDI PICCOLE LABIA MINORA MAJOR VAGINA SEX SESSO DONNA APPARATO SESSUALE FEMMINILE CLITORIDE MEATRO URETRALE OPENING IMENE VERGINITA WALLPAPER PICS PICTURECos’è il punto G e dove si trova? 
Si tratta di un piccolo fascio di terminazioni nervose che, se correttamente stimolato, produce un grado di soddisfazione inaspettato. Il punto G è però la parte meno agevole da rintracciare nell’anatomia femminile, perché – a differenza del clitoride – è posizionato all’interno della vagina. Per la maggior parte delle donne il punto G è collocato nella parete anteriore della vagina ad una profondità di circa 4-5 cm proprio dietro la localizzazione esterna del clitoride. Il motivo per cui dico “la maggior parte delle donne” è che per alcune può essere differente ed alcune donne sembrano non possederlo del tutto. Il punto G è grande più o meno quanto una piccola monetina e quando stimolata propriamente si dilata un po’ e cambia leggermente struttura. Per approfondire leggi: Il punto G femminile: come trovarlo e stimolarlo e quali sono le posizioni sessuali che più lo eccitano

Cos’è il clitoride e dove si trova?
Il clitoride è l’organo dell’appartato genitale femminile più importante per il piacere della donna. A differenza del punto G, il clitoride è – salvo malformazioni – presente in tutte le donne ed è facile da raggiungere visto che è collocato all’esterno. Nello specifico il clitoride si trova all’intersezione e al vertice delle piccole labbra, protetto dalle grandi labbra. Non tutti i clitoridi hanno le stesse dimensioni, quindi è probabile che ci siano variazioni millimetriche di posizione, che portano il clitoride più all’esterno o più all’interno rispetto a piccole e grandi labbra. Per approfondire leggi: Clitoride: dove si trova e come stimolarlo per provare piacere

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Differenza tra aminoacidi essenziali e ramificati

MEDICINA ONLINE DIFFERENZA PROTEINE AMINOACIDI BIOCHIMICANell’organismo esistono 20 tipi di aminoacidi che, unendosi in legami peptidici, formano le proteine e forniscono energia ai nostri muscoli. Di questi aminoacidi, 8 vengono classificati come essenziali:

  • isoleucina,
  • leucina,
  • lisina,
  • metionina,
  • fenilalanina,
  • treonina,
  • triptofano,
  • valina).

10 aminoacidi sono classificati come non essenziali:

  • alanina,
  • asparagina,
  • acido aspartico,
  • cisteina,
  • glutammina,
  • acido glutammico,
  • glicina,
  • prolina,
  • serina,
  • tirosina.

2 aminoacidi sono classificati come semi essenziali:

  • arginina,
  • istidina.

Infine, tra gli essenziali, 3 (valina, isoleucina e leucina) vengono definiti come aminoacidi ramificati (BCAA).

Nella dieta giornaliera, l’apporto di aminoacidi verso cui gli sportivi devono porre maggiore attenzione è quella relativa agli aminoacidi ramificati. Sebbene tutti concorrano alla sintesi proteica, fondamentale per il reintegro delle energie, in realtà sono i BCAA a fare la differenza nel potenziamento delle performance atletiche.

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La differenza tra aminoacidi essenziali e aminoacidi ramificati si rivela nella fase di metabolizzazione. Tutti gli aminoacidi cominciano ad essere sintetizzati al passaggio nell’intestino tenue. Tuttavia, mentre il percorso degli aminoacidi essenziali prosegue verso il fegato, quello degli aminoacidi a catena ramificata BCAA si muove direttamente verso la massa muscolare, andando a costituire il 35% degli aminoacidi presenti nel muscolo. Tutti i tipi di aminoacidi assolvono principalmente una funzione plastica: sono, cioè, coinvolti nella sintesi proteica necessaria al rinnovamento cellulare dell’organismo e, per questo, diventano fondamentali nella fase di reintegro negli sport di potenza e nel body building, dove diventano diretti protagonisti dell’incremento della massa muscolare. A questa capacità, gli aminoacidi ramificati aggiungono delle preziose potenzialità antifatica e anti-cataboliche poiché, rallentando la degradazione delle proteine, favoriscono gli adattamenti muscolari agli stimoli allenanti: l’ideale per il potenziamento delle performance nell’allenamento di endurance di lunga durata. Il valore degli aminoacidi con funzione anti-catabolica nella dieta di chi pratica sport più intensi è, inoltre, fondamentale perché questi preservano le difese immunitarie, contrastano la produzione di acido lattico e spostano la soglia di affaticamento mentale verso una maggiore resistenza.

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Differenza tra aminoacidi essenziali e non essenziali

MEDICINA ONLINE DIFFERENZA PROTEINE AMINOACIDI BIOCHIMICANell’organismo esistono 20 tipi di aminoacidi che, unendosi in legami peptidici, formano le proteine e forniscono energia ai nostri muscoli. Di questi aminoacidi, 8 vengono classificati come essenziali:

  • isoleucina,
  • leucina,
  • lisina,
  • metionina,
  • fenilalanina,
  • treonina,
  • triptofano,
  • valina).

10 aminoacidi sono classificati come non essenziali:

  • alanina,
  • asparagina,
  • acido aspartico,
  • cisteina,
  • glutammina,
  • acido glutammico,
  • glicina,
  • prolina,
  • serina,
  • tirosina.

2 aminoacidi sono classificati come semi essenziali:

  • arginina,
  • istidina.

Infine, tra gli essenziali, 3 (valina, isoleucina e leucina) vengono definiti come aminoacidi ramificati (BCAA).

La differenza tra aminoacidi essenziali e non essenziali consiste principalmente nel fatto che gli essenziali, al contrario dei non essenziali, non possono essere prodotti dal nostro organismo, quindi devono essere assunti con il cibo o con l’integrazione.

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Differenza tra osso ed avorio: come distinguerli

MEDICINA ONLINE OSSA OSSO SCHELETRO CANE UOMO DIFFERENZE TESSUTO SPUGNOSO TRABECOLARE COMPATTO CORTICALE FIBROSO LAMELLARE CARTILAGINE OSSO SACRO COCCIGE BACINO SISTEMA NERVOSO CENTRALE PERIFERICO MIDOLLO OSSEO SPINALEL’avorio si ricava dalle zanne e dai denti degli elefanti, delle balene e di altri animali. Il suo alto valore è dovuto, in parte, anche al fatto che è illegale, soprattutto quello proveniente dalle zanne di elefante. Molti artisti ed artigiani hanno usato dell’avorio finto per creare sculture ed altri oggetti del tutto simili a quelli in avorio, ma ci sono alcuni modi per identificare i falsi fatti in osso.

Tieni in mano l’oggetto e soppesalo

L’avorio è un materiale denso e pesante. Pensa ad una palla da biliardo, in passato era fatta di avorio; quando tieni in mano una di queste bocce ti sembra immediatamente molto pesante e solida. Se l’oggetto in questione ti sembra stranamente leggero, puoi escludere che si tratti di avorio.

L’osso può avere l’esatto peso dell’avorio, quindi solo perché un oggetto ti sembra pesante e resistente non significa che sia per forza avorio.
Se hai difficoltà a valutarne il peso, comparalo ad altri oggetti che sei sicuro siano in avorio. Puoi trovare anche online dei siti che ti forniscono il peso e le misure di molti oggetti in avorio.

Fai passare le dita sopra l’oggetto per percepirne la superficie

Si dice che l’avorio sia liscio come il burro. Non è morbido ma, nelle giuste mani, è abbastanza semplice da scolpire. Se la superficie ti sembra ruvida e piena di solchi, probabilmente non è avorio. Se ti sembra incredibilmente liscio, invece potrebbe esserlo.

Esamina la superficie e la patina dell’oggetto attraverso una lente di ingrandimento

Non sempre è possibile determinare se un oggetto è in avorio guardandolo con una lente di ingrandimento, ma usarla ti può fornire degli ottimi indizi. L’avorio vero è lucido e bellissimo, spesso con una tonalità leggermente paglierina. Può anche avere assunto un colore marroncino a causa del sebo delle mani che l’hanno toccato con il passare del tempo. Ma se vedi delle macchie o altri segni, probabilmente non è avorio. Cerca queste indicatori:

  • Linee tratteggiate incrociate. Dovrebbero esserci delle linee parallele (con piccole irregolarità) che percorrono la lunghezza dell’oggetto. Perpendicolari a queste linee dovresti notare dei segni a V (linee di Schreger[1]), o delle linee circolari. Queste sono caratteristiche dell’avorio di elefante o di mammut.
  • La superficie presenta molti punti e forellini? in questo caso ci sono grosse probabilità che l’oggetto sia d’osso. A volte l’osso viene sbiancato, quindi dovresti fare altri test per esserne sicuro.
  • Tutti i tipi di osso hanno dei segni indicatori della presenza di midollo sulla superfice. Non sono visibili ad occhio nudo, ma con una lente dovresti individuarli. L’avorio di solito è più liscio, più duro e senza macchioline.

Test dello Spillo Caldo

  1. Scalda uno spillo. Tienilo sotto la fiamma di una candela o di un accendino per qualche secondo finché diventa molto caldo. Puoi usare qualunque pezzo di metallo, ma uno spillo è l’ideale perché non lascia grandi segni.
  2. Appoggia lo spillo sulla superficie dell’oggetto. Scegli un punto discreto, non molto visibile così alla fine non lo danneggerai troppo (anche se con l’avorio non dovrebbe succedere).
  3. Annusa il punto dove hai appoggiato lo spillo. Se si tratta di avorio non dovresti sentire alcun odore particolare. Se si tratta di osso dovresti sentire un leggero odore come di capello bruciato.
    L’avorio vero non si rovina con questo test perché è abbastanza duro da resistere al calore. Invece, se l’oggetto è in plastica, lo spillo lascerà un foro. Dato che alcune plastiche (come la bachelite) hanno un valore molto più alto dell’avorio, non fare questo test se non sei certo che sia in materiale plastico.

Fai valutare l’oggetto da un antiquario

Queste persone hanno maneggiato centinaia di migliaia di pezzi in avorio, osso, plastica, e sono molto abili nel riconoscere i materiali usando i metodi sopra descritti, oltre al fatto che hanno una profonda conoscenza del commercio dell’avorio. Assicurati che il tuo esperto sia un antiquario rispettabile. Non entrare in un negozio qualunque, cercane uno specializzato in avorio per essere certo di ottenere una valutazione corretta.
Le fiere dell’antiquariato sono un’ottima occasione per chiedere una valutazione. Fai una ricerca online e trova quella più vicina a casa tua.

Richiedi un test chimico

Per non avere alcun dubbio sull’origine del materiale che hai in mano, portalo in un laboratorio forense e chiedi un esame chimico. La struttura cellulare dell’avorio è diversa da quella dell’osso e un laboratorio ben equipaggiato può darti la risposta definitiva.

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