Differenza tra dolore acuto, cronico, persistente ed episodico con esempi

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma MAL DI SCHIENA LOMBALGIA ESERCIZI DOLORE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari An PeneEsistono diversi modi per classificare il dolore. Uno di questi consiste nel differenziarlo base alla sua durata e alla sua ripetibilità. Prendiamo ad esempio un tipico dolore molto diffuso e conosciuto nella popolazione generale: la lombalgia.

La lombagia può essere definita:

  • acuta quando dura da meno di sette giorni;
  • subacuta nel periodo che va da sette giorni a sette settimane dopo l’insorgenza;
  • sub-cronica nel periodo che va da sette settimane a tre mesi dopo l’insorgenza;
  • cronica quando dura da più di tre mesi.

Ecco alcune caratteristiche ed esempi di alcuni tipi di dolore:

  • Dolore acuto – Il dolore acuto solitamente si presenta all’improvviso ed ha una durata limitata. Spesso è causato da un danno tissutale a carico di ossa, muscoli od organi, e l’insorgenza è spesso accompagnata da ansia o stress emotivo.  E’ acuto il dolore nocicettivo, di breve durata, nel quale, di solito, è ben evidente il rapporto di causa/effetto. Questo dolore si esaurisce quando cessa l’applicazione dello stimolo o ripara il danno che l’ha prodotto. Esempi sono il dolore post-operatorio, le coliche viscerali (renale, biliare, eccetera) ed il dolore traumatico. Una caratteristica fondamentale del dolore acuto è quello di rispondere ad adeguate misure antinocicettive: questa caratteristica è condivisa dal dolore persistente ma non dal dolore cronico. Qualunque sia l’origine, il dolore acuto produce frequentemente reazioni di difesa e di protezione che comprendono:
    • alterazioni dell’umore (depressione, ansia, paura)
    • modifiche del sistema nervoso autonomo (alterazione della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, nausea, vomito, sudorazione)
    • atteggiamenti di modifica della postura.
  • Dolore cronico – Il dolore cronico ha una durata maggiore rispetto al dolore acuto ed è generalmente alquanto resistente al trattamento medico. Di solito è associato ad una malattia a lungo termine, come l’osteoartrite. In alcuni casi, come per esempio in presenza di fibromialgia, rappresenta uno degli aspetti che caratterizzano la malattia. Il dolore cronico può essere una conseguenza di un danno tessutale, ma molto spesso è attribuibile a un danno nervoso. Circa il 70% delle persone che soffrono di dolore cronico trattato mediante l’assunzione di antidolorifici sperimenta episodi di ciò che viene definito dolore episodico intenso. Le cause più comuni di dolore cronico sono: lombalgia cronica, mal di testa, fibromialgia e neuropatia (malattia che coinvolge i nervi periferici). Il dolore cronico è molto comune e si ritrova in circa l’11% della popolazione adulta.
  • Dolore persistente. E’ persistente il dolore dovuto alla permanenza dello stimolo nocicettivo o della disnocicezione. Questo tipo di dolore è stato definito anche come “ongoing acute pain”, a sottolineare che conserva le caratteristiche del dolore acuto e va distinto dal dolore cronico. Un esempio è il dolore da coxartrosi, dove la persistenza della lesione anatomica giustifica il ripresentarsi del dolore ad ogni movimento dell’articolazione dell’anca. Un altro esempio è il dolore associato alle malattie neoplastiche, dove la causa del dolore continua ad essere operante. Anche in questi casi, come nel dolore acuto, si ha di solito una buona risposta agli analgesici ed alle misure antinocicettive come i blocchi anestetici e gli interventi neurolesivi.
  • Il dolore episodico intenso si riferisce a episodi di dolore che si verificano quando l’antidolorifico, ad esempio un FANS (antinfiammatorio non steroideo) viene impiegato regolarmente. A volte può essere spontaneo o insorgere dopo un evento apparentemente insignificante, come cadere dal letto. Talvolta può insorgere in concomitanza con la fine dell’effetto antidolorifico del farmaco prima dell’orario previsto per assumere la dose successiva.

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Dolore e psiche
Sia il dolore acuto che il dolore cronico possono essere debilitanti ed entrambi possono influenzare ed essere influenzati dallo stato mentale dell’individuo. Ma la natura del dolore cronico, ovvero il fatto che in alcuni casi sembra essere costante, rende il soggetto che lo sperimenta più suscettibile a conseguenze di stampo psicologico, come depressione e ansia. Al tempo stesso, lo stress psicologico può amplificare il dolore.

Un dolore acuto può diventare cronico?
Certamente è possibile. Un dolore acuto in un corpo con scarse difese oppure trascurato, o ancora, mal curato, può via via diventare dolore cronico (ad esempio un colpo di frusta cervicale che determina dolore acuto, può causare se non curato, un’artrosi cervicale e relativo dolore cronico).

Il comportamento del malato
Per spiegare il procedimento che può trasformare un dolore acuto in dolore cronico, in medicina si è formulato il modello concettuale del dolore, “pain behaviour” (comportamento dovuto al dolore) e il modello clinico  della malattia, “illness behaviour” (comportamento da malato).  Vediamo un esempio di questi modelli applicati ad uno dei dolori più diffusi in assoluto: il mal di schiena.
Quando il soggetto in fase acuta gestisce il dolore con un atteggiamento positivo, il mal di schiena, anche se è forte, diminuisce in fretta e non restano quasi mai conseguenze negative. Se, invece, il soggetto in fase acuta subisce il dolore, si scoraggia, ha paura che provochi ulteriori danni, si affida solo a terapie passive e assume un atteggiamento da malato, soffre di più, soffre più a lungo,  si indebolisce, è soggetto a continue ricadute, rischia di avere una lombalgia cronica e diventare disabile a causa del mal di schiena.
Pertanto, il dolore cronico può essere la conseguenza di un comportamento inadeguato in fase acuta. Di conseguenza, se il comportamento dovuto al dolore (pain behaviour) non è adeguato, può provocare un comportamento da malato (illness behaviour) e un dolore cronico.

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Quanto a lungo può durare una erezione del pene?

MEDICINA ONLINE GELOSIA UOMO COME FUNZIONA ONE HUNGRY SAD COUPLE AMORE DONNA PENE EREZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE VAGINA SESSULITA SESSO COPPIA LOVE COUPLE FRINEDS LOVER SEX GIRLLa durata media dell’erezione di un maschio tra i 30 e i 40 anni, sano, senza problemi fisici né psicologici, durante la penetrazione, è di circa 20 minuti, mentre se comprendiamo anche le fasi preliminari del rapporto, si arriva a circa 40 minuti. Come in tutti i fenomeni fisiologici, l’erezione risente di variazioni individuali e legate al contesto, come per esempio, l’emozione di un primo incontro amoroso, la temperatura, la durata del rapporto, la lunghezza del pene. La durata record senza l’ausilio di prodotti farmacologici, è di circa due ore, dopo questo periodo di tempo si entra nel priapismo, ovvero nella patologia.

Il priapismo (che prende il nome dall’antico satiro Priapo, raffigurato con un pene enorme, anomalo) produce un’erezione dolorosa e persistente, che non termina al cessare dello stimolo sessuale o comune non accompagnata da eccitazione o desiderio sessuale. Le cause sono varie (lesioni della colonna vertebrale, anemia, traumi e altro). Dopo tre o quattro ore bisogna ricorrere al medico per evitare danni ai tessuti penieni.

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Cosa fare quando si soffre per amore

MEDICINA ONLINE TRISTE EX RAGAZZA RAGAZZO FIDANZATA FIDANZATO GELOSIA LITIGIO MARITO MOGLIE MATRIMONIO COPPIA DIVORZIO SEPARATI SEPARAZIONE AMORE CUORE FIDUCIA UOMO DONNA ABBRACCIO LOVE DIVORZIO DIVORCE SAD COUPLE WALLPAPERLa tua storia è giunta al capolinea e vi siete lasciati: come puoi smettere di soffrire per amore? Tutti abbiamo risorse di cui ignoriamo l’esistenza, ma che tiriamo fuori al momento giusto: questa abilità è la resilienza, ovvero quella capacità di reagire in maniera positiva a eventi traumatici e di riadattare positivamente la propria vita, restando umani e sensibili.

All’inizio quando una storia finisce entri nella fase dei pensieri tristi e inizi a dirti: “Non sarò mai più felice”, “Era l’unica persona al mondo che volevo”, “La mia vita è finita”. Ma la tua vita non è finita e sarai ancore più felice, solo che non lo sai. Ok, hai preso una rovinosa caduta, ma prima ti alzi in piedi e prima potrai uscirne. Se ti blocchi troppo a lungo, rischi di impantanarti nella sofferenza, il che potrebbe fermare i tuoi sentimenti per anni. Puoi decidere però di superarla, restando positiva per riprendere a vivere una vita felice.

Per superare la sofferenza devi attraversare due fasi: la prima consiste nell’accettare i sentimenti che provi; la seconda nell’andare avanti. Hai presente quando da bambina piangevi e te ne andavi dopo i dispetti che ti aveva fatto l’amichetta? Ecco, non ti sei bloccata e hai reagito. Devi fare la stessa cosa: puoi sfogarti, piangere e inveire ma poi vai via e riprendi la tua vita.

La sofferenza è causata anche dai sensi di colpa, da quel che poteva essere e non è stato a causa di parole dette o azioni fatte. Metti da parte quel che è stato e perdona te stessa perché se inizi a entrare in guerra con te stessa allora sei destinata a perdere: fai pace con te e ritrova il tuo equilibrio. Smetti di pensare “Che razza di persona sono?” e inizia a dirti: “Cosa posso fare?”.

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Impara ad accettare. Accetta la fine della tua storia senza più rimpianti o rimorsi. Quel che è stato è stato. Perdona te stessa per gli errori fatti e perdona il partner. Chiudi questo capitolo della tua vita nella scatola dei ricordi e vai avanti per la tua strada. L’accettazione fermerà anche il desiderio di tornare indietro e di sperare che non sia mai successo. Una volta che ti fermi in questa lotta la calma tornerà a regnare nel tuo cuore.

Accettare la realtà non è porsi in una posizione passiva e lasciare che tutto intorno a te accada. Non devi perdere il desiderio di agire. È piuttosto dire: “Mi ha lasciata, cosa posso fare per me ora?”. In questo modo prendi coscienza della realtà e la accetti per quella che è senza resistenza e senza confusione interiore, ma ponendoti nella condizione di iniziare a fare qualcosa partendo da te stessa che sei la persona più importante in assoluto.

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Lasciati andare al destino. Pensa che a volte le cose vanno come devono andare perché c’è un disegno più grande di tutti noi. Funziona! Perché ti senti subito più sollevata ammettendo che non sempre possiamo essere responsabili di tutto quel che ci accade e con un po’ di fiducia in te stessa riuscirai a ritrovare la tua strada maestra. Vedrai piano piano sorgere davanti a te tante nuove opportunità.

Ritrova l’equilibrio. Ci sono vantaggi e svantaggi in ogni situazione e prova a trovare i lati positivi di tutta la storia che ti è capitata. Non cercare giustificazioni, analizza con onestà chi ti ha causato questo dolore e perché, ma anche cosa di buono hai ricevuto e come ora puoi ritrovare il tuo equilibrio. Chiediti se ci sono dei vantaggi e se la fine della tua relazione non sia l’occasione per crescere e per imparare cose nuove, riaffermando il tuo potere nella vita.

Impara. Una storia finita rappresenta una grande esperienza e sai che certi errori non li commetterai più. Sai anche come dovrà essere la persona che ti starà accanto e cosa cerchi per la tua vita. Hai tempo per lavorare su te stessa e per migliorarti e per affermarti come desideri.

Sorridi. Un sorriso cambia sempre le prospettive e può essere fonte di gioia perché ha il potere di cambiare lo stato d’animo. Puoi sempre sorridere, anche quando la vita ti fa del male perché il sorriso è contagioso e fa stare bene te e chi ti sta accanto.

Esci dai pensieri negativi. La sofferenza si insinua in quel solco che tracciamo noi stessi con l’ossessione della perdita e così non riesci a pensare ad altro. Cambia le tue abitudini e inizia a fare qualcosa che non hai mai fatto. Potrebbe essere il momento giusto per fare quel viaggio che hai sempre desiderato, di iniziare a seguire un corso di yoga o di essere più gentile con chi ti circonda. Fai qualunque cosa che possa tirarti via dalla routine e vedi come il cambiamento modifica la natura della tua sofferenza.

Quando sperimentiamo il dolore, tendiamo a isolarci pensando che nessuno sta peggio di noi. Eppure sai che non è così. Entrare in contatto con qualcuno che soffre si rivela un antidoto alla sofferenza. Potresti non sentirti pronta ma appena il tuo dolore si allevia, esci dalla comfort zone e cerca di essere più gentile con chi ti sta intorno, vedrai i risultati molto velocemente.

Se credi di avere dei problemi con il tuo partner e non riesci a gestire da sola questa situazione, prenota subito la tua visita e, grazie ad una serie di colloqui riservati, ti aiuterò a superare questo momento difficile.

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Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Mi sento così sola, perché non riesco a trovare l’amore?

MEDICINA ONLINE DOG SAD ALONE IN THE RAIN STREET DEPRESSIONE XANAX VOGLIO MORIRE MORTE PADRE DOLORE SOTTO LA PIOGGIA DEPRESSIONE SOLITUDINE SINDROME DA ABBANDONO COME SI CURA CONSIGLI AA volte, nonostante pensiamo di volere l’amore, facciamo di tutto per impedirci di trovarlo. Come invertire la rotta? Ragazze, buttate via tutta quella carrellata di stupidaggini entro cui vi siete rinchiuse: non siete brutte (“la bellezza sta negli occhi di chi guarda”), non siete inutili, non siete destinate a un triste fato solitario e senza speranze.

Se quello che volete è trovare un amore, da vivere e da assaporare, da gustare e da godere fino in fondo, allora liberate la vostra mente: perché spesso, a non volere l’amore, siamo proprio noi stesse, anche se la parte conscia del nostro cervello ci direbbe il contrario. Il fatto curioso è che sempre la coscienza poi, ci mette i bastoni fra le ruote, creando un circolo vizioso di barriere che non ci permettono di aprirci all’amore e anche alla vita. Un bel paradosso, non trovate?

Due desideri opposti, stesso cervello: eppure noi esseri umani siamo così, contraddizioni in continuo divenire. In ogni caso, un modo per far ragionare il cervello su un unico binario, potrebbe esserci e i consigli da seguire sono così semplici da sembrare banali e inefficaci: ma spesso la mente, altro paradosso, pur essendo così complicata, necessita di “esercizi” facilissimi per cambiare rotta ai suoi meccanismi. Se quindi siete in cerca dell’amore, ma non riuscite a trovarlo, dando colpa al destino crudele, ecco cinque consigli per aprirvi al mondo e riuscire quindi a scorgere dove si nasconde il principe azzurro.

1. Sognate. E non abbiate paura di farlo. Sedetevi alla vostra scrivania, prendete un foglio bianco e fate una lista, una lista dei desideri che avete nei riguardi dell’amore: come dovrebbe essere il vostro partner ideale? Come dovrebbe essere il vostro rapporto? Ma non usate il condizionale: il tempo presente, semplicemente, aiuta a concretizzare il vostro sogno e a renderlo quanto meno plausibile e non pura utopia;

2 Rileggete la lista dei desideri e soffermatevi sulle cose negative che avete scritto, ad esempio: “il mio ragazzo non mi tradisce”, “Non dubitiamo l’uno dell’altra”. Perché sono comparse queste frasi, provengono da esperienze passate o da paure? Ripulite dunque la lista di partenza, perché state cercando la strada per una relazione nuova e positiva. Mettete in un foglio a parte le frasi negative trovate. Adesso scrivete a parte perché secondo voi non potrete mai avere il ragazzo e il rapporto appena descritti, senza risparmiarvi in scuse e verità: perché dunque secondo voi non potreste avere diritto all’amore, a QUELL’AMORE?

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3. Indagate e riflettete: quali delle cose negative che avete scritto corrispondono a delusioni per storie passate e finite? Come sono state queste relazioni? Come eravate voi in queste relazioni?

4. A questo punto il quadro della situazione dovrebbe essere chiaro: quante volte, nelle vostre esperienze passate, avete cercato di raggiungere e realizzare il vostro sogno, quello scritto all’inizio? Quante volte invece avete cercato, anche inconsciamente, di avvalorare le vostre teorie negative, quelle scritte subito dopo?

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5. Dovremmo essere alla fine del percorso: abbiamo capito che cosa vorremmo veramente e che cosa invece è frutto delle nostre barriere inconsce. Scriviamo qualcosa di nuovo, qualcosa che non ha niente a che fare con il passato. Rimarremo sicuramente stupite delle persone nuove che guarderemo con altri occhi, rispetto a quando rimanevamo incollate soltanto a un presunto ideale immutabile. A volte, le nostre convinzioni sono solo dei limiti e non fanno altro che riportarci sempre al punto di partenza: scrolliamoci di dosso i presunti ideali, cerchiamo laddove non avremmo mai guardato prima; potrebbero attenderci delle bellissime sorprese, che ci faranno guardare la vita e anche l’amore da un altro punto di vista. Ogni persona è diversa, ogni storia è differente e ogni volta le emozioni cambiano: non pretendiamo di provare sempre le stesse sensazioni, è impossibile e controproducente. La vita si evolve intorno a noi, non rimaniamo ferme!

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Moment (ibuprofene): posologia, effetti collaterali, gravidanza, prezzo

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Roma Medicina Chirurgia Estetica Rughe Filler Cavitazione Peso Dimagrire Pancia Grasso Dietologo Cellulite Senologo Pene H Grasso Pancia Sex Sessuologo Auguri Buon Natale 2013 CURA FARMACI ANTICOLESTEROLOMoment è un farmaco a base di ibuprofene usato nel trattamento degli stati infiammatori dolorosi di varia natura come:

  • dolori mestruali,
  • osteo-articolari,
  • dentali,
  • nevralgie e cefalee.

L’azione analgesica, antipiretica ed antinfiammatoria dell’ibuprofene può risultare utile, come coadiuvante, nel trattamento degli stati febbrili ed influenzali.

Moment è vendibile senza obbligo di prescrizione medica.

Meccanismo d’azione
Moment è un antinfiammatorio a base di ibuprofene, molecola ottenuta sinteticamente, chimicamente e strutturalmente simile all’acido propionico e capostipite di una classe nota come derivati fenilproprionici.
Le numerose applicazioni cliniche riservate all’ibuprofene sono giustificate dalla particolare efficacia terapeutica che questa molecola presenta, dimostratasi utile non solo nel ridurre l’insulto infiammatorio e le relative conseguenze, ma anche nel mediare un azione analgesica ed antipiretica, preziosa per la salvaguardia dello stato di salute del paziente.
Dal punto di vista molecolare tutte le suddette attività si espletano attraverso l’inibizione della via enzimatica alimentata dalle ciclossigenasi che porta alla produzione di molecole dotate di attività pro-infiammatoria, note come prostaglandine, ottenute a partire da un fosfolipide di membrana quale l’acido arachidonico.
L’inibizione delle ciclossigenasi indotta dall’ibuprofene, sposta inevitabilmente l’equilibrio verso la sintesi di lipossine, mediatori chimici contraddistinti dalla spiccata azione antinfiammatoria, riducendo richiamo e adesione delle cellule infiammatorie.
Questo ribilanciamento molecolare consente di ridurre l’insulto infiammatorio presente nel tessuto leso ripristinando una condizione di equilibrio, e riducendo al contempo i segni tessutali della flogosi.

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Moment è venduto sotto forma di:

  • capsule molli da 200 mg di ibuprofene;
  • compresse rivestite da 200 mg di ibuprofene;
  • granulato per soluzione orale da 200 mg di ibuprofene;

Modalità d’uso e posologia
Nonostante il range terapeutico risulti molto ampio e preveda l’impiego di dosi massime di 1200 mg giornalieri di ibuprofene, l’assunzione di 400 – 600 mg giornalieri, suddivisi in più somministrazioni, si dimostra efficace e privo di particolari effetti collaterali nella maggior parte dei casi.
Un adeguamento delle dosi utilizzate è richiesto in pazienti affetti da epatopatie, insufficienza renale o nei pazienti anziani.

Avvertenze
L’assunzione di farmaci antinfiammatori non steroidei, quindi dell’ibuprofene, è da intendersi come terapia antinfiammatoria ed analgesica di breve durata, necessaria al superamento di una condizione acuta.
La somministrazione di questo medicinale per lungo tempo infatti potrebbe facilitare la comparsa di patologie gastrointestinali, e disturbi epatici, renali e cardiovascolari.
Pazienti affetti da patologie epatiche, renali, cardiovascolari o gastro-intestinali, dovrebbero consultare il proprio medico prima di intraprendere l’assunzione di Moment, il quale a sua volta dovrebbe valutare il rapporto costo/benefici e pianificare controlli periodici necessari a valutare lo stato di funzionalità renale ed epatica. Un adeguamento del dosaggio normalmente utilizzato è necessario per pazienti anziani o affetti da insufficienza renale, visto il rischio di un potenziale accumulo di ibuprofene.

Gravidanza ed allattamento
L’assunzione di Moment è sconsigliata durante la gravidanza e nella successiva fase di allattamento al seno, vista la capacità degli antinfiammatori non steroidei di deprimere massivamente la produzione di prostaglandine infiammatorie esercitando così un potenziale ruolo tossico e teratogeno nei confronti del feto e del lattante.
Elevati livelli sistemici di ibuprofene sono stati infatti associati ad aborti prematuri e malformazioni fetali.

Interazioni
Differenti lavori presenti in letteratura dimostrano la capacità di vari principi attivi di interagire con l’ibuprofene, alterandone sia l’efficacia terapeutica che la potenziale pericolosità.
Particolare attenzione va riservata alla concomitante assunzione di ACE inibitori e antagonisti dell’angiotensina II in grado di aumentare gli effetti collaterali a carico del rene, analgesici, antibiotici e metotrexato, responsabili di effetti collaterali associati a citotossicità, anticoagulanti orali ed antidepressivi inibitori del reuptake della serotonina, la cui somministrazione potrebbe determinare un aumentato di eventi emorragici.
Si ricorda inoltre di evitare la contestuale assunzione di corticosteroidi ed altri FANS, al fine di evitare la comparsa di effetti collaterali potenzialmente pericolosi.

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Controindicazioni 
L’assunzione di Moment è controindicata in pazienti ipersensibili al principio attivo o ad uno dei suoi eccipienti, ipersensibili all’acido acetilsalicilico ed altri analgesici, affetti da asma, poliposi nasale, insufficienza epatica, renale a cardiaca, sanguinamenti intestinali, colite ulcerosa o storia pregressa per le stesse patologie.

Effetti collaterali
Nonostante l’utilizzo di Moment secondo le opportune indicazioni mediche risulti generalmente ben tollerato e privo di particolari effetti collaterali, è opportuno ricordare alcune delle reazioni avverse descritte in letteratura, in seguito all’abuso di ibuprofene.
Disturbi gastrointestinali quali nausea, vomito, diarrea, gastriti e ulcere peptiche, disturbi dermatologici caratterizzati da rash, orticaria e dermatiti, alterazioni della funzionalità renale, epatica e cardiovascolare, rappresentano sicuramente le reazioni avverse, più gravi, quindi clinicamente degne di nota, che si possono segnalare in seguito all’abuso o all’utilizzo prolungato di ibuprofene.

Prezzo di listino

  • confezione da 36 compresse rivestite da 200 mg: 12,90 euro;
  • confezione da 12 compresse rivestite da 200 mg: 5,50 euro;
  • confezione da 10 capsule molli da 200 mg: 6,10 euro;
  • confezione da 12 bustine di granulato per soluzione orale da 200 mg: 5,70.

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Mal di pancia forte: quando chiamare il medico?

MEDICINA ONLINE NAUSEA MAL DI PANCIA REFLUSSO GE ESOFAGO STOMACO DUODENO INTESTINO TENUE DIGIUNO ILEO APPARATO DIGERENTE CIBO TUMORE CANCRO POLIPO ULCERA DIVERTICOLO CRASSO FECI VOMITO SANGUE OCCULTO MILZA VARICI CIRROSI FEGATOCertamente il mal di pancia ed i dolori addominali non possono mai essere considerati “normali”, però nella maggior parte dei casi non è necessario preoccuparsi troppo. Se c’è un dolore lieve o cronico che non presenta segnali di allarme bisognerebbe informare il proprio medico, senza alcuna fretta. Possiamo tuttavia individuare alcuni altri sintomi e condizioni che, quando presenti, dovrebbero spingere a un approfondimento in tempi più rapidi. Contattare il medico è necessario se:

  • il dolore addominale tende a peggiorare drasticamente in poco tempo,
  • il dolore persiste o tende a ritornare per più di una settimana,
  • si verifica un’inspiegabile perdita di peso e/o perdita di peso.,
  • si verificano perdite vaginali anomale,
  • si verificano disturbi della minzione,
  • si rileva febbre,
  • si verifica sanguinamento rettale,
  • si verifica un’alterazione della normale funzionalità intestinale (diarrea persistente o stitichezza ostinata),
  • si manifestasse un gonfiore esagerato addominale.

Recarsi in pronto soccorso se:

  • compare un improvviso ed acutissimo dolore addominale,
  • compare dolore in caso di pressione,
  • vomito con sangue,
  • sangue nelle feci, che possono anche apparire nere,
  • non sia possibile urinare,
  • si manifesti un collasso o l’incapacità di respirare,
  • un paziente diabetico inizia a vomitare,
  • compare un dolore a spalla, petto o collo,
  • l’addome si presenza molto duro al tatto,
  • si manifesta ittero (colorazione gialla della pelle),
  • la paziente è incinta.

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Tagliarsi e sentirsi meglio: come vincere l’autolesionismo

MEDICINA ONLINE TAGLIARSI CUTTING ADOLESCENTE AUTOLESIONISMO FERITA TAGLIO POLSO SANGUE MALE DOLORE MORTE MORIRE AIUTO.jpgIl termine “autolesionismo” deriva dall’unione di due parole: “auto” che significa “sé stesso” e “ledere” che vuol dire “danneggiare”. Chi compie un “atto di autolesionismo” quindi compie un gesto che ha l’obiettivo di danneggiare il proprio corpo, come ad esempio procurandosi volontariamente una ferita o una lesione. L’autolesionista non ha in genere l’obiettivo reale di suicidarsi, bensì solo quello di creare un danno a sé stesso, tuttavia non è raro che un atto lesivo porti alla morte, ad esempio perché ha determinato una grave emorragia (come succede quando si lesiona una arteria). Le lesioni sono rappresentate non solo da “tagli”, ma anche con altri metodi, come morsi, bruciature, percosse, provocazione volontaria di fratture e vomito. Se gli atti di autolesionismo diventano frequenti e pericolosi, l’autolesionismo configura un vero e proprio disturbo di interesse psichiatrico.

Quali sono i soggetti più a rischio?

A soffrire prevalentemente di autolesionismo sono gli adolescenti, specie di sesso femminile perché – secondo alcuni – la scelta di farsi del male più è legata a motivi socio-culturali in base ai quali le donne sarebbero educate alla repressione di ogni forma di sfogo fisico e secondo cui gli uomini, invece, sarebbero più naturalmente propensi a dare sfogo ai propri istinti, anche violenti. Questa spiegazione sarebbe comunque, per molti ricercatori, non esatta. Secondo alcuni studi l’età in cui si manifestano con maggiore frequenza episodi di ritorsione fisica verso sé stessi è quella tra le medie e l’inizio del liceo, quindi tra gli 11 ed i 15 anni, età in cui le ragazze si trovano ad affrontare tutta una serie di cambiamenti sociali e fisici, quindi sono quindi più sensibili e vulnerabili, soprattutto nella fase delle prime “cotte” adolescenziali. Superata questa critica fascia di età, i tentativi di autolesionismo diminuiscono drasticamente. Nonostante siano diffusi più tra le femmine, anche i maschi possono compiere atti di autolesionismo, specie nella fascia di età tra i 12 ed i 16 anni.

Quali sono le cause?

Non è semplice trovare delle cause specifiche per un problema così complesso. Probabilmente si tratta di un insieme di motivi legati tipicamente a:

  • situazioni di bullismo di cui chi si autolesiona è vittima (a scuola o in altre attività con i coetanei),
  • delusione amorosa,
  • sensazione di essere meno capaci di altri,
  • percezione distorta del proprio corpo (ci si vede grassi quando non lo si è),
  • problemi familiari,
  • sensazione di inutilità,
  • necessità di sentirsi “vivi”,
  • voglia di stupire gli altri o di sfidare le regole,
  • patologie psichiatriche come depressione e disturbi di personalità,
  • cattiva condotta scolastica,
  • sensazione di essere rifiutato o emarginato dagli altri,
  • il non accettare i propri difetti estetici,
  • incapacità di gestire le difficili emozioni tipiche dell’adolescenza,
  • seguire la moda “emo”,
  • di scarsa autostima.

Una delle cause può essere lo stress post traumatico: si tratta di una condizione in cui il soggetto colpito soffre di una serie di disturbi psicologici, a seguito di esperienze traumatiche vissute durante l’infanzia, l’adolescenza o nell’età adulta come l’aver subito violenze sessuali, maltrattamenti fisici, incidenti stradali o calamità naturali. L’individuo in questi casi può sentirsi in colpa per quanto accaduto e avverte il bisogno di punirsi per qualche comportamento, azione o semplicemente pensiero. In alcuni casi risulta essere semplicemente un modo per attirare l’attenzione su di sé, quando l’adolescente è, o pensa di essere, poco importante per amici e famigliari oppure quando ha un disagio interiore ed è convinto che nessuno se ne accorga.

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Capire che un adolescente è un autolesionista

Spesso è difficile per amici e famigliari capire che un giovane sia un autolesionista, anche se alcuni segni possono effettivamente indicarlo, come:

  • improvvisi cambi dell’umore,
  • picchi di rabbia,
  • tendenza all’isolamento,
  • possesso di oggetti taglienti inappropriati,
  • ferite o lividi inspiegabili,
  • abiti lunghi anche quando fa caldo (per coprire i segni delle lesioni).

Come vincere il desiderio di autolesionismo

Il primo fondamentale passo da compiere per sconfiggere l’autolesionismo è ammettere di esserne affetti e già questo è purtroppo un gesto molto difficile da compiere. Può essere di aiuto cercare dei gruppi di sostegno, anche online, dedicati proprio a chi soffre di questo disturbo. Capire di non essere da soli infatti è già molto importante e parlare con chi ha affrontato lo stesso percorso e provato le stesse sensazioni può essere un utile supporto per trovare la forza di ammettere e condividere il proprio problema anche con la famiglia e gli amici. Lo psicoterapeuta ed il neuropsichiatra infantile possono fare molto per aiutare il giovane.

Se pensate di soffrire di autolesionismo, è possibile mettere in atto già da subito alcuni comportamenti volti a tenere sotto controllo l’autolesionismo, come ad esempio:

  • Annotare tutte le volte in cui avverti il desiderio di autolesionismo. Il fattore scatenante è ciò che ti spinge a provare il desiderio di arrecare danno a te stesso o di metterti in una situazione di pericolo. Per individuare tutti i fattori scatenanti, annota in un quaderno l’episodio che ha preceduto l’ultimo atto di autolesionismo.
  • Fare una lista delle azioni alternative da compiere al posto di ferirsi, azioni da mettere in atto ogni volta si avverte lo stimolo a tagliarsi, bruciarsi o rompersi le ossa.
  • Impegnarsi a provare amore per sé stessi. Pensa a te stesso come a qualcuno che ami e di cui ti preoccupi, vulnerabile e meritevole di prendersi una pausa.
  • Chiamare un amico per fare due chiacchere, in modo da tenere lontano il pensiero di ferirsi, o semplicemente uscire di casa appena sorge il desiderio di farsi del male.
  • Curare il proprio benessere: dormi a sufficienza, dalle sette alle otto ore per notte in base alle tue necessità. Sforzati di avere uno schema orario il più possibile invariato. Alimentati in modo adeguato.
  • Liberarsi o rendere di difficile accesso gli strumenti che di solito si usano per ferirsi.
  • Avvertire altre persone: se pensi di stare per compiere gesti di autolesionismo ma sei ancora abbastanza “lucido”, avverti un amico o un parente che stai per farti del male. Se non hai nessuno da avvertire, contatta le forze dell’ordine.
  • Sostituire l’agente lesivo. Se proprio non riesci a controllarti, sostituisci il tuo atteggiamento autolesionista con delle esperienze in parte dolorose ma fondamentalmente non dannose. In questo modo, potrai “farti del male” anche se le tue azioni non sono effettivamente pericolose. Ad esempio, anziché ricadere in atteggiamenti più pericolosi, fai scivolare un cubetto di ghiaccio nella tua maglietta, mangia qualcosa di molto piccante o fai una doccia fredda.
  • Fare con regolarità una qualche attività sportiva che aiuti a ridurre lo stress, va bene anche lo yoga.
  • Dedicare ogni giorno un po’ di tempo ad un hobby o un attività che favorisca il rilassamento.

Per allontanarti dai sentimenti negativi, prova infine a vedere te stesso e la situazione che ti sta tormentando come se appartenessero ad un’altra persona. Puoi anche provare a pensare a te stesso in terza persona (ovvero, “questa persona non dovrebbe arrecarsi danno perché rischia di peggiorare le cose”). Da estraneo, forse riuscirai a vedere questi sentimenti forti come qualcosa che non ti appartiene al punto da renderli meno opprimenti.

Se siete genitori o amici di un autolesionista, è importante non reagire con disgusto ai suoi comportamenti, bensì cercare di comprendere i motivi che portano il giovane a comportarsi in questo modo, per affrontarli e risolverli a monte.

Se credi di soffrire di autolesionismo, prenota la tua visita e, grazie ad una serie di colloqui riservati, riuscirai a risolvere definitivamente il tuo problema.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Afte, nevralgia, herpes ed altre cause di dolore alla lingua (glossodinia)

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Specialista in Medicina Estetica DIETA SHOCK CEROTTO LINGUA Roma Cavitazione Pressoterapia Grasso Linfodrenante Dietologo Cellulite Calorie Peso Pancia Sessuologia Sesso Pene Laser Filler Rughe BotulinoLa lingua può essere colpita da numerosi disturbi, come dolore, lesioni, gonfiore, alterazioni del gusto, colore insolito, e modificazioni della struttura. Molti di questi non sono problemi gravi e sono causati da infezioni o da lesioni alla bocca non gravi. Tuttavia, a volte i sintomi possono indicare una patologia sottostante che richiede cure mediche. Molti disturbi alla lingua sono prevenibili con una corretta igiene orale. Se si è già affetti da disturbi alla lingua, certi semplici rimedi casalinghi possono aiutare ad alleviare il dolore. Esiste un’intera serie di sintomi di sintomi possibili che possono interessare la lingua, come:

  • gusto – una parziale o totale perdita del gusto, o cambiamenti nella capacità di identificare i sapori acidi, salati, amari o dolci;
  • movimento – difficoltà a muovere la lingua;
  • dimensioni – la lingua può essere troppo grossa o si può gonfiare ingrandendosi improvvisamente;
  • colore – un cambiamento al normale colore della lingua, che può diventare bianca, rosa brillante, nera, marrone o maculata;
  • dolore – una sensazione di dolore o di bruciore su tutta la lingua o solo in certi punti;
  • lesioni – chiazze bianche o rosse, spesso dolorose;
  • struttura – lingua di aspetto peloso.

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Cause e fattori di rischio

I sintomi specifici che affliggono il paziente aiutano a identificare la causa del problema alla lingua.

  • Il dolore (chiamato “glossodinia”) è di solito causato da una lesione o da un’infezione. Se ci si morde la lingua, si può sviluppare una lesione che dura per giorni e può essere molto dolorosa. Levi infezioni della lingua sono un’evenienza piuttosto comune e possono causare dolore e irritazione. L’infiammazione delle papille gustative ha come risultato la formazione di piccoli rigonfiamenti che appaiono in seguito a un morso o a un’irritazione causata da cibi troppo caldi.
  • Le afte sono un’altra causa frequente di dolore alla lingua. Si tratta di piccole lesioni biancastre che si manifestano senza causa apparente. Le afte possono essere causate da un virus, nel qual caso sono chiamate ulcere virali. In molti casi, la causa delle afte è sconosciuta, nel qual caso si parla di ulcera aftosa. Queste lesioni di solito spariscono senza alcun trattamento.
  • Altre cause più rare di dolore alla lingua comprendono tumori, anemia, herpes orale e irritazioni causate da dentiere o apparecchi ortodontici.
  • Il dolore alla lingua può anche essere causato da nevralgia. Si tratta di un dolore intenso che segue il decorso di un nervo danneggiato. La nevralgia può essere conseguenza di invecchiamento, sclerosi multipla, diabete, tumori, oppure può verificarsi senza una ragione apparente.
  • Una sensazione di bruciore sulla lingua può essere un sintomo che si manifesta nelle donne dopo la menopausa. Può inoltre essere causato dall’esposizione a sostanze irritanti, ad esempio dal fumo.
  • Il gonfiore della lingua può essere la manifestazione di una patologia, quale la sindrome di Down, tumore alla lingua, sindrome di Beckwith-Wiedemann (che porta all’ingrossamento degli organi), tiroide iperattiva, leucemia, mal di gola da streptococco e anemia.
  • Quando la lingua si gonfia improvvisamente, verosimilmente la causa è una reazione allergica che può portare a difficoltà respiratorie. In certi casi si tratta di una situazione d’emergenza, e il soggetto colpito dovrebbe ricevere immediatamente cure mediche di urgenza.
  • Se la lingua appare di colore rosa brillante, spesso la causa è una carenza di acido folico, di ferro o di vitamina B-12. Si può anche trattare di una reazione allergica al glutine.
  • Se la lingua è biancastra, la causa è di solito il fumo o il consumo di bevande alcoliche. Striature o protuberanze bianche possono essere sintomo di un’infiammazione chiamata lichen planus orale. La causa può essere la cattiva igiene orale o una patologia sottostante, quale l’epatite C o un’allergia.

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Diagnosi

Nel corso della visita medica, il medico esaminerà accuratamente la lingua e porrà al paziente varie domande riguardo alla lingua e ai sintomi. Il medico chiederà da quanto tempo si sono manifestati i sintomi, se si sono verificate alterazioni del gusto, che tipo di dolore si prova, se si hanno difficoltà a muovere la lingua, e se ci sono altri problemi alla bocca. Se l’esame e le domande non sono sufficienti per la diagnosi, il medico potrà ordinare esami per determinare la causa di base. Molto probabilmente, il medico vorrà prelevare un campione di sangue per verificare o escludere i vari disturbi che potrebbero causare i problemi alla lingua. Una volta fatta una diagnosi, il medico consiglia trattamenti per il problema specifico.

Cura

Certi problemi alla lingua possono essere evitati o alleviati praticando una corretta igiene orale. Lavarsi i denti e usare il filo interdentale regolarmente, e farsi visitare dal dentista per i controlli di routine e per la pulizia dei denti. In presenza di afte o di lesioni alla bocca, è consigliabile evitare cibi caldi e piccanti. Si raccomanda di bere solo bevande fredde e cibi morbidi e leggeri fino a quando la lesione non è guarita. Si possono anche provare ad assumere analgesici da banco specifici per il cavo orale.

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