Micropene: i trattamenti per un pene troppo piccolo

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma COME FATTO PENE INTERNO UOMO SESSO Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PenePrima di iniziare la lettura, per meglio comprendere l’argomento, leggi anche: Micropene: quanto misura, complicazioni, c’è una cura?

La condizione di micropene può essere risolta facendo ricorso sia a una terapia ormonale (quindi farmacologica) sia a una terapia chirurgica.

TRATTAMENTO ORMONALE

Il trattamento ormonale consiste principalmente nella somministrazione di testosterone esogeno.
Per ottenere dei buoni risultati, tale cura dovrebbe iniziare durante la prima infanzia – quindi è fondamentale la diagnosi precoce – e interrompersi alla fanciullezza – per evitare spiacevole effetti collaterali come virilizzazione e maturazione ossea precoci.
Sui tempi e le modalità di somministrazione del testosterone esogeno, è bene sapere che:

  • L’assunzione dell’ormone non è mai continuativa. Infatti, massimo ogni 3 mesi è prevista un’interruzione temporanea della terapia.
  • Le vie di assunzione possibili sono quella intramuscolo e quella topica.

Se all’origine del micropene c’è una condizione di ipogonadismo (per esempio come nel caso di un portatore di sindrome di Klinefelter), la cura ormonale a base di testosterone esogeno deve riprendere durante l’adolescenza; molto spesso, in questi frangenti, le somministrazioni durano per tutta la vita.
Per quanto concerne la sua efficacia, il trattamento ormonale può avere particolare successo in alcuni pazienti e meno in altri, quindi varia da persona a persona. In ogni caso, raramente fa sì che il pene raggiunga una lunghezza considerata normale.

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Deficienza di 5-alfa reduttasi

In presenza di una deficienza di 5-alfa reduttasi (quindi quando c’è una mutazione genetica a carico del gene SRD5A2), i medici possono prescrivere una terapia a base di diidrotestosterone esogeno. I risultati ottenibili da un siffatto trattamento sono più che soddisfacenti.
A tal proposito, è importante sottolineare che il ricorso al diidrotestosterone avviene in tutti quei casi in cui c’è una risposta ridotta alla cura con testosterone esogeno.

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TRATTAMENTO CHIRURGICO

Il trattamento chirurgico del micropene consiste in un intervento particolare e molto delicato, chiamato falloplastica di allungamento.
Durante una falloplastica di allungamento, il chirurgo preleva da un avambraccio del paziente una porzione di tessuto cutaneo, che applica attorno al piccolo pene, creando una sorta di involucro cilindrico.
Quindi, su questo involucro cilindrico, opera nel seguente modo:

  • Lo fa raggiungere da una rete di vasi sanguigni e lo innerva. La costruzione di un sistema vascolare serve per la capacità d’erezione, mentre l’innervazione per la sensibilità durante i rapporti sessuali.
  • Vi inserisce una protesi gonfiabile (N.B: in genere, sono protesi ripiene di liquido), dotata di un canale interno per l’espulsione dell’urina e dello sperma. In altre parole, nella protesi c’è un’uretra sintetica.

Se c’è il consenso del paziente, il chirurgo può anche migliorare l’aspetto estetico dell’involucro cilindrico, ricostruendovi, al suo apice, il glande (glanduloplastica).
La falloplastica di allungamento è un’operazione alquanto invasiva, pertanto non è esente da rischi e complicazioni.

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TRATTAMENTI CHIRURGICI DEL PASSATO

In passato, soprattutto su influenza dello psicologo e sessuologo John William Money (1921-2006), si diffuse la teoria secondo cui i portatori del micropene fossero delle “donne mancate” e che, per questo, era necessario ricorrere a una terapia particolare, nota come riassegnazione del sesso.
Brevemente, la riassegnazione del sesso consisteva in: un intervento chirurgico per la modificazione dell’apparato genitale (in un maschio, si provvedeva alla sostituzione del pene con una vagina), cure ormonali e terapia psicologica finalizzata all’accettazione della nuova condizione sessuale.
A partire dal 1975, dopo l’emblematico caso di un certo Bruce Reimer, gli studi e le teorie sulla riassegnazione del sesso, portate avanti da Money, destarono sdegno e furono oggetto di aspre critiche in più parti del mondo. Fu così, quindi, che diversi medici e rappresentanti della carta stampata si incaricarono di screditare l’operato di Money, affermando come la riassegnazione del sesso fosse un trattamento del tutto illogico.
A questo punto, riteniamo opportuno precisare che i soggetti con micropene nascono con un corredo cromosomico XY, come gli uomini con un pene di dimensioni normali.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo

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Cure palliative: cosa sono ed a che servono?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma MORBO ALZHEIMER PSICOSOCIALE COGNITIVO Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PeneUna terapia si definisce “palliativa” (in inglese “palliative care“) quando non va direttamente a curare la causa della patologia, bensì si occupa di alleviare i sintomi che essa procura al paziente, dando la possibilità a quest’ultimo di godere della migliore qualità di vita possibile, specie in caso di malattia terminale, cioè una malattia che non può essere curata e che condurrà il paziente a morte in un tempo variabile.

Le terapie palliative si distinguono quindi fortemente dalle terapie eziologiche:

  • terapia eziologica: cura le cause dirette della malattia ed è in grado di far guarire il paziente;
  • terapia palliativa: cura i sintomi causati dalla malattia, assicura una migliore qualità di vita al paziente ma non è in grado di guarirlo.

Il paziente sotto cura palliativa riceve farmaci e si sottopone a terapie per controllare il dolore (terapia del dolore) e altri sintomi come la costipazione, la nausea e i problemi respiratori. Il paziente terminale – e la sua famiglia – riceve inoltre supporto psicologico e spirituale, in modo da non dover affrontare da solo un momento tanto difficile.

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Chi si occupa delle cure palliative?
Le cure sono fornite grazie al contributo decisivo di medici, infermieri, psicologi, fisiatri; e associazioni di volontari specializzate che forniscono assistenza umana ed altamente professionale h24, festivi inclusi, insieme a materiale sanitario quali “aste” per flebo e materassini con lettino anti-decubito, utili in questo tipo di pazienti che sono nella maggioranza di casi allettati.

Obiettivo delle cure palliative
Obiettivo principale delle cure palliative è dare senso e dignità alla vita del malato fino alla fine, alleviando prima di tutto il suo dolore, e aiutandolo con i supporti non di ambito strettamente medico. Questo tipo di medicina non è solo una semplice cura medica, ma può favorire un percorso di riconciliazione e pacificazione rispetto alla vita del malato e delle persone che gli stanno attorno.

Le cure palliative:

  • danno dignità al malato;
  • affermano il valore della vita, considerando la morte come un evento naturale;
  • non prolungano né abbreviano l’esistenza del malato;
  • provvedono al sollievo dal dolore e dagli altri sintomi;
  • considerano anche gli aspetti psicologici e spirituali;
  • offrono un sistema di supporto per aiutare il paziente a vivere il più attivamente possibile sino al decesso;
  • aiutano la famiglia dell’ammalato a convivere con la malattia e poi con il lutto.

“Tu sei importante perché sei tu e sei importante fino alla fine”

Frase della dottoressa Cicely Saunders, la prima a concepire gli Hospice come luogo e metodo di trattamento dei malati e delle malattie terminali.

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Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Bronchiolite nei bambini: qual è la migliore terapia?

MEDICINA ONLINE BAMBINO MOTIVI DISEGNARE SMETTERE COLORE COLORARE DISEGNO CERVELLO BIMBOLa bronchiolite è un’infiammazione dei bronchioli, i più piccoli passaggi di aria dei polmoni. Di solito si verifica nei bambini di meno di due anni di età, con la maggioranza dei casi compresi tra i tre e i sei mesi. Si presenta con tosse, mancanza di respiro e respiro sibilante e può essere causa per alcuni bambini di difficoltà di alimentazione. Questa infiammazione è di solito causata dal virus respiratorio sinciziale (70% dei casi) ed è molto più comune nei mesi invernali.

Relativamente alla cura, spesso non è necessaria una terapia, oppure semplicemente si cerca di alleviare la sintomatologia con:

  • lavaggi nasali con acqua fisiologica,
  • umidificazione degli ambienti,
  • ossigeno,
  • riposo.

Gli antibiotici non sono efficaci contro le infezioni virali. Le medicine usate principalmente a livello ospedaliero possono comprendere farmaci per la cura dell’asma e/o cortisonici.

Nei bambini in condizioni particolarmente gravi gli antivirali rappresentano un’ulteriore opzione; questo approccio consente di diminuire la gravità e la durata della malattia ma, per essere efficace, deve essere iniziato nelle fasi più precoci.

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Pubalgia acuta e cronica: cause, gravità, sintomi, esercizi e rimedi

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO PUBALGIA DOVE FA MALE ZONE DOVE SI TROVA PUBE INGUINE INTERNO COSCIA GAMBA GAMBE ARTO INFERIORE DOLORE

Con il termine “pubalgia”, nell’uso comune, si intende una sindrome dolorosa generica che può interessare la regione del basso addome, l’inguine e la zona interna delle cosce. Le cause di una pubalgia possono essere molto diverse e spaziano da patologie tendinee o muscolari, ossee o articolari fino a quelle di tipo infettivo e tumorale; tuttavia con Continua a leggere

Farmaci al posto di corsa e palestra, arriva lo sport in pillole contro il diabete

MEDICINA ONLINE PALESTRA PESI MUSCOLI PROTEINE AMINOACIDI INTEGRATORI  CORSA DIMAGRIRE DUODENO PANCREAS DIGESTIONE GLICEMIA BAMBINO GRASSO DIABETE ANALISI INSULINA ZUCCHERO CARBOIDRATI CIBO MANGIARE DIETA.jpgLo sport, si sa, fa bene e agisce come un ‘farmaco’ che protegge dalle malattie metaboliche come il diabete. Ora la ricerca italiana scopre perché, aprendo a nuove terapie in grado di riprodurre l’effetto-scudo dell’esercizio fisico. Sport in pillole. Il lavoro, ‘made in Milano’, è pubblicato sul ‘Journal of Diabetes Research‘ e svela il ruolo dell’irisina, una molecola scoperta di recente e prodotta dal muscolo scheletrico durante l’attività sportiva. Secondo gli scienziati, questa sostanza può spiegare l’azione positiva di una vita attiva su metabolismo.

Il lavoro è condotto da Stefano Benedini, afferente al Dipartimento di Scienze biomediche per la salute dell’università degli Studi meneghina, in collaborazione con gli Irccs Policlinico San Donato, ospedale San Raffaele e Istituto ortopedico Galeazzi.

I ricercatori hanno seguito 70 persone sane, uomini e donne tra i 18 e i 75 anni, non sovrappeso e senza significative patologie metaboliche (dislipidemie, intolleranza glucidica e diabete, sindrome metabolica): 10 volontari sani sedentari, 20 volontari sani che svolgono attività fisica amatoriale (2-3 volte a settimana), 20 volontari che eseguono attività fisica semi-agonistica (4-5 volte a settimana) e 20 volontari che fanno attività fisica agonistica a livello nazionale o internazionale (5-7 volte a settimana).

La possibilità di studiare per la prima volta le virtù dell’irisina su atleti di élite, spiegano gli scienziati, ha permesso di misurare questa miochina in persone ‘ipersportive’. Rilevando che un suo aumento si accompagna a un grado di benessere dell’organismo nel complesso, riducendo la probabilità di malattie metaboliche quali diabete mellito, obesità e sindrome metabolica. Uno stato di benessere che risulta strettamente correlato alla quantità di attività fisica svolta dai volontari dei diversi gruppi esaminati.

L’incidenza di obesità e diabete – ricordano dalla Statale di Milano – è in continuo aumento in Italia e in tutto il mondo, a causa di una dieta scorretta e per mancanza di attività fisica adeguata.

Alla luce del continuo incremento di queste malattie metaboliche, per gli autori dello studio “la possibilità di capire gli effetti positivi mediati dall’irisina sul metabolismo potrebbe aprire la strada alla formulazione di farmaci in grado di ‘mimare’ l’azione della molecola, producendo gli stessi effetti positivi dell’attività fisica“.

Il lavoro ha coinvolto, oltre al Dipartimento di Scienze biomediche per la salute e la Scuola di Scienze motorie dell’ateneo di via Festa del Perdono, anche 2 Unità operative del Policlinico San Donato: l’Area di Endocrinologia e Malattie metaboliche e l’Unità complessa a direzione universitaria Smel-1 Patologia clinica.

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Differenza tra pacemaker e bypass

MEDICINA ONLINE CUORE HEART INFARTO MIOCARDIO NECROSI ATRIO VENTRICOLO AORTA VALVOLA POMPA SANGUE ANGINA PECTORIS STABILE INSTABILE ECG SFORZO CIRCOLAZIONEIl pacemaker è uno strumento elettronico capace di monitorare il battito del nostro cuore e di erogare un impulso elettrico se rileva una frequenza bassa o molto bassa. In pratica serve per risolvere quei blocchi cardiaci che causano una bradicardia patologica (ritmo cardiaco molto lento, causa di vertigini o svenimenti). Il pacemaker viene inserito attraverso un’incisione sotto la clavicola.

Il bypass aorto-coronarico serve invece a portare il sangue nei territori cardiaci che ne ricevono poco a causa delle ostruzioni coronariche, situazione tipica dell’infarto del miocardio.

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Enterogermina per gonfiore, diarrea e dolori addominali: foglietto illustrativo

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Chirurgia Estetica Roma Cavitazione Pressoterapia Massaggio Linfodrenante Dietologo Cellulite Calorie Peso Dieta PSA Pene Laser Filler Rughe Botulino Meteorismo FIBRE ASSORBIMENTO GRASSI CANCRO AL COLONLa flora batterica intestinale costituisce una vera e propria barriera difensiva nei confronti di batteri dannosi. Il suo equilibrio può essere danneggiato da infezioni intestinali, intossicazioni, disordini alimentari, alterazioni della dieta, uso di antibiotici. Questo squilibrio si manifesta con diarrea, dolori addominali, aumento dell’aria nell’intestino.
Enterogermina è un preparato costituito da una sospensione di spore di Bacillus clausii, ospite abituale dell’intestino, privo di potere patogeno. Si usa per:

  • Cura e profilassi del dismicrobismo intestinale e conseguenti disvitaminosi endogene.
  • Terapia coadiuvante il ripristino della flora microbica intestinale, alterata nel corso di trattamenti antibiotici o chemioterapici.
  • Turbe acute e croniche gastro-enteriche dei lattanti, imputabili ad intossicazioni o a dismicrobismi intestinali e a disvitaminosi.

Controindicazioni: quando non dev’essere usato Enterogermina?
Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti.

Precauzioni per l’uso
Nel corso di una terapia con antibiotici, si consiglia di somministrare Enterogermina nell’intervallo fra l’una e l’altra somministrazione di antibiotico.

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Interazioni: quali farmaci o alimenti possono modificare l’effetto di Enterogermina?
Non sono conosciuti medicinali o alimenti che possono modificare l’effetto di Enterogermina. Informare comunque il medico se si è recentemente assunto qualsiasi altro medicinale, anche quelli senza prescrizione medica.

Avvertenze
È importante sapere che: Se si osserva l’eventuale presenza di corpuscoli, ossia di minuscole particelle nei flaconcini di Enterogermina, ciò non significa che il prodotto sia alterato, ma si tratta soltanto di aggregati di spore di Bacillus clausii.

Cosa fare durante la gravidanza e l’allattamento
Enterogermina può essere usata durante la gravidanza e l’allattamento. Chiedere comunque consiglio al medico o al farmacista prima di prendere qualsiasi medicinale.

Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari
Enterogermina non altera la capacità di guidare veicoli o di usare macchinari.

Posologia

  • Adulto: 2 – 3 flaconcini al giorno o 2 – 3 capsule al giorno
  • Bambini: 1 – 2 flaconcini al giorno o 1 – 2 capsule al giorno
  • Lattanti: 1 – 2 flaconcini al giorno

Attenzione: non superare le dosi indicate senza il consiglio del medico.

Quando e per quanto tempo
Assumere Enterogermina a intervalli regolari durante la giornata. Consultare il medico se il disturbo si presenta ripetutamente o se avete notato un qualsiasi cambiamento recente delle sue caratteristiche. Attenzione: usare solo per brevi periodi di trattamento.

Modalità di assunzione:

  • Flaconcini. Questo medicinale è per esclusivo uso orale. Non iniettare né somministrare in nessun altro modo. È opportuno agitare prima dell’uso. Per aprire il flaconcino ruotare la parte superiore e staccarla. Assumere il contenuto tal quale o diluirlo in acqua o altre bevande (es. latte, te, aranciata). Una volta aperto, assumere il farmaco entro breve tempo per evitare l’inquinamento della sospensione.
  • Capsule. Deglutire le capsule accompagnate da un sorso d’acqua o altre bevande. Specialmente nei bambini più piccoli, in caso di difficoltà a deglutire le capsule rigide, è opportuno impiegare la sospensione orale.

Sovradosaggio: cosa fare se avete preso una dose eccessiva di Enterogermina
Dosi eccessive di Enterogermina di norma non provocano effetti collaterali. È bene comunque attenersi alle dosi consigliate. In caso di ingestione/assunzione accidentale di una dose eccessiva di Enterogermina avvertire immediatamente il medico o rivolgersi al più vicino ospedale.

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Cosa fare se si è dimenticato di prendere una o più dosi?
Non vi sono particolari problemi. È bene comunque ricordare che l’assunzione corretta e scrupolosa del medicinale favorisce l’effetto terapeutico.

Effetti dovuti alla sospensione del trattamento
Non sono segnalati particolari effetti, se non il mancato effetto terapeutico.

Effetti Indesiderati
Come tutti i medicinali Enterogermina può causare effetti indesiderati sebbene non tutte le persone li manifestino. Durante la commercializzazione del prodotto, sono stati riportati casi di reazioni di ipersensibilità, compresi rash e orticaria. Il rispetto delle istruzioni contenute nel foglio illustrativo riduce il rischio di effetti indesiderati.

Scadenza e Conservazione
Scadenza: vedere la data di scadenza riportata sulla confezione. La data di scadenza si riferisce al prodotto in confezionamento integro, correttamente conservato. Attenzione: non utilizzare il medicinale dopo la data di scadenza riportata sulla confezione. Conservare a temperatura inferiore a 30° C.

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Schizofrenia: come si cura

Cassazione conferma solo il medico può fare il dietologo no nutrizionista distista biologoLa schizofrenia è una psicosi cronica caratterizzata dalla persistenza di sintomi di alterazione del pensiero, del comportamento e dell’affettività, da un decorso superiore ai sei mesi, con forte disadattamento della persona ovvero una gravità tale da limitare le normali attività di vita della persona.

Trattamento

Il trattamento primario della schizofrenia prevede l’uso di farmaci antipsicotici, spesso in combinazione con un supporto psicologico e sociale. L’ospedalizzazione può essere necessaria solo per gravi episodi e può essere decisa volontariamente o, se la legislazione lo permette, contro la volontà del paziente. L’ospedalizzazione a lungo termine è rara, soprattutto dal 1950 in poi, anche se si verifica ancora. Le terapie di supporto comprendono i centri di accoglienza, le visite routinarie da parte di sanitari dedicati alla salute mentale della comunità, il sostenimento dell’occupazione e la creazione di gruppi di sostegno. Alcune evidenze indicano che un regolare esercizio fisico comporti un effetto positivo sulla salute fisica e mentale delle persone con schizofrenia, così come la pratica musicale. Le terapie del passato, come le applicazioni elettroconvulsivanti e l’insulinoterapia, non hanno mai dato risultati apprezzabili e sono sempre meno impiegate. La TEC (terapia elettroconvulsivante) è tuttavia ancora utilizzata nelle forme particolarmente resistenti ai farmaci, sebbene in condizioni molto più controllate di quanto non si facesse in passato.

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Trattamento farmacologico

Il trattamento psichiatrico di prima linea per la schizofrenia è l’assunzione di farmaci antipsicotici in grado di ridurre i sintomi positivi della psicosi in circa 7-14 giorni. Gli antipsicotici, tuttavia, non riescono a migliorare significativamente i sintomi negativi e la disfunzione cognitiva. L’uso a lungo termine riduce il rischio di recidiva. La scelta di quale antipsicotico utilizzare si basa sulla valutazione dei benefici, dei rischi e dei costi. Si può discernere su quale classe di antipsicotici sia migliore, differenziando tra tipici o atipici. Entrambi hanno uguale frequenza di ricadute quando vengono utilizzati a basse dosi. Vi è una buona risposta nel 40-50% dei casi, una risposta parziale nel 30-40%, e una resistenza al trattamento (fallimento della risposta in termini sintomatologici dopo sei settimane di trattamento con due o tre antipsicotici diversi) nel 20% delle persone. La clozapina è un farmaco efficace per coloro che rispondono poco agli altri preparati, ma presenta un effetto collaterale potenzialmente grave: l’agranulocitosi (ridotto numero di globuli bianchi) nel 1-4% dei casi. Gli antipsicotici tipici presentano effetti collaterali più spesso riguardanti il sistema extrapiramidale, mentre gli atipici sono associati a un più alto grado di rischio di sviluppare obesità, diabete e sindrome metabolica. Alcuni atipici, come la quetiapina e il risperidone sono associati a un più alto rischio di morte rispetto all’antipsicotico tipico perfenazina, mentre la clozapina è associata con il più basso rischio di decesso tra tutti. Non è chiaro se gli antipsicotici più recenti riducano le possibilità di sviluppare la sindrome neurolettica maligna, una malattia neurologica rara ma molto grave. Per gli individui che non sono disposti, o non sono in grado, di assumere regolarmente farmaci, possono essere utilizzate preparazioni di antipsicotici a lunga durata d’azione, al fine di ottenere il controllo dei sintomi. Essi riducono il rischio di recidiva in misura maggiore dei farmaci assunti per via orale. Se ciò viene utilizzato in combinazione con gli interventi psicosociali, può migliorare a lungo termine l’adesione al trattamento. Tra le terapie farmacologiche di supporto, recenti lavori scientifici confermano un ruolo per l’assunzione di acido folicocome precursore chiave per la sintesi dei principali mediatori chimici della patologia psichiatrica; nonché come modulatore delle anormalità nella trasmissione glutaminergica, e nelle frequenti alterazioni della funzione mitocondriale presenti in corso di schizofrenia. Infine, è notoriamente usato per la correzione dei deficit dei folatipresenti in corso di schizofrenia. Anche l’acetilcisteina è stata sperimentata con risultati preliminari promettenti. La sarcosina (un derivato amminoacidico) ed il Tofisopam (una benzodiazepina atipica) hanno mostrato in diversi studi un effetto positivo nei confronti dei sintomi della malattia, in particolare i negativi.

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Intervento psicosociale

Un certo numero di interventi psicosociali possono risultare utili nel trattamento della schizofrenia, tra cui: la terapia familiare, il trattamento assertivo della comunità, l’occupazione assistita, la psicoterapia cognitivo-comportamentale, interventi economici e psicosociali al fine di limitare l’uso di sostanze e per la gestione del peso. La terapia familiare o assertiva di comunità, che coinvolge l’intero sistema familiare dell’individuo, può ridurre le recidive e le ospedalizzazioni. Le prove che la terapia cognitivo-comportamentale sia efficace per prevenire le ricadute e ridurre i sintomi è minima. La teatroterapia e la terapia artistica non sono state ben studiate.

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Prognosi

La schizofrenia è una condizione che comporta elevati costi sia umani, sia economici. La condizione si traduce in un’aspettativa di vita ridotta di 12-15 anni rispetto alla popolazione generale, soprattutto a causa della sua associazione con l’obesità, a stili di vita sedentari, al tabagismo e a un aumento del tasso di suicidi che, tuttavia, riveste un ruolo minore. Questa differenza nella speranza di vita è aumentata tra gli anni settanta e anni novanta, e tra gli anni 1990 ed il primo decennio del XXI secolo non è sostanzialmente cambiata neppure in un sistema sanitario con accesso aperto alle cure (come in Finlandia). La schizofrenia è una delle principali cause di disabilità, con la psicosi attiva classificata come la terza condizione più invalidante dopo la tetraplegia e la demenza e davanti alla paraplegia e alla cecità. Circa tre quarti delle persone con schizofrenia hanno disabilità in corso con recidive e 16,7 milioni di persone nel mondo sono considerate con disabilità moderata o grave a causa di questa condizione. Alcune persone guariscono completamente e altre riescono comunque a integrarsi bene nella società. La maggior parte delle persone affette da schizofrenia riescono a vivere in modo indipendente con il sostegno della comunità. Nelle persone con un primo episodio di psicosi, un buon risultato a lungo termine si verifica nel 42% dei casi, un risultato intermedio nel 35% e un risultato scarso nel 27%. Il decorso per la schizofrenia appare migliore nei paesi in via di sviluppo rispetto al mondo sviluppato. Queste conclusioni, tuttavia, sono state messe in discussione. Si riscontra un tasso di suicidi maggiore associato alla schizofrenia, ritenuto essere del 10%; tuttavia un’analisi più recente su studi e statistiche ha rivisto al ribasso la stima portandola al 4,9%. Più spesso i suicidi si verificano nel periodo successivo all’insorgenza della condizione o con il primo ricovero ospedaliero. Spesso (dal 20 a 40% dei casi) vi è almeno un tentativo di suicidio. Vi sono una serie di fattori di rischio, tra cui il sesso maschile, la depressione e un elevato quoziente d’intelligenza. In studi effettuati in tutto il mondo, si è rilevata una forte associazione tra il tabagismo e la schizofrenia. L’uso di sigarette è particolarmente elevata nei soggetti con diagnosi di schizofrenia, con stime che vanno dall’80% al 90% di fumatori abituali tra i pazienti schizofrenici, rispetto al 20% nella popolazione generale. Coloro che fumano tendono a farlo molto e in aggiunta fumano sigarette ad alto contenuto di nicotina. Alcune evidenze suggeriscono che la schizofrenia paranoide possa avere una prospettiva migliore rispetto agli altri tipi di schizofrenia per la vita indipendente e per la vita lavorativa.

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