Enterogermina per gonfiore, diarrea e dolori addominali: foglietto illustrativo

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Chirurgia Estetica Roma Cavitazione Pressoterapia Massaggio Linfodrenante Dietologo Cellulite Calorie Peso Dieta PSA Pene Laser Filler Rughe Botulino Meteorismo FIBRE ASSORBIMENTO GRASSI CANCRO AL COLONLa flora batterica intestinale costituisce una vera e propria barriera difensiva nei confronti di batteri dannosi. Il suo equilibrio può essere danneggiato da infezioni intestinali, intossicazioni, disordini alimentari, alterazioni della dieta, uso di antibiotici. Questo squilibrio si manifesta con diarrea, dolori addominali, aumento dell’aria nell’intestino.
Enterogermina è un preparato costituito da una sospensione di spore di Bacillus clausii, ospite abituale dell’intestino, privo di potere patogeno. Si usa per:

  • Cura e profilassi del dismicrobismo intestinale e conseguenti disvitaminosi endogene.
  • Terapia coadiuvante il ripristino della flora microbica intestinale, alterata nel corso di trattamenti antibiotici o chemioterapici.
  • Turbe acute e croniche gastro-enteriche dei lattanti, imputabili ad intossicazioni o a dismicrobismi intestinali e a disvitaminosi.

Controindicazioni: quando non dev’essere usato Enterogermina?
Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti.

Precauzioni per l’uso
Nel corso di una terapia con antibiotici, si consiglia di somministrare Enterogermina nell’intervallo fra l’una e l’altra somministrazione di antibiotico.

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Interazioni: quali farmaci o alimenti possono modificare l’effetto di Enterogermina?
Non sono conosciuti medicinali o alimenti che possono modificare l’effetto di Enterogermina. Informare comunque il medico se si è recentemente assunto qualsiasi altro medicinale, anche quelli senza prescrizione medica.

Avvertenze
È importante sapere che: Se si osserva l’eventuale presenza di corpuscoli, ossia di minuscole particelle nei flaconcini di Enterogermina, ciò non significa che il prodotto sia alterato, ma si tratta soltanto di aggregati di spore di Bacillus clausii.

Cosa fare durante la gravidanza e l’allattamento
Enterogermina può essere usata durante la gravidanza e l’allattamento. Chiedere comunque consiglio al medico o al farmacista prima di prendere qualsiasi medicinale.

Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari
Enterogermina non altera la capacità di guidare veicoli o di usare macchinari.

Posologia

  • Adulto: 2 – 3 flaconcini al giorno o 2 – 3 capsule al giorno
  • Bambini: 1 – 2 flaconcini al giorno o 1 – 2 capsule al giorno
  • Lattanti: 1 – 2 flaconcini al giorno

Attenzione: non superare le dosi indicate senza il consiglio del medico.

Quando e per quanto tempo
Assumere Enterogermina a intervalli regolari durante la giornata. Consultare il medico se il disturbo si presenta ripetutamente o se avete notato un qualsiasi cambiamento recente delle sue caratteristiche. Attenzione: usare solo per brevi periodi di trattamento.

Modalità di assunzione:

  • Flaconcini. Questo medicinale è per esclusivo uso orale. Non iniettare né somministrare in nessun altro modo. È opportuno agitare prima dell’uso. Per aprire il flaconcino ruotare la parte superiore e staccarla. Assumere il contenuto tal quale o diluirlo in acqua o altre bevande (es. latte, te, aranciata). Una volta aperto, assumere il farmaco entro breve tempo per evitare l’inquinamento della sospensione.
  • Capsule. Deglutire le capsule accompagnate da un sorso d’acqua o altre bevande. Specialmente nei bambini più piccoli, in caso di difficoltà a deglutire le capsule rigide, è opportuno impiegare la sospensione orale.

Sovradosaggio: cosa fare se avete preso una dose eccessiva di Enterogermina
Dosi eccessive di Enterogermina di norma non provocano effetti collaterali. È bene comunque attenersi alle dosi consigliate. In caso di ingestione/assunzione accidentale di una dose eccessiva di Enterogermina avvertire immediatamente il medico o rivolgersi al più vicino ospedale.

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Cosa fare se si è dimenticato di prendere una o più dosi?
Non vi sono particolari problemi. È bene comunque ricordare che l’assunzione corretta e scrupolosa del medicinale favorisce l’effetto terapeutico.

Effetti dovuti alla sospensione del trattamento
Non sono segnalati particolari effetti, se non il mancato effetto terapeutico.

Effetti Indesiderati
Come tutti i medicinali Enterogermina può causare effetti indesiderati sebbene non tutte le persone li manifestino. Durante la commercializzazione del prodotto, sono stati riportati casi di reazioni di ipersensibilità, compresi rash e orticaria. Il rispetto delle istruzioni contenute nel foglio illustrativo riduce il rischio di effetti indesiderati.

Scadenza e Conservazione
Scadenza: vedere la data di scadenza riportata sulla confezione. La data di scadenza si riferisce al prodotto in confezionamento integro, correttamente conservato. Attenzione: non utilizzare il medicinale dopo la data di scadenza riportata sulla confezione. Conservare a temperatura inferiore a 30° C.

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Eliminare la tensione nervosa allo stomaco con i rimedi naturali

MEDICINA ONLINE DIETA FIBRA VERDURA GRASSI ZUCCHERI PROTEINE GONFIORE ADDOMINALE MANGIARE CIBO COLAZIONE MERENDA PRANZO DIMAGRIRE PANCIA PESO MASSA BILANCIA COLON INTESTINO DIGESTIONE STOMACO CALORIE FLATULENZA METEORISMOA tutti noi è capitato qualche volta di sentire dolore allo stomaco: fitte dovute alla tensione nervosa che si accumulano in questa parte del corpo e che producono malessere, tolgono la voglia di mangiare e, in qualche modo, hanno delle ripercussioni negative su tutto l’organismo.

Lo stomaco, così come l’intero apparato digerente, è una delle parti del corpo su cui si scarica più facilmente lo stato di stress ed ansia: in un periodo in cui ci sentiamo molto tristi o sopraffatti dalla quantità di lavoro oppure preoccupati per qualche problema familiare, il nostro stomaco ne risente subito, facendoci diventare inappetenti o facendoci prendere chili senza motivo apparente. Per combattere questo problema, vi diamo alcuni semplici consigli che vi aiuteranno a ridurre la tensione nervosa accumulata nello stomaco.

Tensione nervosa: perché si accumula nello stomaco?

Quando sperimentiamo una sensazione di stress molto forte, il nostro stomaco ne risente subito. In questo organo abbiamo infatti una specie di “molla” che si attiva quando abbiamo fame e che fa sì che vengano prodotti dei succhi gastrici. Ora, quando ci troviamo in uno stato di tensione, preoccupazione, ansia o stress, lo stomaco non risponde più agli stimoli nel modo corretto e l’intestino smette di produrre questa secrezione gastrica.

Questa condizione, conosciuta anche con il nome di dispepsia, provoca problemi di digestione, sensazione di pesantezza, bruciore di stomaco, ecc. Quando conviviamo quotidianamente con lo stress, i nostri processi digestivi vengono alterati e questo colpisce direttamente il tubo digerente, provocando sintomi come stitichezza, diarrea o vomito. È questo problema a causare, in alcuni casi, la comparsa dell’intestino irritabile.

Questo problema può interessare chiunque: uomini, donne, giovani, anziani… Lo stress è una malattia che colpisce tutti, senza distinzioni ed è bene sapere che il nostro apparato digerente, e in particolare lo stomaco, sarà il primo a subirne le conseguenze.

Consigli per rilassare la tensione nervosa nello stomaco

Evitate di consumare carboidrati: durante attacchi di ansia o stress, è molto comune sfogare il nervosismo mangiando la prima cosa che abbiamo sottomano, soprattutto cibi che ci piacciono molto. È normale ricorrere a merendine, caramelle, snack… Alimenti che non ci sazieranno e, per di più, peggioreranno il problema.

Questo provoca l’accumulo di grassi nel nostro corpo e la comparsa di tossine che renderanno ancora più difficile la digestione, facendola diventare molto più lenta e dolorosa. Se volete fare uno spuntino tra i pasti perché vi sentite nervosi o ansiosi, la cosa migliore è scegliere un frutto: una mela, una banana o anche uno yogurt naturale fermentato possono essere di grande aiuto. Contengono infatti prebiotici, sostanze che si prendono cura della nostra flora intestinale. Ricordate, però, di non scegliere mai alimenti ricchi di grassi, perché sono molto dannosi sia per lo stomaco che per l’intestino.

Per rilassare i nervi dello stomaco è bene prendere degli infusi dalle proprietà rilassanti. Se volete consumare delle tisane o del tè, però, ricordate di farlo due ore dopo i pasti, visto che queste piante tendono ad assorbire il ferro. Prendete nota dei seguenti infusi:

  • Camomilla: Prendetela due ore dopo ogni pasto, un cucchiaino con acqua bollente è l’ideale per calmare lo stomaco ed eliminare l’acidità. Ricordate di berla abbastanza calda; è una pianta perfetta per l’apparato digerente, perché ha proprietà antinfiammatorie, antispasmodiche, antiflatulente, ecc.
  • Passiflora: Una pianta perfetta per eliminare i problemi gastrointestinali, per rilassare, per disinfiammare ed eliminare la tensione nervosa. Potete prenderla come infuso dopo i pasti, anche se è possibile assumerla in compresse che troverete in vendita nei negozi naturali.
  • Melissa: Solleva dagli spasmi dello stomaco, è rilassante e diminuisce la tensione muscolare. Potete prendere un cucchiaino delle sue foglie dopo i pasti, noterete subito dei miglioramenti.
  • Anice: È una pianta che si può dare come infuso persino ai bambini piccoli. I suoi benefici per lo stomaco e la digestione sono ampiamente riconosciuti: elimina i gas, il mal di stomaco, favorisce la digestione… È semplicemente perfetta. Potete prenderne due tazze al giorno, dopo i pasti.
  • Chiodo di garofano: Un’altra pianta medicinale perfetta in questi casi, visto che riduce l’infiammazione, elimina i gas e calma il mal di stomaco. Potete far bollire 15 grammi di chiodo di garofano in un litro d’acqua, passarlo per un colino e poi lasciarlo a riposo. È perfetto da consumare mezz’ora prima dei pasti.

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Dolori del parto: epidurale, controllo autonomo e medico

MEDICINA ONLINE PARTO GRAVIDANZA NATURALE CESAREO DIFFERENZE CHIRURGIA FOTO WALLPAPER PICTURE UTERO CHIRURGO OPERAZIONE RISCHI VANTAGGI VANTAGGI ALLATTAMENTO MADRE FIGLIO NEONATO MORTAìLa quantità di dolore sofferto durante il parto varia in maniera notevole da donna a donna. Per alcune il dolore è intenso e agonico, mentre altre provano poco o nessun dolore. Molti sono i fattori che influenzano la percezione del dolore: la paura (tocofobia), la quantità di parti precedenti, la presentazione del feto, alcune idee culturali sul parto, la posizione in cui si partorisce, il sostegno ricevuto durante il travaglio, i livelli di beta-endorfina e la soglia di dolore naturale peculiare della gestante. Le contrazioni uterine, sempre intense durante il parto, vengono percepite generalmente come dolorose, anche se il grado di dolore varia da donna a donna e ci sono addirittura alcune persone che trovano piacevoli queste sensazioni.

Controllo del dolore con strategie non mediche

Il corpo umano possiede dei sistemi per controllare il dolore del travaglio e del parto attraverso la secrezione di beta-endorfine. Come oppiace onaturale, prodotto dal cervello, la beta-endorfina ha proprietà simili alla petidina, alla morfina, e all’eroina, ed è stato dimostrato che agiscono sugli stessi recettori del cervello. Come l’ossitocina, la beta-endorfina è secreta dalla ghiandola pituitaria, e sono presenti alti livelli durante il sesso, la gravidanza, il parto, e l’allattamento. Questo ormone può indurre sensazioni di piacere ed euforia durante il parto.

Per alleviare le sensazioni dolorose del travaglio e del parto è possibile ricevere aiuto da una qualche preparazione psicologica, educazione, massaggio, ipnosi, terapia idrica in una vasca o doccia. Ad alcune donne piace avere qualcuno che le fornisca sostegno durante il travaglio ed il secondamento: spesso componenti di sesso femminile della famiglia come la madre, la sorella, una cara amica, il padre del bambino, un partner oppure un professionista addestrato (doula, levatrice, ostetrica). Alcune donne, avendone la possibilità, preferiscono partorire inginocchiate oppure sedute per poter spingere più efficacemente durante la seconda fase del parto, in modo che la gravità fornisca il suo aiuto favorendo la discesa del bambino attraverso il canale del parto.

Controllo medico del dolore da parto

Alcune partorienti credono che l’affidarsi ai farmaci analgesici sia innaturale, o si preoccupano che possa danneggiare il neonato in qualche modo, ma nonostante questo si preoccupano del travaglio del parto.

Il metodo adottato comunemente per il controllo medico del dolore da parto, che non presenta rischi per il nascituro, è la partoanalgesia o analgesia peridurale (chiamata anche epidurale), che agisce riducendo significativamente i dolori associati alle contrazioni e all’espulsione del feto.

La partoanalgesia si ottiene inserendo una piccola cannula pieghevole (o “cateterino”) negli spazi intervertebrali della porzione lombare della spina dorsale; questa metodica prevede l’utilizzo di aghi appositi e di una blanda anestesia locale che elimina il dolore durante la manovra. Una volta inserito, il cateterino viene lasciato in sede, consentendo al personale medico infermieristico di somministrare analgesici in base a necessità senza ripetere la manovra di inserimento.

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I peggiori modi per essere lasciati da qualcuno

MEDICINA ONLINE CELLULARE COLAZIONE SMARTPHONE APP WHATSAPP APPLICAZIONE PROGRAMMA TELEFONARE TELEFONO TELEFONINO PHONE CALL MARMELLATA MANGIARE DONNA MATTINA BREKFAST WALLPAPER PIC HI RLa fine di una storia? Sempre e comunque un dramma, a parte rarissimi casi. Essere lasciati è orrendo. Ma anche mollare non è una passeggiata, ed è spesso difficile trovare il modo giusto di lasciare un ragazzo (semmai ne esiste uno).

Molto probabilmente ognuno di noi può vantare almeno un episodio in cui ha preso una dolorosissima porta chiusa in faccia. O peggio, episodi in cui ha dovuto mollare il malcapitato e non è stato esattamente capace di usare il tatto adeguato. (Confessa, te ne vergogni a morte, ma anche tu almeno una volta hai mollato per telefono!)

Insomma, una rottura non è mai facile. E chiunque dei due sia l’autore della nefasta decisione, sappiate che c’è modo e modo di farlo. E se almeno una volta nella vita siete state lasciate in maniera particolarmente infame, sapete di cosa stiamo parlando.

Qualche istruttivo esempio dei peggiori modi lasciare o di essere lasciati.

Piangendo

Bisogna sapersi mettere nei panni di chi sta per essere lasciato. Molto probabilmente avrà una fortissima voglia di piangere. Quindi è scorretto rubargli/le anche la doverosa scena madre. Abbiate dignità nel lasciare: far vedere di essere eccessivamente dispiaciuti e sofferenti non serve a nulla, tranne che a lavarvi biecamente la coscienza.

Tramite Twitter o Facebook

Il web 2.0 e l’esistenza dei social network non vi autorizzano ad essere più infami di quanto già non lo siate. Far sapere all’altro/a di essere stato mollato/a cambiando lo status su Facebook, ad esempio, andrebbe punito penalmente.

Via chat o mail

Tipico dei logorroici vigliacchi, che hanno tanto da spiegare e recriminare quando mollano. Ma non hanno il buongusto di farlo guardando l’altro negli occhi. Nella fattispecie, la mail è tra le due la modalità più disgustosa.

Via sms o telefonata

Per gli sms: vedi punto 3. Per quanto riguarda la telefonata: moralmente un po’ più accettabile rispetto all’sms e o facebook. Ma il fatto che le nuove tecnologie ci offrano modalità ancora più infami di mollare, non fa del mollare per telefono un gesto lodevole.

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Sparire

Così, semplicemente: smettere di chiamare, di farsi vedere e di rispondere al telefono. Lasciando l’altro/a prima nell’incertezza, poi nel totale smarrimento, e infine nella terribile certezza, senza nemmeno avere qualcuno contro cui urlare. Se poi trovate la fiancata della vostro auto simpaticamente istoriata nottetempo, non lamentatevi. Era il minimo che dovevate aspettarvi!

Cominciare a comportarsi male

Per farsi lasciare, o per mollare in maniera più “indolore”. E’ il top della vigliaccheria, e scivola anche nel sadico.

Con un tradimento volante

Fatto a bella posta, e prontamente confessato. Oltre a far soffrire l’altro/a, uccide anche l’autostima.

In un luogo pubblico

Impedisce al mollato/a di fare la scenata, che è praticamente l’unico appiglio che resta ai mollati di tutte le epoche: negare anche la possibilità di fare una scenata è pura crudeltà.
Oppure regala una scenata delle peggiori con tanto di pubblico pagante. Se il vostro neo ex è un violento rischiate anche di dover pagare i danni al locale in cui vi trovate.

In un posto che il mollato ama

In un posto simbolo del vostro amore, in un posto che per qualche motivo significa molto per lui/lei. Continuerà ad associarlo a una tragedia per il resto della sua vita. Altra crudeltà gratuita da evitare.

Davanti ad altre persone

Specie se amici o parenti. Scorrettissimo sia per la questione scenata, sia perchè oltremodo umiliante. In un mondo giusto andrebbe punito con l’ergastolo.

In una festività

A San Valentino o a Natale. Non si fa. Aspettare qualche giorno non vi costerà nulla.

Durante le vacanze

O subito prima di partire. Nel primo caso avrete rovinato la vacanza a entrambi (e se il/la mollato/a è particolarmente vendicativo non stupitevi se da fuoco ai vostri documenti o al biglietto di ritorno). Nel secondo caso lascerete al malcapitato come ultimo regalo le ferie negate e passate a casa a piangere. Mentre tutti gli amici sono in vacanza.

Mentre il mollato è ubriaco

A parte le reazioni imprevedibili, rischiate che il giorno dopo si presenti sotto casa vostra ridendo e dicendo “Amore mio, da oggi smetto di bere. Non sai cosa ho sognato stanotte mentre ero ubriaca/o”

Dopo aver fatto l’amore per l’ultima volta

Se volete lasciarlo/a non andateci più a letto. Assolutamente! Il sesso in prossimità di rottura (sia prima che dopo) non fa che creare illusioni, false aspettative, e ferite ancora più profonde.

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Differenza tra pube e inguine

DIFFERENZA PUBE OSSO ILIACO INGUINE PUBALGIA ANATOMIA FUNZIONICon “pube” (in inglese “pubis”) si identifica una regione anatomica, sita nella parte inferiore della regione ipogastrica e osso pubico. Il pube è la porzione infero-ventrale dell’area iliaca, sostenuta da due ossa, a loro volta chiamate pube, pari e simmetriche che, unitamente all’ileo e all’ischio, concorrono a formare la cintura pelvica dei tetrapodi. I due pubi, destro e sinistro, sono uniti tra loro dalla sinfisi pubica che nelle donne si rammollisce durante la gravidanza e si rilascia durante il parto. La regione anatomica del pube, di forma triangolare, nella pubertà si ricopre di peli.

MEDICINA ONLINE DIFFERENZA PUBE INGUINE FOSSA ILIACA PUBALGIA DOLORE ADDOME SEMEIOTICA ANATOMIA FUNZIONI.jpgCon “inguine” (anche chiamato “regione inguinale”, in inglese “groin”) si identifica la porzione anteriore, laterale ed inferiore della parete addominale, corrispondente alla fossa iliaca (destra e sinistra), quindi stiamo parlando di una zona posta più in alto e più lateralmente rispetto al pube. L’inguine è delimitato dall’anca, identificato in superficie dalla piega che connette l’arto inferiore al tronco, pertanto è il corrispettivo caudale dell’ascella, alla quale è accomunato per la presenza del caratteristico gruppo linfonodale, nonché di caratteristiche cutanee comuni (in particolar modo, le ghiandole sudoripare apocrine).

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Artrite psoriasica e spondiloartriti sieronegative: sintomi, diagnosi e cura

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma ARTRITE PSORIASICA SPONDILO NEGATIVE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgL’artrite psoriasica (AP) è una malattia infiammatoria articolare cronica che si associa una malattia cutanea chiamata psoriasi. Questa malattia è classificata tra le spondiloartriti sieronegative che sono un gruppo di malattie comprendenti  anche  la spondilite anchilosante,  le artriti legate a malattie infiammatorie intestinali (Crohn e colite ulcerosa), le forme indifferenziate (che non rientrano cioè nelle precedenti ).

Le spondiloartriti sieronegative

Queste malattie hanno in comune aspetti clinici, radiologici e genetici  che le distinguono nettamente da altre malattie infiammatorie in particolare dalla artrite reumatoide. Le caratteristiche in comune sono rappresentate dall’impegno della colonna  con la presenza di lombalgia infiammatoria, dall’impegno infiammatorio delle entesi (entesiti), che sono i punti in cui i legamenti e le capsule si attaccano all’osso, dalla presenza di infiammazione delle sacroiliache (sacroileite), dalla presenza di artrite specie periferica con caratteristiche di asimmetria (o da un lato o dall’altro) e di pauciarticolarità (massimo 4 articolazioni colpite).

Per approfondire:

Diagnosi e sintomi delle spondiloartriti sieronegative

La diagnosi delle singole malattie poggia su criteri precisi. I criteri diagnostici per classificare un reumatismo in questo gruppo prevedono la presenza di dolore infiammatorio di colonna e/o di artrite asimmetrica specie agli arti inferiori, associate ad uno delle seguenti manifestazioni: sciatica mozza alterna (una sciatica che è presente a dx o a sx e che va fino al ginocchio),  infiammazione delle sacroiliache,  entesite,  storia famigliare di queste malattie,  psoriasi personale o famigliare,  malattie infiammatorie dell’intestino, uretrite o diarrea acuta insorta nel mese precedente l’esordio dei sintomi.
Le spondiloartriti hanno diversa espressione clinica nei singoli pazienti con possibile combinazione nello stesso paziente di problemi di colonna (spondilite e sacroileite), di artrite, di entesite, di dattilite (infiammazione “a salsicciotto” di uno o più dita) o con la presenza di una sola  manifestazione clinica.  Un’altra caratteristica è la possibile associazione con manifestazioni extra-articolari come infiammazioni oculari, cutanee, infiammazioni intestinali,  impegni polmonare e cardiaco. Queste malattie, in particolare la spondilite anchilosante, hanno  inoltre una forte associazione con un marcatore genetico che è l’HLA B27. Il termine sieronegative sta a significare che in queste malattie non è presente il fattore reumatoide che è invece un riscontro di laboratorio che caratterizza in particolare l’artrite reumatoide.

Quanto è frequente l’artrite psoriasica?

La prevalenza, fra i pazienti psoriasici, è del 5-8% con dati di prevalenza anche maggiore in alcuni studi.  I dati di prevalenza dell’artrite psoriasica nella popolazione generale oscillano tra il 0.5 e 1%. Maschi e femmine sono colpiti in eguale misura  (nei maschi è più frequente il coinvolgimento vertebrale). Il riscontro dell’antigene HLA B 27 è più frequente nella varietà con spondilite.

Quando si manifesra l’artrite psoriasica?

La artrite psoriasica può manifestarsi ad ogni età, anche se il picco di incidenza massimo è tra i 20 e i 40 anni.

Come si manifesta?

L’artrite psoriasica ha una espressività clinica eterogenea: può interessare solo il rachide,  il rachide e le articolazioni periferiche, le sole articolazioni periferiche, le sole entesi o sia il rachide che le entesi che le articolazioni. L’impegno articolare periferico coinvolge in genere poche articolazioni (anche una sola o meno di 4), spesso in modo asimmetrico  e con  preferenza per gli arti inferiori, ma può coinvolgere anche numerose articolazioni; in quest’ultimo caso l’impegno articolare è più spesso simmetrico (forma simil-reumatoide). Alcuni pazienti hanno solo artralgie.  La psoriasi precede lo sviluppo della artrite nel 70% dei casi, è concomitante nel 15%; negli altri casi l’artrite precede l’esordio della psoriasi.  Certe articolazioni, come le interfalangee  distali, sono tipicamente compromesse; similmente la dattilite (infiammazione a salsicciotto del dito) è tipica; la spondilite è spesso asimmetrica contrariamente a quanto succede nella spondilite anchilosante. Non c’è corrispondenza stretta tra gravità della psoriasi ed artrite. Spesso. In molti pazienti la severità della psoriasi è minore nei pazienti con artrite rispetto ai pazienti che non hanno artrite.
Sulla base di queste diverse espressività cliniche nel 1973 Moll e Wright hanno suddiviso l’artrite psoriasica in 5 forme:

  1. Forma classica con coinvolgimento delle piccole articolazioni inter-falangee distali (9% dei casi);
  2. Artrite mutilante (1%);
  3. Artrite simil-reumatoide (poliartrite simmetrica) (17%);
  4. Oligoartrite asimmetrica (grandi e piccole articolazioni coinvolte) con dattilite (65%);
  5. Spondilite anchilosante con o senza coinvolgimento periferico (8%) .

Non frequente ma caratteristico, come già detto, è l’impegno delle articolazioni interfalangee distali (IFD); queste articolazioni non sono mai coinvolte nella artrite reumatoide. La diagnosi differenziale dell’impegno delle IFD va fatta con l’osteoartrosi erosiva.  I pazienti che hanno un coinvolgimento delle IFD presentano spesso coinvolgimento delle unghie; studi con eco-color-doppler hanno dimostrato  una ipervascolarizzazione della matrice ungueale avvalorando l’ipotesi che il coinvolgimento ungueale nella psoriasi porti alla flogosi della vicina IFD per contiguità.
Nella forma mutilante, rara, vi è una marcata erosione ossea delle ossa lunge della mano (falangi e metacarpi) e, talvolta, del piede (falangi e metatarsi).
La forma oligoarticolare, che come abbiamo visto è la più comune, coinvolge prevalentemente le grandi articolazioni degli arti inferiori: anche, ginocchia, caviglie. Spesso si associa alle entesiti. Le entesi che maggiormente vengono colpite nella AP  sono quelle attraverso le quali  il tendine d’Achille  si attacca al calcagno e le entesi della fascia plantare anch’essa attaccata al calcagno.  La flogosi di una od entrambe di queste entesi determina il dolore al tallone (talalgia) o alla pianta del piede (fascite) che spesso descrive il paziente con AP. Numerose sono  peraltro le sedi di infiammazione delle entesi, strutture anatomiche ubiquitarie. Le entesiti sono il substrato anatomico del dolore pubico, del dolore a livello dei grandi trocanteri,  del dolore a livello delle creste iliache, della tuberosità ischiatica,  dell’epicondilo (gomito del tennista), del torace, della spalla, della colonna.
La dattilite, altra espressione clinica caratteristica,  è l’infiammazione di tutto un dito e si manifesta con dito  gonfio, arrossato e dolente. Questa manifestazione clinica non è legata ad una flogosi articolare ma alla infiammazione dei tendini flessori del dito interessato.
Un altro aspetto caratteristico dell’AP è il coinvolgimento delle articolazioni sacro iliache, queste sono interessate in 1/3 dei malati e giustificano il dolore lombo-sacrale che si irradia agli arti inferiori a dx o a sx  fin sopra il ginocchio (sciatica mozza alterna).
Le caratteristiche della lombalgia flogistica, presente se c’è spondilite e sacroileite, sono l’esordio in giovane età, la sua persistenza e ricorrenza, la risposta pronta agli anti infiammatori, l’insorgenza notturna, con il riposo, con miglioramento con il movimento, la presenza eventuale di sciatica mozza alterna. Queste sono caratteristiche che differenziano nettamente tale lombalgia dalla lombalgia meccanica (tipica della sciatica e dei problemi degenerativi della colonna).

Come si diagnostica?

La diagnosi  della artrite psoriasica è una diagnosi clinica che si basa sulla presenza delle manifestazioni cliniche e  delle caratteristiche anamnestiche che caratterizzano le spondiloartriti associate alla presenza di psoriasi cutanea nel soggetto malato o in un famigliare di primo grado. Alcune manifestazioni tipiche (dattilite, impegno delle IFD) possono orientare la diagnosi anche se non è ancora presente la psoriasi e se  non c’è famigliarità. Gli esami di laboratorio non sono orientativi. Caratteristica è l’assenza del FR e degli anticorpi anti-citrullina, anche se in alcuni pazienti entrambi gli anticorpi possono essere presenti a basso titolo. In questo caso il reumatologo valuterà se siamo in presenza di artrite reumatoide in psoriasico, se  c’è associazione delle due malattie o se c’è solo artrite psoriasica.  La PCR e la VES possono essere anche normali. Sono elevate specie se c’è impegno poliarticolare o se c’è coinvolgimento di grosse articolazioni.

Quali sono le caratteristiche radiologiche?

Nella AP il coinvolgimento del rachide porta alla formazioni di sindesmofiti primari (ossificazione delle parti più esterne del disco intervertebrale) e di sindesmofiti secondari (ossificazione del legamento longitudinale); i primi sono detti anche marginali in quanto originano in corrispondenza dell’angolo del corpo vertebrale i secondi iniziano invece a metà del corpo vertebrale dove il legamento longitudinale ha il suo ancoraggio. Va sottolineato che mentre i sindesmofiti primari sono caratteristici della spondilite anchilosante dove non si trovano i sindesmofiti secondari o pseudosindesmofiti, nella AP sono più frequenti questi ultimi.
Altro aspetto radiologico che va ricercato nel sospetto della AP è la sacroileite (perdita di definizione della rima articolare seguita da sclerosi dell’osso subcondrale, da erosioni e da fusione articolare) che spesso è asimmetrica.
Nella AP, a differenza delle altre malattie articolari infiammatorie, vi è una iperproduzione dell’osso che conferisce un aspetto “cotonoso” alla corticale (periostite), aspetto che si nota bene a livello delle ossa lunge della mano e dei piedi.
Con la radiografia convenzionale si mettono bene in evidenza anche le alterazioni entesitiche (immagini radiopache a livello delle entesi) come ad esempio lo sperone calcaneare.

Qual è la prognosi?

La prognosi della artrite psoriasica varia molto in relazione al tipo di impegno clinico presente. Ci sono forme molto leggere che si risolvono con breve ciclo di terapia anti infiammatoria; ci sono forme che coinvolgono una sola articolazione, forme pauci e poliarticolari.  Il più delle volte la malattia ha decorso intermittente con periodi più o meno lunghi di inattività. L’evoluzione aggressiva non è la più comune.  Sicuramente, come nell’artrite reumatoide,  una diagnosi precoce, con una precisa definizione del tipo di interessamento, una precisa “stadiazione” della  attività di malattia ed una adeguata terapia  favoriscono una prognosi migliore. La valutazione dei fattori prognostici negativi per evoluzione sfavorevole al fine di predisporre la migliore terapia è importante. Vengono considerati prognosticamente negativi sulla evolutività dell’artrite, i seguenti fattori:  giovane età all’esordio, presenza di determinati marcatori genetici, poliarticolarità, interessamento delle anche,  HIV positività, persistenza di elevati indici di flogosi, spondilite attiva.

Quale la terapia?

Anche nella AP, come nella artrite reumatoide, possiamo fare una distinzione tra farmaci sintomatici e farmaci di fondo. I primi  appartengono al gruppo dei FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei); spesso questi farmaci vengono prescritti per un tempo limitato: cicli di 15-20 giorni che vengono ripetuti periodicamente in base alla  entità della flogosi e della sintomatologia dolorosa. Il loro razionale di utilizzo è il controllo del dolore e della infiammazione. Vengono preferiti i  FANS ad emivita breve (come la nimesulide) per non dare accumulo a livello delle chiazze di psoriasi.  Nella AP, se è possibile, vanno evitati gli steroidi per la possibile riacutizzazione dell’impegno cutaneo alla loro sospensione. Se c’è necessità del loro uso vanno usati a dosi medie e per breve periodo. E’ possibile l’uso degli steroidi per via locale (infiltrazioni) specie per il trattamento delle monoartriti o delle entesiti localizzate. Una singola articolazione non dovrebbe, in generale, essere infiltrata per più di tre volte nell’arco dell’anno.
I farmaci di fondo sono invece farmaci che vanno assunti regolarmente e hanno la proprietà di modificare il decorso della malattia agendo sulle cause della infiammazione; la loro efficacia è dimostrata per quanto riguarda le articolazioni periferiche. I farmaci di fondo tradizionali non hanno infatti dimostrato una efficacia significativa nell’impegno del rachide. I farmaci più usati di questo gruppo sono la salazopirina, il metotressato, la ciclosporina e la leflunomide; gli ultimi tre sono efficaci anche sull’impegno cutaneo. Questo significa che ci sono farmaci che agiscono solo sull’impegno articolare come la salazopirina ed altri che agiscono sia sulla psoriasi che sulle articolazioni (metotressato, ciclosporina, leflunamide).
Un ultimo gruppo di farmaci, di recente introduzione,  sono i farmaci biologici; sono farmaci che agiscono efficacemente sia sull’impegno articolare periferico che su quello assiale. Questi  farmaci  antagonizzano una citochina molto importante nei processi infiammatori chiamata TNF alfa (tumor necrosis factor alfa). Attualmente  sono disponibili  l’infiximab (uso endovena con periodicità di somministrazione di 4-8 settimane), l’adalimumab (uso sotto cute ogni 15 giorni) e l’etanercept (uso sotto cute due volte settimana). Tali farmaci hanno efficacia anche nel trattamento della psoriasi.
Come già detto la terapia va personalizzata a seconda del tipo di manifestazione clinica e della sua gravità. Rispetto alla artrite reumatoide peraltro molte artriti psoriasiche hanno un decorso più favorevole e controllabile con la terapia. .
Quando vengono usati i farmaci biologici?
Esistono delle precise linee guida per l’utilizzo dei farmaci biologici nella artrite psoriasica. Questi farmaci, per i loro rischi di effetti collaterali e per il loro alto costo, vanno usati sostanzialmente se le altre terapie tradizionali falliscono. Possono essere utilizzati anche nel trattamento della psoriasi grave senza artrite.
Le linee guida diversificano la loro possibilità d’uso a seconda del tipo di manifestazione clinica.
Per quanto riguarda la artrite psoriasica con impegno articolare periferico possono essere usati se non c’è risposta (o non tolleranza o controindicazioni)  ad una terapia con almeno due farmaci anti infiammatori usati a dosi piene per tre mesi, ad almeno due infiltrazioni con steroide in caso di mono-oligoartrite  e ad almeno due farmaci di fondo efficaci nella artrite psoriasica (salazopirina, metotressato, ciclosporina, leflunamide) . La mancata risposta è valutata da una attività di malattia giudicata elevata da un  esperto reumatologo secondo parametri clinici e scale di  attività definite.
Per quando riguarda la artrite psoriasica con entesite deve esserci non risposta a due FANS a dosi piene per almeno tre mesi, ad almeno due farmaci di fondo tradizionali e ad almeno due infiltrazioni locali. Anche in questo caso l’attività di malattia è definita da precise scale di valutazione valutate da un esperto.
Infine per quanto riguarda la forma spondilitica valgono le raccomandazioni proposte  per la spondilite anchilosante che prevedono una non risposta ad almeno due FANS alle massime dosi per un periodo di almeno tre mesi con scale di attività definite indicative di malattia attiva secondo parametri definiti, valutate da un esperto reumatologo.
Il controllo della terapia  deve essere poi preciso, affidato a reumatologi di centri esperti nel trattamento con questi farmaci,  secondo scale di valutazione definite  per il  tipo di impegno. In linea generale il miglioramento deve essere molto significativo (50%) dopo 12 settimane di terapia e persistente nel tempo.
Tali farmaci vanno preceduti da uno screenig per valutarne nel singolo paziente la possibilità d’uso e poi  monitorati per i loro possibili effetti collaterali oltre che per la loro efficacia. In particolare va monitorata la possibile insorgenza di infezioni, compresa la TBC, la possibile insorgenza di autoimmunità (insorgenza di  altre malattie autoimmuni come il LES), la possibile insorgenza di tumori (linfomi) e di malattie neurologiche demielinizzanti.  Sono quindi farmaci molto efficaci ma che richiedono esperienza nel loro uso e monitoraggio attento. Tali farmaci, come abbiamo detto, possono essere usati anche per la terapia della psoriasi grave.

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Malattie reumatiche: cosa sono, quali sono, come si manifestano, come si curano, sono pericolose?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma MALATTIE REUMATICHE COSA SONO CURANO PERICOLOSE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari.jpgLe malattie reumatiche sono patologie caratterizzate dall’infiammazione di articolazioni, legamenti, tendini, ossa o muscoli e che in alcuni casi possono coinvolgere anche altri organi. Se non diagnosticate e curate precocemente possono portare alla perdita di funzionalità delle strutture infiammate. Attualmente se ne conoscono più di cento; fra di esse sono incluse l’artrite reumatoide, il lupus eritematoso sistemico, la sclerodermia, le spondiloartropatie, la polimiosite e la dermatomiosite e la sindrome di Sjögren. Alcune sono classificate come malattie del tessuto connettivo (connettiviti), mentre altre ricadono fra le malattie infiammatorie articolari (artriti). Possono colpire a qualsiasi età, anche i bambini, e sono in genere più frequenti nelle donne.

Quali sono le cause delle malattie reumatiche?

Alla base delle malattie reumatiche c’è una combinazione di fattori genetici e ambientali. Anche se si può nascere con una predisposizione al loro sviluppo, in genere è necessario uno stimolo esterno perché inizino a manifestarsi i primi sintomi. Fra i fattori ambientali coinvolti nell’esordio delle malattie reumatiche sono inclusi i virus, come il virus di Epstein-Barr che sembra essere responsabile dell’esordio del lupus eritematoso sistemico. Inoltre la maggiore incidenza nella popolazione femminile ha portato a ipotizzare che anche gli ormoni possano giocare un ruolo nello sviluppo di queste patologie.

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Quali sono i sintomi delle malattie reumatiche?

I sintomi più comuni delle malattie reumatiche dipendono dalla sede colpita. Per esempio possono manifestarsi con l’artrite (dolore, gonfiore e rigidità delle articolazioni colpite), sintomi da coinvolgimento degli organi interni (per esempio, difficoltà a respirare, incapacità a ingerire i cibi, insufficienza renale) e sintomi da infiammazione sistemica come febbre e stanchezza eccessiva.

Come si possono prevenire le malattie reumatiche?

Non c’è modo di prevenire la predisposizione allo sviluppo delle malattie reumatiche, ma uno stile di vita sano, caratterizzato da un’alimentazione equilibrata e da una regolare attività fisica, può aiutare a contrastarne la comparsa.

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Diagnosi

La diagnosi delle malattie reumatiche può essere resa difficile dal fatto che i sintomi sono comuni a diverse patologie. Per questo è necessario sottoporsi a una visita presso uno specialista reumatologo, che può ritenere opportuno prescrivere una o più delle seguenti analisi:

  • esami del sangue;
  • esami delle urine;
  • esami del liquido sinoviale;
  • radiografie;
  • ecografie articolari;
  • TAC;
  • risonanza magnetica;
  • artroscopia;
  • capillaroscopia.

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Trattamenti

Nel caso delle malattie reumatiche il trattamento è basato sull’assunzione di farmaci che servono per migliorare i sintomi e tenere sotto controllo la malattia.

I farmaci prescritti dipendono dal tipo di malattia reumatica e dalla situazione specifica del paziente. Fra i più utilizzati sono inclusi analgesici, antiinfiammatori, corticosteroidi, DMARDs (anche detti “farmaci di fondo”) e farmaci biologici.

Oltre ai farmaci, la terapia prevede:

  • un’attività fisica regolare;
  • un’alimentazione bilanciata;
  • la riduzione dei fattori di stress;
  • il riposo;
  • la protezione solare.

L’intervento chirurgico può essere necessario quando la malattia danneggia un’articolazione, come nel caso dell’artrite isolata o associata a connettivite.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Fibromialgia: dove si trovano i tender points che provocano dolore alla palpazione?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma FIBROMIALGIA DOVE SI TROVANO TENDER Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgPrima di iniziare la lettura, per meglio comprendere l’argomento trattato in questo articolo, ti consiglio di leggere: Fibromialgia: sintomi, cause, cura e tender points

Dopo aver escluso altre patologie muscolari, neurologiche o scheletriche, sono due gli elementi che, una volta accertati, permettono una corretta diagnosi della fibromialgia:

  • Un’accurata anamnesi dalla quale si evinca che il dolore è diffuso simmetricamente e che perdura da almeno 3 mesi.
  • Palpazione dei 18 punti corporei detti tender points, che nel soggetto sano non procura dolore, mentre nel malato fibromialgico risultano dolorosi in numero non inferiore ad 11. La pressione da esercitare deve essere almeno di 4 kg  I punti chiave sono situati:
    • 4 nel collo anteriore,
    • 4 dietro le spalle,
    • 2 all’altezza del cervelletto (intersezione suboccipitale del trapezio),
    • 2 all’altezza dei gomiti,
    • 2 all’altezza delle ginocchia,
    • 2 sopra le natiche
    • 2 ai lati in basso delle natiche (regione retrotrocanterica).

MEDICINA ONLINE TENDER POINTS FIBROMIALGIA ANATOMIA.jpg

Per una buona diagnosi di fibromialgia, il medico dovrebbe trovare riscontro in almeno 11 di questi 18 tender points. Pertanto, se risultassero un numero inferiore a 11 ma fossero soddisfatti gli altri criteri della fibromialgia (dolori diffusi, rigidità muscolare, sonno non riposante), sarebbe bene seguire comunque una terapia per la fibromialgia.

Attualmente si sono affiancati altri due sistemi di valutazione dei tender points, che sono stati messi a confronto recentemente: la valutazione mialgica e dolorometrica con la forma digitale classica. Tali studi hanno dimostrato la maggiore efficacia del sistema classico di palpazione. Il criterio diagnostico della palpazione, rimane il metodo principale utilizzato. Oltre ai 18 descritti esistono nei singoli pazienti molti altri tender points. Ci può anche essere, come per la spasmofilia, positività ad ipereccitabilità muscolare periferica indotta dalla prova del laccio con ischemia transitoria e iperpnea.

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I migliori prodotti per la cura delle ossa e dei dolori articolari

Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche per il benessere di ossa, legamenti, cartilagini e tendini e la cura dei dolori articolari:

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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