Differenza tra tumore e tessuto normale con esempi di tumori benigni e maligni

MEDICINA ONLINE CELLULA CELL ORGANELLI MITOCONDRIO RECETTORI BIOLOGIA FARMACOLOGIA TIPI CLASSIFICAZIONE TESSTUO ORMONI LIGANDOTessuto normale

Nei tessuti sani sono presenti cellule, come quella che vedete raffigurata nel disegno in alto, che si replicano in modo organizzato, secondo un preciso schema di stimoli che portano alla mitosi, cioè il processo grazie al quale da una singola cellula si formano due cellule figlie. Tali stimoli sono attentamente regolati dall’organismo, in modo da evitare che i tessuti possano letteralmente espandersi all’infinito. Le cellule possono certamente aumentare di numero (iperplasia) o in dimensione (ipertrofia), ma sempre in un modo “deciso” dall’organismo e seguendo precise regole che ne evitino una proliferazione incontrollata. Per approfondire, leggi anche:

Tumore

In caso di “tumore” (dal latino tumor, “rigonfiamento”) siamo invece di fronte ad una cellula danneggiata nelle sue “istruzioni genetiche” che inizia a replicarsi in modo incontrollato e che persiste in questo stato di anche dopo la cessazione degli stimoli che hanno indotto inizialmente la replicazione. La cellula danneggiata dà origine ad una enorme quantità di cellule figlie che a loro volta si replicheranno in modo incontrollato. Il risultato sarà una massa di tessuto anormale che cresce in modo scoordinato ed indeterminato che prende il nome di “tumore” (o di “neoplasia“, i due termini sono sinonimi). Il tumore può essere “benigno” e permanere nel sito dove ha originato, sotto forma di tumore primario, oppure può essere “maligno” ed avere quindi la capacità di colonizzare altri organi e tessuti (metastasi). Il tumore maligno è denominato anche “cancro“.

Leggi anche: Cosa sono le metastasi? Tutti i tumori danno metastasi?

Esempi di tumori benigni

Esempi di tumori benigni sono (tra parentesi il tessuto da cui originano):

  • angioma o emangioma (vasi sanguigni);
  • fibroma (tessuto connettivo);
  • papilloma (epitelio di rivestimento);
  • adenoma (epitelio ghiandolare);
  • lipoma (tessuto adiposo);
  • condroma (cartilagine);
  • leiomioma (tessuto muscolare liscio);
  • rabdomioma (muscolo striato);
  • meningioma (meningi);
  • neurocitoma (neuroni);
  • glioma (glia, cellule non neuronali del sistema nervoso).

Esempi di tumori maligni (cancro)

Esempi di tumori maligni sono (tra parentesi il tessuto da cui originano):

  • angiosarcoma (vasi sanguigni);
  • fibrosarcoma (tessuto connettivo);
  • carcinoma (epitelio di rivestimento);
  • adenocarcinoma (epitelio ghiandolare);
  • liposarcoma (tessuto adiposo);
  • condrosarcoma (cartilagine);
  • leiomiosarcoma (tessuto muscolare liscio);
  • rabdomiosarcoma (muscolo striato);
  • meningioma maligno (meningi);
  • neuroblastoma (neuroni);
  • melanoma (melanociti presenti nella pelle);
  • glioblastoma (glia, cellule non neuronali del sistema nervoso);
  • Linfoma Mieloma (linea ematopoietica linfoide);
  • Leucemia mieloide (linea ematopoietica mieloide);
  • seminoma (cellule germinali del testicolo).

Organi frequentemente colpiti da tumori maligni, sono la mammella, i polmoni, il pancreas, il colon e la prostata.

Leggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Quando la malattia deperisce l’organismo: la cachessia

MEDICINA ONLINE CERVELLO TELENCEFALO MEMORIA EMOZIONI CARATTERE ORMONI EPILESSIA STRESS RABBIA PAURA FOBIA SONNAMBULO ATTACCHI PANICO ANSIA VERTIGINE LIPOTIMIA IPOCONDRIA PSICOLOGIA DEPRESSIONE TRISTE STANCHEZZALa cachessia (pronunciato con l’accento sulla i) o sindrome da deperimento è una perdita di peso, atrofia muscolare, stanchezza, debolezza e significativa perdita di appetito in un individuo che non sta attivamente cercando di perdere peso. La definizione formale della cachessia è una perdita di massa corporea che non può essere invertita con il nutrimento: anche se l’individuo che ne soffre assumesse più calorie, la massa corporea magra verrebbe comunque persa, il che sta ad indicare la presenza di una patologia primaria.

In quali pazienti si verifica la cachessia?

La cachessia si verifica nei pazienti con tumore, AIDS, malattia di Alzheimer (stadio avanzato), broncopneumopatia cronica ostruttiva, sclerosi multipla, insufficienza cardiaca, tubercolosi, polineuropatia amiloide familiare, avvelenamento da gadolinio, avvelenamento da mercurio (acrodinia) e carenza ormonale.

Il deperimento dell’organismo si accompagna quindi a edemi (per ipoproteinemia ed altre alterazioni dell’equilibrio idroelettrolitico) astenia, dispnea, anoressia, febbre, alterazioni del sensorio e agitazione psicomotoria.

Si tratta di una condizione grave e coloro che la sperimentano vedono aumentare drammaticamente la propria probabilità di morte per la malattia di base. La cachessia può essere un segno di varie patologie sottostanti; quando un paziente si presenta con questa condizione, un medico generalmente prende in considerazione la possibilità della presenza di un tumore, di una acidosi metabolica (diminuzione della sintesi proteica e aumento del catabolismo proteico), di alcune malattie infettive (ad esempio, la tubercolosi e l’AIDS), la pancreatite cronica e alcune malattie autoimmuni o una dipendenza da anfetamine. La cachessia indebolisce fisicamente i pazienti ad uno stato di immobilità derivante dalla perdita di appetito, dall’astenia e dall’anemia e la risposta al trattamento standard è generalmente deludente. La cachessia include la sarcopenia come parte della condizione.

Leggi anche:

Cause

La cachessia si riscontra spesso nei pazienti oncologici in fase terminale e in questo contesto prende il nome di cachessia neoplastica. I pazienti con insufficienza cardiaca congestizia possono accusare una sindrome cachettica. Inoltre, una comorbilità di cachessia può essere vista nei pazienti che presentano una delle malattie classificate tra le malattie polmonari croniche ostruttive. La cachessia è anche associata con le fasi avanzate della insufficienza renale cronica, con la fibrosi cistica, la sclerosi multipla, la malattia del motoneurone, la sindrome di Parkinson, la demenza, l’AIDS e altre malattie progressive e degenerative.

Cancro

Circa il 50% di tutti i pazienti affetti da cancro soffre di cachessia. Coloro che hanno una forma tumorale del tratto gastrointestinale superiore o del pancreas hanno la più alta frequenza di sviluppare un sintomo cachessico. Questa percentuale sale all’80% nei pazienti oncologici terminali. Oltre ad aumentare la morbilità e la mortalità, ad aggravare gli effetti collaterali della chemioterapia e a ridurre la qualità della vita, la cachessia è considerata la causa immediata della morte per una stima che varia dal 22% al 40% dei pazienti oncologici.

La cachessia nel tumore è un processo dovuto all’infiltrazione neoplastica nell’organismo, all’emesi, alla chemioterapia o alla radioterapia, a forti dolori o a forte depressione e all’azione depauperante della risposta al tumore da parte dell’organismo tramite il continuativo rilascio di citochine quali TNF, IFN, IL-1, IL-6. Esse causano il riassorbimento di proteine, lipidi, glucidi, purine a partire dal tessuto muscolare e adiposo, determinando la perdita di peso.

I sintomi della cachessia neoplastica includono una perdita di peso progressiva e l’esaurimento delle riserve di tessuto adiposo e muscolare. La condizione ovrebbe essere sospettata se si riscontra una involontaria perdita di peso superiore al 5% del peso prima della malattia, in un periodo di sei mesi. Approcci terapeutici tradizionali, come stimolanti dell’appetito, 5-HT3 antagonisti, supplementazione dei nutrienti e inibitori selettivi della COX-2, non sono riusciti a dimostrare il successo nell’invertire le anomalie metaboliche visibili nella cachessia neoplastica.

Fisiopatologia

Il meccanismo esatto con cui queste malattie causano la cachessia è poco conosciuto, ma vi è probabilmente un ruolo per le citochine infiammatorie, come il fattore di necrosi tumorale-alfa (che è anche soprannominato ‘cachessina’), per l’interferone gamma e l’interleuchina 6, così come i fattori proteolitici secreti dal tumore. Sindromi correlate includono kwashiorkor e marasma, anche se queste non sempre hanno una malattia causale sottostante e sono più spesso sintomi di una grave malnutrizione. Coloro che soffrono di disturbi alimentari, come l’anoressia nervosa, sembrano avere livelli plasmatici elevati di grelina. Livelli di grelina sono riscontrabili anche nei pazienti con cachessi indotta da un tumore.

Trattamento

Il trattamento o la gestione della cachessia dipende dalle cause, dalla prognosi generale e da altri fattori legati al paziente. Se possibile, ed accettabile, le cause reversibili e le patologie che l’hanno causata, vengono trattate. Le terapie non farmacologiche che hanno dimostrato di essere efficaci nella cachessia indotta da un tumore includono una consulenza nutrizionale, interventi psicoterapeutici e l’allenamento fisico. In Europa, il trattamento raccomandato è il risultato di una combinazione di nutrizione, terapia farmacologica e non farmacologica. L’assunzione di steroidi può essere utile nella cachessia neoplastica, ma il loro utilizzo è raccomandato per una durata massima di 2 settimane al fine di evitare effetti collaterali. I progestinici come l’acetato di megestrolo sono un’opzione per la gestione della cachessia refrattaria che si presenta con l’anoressia come sintomo importante. Altri farmaci che sono stati utilizzati o sono oggetto di indagine nella terapia per la cachessia, ma per cui mancano prove conclusive che ne stabiliscono efficacia o la sicurezza, e quindi non sono generalmente consigliati, comprendono:

  • Talidomide e antagonisti delle citochine
  • I cannabinoidi
  • Gli acidi grassi omega-3, tra cui l’acido eicosapentaenoico (EPA)
  • Farmaci non steroidei anti-infiammatori
  • Procinetici
  • La grelina e del recettore della ghrelina agonisti
  • Modulatori selettivi del recettore degli androgeni
  • Ciproeptadina
  • Idrazina

In alcuni paesi è stato consentito l’uso della cannabis medica. Non vi sono prove sufficienti per sostenere l’uso di olio di pesce per il trattamento della cachessia associata ad un tumore in uno stadio avanzato.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Feci chiare, ipocoliche, acoliche, bianche: significato, cause, diagnosi e terapie

MEDICINA ONLINE APPARATO DIGERENTE INTESTINO DIGIUNO ILEO DUODENO STOMACO ESOFAGO FEGATO PANCREAS DIGESTIONE FECI CRASSO COLON RETTO CROHN COLITE DIARREA VOMITO DIGERIRE SANGUE CIBO MANGIl colore delle feci è un indicatore della salute di una persona. Nel caso di feci chiare, (ipocoliche o ipocromiche, acoliche, biancastre, grigie o color argilla) si può ipotizzare la presenza di patologie epatiche, colecistiche o pancreatiche. Normalmente, la presenza dei pigmenti biliari conferisce alle feci la caratteristica colorazione marrone: la degenerazione epatocellulare o l’ostruzione dei dotti biliari, possono interferire con la formazione o il rilascio di questi pigmenti nell’intestino, portando a feci color argilla, solitamente associate a ittero e urine scure. Vediamo ora le possibili cause di feci più chiare del normale o addirittura grigiastre o biancastre.

Leggi anche: Malattie del fegato: sintomi, prurito, alcol, tipi, autoimmuni, dieta consigliata

Tumore del dotto biliare

Segno di esordio frequente di questa patologia, le feci color argilla si possono associare a ittero, prurito, anoressia e calo ponderale, dolore all’addome superiore, diatesi emorragica e massa palpabile.

Leggi anche: Feci con sangue, muco, cibo: quando preoccuparsi?

Cirrosi biliare

Solitamente, l’evacuazione di feci color argilla segue l’insorgenza di un prurito inspiegabile che peggiora di sera, debolezza, astenia, calo ponderale e dolore addominale vago; queste caratteristiche pos­sono essere presenti per anni. Segni e sintomi associati possono includere ittero, iperpigmentazione e segni di malassorbimento, quali diarrea notturna, steatorrea, porpora, dolori lombari e ossei, dovuti a osteomalacia. Il paziente può anche sviluppare epatomegalia dolente con consistenza parenchimale dura, ematemesi, ascile, edema, e xantomi sul palmo delle mani, piante dei piedi e gomiti.

Leggi anche: Cirrosi epatica e fegato: sintomi, dieta, diagnosi, terapia e prevenzione

Colangite sclerosante

Caratterizzata da fibrosi dei dotti biliari, questa patologia in­fiammatoria cronica può determinare l’evacuazine di feci color argilla, ittero cronico o intermittente, prurito, dolore al quadrante su­periore destro dell’addome, brividi e febbre. Per approfondire: Colangite sclerosante primitiva autoimmune: cura, sopravvivenza

Colangite acuta

La colangite acuta è una infezione del dotto biliare (quello che drena la bile prodotta nel fegato verso la cistifellea) causata solitamente da batteri che provengono dalla sua confluenza nel duodeno: ciò tende a verificarsi più frequentemente se il dotto biliare è già parzialmente ostruito da calcoli biliari. Per approfondire: Colangite acuta: cause, sintomi, diagnosi, terapia, dieta

Colelitiasi

La colelitiasi biliare, cioè la presenza di calcoli nelle vie biliari, può determinare l’evacuazione di feci color argilla, quando ostruiscano il dotto biliare comune (coledocolitiasi). Tuttavia, se l’ostruzione è intermittente, le feci possono presentarsi alternativamente, normali e color argilla. Sintomi associati possono includere dispepsia e, in caso di ostruzione grave e improvvisa, la colica biliare. Il dolore, localizzato al quadrante superiore destro, s’intensifica in varie ore, può irradiarsi all’epigastrio o alla scapola e non è alleviato dalla somministrazione di antiacidi. Il dolore è associato a tachicardia, agitazione, nausea, vomito, dolorabilità al quadrante superiore dell’addome, febbre, brividi e ittero. Per approfondire: Calcolosi colecisti: sintomi, dieta e terapie dei calcoli biliari

Carcinoma epatico

Prima che in questa malattia si abbia evacuazione di feci ipocromiche, il paziente lamenta di solito altri segni e sintomi, tra cui: calo ponderale (dimagrimento), debolezza e anoressia. Nelle fasi tardive, si può avere lo sviluppo di un’epatomegalia (aumento della grandezza del fegato) dura, con modularità, ittero (colore giallastro di cute e sclere), dolore al quadrante superiore destro dell’addome, ascite, edemi declivi e febbre. Durante l’auscultazione, qualora la massa tumorale interessi una vasta parte del fegato, si potrà udire un soffio, un ronzio o uno sfregamento. Per approfondire: Tumore al fegato: sopravvivenza, aspettative di vita, terminale, decorso

Epatite

Nell’epatite virale, la comparsa di feci color argilla segnala l’inizio della fase itterica ed è solitamente seguita dall’insor­genza di ittero nell’arco di 1-5 giorni. Segni associati comprendono lieve calo ponderale e urine scure, così come il perdurare di alcuni segni della fase precedente alla comparsa dell’ittero, quali anoressia ed epatomegalia dolente. Durante la fase itterica, il paziente può divenire irritabile e sviluppare dolore al quadrante superiore destro dell’addome, splenomegalia, ingrossamento dei linfo­nodi cervicali e intenso prurito. Una volta scomparso l’ittero, il paziente continua a lamentare astenia, flatulenza, dolore o dolorabilità addominale e dispepsia, sebbene l’appetito torni solitamente alla normalità e l’epatomegalia scompaia. La fase postitterica dura generalmente da 2 a 6 settimane, con recupero completo nell’arco di 6 mesi. Nell’epatite colestatica non virale, si ha la presenza di feci acoliche color argilla, con altri segni di epatite virale. Per approfondire, leggi:

Tumore della testa del pancreas

L’ostruzione del coledoco, associata a questo tumore insidioso, può causare la presenza di feci color argilla. Manifestazioni classiche associate includono dolori all’addome o alla schiena, ittero, prurito, nausea e vomito, anoressia, calo ponderale, astenia, debolezza e febbre. Altri possibili effetti sono diarrea, lesioni cutanee (soprattutto sugli arti inferiori), labilità emotiva, splenomegalia e segni di sanguinamento gastrointestinale. L’auscultazione può mettere in evidenza un soffio nell’area periombelicale e nel quadrante supe­riore sinistro dell’addome. Per approfondire: Tumore al pancreas: aspettativa di vita, sopravvivenza, guarigione

Pancreatite acuta

Questo disturbo infiammatorio può determinare la comparsa di feci color argilla, urine scure e ittero. Solitamente, provoca anche l’insorgenza di un intenso dolore epigastrico che si irradia alla schiena e si aggrava in posizione supina. Reperti associati possono includere nausea e vomito, febbre, resistenza e dolorabilità addo­minale, peristalsi e crepitii alle basi polmonari. Nella pancreatite grave, i reperti comprendono marcata agitazione psicomotoria, tachicardia, cute viscida e fredda, estremità sudate. Per approfondire: Pancreatite acuta: terapia, dieta, complicanze, morte

Feci chiare nei bambini

I bambini producono molto spesso le feci color argilla, quindi chiare. Ciò non deve scatenare in voi ansie particolari, specialmente se si tratta di un episodio non ricorrente. Di solito dipende dagli adattamenti dell’apparato gastrointestinale del piccolo. In alcuni casi possono comunque segnalare un disturbo metabolico perciò il sintomo deve essere in ogni caso riferito al pediatra. Dovete infatti tener presente che anche la celiachia può portare alla comparsa di feci chiare e molli per via che il corpo non è stato in grado di metabolizzare il glutine.

Leggi anche: Feci gialle, giallo oro, giallastre: cause ed interpretazione clinica

Diagnosi

La diagnosi della patologia o condizione che causa a monte la formazione di feci dal colore anomalo, si può servire di vari strumenti, tra cui:

Tra le analisi del sangue più importanti per valutare la funzionalità del fegato, ci sono:

Terapia

Non esistendo una causa unica che determini la formazione di feci più chiare del normale, non esiste neanche una cura unica che vada bene per ogni singolo caso di feci più chiare del normale: la cura deve essere impostata in base alla diagnosi, che viene effettuata con esami di laboratorio e di diagnostica per immagini (rx, TAC, endoscopia…). Una volta trovata e curata la causa a monte, il problema dovrebbe risolversi.

Le feci tornano al loro colore normale?

Di solito si. Una volta curato il problema che ha determinato la formazioni di feci di colore anomalo, le feci tornano ad essere marroni. Se però le cause alla base non sono curabili, come alcune forme di tumori o la malattia epatica, anche le feci resteranno dello stesso colore dell’argilla.

Quando le feci chiare sono collegate alla diarrea

La diarrea può avere come sintomo anche le feci chiare. Il motivo può essere la diluizione degli escrementi, il cui colore appare quindi tenue. Aspettate la fine del problema e vedrete probabilmente tornare le feci al loro colore normale. Se invece non torna alla normalità, dovete consultare il vostro medico.

Leggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram, su Mastodon, su YouTube, su LinkedIn, su Tumblr e su Pinterest, grazie!

Differenza tra antigeni esogeni, endogeni, tumorali, nativi ed autoantigeni

MEDICINA ONLINE SISTEMA IMMUNITARIO IMMUNITA INNATA ASPECIFICA SPECIFICA ADATTATIVA PRIMARIA SECONDARIA  SANGUE ANALISI LABORATORIO ANTICORPO AUTO ANTIGENE EPITOPO CARRIER APTENE LINFOCITI B T HELPER KILLER MACROFAGI MEMORIGli antigeni sono sostanze in grado di essere riconosciute dal nostro sistema immunitario e possono essere classificati a seconda della loro classe:

Antigeni esogeni

Gli antigeni esogeni sono antigeni che sono entrati nel corpo dall’esterno, per esempio tramite inalazione, ingestione, o iniezione.
La risposta del sistema immunitario agli antigeni esogeni è spesso subclinica. Attraverso processi di endocitosi o fagocitosi, gli antigeni esogeni sono catturati dalle cellule presentanti l’antigene (APC) e trasformati in frammenti. Le cellule APC quindi presentano i frammenti alle cellule T helper (CD4 +) grazie a molecole di istocompatibilità di classe II presenti sulla loro superficie. Alcune cellule T sono specifici per il peptide: il complesso MHC. Esse si attivano e cominciano a secernere citochine. Le citochine sono sostanze che possono attivare i linfociti T citotossici (CTL), le cellule B secernenti anticorpi, ed i macrofagi. Alcuni antigeni iniziano come antigeni esogeni, e poi diventano endogeni. Ciò avviene per esempio per i virus intracellulari. Antigeni intracellulari possono essere reimessi in circolo a seguito della distruzione della cellula infettata.

Antigeni endogeni

Gli antigeni endogeni sono antigeni che sono stati generati all’interno delle cellule come conseguenza del metabolismo cellulare normale, oppure a causa di una infezione intracellulare virale o batterica. I frammenti vengono presentati sulla superficie cellulare nel complesso MHC con molecole di classe I. Se attivate le cellule citotossiche CD8 T le riconoscono. Le cellule T secernono varie tossine che causano la lisi o l’apoptosi della cellula infettata. Gli antigeni endogeni comprendono antigeni xenogenici (eterologhi), autologhi, idiotipici ed omologhi.

Autoantigeni

Un autoantigene è generalmente una normale proteina od un complesso di proteine (e talvolta DNA o RNA) che viene riconosciuto dal sistema immunitario di pazienti affetti da una specifica malattia autoimmune. Tali antigeni dovrebbero, in condizioni normali, non essere il bersaglio del sistema immunitario, ma, a causa di fattori genetici e principalmente ambientali, la normale tolleranza immunologica per tali antigeni viene persa in questi pazienti.

Antigeni tumorali

Gli antigeni tumorali o neoantigeni sono antigeni che vengono presentati dalle molecole del complesso di istocompatibilità maggiore MHC I e MHC II sulla superficie delle cellule tumorali. Tali antigeni possono talvolta essere presentati dalle cellule tumorali e non da quelle normali. In questo caso, essi sono chiamati antigeni tumore-specifici (TSA) e, in generale, sono il prodotto di una mutazione tumore-specifica. Più comune sono antigeni che sono presentati da cellule tumorali e cellule normali, e sono chiamati antigeni associati al tumore (TAA). I linfociti T citotossici che riconoscono gli antigeni possono essere in grado di distruggere le cellule tumorali prima che proliferino o metastatizzino. Antigeni tumorali possono anche essere sulla superficie del tumore in forma di, ad esempio, un recettore mutato, nel qual caso saranno riconosciuti da cellule B.

Antigeni nativi

Un antigene nativo è un antigene, che non è stato ancora processato da una cellula APC (cellula presentante l’antigene) in parti più piccole. Le cellule T non sono in grado di legarsi ad antigeni nativi, ma richiedono che gli stessi siano prima elaborati dalle cellule APC. Al contrario le cellule B possono essere attivate dagli antigeni nativi.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Angioma epatico, una massa all’interno del fegato: è un cancro?

MEDICINA ONLINE VENA PORTA SISTEMA PORTALE CIRCOLAZIONE EPATICA FEGATO INTESTINOL’angioma epatico è una massa non cancerosa che si può formare all’interno del fegato e che in molti casi non scatena sintomi e non ha bisogno di alcun trattamento. A volte all’interno del fegato può formarsi un groviglio di vasi sanguigni che prende il nome di angioma (o emangioma) epatico. Non si tratta di un cancro, ma di una massa benigna che nella maggior parte dei casi non causa disturbi e che viene individuata durante controlli prescritti per indagare altre problematiche. La probabilità di avere a che fare con questo disturbo è maggiore fra i 30 e i 50 anni e la maggior parte delle diagnosi riguarda donne. In particolare, a essere più soggette all’angioma epatico sono le donne che hanno affrontato una gravidanza e quelle che hanno alleviato i sintomi della menopausa affidandosi alla terapia ormonale sostitutiva. In questi ultimi due casi a giocare un ruolo fondamentale sarebbero gli ormoni. Per questo stesso motivo donne affette da emangioma potrebbero andare incontro a delle complicazioni sia nel caso in cui rimanessero incinte, sia nel caso assumessero farmaci che influenzano i livelli di ormoni, come la pillola anticoncezionale.

Leggi anche:

Quali sono le cause dell’angioma epatico?

Le cause della formazione dell’angioma epatico non sono state del tutto chiarite. Alcuni esperti ritengono che si tratti di un problema congenito e che gli estrogeni, ormoni femminili i cui livelli aumentano durante la gravidanza, potrebbero favorirne la crescita.

Quali sono i sintomi dell’angioma epatico?

Nella maggior parte dei casi la presenza di un angioma epatico non scatena nessun sintomo. Nel caso in cui dovessero insorgere dei disturbi potrebbe includere dolore nella parte alta a destra dell’addome, un senso di pienezza dopo aver mangiato piccole quantità di cibo, mancanza di appetito, nausea e vomito.

Come prevenire l’angioma epatico?

Non sono note strategie per prevenire l’angioma epatico.

Diagnosi

La diagnosi di angioma epatico può richiedere i seguenti esami:

  • Ecografia
  • TC
  • RN
  • SPECT

A seconda della situazione clinica specifica del paziente potrebbero poi essere prescritti altri test e analisi.

Trattamenti

Nella maggior parte dei casi la presenza di un angioma epatico non richiede alcun trattamento. Anche se l’idea di convivere con una massa, seppur benigna, all’interno del fegato potrebbe generare qualche paura, l’esperienza dei medici tranquillizza i pazienti: non c’è nessuna prova che un emangioma al fegato non trattato possa portare allo sviluppo di un cancro. Tuttavia anche quando la massa è piccola e non scatena sintomi il medico potrebbe ritenere opportuno monitorarlo con controlli regolari. In alcuni rari casi l’angioma epatico può iniziare a crescere e potrebbero comparire delle complicazioni. In questi casi e quando la presenza della massa scatena dei disturbi potrebbe essere consigliato un intervento chirurgico per rimuoverla o per asportare parte del fegato. In altri casi potrebbe invece essere consigliato di sottoporsi a procedure per bloccare il flusso di sangue all’emangioma, in modo da promuoverne il blocco della crescita o addirittura la riduzione. Il trapianto di fegato è necessario solo in casi molto rari in cui l’angioma è molto grande o ne sono presenti più di uno che non possono essere trattati in altro modo. In rari casi i medici decidono di distruggere le cellule dell’angioma con una radioterapia.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Leucemia: sintomi, cause, cure e le diverse forme

MEDICINA ONLINE LABORATORIO BLOOD TEST EXAM ESAME DEL SANGUE FECI URINE GLICEMIA ANALISI GLOBULI ROSSI BIANCHI PIATRINE VALORI ERITROCITI ANEMIA TUMORE CANCRO LEUCEMIA FERRO FALCIFORME MLa leucemia è un tumore che si sviluppa nelle cellule del sangue; vengono comunemente distinte in acute e croniche, sulla base della velocità di progressione della malattia:

  • nella forma acuta il numero di cellule tumorali aumenta rapidamente e con essa i sintomi,
  • nella forma cronica invece le cellule maligne tendono a proliferare più lentamente e la malattia più rimanere più a lungo senza manifestare sintomi.

Considerando l’insieme delle diverse forme il tumore colpisce molto più spesso i bambini che gli adulti, per esempio le leucemie acute sono il tumore più diffuso in età infantile. Le forme croniche sono invece più diffuse  in età adulta.

I sintomi iniziali dipendono dalla forma che si manifesta, in molti casi purtroppo possono essere asintomatiche o manifestarsi disturbi molto vaghi come stanchezza che non accenna a passare.

In Italia vengono diagnosticati circa 15 nuovi casi ogni 100.000 persone all’anno. La sopravvivenza a 5 anni è di poco inferiore al 50%, ma molto dipende dalla forma sviluppata, ad esempio arriva al 90% nei bambini colpiti da leucemie linfoidi, e supera il 65% nella forma mieloide acuta.

Ad oggi non è possibile indicare come prevenire l’insorgere della malattia, perchè non se conoscono ancora le cause scatenanti.

Leucemia fulminante

Il termine abbastanza improprio di leucemia fulminante fa riferimento a casi acuti con decorso particolarmente rapido; si tratta per esempio della forma promielocitica acuta, che rappresenta la variante più aggressiva dei tumori del sangue e, se non diagnosticata rapidamente, porta a decesso in pochi giorni. I sintomi iniziali sono spesso

  • emorragie cutanee (sangue dal naso, dalle gengive, dall’apparato digerente, …),
  • stanchezza,
  • malessere generale.

Leggi anche:

Cause

Quando si riceve una diagnosi di tumore è naturale chiedersi quali siano le cause della malattia. Le cause della leucemia non sono note, i medici riescono solo in rari casi a capire perché alcuni soggetti si ammalino mentre altri rimangano perfettamente sani, tuttavia le ricerche dimostrano che determinati fattori di rischio fanno aumentare il rischio di ammalarsi di leucemia.

I fattori di rischio, con ogni probabilità, sono diversi per ciascuno dei tipi di leucemia:

  • Esposizione alle radiazioni. Le persone esposte a dosi massicce di radiazioni hanno maggiori probabilità di ammalarsi di leucemia mieloide acuta, leucemia mieloide cronica o leucemia linfocitica acuta.
  • Esplosioni atomiche. Dosi massicce di radiazioni sono state provocate dalle esplosioni atomiche, ad esempio quelle avvenute in Giappone durante la Seconda Guerra Mondiale. I sopravvissuti alle esplosioni, e soprattutto i bambini, corrono un rischio maggiore di ammalarsi di leucemia.
  • Radioterapia. Un’altra fonte di esposizione a dosi massicce di radiazioni è la radioterapia contro il tumore e altre malattie. La radioterapia fa aumentare il rischio di ammalarsi di leucemia.
  • Radiografie. Le radiografie dentali o di altri tipi (ad esempio la TAC) espongono il paziente a dosi di radiazioni estremamente basse. Non è tuttora chiaro se queste quantità minime di radiazioni siano collegate ai casi di leucemia nei bambini e negli adulti. I ricercatori stanno studiando se le radiografie ripetute e se le TAC effettuate durante l’infanzia siano in grado di aumentare il rischio di leucemia.
  • Fumo. Il fumo di sigaretta fa aumentare il rischio di leucemia mieloide acuta.
  • Benzene. L’esposizione al benzene sul posto di lavoro può provocare la leucemia mieloide, la leucemia mieloide cronica oppure la leucemia linfocitica acuta. Il benzene è una sostanza molto usata nell’industria chimica, ma si può trovare anche nel fumo di sigaretta e nel gasolio.
  • Chemioterapia. In alcuni casi i pazienti affetti da tumore e curati con determinati farmaci chemioterapici possono ammalarsi in un secondo momento di leucemia mieloide acuta o di leucemia linfocitica acuta. Ad esempio, la cura con gli agenti alchilanti o con gli inibitori della topoisomerasi è associata a una scarsa probabilità di soffrire di leucemia acuta in una fase successiva.
  • Sindrome di Down e altre malattie ereditarie. La sindrome di Down e alcune altre malattie ereditarie fanno aumentare il rischio di soffrire di leucemia.
  • Mielodisplasia e altre malattie del sangue. chi è affetto da determinate malattie del sangue corre un maggior rischio di soffrire di leucemia mieloide acuta.
  • Virus dei linfociti T dell’uomo di tipo 1 (HTLV-I). Chi è affetto dal virus HTLV di tipo 1 corre un rischio maggiore di ammalarsi di una forma rara di leucemia nota come leucemia a cellule T. Anche se questa malattia rara è provocata dal virus HTLV-I, la leucemia a cellule T dell’adulto non è contagiosa, come tutti gli altri tipi di leucemia.
  • Precedenti famigliari di leucemia. È raro che diversi membri di una famiglia si ammalino di leucemia. Se dovesse succedere, è probabile che si tratti di leucemia linfocitica cronica. Tuttavia solo una piccola percentuale di pazienti affetti da leucemia linfocitica cronica ha un genitore, un fratello o un figlio affetto dalla stessa malattia.

Avere uno o più fattori di rischio non significa che ci si ammalerà necessariamente di leucemia. La maggior parte delle persone che presentano fattori di rischio non si ammalerà mai.

Le cellule del sangue

La maggior parte delle cellule del sangue si forma a partire dalle cellule staminali che si trovano nel midollo osseo, cioè nel tessuto spugnoso presente al centro di quasi tutte le ossa.

Le cellule staminali, maturando, si trasformano in diversi tipi di cellule del sangue ed ogni tipo ha la propria funzione:

  • I globuli bianchi (leucociti) aiutano a combattere le infezioni. Ne esistono di diversi tipi.
  • I globuli rossi trasportano l’ossigeno verso i tessuti dell’organismo.
  • Le piastrine contribuiscono a far coagulare il sangue arrestando il sanguinamento.

I globuli bianchi, i globuli rossi e le piastrine sono fabbricati a partire dalle cellule staminali man mano che l’organismo ne ha bisogno. Quando le cellule invecchiano o subiscono danni, muoiono e vengono sostituite da cellule nuove. Le cellule staminali si trasformano in diversi tipi di globuli bianchi. La singola cellula staminale può trasformarsi in cellula della linea mieloide o in cellula della linea linfoide:

  • La cellula della linea mieloide si trasforma in mieloblasto. Il mieloblasto può evolversi in globulo rosso, piastrina o in uno dei diversi tipi di globulo bianco.
  • La cellula linfoide si evolve in linfoblasto, che a sua volta può formare i diversi tipi di globulo bianco, ad esempio i linfociti B o i linfociti T.

I globuli bianchi che si formano dai mieloblasti sono diversi da quelli che si formano a partire dai linfoblasti. La maggior parte delle cellule del sangue maturano nel midollo osseo, per poi spostarsi nei vasi sanguigni. Il sangue che scorre nei vasi sanguigni e nel cuore forma il cosiddetto sangue periferico.

Le cellule tumorali

Nei pazienti affetti da leucemia il midollo osseo produce globuli bianchi anomali, cioè cellule tumorali. Diversamente dai globuli bianchi normali le cellule tumorali non muoiono ma vanno ad aggiungersi ai globuli bianchi, ai globuli rossi e alle piastrine normali. In questo modo il lavoro delle cellule normali diventa più difficile.

Tipi di leucemia

I diversi tipi di leucemia possono essere classificati in base alla velocità di sviluppo e di peggioramento della malattia. La leucemia può essere cronica (a decorso lento) o acuta (a decorso veloce):

  • Leucemia cronica: Nelle prime fasi della malattia le cellule tumorali riescono ancora a svolgere in parte il lavoro dei globuli bianchi normali. In un primo tempo i pazienti possono non presentare sintomi ed i medici spesso diagnosticano la leucemia cronica durante una normale visita di controllo, prima che i sintomi si presentino. La leucemia cronica peggiora lentamente, con l’aumento delle cellule tumorali nel sangue iniziano i sintomi, ad esempio il gonfiore dei linfonodi o le infezioni. Se compaiono, i sintomi all’inizio sono lievi e peggiorano gradualmente.
  • Leucemia acuta: Le cellule tumorali non possono svolgere il lavoro dei globuli bianchi normali. Si moltiplicano rapidamente e quindi la leucemia acuta di solito peggiora molto in fretta.

I vari tipi di leucemia possono anche essere classificati in base al tipo di globulo bianco colpito. La leucemia può svilupparsi nelle cellule linfoidi o in quelle mieloidi, il primo tipo è detto leucemia linfoide, linfocitica o linfoblastica; invece la leucemia che colpisce le cellule mieloidi è detta leucemia mieloide, mielogena o mieloblastica.

Esistono quattro forme di leucemia frequenti:

  1. Leucemia linfocitica cronica (o leucemia linfatica cronica, LLC). Colpisce le cellule linfoidi e di solito si sviluppa molto lentamente. Negli Stati Uniti, è causa di più di 15.000 nuovi casi di leucemia ogni anno. Nella maggior parte dei casi i pazienti a cui è diagnosticata hanno più di 55 anni. Non colpisce quasi mai i bambini.
  2. Leucemia mieloide cronica (LMC). Colpisce le cellule mieloidi e di solito in una prima fase si sviluppa molto lentamente. Negli Stati Uniti causa circa 5.000 casi di leucemia all’anno. Colpisce soprattutto gli adulti.
  3. Leucemia linfocitica (linfoblastica) acuta (LLA). Colpisce le cellule linfoidi e si sviluppa molto rapidamente. Negli Stati Uniti provoca più di 5.000 casi di leucemia ogni anno. È la forma di leucemia più frequente tra i bambini, ma può colpire anche gli adulti.
  4. Leucemia mieloide acuta (LMA o LAM). Questo tipo di leucemia si sviluppa nelle cellule mieloidi e ha un decorso molto rapido. Negli Stati Uniti provoca più di 13.000 nuovi casi all’anno. Colpisce sia gli adulti sia i bambini.

La leucemia a tricoleucociti è una forma rara di leucemia cronica. In questo articolo non parleremo né di questo tipo di leucemia né delle leucemie rare che, nel complesso, fanno registrare meno di 6.000 casi ogni anno negli USA.

Sintomi

Le cellule tumorali si spostano all’interno dell’organismo come le normali cellule del sangue. I sintomi della leucemia dipendono dal numero di cellule tumorali e dal luogo dell’organismo in cui si accumulano.

Chi è affetto da leucemia cronica può non manifestare alcun sintomo, i medici normalmente diagnosticano la malattia a seguito di una normale visita di controllo. Chi invece è affetto da leucemia acuta di solito va dal medico perché non si sente bene. Se a essere colpito è il cervello, si può soffrire di:

  • mal di testa,
  • vomito,
  • confusione,
  • perdita di controllo muscolare,
  • convulsioni.

La leucemia può anche colpire altre parti del corpo, ad esempio

  • l’apparato digerente,
  • i reni,
  • i polmoni,
  • il cuore,
  • i testicoli.

Tra i sintomi frequenti della leucemia cronica o acuta possiamo annoverare:

  • gonfiore non doloroso dei linfonodi (soprattutto quelli del collo o delle ascelle),
  • febbre o sudorazione notturna,
  • infezioni frequenti,
  • debolezza o stanchezza,
  • sanguinamento o lividi anomali (gengive che sanguinano, lividi sulla pelle, macchioline rosse sottopelle),
  • gonfiore o problemi addominali (milza o fegato gonfi),
  • dimagrimento inspiegabile,
  • dolore alle ossa o alle articolazioni.

Nella maggior parte dei casi questi sintomi non sono da imputare al tumore, infatti possono essere provocati da un’infezione o da altri problemi di salute. Solo il medico potrà effettuare una diagnosi certa. Chiunque soffra di questi sintomi dovrebbe recarsi dal proprio medico, in modo che i problemi possano essere diagnosticati e curati il prima possibile.

Leggi anche:

Diagnosi

Spesso i medici diagnosticano la leucemia dopo un normale esame del sangue. Se soffrite di sintomi che possono far pensare alla leucemia, il medico cercherà di scoprire quali sono le cause e probabilmente vi chiederà di quali problemi di salute voi e i vostri famigliari avete sofferto in passato.

Probabilmente vi dovrete sottoporre a uno o più dei seguenti esami:

  • Visita. Il medico controllerà se i linfonodi, la milza o il fegato sono gonfi.
  • Esami del sangue. Le analisi complete controllano il numero di globuli bianchi, di globuli rossi e di piastrine. La leucemia causa un aumento dei globuli bianchi, una diminuzione delle piastrine e dell’emoglobina, una sostanza presente nei globuli rossi.
  • Biopsia. La biopsia è un prelievo di tessuto effettuato per individuare eventuali cellule tumorali. La biopsia è l’unico metodo sicuro per sapere se nel midollo osseo ci sono cellule tumorali. Prima del prelievo vi verrà somministrata l’anestesia locale, che vi aiuterà a non avvertire dolore. Il chirurgo preleverà un campione di midollo osseo dal femore o da un’altra delle ossa principali. Il patologo, usando il microscopio, controllerà se nel tessuto ci sono cellule tumorali. Il midollo osseo può essere prelevato in due modi diversi. Alcuni pazienti devono sottoporsi a entrambi gli interventi seguenti contemporaneamente:
    • Ago aspirato. Il medico usa una specie di grande ago, internamente cavo, per prelevare il campione di midollo osseo.
    • Biopsia. Il medico usa un grande ago internamente cavo per prelevare un minuscolo campione di osso e di midollo osseo.

Altri esami

Gli altri esami che il medico vi prescriverà dipendono dai sintomi e dal tipo di leucemia di cui soffrite. Tra di essi ricordiamo:

  • Analisi citogenetica. In laboratorio si esaminano i cromosomi ricavati dalle cellule del sangue, del midollo osseo o dei linfonodi. Se si evidenziano cromosomi anomali l’analisi può stabilire il tipo di leucemia che provoca il problema; ad esempio i pazienti affetti da leucemia mieloide cronica hanno un cromosoma anomalo detto cromosoma Philadelphia, dalla città in cui fu scoperto.
  • Puntura lombare. Il medico può prelevare un campione di liquor cefalorachidiano (il liquido che riempie gli spazi intorno al cervello e alla colonna vertebrale). Il prelievo viene effettuato nella zona lombare, mediante un ago lungo e sottile. L’intervento richiede circa mezz’ora e viene effettuato in anestesia locale. È necessario rimanere distesi per alcune ore dopo il prelievo, per evitare il mal di testa. Il campione sarà esaminato in laboratorio, alla ricerca di cellule tumorali o altri segni di problemi in atto.
  • Radiografia toracica. La radiografia può evidenziare linfonodi gonfi o altri sintomi a livello del torace.

Cura e terapia

I pazienti affetti da leucemia hanno di fronte a sé diverse possibilità, tra le quali ricordiamo:

  • l’attesa vigile,
  • la chemioterapia,
  • la terapia mirata,
  • la terapia biologica,
  • la radioterapia,
  • il trapianto di cellule staminali.

Se la milza è eccessivamente dilatata il medico può consigliarvi l’intervento chirurgico per asportarla. In alcuni casi invece può essere necessario ricorrere a una combinazione di diverse terapie.

La scelta della terapia dipende principalmente da:

  • Tipo di leucemia (acuta o cronica),
  • Età del paziente,
  • Eventuale presenza di cellule tumorali all’interno del liquido cefalorachidiano.

La scelta della terapia, inoltre, può dipendere da determinate caratteristiche delle cellule tumorali; il medico prenderà anche in considerazione i sintomi e il vostro stato di salute generale.

Chi è affetto da leucemia acuta deve farsi curare immediatamente, lo scopo della terapia è distruggere le cellule tumorali presenti nell’organismo e di far così scomparire i sintomi (remissione). Quando la remissione è iniziata può essere somministrata un’ulteriore terapia che prevenga le recidive: questo tipo di terapia è detto di consolidamento o di mantenimento. La maggior parte dei pazienti affetti da leucemia acuta può essere curata.

Se invece soffrite di leucemia cronica, senza sintomi apparenti, può darsi che non dobbiate ricorrere immediatamente alla terapia. Il vostro medico terrà sotto controllo il vostro stato di salute e la terapia inizierà solo quando avvertirete i primi sintomi. Rinviare l’inizio della terapia e ricorrere a controlli periodici in attesa che i sintomi si manifestino è una modalità terapeutica detta attesa vigile.

Se necessaria per la leucemia cronica, la terapia spesso può tenere sotto controllo la malattia e i suoi sintomi. I pazienti possono ricevere una terapia di mantenimento che contribuisca a mantenere il tumore in stato di remissione, ma solo in rari casi la leucemia cronica può essere curata con la chemioterapia. Per alcune persone affette da leucemia cronica la miglior possibilità di cura rimane infine il trapianto di cellule staminali.

Il medico può descrivervi le opportunità terapeutiche, i risultati attesi e gli eventuali effetti collaterali: potete lavorare insieme a lui per creare un piano terapeutico che venga incontro alle vostre necessità.

Il medico di base può indirizzarvi presso uno specialista, oppure potete essere voi stessi a richiedergli un consiglio riguardo lo specialista da consultare. Tra gli specialisti in grado di curare la leucemia ricordiamo:

  • l’ematologo,
  • l’oncologo,
  • il radiologo.

Gli oncologi e gli ematologi pediatrici curano la leucemia nei bambini.

Prima dell’inizio della terapia, è consigliabile informarsi sugli effetti collaterali e sulle ricadute della terapia sulle normali attività quotidiane. In molti casi la terapia contro il tumore danneggia anche le cellule e i tessuti sani, quindi gli effetti collaterali sono frequenti. Gli effetti collaterali possono essere diversi da paziente a paziente e possono cambiare anche da una sessione alla successiva.

Terapia di supporto

La leucemia e la terapia possono causare altri problemi di salute, probabilmente dovrete sottoporvi a una terapia di supporto prima, durante o dopo quella contro il tumore.

La terapia di supporto è in grado di prevenire o combattere le infezioni, di tenere sotto controllo il dolore e gli altri sintomi, di alleviare gli effetti collaterali della terapia antitumorale e di aiutarvi ad affrontare le ricadute psicologiche della diagnosi di tumore. Potete sottoporvi a una terapia di supporto per prevenire o affrontare questi problemi, in modo da migliorare la qualità della vita durante la terapia contro il tumore.

  • Infezioni. I pazienti affetti da leucemia sono estremamente vulnerabili alle infezioni, quindi devono essere curati con antibiotici e farmaci di altro tipo. Alcuni si fanno vaccinare contro l’influenza e la polmonite. L’équipe che vi segue può consigliarvi di evitare i luoghi affollati e le persone affette da raffreddore e da altri disturbi contagiosi. Se l’infezione vi colpisce può essere molto grave e dovrebbe essere curata il prima possibile. Può essere necessario il ricovero in ospedale.
  • Anemia e sanguinamento. L’anemia e il sanguinamento sono gli altri due problemi per cui spesso si rivela necessaria la terapia di supporto. È probabile che il paziente si debba sottoporre a una trasfusione di globuli rossi o di piastrine. Le trasfusioni sono utili per curare l’anemia e fanno diminuire il rischio di emorragie gravi.
  • Problemi dentali. La leucemia e la chemioterapia possono aumentare la sensibilità della bocca, favorire le infezioni e il sanguinamento nel cavo orale. I medici spesso consigliano ai pazienti di fare una visita dentistica completa e, se possibile, di curare i problemi ai denti prima dell’inizio della chemioterapia. Il dentista vi insegnerà le pratiche di igiene dentale necessarie durante la terapia.

Alimentazione e attività fisica

È fondamentale prendersi cura di se stessi seguendo un’alimentazione sana e cercando di mantenersi il più attivi possibile.

Per mantenere un peso corretto è necessario assumere la giusta quantità di calorie, è anche importante assumere proteine a sufficienza per salvaguardare la propria forza. Mangiare bene vi aiuterà a sentirvi meglio e ad avere maggiori energie.

In alcuni casi, soprattutto durante la terapia o nelle fasi immediatamente successive, potreste non aver voglia di mangiare, perché vi sentite stanchi o avete la nausea. Probabilmente avrete la sensazione che gli alimenti abbiano un gusto diverso dal solito ed inoltre gli effetti collaterali della terapia (ad esempio la mancanza di appetito, la nausea, il vomito o le ulcere in bocca) potranno impedirvi di mangiare bene. Il medico, il dietologo o altri componenti dell’équipe che vi segue possono suggerirvi i modi migliori per affrontare questi problemi.

Molte persone affermano di sentirsi meglio se riescono a mantenersi attive. Camminare, fare yoga, nuotare o fare altre attività vi aiuteranno a salvaguardare la forza e ad aumentare le energie. Con l’esercizio fisico si può diminuire la nausea e il dolore e si può sopportare meglio la terapia e lo stress. Prima di iniziare una qualsiasi attività fisica ricordatevi di chiedere il parere del medico; inoltre, se l’attività causa dolore o altri problemi, informate immediatamente il medico o l’infermiere.

Per approfondire, leggi:

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Differenza tra metaplasia, displasia e neoplasia con esempi

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Medicina Chirurgia Estetica Plastica Cavitazione Peso Dietologo Roma Cellulite Sessuologia Ecografie DermatologiaSmettere fumare Obesità Cancerogeni Cancerogenesi e Cancro

Neoplasia

Il termine “neoplasia” è sinonimo di “tumore“. Un tumore (dal latino tumor, “rigonfiamento”) è una massa di tessuto anormale che cresce in eccesso ed in modo scoordinato rispetto ai tessuti normali, e che persiste in questo stato dopo la cessazione degli stimoli che hanno indotto il processo; a tale proposito leggi: Differenza tra tumore e tessuto normale con esempi di tumori benigni e maligni. Esempi di neoplasie, sono:

  • neoplasie del tessuto osseo (osteoma, osteosarcoma);
  • neoplasie del tessuto connettivo (fibroma, fibrosarcoma);
  • neoplasie del tessuto cartilagineo (condroma, condrosarcoma);
  • neoplasie del tessuto adiposo (lipoma, liposarcoma).

Leggi anche:

Displasia

Il termine “displasia” indica invece l’anormale sviluppo cellulare di un organo o tessuto, consistente generalmente in una perdita dei meccanismi di controllo con sostituzione delle cellule mature con cellule immature. Può essere lieve, moderata o grave ed è una condizione che predispone al processo neoplastico. La displasia epiteliale è definita come un’alterazione intraepiteliale inequivocabilmente neoplastica, che può precedere o essere associata ad un carcinoma invasivo, con una probabilità di associazione crescente a secondo del grado di displasia stesso ( 25% se displasia di basso grado, 75% se displasia di alto grado). Il tessuto displastico presenta cambiamenti nella velocità di riproduzione dei suoi elementi cellulari, la quale sfugge a sistemi di controllo. Non si tratta di cellule tumorali, siano esse benigne o maligne, ma di cellule che hanno subito un cambiamento, in seguito ad esposizione ad un agente, sia esso fisico (radiazioni), chimico (idrocarburi aromatici e altre sostanze) o biologico (virus oncogeno). Il processo displastico può essere reversibile; le cellule displastiche possono tornare alla loro condizione di cellule normali, mentre una cellula tumorale trasformata non può farlo più; si dice infatti che essa è ormai una cellula “iniziata” che attende soltanto un agente promovente o co-cancerogeno per la comparsa della malattia neoplastica vera e propria. Le cellule displastiche sono cellule uguali alle altre cellule normali sotto l’aspetto differenziativo, pur cambiando qualcosa a livello morfologico; un esempio classico di displasia è la perdita della distinzione tra i poli della cellula (polo basale e polo apicale). Quando la cellula perde le sue peculiarità morfologiche del tessuto da cui deriva e risulta trasformata irreversibilmente, allora si ha una cellula neoplastica a tutti gli effetti (che replicandosi determina la formazione di neoplasia). In un certo senso si può dire che la cellula neoplastica maligna riassume le peculiarità della cellula displastica (proliferante) e della cellula anaplastica (indifferenziata).

Leggi anche:

Metaplasia

Con “metaplasia” si intende invece una modificazione reversibile di un tessuto in cui un tipo cellulare viene sostituito da un altro tipo cellulare. La trasformazione di un tipo cellulare in un altro tipo cellulare, avente la medesima differenziazione ontogenetica, è un processo che coinvolge l’esposizione del tessuto in questione a stimoli non propri (es. processi infiammatori di tipo cronico). La variazione nell’espressione fenotipica non è da relazionarsi con una variazione genotipica, ma con una differente espressione genica (preesistente nel genoma cellulare) indotta da una variazione nella stimolazione ambientale. Il processo metaplasico non produce un danno strutturale, bensì un danno funzionale dovuto alla perdita delle caratteristiche tipiche di quel tessuto (o di una sua regione). La reversibilità del processo metaplasico è dovuta al fatto che, essendo il genoma cellulare integro e conservato, al ristabilirsi delle condizioni di optimum sarà sempre possibile, per la cellula, esprimere nuovamente i geni precedentemente repressi. I processi metaplasici possono indurre la formazione di neoformazioni non tumorali dovute a iperplasia da stimolo (ormonale, chimico, fisico), come, ad esempio, i polipi intestinali. L’eccessiva esposizione a stress dei tessuti metaplasici può dare origine ad alterazioni nella replicazione mitotica con danno genomico (mutazione, delezione,…); queste alterazioni genomiche possono dar luogo alla formazione di neoplasie (es. polipi intestinali che si trasformano in cancro al colon). Esiste, poi, un fenomeno che prende il nome di prosoplasia o metaplasia evolutiva, che consiste nella trasformazione di una cellula in un’altra appartenente alla stessa linea cellulare (ad esempio epitelio pavimentoso semplice non cheratinizzato che si trasforma in un epitelio pavimentoso semplice cheratinizzato). Esempi di metaplasia, sono:

  • epitelio cilindrico polmonare diventato pavimentoso stratificato nell’enfisema polmonare;
  • nei dotti biliari, ghiandole salivari, pancreas, con formazione di calcoli che vanno ad ostruire il dotto e quindi l’epitelio si adatta per diminuire l’attrito diventando epitelio pavimentoso stratificato;
  • metaplasia pavimentosa dell’epitelio respiratorio, causata dal deficit di Vitamina A;
  • nel tratto inferiore dell’esofago, dove in caso di reflusso gastro-esofageo, il danno continuato provoca il cambiamento da epitelio pavimentoso a cilindrico, condizione denominata Esofago di Barrett, importante fattore di rischio che aumenta l’eventuale possibilità d’insorgenza di un adenocarcinoma; a tal proposito leggi anche: Esofago di Barrett: sintomi iniziali, diagnosi, terapia, dieta e chirurgia

Leggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Quanto tempo mi rimane da vivere? E se ho pochissimo tempo?

medicina-online-dott-emilio-alessio-loiacono-medico-chirurgo-roma-christmas-blues-natale-sei-triste-felice-riabilitazione-nutrizionista-infrarossi-accompagno-commissioni-cavitazione-radiofrequenza-ecTi è stato appena detto che la malattia che ti ha colpito ha la peggiore delle caratteristiche: è incurabile. La prima domanda che, ora e per i prossimi giorni, continuerà a risuonarti in testa è…

Quanto tempo mi rimane da vivere?

Questa è forse la più dolorosa domanda che un medico si può sentire rivolgere. Una volta che la malattia viene denominata “terminale”, nessuno – neanche il miglior medico al mondo – può ovviamente prevedere con certezza quando sopraggiungerà la morte, né se questa arriverà davvero nel 100% dei casi. In campo medico può capitare di prevedere tre mesi di vita a pazienti che invece poi vivono per anni e viceversa. Anche se ciò avviene raramente, nulla vieta che i medici si siano sbagliati o che la malattia definita “incurabile”, possa effettivamente invertire la sua rotta per cause che la medicina non riesce ancora a spiegare. Rimane comunque una domanda assolutamente normale, ma a cui è oggettivamente molto difficile rispondere, soprattutto quando il paziente vorrebbe avere una risposta precisa e netta, per “pianificare” il tempo che gli rimane e sistemare le sue cose.

Non sono un numero

Il tuo medico non sarà in grado di darti una risposta esatta a questa domanda e questo avviene perché ognuno è diverso e nessuno può dire esattamente per quanto tempo vivrai. Puoi comunque chiedere, spiegando al medico che ovviamente non ti aspetti che la sua risposta sia completamente accurata. Il tuo medico – soprattutto se ha molta esperienza – dovrebbe essere in grado di darti un tempo stimato, in base a quanto tempo hanno vissuto altre persone con il tuo tipo e stadio di malattia. Potrebbe non darti un tempo preciso, bensì un arco temporale (ad esempio tra quattro e cinque mesi). Oppure potrebbe dirti qualcosa sul tipo “Con la sua malattia, a 5 anni dalla diagnosi è vivo il 10% dei pazienti”, il che significa che – tra 5 anni esatti – su 100 pazienti che hanno ricevuto la tua stessa diagnosi, 90 saranno purtroppo deceduti. Ricorda che la risposta del tuo medico è una stima basata su statistiche, ma che tu sei un essere umano e non un numero ed il tempo effettivo potrebbe essere più breve (ma anche più lungo) di quanto una o più ricerche possano dire. Certamente è più facile per un medico stimare un possibile arco temporale se sei già in cura da lui da tempo e conosce bene la tua anamnesi e lo stato di salute del tuo corpo: se ti vede per la prima volta è più difficile per un medico fare delle previsioni attendibili.

Ho pochissimo tempo…

E se il tuo medico ti ha detto che ti rimane un tempo molto breve, ad esempio alcune settimana di vita? Già ricevere una diagnosi di malattia terminale è drammatico, ma sentire che il tempo che rimane è molto ridotto rischia di essere il trauma che ci stende del tutto. Si tratta di un vero e proprio momento di shock nello shock. E’ un momento di totale disorientamento, dove però sarà necessario mantenere il sangue freddo per prendere alcune decisioni dolorose ma necessarie, come fare testamento e parlare ai propri famigliari (ad esempio ai propri figli, soprattutto se molto piccoli). E’ importante chiedere al medico come potrebbe evolvere la malattia ed il tuo corpo nelle settimane che seguono. Nella malattie terminali, come ad esempio un cancro al pancreas incurabile, in genere il corpo si indebolisce gradatamente, si perde l’appetito, si dimagrisce e – quando l’organismo si starà per spegnere – potresti non avere la forza per alzarti dal letto e di essere autonomo: sarà quindi importante pensare ora a chi potrebbe accudirti in quei momenti. Molte persone temono inoltre di provare molto dolore quando moriranno e ciò è possibile: i tuoi medici e infermieri però si concentreranno sul mantenerti il più possibile a tuo agio e facendoti provare la minor quantità di dolore possibile. Potresti a tal proposito informarti ora su medici anestetisti che possano seguirti nella terapia del dolore. In questi momenti drammatici potresti avere un aiuto importante da famigliari, amici, figure religiose (ad esempio il parroco della chiesa che eventualmente frequenti) e psicoterapeuti. Chi sta per morire attraversa delle tipiche fasi ed a tal proposito ti invito a leggere: Sto per morire: le 7 fasi di elaborazione del dolore e della morte

Se a te o ad un tuo caro è stata diagnosticata una malattia terminale e credi di non riuscire a gestire da solo o da sola questa situazione, prenota subito la tua visita e, grazie ad una serie di colloqui, ti aiuterò ad affrontare questo difficile momento.

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma PRENOTA UNA VISITA CONTATTI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano Pene

Per approfondire, leggi:

Leggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, segui la nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram, su Mastodon, su YouTube, su LinkedIn, su Tumblr e su Pinterest, grazie!