Emorragia cerebrale: cause, sintomi premonitori, diagnosi e cura

MEDICINA ONLINE CERVELLO CRANIO EMORRAGIA CEREBRALE ISCHEMIA EMORRAGICA ICTUS SANGUE EMATOMA EMIPARESI EMIPLEGIA TETRAPARESI TETRAPLEGIA MORTE COMA PROFONDO STATO VEGETATIVODECUBITO RECUPERO SUBARACNOIDEA PARALISI.jpgL’emorragia cerebrale (in inglese conosciuta come intracranial hemorrhage, intracranial bleed o ICH), corrisponde ad una fuoriuscita più o meno abbondante di sangue da un vaso arterioso o venoso, spesso sclerotico, dell’encefalo. Solitamente risulta associata a ipertensione ed aneurisma. L’emorragia cerebrale è caratterizzata dalla comparsa acuta di deficit neurologici dovuti alla rottura di un vaso arterioso cerebrale e al conseguente stravaso di sangue all’interno del cervello stesso.

Nel caso abbiate legittimi sospetti che voi o un vostro caro siate stati colpiti da TIA o ictus o emorragia cerebrale, leggete immediatamente questo articolo per sapere cosa fare: Ictus, emorragia cerebrale cerebrale e TIA: cosa fare e cosa assolutamente NON fare

Fattori di rischio e cause di emorragia cerebrale

La causa principale di emorragia cerebrale è l’ipertensione arteriosa, responsabile in modo diretto o indiretto di quasi il 70% dei casi. Elevati valori pressori cronici sono responsabili di importanti modificazioni strutturali a carico delle pareti delle arteriole cerebrali che possono predisporle alla rottura. Un’altra causa all’origine delle emorragie cerebrali è attribuita alla deposizione di sostanza amiloide all’interno delle pareti vasali (angiopatia amiloide). Altre cause e fattori di rischio di sanguinamento cerebrale sono:

  • traumi cerebrali (ad esempio da incidenti stradali o sportivi);
  • malformazioni vascolari (come gli aneurismi e le malformazioni artero-venose);
  • coagulopatie;
  • neoplasie;
  • alcuni farmaci (come gli anticoagulanti);
  • patologie delle pareti dei vasi sanguigni;
  • dieta sbilanciata ricca di grassi e sale;
  • ipercolesterolemia;
  • sovrappeso e obesità;
  • fumo di sigaretta;
  • precedenti eventi ischemici;
  • uso cronico di sostanze stupefacenti;
  • stress psicofisici prolungati;
  • famigliarità.

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Sintomi di emorragia cerebrale

I sintomi di norma compaiono all’improvviso e possono evolvere anche molto rapidamente. I “sintomi premonitori” possono non essere presenti o, in caso contrario, essere aspecifici, come mal di testa, stato di malessere generale e stanchezza: il paziente tende quindi a sottostimarli. Durante l’emorragia il paziente può presentare uno dei seguenti segni e sintomi:

  • cefalea intensa ed improvvisa (descritta spesso come un colpo di pugnale alla testa);
  • vomito;
  • nausea;
  • astenia (stanchezza);
  • facile affaticabilita;
  • letargia;
  • sudorazione elevata;
  • compromissione del controllo degli sfinteri;
  • emiparesi o emiplegia;
  • disturbi del linguaggio (disartria o afasia);
  • disturbi della sensibilità (ad esempio visione offuscata);
  • disturbi della coordinazione;
  • compromissione parziale dello stato di coscienza;
  • sincope (perdita della coscienza associata all’incapacità di mantenere la posizione eretta: il paziente tende a cadere).

Il decorso poi può essere complicato da:

  • tachipnea (aumento della frequenza respiratoria);
  • tachicardia (aumento della frequenza cardiaca);
  • irregolarità respiratorie;
  • crisi comiziali (epilessia);
  • instabilità o aumento della pressione arteriosa;
  • anomalie della temperatura corporea che peggiorano la prognosi del paziente.

Ai danni diretti provocati dalla mancata perfusione ematica, si associano i danni provocati da dalla comparsa di ematoma ed edema cerebrale che, per compressione in una regione inestensibile com’è il cranio, determinano un peggioramento del quadro neurologico fino al coma. Per approfondire leggi: Pressione intracranica e pressione di perfusione cerebrale

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Prevenzione dell’emorragia cerebrale

Ad oggi purtroppo non sono note procedure dirette in grado di evitare lo sviluppo dell’emorragia cerebrale, tuttavia, essendo tale patologia favorita da un numero elevato di fattori di rischio, si può prevenire efficacemente intervenendo su tutti quei fattori di rischio modificabili che ne aumentano il rischio, ad esempio:

  • mantenere la pressione arteriosa entro limiti accettabili;
  • curare l’eventuale ipertensione arteriosa con farmaci antipertensivi;
  • evitare una dieta sbilanciata ricca di grassi, seguire invece una dieta normocalorica ricca di frutta e verdura;
  • idratarsi bevendo adeguate quantità di acqua;
  • se si è sovrappeso o obesi, mettere in pratica comportamenti per perdere peso, ad esempio seguire una dieta ipocalorica e fare attività fisica;
  • prevenire l’ipercolesterolemia con una alimentazione adeguata e curarla con farmaci adeguati;
  • evitare stress psicofisici prolungati;
  • evitare fumo di sigaretta, alcolici e sostanze stupefacenti;
  • prevenire traumi cerebrali stradali e sportivi grazie a specifiche precauzioni;
  • diagnosticare precocemente malformazioni vascolari a rischio (aneurismi e malformazioni artero-venose);
  • curare in modo adeguato eventuali coagulopatie o patologie delle pareti dei vasi sanguigni;
  • fare attenzione al dosaggio dei farmaci anticoagulanti.

Tutti questi comportamenti sono ancor più raccomandati in quegli individui che hanno famigliarità con la patologia, ad esempio genitori e fratelli che hanno avuto ictus cerebrale o altri eventi ischemici come l’infarto del miocardio, oppure nei pazienti che hanno avuto precedenti episodi ischemico-emorragici.

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Diagnosi di emorragia cerebrale

Per la diagnosi di emorragia cerebrale, oltre ad anamnesi ed esame obiettivo, il medico usa generalmente i seguenti esami diagnostici per immagini:

  • tomografia computerizzata (TCTAC) cerebrale con o senza mezzo di contrasto, che permette di visualizzare il sanguinamento e permette la diagnosi differenziale nei confronti di un ictus ischemico;
  • risonanza magnetica dell’encefalo, con gadolinio come mezzo di contrasto: viene utilizzata per escludere la presenza di malformazioni sottostanti, pregresse emorragie e microsanguinamenti (che possono suggerire la presenza di angiopatia amiloide);
  • lo studio angiografico con angio-TC, angio-RM permette infine di evidenziare eventuali malformazioni vascolari;
  • esami ematici eseguiti su sangue venoso ed arterioso.

Trattamenti dell’emorragia cerebrale

Il primo obiettivo del personale medico, di fronte ad un paziente con emorragia cerebrale, è salvaguardare le sue funzioni vitali: ad esempio ventilazione meccanica e nutrizione enterale o parenterale. In alcuni casi è necessario un tempestivo intervento chirurgico che ha l’obiettivo di impedire ulteriore sanguinamento e ridurre l’ematoma. Nei pazienti per i quali non è necessario l’intervento chirurgico è fondamentale un attento e continuo monitoraggio dello stato neurologico e dei parametri vitali: particolare attenzione deve essere rivolta al controllo dell’ipertensione arteriosa, dal momento che un picco pressorio potrebbe peggiorare nettamente la situazione. In caso di importante edema cerebrale può essere richiesta la somministrazione di diuretici osmotici. In caso di emorragia cerebrale in concomitanza con una terapia anticoagulante si fa solitamente uso di preparati in grado di ripristinare rapidamente la normale coagulazione del sangue (vitamina K, protamina, concentrati piastrinici).

Dopo una emorragia cerebrale

Gli esiti di una emorragia cerebrale sono estremamente vari in base a molti fattori, tra i quali:

  • gravità dell’emorragia;
  • tempi di intervento del personale sanitario;
  • età del paziente (gli anziani recuperano con più difficoltà);
  • stato di salute generale del paziente (la presenza di ipertensione, obesità, infezioni estese, diabete peggiorano la prognosi).

In base a questi ed altri fattori, il paziente colpito da emorragia cerebrale può tornare ad una vita del tutto normale o, più spesso, avere lesioni cerebrali che determinano danni permanenti relativamente al comparto motorio e/o sensitivo (ad esempio difficoltà a parlare e/o a muoversi) che solo in parte possono migliorare grazie ad adeguato intervento fisioterapico. Nei casi più gravi il paziente può entrare in uno stato di coma che generalmente dura circa uno/due mesi e successivamente evolve nel suo decesso, oppure in uno stato vegetativo o di minima coscienza che hanno durata estremamente variabile. A tal proposito, leggi:

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Differenza tra tendine rotuleo e semitendinoso

medicina online muscoli di anca e coscia gamba visti posteriormente glutei tendine muscolo semitendinoso muscoli posteriori coscia muscolo bicipite femorale semimembranoso anatomia funziIl tendine rotuleo (o tendine della patella, in inglese “patellar ligament”) è un tendine che fa parte dell’articolazione del ginocchio: in essa collega la rotula con la tuberosità della tibia (parte superiore della tibia); è la porzione distale del tendine comune del quadricipite femorale. È un tendine dalla forma piatta, piuttosto resistente lungo circa 8 cm e largo 3,5/4 cm, la sua porzione centrale (terzo centrale) viene utilizzata negli interventi di ricostruzione del legamento crociato anteriore.

Muscolo e tendine semitendinoso
Il muscolo semitendinoso è un muscolo si­tuato superficialmente nella parte postero-mediale della coscia; è carnoso nella porzione su­periore, tendineo in quella inferiore. Origina in alto dalla tuberosità ischiatica e discende verti­calmente fino alla parte media della coscia, do­ve continua in un lungo tendine, il tendine semitendinoso, che concorre al­la costituzione della zampa d’oca, inserendosi nella parte superiore della faccia mediale della tibia. La zampa d’oca corrisponde all’inserzione dei muscoli sartorio, gracile e semitendinoso sulla porzione superiore della faccia antero-mediale della tibia, che assume appunto una forma che ricorda quella della zampa di un’oca. Poste­riormente è in rapporto, in alto, con il muscolo grande gluteo e quindi con la fascia femorale; anteriormente corrisponde ai muscoli grande adduttore e semimembranoso. Insieme al tendi­ne del muscolo semimembranoso costituisce il limite supero-interno della fossa poplitea.

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Rottura del frenulo del pene: cosa fare?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO PENE UOMO RAGAZZO VERGINITA FILETTO FRENULO GLANDE ASTA RAPPORTO SESSUALE IMENE PENETRAZIONE VAGINA CORONA FIMOSI SOLCOCORONALE MEATO URETRALE SPERMADobbiamo tenere in considerazione che la rottura del frenulo corto è più frequente. In ogni caso la rottura del frenulo nell’uomo non si verifica sempre, ma avviene in seguito ad un rapporto sessuale piuttosto energico o nel caso in cui si abbia a che fare con una stimolazione troppo eccentrica.

Il frenulo, come tutti i tessuti, se particolarmente sollecitato, può andare incontro ad una lacerazione parziale o totale. Il risultato consiste in un dolore intenso e nel sanguinamento. La lacerazione del frenulo avviene soprattutto quando non ci siano le condizioni per una sufficiente lubrificazione.

Leggi anche: Frenulo del pene: cos’è e perché la sua lunghezza è importante?

Vedi anche: foto di un pene sottoposto a frenulotomia

Rottura del frenulo: cosa fare

Rottura del frenulo: cosa fare? Se si dovesse andare incontro ad un episodio di questo genere, la prima cosa da fare consiste nel tamponare la ferita per qualche minuto. In genere tutto ciò basta per risolvere il problema.

Se invece ci troviamo di fronte ad una lacerazione più estesa, è necessario recarsi al pronto soccorso. Ricevendo le giuste cure mediche, si verrà sottoposti ad un piccolo intervento ambulatoriale, che avviene in anestesia locale.

Subito dopo l’intervento che segue la rottura del frenulo, ci si dovrà astenere dai rapporti sessuali per circa 20 giorni. Se il frenulo si lacera, ma riusciamo comunque a tamponare la fuoriuscita di sangue, è opportuno evitare i rapporti sessuali per circa 10 giorni, disinfettando in maniera adeguata la ferita, in modo che si possa giungere ad una cicatrizzazione completa.

E’ però da specificare che il frenulo può essere sottoposto ad una nuova lacerazione in seguito ad un rapporto successivo. In casi come questo si deve scegliere: lasciare che la rottura avvenga in modo naturale oppure ricorrere alla frenuloplastica. Quest’ultima è un’operazione risolutiva, che determina il superamento del problema in maniera definitiva, magari abbinando l’intervento a qualche piccolo accorgimento, come l’uso del preservativo, nel momento in cui si riprende l’attività sessuale.

In effetti la rottura del frenulo con il preservativo è più rara, ma non è detto che non avvenga. La frenuloplastica è comunque un intervento da considerare, anche perché non va trascurato il legame fra eiaculazione precoce e frenulo corto, anche se non ci sono prove decisive per questo collegamento.

Al pari dell’intervento per la circoncisione maschile, la frenuloplastica rientra fra quei tipi di interventi chirurgici da non sottovalutare per una corretta salute sessuale dell’uomo.

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Rottura dell’imene (deflorazione): fa sempre male?

MEDICINA ONLINE VULVA LABBRA GRANDI PICCOLE LABIA MINORA MAJOR VAGINA SEX SESSO DONNA APPARATO SESSUALE FEMMINILE CLITORIDE MEATRO URETRALE OPENING IMENE VERGINITA WALLPAPER PICS PICTUREL’imene è una sottile membrana mucosa che ricopre parzialmente l’estero dell’apertura della vagina. Si trova tra la parete vaginale posteriore e il vestibolo ma non chiude completamente l’orifizio. Permette infatti la normale fuoriuscita delle secrezioni vaginali e del flusso del ciclo mestruale attraverso dei forellini sulla sua membrana. Esiste infatti una vera e propria patologia medica che provoca l’inesistenza di aperture sull’imene. Per curarla, c’è bisogno un piccolo intervento chirurgico, l’imenectomia, che però non comporta alcuna conseguenza fisica o sessuale.

A che età si verifica?

Non esiste un’età specifica in cui avviene la lacerazione dell’imene. Solitamente l’imene viene rotto durante la “deflorazione”, cioè la perdita della verginità. Con il primo rapporto sessuale e la prima penetrazione del pene, la membrana viene lacerata in parte o del tutto. Per affrontare un momento tanto importante per una donna, è consigliabile aspettare fino a quando non ci si sente pronte, così da non caricare il rapporto di ansie e preoccupazioni inutili.

La rottura dell’imene fa male?

La rottura dell’imene non provoca sempre dolore. Tutto dipende dall’anatomia, dalla conformazione e dall’elasticità della membrana. Non è detto dunque che fare sesso per la prima volta sia un’esperienza dolorosa. Non di rado si affronta un momento simile con estrema ansia, cosa che causa una contrazione eccessiva dei muscoli vaginali.

Leggi anche: Imene: anulare, imperforato, tipologie, resistenza e funzioni

Si perde sempre sangue?

Non tutte le donne hanno la stessa anatomia ed irrogazione sanguigna ed è per questo che la rottura dell’imene non sempre comporta delle perdite di sangue. Nel caso in cui l’imene è sottile ed elastico, il primo rapporto sessuale non provocherà alcuna perdita ematica.

Com’è fatto l’imene?

L’imene è una membrana che ricopre l’apertura della vagina. Il tipo “anulare” è quello più diffuso, ha la forma di un anello, presenza un’apertura al centro e non provoca particolari problemi quando si tenta di fare sesso per la prima volta. Esiste inoltre anche l’imene imperforato (che può essere congenito, cioè già presente alla nascita, o acquisito, cioè causato da malattie). Nell’imene imperforato, l’imene non ha i normali fori necessari per la fuoriuscita del sangue mestruale, cosa che può determinare un accumulo di sangue e fluidi nella vagina e nell’utero, oltre a determinare rapporti sessuali dolorosi. Per risolvere un problema simile, ci si deve sottoporre ad un intervento chirurgico (l’imenectomia) per creare un’incisione sull’imene.

Leggi anche: Come si fa a capire se una ragazza è vergine o no?

Si può rompere l’imene anche senza un rapporto sessuale?

Certamente si. Essendo molto vicino alla parte più esterna dei genitali, spesso l’imene viene rotto durante la masturbazione o i preliminari, senza arrivare all’atto sessuale vero e proprio. In alcune donne, inoltre, l’imene è inesistente o poco sviluppato e di conseguenza il canale vaginale è già totalmente o parzialmente aperto. In alcuni casi, la rottura dell’imene può avvenire anche in seguito a forti traumi oppure ancora facendo sport.

Leggi anche: Rottura dell’imene (deflorazione): come avviene, è dolorosa?

Gli uomini ce l’hanno?

Gli uomini non hanno l’imene, ma una struttura concettualmente simile denominata “frenulo”, cioè il filetto che lega il glande al prepuzio. A differenza delle donne, alla perdita della verginità non tutti i frenuli si rompono. Alcuni frenuli rimangono integri anche dopo il primo rapporto. Anche il frenulo, come limene, può rompersi prima del primo rapporto, ad esempio a causa di traumi o di una masturbazione troppo intensa.

Leggi anche: Come si fa a capire se un ragazzo è vergine o no? E come si comporta?

Quanto influisce il fattore psicologico sul dolore?

Nella maggior parte dei casi, la rottura dell’imene causa solo un piccolo fastidio, il dolore nasce da uno spasmo involontario dei muscoli all’ingresso della vagina. In alcuni casi, il timore di farsi male può portare ad una forma di vaginismo primario, cioè ad una contrazione dei muscoli della vagina che precedono la penetrazione. La cosa finisce per rendere il rapporto sessuale problematico.

Cos’è l’imenoplastica?

Sono sempre di più le donne che ricorrono all’imenoplastica, cioè alla ricostruzione chirurgica dell’imene. Ricomporre la membrana posta all’interno della vagina permette di ripristinare la verginità anatomica. L’intervento dura al massimo un’ora, non necessita il ricovero e ha dei tempi di guarigione molto rapidi. Consiste nella ristrutturazione dei lembi lacerati oppure nella creazione di questi ultimi con dei materiali appositi.

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Differenza tra distorsione, distrazione, strappo e contusione

MEDICINA ONLINE DIFFERENZA TRAUMA MUSCOLO OSSO FRATTURA LUSSAZIONE DISTORSIONE STRAPPO DISTRAZIONE  MOVIMENTO ROTTURA MUSCOLARE ATTIVITA FISICA SPORT MOVIMENTO GAMBA PIEDE GINNASTICA SCARPE CORRERE CRAMPI MIOCLONIE SPASMO.jpgLa “distorsione” è una lesione della capsula e dei legamenti, a volte  con lacerazione, ma senza rottura; provoca una fuoriuscita di sangue nella sede articolare per cui si verifica gonfiore e tumefazione. Ci può essere anche dolore intenso e il movimento è bloccato. Interessa di solito la caviglia, il ginocchio e il polso, è favorita da un tono muscolare insufficiente ed è provocata da un movimento brusco che sposta l’articolazione portando temporaneamente i capi articolari al di là dei limiti fisiologici. E’ più frequente negli adulti che nei bambini e la sua gravità è estremamente variabile  in quanto può comportare danni di varia entità alle componenti dell’articolazione: capsula, legamenti, tendini e menisco. La distorsione a carico della caviglia può portare a distorsioni recidivanti anche per tutta la vita, a causa di disfunzioni permanenti e mancanza di risposta muscolo-tendinea. In caso di distorsione è necessario mettere l’arto in posizione sollevata, applicare una borsa del ghiaccio e rivolgersi al medico, anche per escludere la presenza di fratture.

Lo “strappo muscolare” (anche chiamato “rottura muscolare”) è una lesione di uno o più fasci di fibre muscolari causata da uno stiramento improvviso che determina la rottura delle fibre del muscolo. Solitamente si manifesta a seguito di violente contrazioni o scatti improvvisi ed è molto frequente soprattutto fra coloro che praticano degli sport dove è richiesto un movimento muscolare di tipo esplosivo ad esempio nel calcio, nel body building, nelle gare di salto, ect. A volte invece colpisce le persone non allenate oppure coloro che non si sono sufficientemente riscaldati prima di affrontare un allenamento. Gli strappi muscolari interessano soprattutto i muscoli della coscia (flessori, adduttori, quadricipite) e della gamba (tricipite surale), mentre è più raro che colpiscano i muscoli addominali o dorsali. In generale però lo strappo muscolare può colpire qualsiasi muscolo del corpo. Il disturbo può coinvolgere un diverso numero di fibre muscolari e, sulla base al numero di fibre interessate,  sono stati individuati 3 gradi:

  • Strappo muscolare di primo grado: si manifesta quando si lesionano poche fibre muscolari;
  • Strappo muscolare di secondo grado: si manifesta quando si lesionano parecchie fibre a seguito di una contrazione muscolare;
  • Strappo muscolare di terzo grado: si manifesta quando si lesionano quasi tutte le fibre e si verifica anche una lacerazione muscolare.

Il termine “distrazione” è sinonimo di strappo muscolare.

La “contusione” infine  è un trauma prodotto da un urto con un corpo contundente, senza lacerazione della cute. Dopo il trauma sulla cute compare un’ecchimosi, una macchia inizialmente rossa e poi violacea che con il tempo assume una colorazione giallognola, prima di scomparire. È il risultato di una rottura di capillari che versano il sangue nei tessuti superficiali; se il travaso di sangue è più abbondante si ha invece un ematoma, più esteso, gonfio e scuro. In caso di ematomi ed ecchimosi è consigliabile applicare degli impacchi di ghiaccio per indurre una vasocostrizione ed eventualmente un bendaggio non stretto. Si possono inoltre applicare delle apposite pomate. Se la contusione non interessa zone a rischio, come ad esempio la testa o zone ove sono presenti organi interni, non c’è da preoccuparsi: ecchimosi ed ematomi regrediscono spontaneamente in poco tempo.

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Rottura dell’imene (deflorazione): si perde sangue e quanto?

MEDICINA ONLINE VULVA LABBRA GRANDI PICCOLE LABIA MINORA MAJOR VAGINA SEX SESSO DONNA APPARATO SESSUALE FEMMINILE CLITORIDE MEATRO URETRALE OPENING IMENE VERGINITA WALLPAPER PICS PICTUREDurante il primo rapporto sessuale completo solitamente, avviene la deflorazione, cioè la rottura dell’imene, la membrana mucosa che sovrasta o ricopre parzialmente l’esterno dell’apertura della vagina (canale vaginale). Tale evento può determinare una perdita di sangue variabile, da qualche goccia a quantità più elevate. In alcuni casi la perdita di sangue è assente. Alcune donne testimoniano di non aver subito nessuna perdita ematica o che essa si è verificata solo diverse ore dopo l’atto sessuale: da ciò si intuisce quanto può essere variabile tale evento.

Non avviene sempre

In passato si era convinti del fatto che per verificare la verginità di una donna, essa dovesse perdere sangue durante il primo rapporto con l’uomo. In realtà non è affatto detto che la rottura dell’imene comporti una piccola o grande emorragia o che sia dolorosa. Tutto dipende dalla tipologia del singolo imene che, se particolarmente elastico, può anche attraversare indenne un rapporto sessuale completo e rimanendo integro, fatto che non porta a nessuna perdita di sangue.
Non abbiate quindi paura se durante la vostra prima volta non avete avuto alcuna perdita ematica, si tratta di un fenomeno più comune di quanto si pensi e non avete “nulla che non va”.

Non fatevi prendere dal panico

In ogni caso è preferibile, durante il vostro primo rapporto, di non dimenticare di avere sempre con voi delle salviettine, fazzoletti o un asciugamano e di essere pronte che un tale evento possa verificarsi. Ricordate sempre che la perdita di sangue tende a fermarsi da sola e che questo è un fatto del tutto fisiologico. Solo nel caso in cui l’emorragia sia realmente copiosa ed inarrestabile, conviene contattare un medico. Anche nei giorni successivi al primo rapporto potrebbe verificarsi qualche piccolo sanguinamento che non deve allarmare, anche se in caso di dubbio – e se il sanguinamento non accenna a fermarsi – è bene non sottovalutare il problema e contattare subito il vostro medico.

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Splenectomia parziale e totale: perché si esegue e quali sono i rischi

DCIM100MEDIALa splenectomia parziale e totale è l’intervento chirurgico di rimozione della milza – attuata in parte o nella sua totalità – che si rende necessaria quando questo organo è oggetto di danni irreparabili o non è più funzionale per colpa di una grave patologia.La milza ricopre diverse funzioni:

  • combatte le infezioni, controllando la presenza di agenti patogeni in circolo (batteri e particelle estranee) e producendo anticorpi e globuli bianchi;
  • favorisce la maturazione dei globuli rossi (eritrociti);
  • ripulisce il sangue dai globuli rossi invecchiati (un globulo rosso ha una vita media di 120 giorni) o danneggiati;
  • è una riserva di ferro, di piastrine e di globuli bianchi.

Quando si esegue una splenectomia parziale o totale?
L’intervento di splenectomia viene messo in pratica alla comparsa di una delle seguenti condizioni o patologie:

  • Rottura della milza. Causata da un trauma addominale, provoca un’emorragia interna, che, se non viene bloccata, può portare alla morte. La splenectomia rappresenta, molto spesso, l’unica soluzione valida per interrompere la perdita di sangue.
    La splenomegalia, condizione patologica in cui la milza è ingrossata, è uno dei fattori favorenti la rottura della milza, in quanto quest’ultima è più esposta agli urti a causa delle notevoli dimensioni.
  • Malattie del sangue. Alcune gravi malattie del sangue, come l’anemia falciforme, la talassemia, la policitemia vera o la porporatrombocitopenica idiopatica, possono richiedere la splenectomia. La decisione di rimuovere la milza, tuttavia, viene presa solo dopo che tutti gli altri trattamenti possibili non sono andati a buon fine.
  • Tumori. Determinate neoplasie, come la leucemia linfatica cronica, il linfoma di Hodgkin, il linfoma non-Hodgkin o la leucemia a cellule capellute, possono interessare anche la milza, causandone un suo ingrossamento (splenomegalia). Come nel caso precedente, se tutti i trattamenti attuati per la cura della splenomegalia sono inefficaci, è necessario ricorrere alla splenectomia.
  • Infezioni. Alcuni agenti patogeni (virus, batteri e parassiti) possono infiammare la milza, provocando splenomegalia. Se le infezioni sono molto serie e i trattamenti sono inefficaci, il rimedio ultimo è rappresentato dall’asportazione dell’organo infiammato. Alcuni esempi di patogeni, che provocano splenomegalia (e che potenzialmente potrebbero richiedere splenectomia), sono il plasmodio della malaria (un parassita) ed il batterio della sifilide.
  • Cisti o tumori benigni. La milza può sviluppare delle cisti o dei tumori benigni, che ne alterano la normale anatomia. Se queste malformazioni sono di dimensioni elevate o se la loro completa rimozione chirurgica è impossibile, l’unico rimedio attuabile è la splenectomia.
  • Casi particolari. In rarissime occasioni, la milza può ingrossarsi senza un causa precisa, o meglio senza una causa documentabile attraverso i test diagnostici. In questi casi, impostare un terapia è difficile, perché non si sa quale sia il fattore scatenante. Pertanto, l’unico rimedio, per evitare le complicazioni della splenomegalia, è rappresentato dalla splenectomia.

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Rischi legati all’asportazione chirurgica parziale o totale della milzaGrazie ai progressi della medicina, la splenectomia è, ormai, un’operazione sicura. Tuttavia, la sua esecuzione, come quella di un qualsiasi altro intervento chirurgico, presenta dei potenziali rischi, che non vanno sottovalutati. Le quattro più importanti complicanze dell’asportazione della milza sono:

  • emorragie;
  • coaguli di sangue (trombi);
  • infezioni della ferita;
  • lesioni degli organi adiacenti (stomaco, pancreas e colon).

La milza è un organo indispensabile? Cosa succede quando viene asportata la milza?
A causa di tutte le funzioni elencate precedentemente, i pazienti che hanno subìto un intervento di asportazione della milza possono andare incontro ad alcune condizioni particolari. Per approfondire leggi: La milza è un organo indispensabile? Se viene asportata cosa può succedere?

Dott. Emilio Alessio Loiacono
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La milza è un organo indispensabile? Se viene asportata cosa può succedere?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma MILZA ORGANO INDISPENSABILE SUCCEDE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgLa milza è un organo indispensabile?
Pur essendo un organo importante del nostro corpo, non è comunque un organo indispensabile alla vita umana: in caso di asportazione ci sono altri organi interni, come il fegato ed il midollo osseo, che ne prendono le funzioni.

Cosa succede quando viene asportata la milza?
La milza svolge svariati compiti (a tal proposito leggi: A cosa serve la milza e che significa “rottura della milza”?). A causa di ciò, i pazienti che – per varie cause – hanno affrontato un intervento di asportazione della milza (splenectomia) presentano livelli più alti di reticolociti, piastrine e globuli rossi incompleti o patologici; per il venir meno delle funzioni immunologiche, sono inoltre più sensibili alle infezioni, soprattutto a quelle prodotte da microrganismi capsulati: per questo motivo si parla di immunodepressione post-splenectomia. Alla luce di ciò, ai pazienti sottoposti ad asportazione della milza, si raccomanda di vaccinarsi contro il batterio pneumococco, che causa la polmonite, e, di anno in anno, contro l’influenza. Inoltre, un’altra misura preventiva, adottata in particolari condizioni patologiche, è quella di assumere degli antibiotici, i quali innalzano un muro contro gli agenti batterici presenti nell’ambiente.

Rischi legati all’intervento chirurgico
Grazie ai progressi della medicina, la splenectomia è, ormai, un’operazione sicura. Tuttavia, la sua esecuzione, come quella di un qualsiasi altro intervento chirurgico, presenta dei potenziali rischi, che non vanno sottovalutati.
Emorragie, coaguli di sangue (trombi), infezioni della ferita e lesioni degli organi adiacenti (stomaco, pancreas e colon) sono le quattro più importanti complicanze dell’asportazione della milza.
La recente rivalutazione dell’importante ruolo svolto dalla milza nella difesa dell’organismo, soprattutto in età pediatrica, ha modificato l’approccio terapeutico, che oggi si orienta soprattutto verso un trattamento di tipo conservativo, mentre prima si tendeva più ad un approccio chirurgico.

Per approfondire:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo

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