Differenza tra midollo osseo e cellule staminali

MEDICINA ONLINE OSSA OSSO SCHELETRO CANE UOMO DIFFERENZE TESSUTO SPUGNOSO TRABECOLARE COMPATTO CORTICALE FIBROSO LAMELLARE CARTILAGINE OSSO SACRO COCCIGE CERVELLO SISTEMA NERVOSO CENTRALE PERIFERICO MIDOLLO OSSEO SPINALE.jpgQual è la differenza tra il midollo osseo e le cellule staminali?

Il midollo osseo è un tessuto spugnoso che si trova all’interno delle ossa lunghe ed in quelle piatte e che contiene le cellule staminali dalle quali si formano tutte le altre cellule che hanno funzioni specifiche nel nostro organismo. Quando si parla di donazione i due termini “midollo osseo” e “cellule staminali” vengono utilizzati alternativamente per indicare il diverso processo con cui vengono prelevate le cellule staminali.

  • Quando si parla di donazione di cellule staminali ci si riferisce più che altro al metodo di raccolta delle cellule staminali.Ricordiamo che le cellule del sangue, prodotte nel midollo osseo ed immesse in circolo, originano da cellule progenitrici, dette cellule staminali, che hanno la caratteristica di essere totipotenti, cioè di riprodursi a un ritmo estremamente intenso e a differenziarsi nelle varie linee cellulari. Le cellule progenitrici sono piuttosto scarse ma, oltre a possedere una attività riproduttiva enorme (ogni giorno generano 200-400 miliardi di cellule nuove) sono in grado di replicarsi cosicché il loro numero resta invariato durante tutta la vita, anche se dovessero in parte venire prelevate (donazione). Tali cellule possono essere raccolte dal cordone ombelicale, dal midollo osseo o, dopo mobilizzazione con fattori di crescita, dal sangue periferico.
  • Quando si parla di donazione di midollo osseo ci si riferisce al metodo chirurgico che si effettua estraendo il midollo dalla zona pelvica con degli aghi particolari, tecnica che risulta mediamente invasiva e dolorosa per il donatore.

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Differenza tra midollo osseo e spinale

MEDICINA ONLINE OSSA OSSO SCHELETRO CANE UOMO DIFFERENZE TESSUTO SPUGNOSO TRABECOLARE COMPATTO CORTICALE FIBROSO LAMELLARE CARTILAGINE OSSO SACRO COCCIGE CERVELLO SISTEMA NERVOSO CENTRALE PERIFERICO MIDOLLO OSSEO SPINALE.jpgIl midollo spinale è la parte extra cranica del sistema nervoso centrale, è situato all’interno del canale vertebrale nella della colonna vertebrale ed è responsabile della trasmissione degli impulsi nervosi dal centro alla periferia e viceversa. Il midollo spinale dà origine, con i nervi spinali, al sistema nervoso periferico. Ovviamente non può essere trapiantato e sue lesioni possono portare a paralisi tanto più gravi quanto si verificano più in alto. Lesioni del midollo spinale possono essere così gravi da condurre a morte il soggetto.

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Il midollo osseo invece è un tessuto molle che occupa i canali delle ossa lunghe (ad esempio il femore) e la fascia centrale delle ossa piatte (ad esempio le ossa del bacino) ed è responsabile della produzione delle cellule del sangue, cioè dei globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Nell’anatomia umana possiamo riconoscere due tipi di midollo osseo: il midollo osseo rosso (costituito principalmente da tessuto mieloide, la maggioranza del midollo presente alla nascita) ed il midollo osseo giallo (costituito soprattutto da tessuto adiposo che ne determina il colore). Globuli rossi, piastrine e la maggior parte dei leucociti sono prodotti nel midollo rosso, alcuni leucociti si sviluppano nel midollo giallo. Esiste anche una terza tipologia, tipica dell’anziano: il midollo gelatinoso.

MEDICINA ONLINE OSSA OSSO SCHELETRO CANE UOMO DIFFERENZE TESSUTO SPUGNOSO TRABECOLARE COMPATTO CORTICALE FIBROSO LAMELLARE CARTILAGINE OSSO SACRO COCCIGE BACINO SISTEMA NERVOSO CENTRALE PERIFERICO MIDOLLO OSSEO SPINALE

Nell’adulto, il midollo giallo si trova, di norma, nel cosiddetto canale diafisario, mentre quello rosso è contenuto nel tessuto osseo spugnoso delle epifisi delle ossa lunghe e nelle ossa brevi e piatte (si trova, di norma, nelle ossa del tronco ed in quelle della base e della volta del cranio, nonché nel ramo della mandibola). Entrambi i tipi di midollo osseo contengono una grande quantità di vasi sanguigni.

Se il midollo osseo si ammala andando incontro ad atrofia o ad aplasia (situazioni che possono verificarsi spontaneamente, senza una causa apparente, oppure in seguito ad esaurimento funzionale o alla somministrazione di farmaci o tossici) il paziente è in gravissimo pericolo di vita; l’espressione più grave di queste situazioni è l’aplasia midollare che porta in breve tempo a morte il paziente per mancato ricambio delle cellule del sangue e gravissima anemia, granulocitopenia e trombocitopenia.

Il midollo osseo può essere trapiantato, ovviamente dopo averne accertato la compatibilità. Infatti, quando necessario, il midollo malato deve essere distrutto e sostituito mediante il cosiddetto “trapianto” con il midollo di un donatore sano e compatibile. Saranno adeguate analisi effettuate dai Registri appartenenti alla rete del BMDW (Bone Marrow Donors Wordwide), collegati a Centri di Trapianto di Midollo Osseo, a provvedere alla ricerca di possibili donatori.

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Endocardite: cause, sintomi, diagnosi e terapie

MEDICINA ONLINE PERICARDIO STRATO SIEROSO FIBROSO FOGLIETTO VISCERALE EPICARDIO E PARIETALE VANO PERICARDICO SACCO PERICARDICO LIQUIDO LIQUOR PERICARDICO STRATI DEL CUORE.Per endocardite si intende uno stato infiammatorio dell’endocardio, il tessuto che riveste le cavità interne e le valvole del cuore; in particolare i tessuti endocardici maggiormente coinvolti nella malattia infettiva risultano essere le valvole cardiache.

Epidemiologia

L’incidenza rimane costante negli ultimi anni attestandosi a 3 casi su 100.000 persone, mentre in passato (si parla degli anni intorno al 1950) era leggermente più alta (si arrivava a 4,2). Risulta più colpito il sesso maschile e, nella maggioranza dei casi, l’età con maggiori manifestazioni è quella che parte dalla quinta decade.

Infanzia

L’incidenza della malattia risulta in continua crescita per quanto riguarda i neonati e i bambini (1 su 4.500, mentre è molto più bassa nei Paesi Bassi). Quando sono coinvolti i nascituri il rischio di mortalità è molto elevato.

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Fattori di rischio

Costituiscono fattori di rischio molte malattie cardiache e altre condizioni fra cui:

  • Prolasso valvolare mitralico, soprattutto se associato a insufficienza della valvola (rigurgito di sangue dal ventricolo sinistro all’atrio sinistro)
  • Nell’anziano esiti di cardiopatia reumatica (7-18%), valvola aortica bicuspide, stenosi e calcificazioni valvolari degenerative.
  • Cardiopatie congenite, trilogia e tetralogia di Fallot, pervietà di setto atriale o ventricolare, stenosi della polmonare isolata, valvola aortica bicuspide.
  • Sindrome di Marfan, per predisposizione a prolasso e insufficienza mitralica
  • Esiti di infarto del miocardio
  • Nutrizione parenterale continua, catetere venoso centrale
  • Tossicodipendenza, con maggiore manifestazione del cuore destro.
  • Pazienti portatori di protesi valvolari, soprattutto se diabetici e/o immunodepressi.

Cause

Si distinguono due macrocategorie eziologiche: cause infettive e cause non infettive. Queste ultime, più rare, si caratterizzano per emocoltura negativa e per la presenza di vegetazioni endocardiche sterili; tra queste, la più importante è sindrome di Libman-Sacks, estrinsecazione endocardica del lupus eritematoso sistemico. Nei soggetti anziani, affetti da carcinomi metastatici può presentarsi una “endocardite marantica”, soprattutto in presenza di adenocarcinoma mucinoso o di sindrome di Trousseau. L’eziologia della endocarditi infettive varia in base all’età e alle condizioni predisponenti. I due generi batterici più frequenti sono lo Staphylococcus e lo Streptococcus. Tra i primi è di particolare importanza lo Staphylococcus aureus, molto spesso correlato a procedure invasive e in grado di infettare valvole native. Gli stafilococchi coagulasi negativi (come Staphylococcus epidermidis, Staphylococcus lugdunensis, Staphylococcus hominis) insorgono invece più frequentemente su valvole protesiche. Tra gli streptococchi assumono particolare importanza gli streptococchi di gruppo D (come Streptococcus bovis, Streptococcus galloliticus, presenti nel tratto gastrointestinale) e gli streptococchi viridanti (come Streptococcus mutans, Streptococcus oralis, Streptococcus salivarius, presenti nel cavo orale), entrambi genere in grado di infettare valvole native o protesiche. Occorre inoltre ricordare che un ampio gruppo di batteri possono provocare endocardite, tra questi:

  • Enterococcus faecalis
  • Pseudomonas aeruginosa, soprattutto nei tossicodipendenti
  • Enterobacteriaceae
  • Neisseria
  • Brucella
  • Yersinia
  • Listeria
  • Coxiella
  • Bacterioides
  • Acinetobacter
  • Corynebacterium

Deve essere altresì ricordato che un’endocardite infettiva può essere sostenuta da Candida albicans, soprattutto in soggetti immunocompromessi, sottoposti a intervento cardiochirurgico o in terapia endovenosa attraverso catetere venoso centrale.

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Sintomi e segni

Molti sono i sintomi e i segni clinici che si riscontrano nelle persone affette da questa patologia.

  • Manifestazioni maggiori: febbre, anemia (talora piastrinopenia), sudorazione, sensazione di brivido;
  • Manifestazioni minori: snoressia, astenia, artralgie (40% dei casi), splenomegalia (30% dei casi), emboli settici (30% dei casi) in cute, palato e congiuntive, con segni caratteristici come noduli periungueali di Osler, macchie cutanee a fiamma di Janeway, lesioni retiniche di Roth, leucocitosi. Possono inoltre manifestarsi infarti embolici renali, glomerulonefrite focale o diffusa e altre patologie da immunocomplessi

Diagnosi

La diagnosi si pone con almeno due su tre dei criteri maggiori:

  1. Ecocardiogramma – che presenta vegetazioni valvolari
  2. Coltura positiva per stafilococchi o streptococchi
  3. Presenze di un soffio cardiaco generato da valvulopatia endocarditica.

La diagnosi si può porre anche con uno solo dei criteri maggiori (ECOcardio, coltura positiva, nuovo soffio cardiaco) e almeno tre tra le varie manifestazioni minori.

Terapia

Il trattamento da seguire per tale malattia è molto studiato in letteratura ma rimane ancora controverso, preferendo un intervento chirurgico di resezione e sostituzione valvolare.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Microcitemia (talassemia) : cause, sintomi, diagnosi e cura

MEDICINA ONLINE LABORATORIO BLOOD TEST ESAME SANGUE ANALISI CLINICHE GLOBULI ROSSI BIANCHI PIATRINE VALORI ERITROCITI LEUCOCITI ANEMIA TUMORE CANCRO LEUCEMIA FERRO FALCIFORME MEDITERRANELa microcitemia è un particolare tipo di anemia congenita (ossia l’individuo nasce già con questa malattia), dovuta ad una alterazione genetica per cui l’emoglobina (i “mattoni” con cui sono costruiti i globuli rossi) è alterata.

Vi sono vari tipi di microcitemia, ma quella più frequente in Italia è la ß-talassemia detta anche anemia mediterranea. La lettera greca “ß” (beta) sta ad indicare che l’errore genetico causa una alterazione nella produzione delle catene ß dell’emoglobina, per cui queste saranno prodotte solo in minima quantità e rimpiazzate da catene g (gamma) e d (delta) in modo da formare emoglobina fetale ed emoglobina A2, meno efficaci dell’emoglobina tipo adulto o emoglobina A.

I geni che codificano le catene ß dell’emoglobina (insieme a quelli delle catene d e g) sono localizzati sul cromosoma 11 ed attualmente si conoscono più di 150 mutazioni che causano una ß-talassemia.

I globuli rossi che così si formano sono più “fragili” ed hanno una vita media più breve dei 120 giorni del globulo rosso normale. Pertanto, in seguito a ciò, i globuli rossi vengono continuamente distrutti e rimpiazzati. Questa distruzione causa, nei soggetti con la malattia in forma grave, un accumulo di ferro in vari organi, ma principalmente nel fegato. Inoltre in questi pazienti il midollo osseo, produttore di tutte le cellule del sangue, non riesce a star dietro alla distruzione dei globuli rossi alterati; tale fenomeno è detto “eritropoiesi inefficace” con conseguente anemia marcata. Pertanto questi bambini hanno la necessità di trasfusioni continue e di una terapia che prevenga l’accumulo di ferro negli organi.

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Dell’anemia mediterranea vi sono 3 quadri clinici che si distinguono tra loro per gravità crescente:

  • Portatore asintomatico: è caratterizzato da assenza di sintomi clinici, aumento del numero dei globuli rossi con riduzione del loro volume (da ciò il nome di microcitemia), riduzione della concentrazione di emoglobina contenuta nei globuli rossi e alterazione della loro forma.
  • Talassemia intermedia: in questo gruppo eterogeneo di pazienti sono compresi casi con gravità differente, da forme minime con lievi manifestazioni cliniche a casi più gravi a volte simili alla forma grave detta malattia di Cooley. In questi casi c’è un marcato aumento dell’emoglobina fetale.
  • Talassemia major o malattia di Cooley: è la forma più grave di microcitemia, caratterizzata da anemia marcata (l’emoglobina è di solito inferiore a 8 g%).

La terapia è diversa a seconda della gravità della malattia: non c’è bisogno di alcuna

terapia nella forma di portatore asintomatico; in certe situazioni in cui vi è un aumentato fabbisogno si può somministrare acido folico per aiutare il midollo osseo nella sua produzione.

Nei casi di talassemia intermedia si somministrano farmaci ferrochelanti (quelli che catturano il ferro in eccesso) e acido folico; spesso questi pazienti, dopo i 4-5 anni, vengono sottoposti a splenectomia (asportazione della milza) per ridurre la distruzione dei globuli rossi che normalmente avviene in quest’organo.

Nei casi di talassemia major o malattia di Cooley la terapia si basa su trasfusioni periodiche (ogni 20-30 giorni) in modo da mantenere il livello di emoglobina intorno a 10-11 g% e sulla somministrazione di farmaci ferrochelanti.

La prevenzione si basa sull’identificazione dei portatori mediante esami del sangue (il cosiddetto screening per la microcitemia); nel caso che entrambi i genitori siano portatori sani, si può eseguire l’analisi del DNA fetale tramite prelievo di liquido amniotico (amniocentesi) o dei “villi coriali”.

Nel caso solo 1 genitore sia portatore sano la coppia avrà il 50% di probabilità di concepire bambini anch’essi portatori sani e il rimanente 50% saranno figli sani. Mentre nel caso di entrambi i genitori portatori sani essi potranno avere 25 probabilità su 100 di concepire bambini sani, 50 probabilità su 100 di concepire bambini portatori sani e 25 probabilità su 100 di concepire bambini malati con la Talassemia major o malattia di Cooley.

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Lasix (furosemide): posologia, effetti collaterali [FOGLIETTO ILLUSTRATIVO]

MEDICINA ONLINE FARMACO FARMACIA PHARMACIST PHOTO PIC IMAGE PHOTO PICTURE HI RES COMPRESSE INIEZIONE SUPPOSTA PER OS SANGUE INTRAMUSCOLO CUORE PRESSIONE DIABETE CURA TERAPIA FARMACOLOGICPerché si usa Lasix?
Lasix (furosemide) è un diuretico ad azione diuretica maggiore. L’impiego delle preparazioni di Lasix da 250 mg/25 ml soluzione per infusione e da 500 mg compresse è indicato esclusivamente nei pazienti con filtrazione glomerulare molto compromessa (FG < 0,33 ml/s = 20 ml/min.):

  • insufficienza renale acuta (oligoanuria), ad esempio nella fase postoperatoria e nei processi settici;
  • insufficienza renale cronica nello stadio predialitico e dialitico con ritenzione di liquidi, in particolare nell’edema polmonare cronico;
  • sindrome nefrosica con funzionalità renale fortemente limitata, ad es. nella glomerulonefrite cronica e nel lupus eritematoso;
  • sindrome di Kimmelstiel-Wilson.

Nella sindrome nefrosica la terapia con corticosteroidi ha un’importanza predominante. Il Lasix è comunque indicato nel caso di insufficiente controllo dell’edema, nei pazienti refrattari alla terapia corticosteroidea o nei casi in cui quest’ultima è controindicata. In caso di insufficienza renale cronica senza ritenzione di liquidi è indicato un tentativo terapeutico con Lasix. Se la diuresi rimane insufficiente (meno di 2,5 l/die), si deve considerare l’inserimento del paziente nel programma di dialisi; nei pazienti in stato di shock, prima di iniziare la terapia saluretica, si devono risolvere con misure adeguate l’ipovolemia e l’ipotensione. Anche le gravi alterazioni degli elettroliti sierici e dell’equilibrio acido-base devono essere preventivamente corrette.

Il Lasix non modifica i valori pressori nel normoteso, mentre risulta ipotensivo nell’iperteso; nelle gravi forme di ipertensione si raccomanda il trattamento in associazione ad altri presidi.

Dispondibile in:
LASIX 250 mg/25 ml soluzione per infusione, LASIX 500 mg compresse
LASIX 25 mg compresse
LASIX 10 mg/ml soluzione orale

Controindicazioni: non usare Lasix in caso di:

  • ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti. I pazienti con allergia ai sulfamidici (ad es. antibiotici sulfamidici o sulfaniluree) possono manifestare sensibilità crociata alla furosemide
  • ipovolemia o disidratazione
  • insufficienza renale anurica che non risponde alla furosemide
  • ipokaliemia
  • iponatriemia
  • precoma o coma, associati ad encefalopatia epatica
  • iperdosaggio da digitale
  • primo trimestre di gravidanza e durante l’allattamento al seno.

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Precauzioni

  • Lasix 250 mg/25 ml soluzione per infusione non deve essere impiegato per iniezioni e.v., ma soltanto per infusione venosa lenta mediante pompe per il controllo del volume o della velocità di infusione, in modo da ridurre il rischio di sovradosaggio accidentale.
  • Lasix 500 mg compresse deve essere utilizzato solamente per i pazienti con una marcata riduzione della filtrazione glomerulare, altrimenti vi è il rischio di perdite eccessive di fluidi ed elettroliti.
  • Lasix 250 mg/25 ml soluzione per infusione e compresse da 500 mg sono state preparate per essere somministrate esclusivamente a pazienti con funzionalità renale fortemente limitata.
  • É necessario assicurare il libero deflusso urinario. L’aumentata produzione di urina può provocare od aggravare i disturbi nei pazienti con ostruzione delle vie urinarie (ad esempio in pazienti con svuotamento vescicale alterato, iperplasia prostatica o stenosi dell’uretra). Pertanto, questi pazienti richiedono un monitoraggio particolarmente attento, specialmente durante le fasi iniziali del trattamento.
  • Come per tutti i diuretici si consiglia di iniziare il trattamento della cirrosi epatica con ascite in ambiente ospedaliero, in modo da poter intervenire adeguatamente nel caso si manifesti nel corso della diuresi tendenza al coma epatico.

Il trattamento con Lasix necessita di regolari controlli medici. In particolare, è necessario un attento monitoraggio nei seguenti casi:

  • pazienti con ipotensione,
  • pazienti particolarmente a rischio in seguito ad una eccessiva caduta della pressione arteriosa, ad es. pazienti con stenosi significative delle arterie coronariche o dei vasi sanguigni che irrorano il cervello,
  • pazienti con diabete mellito latente o manifesto,
  • pazienti con gotta,
  • pazienti con sindrome epatorenale, ad es. con insufficienza renale funzionale associata a grave epatopatia,
  • pazienti con ipoproteinemia, ad es. associata a sindrome nefrosica (l’azione della furosemide può risultarne indebolita e la sua ototossicità potenziata). È richiesta particolare cautela nella determinazione del dosaggio,
  • neonati prematuri (per il possibile sviluppo di nefrocalcinosi/nefrolitiasi);

In genere, nel corso di una terapia con furosemide si raccomanda il regolare monitoraggio di sodiemia, potassiemia e creatininemia; in particolare, un rigoroso controllo è richiesto per i pazienti ad elevato rischio di squilibrio elettrolitico o quando si verifica una ulteriore significativa eliminazione di liquidi (ad es. a seguito di vomito, diarrea od intensa sudorazione). Sebbene l’impiego di Lasix porti solo raramente ad ipopotassiemia, si raccomanda dieta ricca di potassio (patate, banane, arance, pomodori, spinaci e frutta secca). Talvolta può essere anche necessaria adeguata correzione farmacologica. É consigliabile effettuare anche regolari controlli della glicemia, della glicosuria e, dove necessario, del metabolismo dell’acido urico.

Uso concomitante con risperidone
In studi su risperidone, controllati con placebo, in pazienti anziani con demenza, è stata osservata una incidenza più alta di mortalità in pazienti trattati con furosemide più risperidone (7,3%; età media 89 anni, range 75-97 anni) rispetto a pazienti trattati con risperidone da solo (3,1%; età media 80 anni, range 70-96 anni) o furosemide da sola (4,1%; età media 80 anni, range 67-90 anni). L’uso concomitante di risperidone con altri diuretici (principalmente diuretici tiazidici a basso dosaggio) non è risultato associato ad una simile evenienza. Non è stato identificato alcun meccanismo fisiopatologico per spiegare questo dato, e non è stato osservato alcun pattern correlabile alla causa di decesso. Tuttavia, prima di decidere l’uso di tale combinazione, deve essere esercitata cautela e devono essere presi in considerazione i rischi e i benefici di questa combinazione o della co-somministrazione con altri potenti diuretici. Non vi è stato aumento dell’incidenza di mortalità in pazienti che assumevano altri diuretici in concomitanza con risperidone. Indipendentemente dal trattamento, la disidratazione è risultata un fattore di rischio globale per la mortalità e pertanto deve essere evitata in pazienti anziani con demenza (vedere “Interazioni”).

Interazioni
Informare il medico o il farmacista se si è recentemente assunto qualsiasi altro medicinale, anche quelli senza prescrizione medica.

Interazioni con il cibo
La possibilità e l’eventuale grado di alterazione dell’assorbimento della furosemide somministrata insieme al cibo sembrano dipendere dalla sua formulazione farmaceutica. Si raccomanda che la formulazione orale sia assunta a stomaco vuoto.

Associazioni non raccomandate
In casi isolati la somministrazione endovenosa di furosemide entro 24 ore dall’assunzione di cloralio idrato può provocare arrossamento cutaneo, sudorazione improvvisa, agitazione, nausea, aumento della pressione arteriosa e tachicardia. Pertanto, non è raccomandata la somministrazione contemporanea di furosemide e cloralio idrato. La furosemide può potenziare l’ototossicità degli aminoglicosidi e di altri farmaci ototossici. Dato che questo può determinare l’insorgenza di danni irreversibili, i suddetti farmaci possono essere usati in associazione alla furosemide soltanto in caso di necessità cliniche evidenti.

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Precauzioni per l’uso

  • La contemporanea somministrazione di furosemide e cisplatino comporta il rischio di effetti ototossici. Inoltre, la nefrotossicità del cisplatino può risultare potenziata se la furosemide non viene somministrata a basse dosi (ad es. 40 mg a pazienti con funzionalità renale normale) ed in presenza di un bilancio idrico positivo, quando la furosemide viene impiegata per ottenere una diuresi forzata durante trattamento con cisplatino.
  • La somministrazione orale di furosemide e di sucralfato devono essere distanziate di almeno 2 ore, in quanto il sucralfato riduce l’assorbimento intestinale della furosemide, riducendone di conseguenza l’effetto.
  • La furosemide riduce l’eliminazione dei sali di litio e può causarne un aumento della concentrazione sierica, con conseguente aumento del rischio di tossicità di quest’ultimo compreso un aumentato rischio di effetti cardiotossici e neurotossici da litio. Pertanto, si raccomanda l’attento monitoraggio delle concentrazioni di litio nei pazienti ai quali venga somministrata tale associazione
  • I pazienti in terapia diuretica possono presentare ipotensione grave e compromissione della funzionalità renale, compresi casi di insufficienza renale, particolarmente in concomitanza con la prima somministrazione di un ACE-inibitore o di un antangonista dei recettori dell’angiotensina II o la prima volta che se ne aumentano le dosi. Si deve prendere in considerazione l’opportunità di sospendere provvisoriamente la somministrazione di furosemide o, quanto meno, di ridurne la dose 3 giorni prima dell’inizio del trattamento con un ACE-inibitore o con un antagonista dei recettori dell’angiotensina II o prima di aumentarne le dosi.
  • La concomitante somministrazione di antiinfiammatori non steroidei, incluso l’acido acetilsalicilico, può ridurre l’effetto della furosemide. Nei pazienti con disidratazione o con ipovolemia gli antiinfiammatori non steroidei possono indurre insufficienza renale acuta. La furosemide può accentuare la tossicità dei salicilati.
  • La riduzione dell’effetto della furosemide può presentarsi in caso di somministrazione concomitante di fenitoina.
  • Gli effetti dannosi dei farmaci nefrotossici possono essere aumentati.
  • La somministrazione di corticosteroidi, carbenoxolone e dosi elevate di liquirizia, nonché l’uso prolungato di lassativi può aumentare il rischio di ipopotassiemia.
  • Talune alterazioni elettrolitiche (ad es. ipopotassiemia, ipomagnesiemia) possono incrementare la tossicità di alcuni farmaci (ad es. preparati a base di digitale e farmaci che inducono la sindrome del QT lungo).
  • In caso di concomitante somministrazione di furosemide e farmaci antiipertensivi, diuretici o altri farmaci ad azione potenzialmente antiipertensiva, ci si deve aspettare una più accentuata caduta pressoria.
  • Probenecid, metotrexato e altri farmaci che, come la furosemide, sono escreti prevalentemente per via renale, possono ridurre l’effetto della furosemide. Al contrario, la furosemide può ridurre l’eliminazione renale di queste sostanze. In caso di trattamento con alte dosi (sia di furosemide che di altri farmaci) può verificarsi un aumento delle concentrazioni sieriche dell’una e degli altri. Di conseguenza aumenta il rischio di eventi avversi dovuti alla furosemide od alle altre terapie concomitanti.
  • Gli effetti dei farmaci antidiabetici e simpaticomimetici (ad es. adrenalina, noradrenalina) possono essere diminuiti. Gli effetti dei miorilassanti curaro-simili o della teofillina possono essere aumentati. Nei pazienti in terapia concomitante con furosemide e alte dosi di talune cefalosporine si può sviluppare compromissione della funzionalità renale.
  • L’utilizzo concomitante di ciclosporina A e furosemide è associata ad un aumentato rischio di artrite gottosa secondaria ad iperuricemia da furosemide e a riduzione dell’escrezione degli urati indotta da ciclosporina.
  • I pazienti ad elevato rischio di nefropatia da radiocontrasto trattati con furosemide hanno avuto una maggior incidenza di deterioramento della funzionalità renale in seguito alla somministrazione dei mezzi di contrasto, rispetto ai pazienti ad alto rischio che hanno ricevuto idratazione endovenosa solamente prima della somministrazione del mezzo di contrasto.

Gravidanza
Il furosemide attraversa la barriera placentare. Nel primo trimestre di gravidanza Lasix non deve essere somministrato. Nel secondo e terzo trimestre di gravidanza Lasix può essere utilizzato, ma solo nei casi di impellente necessità clinica. Un trattamento durante gli ultimi due trimestri di gravidanza richiede il monitoraggio della crescita fetale. Chiedere consiglio al medico o al farmacista prima di prendere qualsiasi medicinale.

Allattamento
La furosemide passa nel latte materno e può inibire la lattazione, pertanto durante il trattamento con furosemide occorre interrompere l’allattamento al seno.

Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari
Alcuni eventi avversi (ad es. una non prevista e grave diminuzione della pressione arteriosa) possono compromettere la capacità di concentrazione e di reazione del paziente e, pertanto, rappresentano un rischio in situazioni in cui queste capacità rivestono un’importanza particolare (ad es. guidare veicoli o usare macchinari). La furosemide per la sua elevata riserva terapeutica, può indurre significativo aumento della saluresi anche nelle situazioni cliniche in cui altre misure diuretiche risultano inefficaci (marcata compromissione renale, ipoalbuminemia, acidosi metabolica).

Informazioni importanti su alcuni eccipienti di Lasix 500mg compresse
Questo medicinale contiene lattosio. Se il medico le ha diagnosticato una intolleranza ad alcuni zuccheri, lo contatti prima di prendere questo medicinale.

Informazioni importanti su alcuni eccipienti di Lasix 250 mg/25 ml soluzione per infusione
Una fiala di LASIX 250 mg/25 ml soluzione per infusione contiene 0,79 mmol di sodio. Una dose massima giornaliera (7 fiale) contiene 5,53 mmol di sodio. Da tenere in considerazione in persone con ridotta funzionalità renale o che seguono una dieta a basso contenuto di sodio.

Per chi svolge attività sportiva
L’uso del farmaco senza necessità terapeutica costituisce doping e può determinare comunque positività ai test anti-doping.

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Posologia
Lasix 250 mg/25 ml soluzione per infusione: la velocità dell’infusione deve essere sempre regolata in modo che non siano somministrati più di 4 mg di furosemide/min. Il pH della soluzione per infusione pronta per l’uso non deve essere inferiore a 7 perché in soluzione acida la furosemide può precipitare. La soluzione di Lasix 250 mg/25 ml non deve essere infusa insieme ad altri farmaci. Se una dose test di 40-80 mg di Lasix, somministrata per via i.v. lenta (2-5 min. circa), non determina significativo incremento della diuresi entro 30 min., può essere iniziato il trattamento infusivo con Lasix 250 mg. Il contenuto di una fiala di Lasix 250 mg/25 ml soluzione per infusione deve essere diluito in 250 ml di una soluzione isotonica di Ringer o di un’altra soluzione isotonica neutra o alcalina. Tenendo presente la velocità di infusione prescritta, in questo caso (250 mg in 275 ml) la durata dell’infusione è di circa 1 ora. Se il paziente risponde a questa dose si deve rilevare aumento della diuresi già durante l’infusione. Dal punto di vista terapeutico si cercherà di ottenere un aumento della diuresi di almeno 40-50 ml/ora.
Se non si ottiene soddisfacente aumento della diuresi con la prima dose di Lasix, un’ora dopo la fine della prima infusione se ne praticherà una seconda con 2 fiale di Lasix 250 mg/25 ml soluzione per infusione (500 mg in 50 ml), diluendone il contenuto con l’appropriata soluzione per infusione ed adeguando il volume dell’infusione allo stato di idratazione del paziente. La durata dell’infusione verrà sempre regolata dalla possibilità di infondere al massimo 4 mg di principio attivo/min.
Nel caso che anche con questa dose la diuresi non fosse quella desiderata, un’ora dopo il termine della seconda infusione se ne potrà effettuare una terza con 4 fiale di Lasix 250 mg/25 ml soluzione per infusione (1000 mg in 100 ml).
Per il volume totale della soluzione da infusione, nonché per la velocità di somministrazione, valgono le direttive indicate in precedenza. Se anche con questa dose non si ottiene un effetto diuretico soddisfacente, si dovrà considerare la possibilità di passare alla dialisi.
Nei pazienti ipervolemici è preferibile, qualora la dose test di 40-80 mg i.v. sia risultata inefficace, somministrare la preparazione di Lasix 250 mg/25 ml soluzione per infusione senza diluirla o aggiungerla al volume di soluzione per infusione compatibile con lo stato di idratazione del paziente onde evitare iperidratazione. L’infusione endovenosa diretta del contenuto della fiala può essere effettuata solo se è garantita una velocità di somministrazione non superiore a 4 mg di furosemide/min. (= 0,4 ml/min.).

Miscelabilità: la furosemide, quale derivato dell’acido antranilico, è solubile in ambiente alcalino. La soluzione di Lasix 250 mg/25 ml soluzione per infusione contiene infatti il sale sodico di furosemide: tale soluzione ha pH circa 9 e non ha effetto tampone.
A valori di pH inferiori a 7 il principio attivo può precipitare e pertanto, per la somministrazione per infusione, la soluzione del Lasix 250 mg/25 ml soluzione per infusione può essere miscelata soltanto con soluzioni debolmente alcaline o neutre, con modesta capacità tampone: ad es. la soluzione isotonica di cloruro di sodio o la soluzione di Ringer. Non possono essere miscelate con Lasix le soluzioni acide, soprattutto quelle con elevata capacità tampone. Il Lasix non deve essere comunque associato ad altri farmaci nella stessa siringa. Le soluzioni per infusione contenenti Lasix devono essere impiegate immediatamente dopo la loro preparazione. Le fiale sono provviste di collarino a rottura prestabilita.

Somministrazione

  • Infusione: la furosemide e.v. deve essere infusa lentamente, senza superare la velocità di 4 mg/minuto.
  • Nei pazienti, nei quali è presente grave alterazione della funzionalità renale (creatinina nel siero > 5 mg/dL) si raccomanda di non superare una velocità di infusione di 2,5 mg per minuto. LASIX 500 mg compresse – somministrazione per via orale
  • Nell’insufficienza renale cronica, in cui la dose test di 75-150 mg di furosemide sia risultata insufficiente, la terapia può essere iniziata con le compresse di Lasix 500 mg somministrando come prima dose 1/2 compressa (= 250 mg).
  • Se entro 4-6 ore dalla somministrazione non si verifica soddisfacente aumento della diuresi, la dose iniziale può essere aumentata di 1/2 compressa ogni 4-6 ore.
  • Questo procedimento verrà ripetuto fino al raggiungimento della dose efficace, da stabilirsi sempre individualmente, che può oscillare fra 250 e 2000 mg (1/2 – 4 compresse).
  • L’eliminazione di almeno 2,5 l di urina al giorno rappresenta il parametro per definire efficace la dose di furosemide somministrata.
  • Le compresse di Lasix 500 mg sono indicate anche per la terapia di mantenimento in pazienti che hanno risposto positivamente al trattamento con alte dosi di Lasix per via parenterale. A tal fine si somministrerà per via orale come dose iniziale quella di furosemide che era risultata efficace per infusione endovenosa.
  • Se entro 4-6 ore dalla somministrazione della dose iniziale non si ottiene sufficiente aumento della diuresi si può aumentare la posologia di 1/2 – 1 compressa (ad es. dose iniziale: 1 compressa, seconda dose: 1 e 1/2 – 2 compresse).
  • Si consiglia di ingerire le compresse di Lasix 500 mg con un po’ di liquido in coincidenza della colazione del mattino.

Sovradosaggio
In caso di ingestione/assunzione accidentale di una dose eccessiva di Lasix avvertire immediatamente il medico o rivolgetevi al più vicino ospedale. Il quadro clinico in seguito a sovradosaggio acuto o cronico dipende, in primo luogo, dall’entità e dalle conseguenze della perdita idroelettrolitica, ad es. ipovolemia, disidratazione, emoconcentrazione, aritmie cardiache (comprendendo blocco A-V e fibrillazione ventricolare). I sintomi di questi disturbi sono costituiti da ipotensione grave (fino allo shock), insufficienza renale acuta, trombosi, stati di delirio, paralisi flaccida, apatia e stato confusionale. Non è noto alcun antidoto specifico per la furosemide. Se l’assunzione del farmaco ha appena avuto luogo, si può tentare di limitare l’assorbimento sistemico del principio attivo mediante provvedimenti come la lavanda gastrica o tali da ridurre l’assorbimento (ad es. carbone attivo). Devono essere corretti gli squilibri clinicamente rilevanti del bilancio idroelettrolitico. Congiuntamente alla prevenzione ed al trattamento sia delle gravi complicanze derivanti da tali squilibri che di altri effetti sull’organismo, l’azione correttiva può richiedere un monitoraggio intensivo delle condizioni cliniche, nonché adeguate misure terapeutiche. Nel caso di pazienti con disturbi della minzione, come nel caso di ipertrofia prostatica o stato di incoscienza, è necessario provvedere al ripristino del libero deflusso urinario.

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Effetti collaterali di Lasix?
Come tutti i medicinali, Lasix può causare effetti indesiderati, sebbene non tutte le persone li manifestino. Le frequenze sono derivate da dati di letteratura relativi a studi in cui la furosemide è stata utilizzata in un totale di 1387 pazienti, a qualsiasi dosaggio e in qualsiasi indicazione. Quando la categoria di frequenza per la stessa reazione avversa era diversa, è stata selezionata la categoria di frequenza più alta.

Patologie del sistema emolinfopoietico

  • emoconcentrazione,
  • trombocitopenia,
  • leucopenia,
  • eosinofilia,
  • anemia aplastica,
  • agranulocitosi,
  • anemia emolitica.

Disturbi del sistema immunitario

  • reazioni anafilattiche o anafilattoidi (per es. con shock),
  • disturbi del metabolismo e della nutrizione,
  • disturbi elettrolitici (compresi quelli sintomatici),
  • disidratazione e ipovolemia specialmente in pazienti anziani, aumento della creatinina e dei trigliceridi nel sangue,
  • iponatrinemia,
  • ipocloremia,
  • ipokaliemia,
  • aumento del colesterolo,
  • iperuricemia,
  • gotta.

Patologie del sistema nervoso

  • encefalopatia epatica in pazienti con insufficienza epatocellulare,
  • sonnolenza,
  • cefalea,
  • vertigini,
  • stato confusionale,
  • parestesie.

Patologie gastrointestinali

  • secchezza della bocca,
  • nausea,
  • disturbi della motilità intestinale,
  • vomito,
  • diarrea,
  • Pancreatite acuta,
  • Patologie epatobiliari,
  • Colestasi,
  • aumento transaminasi.

Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo

  • orticaria,
  • prurito,
  • rash,
  • porpora,
  • dermatite bollosa,
  • eritema multiforme,
  • pemfigoide,
  • dermatite esfoliativa,
  • reazioni di fotosensibilità.

Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo

  • Crampi muscolari, tetania, miastenia

Patologie renali e urinarie

  • poliuria,
  • nefrite interstiziale,
  • aumento di sodio nell’urina,
  • aumento di cloro nell’urina,
  • ritenzione urinaria (in pazienti con ipertrofia prostatica, stenosi dell’uretra o difficoltà di svuotamento vescicale),
  • nefrocalcinosi/nefrolitiasi (in neonati pre-termine trattati con furosemide); insufficienza renale.

Se manifesta un qualsiasi effetto indesiderato, compresi quelli non elencati in questo foglio rivolgersi al medico.

Scadenza e conservazione
Scadenza: vedere la data di scadenza riportata sulla confezione. La data di scadenza si riferisce al prodotto in confezionamento integro, correttamente conservato. ATTENZIONE: non utilizzare il medicinale dopo la data di scadenza riportata sulla confezione. Proteggere il medicinale dalla luce. I medicinali non devono essere gettati nell’acqua di scarico e nei rifiuti domestici. Chiedere al farmacista come eliminare i medicinali che non si utilizzano più. Questo aiuterà a proteggere l’ambiente. Tenere il medicinale fuori dalla portata e dalla vista dei bambini.

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Ecocolordoppler cardiaco (ecocardio): funzioni, preparazione, gravidanza

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Vomitare sangue ed ematemesi: cos’è, cosa fare, cause e terapie

MEDICINA ONLINE ESOFAGO STOMACO DUODENO INTESTINO TENUE DIGIUNO ILEO SCOPIA APPARATO DIGERENTE CIBO DIGESTIONE TUMORE CANCRO POLIPO ULCERA DIVERTICOLO CRASSO FECI VOMITO SANGUE OCCULTO MILZA VARICI CIRROSI EPATICA FEGATO.jpgSi chiama ematemesi la perdita di sangue dallo stomaco, dall’esofago o dal duodeno attraverso l’emesi, cioè il vomito. Si tratta di un’emorragia tra le più comuni che porta addirittura alla morte nel 6 – 12 % dei casi. Pare che gli uomini siano maggiormente colpiti da ematemesi rispetto alle donne. Il sangue che è rimesso può avere diverse colorazioni ed esaminarne il colore è importante per avere maggiori indicazioni sulla natura del problema. Quando il sangue dell’ematemesi è di colore rosso vivo significa che l’emorragia è recente e molto pericolosa perché il paziente sta perdendo molto sangue e velocemente. Quando invece il sangue ha una colorazione più scura di rosso, significa che il sangue non è emesso subito ma ha stazionato nell’apparato digerente per un po’ prima di essere vomitato. Tanto più il sangue ha un colore simile al caffè, tanto più si è fermato prima di uscire. L’emorragia da cui ha origine dovrebbe non essere troppo grave, soprattutto se la quantità di sangue espulsa è poca. L’ematemesi non avviene dopo un colpo di tosse, che è un sintomo che invece riguarda i polmoni, tipico della tisi ad esempio.

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Cause

Le cause dell’ematemesi sono da ricercarsi in problemi gastrointestinali. Una possibile causa potrebbe essere un’ulcera gastrica o duodenale. Infatti, la metà dei pazienti affetti da queste patologie presenta ematemesi. L’ulcera è una lesione della mucosa che può essere causata da diversi fattori, tra cui l’assunzione di farmaci antiinfiammatori non steroidei che provocano una gastrite erosiva. L’ematemesi si verifica anche in seguito a un trauma fisico, come potrebbe succedere dopo un incidente stradale o dopo un allenamento sportivo che porta alla rottura di vasi sanguini del tratta gastrointestinale. Una causa simile a questa appena descritta è la angiodisplasia gastrica che porta alla rottura dei vasi sanguini a causa di una loro malformazione. Altra causa dell’ematemesi potrebbero essere le varici esofagee che sono delle dilatazioni dei vasi dell’esofago che hanno luogo in seguito a ipertensione venosa, cioè quando aumenta la pressione del sangue. Questo genere di ipertensione con la formazioni di varici è anch’essa un sintomi di una patologia: la cirrosi epatica. Anche tumori a stomaco, intestino, pancreas, fegato e esofago possono avere come sintomo l’ematemesi. La sindrome di Mallory – Weiss è una patologia che non ha ancora individuato con precisione la sua causa ma pare certo che è indicata dalla presenza di ematemesi. Pare che frequenti episodi di vomito a causa di abuso di alcol portino alla lacerazione dello sfintere che provoca una piccola emorragia. Infine, l’ematemesi può essere sintomo della malattia emorragica del neonato. Si tratta di una patologia che colpisce i bambini e i neonati, come si può capire dal suo nome. In corrispondenza a una mancanza totale di vitamina K, il sangue non è coagulato per una mancata formazione del fegato e così il neonato presenta ematemesi.

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Terapia

Come già detto, l’ematemesi è il sintomo di altre patologie, quindi è possibile curarla solo diagnosticando le cause a monte ed intervenendo su di esse. Quando si presenta l’ematemesi, si deve correre all’ospedale, dove il paziente è sottoposto a misurazione della pressione sanguigna per verificare che non sia in atto una grave emorragia. Con una perdita di sangue, i medici immettono subito per via endovenosa altri liquidi, perché il volume ematico si riduce con l’ematemesi. Si procede, inoltre, con esami del sangue per contare globuli rossi, elettroliti e concentrazione di emoglobina. Con perdite di sangue ingenti, si deve ricorre anche a delle trasfusioni. Per trovare l’origine dell’ematemesi è eseguita una gastroscopia che individua la presenza di ulcere gastriche o duodenali da dove potrebbe provenire il sangue. Sono prescritti farmaci anti emorragici per fermare la fuoriuscita di sangue. Una volta individuata la causa, si può cauterizzare i vasi che provocano il sanguinamento. Nei casi più gravi, si deve intervenire chirurgicamente; l’intervento dipende dalla patologia in corso. Dopo aver avuto l’ematemesi, è sempre consigliabile restare a digiuno per un paio di giorni e, in quelli successivi, seguire una dieta a base di liquidi evitando i cibi solidi.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Reuma test positivo o negativo? Cos’è e come si interpreta il valore?

Work of scientists in the chemical laboratory.

Prima di iniziare la lettura, per meglio comprendere l’argomento trattato, leggi anche: Artrite reumatoide: sintomi iniziali, cause, cure e mortalità

La dimostrazione della presenza di una quota anomala di fattore reumatoide, utile nelle indagini di alcune patologie reumatologiche, può essere determinata attraverso le seguenti indagini diagnostiche:

  • Reuma test (o RA test): IgM anti-IgG umane aggregate a particelle di lattice.
  • Reazione di Waaler Rose: IgM anti-IgG di coniglio adese a eritrociti di pecora.

Questi due test sierologici consentono di individuare con diverse metodiche i fattori reumatoidi eventualmente presenti in circolo.
Il fattore reumatoide è diretto sia contro il Fc delle IgG omologhe (utilizzate nel Reuma test) sia contro il Fc delle IgG eterologhe (utilizzate nel test di Waaler-Rose), secondo i seguenti principi:

  • Nel test di Waaler Rose, emazie di pecora su cui sono adese IgG di coniglio, vengono messe a contatto col siero del paziente: se questo contiene IgM con caratteristiche di RF avviene una reazione di emoagglutinazione.
  • Nel Reuma test, si usano invece particelle di lattice su cui vengono adese Ig umane o tratti di esse. Nel siero del paziente, la presenza del fattore reumatoide è verificata se ha luogo l’agglutinazione tra particelle di lattice con adese le IgG e l’autoanticorpo RF presente nel siero analizzato.

Come si eseguono il Reuma test e la reazione di Waaler Rose?
Per l’esecuzione del Reuma test e della reazione di Waaler Rose è necessario ricorrere ad un semplice prelievo di sangue e per questo è consigliabile il digiuno dalla sera precedente. In caso si stiano assumendo particolari medicinali come il cortisone o farmaci immunosoppressivi, è necessario avvisare il medico, in quanto potrebbero alterare l’esito delle analisi.

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Reuma test

Il Reuma test (o RA test) si avvale di una reazione di agglutinazione che utilizza una sospensione di particelle di lattice sensibilizzate con IgG umane. Se il siero del paziente contiene RF IgM, questo si legherà alle IgG provocando l’agglutinazione delle particelle di lattice.
Il Reuma test consente sia la determinazione qualitativa (senza diluizione del campione) che quantitativa su vetrino dei fattori reumatoidi:

  • Metodo qualitativo: la presenza di agglutinazione indica un contenuto di fattore reumatoide nel campione.
  • Metodo quantitativo: il titolo è dato dall’ultima agglutinazione evidente usando diluizioni seriali (con soluzione fisiologica) del campione di siero.

Il Reuma test è standardizzabile ed automatizzabile (a differenza della reazione di Waaler Rose, ormai quasi in disuso).
Inoltre, è molto sensibile e diventa positivo più precocemente, ma è meno specifico:

  • Sensibilità diagnostica: 75-80%, fortemente influenzata da parametri come durata e fase clinica della malattia.
  • Specificità bassa: positivo anche in altre condizioni patologiche e in circa il 15% dei soggetti sani oltre i 60 anni.
  • Possibili interferenze con emoglobina, bilirubina e lipidi.

Il reuma test è positivo se il fattore reumatoide è >20 U.I./ml

Scarsa specificità e sensibilità del test

Una certa percentuale non trascurabile di persone perfettamente sane potrebbe risultare positiva all’esame, infatti a causa della scarsa specificità e sensibilità del test non può essere usato come esame di screening o come esame che “da solo fa la diagnosi”, ma deve essere inserito in una più ampia indagine diagnostica. Importante notare che la frequenza di esiti falsi positivi dell’esame aumenta con l’età del paziente (dal 5% fino al 20% e oltre negli ultrasessantacinquenni).

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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