Palestra: ad obiettivi diversi corrisponde una diversa alimentazione

MEDICINA ONLINE PALESTRA PESI ALIMENTAZIONE MUSCOLI DOPO ALLENAMENTO MASSA PROTEINE AMMINOACIDI BCAA RAMIFICATI ESSENZIALI WHEY LATTE SIERO CASEINE CREATINA WORKOUT BICIPITI SPALLE GAMBE ESERCIZI DONNA GLUTEI STEROIDI SQUAT.jpgChi pensa che per ottenere un buon fisico basti allenarsi, è fuori strada. La dieta che seguiamo è importante tanto quanto l’allenamento. Se si ha come obiettivo l’aumento e la definizione della massa muscolare o anche il dimagrimento, la nostra alimentazione deve essere adeguata allo scopo.

Obiettivo crescita e definizione muscolare

Più i muscoli sono sviluppati, meno probabilità ci sono di subire infortuni. Inoltre, per l’effetto post combustione, i muscoli continuano a bruciare calorie anche dopo l’allenamento e più sono sviluppati, più calorie si bruciano per via del metabolismo più elevato. Per crescere i muscoli hanno bisogno di proteine: quando l’obiettivo è l’aumento di massa muscolare è necessario seguire una dieta ricca di proteine per evitare di vanificare gli sforzi e perdere massa muscolare invece di costruirla. È importante consumare proteine sia prima che dopo l’allenamento per massimizzare le performance. Se si tratta di allenamenti di durata inferiore ai 90 minuti non è necessario mangiare anche durante ma solo prima (un piccolo snack è sufficiente). Meglio evitare alimenti grassi e ricchi di fibre perché difficili da digerire. Alcuni muscoli sembrano non esistere perché nascosti sotto uno strato di grasso: per farli uscire allo scoperto bisogna eliminare il grasso in eccesso e mantenere la muscolatura assumendo in particolare questi alimenti:

  • Acqua
    I tessuti muscolari sono costituiti d’acqua e hanno bisogno di un apporto continuo di liquidi. L’acqua è contenuta in insalata o altre verdure.
  • Uova
    Le uova contengono proteine e tutti gli amminoacidi essenziali che servono per costruire i muscoli.
  • Legumi
    Fagioli o lenticchie contengono proteine e lo zinco, elemento senza il quale non avviene costruzione muscolare. Si sconsiglia di assumere legumi prima di un allenamento perché ricchi anche di fibre.
  • Frutti di bosco
    Grazie agli antiossidanti e alle vitamine di cui sono ricchi.
  • Carne e pesce
    Sono i fornitori numero uno di proteine e dopo un allenamento intenso reintegrano tutte le risorse.
  • Noci
    Noci e mandorle, oltre che proteine, contengono acidi grassi. Anche i grassi vegetali sono importanti per la costruzione muscolare. Nessuna dieta dovrebbe escludere i grassi polinsaturi di noci, olive e olio di canola.

Obiettivo perdita di peso

Il concetto principale, da tenere sempre a mente se siete sovrappeso e volete dimagrire, è che il numero di calorie assunte deve essere inferiore a quelle consumate (equilibrio calorico negativo), il che significa che è necessario seguire una dieta ipocalorica o alzare le calorie consumate facendo maggiore attività fisica o alzando il metabolismo innalzando la % di massa muscolare. L’ideale è fare tre pasti al giorno a intervalli di 4 o 5 ore per dare al corpo la possibilità di bruciare grassi e anche evitare gli snack ricchi di carboidrati tra un pasto e l’altro. Per chiarire, i carboidrati non vanno eliminati completamente dal proprio regime alimentare, forniscono l’energia necessaria per svolgere un esercizio fisico e facilitano l’assorbimento dei minerali. Se però è presente abbastanza zucchero al momento di iniziare l’attività fisica, il corpo smette di bruciare grassi. Per questo piuttosto che eliminare i carboidrati bisogna sceglierli con attenzione e consumarli in porzioni da 30 g in associazione con le proteine, dopo l’allenamento: meglio preferire riso bruno, pasta integrale e quinoa per esempio.

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Ossido nitrico: cos’è, a che serve e dove trovarlo?

MEDICINA ONLINE INTEGRATORE ALIMENTARE DIETA DIETARY SUPPLEMENT COMPLEMENT ALIMENTAIRE SUPLEMENTO DIETETICO NahrungsergänzungsmittelIl monossido di azoto (anche chiamato “ossido nitrico” o “NO”; in inglese “nitric oxide”) è un gas incolore; nel corpo umano il monossido di azoto (NO) rappresenta un importante neurotrasmettitore con effetto vasodilatante. E’ quindi un potente vaso-dilatatore, utilizzato per la terapia dell’ipertensione polmonare, in particolare nei neonati affetti da insufficienza respiratoria ipossemica. E per questa caratteristica viene indicato come un fattore di rilascio endotelio-derivato, sigla inglese EDRF. Il NO viene sintetizzato a partire da ossigeno ed arginina grazie all’azione degli enzimi NO-sintasi ed attraverso una reazione multifasica e molto complessa.

Funzioni
Il NO possiede la capacità di penetrare attraverso le membrane e le barriere di tutti i micro-organismi (batteri, virus, funghi, parassiti), e tra cui le nostre cellule, dato che fra l’altro non possiede carica elettrica e può quindi muoversi liberamente sia all’interno che all’esterno di esse. Esso va ad intervenire in diversi meccanismi:

  • sulla muscolatura liscia dei vasi sanguigni provocando vasodilatazione con conseguente aumento del flusso ematico e funzione omeostatica;
  • va ad inibire anche l’adesione e l’aggregazione piastrinica;
  • viene sintetizzato dai macrofagi durante la risposta immune e può contribuire ad un diretto effetto battericida;
  • è importante per l’erezione del pene e per contrastare la disfunzione erettile;
  • ha un ruolo nel ciclo di crescita del capello.

Meccanismo di azione
Il monossido nitrico (NO) ha come bersaglio primario un enzima detto l’enzima guanilato ciclasi. Questo enzima dal guanosin-trifosfato (Guanosin Tri Posfato) – GTP genera il Guanosin Mono Posfato Ciclico – GMPc.  Il Guanosin Mono Posfato Ciclico – GMPc attiva a valle la protein-chinasi GMPc-dipendente (PKG), la quale fosforila proteine contrattili e strutturali della cellula come la calponina, il fosfolambano e la tropomiosina rendendole sensibiliti alle azioni degli ioni calcio, i principali responsabili della contrazione delle cellule muscolari. La PKG ha anche un ‘ altra azione : fosforila i recettori dell’IP3 (Inositolo trifosfato) situati sulla superficie dell’SR (reticolo sarcoplasmatico della cellula muscolari lisce che costituiscono la parete del vaso sanguigno dette cellule endoteliali ), impedendone l’aggancio con l’IP3: ciò impedisce il rilascio del calcio dall’SR o dall’ER, inibendo la contrazione della muscolatura liscia (generalmente elevata in tale tipo di tessuto) e inducendone quindi il rilassamento.

I benefici della vasodilatazione
Con “vasodilatazione” si intende un aumento del calibro dei vasi sanguigni conseguente al rilassamento della muscolatura liscia dei vasi sanguigni, in particolare delle arterie, delle arteriole e delle vene di grande calibro. Come diretta conseguenza avremo anzitutto un aumento del lume dei vasi e, soprattutto per le arteriole,una diminuzione della pressione arteriosa. A livello sportivo la cosa è sicuramente favorevole: durante l’attività fisica assistiamo difatti ad un aumento della pressione arteriosa per via delle maggiori richieste di ossigeno e nutrienti al muscolo. I processi di vasodilatazione permettono quindi, a parità di pressione, di assicurare lo stesso quantitativo di molecole richieste. Ma questo non è l’unico aspetto benefico, difatti negli sport anaerobici lattacidi il corpo deve far fronte ad un’altra necessità, ossia quella di smaltire l’acido lattico prodotto, un aumento del lume dei vasi permette quindi di svolgere più efficacemente anche questo meccanismo. Dunque all’atto pratico possiamo riassumere i benefici della vasodilatazione in questi punti:

  • aumento della prestazione aerobica grazie al maggior apporto di ossigeno;
  • aumento della prestazione anaerobica grazie al maggior tasso di smaltimento di lattato;
  • aumento della prestazione in generale e del recupero grazie al maggior apporto di nutrienti;
  • maggiore efficacia dell’erezione del pene.

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Ossido Nitrico (NO): in quali alimenti trovarlo?

1. Cacao in polvere
I flavonoli del cacao sono noti per migliorare il flusso di sangue andando ad attivare il sistema nitrico (nitric oxide system). Questi sono presenti anche in tè e vino rosso ma in misura ridotta, il che porta il cacao ad esserne la fonte più intelligente da usare per questo fine (questo non vuol dire ingozzarsi di cioccolata prima del workout). Altro punto, già che abbiamo citato il vino rosso, l’alcol è un vasodilatatore, ma anche qui non mi soffermo a spiegare il perché non sia una mossa intelligente bere prima di provare il massimale di panca. Il dosaggio ottimale è di 500-1000mg/die di flavoni (circa 27 gr di cioccolato fondente con alte % di cacao).

2. Spinaci e Barbabietole
Spinaci e Barbabietole ricchi di nitrati sono effettivamente un ottimo alimento da consumare nel preworkout (e, come vedremo, anche dopo). Qui tolgo subito un dubbio, i nitrati non sono dannosi di per sé, la problematica è che possono convertirsi in nitriti, e quelli si, sono da evitare. Il primo studio citato, tra l’altro, parla anche di mele ricche di flavonoli, qui si ritorna al primo punto. Per il discorso barbabietole ci sono ottime evidenze di un loro beneficio soprattutto in sport di endurance come il running. Il dosaggio consigliato di nitrati è di c.ca 6.4-12.8mg/kg (approssimativamente 500 gr di Barbabietole).

Ossido Nitrico (NO): In quali integratori trovarlo?

1. Vitamine C ed E
le vitamine C e la E, agendo come antiossidanti, intervengono attenuando il danno ossidativo cui son soggetti i NOS (ossido nitrico sintetasi) permettendo quindi, indirettamente, una loro migliore operatività. Per il dosaggio in questi casi mi atterrei ai 2 gr/die di vitamina C ripartita in piccole assunzioni durante la giornata e 15 mg (22.4IU c.ca) per la vitamina E. Non si tratta di integratori specifici per la vasodilatazione, possono dare una mano in via indiretta (e influire forse un minimo) e come tali li utilizzerei.

2. L-Citrullina
Si tratta di un metabolita intermedio del ciclo dell’urea. I NO-sintasi, abbiamo visto, sintetizzano ossido nitrico a partire da Arginina ed ossigeno, ebbene la prima viene inizialmente trasformata in Citrullina, dunque quali sono gli effetti della supplementazione di Citrullina? Non stupisce che si abbia un aumento dell’ossido nitrico, lo vediamo in diversi studi dove si utilizza sia la forma L che quella Malato. Le dosi utilizzate in questo caso sono state di 5-6 gr.

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3. Ginko Biloba
Oltre ai suoi benefici in termini di stress fisico e mentale, il Ginko Biloba comporta anche una risposta di vasodilatazione. Quest’azione è dovuta sia ad un aumento del rilascio o neuronale di fattori endogeni rilassanti , sia tramite inibizione dell’enzima COMT. In generale ha un effetto benefico sulla circolazione, nonchè proprietà antiossidanti. Il dosaggio è di 120-240mg, da prendere assieme ad un pasto (pre o postworkout per esempio).

4. Arginina
Il principale meccanismo di azione attraverso cui la supplementazione di arginina influenza la salute dell’apparato circolatorio è il suo ruolo di substrato per i NOS per produrre Ossido Nitrico e la conseguente produzione di GMP intracellulare (il discorso vale anche per la Citrullina che anzi, si rivela una scelta migliore e più efficace in questi termini). Tuttavia gli studi sull’assuzione di L-arginina (su atleti in salute) sono discordi. In determinati casi i biomarkers del metabolismo del NO sono aumentati, in altri non vi sono state sostanziali modifiche. Il dosaggio è di 3-6 gr da 1 a 3 volte al giorno (nel caso si intenda mantenerne alti i livelli durante la giornata). Tuttavia, ripeto di nuovo, la citrullina si è dimostrata più efficace per raggiungere i risultati sopra visti e l’arginina, anche nelle forme più biodisponibili, si può considerare un supplemento tutto sommato superato e ormai poco utilizzato. Non vi sono state influenze (ed anche questo vale per la citrullina) nei confronti degli ADMA (antagonisti dei NOS), non sembra esservi quindi tale meccanismo di azione per i due supplementi.

Quando assumere questi integratori nello sport?
Da una parte gli effetti in acuto suggerirebbero un assunzione nel preworkout. In tal senso è ottima la combinazione con delle fonti di carboidrati e delle whey (insulinogeniche) che amplieranno l’effetto vasodilatatorio durante l’allenamento. Un altro momento è il postworkout, quando l’effetto “pump” tende a perdersi pian piano, si può andare ad intervenire per favorire il recupero muscolare. L’aspetto pi importante però, a mio avviso, è quello di approcciarsi a questi supplementi come un valido aiuto in termini di salute cardiocircolatoria (non si sottovaluti l’incidenza di problematiche quali TOS/sindrome dello stretto toracico superiore negli sport di sollevamento pesi). L’ideale è dunque un’assunzione in cronico, va bene allora l’integrazione nel peri-workout come abbiamo visto, però è molto più logico includere nella propria dieta alimenti come spinaci, barbabietole.

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Differenza tra aminoacidi essenziali e non essenziali

MEDICINA ONLINE DIFFERENZA PROTEINE AMINOACIDI BIOCHIMICANell’organismo esistono 20 tipi di aminoacidi che, unendosi in legami peptidici, formano le proteine e forniscono energia ai nostri muscoli. Di questi aminoacidi, 8 vengono classificati come essenziali:

  • isoleucina,
  • leucina,
  • lisina,
  • metionina,
  • fenilalanina,
  • treonina,
  • triptofano,
  • valina).

10 aminoacidi sono classificati come non essenziali:

  • alanina,
  • asparagina,
  • acido aspartico,
  • cisteina,
  • glutammina,
  • acido glutammico,
  • glicina,
  • prolina,
  • serina,
  • tirosina.

2 aminoacidi sono classificati come semi essenziali:

  • arginina,
  • istidina.

Infine, tra gli essenziali, 3 (valina, isoleucina e leucina) vengono definiti come aminoacidi ramificati (BCAA).

La differenza tra aminoacidi essenziali e non essenziali consiste principalmente nel fatto che gli essenziali, al contrario dei non essenziali, non possono essere prodotti dal nostro organismo, quindi devono essere assunti con il cibo o con l’integrazione.

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Differenza tra proteine animali e vegetali: quali sono le migliori?

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Specialista in Medicina Estetica ASSUMI VITAMINA D SINTOMI CARENZA CIBI  Roma Cavitazione Pressoterapia Linfodrenante Dietologo Cellulite Calorie Pancia Sessuologia Sesso Pene Laser Filler Rughe Botulino 1Cominciamo dalla prima, quasi banale, differenza: le proteine di origine vegetale sono contenute in tutti gli alimenti di origine vegetale, come ad esempio:

  • legumi,
  • alcuni tipi di verdura,
  • cereali.

Le proteine animali sono presenti invece soltanto negli alimenti di origine animale, come ad esempio:

  • carne,
  • pesce,
  • latte,
  • latticini,
  • formaggi,
  • uova.

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Legumi
Iniziamo dai legumi, che ne sono i più ricchi, in particolare la soia e i fagioli. Tutti i legumi hanno la particolarità di trattenere nelle radici un batterio simbionte detto rizobio in grado di fissare l’azoto presente nell’aria e trasformarlo in amminoacidi che vengono assorbiti dalla pianta. Così tutti i tipi di legumi (dai fagioli alla soia, dall’erba medica alla mimosa, che sono tutti legumi) risultano particolarmente ricchi di proteine vegetali. I fagioli poi sono quelli che, per clima, per attidudine del terreno, e anche per produttività, sono più semplici da coltivare, e vengono scelti anche perché fanno molto bene al terreno (lo riempiono di azoto che viene poi ‘risucchiato’ da colture impoverenti come quelle dei cereali) e questo ha garantito il loro successo nel corso degli anni. Oggi, in un’epoca in cui certo non abbiamo carenza proteica, possiamo mettere da parte la carne e gli alimenti di origine animale, per consumare solo alimenti vegetali: ma a livello nutrizionale le proteine animali e vegetali sono la stessa cosa? Davvero le proteine vegetali possono sostituire la carne?

Proteine animali e vegetali: differenze nutrizionali
Per quanto riguarda il contenuto di amminoacidi essenziali, in generale le proteine animali possono essere considerate complete e quelle vegetali sono incomplete. Assumere proteine da fonti vegetali è importante e le carenze di eventuali amminoacidi possono essere superate utilizzando appropriate associazioni alimentari, ad esempio legumi e cereali, perché si completano tra loro: gli amminoacidi di cui è carente la pasta vengono forniti dai fagioli e viceversa. Sul fronte della digeribilità le proteine vegetali valgono meno di quelle animali (soprattutto quelle dei cereali), avendo un coefficiente di digeribilità, che indica la percentuale effettivamente assorbita, molto più basso: ad esempio i legumi sono al 30% rispetto a carne (80%) e uova (100%). Infine, non dimentichiamo che negli alimenti di origine vegetale è basso il livello di ferro e con i vegetali si assume poca vitamina B12 (una vitamina che svolge un ruolo fondamentale nella sintesi di emoglobina ma che è sintetizzata solo dagli animali). Quindi chi segue un regime alimentare vegetariano o vegano deve necessariamente integrare queste due sostanze.

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Proteine animali e vegetali: la quantità proteica contenuta negli alimenti
Parlare di “proteine” è un po’ come parlare di “casa”. Si fa presto a dire casa, ma le case vanno dalle capanne delle periferie di Rio de Janeiro alle ville di George Clooney: sfido a dire che queste due case siano uguali. E per le proteine il discorso non cambia. Una proteina è una catena di amminoacidi, che ne costituiscono i mattoni. Ci sono proteine lunghe e proteine corte, proteine costituite da amminoacidi migliori, per il nostro corpo, e da amminoacidi peggiori, ci sono proteine accartocciate e difficilissime da digerire (come la cheratina, che costituisce le nostre unghie) e proteine facili da digerire, ed ovviamente tutto dipende anche da quante e quali proteine ci sono in un alimento. A livello quantitativo ci sono cibi con più o meno proteine, ma non basta solo questo valore. E’ importante sapere come questi alimenti debbano essere prepararti e cucinati per essere mangiabili. E questi processi alterano e diluiscono la quantità originariamente contenuta nel cibo. Facciamo un esempio. I fagioli secchi contengono un 23,6% di proteine, quindi 23,6 gr per 100 gr di prodotto. Per fare un paragone e far capire come si esegue il calcolo abbiamo scelto un alimento che, così come si compra al supermercato, contiene praticamente la stessa quantità di proteine, il petto di pollo crudo, 23,3%. Facciamo conto che e abbiano tutti e due il 23%, per fare il conto in modo migliore. Quando arrivo a casa, questi due alimenti devo cuocerli, e i fagioli si devono anche ammollare per poterli mangiare. Così i fagioli assorbono acqua, che va a costituire peso nel legume, e quando questo è pronto, è gonfiato, le proteine non costituiscono più il 23%, ma sono il 9% all’incirca, sul prodotto reidratato. Mangiando 100 gr di fagioli (secchi e crudi sono immangiabili) ottengo 9 gr di proteine. Il petto di pollo va cotto, ma la cottura è molto veloce e lo scopo è proprio quello di eliminare acqua, così che le proteine saranno più concentrate e la loro percentuale maggiore: dal petto di pollo cotto, da 100 gr, otterrò circa un 30% di proteine, cioè 30 gr per 100 gr.  Per cui abbiamo: 9 gr di proteine nei fagioli contro 30 gr del pollo, pari ad un terzo.

Proteine animali e vegetali: la qualità delle proteine
Ma non abbiamo ancora considerato la qualità proteica. Esistono diversi indici per definire la qualità delle proteine: il valore biologico, il rapporto di efficienza proteica e l’indice chimico; ne esistono anche altri, ma questi tre sono quelli più utilizzati ed è proprio in base a questi che si capisce come il livello qualitativo delle proteine vegetali sia minore di quello delle proteine di origine animale. Facciamo un altro esempio. La qualità proteica calcolata con il metodo C.U.D. (coefficente di utilizzazione digestiva) è il rapporto tra le proteine ingerite e quelle assorbite, ed ha un valore che va da 0 a 100. Se è 100 (albume d’uovo) la proteina è perfetta, di qualità altissima, perché tutta quella che si mangia la si assorbe; se è 0 (unghie, ad esempio) è come se non la mangiassimo affatto. Le proteine della carne di pollo hanno un valore di 80, per cui mangiando 100 gr di proteine ne assorbiamo 80; per i fagioli questo valore è 30, per cui mangiandone 100 gr ne assorbiamo solo 30.  Il che significa che mangiando 100 gr di petto di pollo e 100 gr di fagioli otteniamo con il primo 30 gr, e per una qualità di 0,8 assorbiremo 24 gr di proteine. Mangiando 100 gr di fagioli lessi, invece, ne otteniamo 9 gr, per una qualità di 0,3 avremo 3 gr di proteine. Sono sempre 100 gr di prodotto, ma dalla carne di pollo otteniamo 8 volte le proteine che otteniamo dai fagioli. Dovremmo mangiarne 800 gr per tornare allo stesso valore. Se volete divertirvi a fare questo conteggio con altri alimenti, su internet e sui libri si trovano tranquillamente sia le tabelle qualitative delle proteine, sia le tabelle nutrizionali degli alimenti (sui sito INRAN) per cui potete divertirvi anche da soli a ripetere il conteggio che abbiamo appena fatto insieme.

Proteine vegetali e proteine animali: alternative vegetali alle proteine animali
La differenza tra le proteine animali e vegetali è evidente e le proteine di origine vegetale non sono un’alternativa a quelle di origine animale. I vegetariani devono sopperire alle carenze di alcuni amminoacidi essenziali integrandoli con quelli di sintesi o seguendo sempre e comunque una dieta equilibrata che comprenda latte, latticini, uova, legumi, soia e tutti i tipi di verdure e frutta, cereali e legumi di varietà differenti per assumere tutte le proteine di cui abbisogna il corpo. Il problema è ben più complicato per i vegani; il fabbisogno proteico per il nostro organismo è fornito solo da uno specifico mix di alimenti e a livello pratico non è semplice da applicare, perché sono poche le varietà vegetali da mangiare per ottenere il giusto apporto proteico e sempre in grandi quantità. Basti pensare che in un regime ‘onnivoro’ solo 1/3 delle nostro fabbisogno proteico è fornito da alimenti vegetali.

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Calcolosi colecisti: sintomi, dieta e terapie dei calcoli biliari

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO COLICA BILIARE BILE CISTIFELLEA DOTTO CISTICO EPATICO COMUNE COLEDOCO CALCOLOSI DELLA COLECISTI FEGATO LITIASI COLELITIASI CALCOLI BILIARI RIMEDII calcoli della colecisti (o “calcolosi della colecisti” o “litiasi della colecisti” o “colelitiasi” o “calcoli della cistifellea” o “litiasi della cistifellea” o “calcoli biliari“, spesso impropriamente denominati anche Continua a leggere

Colecistite alitiasica: cause, dieta ed intervento

medicina-online-dott-emilio-alessio-loiacono-medico-chirurgo-roma-cistifellea-cose-cosa-serve-dove-si-trovariabilitazione-nutrizionista-infrarossi-accompagno-commissioni-cavitazione-radiofrequenza-ecoLa colecisti (o cistifellea), ha il compito di raccogliere la bile, una sostanza densa prodotta dal fegato, che serve per il metabolismo dei grassi di origine alimentare (ad esempio il colesterolo). Questo piccolo organo è soggetto alla formazione di calcoli, i quali, ostruendo i dotti biliari, possono provocare un’infiammazione, ovvero una colecistite.
Si tratta di un disturbo più comune di quanto non si creda, che si può curare con una dieta adeguata e una terapia a base di antibiotici e analgesici, soprattutto quando si manifesti sotto forma acuta. Tuttavia, questa infiammazione della cistifellea può verificarsi anche in assenza di calcoli, ed ecco perché parliamo di colecistite alitiasica. In genere si verifica in una percentuale bassa rispetto alla tipologia legata ai calcoli biliari, circa il 5-10% dei casi, ma è più grave rispetto all’altra. Le cause possono essere diverse, tra queste le più probabili sono:

  • conseguenza di interventi chirurgici importanti;
  • infezioni sistemiche dell’organismo;
  • traumi addominali;
  • ustioni gravi;
  • digiuno prolungato;
  • nutrizione con le flebo per mesi;
  • deficit immunitari.

Anche se le cause sono diverse, la colecistite alitiasica si manifesta con gli stessi sintomi di quella provocata dai calcoli, ovvero:

  • dolore forte e improvviso, quasi insopportabile, al quadrante superiore destro dell’addome con riflesso alla schiena (zona sotto la scapola destra);
  • dolore prolungato, che si mantiene costante per almeno sei ore;
  • febbre (oltre i 38°);
  • nausea;
  • vomito;
  • brividi;
  • malessere generale.

Quando chiamare il medico?
È necessario contattare rapidamente il medico in caso di improvviso e forte dolore addominale, soprattutto se non migliora dopo qualche ora o se è accompagnato da altri sintomi caratteristici come ittero e/o febbre. Nell’impossibilità di contattare il medico farsi accompagnare in pronto soccorso.

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Pericoli
In assenza di una diagnosi e un appropriato trattamento alcuni casi di colecistite possono essere causa di gravi e pericolose complicazioni:

  • cancrena, con morte del tessuto della colecisti, che può ulteriormente causare complicazioni se l’infezione si diffonde nell’intero organismo (sepsi).
  • perforazione della cistifellea, con diffusione dell’infezione nell’addome (peritonite) e formazione di ascessi.

È infine possibile l’infiammazione del pancreas (pancreatite).

Diagnosi
La diagnosi è in genere formulata attraverso:

  • anamnesi (ricostruzione storia clinica del paziente, rilevazione fattori di rischio, stato di salute, storia clinica, …),
  • visita medica per l’osservazione di segni e sintomi caratteristici (come il segno di Murphy),
  • esami strumentali, primo fra tutti l’ecografia.

L’ecografia è il modo migliore per scoprire i calcoli biliari, ma può anche individuare la presenza di liquidi intorno alla cistifellea oppure l’ispessimento delle pareti, sintomi tipici della colecistite acuta. In molti casi, quando la bacchetta dell’ecografia viene appoggiata sull’addome in corrispondenza della cistifellea, i pazienti lamentano dolore. Sono talvolta necessari esami di imaging più sofisticati o di altro genere (risonanza magnetica, radiografia, …). La manovra di Murphy garantisce al medico una buona sensibilità nella diagnosi di colecistite acuta; viene effettuata attraverso una leggera pressione della colecisti del paziente mentre gli viene richiesto di inspirare profondamente, causando un dolore improvviso che lo costringerà all’interruzione dell’atto respiratorio. La patologia per cui più facilmente si osserva la positività della manovra di Murphy è la colecistite acuta, mentre in caso di colecistite cronica o semplice colica biliare il dolore sarà più sfumato.

Medicina di laboratorio
Gli esami del sangue possono in alcuni casi mostrare un aumento di:

  • gammaGT,
  • leucociti,
  • bilirubina (totale e diretta).

Gli altri esami possono individuare alcune complicazioni, ad esempio l’aumento di un enzima pancreatico (lipasi o amilasi) dovuto alla pancreatite. Se i globuli rossi sono alti, possono essere sintomo di infiammazione, ascesso, cancrena o perforazione della cistifellea.

Cura e terapia
La colecistectomia, cioè la rimozione chirurgica della cistifellea, è il trattamento di prima scelta della colecistite e viene quasi sempre effettuato a meno di gravi controindicazioni all’intervento chirurgico; può essere effettuata subito, entro un paio di giorni o nel giro di qualche settimana (a seconda dei rischi di complicazioni, dello stato di salute, dei sintomi, …). Rimandare l’intervento di solito diventa necessario per i pazienti affetti da disturbi che lo rendono rischioso (ad esempio se affetti da disturbi cardiaci, polmonari o renali). Se si sospetta una complicazione come un ascesso, la cancrena o la perforazione, è invece necessario intervenire d’urgenza perchè i rischi delle complicanze superano quelli legati all’intervento. Di solito l’operazione viene effettuata usando un tubicino flessibile, munito di telecamera a un’estremità e detto laparoscopio. Il laparoscopio, altri tubicini e gli strumenti chirurgici usati per rimuovere la cistifellea vengono inseriti attraverso piccole incisioni praticate nell’addome. Nei casi di grave infiammazione, shock o rischi insormontabili legati all’anestesia generale un radiologo interventista può intervenire inserendo un catetere di drenaggio percutaneo nella colecisti e trattando il paziente con con antibiotici fino a risoluzione dell’infiammazione acuta. Una colecistectomia può quindi essere valutata in seguito, se lo stato di salute dovesse migliorare. Alcuni pazienti potrebbero soffrire di coliche biliari anche dopo la rimozione della cistifellea e dei calcoli e la causa non è nota con esattezza, ma in genere i fastidi sono tutto sommato sopportabili/gestibili e tendono a sparire con il tempo.

Si può vivere senza cistifellea?
E’ possibile una vita senza cistifellea? A tale proposito leggi: Si può vivere senza cistifellea?

Dieta
Come accennato all’inizio dell’articolo, l’alimentazione influenza in maniera rilevante la comparsa dei calcoli nella cistifellea, che sono alla base della formazione del maggior numero di colecistiti. Non è certo un caso che la maggior parte delle persone che ne soffrono sono persone che hanno un’alimentazione squilibrata e ricca di grassi, o ancora coloro che sono particolarmente in sovrappeso, o ancora coloro che attuano delle diete molto drastiche per ridurre il peso. I calcoli alla colecisti sono infatti determinati soprattutto dall’eccesso di colesterolo nella bile: una cattiva alimentazione provoca il suo incremento all’interno di questo organo, e di seguito l’impossibilità di smaltirlo correttamente. Le quantità che rimangono all’interno della colecisti si solidificano creando i calcoli, piccoli “sassolini” delle dimensioni di pochi millimetri, di colore giallastro. Ebbene, per cercare di ridurre il rischio di calcoli è bene cercare di consumare molte fibre ed evitare i grassi. Mangiare dunque molta frutta e verdura, e incrementare l’apporto di fibre con la crusca, potrebbe essere il primo passo. Cercate inoltre di privilegiare le carni bianche e il pesce azzurro, evitando – di contro – le carni che sono ricche di grassi, o ancora i formaggi molto stagionati, il latte intero, gli insaccati, le fritture, i salumi.

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Differenze tra ileo meccanico ed ileo paralitico: cause, sintomi e trattamenti

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma DIFFERENZE ILEO MECCANICO PARALITICO INT Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgCosa significa “ileo”?

Con ileo (in inglese “ileus”) in medicina si intende una condizione patologica caratterizzata dall’arresto parziale o totale della progressione del contenuto intestinale, sia esso liquido, solido o gassoso. Molti usano il termine “ileo” come sinonimo di “occlusione intestinale”, ma ciò è un errore, poiché l’occlusione intestinale è solo un tipo di ileo (l’ileo meccanico).

Etimologia di ileo

Il termine “ileo” deriva dal greco εἰλεός (leggi eileos), che significa attorcigliato, serrato, strizzato.

Che differenza c’è tra un ileo meccanico ed un ileo paralitico?

Quello che differenzia principalmente un ileo meccanico da un ileo paralitico, è l’eziologia, cioè la causa che ha portato all’arresto della progressione del materiale intestinale. In base alla causa si possono infatti distinguere:

  • un ileo detto meccanico (od occlusione intestinale od ostruzione intestinale o blocco intestinale), che si verifica quando l’occlusione è dovuta a un ostacolo vero e proprio che blocca fisicamente il passaggio del materiale in transito in direzione dell’ano;
  • un ileo detto paralitico (o ileo adinamico o ileo dinamico o paresi intestinale o ileo funzionale) che si verifica quando non ci sono blocchi fisici nell’intestino ma il transito è comunque impedito da una paralisi della muscolatura propria dell’intestino con conseguente blocco della peristalsi, cioè di quella contrazione coordinata della muscolatura liscia presente nelle vie digerenti che permette al cibo di procedere in direzione dell’ano.

Viene definita invece subocclusione intestinale una condizione particolare di ileo meccanico, in cui l’ostruzione sia solo parziale, manifestandosi con episodi subacuti e/o ricorrenti. In ogni caso l’occlusione può essere incompleta, caratterizzata da episodi sfumati subocclusivi cronici che culminano nella fase di occlusione critica, o completa, che esordisce con un quadro clinico acuto e pericoloso. E’ importante anche ricordare che un ileo meccanico può riconoscere tre tipi di ostruzione:

  • intraluminale: l’ostacolo è presente fisicamente all’interno del canale e chiude il lume (ad esempio ammassi di parassiti e fecalomi);
  • intramurale: l’ostacolo è rappresentato dall’ingrandimento della parete del canale (ad esempio un tumore ad anello);
  • extraintestinale: l’ostacolo è rappresentato da una massa esterna al canale, che si è espansa a tal punto da comprimere il lume (ad esempio tumore di organo vicino).

Una importante differenza tra ileo meccanico e paralitico è che:

  • l’ileo meccanico riconosce una causa “locale” (con una sofferenza che generalmente interessa un segmento circoscritto dell’intestino mentre il resto del viscere viene coinvolto solo in un secondo momento): i segmenti a monte dell’ostruzione appariranno via via sempre più dilatati, mentre quelli a valle risulteranno normali, permettendo l’espulsione del materiale in essi contenuto e dando inizialmente una illusione di canalizzazione normale. Una occlusione severa e non trattata può avere esiti tragici, portando in alcuni casi a perforazione e copiosa emorragia, con uno shock ipovolemico anche rapidamente mortale;
  • nell’ileo paralitico la sofferenza interessa l’intero intestino, ossia la paralisi interessa non un particolare segmento, ma tutto il viscere. Il quadro anatomo-patologico inizialmente evidenzia una modesta dilatazione dei primi tratti intestinali (che possono essere adeguatamente decompressi con l’introduzione di un sondino naso-gastrico) e qualche volta di quelli distali (per i quali, allo stesso scopo è utilizzata una sonda rettale). Raramente l’occlusione paralitica raggiunge livelli preoccupanti, in quanto la paralisi abitualmente regredisce nell’arco di poche ore; quindi questa forma presenta un decorso clinico meno grave rispetto a quella meccanica (tipico esempio è l’ileo paralitico post-operatorio).

Leggi anche: Peristalsi intestinale ed antiperistalsi: caratteristiche e funzioni

Il doppio significato di “ileo”

In medicina il termine “ileo” si usa non solo per indicare l’arresto della progressione del contenuto intestinale, ma anche – in anatomia umana – per indicare la parte finale dell’intestino tenue che viene dopo duodeno e digiuno (le porzioni iniziali dell’intestino tenue) e che precede il cieco (la porzione iniziale dell’intestino crasso). L’ileo (in inglese “ileum”) è evidenziato in verde nella figura in basso. Per approfondire, leggi anche: Differenza tra intestino, duodeno, digiuno, ileo, tenue, crasso, retto, ano

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Cause di ileo meccanico

Le principali cause di ileo meccanico, sono:

  • Ostruzione. Molto frequente è legata alla presenza nel lume del piccolo intestino di un ostacolo di varia natura. Si può trattare di:
    • corpi estranei ingeriti;
    • boli alimentari particolarmente voluminosi;
    • ammassi di peli o sostanze vegetali quali i trico- o fito-bezoari;
    • calcoli biliari (ileo biliare);
    • ammasso di parassiti (vermi intestinali);
    • aderenze.
  • Stenosi del viscere. Quando patologie tumorali o infiammatorie o malformative riducono il lume del viscere. Un restringimento del lume può essere anche la conseguenza di un’anastomosi intestinale, di un ematoma nella parete intestinale o l’esito cicatriziale di una o più ulcere duodenali. In genere queste forme sono ingravescenti e quindi la occlusione vera e propria viene preceduta da episodi sub-occlusivi spesso misconosciuti.
  • Compressione. È la situazione in cui una massa estrinseca preme sull’intestino occludendolo. Il più delle volte è dovuta a patologia neoplastica.
  • Angolatura. È un meccanismo dovuto in genere a pregressi interventi (specie a cielo aperto) o patologie endoaddominali che hanno portato alla formazione di briglie aderenziali uniche o multiple. Tali aderenze fissano le anse intestinali tra loro o ad altri organi o alla parete, angolandole e di conseguenza occludendole.
  • Strangolamento. Il termine indica situazioni diverse contraddistinte da un elemento comune: una grave sofferenza dell’ansa dovuta a compressione del suo peduncolo vascolare. Lo strangolamento interviene nel:
  • Volvolo: quando l’intera ansa intestinale e quindi il peduncolo vascolare contenuto nel suo mesentere ruota attorno al proprio asse, attorcigliandosi.
  • Invaginazione: quando un’ansa intestinale entra in una ansa contigua (come un segmento di cannocchiale) trascinandosi appresso il peduncolo vascolare e comprimendolo.
  • Strozzamento da cingolo: quando un’ansa intestinale penetra in un anello o in un forame anatomico rimanendovi incarcerata insieme al proprio peduncolo.

Ileo meccanico determinato da danno al colon

Una possibile causa di ileo meccanico è una ostruzione che ostacola la progressione delle feci nel colon che determina a sua volta una stasi a monte nel tenue. Una ostruzione del colon può essere causata e/o favorita da uno o più fattori, tra cui:

  • tumori;
  • polipi intestinali;
  • stenosi infiammatoria (aderenza);
  • ammasso di parassiti (vermi intestinali);
  • corpi estranei introdotti per via anale;
  • fecalomi.

Cause di ileo paralitico

Le principali cause di ileo paralitico, sono:

  • apertura del peritoneo o/e manipolazione dei visceri endoaddominali (da intervento chirurgico): questa è la situazione più diffusa;
  • presenza di corpi estranei o sostanze biologiche (sangue, bile, urine);
  • irritazione peritoneale (ascessi peritoneali, perforazione di visceri, sofferenza vascolare dell’intestino, traumi addominali aperti o chiusi) e patologie dei visceri addominali (appendicite, colecistite);
  • pancreatite acuta, patologia retroperitoneale (aneurismi), traumi del rachide, gravi quadri dolorosi (colica renale), torsione di cisti ovarica;
  • patologie d’organo (infarto, polmonite, ictus);
  • generali (alterazioni idro-elettrolitiche, dismetabolismi, farmaci che bloccano la trasmissione nervosa (ganglioplegici), o antagonisti della acetilcolina (anticolinergici), o antistaminici, o anestetici generali (narcotici).

Sintomi e segni di ileo paralitico

Nel caso di ileo paralitico il soggetto presenta un quadro spesso poco specifico e sfumato, con:

  • nausea;
  • vomita;
  • distensione addominale;
  • dolore in genere poco intenso e mal localizzabile.

In generale l’entità poco rilevante dei sintomi servono al medico per differenziare un ileo paralitico da quello meccanico, che determina segni e sintomi in genere più gravi.

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Il volvolo è una causa di ileo meccanico

Sintomi e segni di ileo paralitico

Nel caso di occlusione meccanica i sintomi e segni sono generalmente più severi e specifici rispetto all’ileo paralitico. Sintomi e segni di ileo meccanico sono:

  • Chiusura dell’alvo a feci e gas (assenza di canalizzazione). È un sintomo patognomonico anche se si presenta con tempi e modalità variabili. Nel caso di una occlusione alta, a livello esofageo o gastrico, l’alvo rimarrà comunque aperto per qualche tempo essendo l’intestino a valle della ostruzione integro e quindi funzionante. Nel caso di una occlusione bassa, a livello del retto, la chiusura dell’alvo sarà viceversa immediata. Nelle occlusioni basse ed incomplete potrà essere presente una diarrea, pseudo diarrea, caratteristicamente alternata a periodi di stipsi.
  • Vomito (fecaloide o alimentare o biliare). L’entità e l’epoca di comparsa del vomito dipendono anch’esse dal livello e dal tipo di occlusione. Sarà precoce nelle forme alte e la presenza di bile (che viene secreta a livello della II porzione duodenale) contribuirà a distinguere le forme intestinali da quelle esofagee e gastriche ove invece sarà assente. Nelle occlusioni basse il vomito interverrà più tardivamente assumendo spesso connotati fecaloidi per diventare più raro o mancare nelle ostruzioni a livello rettale.
  • Dolore. Il dolore è un sintomo importante legato in particolare all’incremento della peristalsi. Nelle forme alte esso può essere intenso e di tipo intermittente. Nelle forme ileali è invece, crampiforme, parossistico, intervallato da periodi di tregua. Nelle forme basse assume un carattere sordo, gravativo.
  • Il subentrare improvviso di un dolore lancinante e costante quando si accompagna ad altri sintomi peritonitici indica complicanze gravi quali lo strangolamento, la perforazione e l’emorragia. La scomparsa improvvisa del dolore può significare la risoluzione spontanea dello stato occlusivo ma il più delle volte invece indica un aggravamento della stessa con la trasformazione di un ileo meccanico in un ileo paralitico.
  • Distensione addominale. Assente nelle forme alte è molto evidente nelle ostruzioni a livello del colon discendente o ancora più basse. La distensione della parete addominale è la conseguenza diretta e visibile di quella dell’intestino a sua volta legata all’accumulo di liquidi ed aria.
  • Ipovolemia. È la sottrazione di liquidi alla massa idrica totale, dal lume intestinale dei segmenti a monte della ostruzione. Questa ipovolemia è aggravata dalle perdite che avvengono con il vomito e porta alla concentrazione ematica e allo shock ipovolemico.
  • Perdita di elettroliti e ioni. Il vomito, a seconda del livello della ostruzione, comporta perdite significative di ioni ed elettroliti diversi. Ne derivano squilibri elettrolitici, particolarmente nelle occlusioni basse, e squilibri acido-base in quelle più alte con alcalosi o acidosi metaboliche.
  • Altri segni: febbre, tachicardia, calo della pressione sanguigna, presenza di peristalsi evidente attraverso la parete addominale, rumori metallici alla auscultazione possono essere presenti in vario grado.

Differente trattamento tra ileo meccanico e paralitico

Anche il trattamento è differente: mentre nell’ileo paralitico si curerà la patologia a monte che l’ha determinato (ad esempio peritonite o insufficienza vascolare mesenterica, trattamento medico), nel caso di ileo meccanico il trattamento sarà prevalentemente chirurgico (con chirurgia a cielo aperto o con uso di colonscopia), atto ad eliminare fisicamente la causa del blocco. E’ importante infine ricordare che l’ileo paralitico può spesso rappresentare la fase avanzata di un ileo inizialmente meccanico, mentre un ileo meccanico può più raramente rappresentare la fase avanzata di un ileo inizialmente paralitico.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Differenza tra disfagia ostruttiva ed occlusione intestinale

MEDICINA ONLINE INTESTINO COLON TENUE CRASSO APPENDICE TRASVERSO ASCENDENTE DISCENDENTE RETTO ANO COLECISTI STOMACO DUODENO ILEO PARALITICO ADINAMICO MECCANICO OSTRUZIONE OCCLUSIONE SUBOCon il termine “disfagia” (in inglese “dysphagia“) si intende la difficoltà del corretto transito del cibo nelle vie digestive superiori subito dopo averlo ingerito, quindi anche le difficoltà a deglutire rientrano nel campo delle disfagie.

La disfagia può essere di tipo ostruttivo o di tipo motorio (discinesie) in base alla sua eziologia, cioè la causa che l’ha determinata. La disfagia è ostruttiva quando il lume delle vie digestive superiori – specie l’esofago – si riduce per compressione o per ostruzione, come nel caso di presenza di corpi estranei, stenosi, tumori che comprimono dall’esterno o che occludono dall’interno, diverticoli, infiammazioni, ingrossamento della tiroide e spondilite cervicale.
Una disfagia ostruttiva può essere classificata anche in base alla sede dove si verifica l’ostruzione che determina difficoltà nel passaggio di cibo:

  • Disfagia orofaringea: quando la difficoltà di transito riguarda deglutizione e passaggio del cibo dall’orofaringe all’esofago (l’orofaringe è la porzione della faringe che mette in comunicazione cavità orale, laringe ed esofago);
  • Disfagia esofagea: quando la difficoltà di transito riguarda il passaggio attraverso l’esofago in direzione dello stomaco.

Questa lunga introduzione serve a farvi capire come una disfagia ostruttiva sia determinata da ostruzione (interna o da compressione esterna) che provoca difficoltà nel transito del cibo a livello delle alte vie digestive (orofaringe ed esofago). Nel caso di una occlusione intestinale meccanica (anche chiamata “ileo meccanico”) si verifica parimenti una ostruzione, ma questa volta alle basse vie digerenti, che provoca l’arresto della progressione del contenuto dell’intestino, liquido, solido o gassoso.

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